Come si scrive una tesi. Suggerimenti per la redazione del testo.

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Come si scrive una tesi. Suggerimenti per la redazione del testo.
Come si scrive una tesi.
Suggerimenti per la redazione del testo.
(a cura di Franek Sznura)
Questo prontuario mira a facilitare, esclusivamente in ordine all’aspetto praticoformale, la stesura di una tesi o di una relazione. In realtà non esistono norme condivise da
tutti, né forse si potrebbe giungere ad una uniformazione completa dei criteri, dal
momento che alcune scelte tra varie opzioni sono - soprattutto, se non esclusivamente - di
carattere estetico. Non ci illudiamo, d’altra parte, di qui aver affrontato tutti casi, ma solo
quelli che più spesso impacciano lo studente con dubbi e perplessità; per tutti gli altri,
rimane ovviamente utile il ricorso al Docente di riferimento.
Va poi detto che ci troviamo in una fase di passaggio: dall’era della macchina da
scrivere - alcuni di noi hanno avuto, per anni, il piacere di ‘scarrellarsi’ a mano relazioni e
tesi su una vecchia Olivetti - ci stiamo addentrando in quella degli elaboratori sempre più
potenti e veloci, che mettono a disposizione, fra le pareti domestiche funzioni, set di
caratteri e segni (ora anche immagini) sempre più ricche, quali neanche le tipografie più
attrezzate potevano sognarsi pochi anni orsono.
Probabilmente, utilizzare un computer dell’ultima generazione solo per
videoscrittura equivale a tenere impegnato un brillante ingegnere aeronautico nella
costruzione di aquiloni; ma è certo la preparazione di testi che spinge a muovere i primi
passi verso il mondo dell’informatica, e può rimanere l’unico impiego a cui chiamiamo il
‘nostro’ elaboratore.
In ogni modo, quello che state leggendo è scritto con il computer, giace nella
memoria di quello (suscettibile in ogni momento di cambiamenti e aggiunte), può essere
stampato (con caratteri, corpi e formati di volta in volta diversi) o inviato per posta
elettronica e messo a disposizione di chicchessia con Internet. Sarà particolarmente utile,
inevitabilmente, a coloro che hanno una minima dimestichezza con il computer.
I. Allineamento, interlinea, corpi e caratteri. Ogni programma di scrittura vi presenta
quattro opzioni per organizzare la disposizione del vostro testo:
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allineamento a sinistra,
a destra
centrato
giustificato giustificato giustificato giustificato giificato gi giustificato g iustificato
giustificato giustificato giustificatogigiustificato giustificato giustificato giustificato
giificato gi giustificato giusti ficato giustificato giustificato giustificatogigiustificato
giustificato giustificato giustificato giificato gi giustificato gius tificato giustificato
giustificato giustificatogi
È consigliabile mantenere il solo allineamento a sinistra (che anche le vecchie macchine da
scrivere ovviamente consentivano) fino a che non si sia terminata la fase di aggiunte e di
modifiche. Avrete così un testo meno ‘elegante’, ma tale da mostrarvi a colpo d’occhio gli
spazi effettivi tra parola e parola - or ora ne abbiamo inseriti deliberatamente alcuni di
troppo - permettendovi quindi di cogliere anche per questo aspetto gli eventuali errori.
Tutto questo testo, come vedete, è ancora con allineamento a sinistra. Inoltre, più sono
raffinate le funzioni che chiedete al vostro programma (es.: vari corpi e caratteri, molte
note, giustificazione, tabelle ecc.) più è la memoria RAM che impegnate, quando vi
lavorate sopra.1 Potreste avere delle brutte sorprese - computer che ‘si pianta’ - soprattutto
con le vecchie generazioni di elaboratori (286, 386 ma anche 486) se apportare continue
modifiche ad un testo complesso per il quale prevedete già molti attributi particolari.
Dunque, ‘giustificate’ il testo, dandogli un aspetto indubbiamente migliore, solo quando
avete finito di lavorarci e di apportarci modifiche; subito prima della stampa definitiva,
insomma.
È prudente suddividere il testo stesso in vari file (in genere, un file corrisponde ad
un capitolo) e mantenere l’allineamento a sinistra fino a quando non siamo sicuri di aver
concluso le modifiche sostanziali (spostamenti di testo, aggiunta o soppressione di note,
inserimento di tabelle ecc.). Dunque lo ‘giustificherete’, dandogli un aspetto
1
E' la memoria volatile, che il computer usa durante la sessione di lavoro. I dati in essa temporaneamente parcheggiati
si perderebbero quando lo spegne e dovete quindi 'salvare' il testo sulla memoria stabile (hard-disk o dischetto). Più
memoria RAM avete, meglio funzioneranno i vostri programmi e più sicuro sarà il vostro lavoro; oggi è facile avere 16
megabyte di RAM, che comunque rappresenta una base minima per far funzionare programmi complessi come
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indubbiamente migliore, subito prima della stampa definitiva.
