Avversione di Hitler per la Chiesa – Attività di spionaggio
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Avversione di Hitler per la Chiesa – Attività di spionaggio
a.s. 2012-2013, n. 1 settembre-ottobre 2012 Materiali aggiuntivi per Dossier “Pio XII nei documenti segreti del III Reich (a cura di Pier Luigi Guiducci) Avversione di Hitler per la Chiesa – Attività di spionaggio (alcuni approfondimenti) Le conversazioni di Hermann Rauschning con Hitler Membro del partito nazionalsocialista e capo del governo della Città libera di Danzica (1933-1934), Hermann Rauschning (1887-1982), ebbe – a motivo degli incarichi che ricopriva – l’opportunità di colloquiare più volte con Hitler. Annotò questi dialoghi. Successivamente, una volta ripudiato il nazismo e riparato all’estero, li riprese utilizzandoli per scrivere un libro. Il lavoro fu pubblicato per la prima volta in Francia nel 1939. Pur con le riserve che possono derivare dal fatto che questi incontri con il Führer avevano in genere un carattere privato, e che quindi non è possibile un riscontro diretto con quanto scritto, l’opera costituisce comunque un tassello nella ricostruzione della figura del Capo del nazionalsocialismo. Ecco un passo ove emerge con chiarezza il suo pensiero in materia religiosa. «Nessuna delle due confessioni, protestante o cattolica (che per me sono la stessa cosa) ha speranza di un futuro, almeno fra i tedeschi. Il fascismo italiano può scendere a patti con la Chiesa, in nome di Dio. Lo farò anch’io, perché no? Ma ciò non mi impedirà dallo sradicare completamente, dalle radici fino ai rami, il cristianesimo in Germania. È una questione decisiva se il nostro popolo ha una fede ebraico cristiana con la sua morale molle o compassionevole, oppure una forte ed eroica fede in dio nella natura, in dio nel proprio popolo, in dio nel proprio destino, in dio nel proprio sangue (…). Non è possibile essere cristiani e tedeschi insieme: o si è l’uno o si è l’altro». Le trascrizioni dello Stenographischer Dienst im Führerhauptquartier Esiste poi un’ampia documentazione che riguarda trascrizioni effettuate dagli addetti dello Stenographischer Dienst im Führerhauptquartier. Si tratta di poco più di mille fogli che verbalizzano riunioni di Hitler con i vertici del Reich, svoltesi per lo più alla Wolfsschanze, la ‘Tana del lupo’ a Rastenburg, nella Prussia Orientale, ma anche a Wehrwolf, in Ucraina occidentale. Coprono un periodo che va dal dicembre del 1942 – quando il Führer, per divergenze con la Wehrmacht, ordinò che ogni parola dei suoi incontri fosse stenografata – alla primavera del 1945. Di queste trascrizioni si riportano affermazioni del Führer su temi religiosi. «Ho molti conti da regolare (con la Chiesa), ai quali non posso pensare oggi. Ma questo non significa che dimentichi. Annoto. Verrà il giorno in cui tirerò fuori il registro. (…) I mezzi persuasivi di ordine morale non costituiscono un’arma efficace nei confronti di coloro che disprezzano la verità, per esempio quando si tratta dei preti di una Chiesa i quali sanno che presso di loro tutto è fondato sulla menzogna e ne vivono». «L’uomo delle isole rende omaggio alle forze della natura. Ma il cristianesimo è un’invenzione di cervelli malati: non si potrebbe immaginare niente di più insensato, né un modo più sconveniente per volgere in derisione l’idea della divinità. Un negro, con i suoi tabù, schiaccia con la sua superiorità l’essere umano che crede seriamente nella transustanziazione. (…) Che buona ispirazione l’aver tenuto lo zucchetto lontano dal Partito. Il 21 marzo 1938, a Potsdam, si è posto il quesito: con o senza la Chiesa? Ho conquistato lo Stato a dispetto della maledizione gettata su di noi dalle due confessioni. Quel giorno siamo andati direttamente