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news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 24 gennaio 2010 GLI ANNI 10 ALLACCIAMO LE CINTURE! GLI ANNI 10 SONO INIZIATI CON IL BOTTO. IL 2 GENNAIO, SAZI E DESIDERANTI, IN MOLTI SI SONO PRECIPITATI NEI NEGOZI CHE APRIVANO L’ANNO NUOVO CON I SALDI, DAL 30 AL 70% E OLTRE. A bbiamo visto via Condotti a Roma invasa, e il quadrilatero della moda a Milano bloccato da code chilometriche di cittadini-utenti-consumatori al freddo, dimentichi dei diritti acquisiti tanto evocati dal marketing esperienziale. Chi, come chi scrive, ha fatto shadowing in quei giorni, avrà scoperto mutazioni in corso: i Bobos metropolitani in rapida evoluzione diventati Fast Moving Consumer alla caccia del prodotto di marca al miglior prezzo (il più basso possibile); i single delle happy hours setacciare di prima mattina i negozi alla ricerca di “quel” mitico jeans scontato; madre con figlia in delirio a due, in trance da astinenza. Una popolazione finalmente libera di lasciarsi andare agli impulsi alla Kinsella (I love shopping!). Un rito collettivo di riappacificazione con il sé consumistico dopo i mesi grigi del risparmio forzato. In sostanza, il 2 gennaio giorno di passaggio, dalle rinunce alle concessioni. Perché tutto questo, dove eravamo rimasti? Al consumatore veloce, multimediale, infedele, alla ricerca di inediti touchpoint da cui apprendere. Sempre più esperto, voglioso di nuovi saperi come valori nel progetto personale di distintività entro la propria cultura di riferimento. Dal 14 Settembre 2008 questo consumatore è come sotto choc, bloccato (forse troppo, grazie alla information anxiety). E’ tornata la lentezza del confronto, il price watching meticoloso, la rinuncia. Di fatto si è profilato un consumatore bipolare: bloccato per paura delle catastrofi annunciate ma assolutamente non in sintonia con lo scenario del neopauperismo alla Latouche. Un consumatore che non accetta la prospettiva della rinuncia, con sempre più forti attese verso la produzione, distribuzione e comunicazione che dovrebbero essere in grado di farsi carico delle difficoltà del momento, di aiutare di più l’utente finale. Sino all’attesa di marche e di punti vendita “advocat”, capaci di anticipare e risolvere i problemi anche aiutando con prezzi che siano adeguati alle difficoltà reali o percepite del momento. Il low price è una risposta, non l’unica ma la più concreta, misurabile, low price che può diventare addirittura no price in alcune offerte abbinate. Con marchi e insegne che possono anche decidere di non far pagare un determinato prodotto o servizio, a condizione che il consumatore entri nel suo social network (bacino di utenza) in un do ut des che prevede premi e risarcimenti reciproci. La cultura del low price (e del no price) sta diventando la grande opportunità entro la quale il nuovo Fast Moving bipolare riesce a galleggiare, e qualche volta a lasciarsi del tutto andare alle proprie pulsioni di desiderio. Il low price (e il low cost) diventano una sorta di nuovo input per la mente. Nei memi del consumatore ora esiste, in pole position, il segnale delle opportunità altalenanti dei prezzi che cambiano a seconda dei giorni, delle stagioni e dei touchpoint distributivi. Prepariamoci, i tempi sono complicati e sostanzialmente in grado di dimostrare che non è più vero l’assioma del “chi più spende”. Può essere vero anche il contrario. Può essere di valore anche il prodotto che si è acquistato low price o addirittura no price. Riscopriamo il significato G. M. del Dono. Allacciamo le cinture. M [ news ] G E N N A I O EURISKO 2010 Think Tank Fabrizio Fornezza, Matteo Testori ECOLOGIA DELLA MARCA editore Ipsoa pagine 200 prezzo 28 euro La marca è un organismo complesso e delicato. Gestirla significa saper dirigere più strumenti che non sempre convergono all’unisono. Esistono esempi di splendide marche che sono esplose per eccesso di sviluppo, o per un DNA trapiantato in organismi poco compatibili. Non dimentichiamo le marche che riposano nel cimitero della pubblicità, là dove tutte le marche sono uguali perché non si è stati capaci di far spiccare le specificità. La marca è un organismo che non sopporta interventi che la modifichino geneticamente. Indipendentemente dal peso specifico, dai fatturati e dall’essere local o global. Esistono piccole marche che vivono splendidamente occupando nicchie nella scala dei desideri, se non dei bisogni. Su questo ed altro si sofferma il contributo di Fabrizio Fornezza e Matteo Testori, efficace sintesi dei temi e dei problemi in agenda per chi intende seriamente gestire questo valore che chiamiamo marca. La marca ha un futuro? La crisi che stiamo vivendo rischia di