Tenete comunque presente che se inviate il vostro testo su dischetto ad una
tipografia per la stampa, NON DEVE essere giustificato !
Per quanto riguarda l’interlinea, tenete presente che le pagine in cui il testo è troppo
rarefatto danno la sgradevole sensazione che il candidato abbia voluto ‘gonfiare’ la tesi.
Scegliete dunque un interlinea medio, che eviti la dispersione dello scritto nella
pagina bianca senza assalire il lettore con falangi compatte e impenetrabili di parole. Le
note, comunque, dovranno avere un interlinea minore rispetto a quello del testo.
Da tenere presente che alcuni programmi avanzati consentono di ‘alzare’ a piacere
cim
o
eventuali apici o esponenti, tipo XV
, MCCCLX . In tal caso, se avete scelto un
interlinea molto ridotto, il vostro programma può essere costretto ad aggiustare la
distanza fra alcune righe, alterando l’uniformità d’insieme, o comunque il rapporto tra una
riga e la successiva risulterà sgradevole, come nell’esempio or ora presentato. Dunque
l’interlinea minimo consentito può essere preso in considerazione solo se vi è totale
mancanza di tali particolarità.
Infine, la scelta dei corpi e dei caratteri dipende dal vostro gusto e dal set
disponibile nella stampante. In genere, può andar bene un corpo 12 per il testo e il 10 per
le note, con un sobrio carattere Times New Roman, in cui è stato stampato questo
fascicoletto. Sono però consentite ‘sperimentazioni’ nei titoli dei paragrafi, nelle didascalie
delle tabelle ecc.
I.1
Accenti. Ricordarsi - senza offesa per nessuno - che nella nostra lingua gli accenti
hanno ancora un significato, nonostante l’uso anarchico che ne viene fatto. Esiste l’accento
grave:
è
cioè
caffè
ahimè
piè
molti nomi propri: Giuffrè, Noè, Giosuè,
ciò, diè, già, giù, più, può, ecc.
Windows. Gli esperti di computer sorrideranno, ovviamente, leggendo queste miserie da principianti allo sbaraglio.
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e l’accento acuto, che si usa soprattutto nei composti di -che e di tre:
perché
poiché
affinché
cosicché
benché ecc.
trentatré ecc.
ma anche nelle forme:
per sé, a sé
né....né
ché (congiunzione causale, per poiché)
e, infine, nella terza persona del passato remoto:
poté
dové
ricevé ecc., tranne diè.
Può essere utile ricordarsi che le vocali -a, -i, -o, -u vogliono SEMPRE l’accento
grave: avremo dunque -à, -ì, -ù (es.: lì, là, avverbi; dì = giorno; sì, affermazione; tè =
pianta, bevanda).
Si distingua dà (=terza persona del presente del verbo ‘dare’), da (= preposizione) e
da’ (seconda persona dell’imperativo del verbo ‘dare’).
Le parole francesi che cominciano con é non vanno accentate, se maiuscole
(dunque, avremo Ecole ed école); tuttavia, nel set di caratteri speciali di ogni programma
di scrittura potrete trovare i comandi per ottenere É (alt+144, se siete in Ms-Dos).
È buona cosa distinguere con l’accento i diversi significati di una stessa parola: es.:
subìto (participio passato di ‘subire’) da subito (avverbio), princìpi da principi ecc.
Se nella vostra tesi riportate brani in volgare, si danno due ipotesi:
a) Citate da una edizione, anche datata. In questo caso dovete riportare il brano
esattamente come è stato edito, accenti, maiuscole, punteggiatura, divisioni delle parole
comprese (anche se le scelte applicate a suo tempo dal curatore non vi sembrano
aggiornate).
b) Si tratta di una fonte inedita. In questo caso dovrete essere voi ad applicare al brano
citato gli interventi suindicati, secondo l’uso moderno. Per quanto riguarda gli accenti, è
necessario applicarli, soprattutto nelle forme del verbo ‘avere’: Ò, ò, ònne, À, ànne ecc. Se
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le citazioni da una fonte inedita volgare sono parte ricorrente del vostro lavoro, può essere
utile per il lettore trovare una paginetta, o una vostra nota, nella quale siano spiegati i
criteri di trascrizione.
I.2 Cifre, numeri e date. Usare i numeri quando si indica una quantità precisa (es.:
Questa Università ha 23.456 iscritti) e le lettere quando si esprime un dato approssimato
(Questa Università ha circa ventitremila iscritti). Nei numeri, dividere con un punto i
gruppi delle migliaia (Questo Stato ha 123.356.456 abitanti), meno che nelle date (Correva
l’anno 1234).
I.3 Maiuscole e minuscole. In linea generale, si cerchi di limitare la maiuscolomania,
che oggi imperversa (i cartelli della toponomastica stradale danno, spesso, il cattivo
esempio e ci propongono anche via De’Bardi o piazza Desiderio Da Settignano).