alle tombe dei nostri re mentre gli altri si recavano alle funzioni religiose. (…) Se fossi entrato in Vaticano, avrei scacciato tutti – salvo a scusarmi dopo: “Perdonatemi, è stato un errore” –. Ma intanto loro sarebbero stati sfrattati!». «Kerrl desiderava tentare, nello spirito più nobile, una sintesi tra il nazionalsocialismo e il cristianesimo. Non credo che la cosa sia possibile, ed è nel cristianesimo stesso che vedo l’impedimento». «L’Ebreo (affarista secondo Hitler anche nella vendita di opere pittoriche, ndr) poteva dire a se stesso: ‘Questi Tedeschi, che accettano le immagini perverse del Cristo crocifisso, sono capaci di mandar giù anche altri orrori se li sapremo convincere che tali orrori sono belli!». «Aspettiamo che termini la guerra, e metteremo fine al Concordato. Mi sono riservato il piacere di ricordare io stesso alla Chiesa i numerosi casi in cui essa l’ha violato. Si pensi, per esempio, alla collusione tra la Chiesa e gli assassini di Heydrich. Ad essi alcuni preti hanno permesso non soltanto di nascondersi in una chiesa della periferia di Praga, ma anche di rintanarsi nel santuario di quella chiesa. (…) Al ricevimento ufficiale di Capodanno, il Nunzio, che ha il privilegio di prendere la parola in qualità di decano del corpo diplomatico, approfitta sempre di questa circostanza per tentare poi di portare la conversazione sulla situazione dei cattolici in Germania. Io schivo subito l’argomento, informandomi, col più sincero interessamento e la più profonda amabilità, delle condizioni del fegato di Sua Santità. Esaurito questo appassionante argomento, mi affretto a passare agli altri signori. In linea generale, mi astengo dal ricevere il Nunzio, lasciando a Lammers il compito di sbrogliarsela con lui. In questo modo ho potuto evitare qualsiasi contatto diretto con il Vaticano. (…) Se evito di affrontare pubblicamente le questioni religiose, i furbi della Chiesa non s’ingannano sui miei moventi. Mi è facile immaginare che il vescovo von Galen sappia perfettamente che, a guerra finita, regolerò fino al centesimo i miei conti con lui. Se egli non mi previene facendosi chiamare al Collegium Germanicum di Roma, non v’è alcun dubbio che le cose si svolgeranno a quel modo». Hitler, comunque, nella sua lista di nemici dello Stato, aveva anche il vescovo Konrad von Preysing Lichtenegg Moos (1880-1950). Lo dimostra questa trascrizione: “Il compito del clero è stato quello di minare il potere imperiale, sempre. Fin quando sopportiamo quella gente, non abbiamo il diritto di lamentarcene. Ogni popolo ha i preti che si merita. Adesso non è il momento di far cambiamenti in questo campo. Ecco perché non m’impegno contro i preti. Ma metterò un termine definitivo a questa lotta storica. Anche se alcuni dei nostri ne saranno addolorati, saprò far sentire ai preti la potenza dello Stato, e a tal punto che ne rimarranno sorpresi. Per ora mi limito a osservarli - ma se oltrepassassero i limiti che sono disposto a tollerare, li liquiderei. Il clero è un rettile che erge la testa ogni volta che lo Stato dà prova di debolezza e che noi pertanto dobbiamo schiacciare. Che bisogno abbiamo di una favola inventata dagli Ebrei? Quale interesse potrebbe aver mai per noi la storia di alcuni Ebrei pidocchiosi ed epilettici. Il vescovo Preysing è un rettile. I più carogne sono quelli che si presentano sotto la maschera dell’umiltà. Con costoro bisogna stare attenti, perché sono i peggiori”. Il pensiero di Hitler riportato da Goebbels Nei suoi diari Joseph Goebbels annoterà in più di una occasione il pensiero di Hitler sulla Chiesa cattolica. 