L`IMPEGNO AMBIENTALE DELL`AZIENDA

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L`IMPEGNO AMBIENTALE DELL`AZIENDA
L’IMPEGNO AMBIENTALE DELL’AZIENDA DISNEY
A cura di Serena PANTALONE
A.A. 2014-2015
Sensibilizzare al tema delle condizioni ambientali, ormai disastrate, è
divenuta, nel tempo, una pratica sempre più comune. La Walt Disney
Company, con i propri mezzi, ha cercato sin dagli albori del proprio lavoro, di
attuare un piano di prevenzione ambientale, incentrando le coscienze
sull’importanza di rispettare Madre Natura.
Nel farlo, è stata geniale: colpire le coscienze dei bambini è facile ed è
sensazionale se si pensa che un’impressione in età infantile può rimanere
scolpita nelle menti per tutta la vita. E poi, diciamocelo… i cartoni animati
della Disney non sono solo per bambini! Pertanto, il concetto fondamentale
che si vuole trasmettere è molto probabile che arrivi anche ad un target più
adulto. L’obiettivo è proprio quello: riuscire ad informare, in primis, circa le
problematiche attuali con un linguaggio comprensibile anche ai più piccini e
far riflettere, poi, sulle possibili strategie preventive o/e correttive, ove
possibile, prima che la situazione diventi irreversibilmente compromessa,
cercando di far comprendere il valore della Terra e dei suoi ecosistemi che
dovrebbero essere il più possibile lasciati intatti e non modificati.
Situazione attuale. Circa 2400 miliardi di dollari di danni e quasi 2 milioni di
vittime degli eventi meteorologici estremi tra il 1970 e il 2012: questo è il
triste bilancio del rapporto Atlas of mortality and economic losses from
weather, climate and water extremes, stilato dalla World Meteorological
Organisation e relativo all’impatto dei cambiamenti climatici sull’uomo. Un
atlante che descrive frequenza, distribuzione e conseguenze dei disastri
naturali legati al clima a livello sia locale che globale, con lo scopo di
aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica su questo tema e fornire
possibili soluzioni per limitare gli effetti sulle aree colpite. Nei decenni
considerati, si sono verificati 8835 eventi meteorologici estremi, divisi in
alluvioni, tempeste, siccità, frane, temperature estreme ed incendi. A livello
globale, alluvioni e tempeste contano da sole per il 79% del totale dei disastri
e hanno provocato il 55% delle vittime e l’86% dei danni economici, mentre
le ondate di siccità hanno causato il 35% delle vittime.
Nessuna regione del pianeta è esente da questi fenomeni, sebbene le
entità siano chiaramente diverse tra loro. Le vittime si concentrano
maggiormente tra le popolazioni in via di sviluppo mentre i danni economici
più gravi nelle aree più industrializzate. Se si dà uno sguardo ai numeri, gli
eventi più tragici sono stati: la siccità in Etiopia del 1983 e l’alluvione in
Bangladesh nel 1970 con ciascuna 300.000 vittime e gli uragani Katrina nel
1
2005 che costò circa 147 miliardi di dollari e Sandy nel 2012 che portò ad un
danno economico di 50 miliardi di dollari.
In Europa, la causa più frequente di morte legata all’ambiente è data
dalle temperature estreme. Un esempio recente è l’ondata di caldo anomalo
del 2003 che registrò 70.000 vittime, di cui 20.000 solo in Italia. La situazione
appare evidentemente sconcertante ma ciò che è ancor più grave è che la
frequenza di tali fenomeni è in continuo aumento: dai 743 casi del periodo
1971-1980 si è passati ai 3496 degli ultimi dieci anni. Questo scenario,
dovuto ai cambiamenti del clima di matrice antropica, sottolinea la
vulnerabilità delle società umane e l’assoluta necessità di un rapido e radicale
cambiamento degli attuali modelli di sviluppo (1).
Così come le caratteristiche degli organismi biologici, anche gli
elementi della tradizione culturale possono essere considerati all’interno di un
processo evolutivo. Essi si modificano, si diffondono e si adattano. Perché
allora non studiarli con gli stessi metodi usati per comprendere le relazioni tra
le specie biologiche, per ricostruirne le origini e le trasformazioni della
società, anche in termini ambientali?
Uno dei personaggi che maggiormente si adoperò per il racconto di
storie a sfondo ambientale fu Walter Elias “Walt” Disney (1901-1966), padre
dei film di animazione, il quale ebbe la capacità brillante di coniugare
immagine e musica (2).
L’azienda, la Walt Disney Company, fondata il 16 ottobre 1923 da Walter
Disney e suo fratello Roy Oliver Disney, è oggi la seconda compagnia di
media negli Stati Uniti d'America (3). Walt sposò per molto tempo la causa
ambientale e cercò, con il suo lavoro, di trasmettere messaggi sociali precisi al
fine di smuovere le coscienze delle popolazioni e convincerle ad attuare
politiche di salvaguardia dell’ambiente, partendo da azioni quotidiane, anche
molto semplici.
Natura e ambiente nei cartoni animati
L'ecologia dovrà pagare il suo tributo a Biancaneve e Pocahontas.
Stando almeno a David Whitley, professore dell'Università di
Cambridge, "i cartoni animati della Disney hanno sistematicamente
incoraggiato generazioni di bambini ad allearsi con la natura e a proteggerla",
riscattando in parte Bambi dalla fama di essere portavoce di un blando
populismo e di un finto mondo incontaminato.
Il libro di Whitley, “The Idea of Nature in Disney Animation”, prende
in esame due periodi della storia della multinazionale: dal 1937 al 1967,
quando Walt Disney era in carica, e dal 1984 al 2005, quando a dirigere la
fabbrica del cartoon era Michael Eisner. Entrambe le gestioni, scrive Whitley,
2
si sono distinte "per il forte e costante impegno a favore della natura e
dell'ambiente". Pur segnando alcune differenze.