Iniziano con lettera maiuscola:
- i nomi di persona, i cognomi, i patronimici, i soprannomi
- il nome di Dio e delle divinità (Allah, Giove ecc.)
- i nomi dei partiti delle associazioni
- i nomi geografici (es.: la Nuova Guinea)
- i nomi storici (es.: il Rinascimento, la Controriforma ecc.)
- i nomi dei corpi celesti (la Terra, il Sole), delle
costellazioni e dei segni zodiacali
- i toponimi, i nomi delle vie (via Quattro Leoni) e dei
monumenti (il Battistero)
- i nomi dei punti cardinali, quando indicano una regione (Una
carestia colpì il Sud). Se indicano una direzione, vanno
invece minuscoli (Si diressero a ovest)
- i nomi comuni usati in senso assoluto o con significato
particolare (libera Chiesa in libero Stato, i conti del
Tesoro ecc.)
Capita spesso che i problemi maggiori si incontrino con gli aggettivi santo/santa e
Santo/Santa: vanno usati maiuscoli solo quando fanno parte di un toponimo o indicano
una festività:
via San Lorenzo
piazza Santa Felicita
la parrocchia di Santa Maria Soprarno
la festa di San Silvestro
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Negli altri casi, si userà dunque il minuscolo (es.: Era un devoto di san Gennaro).
Ancora: vanno minuscole le qualifiche relative a cariche sociali, politiche e religiose
(compreso presidente, re, papa); i nomi dei giorni (lunedì, mercoledì ecc.) e dei mesi
(gennaio ecc.); i nomi delle suddivisioni amministrative intesi nel senso generico di
territorio (L’inondazione colpì la provincia di Trento).
I.3 Punteggiatura e spazi tra le parole.
1) Ogni parola deve essere separata dalla successiva da un solo spazio. Usando la
funzione Localizza Rimpiazza presente in ogni word processor, una delle ultime revisioni da
fare consiste appunto nel cercare tutti i doppi spazi inseriti per errore, sostituendoli con lo
spazio semplice (è sempre meglio tuttavia, come in molti altre situazioni in cui potrete
usare questa comodissima funzione, confermare la sostituzione caso per caso, anziché
affidarsi al Rimpiazza Tutto).
2) Nessuno spazio deve trovarsi:
a) Tra il segno di punteggiatura (,.;:?!) e la parola che lo precede.
b) Tra l’apertura di una parentesi e la parola che segue; tra la chiusura di una
parentesi e la parola che precede (come dimostrato varie volte in questo stesso testo).
c) Tra l’apertura di virgolette e la parola che segue; tra la chiusura di virgolette e la
parola che precede (es.: Secondo l’Autore, il personaggio principale - un tipico ‘ragazzotto’
di campagna - avrebbe a questo punto esclamato: “ Non voglio andare in città !”).
3) Un solo spazio deve essere inserito:
a) Dopo ogni segno di punteggiatura. Fanno eccezione la virgola dei decimali e il
punto delle migliaia, nei numeri (es.: 123.456,678); le abbreviazioni del doppio nome (J.F.
Kennedy, G.B. Bodoni).
b) Tra l’apertura di una parentesi e la parola precedente; tra la chiusura di una
parentesi e la parola successiva.
c) Tra l’apertura di virgolette e la parola che precede, tranne il caso che preceda un
apostrofo; tra la chiusura di virgolette e la parola che segue.
d) Fra il trattino che introduce un inciso - ne abbiamo usati molti - e il carattere
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precedente; fra il trattino che chiude un inciso e il carattere seguente.
Ricordare che dopo l’apostrofo non deve trovarsi spazio bianco. Diversamente, se
usate una funzione di verifica automatica dell’ortografia, il Word processor vi segnalerà
come sconosciute tutte queste forme.
Vi sono delle situazioni in cui il rapporto logico fra due parole consecutive, la prima
delle quali spesso abbreviata, è tale da non consentire che siano separate dalla fine della
riga. Un tempo ciò costituiva l’ABC di un tipografo; oggi, è possibile che vi sia una
specifica funzione nel vostro programma di scrittura, ma insomma è bene che conosciate i
casi specifici. Dunque devono essere mantenuti sulla stessa riga:
a) i titoli onorifici o accademici e il nome a cui si riferiscono (dott. Giuseppe
Bianchini);
b) i nomi di battesimo abbreviati e i relativi cognomi (es.: G. Bianchini);
c) le cifre e i nomi che ad esse si riferiscono (es.: n. 24, 19 %, 20 gennaio 1345, 30
anni, 150.000 lire ecc.);
d) la lineetta che introduce un inciso ( - ) e la prima parola dell’inciso stesso.
I. 4 Virgolette. Si usano normalmente tre tipi di virgolette:
a) semplici alte ‘...’
b) doppie alte "... "
c) basse, dette anche ‘a sergente’«...» (ALT+174 e 175 dal tastierino numerico, in MSDos).