14.12.1941. Il clero è antinazionale. Spera nella sconfitta tedesca per poter eliminare il nazionalsocialismo (…). Il Führer fa i più grandi elogi della religiosità giapponese, che si può assimilare al vero spirito nipponico. Peccato che non abbiamo niente di simile. Per tutta la sua concezione e la sua struttura intellettuale, il cristianesimo sarà sempre opposto ad una visione nazionale forte. È che la sua stessa essenza è interamente marcata dal giudaismo… In verità il cristianesimo è una dottrina della decadenza. Per un uomo moderno, non merita che disprezzo intellettuale… Il vescovo Galen, di Münster, ne è un esempio tipico. Il Führer è determinato a far tabula rasa… quando la coppa sarà piena, il fulmine della collera si abbatterà d’improvviso su questi traditori di principi della Chiesa (…). La Chiesa protestante si sforza, anche lei, di imitare la cattolica. Il vescovo (luterano) Wurm del Wurtemberg ha l’ambizione di diventare un secondo Galen. Noi ce la caveremo verosimilmente molto più facilmente con i protestanti che con i cattolici (…). Io non riesco a capire come una persona che pensa in maniera moderna possa, in assoluto, trovare nel cristianesimo una dottrina adatta alla nostra epoca”. 24.5.1942. Il Führer è inesorabilmente determinato ad annientare le chiese cristiane dopo la vittoria. Nel corso dell’inverno scorso, si sono comportate in modo talmente ignominioso e con una tale malignità, hanno colpito alla schiena con una tale viltà e una tale infamia una nazione combattente che viveva la sua ora più tormentosa, le hanno inferto un colpo di pugnale in modo così viscido, che nessuna riconciliazione è più possibile con quelle. Il Führer vede nascere in questo contesto una crisi ideologica di primo piano, comparabile solo alla fine dell’Antichità. In un contesto reso sempre più difficile dalle violazioni del Concordato, dagli attacchi nazisti già all’inizio del pontificato, dall’espansionismo bellico del III Reich, dalla posizione di Hitler ostile alla Chiesa, dai rapporti provenienti dalle Chiese locali che riferivano progressivamente di abusi, violazioni di ogni diritto, aperte persecuzioni, deportazioni, Pio XII dovette individuare una linea d’azione capace di comprendere i due aspetti essenziali della Chiesa: l’essere contemporaneamente Mater (accoglienza, sostegno e protezione dei figli) et Magistra (confermare nella fede il popolo di Dio). Egli conosceva benissimo il mondo tedesco per aver vissuto in Germania dodici anni, al servizio della Santa Sede. Era consapevole, per esperienze precedenti, che una politica di scontri frontali rimaneva perdente. Estendeva il conflitto. Creava fratture insanabili. Colpiva i più deboli. Tale convincimento lo segnerà nel tempo, tornando sovente con la mente all’inutilità di tante Note diplomatiche vaticane di protesta, alle repressioni avvenute dopo la Mit brennender Sorge, alle reazioni legate alla sua prima Enciclica contro i totalitarismi (la Summi pontificatus), alle testimonianze coraggiose di vescovi, sacerdoti, religiosi e laici conclusesi in molti casi in un Lager. Ne deriverà una sceltachiave: mantenere aperti i canali di comunicazione (per non fermare le iniziative religiose e umanitarie che ancora era possibile promuovere) e operare in modo discreto per resistere all’ideologia e all’azione nazista, e per sostenere i perseguitati di quel tempo. Le posizioni di Woermann, von Weizsäcker, Heydrich In tale contesto, i gerarchi nazisti esprimeranno una dura critica nei confronti dell’Enciclica Summi pontificatus, scritta in occasione del primo anno di pontificato di Pio XII e del quarantesimo anniversario dalla consacrazione dell'umanità al Sacro Cuore di Gesù da parte di Leone XIII. Denunciando il vuoto spirituale e l'indigenza interiore dell'epoca, il Papa aveva esposto le conseguenze della crisi di fede e della diffusione di ideologie anticristiane, esortando i fedeli a resistere e ad affrontare