Durante l'epoca Walt Disney, e in film come Biancaneve (1937),
Cenerentola (1950) e Bambi (1942), l'immaginario ruotava intorno a una
visione pastorale della natura, un rifugio idilliaco, pieno di teneri animaletti,
minacciato e reso vulnerabile da una civiltà cattiva ben interpretata da
sorellastre invidiose e regine maligne. O ancora, nel Libro della Giungla, in
cui il giovane Mowgli non si limita a proteggere il regno dei suoi amici
animali, ma aspira ad averne piena cittadinanza.
La gestione Eisner ha reso la cosmogonia della Disney molto più
complessa, suggerendo una nuova possibile coesistenza tra la natura e le
persone. Un'accezione più "politica", dunque, messa in scena da film come
Pocahontas (1995) e Tarzan (1999). Stando alle analisi di Whitley, in questi
cartoni emerge il desiderio di riconciliazione tra gli uomini (già predatori e
colonialisti)
"Su alcuni temi, - insiste Whitley - l'arte popolare può influenzare le
nostre idee e i nostri sentimenti. Disney dunque potrebbe dirci sull'ambiente e
sul nostro modo di rapportarsi ad esso più di quanto noi tendiamo ad
accettare".
Non solo. Secondo il professore di Cambridge, questi film, "spesso
indicati come inautentici", hanno incoraggiato il pensiero critico, arrivando
addirittura, e sarebbe il caso di Bambi, a fornire "le basi emozionali per il
futuro attivismo ambientalista". Infatti, queste animazioni hanno alimentato
l’immaginario infantile con potenti fantasie che permettevano ai bambini di
esplorare il loro modo di relazionarsi al mondo naturale. In altri cartoni
animati si rappresenta la natura in modo idilliaco, contrapposta a quella di una
civiltà minacciosa che risulta d’esempio ai giovani affinché proteggano un
ambiente incontaminato in cui i personaggi centrali del film vanno alla
scoperta di se stessi. In produzioni successive, a partire da “Il libro della
giungla”, per arrivare a “Il re leone” e “Alla ricerca di Nemo”, si affacciano
spesso ambientazioni più esotiche, che fanno da scenario alla possibilità di
immaginare un rapporto con la natura più armonioso di quello, ormai
deteriorato, vissuto nel corrispondente momento storico. Lo studio di Whitley
intende dunque mostrare il complesso scambio tra fantasia e realtà del legame
tra l'uomo e la natura nei film della Disney. Eppure c'è chi non manca di
ricordare, è il caso del Guardian, come l'amore per l'ambiente predicato sullo
schermo dalla Disney si scontri con le concrete deforestazioni che si sono rese
necessarie per la costruzione di Disneyworld e di altri parchi a tema. La faccia
scura del mondo incantato dei cartoon (4).
3
L’ambiente nel corso della storia cinematografica Disney
Un viaggio nel mondo dei cartoons dagli anni 30’ fino ai giorni nostri.
Partendo da un classico come Biancaneve e i sette nani, da una visione
“disneyana” dell’ambiente dove la natura viene rappresentata con uno
scenario idilliaco, un mondo incantato, lontano dalla realtà, all’interno del
quale lo spettatore è portato a sognare e fantasticare, si passa ad affrontare di
volta in volta diverse tematiche ambientali nel corso della storia
cinematografica. Si parla del problema degli incendi grazie al cortometraggio
“Flower and Trees” prodotto dalla Walt Disney nel 1932, per passare alla
distinzione tra bracconaggio e caccia selettiva alternando “Bambi” (1942) e
“Boog & Elliot a caccia di amici” (2006), la pesca e la capacità di carico degli
ecosistemi marini con “Pinocchio” (1940) e “Alla ricerca di Nemo” (2003), le
stagioni e il cambiamento climatico con “The Grasshopper and the Ants”,
cortometraggio Disney del ‘34 e “L’Era glaciale 2 – il disgelo” (2006),
arrivando alla favola ecologica spagnola “La foresta magica” (2001) dove il
saluto tra animali ed alberi “che l’uomo ti ignori”, evidenzia la nostra
responsabilità nei confronti della condizione attuale del pianeta. E ancora una
riflessione sui sistemi di mobilità con “Cars” (2006), l’acqua come bene
comune con “Kirikù e la strega Karabà” (1998) e la possibile scomparsa delle
api responsabili del processo di impollinazione con “Bee Movie” (2007). Non
poteva mancare un approfondimento su cibo, energia e rifiuti con La gang del
bosco (2006) e ancora l’inquinamento da rifiuti e la sindrome “NIMBY” (Not
In My Back Yard, lett. “Non nel mio cortile”) con l’ultimo film dei Simpsons
(2007), fino ad arrivare a “Robots” (2005) per promuovere il riutilizzo dei
materiali di scarto. Per concludere, uno spezzone tratto da “Ant Bully – una
vita da formica” (2006). Il film parla di un bambino che viene spesso fatto
oggetto di atti di bullismo e, a sua volta, si sfoga con le formiche che vedono
in lui “il distruttore della natura”, una figura mitologica espressione diretta del
male. Per sconfiggerlo riescono a produrre una pozione magica che, iniettata
nell’orecchio durante il sonno, lo rimpicciolisce e lo costringe a vivere nella
colonia. Grazie alla “vita da formica”, il protagonista capisce che bisogna
“farsi piccoli” e mettersi dalla parte della natura per comprenderla e
rispettarla. Più recentemente troviamo “Happy feet” (2006), un segnale di
allarme per la salvaguardia dei pinguini. Non mancano importanti riferimenti
alla pesca esaustiva ed all’inquinamento dell’oceano per opera dell’uomo.
Successivo è “Wall-e” (2008) che ha un forte riferimento alla
situazione attuale del mondo, dove i temi dell'inquinamento, del
riscaldamento globale e delle fonti di energia rinnovabili sono all'ordine del
giorno.
I bambini stanno molte ore davanti alla televisione ed è fondamentale che il
cinema, come la scuola, sia attiva nell’educazione al rispetto dell’ambiente.