Le virgolette del tipo a) vengono utilizzate in genere per evidenziare, nel testo,
singole parole; quelle di tipo b) come secondo ordine di virgolette, ad esempio all’interno
di una citazione più ampia, introdotta da quelle ‘a sergente’; queste ultime infine si usano
per citazioni lunghe al massimo un paio di righe (es.: ... lo storico Robert Davidsohn narra:
«Quando il corteo con i condannati giunse in piazza Santa Croce, dalla folla gridarono
"Vivano, vivano").
Con le virgolette «...» si contraddistinguono inoltre, nelle citazioni in nota e nella
bibliografia finale, i titoli delle RIVISTE (es.: «Archivio Storico Italiano», «Ricerche
Storiche» ecc.).
Lo studente che si accinge a scrivere la tesi ha in genere, all’inizio, una sorta di
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horror vacui, dove il vuoto è, appunto, la pagina bianca, dotata di grande potere ipnotico.
Per non deconcentrarvi disperdendo l’attenzione anche sugli aspetti formali del testo,
potete limitarvi ad applicare (con coerenza, però) nei vari casi la soluzione più semplice da
tastiera, scegliendo simboli di facile digitazione. In sede di revisione e di uniformazione,
col solito comando Localizza Rimpiazza usato con cautela, potrete sostituire alle soluzione
grafiche più rozze quelle raffinate, da tipografia.2
II. 1
Citazioni. Arriviamo alla parte più delicata e complessa di questo Prontuario. Vi
sono, come sapete bene, due tipi di citazioni: dalle fonti (edite, inedite) o dalla bibliografia,
cioè dalla letteratura sull’argomento, che avete identificato e letto. Lasciamo stare (per ora)
ulteriori, possibili suddivisioni delle fonti (consultate, effettivamente utilizzate ecc.) e della
bibliografia (opere di carattere generale, opere specifiche, repertori ecc.).
Il senso delle vostro citare, da entrambe, sta nel porre il lettore - qualunque lettore,
ovunque si trovi - in grado di seguire passo per passo il vostro procedere, di verificare le
vostre asserzioni e le vostre interpretazioni. Insomma, egli deve poter verificare ogni
millimetro del vostro itinerario di ricerca, sia sulle fonti sia attraverso la bibliografia che
avete utilizzato.
Se ci concedete una drammatizzazione, vorremmo proporvi l’immagine
dell’artificiere all’atto di disinnescare un ordigno sconosciuto. Egli lavora ovviamente da
solo, ma attraverso la radio comunica con una postazione al sicuro, descrivendo
esattamente ogni minimo gesto che compie, per motivi che potete intuire. Bene: chi scrive
una tesi deve comportarsi con lo stesso scrupolo - anche se, fortunatamente, con rischi
assai diversi, per lui e per chi lo legge - e il suo itinerario deve poter essere seguito con
facilità (per archivi, biblioteche, libri, fonti) senza che egli possa o debba dare ulteriori
delucidazioni o spiegazioni al lettore.3
È dunque tassativo: le indicazioni che date ai vostri lettori dovranno quindi essere
complete, precise, non equivoche, si tratti di un manoscritto (del quale specificherete
2
Chi scrive, ad esempio, ha inizialmente buttato giù la bozza di questo testo in MS-DOS su un vecchio 386 che aveva a
disposizione, per poi trasferirla in Word per Windows su un Pentium del Dipartimento e stamparla alla laser. In
Windows, certi comandi DOS (ad es. quelli per ottenere “...” = ALT+174 e 175 dal tastierino numerico) non vengono
però recepiti, e si visualizza un messaggio di errore: “ e ” sono stati dunque espressi temporaneamente con altri simboli
- £ e & - salvo poi rimpiazzarli con quelli giusti e definitivi in Windows, usando appunto le funzioni Trova e
Rimpiazza.
3
L'immagine dell'artificiere ci deriva dai ricordi di un vecchio film di guerra, del quale non ricordiamo né il titolo né il
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archivio o biblioteca, fondo, pezzo, carta o pagina, data secondo l’uso moderno ecc.) o di
un testo a stampa (ci direte di volta in volta autore o curatore, titolo, casa editrice, anno,
luogo di edizione, volume, pagine ecc.).
Tuttavia, le vostre indicazioni devono essere anche razionali, nel senso di coniugare
il massimo del dettaglio con il minimo spreco di tempo-fatica (per voi che le fate e per chi
le legge) e di spazio (carta o memoria del computer).
II. 2 Lunghezza delle citazioni. Non vi sono norme, ma convenienze. Se il testo che
dovete citare supera le 4-5 righe, o se è tale da perdere significato estrapolandone dei
brani, prendete in considerazione l’opportunità di allegarlo come Appendice.