le persecuzioni. Con riferimento alla guerra appena iniziata, i cui sviluppi erano già prevedibili, il Papa aveva auspicato, tenendo conto delle ineludibili sofferenze, una spinta a cambiare strada, a non perseverare nell'errore. La reazione in Germania non si fece attendere. Ad esempio, il Sottosegretario di Stato al Ministero Esteri, Ernst Woermann (1888-1979), scrisse all’ambasciatore von Bergen: “Il giudizio relativamente favorevole sull’Enciclica papale, nel rapporto giunto a noi, qui non è condiviso. Qui si è del parere che con tale Enciclica, che è essenzialmente una condanna del principio dello Stato totalitario, il Papa abbia tenuto presente anzitutto il Terzo Reich”. E il Segretario di Stato al Ministero degli Esteri del III Reich Ernst von Weizsäcker (1882-1972) volle chiarire a von Bergen: “Se il Vaticano afferma che queste dichiarazioni sono di carattere generale e non dirette contro nessuno in particolare, ciò è a nostro avviso esatto solo in senso formale. Il Vaticano adopera frasi generiche, ma è abbastanza chiaro che allude a casi particolari”. Non mancò neppure un commento di Heydrich alla Summi pontificatus. Il 10.11.1939 il capo della polizia di sicurezza e dei servizi di sicurezza scrisse al capo della Cancelleria del Reich Lammers (infatti la lettera reca la firma di Müller, capo della GESTAPO) esprimendo le seguenti convinzioni: “L’enciclica è diretta esclusivamente contro la Germania, sia su un piano generale, sia in merito al conflitto tedesco-polacco. Ritengo inutile dire quanto essa sia pericolosa per la politica interna e per quella estera. Sulla base di alcuni indizi si prevedeva che l’enciclica sarebbe stata letta dai pulpiti del Reich il 5.11.1939. Finora però ci sono pervenute solo alcune informazioni secondo cui estratti dell’enciclica sarebbero stati letti nel distretto di Aachen, di Linz e di Wittenberg. La lettura di tali estratti non ha suscitato alcuna visibile impressione sull’uditorio; al contrario secondo il rapporto della polizia di Aachen i fedeli hanno seguito la lettura solo con indifferenza, senza profonda partecipazione. Il fatto che fino al 5.11.1939 non siano state eseguite altre letture dell’enciclica è da attribuire al ritardo con cui sono state istruite le diocesi e le singole parrocchie e al fatto che per un’ulteriore diffusione bisogna attendere le prossime domeniche. Io ho l’ordine, conformemente alle norme in vigore, di non impedire la lettura dell’enciclica ma di proibirne qualsiasi forma di diffusione soprattutto attraverso manifestini. Il Ministro della Propaganda da parte sua ha proibito alla stampa, e particolarmente a quella ecclesiastica, qualsiasi commento all’enciclica.” La decisione del Pontefice, mirata a mantenere aperti i canali di collegamento e ad operare discretamente per resistere al regime nazista, ricevette conferme anche da due vicende. Una riguardò l’attività della Radio Vaticana. Il 28.9.1939 il cardinale salesiano Augusto Hlond (1881-1948), primate di Polonia, trasmise da questa emittente un appello contro l'invasione della sua terra. Fu anche diffuso dal programma tedesco (21.1.1940) un resoconto sulle brutalità compiute dai nazisti in Polonia. Ne seguì una vasta eco. Mentre trasmissioni clandestine (una da Londra) si spacciavano come Radio Vaticana, i tedeschi reagirono. Ci furono pressioni diplomatiche presso la Santa Sede. Goebbels giurò che l'avrebbe ridotta al silenzio. Questa stazione radiofonica fu la prima a denunciare l’esistenza dei campi di deportazione nazisti, mentre aumentò il numero di quanti l'ascoltavano e ne trascrivevano le informazioni, in Germania e nei Paesi occupati (come la Francia). Dopo la guerra si contarono quanti furono imprigionati, e alcuni furono anche uccisi, solo per aver ascoltato