Pag. 5 - Sì ai bambini svegli, ma non di notte!
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Pag. 5 - Sì ai bambini svegli, ma non di notte!
5 S in alute Sì ai bambini “svegli”, ma non di notte! Possono considerarsi davvero fortunati i genitori dei bambini che non danno problemi perché “mangiano e dormono”. Se infatti il figlio inappetente è fonte di notevoli preoccupazioni, quello che non dorme rischia addirittura di far saltare i nervi di mamma e papà e di mettere in crisi l’intera famiglia. E non si tratta di casi tanto rari: secondo le statistiche, il 30% dei bambini nella prima infanzia presenta un disturbo del sonno più o meno grave. info ➔ PER SAPERNE DI PIU’ Presso l’Università “La Sapienza” di Roma, in via dei Sabelli, è attivo un Centro per i Disturbi del Sonno in Età Evolutiva. Eventuali contatti possono essere indirizzati al Dott. Oliviero Bruni e-mail: [email protected] INSONNIA DEL BAMBINO Q uando si torna a casa dopo il parto, con il tenero fagottino in braccio, si prova inevitabilmente una certa apprensione per quello che ci aspetta: dovremo imparare a conoscere il nostro piccolo, a decifrare i suoi segnali di benessere e malessere, ad adattarci ai suoi ritmi biologici. Sono compiti non da poco, anche se oggigiorno i media mettono a disposizione dei neo-genitori una grande quantità di informazioni e consigli su come regolarsi nelle varie circostanze quotidiane e su come affrontare eventuali difficoltà. Fra queste, una delle più pesanti è certamente l’insonnia del bambino, che ostacola il riposo dei genitori e soprattutto quello della madre: il lattante che non dorme costituisce per la mamma una fonte di stress tale da poter addirittura facilitare la comparsa di quel serio disturbo che va sotto il nome di “depressione post-partum”. Se poi il problema si protrae nel tempo, lungo la prima infanzia, la situazione può diventare drammatica per entrambi i genitori, esasperandoli oltre ogni limite: il bimbo insonne mette a dura prova la resistenza fisica e psicologica di mamma e papà al punto tale che, di quando in quando, nella cronaca si leggono episodi di maltrattamento anche grave nei confronti di un bambino da parte dei genitori stressati dalla mancanza di sonno. Esaminiamo dunque il problema partendo dalla conoscenza di ciò che è normale a proposito di sonno. È normale che il neonato non faccia nessuna differenza tra il giorno e la notte e che regoli i suoi risvegli in base al senso di fame. È normale che quando dorme si alternino fasi di sonno leggero e di sonno profondo: queste due fasi costituiscono un ciclo di sonno, composto da una parte di sonno REM (quello in cui si sogna) e da una parte di sonno non-REM. A questo proposito va sottolineata un’importante differenza nelle diverse età: fino ai due mesi ogni ciclo dura circa 50 minuti e i periodi di sonno continuativo comprendono 3-4 cicli (quindi durano 3-4 ore). La durata complessiva del sonno, nelle 24 ore, va generalmente da un minimo di 14 ad un massimo di 20 ore. A 6 mesi la durata di un ciclo di sonno è di circa 70 minuti e il periodo di sonno continuativo può arrivare a 6 ore, che spesso sono quelle notturne perché a quest’epoca inizia a comparire una distinzione tra giorno/veglia e notte/sonno. Il sonno totale nelle 24 ore ha una durata di 12-14 ore. Dai 6 mesi ai 4 anni il sonno totale si riduce progressivamente e verso l’anno e mezzo il bambino dorme solo la notte, tranne che per un sonnellino pomeridiano. È normale, però, che tra i 9 mesi e i 2 anni si verifichino risvegli notturni abbastanza frequenti, dovuti all’interferenza delle esperienze diurne, sempre più ricche e consapevoli, sul sonno; inoltre a 9 mesi il bambino attraversa la fase di sviluppo chiamata “angoscia dell’estraneo”, che determina il bisogno di percepire la vicinanza fisica della madre per rassicurarsi, anche durante la notte. Tra i 5 anni e l’adolescenza il sonno totale si riduce ulteriormente, fino a raggiungere le 8 ore dell’adulto, e si verifica solo durante la notte; ma è normale che tra i 14 e i 18 anni, a causa delle variazioni ormonali, ricompaia una certa sonnolenza diurna che provoca il bisogno di un sonnellino pomeridiano. Il periodo più critico per l’acquisizione dei ritmi del sonno è quindi quello che va dai 4 ai 6 mesi, perché questa è l’epoca in cui il bambino deve adattare i propri ritmi biologici a quelli