Le tesi in materie medievistiche possono avere, e spesso hanno, Appendici di
documenti inediti anche molto corpose. In taluni casi si rileva una tendenza eccessiva da
parte dei candidati a delegare la parola alle Appendici, riducendo al minimo le citazioni
nell’elaborato. Ciò costituisce un difetto da evitare; infatti, il lettore deve poter saggiare,
pagina per pagina, la vostra capacità di cogliere e isolare i punti salienti del documento
(una parola, una o più frasi), fermo restando che dalla lettura integrale delle Appendici
verificherà su un campione più ampio la vostra capacità filologica e/o la congruità delle
interpretazioni e delle vostre scelte, potendo riportando i brani citati al contesto.
Le citazioni, come abbiamo già detto, devono essere inserite fra «...» sia nei testo che
nelle note, purché non superino le due righe di lunghezza. Diversamente, nel testo, non
avranno le virgolette, ma si troveranno al centro della pagina, con rientri accentuati a DX e
a SX, con interlinea minimo o comunque inferiore a quello del testo e con i dovuti rinvii
alla fonte. Il senso di tale evidenziazione è ovvio: il lettore sappia subito che quella parte,
di una certa lunghezza, non fa parte dell’elaborato originale dell’autore. Se devo, ad
esempio, inserire nel mio testo una lunga citazione da una fonte (ma potrebbe trattarsi di
un brano da un saggio), la citazione si presenterà dunque così:
A dì x di luglio 1427. Dinanzi da voi signori uficiali del Chatasto del
popolo di Firenze. Io Domenicho di Girolamo lavorante ischarpette
istò a pigione in una chasa d’Antonio di Bartolomeo feravechio in via
de’Bucciai, popolo di Santo Ambruogio, quartiere Santa Croce in
regista. Questo, dunque, è il classico esempio di nota con citazione incompleta e inservibile per il lettore.
9
Firenze, chonfini: primo via, sechondo frati del Paradiso, terzo Maso
di Domenicho choltelinaio, quarto Lucha di Mateo setaiolo, e pagone
l’anno di pigione lire ventidue.4
Eventuali tagli nelle citazioni, in qualsiasi punto, possono essere indicati con [...]
II. 3. Simboli di riferimento per le note. Si usano i numeri progressivi - 1, 2, 3 ... - o
le lettere dell’alfabeto - a, b, c ... - , queste ultime però solo per le annotazioni di carattere
filologico nelle appendici documentarie, cioè per indicare correzioni, errori, integrazioni
ecc. del manoscritto. Se usate appunto il primo dei due sistemi di riferimento, qualunque
Word processor è in grado di rinumerare tutte le note ad ogni vostra modifica. Il simbolo di
rinvio, in Posizione Superiore, va sempre dopo l’eventuale segno di interpunzione che
segua la parola cui si riferisce (es.: ... disse il Duca,1... così si legge nella charta.2 ecc.)
Per comodità del lettore, è bene che le note siano tutte in calce alla pagina in cui si
trovano i relativi rinvii, anche se l’ultima può terminare - mai cominciare - all’inizio della
pagina successiva; avranno, come già detto, corpo minore (es.: se il testo è in corpo 12, le
note siano in corpo 10) e interlinea minimo, comunque inferiore a quello del testo.
II. 4 Citazioni da libri o da opere a stampa. Nella prima citazione di un libro o di
un articolo, se ne daranno sempre tutti gli elementi, indipendentemente dal ripeterli con
uguale dettaglio nella Bibliografia generale di riepilogo. Tali elementi sono:
a) Autore-autori. Si tratta di colui-coloro che, appunto, hanno prodotto un qualcosa che
prima non c’era (libro, saggio, articolo).
b) Curatore-curatori. Una certa fonte può esistere da secoli; chiunque la pubblichi (o la
ripubblichi) non la crea, e ne è dunque ‘curatore’. Così, è necessario che qualcuno
‘curi’l’edizione a stampa di saggi di altri studiosi (accade spesso che volumi formati da
saggi di diversi studiosi vedano la luce grazie alla cura di uno solo fra coloro che pure vi
abbiano contribuito), una traduzione ecc.
Il nome dell’autore va in maiuscoletto con iniziale maiuscola (piccolo maiuscolo).
Il nome del curatore va in pure in maiuscoletto con iniziale maiuscola (piccolo
maiuscolo), se si tratta di edizione di una fonte. Rimane in ‘tondo’il nome di curi una
4
Archivio di Stato di Firenze - d'ora in poi ASF - Catasto del 1427, portate dei cittadini, 231, c. 27r.
10
ristampa o una stampa di scritti di altro studioso, il nome di autori di prefazioni,
postfazioni, presentazioni, traduzioni, di miscellanee e di atti di Convegni.