la Radio Vaticana. Il loro numero esatto non si saprà mai, ma alcuni di loro si conoscono. P. Alfons Maria Wachsmann (1896-1944) fucilato a Zuchthaus in Brandenburg-Görden; il beato p. Carl Lampert (1894-1944) decapitato a Halle sur Saale, in Sassonia; monsignor Johannes Neuhäusler (1888-1973); il giornalista Friedrich Ritter von Lama (1876-1944). Una seconda vicenda riguardò la protesta della Conferenza dei vescovi olandesi (20.7.1942). In particolare, nel 1940, l’occupazione nazista dell’Olanda aveva segnato la sorte per gli ebrei. Su tutti gli edifici era posta in evidenza la scritta: Voor Joden verboden (‘ingresso proibito agli ebrei’). Dal 1942 le deportazioni divennero massicce e sistematiche. I capi delle comunità calviniste, cattoliche, e luterane concordarono di leggere dai pulpiti una protesta pubblica contro la deportazione degli ebrei. La notizia di tale disegno riservato arrivò, per opera di informatori, al Reichskommissar (Commissario del Reich) per l’Olanda Arthur Seyss-Inquart (1892-1946). L’ufficiale fece sapere ai responsabili religiosi che se la protesta fosse andata avanti, i tedeschi avrebbero deportato non solo gli ebrei di sangue e di religione ma anche gli ebrei battezzati. Di fronte a tale minaccia due Comunità si fermarono, mentre la Chiesa Cattolica andò avanti. Domenica 26.7.1942 nelle chiese cattoliche d’Olanda venne letta la lettera di protesta. A seguito di tale presa di posizione del clero olandese, la deportazione degli ebrei di sangue e religione venne accelerata, e furono catturati pure gli ebrei battezzati. Tra questi: santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein; 18911942) e la sorella Rosa. Le missioni sotto copertura a Roma Presso l’Archivio Federale Tedesco sono reperibili (dal 1938) i verbali di varie riunioni della Conferenza Episcopale a Fulda, con relative decisioni. La polizia segreta, quindi, li conosceva. Il controllo esercitato dai nazisti si estenderà inoltre alle Nunziature. Si era informati, ad esempio, del sostegno offerto agli ebrei tramite i nunzi Andrea Cassulo in Romania (1869-1952) e Angelo Rotta a Budapest (1872-1965). Rimaneva inoltre strettamente vigilata la nunziatura berlinese situata sulla Rauchstrasse. Verso quest’ultima convergevano i rapporti da indirizzare alla Santa Sede provenienti dai vescovi e da altre autorità ecclesiastiche di Stati ove erano state chiuse le Nunziature (Polonia, Olanda, Belgio, Paesi Baltici). Nella città di Roma le operazioni segrete saranno diverse. Oltre il tentativo presso i gesuiti dell’Università Gregoriana e una iniziativa analoga in direzione del periodico ‘La Civiltà Cattolica’, ci si attiverà per conoscere della Santa Sede: i sistemi crittografici dell’ufficio cifra (d’intesa con il Servizio Informazioni Militari italiano), la corrispondenza in entrata e in uscita e le comunicazioni telefoniche. Un controllo costante subirà la Radio Vaticana, come si riscontra anche dai puntuali rapporti degli informatori trasmessi a Berlino. Due infiltrati erano inseriti tra i tecnici laici dell’emittente, e disturbi improvvisi alle trasmissioni avvenivano quando il programma era sgradito ai nazi-fascisti o del tutto avversato. A Berlino, non solo erano infuriati per i comunicati inerenti la Polonia, ma anche perché su direttiva di Pio XII - per due volte era stata trasmessa una dichiarazione dell’arcivescovo di Tolosa, mons. Jules-Gérard Saliège (1870-1956) contro le deportazioni degli ebrei (letta nelle parrocchie: domenica, 22.8.1942). Questo il passo centrale: “(…) Esiste una morale umana che impone doveri e riconosce diritti… Entrambi vengono da Dio. Possono essere violati, ma mai potranno essere soppressi… Bambini, donne e padri sono stati trattati come animali. È un ben triste spettacolo