4
Il pensiero finale conclusivo del viaggio attraverso i cartoons è che
“Uomo e natura possono coesistere in armonia”. Esistono delle alternative
sostenibili all’attuale modello di consumi che sta mettendo in crisi il pianeta
terra e ognuno di noi può contribuire in modo concreto a migliorare la
situazione. E se qualcuno obiettasse dicendo che è facile fantasticare
attraverso i cartoni animati ma poi nella realtà le cose sono ben diverse
potrebbe trovare la risposta nelle parole dello stesso Walt Disney quando
disse: “Tutti i sogni possono diventare realtà se solo abbiamo il coraggio di
inseguirli” (5).
Coniugare i problemi ambientali ai cartoons
Forse in un tempo non troppo lontano dovremmo cancellare dalle nostre
memorie il ricordo del “Re leone” e della florida comunità nelle savane.
Sconvolgimenti ambientali si ripercuotono anche sui diversi ecosistemi
presenti a livello mondiale e una delle possibili conseguenze è rappresentata
dall’assenza dei predatori. Questa condizione modifica le abitudini degli
erbivori e la composizione dell’ecosistema. Cambiamenti all’interno
dell’ecosistema si ripercuotono lungo tutta la piramide ecologica, fino ai
produttori primari, ovvero le piante. Uno studio condotto in una riserva
naturale del Kenya, pubblicato poi sulla rivista scientifica “Science”, mostra
le modalità mediante cui il declino dei grandi carnivori porta, anche in breve
tempo, a modificare la composizione dell’ecologia. Mancanza di predatori
incentivano lo sviluppo di specie erbivore, accompagnata da un notevole
cambiamento del loro uso dell’habitat e del loro consumo delle risorse
vegetali. Ciò porta alla variazione della composizione della vegetazione:
vengono preferite piante con spine con ovvie conseguenze per insetti, uccelli
e altri vertebrati che vivono nella stessa area. La ricerca dunque mostra le
possibili conseguenze inaspettate e a lungo termine della pressione antropica
sulla biodiversità e fornisce strumenti utili anche in altri contesti ambientali in
cui i grandi carnivori sono in declino demografico, a causa sia della caccia sia
della continua erosione del loro habitat naturale: una situazione purtroppo
diffusa in tutti gli ecosistemi mondiali (6).
Nel giro di pochi decenni anche i periodi più freddi saranno caldi, in
confronto con gli standard storici. Dopo il 2047, globalmente la temperatura
media dell’aria supererà addirittura la temperatura annua più elevata dal 1860
al 2005 se continueremo ad emettere anidride carbonica con lo stesso ritmo
registrato ai giorni nostri. In alcune aree del pianeta, ciò avverrà anche prima
della data prevista e le prime a sperimentarla saranno quelle ai tropici,
esattamente dove le specie sono meno in grado di adattarsi anche a piccole
variazioni di temperatura, essendo naturalmente abituate ad un clima costante.
Molti hot spot di biodiversità, ovvero i luoghi più ricchi di specie, si trovano
ai tropici. Ecco perché l’aumento della temperatura della Terra potrebbe
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minacciare un grande numero di animali terrestri ed acquatici già verso la fine
degli anni venti di questo secolo (7).
Senza contare che, almeno in Italia, una specie su due è in uno stato di
conservazione cattivo o inadeguato. Purtroppo, i patrimoni naturali non
godono di buona salute. Lo rivela il III Rapporto Direttiva Habitat 2007-2012
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA),
sottolineando che in Italia il 20% delle specie vegetali, il 51% di quelle
animali e il 61% degli habitat sono in cattivo stato o in uno stato inadeguato.
Un’icona di tale situazione è l’orso bruno marsicano di cui sono rimasti solo
circa 50 esemplari, che costituisce una soglia limite per assicurarsi la
persistenza nel medio-lungo periodo (8).
Questi sono solo alcuni esempi: si tratta di studi e analisi di situazioni
ambientali globali o locali che fungono, o almeno dovrebbero, da campanelli
di allarme. E chi può salvare il pianeta? I bambini. E chi meglio di tutti riesce
a comunicare con i bambini? Disney. Ecco che la multinazionale si inserisce
nel quadro ambientale per cercare di far leva sulla popolazione giovanile, nel
tentativo di virare bruscamente la rotta della natura che attualmente sta
andando verso un punto di non ritorno.
L’antropomorfizzazione mirata della Disney
“Chiunque abbia visto "Bambi" ha sviluppato un rispetto profondo per gli
animali, e anche storie come "Il libro della Giungla" sono permeate di amore
per la natura”.
Biodivers Conservation ha pubblicato lo studio “Anthropomorphized species
as tools for conservation: utility beyond prosocial, intelligent and suffering
species” nel quale un team cileno, britannico, statunitense e australiano ribalta
alcune delle convinzioni (anche di chi scrive) sull’antropomorfizzazione
(tipica della Disney) degli animali. Secondo i ricercatori, «l’antropomorfismo
è recentemente emerso in letteratura come uno strumento utile per la
conservazione».
Lo studio suggerisce che la tendenza delle persone a relazionarsi di più con
gli animali che hanno una somiglianza con gli esseri umani
(antropomorfismo) potrebbe contribuire a migliorare il sostegno dell’opinione
pubblica ai progetti di conservazione della natura, anzi, l’antropomorfismo
sarebbe addirittura trascurato come potente strumento per la promozione di
specie di “basso profilo” che sono o in via di estinzione o che richiedono
urgente attenzione.
Attualmente l’antropomorfismo conservazionista si limita agli animali
intelligenti e sociali, come gli scimpanzé, gli orsi polari ed i delfini. Secondo
la ricerca, «questo implica che le altre specie non sono degne di
conservazione perché non sono come gli esseri umani nel modo “giusto”».