Il nome proprio si abbrevia, il cognome va per esteso:
P. GALETTI, Abitare nel Medioevo. Forme e vicende dell’insediamento rurale nell’Italia
altomedievale, Firenze, Le Lettere, 1997
G. BIANCHI-M. ROSSI-A. VERDI, Racconti fantastici, Roma, Il Torchio, 1956
S. PUCCI (a cura di), Una comunità della Valdelsa nel Medioevo: Poggibonsi e il suo statuto del
1332, Poggibonsi, Lalli, 1995
D. GUERRI, Scritti danteschi e d’altra letteratura antica, a cura di A. Lanza, Presentazione di G.
Pampaloni, Anzio, De Rubeis, 1990
A volte può essere utile, quando si citano edizioni di fonti, posporre il nome del
curatore, in modo che sia evidenziata con la massima enfasi la tipologia della fonte
utilizzata, e che trovi il suo giusto posto alfabetico nella Bibliografia generale. Infatti, posso
anche scrivere:
E. FACCIOLI (a cura di), Franco Sacchetti, Il Trecentonovelle, Torino, Einaudi, 1970
ma anche, e forse meglio
F. Sacchetti, Il Trecentonovelle, a cura di E. FACCIOLI, Torino, Einaudi, 1970
c) Titolo. Va in corsivo, come abbiamo mostrato, e deve essere completato dell’eventuale
sottotitolo (cfr. il caso del volume di Paola Galetti). Se l’opera citata è una traduzione, se ne
dovrebbe riportare fra parentesi:
1) il luogo dove fu stampata l’opera originale, nella forma in cui è scritto nella lingua
originale (Paris, Berlin, London ecc.);
2) la data;
3) la casa editrice, sempre ovviamente nella lingua originale;
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4) il titolo, nella lingua originale.
In realtà, questa auspicabile completezza è difficile, perché la specificazione di
alcuni di questi dati è colpevolmente omessa nelle traduzioni stesse. È importante,
comunque, evidenziare quanto di una traduzione si tratta, e specificare quanto meno
l’anno di uscita dell’opera originale. Se infatti mi limito a scrivere:
M. WEBER, Storia agraria romana, Milano, Il Saggiatore, 1967
tendo a sfumare elementi fondamentali, in ordine al fatto che l’autore era già morto a
quella data5 e che, soprattutto, si tratta di un’opera giovanile (risale infatti al 1891 !) scritta
e sotto l’influenza diretta del Mommsen: cose che, almeno tendenzialmente, il lettore
attento potrebbe recuperare da un citazione appena più completa:
M. WEBER, Storia agraria romana, trad. it., Milano, Il Saggiatore, 19671 (ed. orig. col titolo
Römische Agrargeschichte, Stuttgart, 1891)
Una citazione come questa rende conto degli oltre 70 anni trascorsi dalla sua uscita,
dell’area linguistico-culturale in cui vide la luce e, infine, del fatto che fra le varie ristampe
della traduzione, si cita dalla prima (nelle successive la numerazione delle pagine può, per
un qualunque motivo, essere diversa). Ottimale, dunque, l’esempio di citazione che segue:
C. J. WICKHAM, La montagna e la città. L’Appennino toscano nell’alto medioevo, trad. it., Torino,
Paravia, 1997 (ed. orig. col titolo The mountains and the city. The Tuscan Appennines in the
Early Middle Ages, Oxford, Oxford University Press, 1988)
d) Luogo di edizione, casa editrice, anno. L’ordine di questi tre elementi
indispensabili può variare, ma devono esserci tutti. Se non sono dichiarati, ricorrete alle
forme [s. l.] = senza luogo di edizione, e [s. d.] = senza data di edizione. Ma si tratta di
dichiarazioni di impotenza da ridurre al minimo. Se, pur non essendo dichiarati, li potete
desumere, evidenziate l’integrazione con le solite parentesi: [s. d., ma 1880], o: [1880], o
infine: [s. l. e s. d., ma Firenze, Albizziana, 1810].
5
Peraltro - centenario - solo da tre anni...
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e) Appartenenza a Collane, Serie ecc. Organizzate fin dall’inizio il database6
per la vostra schedatura bibliografica in modo da poter recepire - meglio se in un apposito
campo - questo elemento, che deve comunque figurare almeno nella prima citazione e
nella Bibliografia generale. Es.:
U. PASQUI (a cura di), Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo. Volume primo,
Codice diplomatico (an. 650 ?-1180), Documenti di storia italiana pubblicati a cura della R.
Deputazione Toscana sugli studi di Storia Patria, XI, Firenze, Vieusseux, 1899
G. VERDONI, Storia degli archivi ecclesiastici di Ravenna, Pubblicazioni degli Archivi
di
Stato, Saggi e Inventari, XLV, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1983
Infatti, può esservi utile ricostruire la logica di un progetto editoriale, identificare
velocemente quanto di quello è stato realizzato e quando, oppure se e quando una
determinata Collana ha pubblicata l’ultimo volume o si è chiusa.7 Se predisponete il vostro
database bibliografico in modo da poterlo interrogare anche per questo tipo di quesiti, ne
trarrete grandissima utilità.
f) Citazioni da Atti di Convegni o da Cataloghi di Mostre. Secondo la
logica fin qui evidenziata, dovete essere molto dettagliati e precisi. Cercate di evitare la
sigla AA.VV. (che sta evidentemente per Autori Vari) in quanto, nel mondo delle OPAC e
dei cataloghi informatici con migliaia di autori, vi complicano e vi allungano le ricerche. Al
limite, riportate almeno i primi due-tre nomi di autori o curatori, nascondendo gli
eventuali altri sotto un et alii (peraltro assai poco gentile nei loro riguardi). In ogni caso,
deve figurare la data e il luogo in cui si svolse la manifestazione (Convegno, Mostra ecc.)