travolgerla? Oppure rappresenta un’opportunità? Esistono ambiti o condizioni per lo sviluppo della marca non ancora del tutto presidiati? Gli autori, da più di vent’anni impegnati nella comprensione delle dinamiche che determinano la nascita e lo sviluppo delle marche, cercano di dare risposte a queste ed altre domande, alternando un approccio scientifico multidisciplinare a esperienze e casi reali. Nel volume si riflette sulle relazioni che esistono fra marche, fra le marche e gli individui, fra le marche e gli altri soggetti del loro sistema di azioni e retroazioni. E si cercano le chiavi di lettura per quegli aggregati di idee, persone, marche, aspettative, bisogni, desideri, prodotti, negozi, che chiamiamo mercati. Insomma: una visione sistemica ed olistica della marca e dell’ecosistema tra loro collegati da un rapporto di reciproca influenza. Nell’era della Green Economy (e della Green Communication che ne consegue) le aziende devono cambiare strategia e anche la comunicazione deve impegnarsi a dare un significato sociale e culturale alla marca. Così scrive Diego Masi, presidente di Assocomunicazione, nel suo nuovo libro “Go Green - Il nuovo trend della comunicazione”. Diego Masi, utilizzando anche la ricerca "Gli Italiani e la Green Economy", realizzata da noi per UPA e AssoComunicazione, traccia il ritratto del nuovo consumatore consapevole, informato, autonomo, sempre meno influenzato dalla comunicazione commerciale. Il cittadino-consumatore ha la possibilità di utilizzare il web, dove le conversazioni tra gli utenti, le opinioni dei blogger valgono più di ogni spot e dove le regole del gioco sono chiarezza e trasparenza. La rivoluzione verde è appena iniziata, ma cambierà la nostra realtà nella sostanza, fino a diventare normalità. “Così come il verde diventerà pian piano il colore dominante, il nostro modo di vivere, la realtà quotidiana, la Green Communication - scrive Masi diventerà il nuovo standard della comunicazione. E svolgerà un ruolo di primo piano nel definire un modello d’agenzia innovativo, che aiuterà la industry a uscire da una crisi strutturale in cui versa da troppo tempo, restituendole dignità e importanza”. Diego Masi GO GREEN Il nuovo trend della comunicazione editore Fausto Lupetti anno 2010 pagine 209 prezzo 18 euro 2 M [ news ] G E N N A I O EURISKO 2010 SEMINARIO GfK EURISKO Agenda SENIOR 2010, i nuovi protagonisti I SEMINARI GfK EURISKO 2010 MILANO GIOVEDI’ 18 FEBBRAIO DALLE ORE 10.30 ALLE ORE 12.30 PRESSO CENTRO SVIZZERO VIA PALESTRO 2, MILANO (MM PALESTRO) I GfK Eurisko Crif I nuovi cicli di esistenza, i nuovi progetti, la nuova segmentazione dei senior, con i relativi consumi, dai prodotti mirati ai media di socializzazione Sono previsti interventi di Paolo Anselmi, Luca Antonietti, Vitalba Paesano, Alessandra Rizzo, Rosanna Savoldelli, Manuela Stranges La partecipazione deve essere confermata alla segreteria organizzativa: [email protected] M EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] www.gfk-eurisko.it I Seminario annuale I GfK Eurisko Prometeia I Climi sociali e di consumo I I Media oggi I La nuova filiera della Comunicazione GfK Eurisko I L’auto 2.0 I L’evoluzione della mobilità a 2 ruote, tra ragione e passione I Brand Equity I Il “peso” dei personaggi pubblici (sport, Tv, cinema, musica, etc.) I Il valore del made in Italy I La sostenibilità delle imprese (CSR) I I prodotti di alta gamma I Comunicare salute I I nuovi needs I Strategic Innovation I Le nuove indagini qualitative I Processo alla Marca > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO Gennaio I I consumi degli Immigrati I I Senior nell’età del benessere I Tracking sulla tv digitale terrestre e la tv via internet I Workshop Climi sociali e di consumo > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell'oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 3 news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 25 febbraio 2010 IL NUOVO CALENDARIO DI VITA SENIOR 2010 e la necessità di un sistema di formazione per i non giovani (lifelong learning); oltre alla necessità di nuovi meccanismi per gli incentivi e i disincentivi per la permanenza e non nel sistema produttivo. I nuovi senior significano anche inediti impatti sul sistema sanitario, con ipotesi che vanno dall’espansione della morbilità e dei conseguenti costi per il sistema Paese, al progresso scientifico e tecnologico che le nuove coorti potrebbero favorire, sino alle ipotesi di una maturazione politica, economica e di nuovo welfare. Tutto questo non può non riguardare le imprese, cominciando da quelle di largo consumo, ma continuando con le realtà che producono beni e servizi strutturali. LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA (L’INSIEME DELLE TRASFORMAZIONI CHE CARATTERIZZANO LE SOCIETÀ OCCIDENTALI, ITALIA COMPRESA) SIGNIFICA SPOSTAMENTO DEL CALENDARIO DEGLI EVENTI. CIOÈ PROCRASTINAZIONE DI TUTTE LE TAPPE FONDAMENTALI DELL’ESISTERE: SI DIVENTA ADULTI PIÙ TARDI, SI FORMANO UNIONI E SI CREANO FIGLI IN ETÀ PIÙ MATURA, E SI DIVENTA ANZIANI “FORSE”. I n particolare, l’accezione di vecchiaia si modifica con nuove possibili distinzioni: anziani dai 60 ai 69, vecchi dai 70 ai 79, grandi vecchi oltre gli 80. Anche le soglie d’ingresso nell’età anziana sono, secondo i demografi, sempre più dubbie e legate a più fattori che possono convivere. In sostanza invecchiare oggi significa molte cose, anche positive, mentre la nostra tradizione culturale ci induce a pensare l’invecchiamento come un lento e poi precipitoso declino. Il concetto di soglia diventa centrale oggi, quasi esistessero porte d’ingresso da superare per diventare anziani e quindi vecchi. E’ un grande cambiamento di portata sociale, culturale ed economica. Le coorti anziane significano l’introduzione di nuovi concetti di vita, come l’invecchiamento attivo (active ageing) segue a pagina 2 GLI ULTRASESSANTENNI OGGI E NEL 2050 IN EUROPA 39,1% 45 40 26,4% 35 30 25 20 15 10 5 2009 Ungheria Ucraina Svezia Slovenia Slovacchia Romania Regno Unito Portogallo Polonia Olanda Malta Lussemburgo Lituania Lettonia Italia Irlanda Grecia Germania Francia Finlandia Repubblica Ceca Fonte: nostre elaborazioni su dati ONU (2009) Estonia Danimarca Cipro Bulgaria Belgio Austria World 0 2050 M [ news ] FEBBRAIO EURISKO 2010 IL NUOVO CALENDARIO DI VITA SENIOR 2010 OGGI E NEL 2050 IN ITALIA Previsioni sul processo demografico in Italia (2010-2050) Anni Numero medio di figli per donna Speranza di vita alla nascita (in anni) maschi femmine Struttura della popolazione 0-14 15-64 65+ 2010 1,42 79,1 84,6 14,0 65,7 20,3 2015 1,47 79,9 85,4 14,0 64,3 21,7 2020 1,52 80,7 86,1 13,7 63,5 22,8 2025 1,55 81,4 86,8 13,3 62,5 24,2 2030 1,57 82,2 87,5 12,9 60,6 26,5 2035 1,59 82,9 88,0 12,7 58,2 29,0 2040 1,59 83,5 88,6 12,8 56,0 31,3 2045 1,59 84,0 89,0 12,8 54,6 32,6 2050 1,58 84,5 89,5 12,9 54,1 33,0 segue da pagina 1 Fonte: elaborazioni su dati Istat 2009b Considerando che l’età della pensione si trasforma: da un periodo di ritiro e riposo al protagonismo in nuovi progetti. Nei Paesi di cultura anglosassone indagini recenti indicano che sta emergendo un nuovo modello di terza età sinonimo di nuova attività, con propensioni a valorizzare e impegnare i talenti e le conoscenze in attività a valenza ideale e sociale, con motivazioni al miglioramento della qualità sociale di tutti. Anche nel nostro Paese non mancano segnali di una maggiore disponibilità alla partecipazione sociale e all’impegno, ma i dati delle ricerche sui Senior mostrano in Italia il prevalere di un modello diverso, orientato più in senso edonistico (più tempo per sé, per le amicizie, la cultura e i viaggi). Ovviamente tutto questo significa anche aumento dei consumi materiali e immateriali nelle fasce dei nuovi anziani, dai ristoranti alle vacanze, agli strumenti di socializzazione tecnologica (cellulari, pc, internet, etc.). Sino alla multicanalità, da intendersi come gioiosa disponibilità dei Senior a frequentare più luoghi d’acquisto e ad esplorare più media (dalla carta stampata alle televisioni alle radio a internet). Tutto questo richiede anche nuovi modi di comunicare, nuovi linguaggi Valori in percentuale e nuove argomentazioni per intercettare le motivazioni e i desideri dei senior. Un esempio di nuovo ambiente per i discorsi di questi nuovi protagonisti è la testata www.grey-panthers.it , giornale on line per gli over 50. La mission della testata è coltivare e favorire lo scambio sociale tra le pantere grigie del terzo millennio, offrendo opportunità di creativamente inventare occasioni di vita e nuove agende. Tutto questo e molto altro nel Seminario GfK Eurisko del 18 Febbraio. Con i contributi di Manuela Stranges, Paolo Anselmi, Rosanna Savoldelli, Alessandra Rizzo, G. M. Luca Antonietti, Vitalba Paesano. DA GfK CORPORATE Nuove strategie per aumentare gli utili e il valore della propria azienda, senza dover ridurre i costi? È il momento di riflettere sull’importanza di una coerente strategia dei prezzi e sul vantaggio competitivo che questa può offrire. Per riesaminare il proprio modello di business secondo un’ottica totalmente nuova, è bene mettere in agenda il seminario che verrà tenuto PRESSO LA GfK ACADEMY IN GERMANIA GESTIONE DELLE STRATEGIE DI PREZZO. MISURAZIONE, CATTURA E MANTENIMENTO DEL VALORE 5-7 MAGGIO 2010 Klaus Wertenbroch, docente di Marketing all’INSEAD, e uno dei maggiori esperti di behavioural pricing, spiegherà come definire