Tuttavia, se gli ambientalisti fossero più consapevoli di come le persone
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costruiscono significati antropomorfi sulle specie e come si impegnano per le
specie le cui caratteristiche secondo loro hanno un valore, le cose potrebbero
cambiare.
E’ noto che le persone possono attribuire personalità o emozioni alle specie
che sono loro più vicine, come animali da compagnia o anche animali
selvatici “gradevoli”, quindi sfruttando il nuovo animalismo si potrebbero
creare programmi di salvaguardia che parlino alla gente attraverso le loro
aspettative culturali e connessioni emotive.
Uno degli autori dello studio, Diego Verissimo, del Durrell Institute of
Conservation
Ecology
dell’università
del
Kent,
spiega
che
«l’antropomorfizzazione delle specie è un modo comune per le persone di
relazionarsi con altre specie, ma come strumento di conservazione è sottoutilizzato e non è utilizzato come un modo per promuovere efficacemente le
relazioni tra le persone e la natura attraverso programmi di conservazione. Per
esempio,
nonostante
ci
siano
alcune
limitazioni
all’utilizzo
dell’antropomorfismo, le aspettative non appropriate per il comportamento
degli animali o delle specie per le quali ci sono stereotipi sociali negativi da
essere human-like, c’è la necessità di intensificare la ricerca nel marketing e
nelle scienze sociali che porterà ad utilizzare più efficacemente
l’antropomorfismo come strumento della conservazione».
La principale autrice, Meredith Root-Bernstein, che lavora sia per la Pontificia
Universidad Catolica de Chile e per l’università di Oxford, ha sottolineato che
«gli scienziati da molto tempo sono cauti sull’antropomorfismo, perché è
stato visto come un driver di ipotesi non scientifiche sul comportamento
animale. Ma, come ambientalisti possiamo guardare ad esso come una sorta di
ingenua teoria popolare delle somiglianze tra l’uomo e tutte le altre specie.
Questi modi popolari di rapportarsi al mondo naturale sono potenti e
dobbiamo cercare di capirli e lavorare con loro».
Insomma, la protezione dell’ambiente dovrebbe imparare da Walt Disney, e
Bambi potrebbe diventare il simbolo del nuovo ambientalismo antropomorfo
per aprire la strada all’accettazione anche di creature meno gradevoli,
trasformandole da “estranei” ad “amici”.
Le qualità umane attribuite agli animali sono su una scala di intensità.
Può prendere la forma delle immagini di animali con caratteristiche più simili
all’uomo, come gli occhi rotondi sul davanti della faccia. Oppure potrebbero
includere animali che danno emozioni che le persone sperimentano, come la
felicità o la tristezza. Anche raffigurante animali che indossano abiti umani o
che si impegnano in attività umane evoca sentimenti umani di empatia.
Un precedente studio pubblicato su Ecopsychology ha trovato che gli zoo che
fanno più confronti con gli esseri umani raccolgono più finanziamenti per
aiutare gli animali e la Root-Bernstein è convinta che «Il modo di utilizzare
l’antropomorfismo dipende dal pubblico e dalle circostanze. Negli zoo, per
7
esempio, spesso si ha l’opportunità di vedere gli animali che fanno cose che
fanno parte della loro routine quotidiana, che possono essere paragonate alle
attività quotidiane umane, come orari, faccende e pasti. Questo tipo di
antropomorfismo potrebbe rendere più facile comunicare l’esperienza di
essere un’altra specie».
Però Kim-Pong Tam, uno scienziato sociale dell’Hong Kong University of
Science and Technology, si chiede su Mongbay.com: »Ma solo perché
possiamo usarlo, dovremmo? La ricerca ha dimostrato che l’antropomorfismo
promuove comportamenti di conservazione, migliorando il senso personale di
connessione con la natura. Ma gli effetti dell’antropomorfismo non sono
sempre positivi. In Giappone, negli anni ’70, migliaia di procioni sono stati
importati dal commercio di animali domestici, dopo che una serie di cartoni
animati aveva reso popolari questi animali con la faccia da bandito.
Quando i procioni hanno reagito come gli animali selvatici che erano
invece dei simpatici e ben educati personaggi dei cartoni animati, molti dei
loro disincantati proprietari se ne sono disfatti. L’improvviso rilascio di
procioni non nativi all’aperto ha reso necessario un costoso programma di
eradicazione a livello nazionale che non è riuscito a liberare l’isola di questa
specie invasive. Da allora i procioni si sono diffusi in tutto il Giappone,
causando notevoli danni alle coltivazioni ed agli antichi templi. Un’altra
conseguenza non voluta dell’antropomorfismo può sorgere quando l’empatia
per i singoli animali non si estende ad una serie di specie. Questo può creare
conflitti nei giardini zoologici dove i programmi di allevamento o i bilanci
richiedono l’abbattimento degli animali, una situazione che di recente ha
suscitato l’indignazione pubblica quando è stata fatta l’eutanasia ad un
giovane giraffa a causa di un surplus nel branco dello zoo di Copenhagen».
Un altro esempio può essere degli animali che diventano simboli o mascotte
di una comunità, causando ricadute meno favorevoli su altre specie.
Mongbay fa l’esempio dell’amazzone imperiale (Amazona imperialis) il
pappagallo che figura nella bandiera dell’’isola caraibica di Dominica,
diventato simbolo dell’orgoglio e dello “stile” nazionale mentre la sua specie
sorella, l’amazzone collorosso (Amazona arausiaca), è vista come una
concorrente immeritevole. Una disparità di status che ha portato ad una
minore tutela per il pappagallo che rende meno orgogliosi i dominicani,
quello che in termini antropomorfici/disneyani, si potrebbe chiamare “effetto
sorellastra brutta”.
Ma la Root-Bernstein ribatte: «Non stiamo dicendo che non si deve essere
cauti sull’utilizzo dell’antropomorfismo. Stiamo dicendo che più si conosce,
meglio si può utilizzare. Spero che il lavoro dei ricercatori aiuterà a capire
perché gli ambientalisti che potrebbero voler utilizzare diverse forme di
antropomorfismo in diverse circostanze, e come scegliere meglio tra i tipi di
antropomorfismo».