6
Diamo per scontato che ciascuno usi un database per la bibliografia: infatti i vantaggi sono tanti e tali da non lasciarci
alternative. Piuttosto, si dovrà discutere nel Seminario laureandi su quale database usare, su come organizzarlo in
campi, su come indicizzarlo e renderlo tale da potersi sommare a quello degli altri colleghi, in modo che la fatica del
singolo possa non andare dispersa di volta in volta.
7
Potreste anche aver bisogno, in seguito e per altri lavori, di farvi un quadro riassuntivo, ad esempio, di quanti volumi
dei Rerum Italicarum avete visto, quando e dove li avete consultati, con quale segnatura... se in quella Biblioteca ve li
lasciano fotocopiare o no...etc etc
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da cui la pubblicazione prese spunto:
G. Bianchi-A. Rossi-M. Gialli (a cura di), Con splendidi colori, Atti del Convegno
internazionale di gemmologia (Milano, 3-4 ottobre 1975), voll. 3, Venezia, Il Torchio, 197578
[PS.: il volume in oggetto, evidentemente, è un parto della fantasia di che scrive questo prontuario a tarda ora nella notte]
L. Calzolai-G. Pansini et alii (a cura di), La Toscana dei Lorena nelle mappe dell’Archivio di
Stato di Praga. Memorie ed immagini di un Granducato, Catalogo e mostra documentaria
(Firenze, 31 maggio-31 luglio 1991), Archivio di Stato di Firenze-Ministero per i beni
culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Pubblicazioni degli Archivi di
Stato, XCI, Roma, 1991
g) Citazioni da riviste. Dovete indicare il nome della rivista tra «...»,
specificandone eventualmente la serie (s.), l’annata o il volume in cifra romana, l’anno
solare della pubblicazione ella rivista in cifra arabica, eventualmente la dispensa e il
fascicolo, sempre le pagine:
C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria a Firenze dal 1281 al 1384, in «Archivio
Storico Italiano», a. CL(1992), disp. I, pp. 57-82
M. RONCONI, Tipologie di utensili agricoli nelle fonti notarili genovesi del XIV e XV secolo, in
«Atti e memorie della Deputazione Ligure di Storia Patria», a. IV(1943), fasc. IV, pp. 123145; a. V(1944), fasc. I, pp. 1-49; fasc. II, pp. 198-234.
Le pagine che interessano, all’interno dell’articolo, possono essere indicate col segno
interpuntivo di due punti (:)
C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria a Firenze dal 1281 al 1384, in «Archivio
Storico Italiano», a. CL(1992), disp. I, pp. 57-82: 64
o:
C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria a Firenze dal 1281 al 1384, in «Archivio
Storico Italiano», a. CL(1992), disp. I, pp. 57-82: 64-74
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Si faccia ovviamente bene attenzione a distinguere tra le riviste vere e proprie (che vanno
tra «...»), e le Collane o le pubblicazioni che prevedono di articolarsi in edizioni più o meno
ricorrenti nel tempo. Gli Archivi di Stato, come si vede dalle citazioni poco sopra
presentate, hanno una loro iniziativa editoriale che ha pubblicato e pubblicherà molti
volumi all’anno: ma non è certo una rivista !
h) Successive citazioni di opera, fonte o articolo già citato per esteso e
dettagliatamente. In questo caso si può e si deve (per il principio di razionale economia
di spazio e di tempo, già accennato) procedere con forme abbreviate, purché non siano di
difficile comprensione o creino ambiguità fra le opere di uno stesso autore. Dovendo ricitare (l’ipotetico) articolo di (un peraltro inesistente) Ronconi, mi limiterò a scrivere:
M. RONCONI, Tipologie di utensili cit., a. V(1944), fasc. I, p. 35
o:
C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria cit., pp. 64-67
Per inciso, segnaliamo che l’uso del primo nome abbreviato fa certo risparmiare spazio,
ma oltre ad essere non delicatissimo verso l’autore (e a predisporre le condizioni per
omonimie), vi mette nella imbarazzante condizione di non ricordarvi, a volte, quale genere
usare: definirete C. Guimbard «...la studiosa» o «...lo studioso» ? È dunque consigliabile
che, almeno a livello di Bibliografia generale, i primi nomi siano per esteso: in questo caso,
Catherine Guimbard...