meglio efficaci strategie di prezzi. Illustrerà come ottenere il massimo rendimento dal profitto potenzialmente insito nella strategia dei prezzi: gli obiettivi aziendali strategici, le forze economiche, le interazioni competitive e gli aspetti comportamentali. Il seminario si basa sull’economia, sulla psicologia e sui principi della strategia di marketing che insieme costituiscono le fondamenta delle efficaci decisioni di pricing. Per maggiori informazioni, leggere la brochure > e per partecipare, compilare il form di registrazione o inserire i dati sul sito www.gfk-academy.com 2 M [ news ] FEBBRAIO EURISKO 2010 Think Tank GLI ADULTESCENTI Che fine hanno fatto i bobos? Si stanno tuttora muovendo in una Parigi metropolitana senza mete precise, utilizzando la ferrovia sotterranea come mappa di eventuali incontri. Svolgono lavori del terziario un tempo avanzato, oggi periclicante. La precarietà è nelle entrate ma soprattutto negli affetti: creano e disfano coppie alla ricerca di partner senza soluzione di continuità. Sono individui che ritengono importante l’attrezzatura fisica da giocatori di rugby ma anche da intellettuale della sinistra sfarinata, alla ricerca di ragazze col sedere sodo, ma anche accontentandosi della prima che capita. Decidono di diventare grandi alla tenera età di trentacinque anni e con riti di passaggio come la decisione di finalmente affrontare l’esame per la patente di guida. Tra i trenta e i quarant’anni, non si pongono l’obiettivo di mettere su famiglia, in quanto persone “adultescenti”, descritte senza pietà da un autore che ha già saputo raccontare, nella “Classe” il melting pot del pluriculturalismo d’oltralpe. In una Parigi svogliatamente impegnata nelle presidenziali in cui vince Sarkozy, questi personaggi un po’ “facce da sberle” si muovono senza mai porsi domande sui massimi sistemi. Sono solo parigini questi profili di uomini e donne senza qualità? Meditiamo, osserviamo i nostri trenta-quarantenni. Forse una nuova emergenza sta invadendo l’Europa, quella di una generazione che non sa trovare le risposte (ma forse ha perso di vista le domande). Francois Bégaudeau VERSO LA DOLCEZZA > editore Einaudi pagine 152 prezzo 15,50 euro DISTRIBUIRE PASSIONE Chi ha avuto la fortuna di frequentare la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri alla Fondazione Cini, sa quanto è densa del piacere di apprendimento l’atmosfera che lì si respira. Grazie soprattutto alle carismatiche figure dei fondatori che, con generosa cura, seguono i giovani che avranno la responsabilità delle librerie di domani che abbiamo difficoltà ad immaginare come saranno e se potranno sopravvivere. Come il tormentone dell’ultima copia cartacea del New York Times, sempre di più siamo portati a riflettere sulla resistenza dei libri di carta. Domande alle quali viene da rispondere che, sino a quando esisteranno librerie, da quelle di piccola metratura ma di specifica profondità tematica, ai megastore, il libro di carta non potrà che continuare a vivere, insieme alle versioni nei supporti elettronici. No, il libro non è destinato a morire, anche perché il piacere del testo è irrinunciabile per chi ama il contatto fisico, in una sinestesia visiva-olfattiva-tattile. I libri sopravviveranno anche perché sostenuti da valori e da un capitale umano davvero unici. Oggi ci stiamo abituando alla parola “touchpoint” per i luoghi della distribuzione; ebbene, nessun luogo è più punto di contatto delle librerie, dove scopriamo quasi di soppiatto una copertina, allunghiamo l’occhio su di un titolo, apriamo con una certa circospezione un volume, sfogliamo con pudore, ci soffermiamo su di un capitolo, su di un dialogo, sul nome di un personaggio. Per quanto riguarda il capitale umano di cui la libreria è fatta, consigliamo la lettura della biografia professionale di Romano Montroni, uno dei personaggi carismatici della Scuola Librai di Venezia, un uomo ricchissimo di esperienza e di umanità, vero e proprio esempio per le giovani generazioni che si avvicinano a questa straordinaria professione. Romano Montroni racconta di quando girava pedalando a Bologna portando libri in un cassone, e poi l’incontro con Giangiacomo Feltrinelli, del quale ben presto diventa braccio insostituibile per la creazione della catena di librerie Feltrinelli in tutta Italia, insieme all’evoluzione culturale del Paese, dal primo boom al ’68 e agli anni di piombo, sino al terzo millennio, quando Romano Montroni si domanda se e come la sua eccezionale esperienza possa essere utile per le nuove generazioni. Il libro Libraio per caso potrebbe terminare così, con il buen retiro del grande Montroni, ma la storia continua. Arriva il colpo di scena. All’età della pensione, Montroni