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Anche Will Turner, chief scientist di Conservation International
(un’associazione spesso criticata per il suo approccio troppo
conservazionista/animalista a scapito delle comunità indigene) è convinto che
l’antropomorfismo possa essere molto utile alla conservazione delle specie:
«Per me il problema non è tanto di trasmettere il fatto che gli animali hanno
qualità umane, tanto quanto che si tratta di usare la lente umana per aiutare le
persone, si riferisca, in primo luogo, anche ad altre specie. Anche il più
empatico tra noi deve usare una lente umana» (9).
Dunque, l’antropomorfizzazione potrebbe essere una chiave per facilitare
l’entrata nelle menti e nelle coscienze di molti. Tuttavia, bisognerebbe
comprendere a fondo tutti i risvolti di tale tecnica per non imbattere in
conseguenze negative.
Il capolavoro Disney con impegno ambientale: Wall-e
“Wall-E”, nono lungometraggio d’animazione realizzato da Pixar Animation
Studios in coproduzione con Walt Disney Pictures (10). Il protagonista del
film è il robot WALL-E, unico abitante del pianeta Terra, che a causa
dell'eccessivo inquinamento e del continuo accumularsi di rifiuti è stata
abbandonata dall'intera umanità.
Anno 2105. Il livello di inquinamento del pianeta Terra è altissimo, la
superficie è ormai completamente ricoperta di immondizia. La Buy n Large
Corporation (BnL), una grande azienda commerciale che ha preso in mano il
governo del mondo, ha costruito una flotta di navi spaziali, la cui ammiraglia
è la Axiom, sulla quale parte dell'umanità si concede una crociera di cinque
anni, mentre sulla Terra la BnL ha realizzato e messo in opera un esercito di
robot chiamati "WALL•E" (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class,
sollevatore terrestre di carichi di rifiuti) incaricati di fare pulizia, compattando
i rifiuti in cubi. Qualcosa purtroppo non va come dovrebbe, i robot si
disattivano tutti e nel 2110 la missione di rientro non può avere luogo, visto
che il pianeta non è stato ripulito. Uno dei robot però è rimasto ancora in
funzione.
Anno 2805. Sono ormai 700 anni che WALL•E, l'ultimo di una serie di robot
rimasti sulla Terra, ha continuato imperterrito la sua opera di spazzino del
pianeta, giorno dopo giorno, compattando e stoccando l'immondizia in cubetti
che ha poi impilato uno sull'altro fino a formare centinaia di enormi grattacieli
di rifiuti. A rompere questa secolare routine, un giorno scende dal cielo un
razzo che deposita sul pianeta un robot molto particolare. Quando lui, a casa
sua, le mostra una piantina che aveva trovato fra le macerie, essendo l'unico
segnale di vita su un pianeta morto, EVE la prende, la chiude dentro di lei e si
disattiva: la sua missione infatti era trovare una forma di vita su un pianeta
che si crede morto. WALL•E resta quindi alle prese con una robot inanimata,
ma continua a prendersi cura di lei sperando in un suo risveglio. Poco tempo
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dopo il razzo torna a prenderla, ma WALL•E non vuole lasciarla andare.
Tentando di recuperarla, si aggrappa al razzo mentre questo sta per ripartire. Il
razzo lo conduce sulla mega-astronave Axiom, dove l'umanità sopravvive da
settecento anni in un ambiente lussuosissimo, senza compiere il minimo
sforzo fisico, al punto da diventare obesi e incapaci di deambulare
autonomamente. Le persone sull'Axiom si spostano su poltrone galleggianti
(mai a piedi) tramite le quali possono anche nutrirsi e comunicano attraverso
schermi olografici. In una breve panoramica si possono vedere nella cabina
del Comandante le foto, sua e dei suoi cinque predecessori, al comando della
Axiom. La caratteristica evidente è che i diversi Comandanti sono sempre più
grassi, con il passare del tempo.
Arrivata sull'astronave, EVE viene riattivata elettricamente e tenta di andare
dal capitano della Axiom per comunicargli di aver scoperto che sul pianeta
Terra può ricrescere la vita; è quindi finalmente giunto il momento di
riportare a casa l'umanità. Il robot che pilota l'astronave, Auto, tuttavia, sulla
base della decisione presa nel 2110 dal presidente della BnL, è tuttora
convinto che sulla Terra la vita sia rimasta insostenibile e che sia meglio per
l'umanità rimanere nello spazio. Il Comandante è tuttavia in grado di capire la
situazione reale e, dopo essersi coraggiosamente rialzato in piedi (cosa
divenuta quasi impossibile a causa della sua grave obesità), prende il controllo
dell'astronave ridirigendola verso la Terra. Così Wall-E ed EVE possono
finalmente stare insieme e l'umanità può ricominciare, dopo 700 anni, una
nuova vita sulla Terra.
WALL•E è ambientato su un pianeta Terra disabitato. L'umanità l'ha
abbandonato 700 anni prima quando l'inquinamento era diventato
insostenibile e lo smaltimento dei rifiuti impossibile; uno stuolo di robotspazzini, i "WALL•E", erano chiamati a ripulirlo ma si sono dovuti arrendere.
Non si fa difficoltà a riconoscere una similitudine con la situazione attuale del
mondo, dove i temi dell'inquinamento, del riscaldamento globale e delle fonti
di energia rinnovabili sono all'ordine del giorno.
La possibilità di riscatto, nel film, è proprio nella presa di coscienza
dell'abuso perpetrato nei confronti della natura; il giorno remoto in cui essa
stessa farà rinascere la vita fra i rifiuti l'umanità avrà questa possibilità di
riscatto. Il film racconta proprio di questa possibilità di riscatto, dal momento
in cui WALL•E scopre un germoglio verde dentro un frigorifero abbandonato,
segno della rinata abitabilità della Terra.