quello riservatoci dai tempi odierni: vedere membri di una famiglia separati e spediti come bestie verso destinazioni ignote. Perché non esiste più nelle nostre chiese il diritto d’asilo? Perché ci siamo arresi? Signore, abbi pietà di noi. Nostra Signora di Dio, prega per la Francia. Nella nostra diocesi avvengono scene orribili, nei campi di Noè e di Récébédou. Gli ebrei sono uomini. Le ebree sono donne. Fanno parte del genere umano. Anch’essi sono nostri fratelli. Un cristiano non può dimenticarselo. Francia, mia patria adorata, Francia tu che porti nella coscienza di tutti i tuoi figli la tradizione del rispetto per l’essere umano, Francia generosa e cavalleresca, Francia, tu non sei certo responsabile di questi orrori”. Da ricordare, poi, la presenza di spie nella stessa redazione dell’Osservatore Romano: il 26.9.1929 un’informativa anonima, manoscritta su carta intestata dello stesso giornale, denuncerà alla Segreteria di Stato di Sua Santità “l’atteggiamento poco encomiabile” di uno dei redattori del giornale. Ecco la parte centrale del documento: “La condotta del signor Gaspare Fortini a riguardo del segreto d’ufficio che deve essere osservato in posto così delicato è tale da non lasciare soverchie assicurazioni. Qualche volta egli, credendo la redazione deserta, è stato sorpreso ad esaminare affannosamente i manoscritti originali e le bozze di stampa che si è soliti conservare. Frequenti sue domande in gran segretezza, a questo ed a quello, intorno a fatti ed a persone, sono tali da ingenerare sospetti. Recentemente, ad esempio, ebbe a chiedere, previa offerta di un compenso, a persona degna di fede che me ne riferì poi, dati e notizie riguardanti le personalità più in vista del movimento cattolico. Alla domanda che cosa intendesse farne rispose evasivamente che si trattava di notizie per uso personale e per un’Agenzia di cui non volle dichiarare né il nome, né la qualità. Si aggiunge che il Fortini a parere concorde della Redazione, rappresenta un perfetto ingombro, essendo la sua prestazione assolutamente nulla per incapacità mentale e colturale. Certo è che la qualifica di Redattore dell’Osservatore Romano gli torna utile per una serie non breve di affari e di relazioni di svariato genere. Di qui la sua persistenza a non abbandonare il posto nonostante il minimo stipendio percepito”. La figura di Birkner Negli ambienti vaticani sarà inoltre attivo un informatore che verrà elogiato dai nazisti. In un rapporto segreto si trova la seguente informativa di un agente inviato a Roma da O.A. Donau, cioè da SS-Oberabschnitt Donau, Austria (Dipartimento SS del Danubio Superiore): “Il religioso tedesco Dr. Birkner, impiegato presso gli archivi vaticani, compagno di corso ed amico di un tempo dell’Hauptsturmführer Hartl, si è rivelato anche nei confronti di (illegibile) la più valida fonte di informazioni a Roma. Attualmente ha rapporti con il Dr. Birkner anche lo Sturmbannführer Picot dell’ambasciata tedesca presso il Vaticano. A giudizio del Dr. Birkner è ancora eccessivamente sottovalutata la pericolosa opera dei gesuiti nel Reich. Negli ambienti vaticani nelle ultime settimane si attende da un giorno all’altro l’espulsione dei gesuiti dal Reich. A giudizio del Dr. Birkner i negoziati Bürkel- (illeggibile) sono assolutamente insensati. Il Vaticano avrebbe nei negoziati solo un (illeggibile). I vescovi (illeggibile) e Waitz godono secondo il Dr. Birkner di grande fiducia in Vaticano. (illeggibile). Il Reich potrebbe mostrarsi in una certa misura accomodante nei confronti dei due istituti nazionali tedeschi, Campo Santo e Anima, che hanno fama di cattolicesimo liberale. A detta del Dr. Birkner il gesuita Robert Leiber, professore alla Gregoriana, è l’eminenza grigia del Vaticano in tutte le