intraprende una nuova avventura, passando alle COOP con il progetto di aprire librerie negli spazi della grande distribuzione. Si profila un’altra storia, altri successi di un uomo che non rinuncia. Una storia per i giovani, per il marketing delle passioni. Romano Montroni LIBRAIO PER CASO > editore Marsilio pagine 362 prezzo 18 euro 3 M [ news ] FEBBRAIO EURISKO 2010 NOVITÀ GfK EURISKO Agenda IL PROCESSO D’ACQUISTO E LA MULTICANALITÀ OGGI I SEMINARI GfK EURISKO 2010 È la nuova indagine di GfK Eurisko per: I Climi sociali e di consumo > comprendere le scelte del consumatore di fronte alla multicanalità > capire i suoi bisogni > verificare il suo comportamento di scelta e d’acquisto nel punto vendita La metodologia di ricerca è molto rigorosa e articolata. Prevede: > il ricorso al nostro Panel Consumer > una ricerca Etnografica > un’esplorazione qualitativa > una ricerca estensiva Ogni Azienda aderente all’iniziativa potrà anche usufruire di uno specifico modulo ad hoc I Seminario annuale I GfK Eurisko Prometeia I GfK Eurisko Crif I I Media oggi I La nuova filiera della Comunicazione GfK Eurisko I L’auto 2.0 I L’evoluzione della mobilità a 2 ruote, tra ragione e passione I Brand Equity I Il “peso” dei personaggi pubblici (sport, Tv, cinema, musica, etc.) I Il valore del made in Italy I La sostenibilità delle imprese (CSR) I I prodotti di alta gamma I Comunicare salute I I nuovi needs I Strategic Innovation I Le nuove indagini qualitative I Processo alla Marca Gli investimenti sono particolarmente contenuti > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it PER ULTERIORI INFORMAZIONI: Margherita Limido [email protected] Simona Grieco [email protected] M EURISKO INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I Multifinanziaria Aziende I Night Life I Energy I I consumi degli Immigrati Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] I I Senior nell’età del benessere Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] I Workshop Climi sociali e di consumo Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] www.gfk-eurisko.it I Tracking sulla tv digitale terrestre e la tv via internet > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell'oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 4 news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 26 marzo 2010 IL POSTO DEL SESSO nella vita degli Italiani di Marco Danelli CHI HA FAMILIARITÀ CON LE TECNICHE DI RACCOLTA DEI DATI STATISTICI POTREBBE DOMANDARSI COME HANNO FATTO I PROFESSORI BARBAGLI, DALLA ZUANNA E GARELLI A SCOPRIRE CHE IL 73% DI NOI ITALIANI PRATICA IL SESSO ORALE, IL 38% HA RAPPORTI ANALI E IL 34% SI MASTURBA REGOLARMENTE. Oltre all’autorevolezza indiscutibile degli autori, l’appendice metodologica al volume La sessualità degli italiani (Il Mulino, 2010) ci rassicura sulla serietà scientifica di questi e di altri dati che i tre autori hanno basato su 7.000 interviste face to face e 10.000 interviste telefoniche realizzate da GfK Eurisko, utilizzando soluzioni di metodo adatte alla raccolta di questo tipo di informazioni. Niente a che vedere, dunque, con certi sondaggi nei quali ci capita di imbatterci navigando sul web o sfogliando i periodici dal dentista. La sessualità degli italiani è un ambizioso progetto che analizza in profondità l’Italia di oggi a confronto con il suo recente passato e con altri Paesi come Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. È un libro corale che nella struttura monografica dei capitoli rispecchia la pluralità delle voci, delle competenze e dei punti di vista di chi lo ha scritto. Si parte dalle prime fasi della vita sessuale, attraverso le quali la transizione alla vita adulta sembra avvenire sempre più presto, per fare i conti, però, con eventi altrettanto cruciali, come l’ingresso nel mondo del lavoro e la formazione della famiglia che, al contrario, vengono posticipati creando un ritardo rispetto ad altri Paesi occidentali. E forse è proprio questo ritardo nel dare avvio a una vita di coppia, attraverso matrimoni o convivenze giovanili, a spiegare perché è falso il mito secondo il quale i single avrebbero una vita sessuale più ricca: sono invece le coppie stabili a fare sesso più frequentemente e non di rado con più fantasia. La vita di coppia, infatti, è cambiata nel corso del Novecento, passando, tra l’altro, attraverso due “rivoluzioni contraccettive”: dapprima con la diffusione del coito interrotto e, successivamente, con l’introduzione della spirale e della pillola, che hanno favorito lo spostamento della sessualità verso il baricentro femminile, con la donna che da “normalmente fertile” è diventata “normalmente non fertile” e ha assunto maggiore controllo nelle relazioni e