Le accuse del film allo stile di vita moderno, intenzionali o meno, non si
limitano all'inquinamento ma anche al consumismo. Nella previsione
distopica velatamente proposta dal film il governo del pianeta finirà nelle
mani di una grossa compagnia americana che grazie al potere economico
conquisterà anche quello politico. Sarà questa compagnia, la Buy n Large, a
costruire la gigantesca nave spaziale chiamata Axiom e destinata a ospitare
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l'umanità in esilio dal proprio invivibile pianeta. In questa astronave viene
proposto ai suoi abitanti ogni genere di comodità, tanto che nel corso degli
anni i muscoli degli uomini si atrofizzano, le ossa si indeboliscono, fino a
rendere le persone obese e incapaci di deambulare autonomamente finché il
comandante della nave, come nel mito della caverna, si alza e decide di
ritornare sulla Terra. Che l'obesità sia una conseguenza di uno stile di vita
troppo rilassato e dedito al consumismo è una realtà già adesso accertata, e
soprattutto negli Stati Uniti il tema è particolarmente sensibile.
Walt Disney – l’ecologia e la natura vanno al cinema
La Disney ha lanciato una compagnia satellite, la Disneynature, che
ogni anno produrrà eccezionali documentari sulla natura insieme ai maggiori
registi del mondo esperti di questo genere. Disneynature è completamente
dedicata ai documentari sulla natura e l’ambiente. La natura e le sue
meraviglie sono una celebre serie di documentari sugli animali concepita e
prodotta da Walt Disney negli anni ‘40 e ‘50, nota in originale come TrueLife Adventures. Nel 1953 Disney diede il via ad un’altra notissima serie di
18 documentari, stavolta di tema etnografico, denominata Genti e paesi
(People and Places), durata sino al 1960. Questo restyling che sa di passato
non può che fare meditare su come l’ecologia sia un tema sempre più presente
nel mondo della comunicazione, divenendo anche un'importante fonte di
business. Una riflessione dalla doppia lettura, sperando che il crescente
interesse non sia solo una moda passeggera dettata dall’idea dell’utile fine a
se stesso e diventi un’opportunità per sensibilizzare non solo il grande
pubblico cinematografico, ma anche l’opinione pubblica civile, per portare
consapevolezza maggiore del rispetto dell’ambiente alle classi dirigenti. Una
speranza che potrà essere perseguita se oltre al successo al botteghino la
nuova divisione s’impegnerà altrettanto (come paventato nei progetti) nel
fornire sostegno alle sue iniziative con pubblicazioni, concessione di licenze,
parchi e progetti educativi.
Il primo film ad uscire con il nuovo marchio è stato “Earth”, versione
estesa dei documentari BBC “Planet Earth”, un vero e proprio giro del pianeta
seguendo la vita di tre madri - un'orsa polare, un elefante e una balena - con i
loro piccoli, presentato ufficialmente il 22 aprile 2009, in occasione della
Giornata della Terra. Sotto questa etichetta, che produrrà ogni anno un
importante documentario, lavoreranno grandi documentaristi come Jacques
Perrin (“Microcosmos”) e Alastair Fothergill (Natural History alla BBC).
Come ha dichiarato Robert A. Iger, Presidente e Ad della Walt Disney
Company “Speriamo che questi film contribuiscano a una maggiore
comprensione e apprezzamento della meravigliosa e fragile natura che ci
circonda” (11).
11
Progetti di sensibilizzazione ad opera di Walt Disney Company
Incoraggiare ed ispirare sono le parole chiave per cercare di trasmettere ai
ragazzi un comportamento ecologico responsabile.
Ecco quindi che un simile binomio ha dato vita ad un’iniziativa molto
speciale: Friends for Change – Insieme per la Terra, un progetto educativo in
diverse tappe, ma che si concentrerà sul web.
La finalità dell’iniziativa è insegnare ai più piccoli la sostenibilità ambientale
attraverso quattro punti chiave: clima, riciclo, acqua e habitat.
Ma Disney vuol farlo come meglio gli riesce: giocando! E così ha pubblicato
un sito interattivo in cui le star Disney e la gente comune si incontrano per
fare delle “promesse”.
Un bambino che vi accede promette di compiere alcune delle azioni
ecologiche a sua scelta, dallo spegnere la luce quando lascia una stanza
all’utilizzo di quaderni fatti con carta riciclata. Ad ogni promessa mantenuta
verrà assegnata una medaglia virtuale che testimonierà il proprio impatto
sull’ambiente, in modo anche da stabilire una vera e propria competizione a
chi si comporta in maniera più green. Sul sito ogni buona azione ecologica
verrà aggiunta ad un contatore corrispondente, a seconda che si siano salvati
degli alberi, si sia risparmiata dell’acqua o si siano evitate delle emissioni, per
valutare l’impatto totale del’iniziativa.
Ebbene, nel 2009 il Friends for Change fu lanciato in occasione della
Giornata Mondiale dell’Ambiente nei soli Stati Uniti, e qui furono risparmiati
480 milioni di litri d’acqua al mese, 70 mila tonnellate di carbonio all’anno e
furono riciclati 2,4 milioni di tonnellate di immondizia, oltre all’aver avviato
25 diversi progetti ambientali per il recupero e la tutale delle foreste.
Nel progetto innovativo “Friends For Change” si pensò di “sfruttare” il potere
e l’influenza che le giovani star del canale Disney Channel hanno sui ragazzi
proprio per sensibilizzarli ad alcuni piccoli e grandi gesti quotidiani che
possono davvero fare la differenza (chiudere l’acqua lavando i denti, ridurre i
tempi della doccia, maggiore attenzione nei confronti della raccolta
differenziata). Inoltre sul sito della Disney i ragazzi potevano esplicitare le
proprie promesse, inizialmente simboliche ma poi con l’obbligo morale di
concretizzarle: oltre 2 milioni di “patti” sono stati stretti da allora tra i ragazzi
e l’ambiente e Disney ha donato oltre 1 milione di dollari proprio alle cause
da loro scelte.