Il computer vi dà poi la possibilità di ridurre al minimo le digitazioni di titoli o di nomi
ostici o difficili da scrivere. Fate la vostra Bibliografia generale con ogni cura e attenzione;
predisponete già una forma abbreviata (con: ... cit.), subito dopo a quella completa;
ricontrollate con la massima cura di aver scritto correttamente tutti i dati. A questo punto,
attribuite ai titoli che vi creano problemi una sigla diversa e progressiva, composta da una
lettera e da un numero attaccati (es.: a3, a4, a5 ecc.); vi troverete, poniamo, ad avere:
G3 C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria a Firenze dal 1281 al 1384, in «Archivio
Storico Italiano», a. CL(1992), disp. I, pp. 57-82
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e:
G4 C. GUIMBARD, Appunti sulla legislazione suntuaria cit.,
Ovunque quell’opera debba essere citata per esteso, digitate semplicemente G3; dove vi
serve la forma abbreviata, G4. Con la funzione Localizza Sostituisci potrete, infine ed una
volta per tutte, sostituire le sigle con le citazioni corrette, alle quali dovrete solo
aggiungere maiuscoletto, corsivo e quanto altro serva caso per caso (rinvio alle pagine
ecc.)
i) Citazioni di opere, saggi, fonti citate nelle nota immediatamente
precedente. Si usa, per brevità:
Ibid.
abbreviato da Ibidem, per indicare lo stesso luogo o pagina all’interno di un titolo
citato. Si usa dunque solo se tutto corrisponde rispetto a ciò che avete citato nella nota
precedente: opera, autore, titolo, edizione, pagina ecc. (Ibidem è un avverbio rafforzativo
latino, che significa «proprio lì», «esattamente nello stesso posto»)
Ivi
per indicare lo stesso luogo con pagina diversa. Si usa quindi se, ad esempio autore,
opera e edizione rimangono invariati, ma cambia la pagina (quindi sarà, in ipotesi: Ivi, p.
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Cfr. = confronta, precede una citazione bibliografica quando si rinvia genericamente
al contenuto dell’opera e delle pagine specifiche che si indicano.
Vd., vd. = vedi, si usa per rinvii alle fonti delle citazioni o a testi nei quali
l’argomento è specificamente trattato. Non si aprirà la citazione né con Cfr. né con Vedi né
con altri simili espressioni, quando si riportano passi o frasi contenuti nell’opera a cui si
rinvia.
l) Saggi ristampati. Dovete, con la maggiore precisione possibile, indicarne
comunque la prima edizione:
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M. ROSSI, Guerre di primavera, già in «Società e storia», a. IX(1980), fasc. II, pp. 34-68; ora in
ID., Scritti scelti, a cura di A. Ripellino, Milano, Tipografia Reali, 1997, pp. 3-70.
Come si vede dall’esempio ora presentato - ID. sta per IDEM (=lo stesso autore; si userà
EAD. =EADEM per una donna) - mentre il nome dell’autore va comunque in maiuscoletto
con iniziale maiuscola, tale distinzione non viene applicata per colui che ha curato una
ristampa o una stampa di scritti di altro autore (infatti, A. Ripellino è rimasto in ‘tondo’).
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Abbreviazioni
Si raccomanda la parsimonia e di riassumerle tutte, sempre e comunque, in una Tavola
esplicativa, soprattutto se introducete sigle o abbreviazioni per indicare archivi, fonti,
Collane.8
Quelle più usate, che non necessitano spiegazioni, sono:
a. = anno
A., AA. =autore, autori
a.C. = avanti Cristo
an. = anonimo
anast. = anastatico
app. = appendice
art., artt. = articolo, articoli
Cfr., cfr. = Confronta, confronta
cit., citt. = citato, citati
cm m km =centimetro, metro ecc. NON PUNTATI !
cod., codd. = codice, codici
col., coll. = colonna, colonne
d.C. = dopo Cristo
ecc. = eccetera
ed. = edizione
es. = esempio
f., ff. = foglio, fogli
fasc. = fascicolo
fig., figg. =figura, figure
loc. cit. = luogo citato
misc. = miscellanea
ms., mss. = manoscritto, manoscritti
n.n. = non numerato (di codice ecc.)
ns. = nuova serie
op. = opera
op. cit. = opera citata, quando sostituisce interamente il titolo
e le altre indicazioni; ma si può usare solo quando di
un autore si citi un’unica opera, e noi preferiamo in
generale Ibid.
p., pp. = pagina-pagine
8
E' un gesto di cortesia per chi vi legge, anche se certo non rischierete fraintendimenti come quello che si verifica in un
paese della Valdelsa (non lo specificheremo), dove la via S. Allende è 'sciolta' comunemente via Sant'Allende.
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passim = quando la citazione ricorre frequentemente nell’opera
citata
r = recto
s. = serie
s.a. = senza anno di stampa
s.d. = senza data
s.e. = senza indicazione editore
s.l. = senza luogo
s. ss., o: sg. sgg = seguente, seguenti
trad. = traduzione
v = verso (per la numerazione delle carte dei manoscritti)
Vd., vd. = Vedi, vedi, si usa per rinvii alle fonti delle
citazioni o a testi nei quali l’argomento è
specificamente trattato
vol., voll. = volume, volumi
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