nelle pratiche erotiche. Una dinamica, questa, che si è concretizzata anche attraverso cambiamenti che hanno investito atteggiamenti e rappresentazioni, ovvero quello che gli autori definiscono “il posto che il sesso occupa nella vita degli italiani”. Si è passati da una concezione riproduttiva a una visione basata sul primato dell’esperienza, orientata cioè a una tendenza che risulta utile, se non indispensabile, anche per fondare un buon rapporto di coppia. In questo senso devono essere letti l’ampia accettazione dei rapporti prematrimoniali (l’83% degli italiani li ritiene ammissibili) e il passaggio dall’imperativo culturale/religioso del “conservarsi” al progressivo rifiuto della verginità femminile che oggi molte giovani donne vivono come un peso di cui liberarsi piuttosto che come un valore. Naturalmente non è solo all’interno delle coppie tradizionali che si manifesta la trasformazione della sessualità degli italiani. Desideri e identità omosessuali, infatti, sono dimensioni che più di altre esprimono un’evoluzione dell’eros in senso fluido e multidimensionale: l’identità di genere perde centralità per fare posto all’identità della persona e tendono a convergere i sentimenti e i comportamenti di eterosessuali e omosessuali, sempre più orientati, gli uni come gli altri, segue a pagina 2 M [ news ] M A R Z O EURISKO 2 0 1 0 IL POSTO DEL SESSO NELLA VITA DEGLI ITALIANI segue da pagina 1 alla valorizzazione del sesso all’interno di una relazione stabile e, allo stesso tempo, alla sperimentazione di forme nuove di sessualità. Questo avvicinamento delle identità, eterosessuale e omosessuale, ma soprattutto maschile e femminile, emerge analizzando le diverse modalità attraverso le quali si dà e si riceve piacere, dalla masturbazione, un tempo abitudine tipicamente maschile, ma oggi sempre più diffusa anche tra le donne, ai rapporti orali, sempre più pertinenti al rapporto di coppia, fino ai rapporti anali, in crescita ovunque nel corso del Novecento, ma praticati soprattutto in Italia. E proprio questa curiosa peculiarità induce gli autori a riflettere sulle nuove possibili asimmetrie tra i generi che si riscontrano ancora oggi in Italia: nonostante i cambiamenti nei comportamenti sessuali, permane, anche tra i più giovani, una concezione tradizionale delle differenze di genere sia sul piano sessuale (l’uomo avrebbe esigenze biologiche più forti e la donna sarebbe più interessata ai sentimenti) sia a livello più generale (nella professione, nella gestione della famiglia e del lavoro domestico). Dunque la predilezione italiana per i rapporti anali, richiesti per lo più dagli uomini, sarebbe il segnale di una condizione delle donne italiane tuttora subordinata e in ritardo rispetto a quella delle altre cittadine dei Paesi occidentali. E sono proprio le dinamiche culturali e sociali che riguardano le donne a marcare il percorso evolutivo della sessualità in Italia e a indicarne gli sviluppi possibili: siamo alla fine di un’epoca nella quale la funzione femminile era quella di consentire l’orgasmo maschile e stiamo assistendo a una crescente affermazione della ricerca del piacere femminile, benché collocata prevalentemente nel contesto dei rapporti di coppia. Questa funzione della sessualità è condivisa da quasi tutti i segmenti della popolazione, compresi gruppi tra loro distanti per un diverso approccio alla religione: anche in questo caso è in corso un avvicinamento tra poli opposti (“credenti convinti attivi” e “senza religione”, secondo la definizione di Franco Garelli) che conferma come oggi la sessualità di chi è religiosamente impegnato non sia affatto un mondo a sé, ma piuttosto una sfera nella quale la soggettività dell’individuo ha conquistato ampi spazi di autonomia rispetto al modello normativo della Chiesa (basti pensare che la percentuale di chi ha usato il condom al primo rapporto sessuale è del 40% tra i “credenti attivi” e del 49% tra i “senza religione”). Pur con le dovute differenze, per tutti è dunque in corso un progressivo allontanamento dalla tradizionale visione riproduttiva del sesso verso una concezione sempre più edonistica, e questa dinamica, spiegano gli autori, è innanzitutto il risultato degli importanti cambiamenti che hanno segnato la condizione femminile già a partire dalla metà del secolo scorso. Ed è proprio qui che la lettura dei mutamenti sociali italiani attraverso la chiave della sessualità ci pare trovi la sua sintesi più interessante e apra, allo stesso tempo, un interrogativo fondamentale: In Aprile, nei giorni 21, 22 e 23, avrà luogo a Milano, presso il Palazzo della Borsa, il Salone della gestione del risparmio organizzato da Assogestioni e aperto esclusivamente agli operatori del