Non a caso, i beniamini dei ragazzi di tutto il mondo, protagonisti delle serie
televisive più di successo targate Disney sono scesi in campo e hanno
realizzato un video per sensibilizzare i loro coetanei alla salvaguardia
dell’ambiente. Il brano si intitola “Send it on” ed è stato realizzato da Jonas
Brothers, Miley Cyrus, Demi Lovato, Selena Gomez in occasione della
campagna “Friends for change: Green Project (12) ovvero “Amici per il
cambiamento: Green Project”, un’iniziativa online che insegna ai bambini a
12
ridurre il loro impatto ambientale. I proventi delle vendite tramite iTunes
andranno a beneficio di cause ambientali per la conservazione nel mondo.
Sono stati coinvolti più di 350.000 bambini, i quali hanno preso un impegno
ecologico a riciclare, riutilizzare, scollegare, usare le biciclette, ecc.
In tutto questo, i bambini sono stati anche coinvolti nella scelta di come
spendere un milione di dollari per finalità ecologiche. Non sorprende, dunque,
che gli orsi polari siano stati scelti per primi, seguiti dalla deforestazione
(13). “C’è potere in tutte le scelte che facciamo, io inizio adesso: non c’è un
momento da perdere”, recita la canzone. Una sorta di inno creato per
insegnare ai giovani che facendo dei piccoli cambiamenti nel loro stile di vita
potranno fare qualcosa di molto importante per l’ambiente. “Send it on” è
solo uno dei progetti in cui sono coinvolti i giovani attori e cantanti di Disney
channel i quali danno anche, dal sito ufficiale, dei consigli pratici utili su
come risparmiare energia, risparmiare acqua, ricordare a genitori e amici
l’importanza del rispetto dell’ambiente e di diffondere messaggi costruttivi ai
più piccoli.
Dall’anno seguente il progetto venne esportato anche in ambito
europeo ed arrivò nel nostro paese. Disney in Italia ha esteso il suo
programma a tutte le scuole, distribuendo oltre 4mila kit di educazione
ambientale e stimolando i ragazzi su tre fronti: quello della musica, sempre
di grande richiamo, ha inoltre chiesto a loro di creare spot video sull’ambiente
ed infine ha creato un concorso per suggerire progetti di sensibilizzazione,
valorizzazione delle aree urbane e altro (sono stati mandati oltre 1400
elaborati da tutta Italia e ne sono poi stati scelti due da sviluppare).
Nello stesso anno, in Italia la Disney si unisce al WWF in diverse
campagne. Il WWF riuscì a praticare un imprinting nei ragazzi italiani, che
dura ancora oggi visto che sono diventati genitori.
Disney è da sempre stata uno dei partner più importanti per WWF,
come riconosce lo stesso presidente Pratesi, e grazie ai suoi film, serie
televisive e pubblicazioni editoriali ha sviluppato in molti contesti i temi più
delicati lavorando con grande sinergia alla salvaguardia dell’ambiente insieme
all’associazione, sempre con grande intelligenza e tatto.
Esempi di eventi che li vede ancora collaborare: una giornata di pulizia
della spiaggia dell’Oasi di Burano in Toscana, una delle prime in Italia, che
conserva 12 km di costa, dune e preziosi ambienti mediterranei popolati da
tantissime specie di piante e animali. Secondo Pratesi è importanti che i
bambini e i ragazzi ritrovino il vero valore della spiaggia, fatta non solo di
abbronzature, lettini e ombrelloni ma soprattutto di natura, animali e vegetali
tutti da scoprire e rispettare; supporto allo staff del centro di recupero di
Molfetta, presso il Porto di Barletta, nell’ambito di una iniziativa speciale di
sensibilizzazione e attivazione dei pescatori per la salvaguardia delle
tartarughe marine.
13
La tartaruga è il simbolo del Mediterraneo, una delle specie vivente più
antiche della Terra che nonostante sia sopravvissuta all’estinzione dei
dinosauri rischia di non sopravvivere all’uomo stesso! Azioni come la pesca a
strascico rischiano di far morire inutilmente tra le specie più rare che ci sono e
per questo i ragazzi proveranno ad educare i pescatori ad un comportamento
più rispettoso nei confronti della fauna marina, svolgendo anche alcuni
mansioni al centro di Molfetta e provando l’emozione di liberare alcune
tartarughe in mare dopo aver ricevuto le cure necessarie (14).
Dunque la piattaforma interattiva “Friends for Change” permette ai bambini
di essere attivamente coinvolti nello scenario ambientale. Ciò permette loro di
sentirsi parte integrante della natura e li sprona anche a prendere delle
decisioni importanti come quelle della salvaguardia e quella di come
devolvere il ricavato proveniente dal risparmio. Questo potere decisionale
lascia ai bambini la giusta convinzione di essere i padroni del mondo e, di
conseguenza, si coprono inconsciamente di responsabilità verso Madre
Natura. Con questa educazione, le loro azioni, in futuro, saranno mirate al
rispetto dell’ambiente. Un piccolo passo oggi fatto dai singoli, per migliorare
il futuro di tutti domani.
Cosa potrebbe accadere ora che il progetto è stato esteso a tutto il mondo?!
Educare con la creatività
Disney promuove, inoltre, diverse iniziative legate al marketing e alle vendite
dei propri prodotti che invitano chi ne usufruisce a pensare e a sviluppare un
modello ideale di ambiente. Ne costituisce un esempio il progetto “Crea il tuo
bosco magico”, che ha dato la possibilità di esprimere, su una piattaforma
online, la propria creatività, ma anche la propria coscienza personale di
ambiente, e nello stesso momento di contribuire a far crescere attivamente una
vera foresta! L’iniziativa è stata promossa in occasione dell’uscita del film
“Trilli e il Tesoro Perduto” (2009). Il compito di ogni bambino è stato quello
di immaginare la foresta della fate e di raccontarlo poi agli altri utenti del web
attraverso la foto o un video di un proprio lavoro (un disegno, un collage, una
scultura, ecc.), meglio se in materiale riciclato.