questioni tedesche. Padre Leiber si è espresso nei confronti dell´informatore dicendo che la maggiore speranza della Chiesa consiste nel fatto che il sistema nazionalsocialista nel prossimo futuro sia annientato da una guerra. Padre Leiber ha diviso in due gruppi i religiosi simpatizzanti con il nazionalsocialismo in Austria: quelli che credono realmente in una riappacificazione, convinzione insensata, e quelli che sarebbero incaricati dalla Chiesa di sfruttare le loro simpatie per il nazionalsocialismo a favore della Chiesa. Sul tema del concordato padre Leiber ha spiegato che questo, nonostante tutte le pecche, è pur sempre da preferire rispetto a un’assenza di accordo. In caso non si arrivi alla guerra la diplomazia vaticana si attende un cambiamento della situazione in Germania al più tardi dopo la morte del Führer. La politica di quest’ultimo nei confronti della Chiesa viene definita talmente astuta da essere difficilmente contrastabile”. L’informatore di cui trattasi è don Joachim Birkner (1904-1956), facente parte del clero dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Fu ordinato sacerdote nel 1929. Dopo aver ricoperto diversi incarichi, nel periodo 1930-1940, ricoprirà il ruolo di borsista (con uno studio sul cardinale Giovanni Morone, nunzio e legato in Germania, protagonista del Concilio di Trento), e poi quello di vice-rettore della Görres-Gesellschaft, un organismo di sostegno a ricerche storiche effettuate da tedeschi cattolici con sede nel Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto (Vaticano). Limitatamente al 1939 lavorerà pure per l’Istituto Storico Germanico di Roma occupandosi di una pubblicazione sui rapporti delle Nunziature. Mantenne stretti contatti con gli esponenti dell’ambasciata tedesca presso il Vaticano. Una volta che fu individuato dalla Santa Sede il suo doppio ruolo, su segnalazione di mons. Ludwig Kaas (1881-1952) verrà richiamato nel 1940 in Germania dal proprio arcivescovo, il cardinale von Faulhaber di Monaco di Baviera. Gli furono assegnati alcuni compiti pastorali, prima nella chiesa di San Gaetano a Monaco, poi a Fürholzen ove opererà prima come sacerdote supplente, poi come vicario parrocchiale. Morirà in quest’ultima località il 30.1.1956. Altri aspetti dello spionaggio anti-Vaticano Non mancheranno infiltrati anche tra coloro che dovevano proteggere la Città del Vaticano. Al padre Libero Raganella (1914-1990), un religioso dei Padri Giuseppini del Murialdo, la superiora dell’Ospizio Santa Marta consiglierà di non fidarsi neanche dei gendarmi vaticani. Tale dato è confermato anche da Alvarez e Graham che attestano non solo la presenza di agenti italiani tra i gendarmi pontifici ma anche la nomina di un agente dell’OVRA a ispettore generale del Corpo di Vigilanza. Sono poi da aggiungere i controlli sugli accessi per pedoni e auto, le violente perquisizioni negli ambienti della basilica di San Paolo fuori le Mura e in altri edifici collegati al Vaticano, l’interazione tra le spie tedesche e quelle italiane. A coordinare concretamente la rete di intelligence romana sarà Herbert Kappler (19071978). Nato a Stoccarda, figlio di un autista impiegato presso questo municipio, entrò nelle SS con la qualifica di ‘esperto criminologo’. Promosso Hauptsturmführer (capitano), fu inviato a Roma a prestare servizio come attaché presso l'ambasciata tedesca di Villa Wolkonsky nel 1939, con il compito di spiare la polizia italiana. Nominato Sturmbannführer (maggiore) nel 1942 e quindi Obersturmbannführer (tenente colonnello) l'anno successivo, assunse il comando del Sicherheitsdienst di Roma controllando di fatto anche la polizia fascista. Nel solo periodo febbraio-dicembre 1942 trasmetterà a Berlino, al Ministero degli Esteri, 37 rapporti sul Vaticano.