settore (solo l’ultima giornata sarà aperta al pubblico). È la prima volta che l’industria del risparmio gestito dà vita a un’iniziativa collettiva di così ampia portata, nella quale le società di gestione del risparmio italiane e internazionali potranno incontrarsi, confrontare le rispettive esperienze e discutere del futuro. Complessivamente oltre 40 espositori presenti e oltre 2000 partecipanti attesi. Un evento, quindi, davvero unico, durante il quale GfK Eurisko e Prometeia sono stati invitati, il giorno 21 aprile alle 11:30, a esporre a tutta la comunità finanziaria, le principali evidenze emerse dall’Osservatorio sui Risparmi delle Famiglie edizione 2010, con una sessione dedicata all’evoluzione dei bisogni di prodotti di risparmio gestito da parte delle famiglie. in Italia, infatti, le disuguaglianze di genere sono tuttora molto marcate e sono ancora gli uomini a “guidare la danza”, come suggerisce la copertina, onestamente poco sexy ma senza dubbio eloquente, di questo libro. Parafrasando Paul Valery potremmo dire che il sesso c’est être stupide ensemble, sperimentare il lato ludico della sessualità ed essere, perché no, “leggeri”; ma farlo insieme, secondo la logica del darsi piacere reciproco e sulla base di un’effettiva parità tra i generi, è probabilmente un obiettivo che gli italiani devono ancora raggiungere. Per approfondimenti e iscrizioni si rimanda al sito dedicato: > www.salonedelrisparmio.com Per la sottoscrizione del volume dell’Osservatorio sui Risparmi delle Famiglie edizione 2010 (già disponibile), si prega di contattare Antonella Busi, Segreteria Organizzativa Convegno > [email protected] M EURISKO 2 M [ news ] M A R Z O EURISKO 2 0 1 0 IL MERCATO DELL’ENERGIA IN AMBITO CONSUMER E BUSINESS > GfK Eurisko dispone ad oggi di un patrimonio informativo unico in Italia per l’analisi del mercato dell’energia, i suoi trend e gli atteggiamenti verso i principali player. > L’Istituto, infatti, ha condotto nel 2005 la prima indagine in Italia sul mondo dell’energia - Energy Business - a cui si è affiancata, nel 2007, l’indagine Energy famiglie. > A marzo verrà aggiornata l’annuale rilevazione con l’obiettivo di comprendere, sia in ambito domestico sia in ambito Business, i cambiamenti in atto a seguito della liberalizzazione e di soddisfare i sempre crescenti bisogni informativi dei principali attori del mercato dell’energia. > Ciascuna Azienda aderente all’iniziativa potrà chiedere eventuali approfondimenti di specifico interesse. PER ULTERIORI INFORMAZIONI: Cristian Cutrona [email protected] Simona Grieco [email protected] IL CONSUMATORE DIGITALE Ogni anno GfK riunisce alcuni dei principali esperti in un convegno di due giorni dedicato alle modalità più efficaci di utilizzo della ricerca in ambito aziendale. The Digital Connected Consumer (Il Consumatore Digitale) tratterà le ricadute della tecnologia digitale più recente sui consumatori, con particolare riferimento alle nuove connessioni e opportunità che stanno trasformando la vita quotidiana dei consumatori stessi, degli operatori del marketing e dei ricercatori di mercato. Il convegno si interrogherà inoltre sull’influsso dei nuovi media sulle idee e sul comportamento dei consumatori. Il programma sarà infine incentrato sulle modalità con cui la ricerca può sondare e interpretare questa nuova realtà, oltre a suggerire agli operatori di marketing come utilizzare i propri investimenti al meglio. THE DIGITAL CONNECTED CONSUMER 14 e 15 giugno 2010 Vienna, Austria Steigenberger Hotel Herrenhof Vienna, Hofburg Vienna > PRENDETE SUBITO NOTA DI QUESTE DATE Agenda I SEMINARI GfK EURISKO 2010 I Climi sociali e di consumo 7 aprile, Roma (riservato ai sottoscrittori) 9 aprile, Milano (riservato ai sottoscrittori) I GfK Eurisko Prometeia 21 aprile (riservato ai sottoscrittori) I I Media oggi (Eurisko Media Monitor) 6 maggio, Milano (riservato ai sottoscrittori) 11 maggio, Milano I La sostenibilità delle imprese (CSR) I Comunicare salute I Seminario annuale I GfK Eurisko Crif I Il valore del made in Italy e prodotti di alta gamma I Il “peso” dei personaggi pubblici > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I Multifinanziaria Aziende I Night Life I Energy Business e Energy Consumer I I Senior nell’età del benessere I Workshop Climi sociali e di consumo I ICT Business I Il processo di acquisto e la multicanalità I I consumi degli immigrati (fase estensiva) > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia Il GfK Research Summit rappresenta un evento importante per i clienti principali GfK. È gratuito, ma i posti sono limitati; è opportuno, quindi, segnalare la propria adesione il più presto possibile. Due mesi prima dell’evento, saranno inviati ulteriori informazioni e il programma dettagliato. 