Per ogni lavoro caricato, magari con l’aiuto di mamma o papà, è stato creato
un metro quadro di bosco che si è andato ad aggiungere ai 150.000 metri
quadri di foresta tutelati da Disney in Costa Rica, per la precisione nella
riserva Amistad Caribe, uno dei luoghi più ricchi di biodiversità al mondo
(14).
Trilly, la fatina Campanellino di Peter Pan, popolarissima tra i bambini (ma
soprattutto tra le bambine) è stata la protagonista della nuova campagna di
sensibilizzazione dedicata all’efficienza energetica del DOE, il Dipartimento
statunitense dell’Energia. La campagna, realizzata in collaborazione con
l’Advertising Council, associazione no profit che opera nel settore
14
dell’informazione sociale, prevede due diversi strumenti di comunicazione:
un sito internet dove i più piccoli possono trovare utili informazioni sulle
energie rinnovabili e una serie di spot televisivi, disegnati per educare ragazzi
da 8 a 10 anni, con i principali personaggi Disney che spiegano l’importanza
di spegnere le luci, il computer o la televisione e chiudere bene il rubinetto.
L’iniziativa nasce dalla politica energetica degli Usa a favore del
pianeta in vista dell’enorme crescita della domanda energetica, che nel 2030
sara’ raddoppiata rispetto agli attuali livelli. Da qui iniziative volte a
contenere i consumi energetici che coinvolgano anche i piu’ piccoli. “Questi
nuovi annunci con Trilly – ha dichiarato Peggy Conlon, Presidente & CEO
dell’Advertising Council – guideranno i bambini con suggerimenti semplici di
risparmio energetico e ispireranno le famiglie ad intervenire, in modo che
possano essere un carico minore per l’ambiente” (15). La campagna di
comunicazione ambientale mira al passaparola. Dai più piccoli il messaggio
deve raggiungere gli adulti, i grandi con il potere decisionale per orientare gli
acquisti e ridurre i consumi nell’ottica di una maggiore efficienza energetica e
riqualificazione delle abitazioni. Sul sito non manca una sezione dedicata ad
insegnanti e genitori con spunti ed informazioni sulle energie rinnovabili e su
tutto quanto concerne l’educazione ambientale delle nuove generazioni.
Oltre al portale, i consigli animati verranno proiettati anche sul piccolo
schermo, con una serie di spot televisivi: protagonista il risparmio energetico
rivisitato dai principali protagonisti del mondo Disney (16).
Conclusioni
SI può concludere elogiando il grande impegno profuso dalla Walt Disney
Company nelle tematiche ambientali. Va condivisa l’idea di formare le menti
alla salvaguardia dell’ambiente sin nella prima infanzia, in modo tale che il
rispetto della natura costituisca una forma mentis per la popolazione mondiale
e sulla modalità di raggiungere questo obiettivo: attraverso cartoni piacevoli
da vedere ma che offrono, altresì, spunto per pensare, attraverso giochi
interattivi e piattaforme online educative, oppure attraverso documentari.
L’informazione e la conoscenza sono alla base della politica attuativa di
salvaguardia e riparo dei danni. Le condizioni ambientali presto saranno
insostenibili: molte aziende ed associazioni si stanno mobilitando a recuperare
i danni fatti dall’uomo ma sono ancora la parte minore. E’ Auspicabile un
coinvolgimento maggiore e a larga scala, per il futuro di tutti.
If you can dream it, you can do it »
Se puoi sognarlo, puoi farlo. »
(Walt Disney)
Biografia/Sitografia
15
(1). “Il costo del tempo catastrofico”. Andrea Romano. Le Scienze. Settembre
2014; N. 553.
(2). Wikipedia.org/wiki/Walt_Disney
(3). http://it.wikipedia.org/wiki/The_Walt_Disney_Company
(4). Piccoli ambientalisti crescono grazie alle favole di Disney. GIORGIO
CAPPOZZO. 27 marzo 2008. http://www.repubblica.it/2008/03/
sezioni/ambiente/disney-ambientalista/disney-ambientalista/disneyambientalista.html
(5). http://www.mediatecambiente.it/natura-e-ambiente-nei-cartoni-animati/.
13/11/2012
(6). “Effetto a catena nella savana”. Andrea Romano. Le Scienze. Dicembre
2014. N.556.
(7). “Biodiversità e riscaldamento globale”. Mark Fischetti. Le Scienze.
Agosto 2014. N.552. Preso da: “The projected timing of climate
departure from recent variability”. Camillo Mora et al.; Nature. Vol. 502,
10 ottobre 2013.
(8). “Biodiversità italiana sotto stress”. Alex Saragosa. Le Scienze. Aprile
2014; N. 548.
(9). http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/ha-ragione-ladisney-lantropomorfismo-fa-bene-alla-salvaguardia-dellambiente/
(10). http://it.wikipedia.org/wiki/WALL%E2%80%A2E
(11). Panorama, Il Sole 24 Ore, Repubblica, La Stampa.
(12). 13/8/2009. http://video.sky.it/news/spettacolo/le_star_della_disney_
invitano_a_salvare__lambiente/v40825.vid
(14). http://kids.screenweek.it/2011/07/friends-for-change-2011-limpegno-didisney-per-lambiente-7292
(13).
http://www.ecologiae.com/campagna-disney-ambiente-raccoltafondi/8300/; Marco Mancini. 2009
(15). www.scienzaesalute.blogosfere.it; "Crea il tuo bosco magico", con
Disney e Lifegate i bambini possono salvare l'ambiente.
AlessioCappuccio -18 novembre 2009.
(16).
http://www.direttanews.it/2010/09/20/ambiente-usa-la-disneytestimonial-dellefficienza-energetica/ ANSA [Fonti: Earthtimes.org;
The Ad Council]
16