dell’ambiente esterno. Per aiutarlo in questo compito, prevenendo in tal modo la comparsa di un disturbo del sonno, è necessario regolarizzare il più possibile gli orari, sia quelli dei pasti che quelli dell’addormentamento e del risveglio; è anche molto utile esporlo alla luce solare durante le ore diurne e mantenerlo invece in penombra nelle ore serali. Il gioco con i genitori e tutti gli altri motivi di eccitazione dovrebbero essere evitati la sera, e bisogna tener presente che anche i giochini o i carillon appesi sopra il lettino possono rappresentare per il lattante una stimolazione visiva o uditiva abbastanza intensa da interferire con il sonno. È invece spesso utile tenere accesa nella camera una lucina molto tenue, evitando il buio assoluto. In linea di massima, la condotta migliore consiste nel favorire un “apprendimento condizionato” associando al momento di addormentarsi un ri- tuale fisso come, ad esempio, il cambio del pannolino, la vecchia ninna-nanna, la compagnia di un pupazzo morbido. Inoltre l’ambiente dovrebbe essere tranquillo e silenzioso, con una temperatura confortevole ma non troppo elevata; la posizione a pancia sotto va evitata, preferendo invece quella sulla schiena o su un fianco. Non bisogna far addormentare il bambino in braccio per poi metterlo nel lettino quando già dorme: il sonno, infatti, è una routine composta da diversi elementi, e se tra questi si introduce l’esser tenuti in braccio, questo stesso elemento diventerà necessario per riaddormentarsi quando ci si sveglia di notte. In occasione dei risvegli notturni è da evitare la somministrazione di bevande (camomille e tisane), sia perché in questo modo si condiziona il bambino a riaddormentarsi solo con il biberon sia perché ingerendo molti liquidi urinerà di più e il suo sonno sarà quindi più spesso disturbato dal pannolino bagnato. Il problema dei risvegli notturni frequenti, che disturbano il riposo dei genitori, va affrontato con molta calma, anzi con “nervi d’acciaio”. Ciò non significa rimanere sordi e insensibili, ignorando il pianto del bambino, ma riuscire a mantenere un comportamento tranquillo e, soprattutto, coerente. Innanzitutto non bisogna precipitarsi subito, ma aspettare qualche istante cercando di valutare la reale intensità del disagio che il piccolo manifesta; poi, se si ritiene che sia il caso, ci si avvicinerà parlandogli con voce bassa e dolce, eventualmente cullandolo un po’ nel lettino ma senza prenderlo in braccio; quando lo si vede nuovamente tranquillo è bene allontanarsi senza aspettare che si riaddormenti del tutto. Un “trucco” spesso efficace consiste nell’aumentare progressivamente il tempo che intercorre tra il risvegliopianto e la comparsa del genitore. Si può iniziare con un intervallo di 30 secondi, aumentandolo ogni volta di 30 secondi nel corso della stessa notte, fino a quando l’intervallo è sufficiente perché il bimbo si riaddormenti da solo. La notte successi- va la durata dell’attesa può essere raddoppiata, e così anche le notti seguenti: nel giro di 7-10 giorni, se si è stati costanti nell’applicare questa tattica, i risultati dovrebbero essere soddisfacenti. Può sembrare un sistema troppo semplice per affrontare un guaio grosso come quello del bambino che non dorme, ma il segreto della sua efficacia sta nella coerenza della risposta che il bambino riceve, molto diversa da quell’alternanza disordinata di tentativi “a casaccio” che spesso i genitori, esasperati e preoccupati, mettono in atto senza criterio. Un’altra strategia utile nel caso di risvegli notturni molto frequenti (come accade spesso nel periodo intorno ai 9 mesi), consiste nell’allontanarsi dopo aver messo il bimbo a dormire, tornando però dopo qualche minuto e, anche se non piange, parlandogli per qualche istante con dolcezza prima di allontanarsi di nuovo. La sequenza va ripetuta finché il bambino non si addormenta. Per ultimo, la questione dei farmaci. Va detto che a volte sono necessari quando le “cattive abitudini” del sonno si siano ormai instaurate e radicate, ma la loro somministrazione deve essere tassativamente prescritta e controllata dal pediatra non solo per evitare ogni rischio di tossicità, ma anche perché alcune sostanze che nell’adulto inducono il sonno possono provocare nel bambino un effetto paradosso, aumentando, anziché diminuirla, la sua insonnia. Milena Cannao