14 giugno Steigenberger Hotel Herrenhof, Vienna Pomeriggio: sessioni dedicate ad argomenti e settori selezionati Sera: cena sociale Heurigen 15 giugno Hofburg Convegno: il Research Summit GfK riunisce gli esperti di ricerche di mercato delle società del Gruppo GfK con i clienti delle società più quotate al fine di analizzare gli effetti della tecnologia digitale più recente sui consumatori. M EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] 3 news] M [news G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 27 aprile 2010 IL PORTAFOGLIO DEGLI ITALIANI: povero di futuro ma non di risparmio di Fabrizio Fornezza IL 21 APRILE ALL’INTERNO DEL PRIMO SALONE DEL RISPARMIO GESTITO PRESSO PALAZZO MEZZANOTTE A MILANO, È STATA PRESENTATA DA GFK EURISKO E PROMETEIA L’EDIZIONE 2010 DEL RAPPORTO SUI RISPARMI DEGLI ITALIANI, ALLA SUA QUATTORDICESIMA EDIZIONE. ALCUNI HIGHLIGHTS, IN SINTESI. Le famiglie italiane continuano a risparmiare, ma il risparmio si polarizza: i benestanti risparmiano di più, i più marginali diminuiscono la loro probabilità di risparmio, sotto gli effetti della crisi. Ma il risparmio diventa sempre meno progettuale, i portafogli delle famiglie si semplificano molto e tendono a diventare sempre più basici, più liquidi, magari meno FIGURA 1 IL TARGET DEGLI INVESTITORI: TREND Valori in percentuale investitori 60 52 50 48 Fatto 100% le famiglie 48 45 45 43 40 34 31 32 31 28 30 20 10 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 FIGURA 2 L’IMPORTANZA DEL RENDIMENTO NELLA SCELTA DEGLI INVESTIMENTI FINANZIARI 70 2009 gennaio 2010 Valori in percentuale 68 65 65 65 (Base: totale famiglie) 1°+2°+3° posto 62 59 60 57 56 56 51 50 50 50 40 30 20 10 0 2000 2001 2002 2003 2004 Fonte: Multifinanziaria Retail Market - GfK Eurisko Gennaio 2010 2005 2006 2007 2008 gennaio giugno gennaio 2009 2009 2010 rischiosi dal punto di vista del classico rischio di perdite finanziarie, ma più in balìa del presente e dell’inflazione (pur bassa), che erode lentamente la liquidità immobile. Calano gli investitori, le riprese registrate sui prodotti di risparmio (risparmio gestito, prodotto assicurativo) sono più l’effetto di “buone pratiche” seguite su piccole pattuglie di investitori di élite, non (ancora) il segnale di una ripresa di empatia con gli italiani ed il loro risparmio. La crisi ha ucciso la motivazione al risparmio? La ripresa significa anche l’attivazione dell’emisfero del desiderio non solo di quello dell’interesse. L’analisi della psicologia dell’investitore segnala che, senza la riattivazione delle passioni e dei progetti, non c’è possibilità di ridare energia al risparmio che è oggi sempre più puro accantonamento, a bassa motivazione, guidato da un’unica leva: la paura del futuro e l’incertezza del presente. Paradossalmente, nell’era del consumatore neorazionale, appare dunque necessario tornare a parlare al risparmiatore di emozioni e passioni. Può sembrare pericoloso, perché dalle esaltazioni emozionali ai risparmiatori non sono venute buone cose. Ma nemmeno dal razionale rifiuto di ogni rischio che ha schiantato i portafogli degli italiani sul non perdere, sul non investire, sul non pensare al futuro. I NON che “non fanno crescere”, appunto. Fra questa visione al negativo ed in low key, sembra farsi strada la speranza. Sebbene la prudenza sia ancora molta, la discesa dell’interesse verso il fattore rendimento di un investimento sembra essersi arrestata, dopo i cali importanti degli anni passati (vedi figura 2). segue a pagina 2 M [ news ] EURISKO A P R I L E 2 0 1 0 Il portafoglio degli italiani: povero di futuro ma non di risparmio segue da pagina 1 FIGURA 3 I GIOVANI: L’ORIENTAMENTO AI CONSUMI E AL PRESENTE Valori in percentuale Delta punti percentuali rispetto al totale popolazione Voto molto + abbastanza LA NON RINUNCIA AI CONSUMI Mi piace spendere I soldi preferisco godermeli piuttosto che accantonarli + 11 +9 Fonte: Multifinanziaria Retail Market - GfK Eurisko Gennaio 2010 La finanza e i giovani: un target da rianimare Lontani dalla finanza, vicini ad approcci basici e funzionali, nessuna passione per linguaggi “esperti” (ad esempio, il linguaggio specialistico bancario e finanziario). Tanti bisogni, molti proiettati in avanti, ma gran parte sotto soglia. Poca propensione per l’education, per capire le regole del buon comportamento finanziario. Questa la cruda realtà che esce dal Rapporto. Una realtà tuttavia, come per tutto lo scenario, a forti contrasti: non solo aspetti critici ma anche opportunità, a patto di saper inculcare gli stimoli giusti. Senza stimoli corretti, prevale l’orientamento al carpe diem, al qui ed ora. Il Rapporto insiste sulla necessità del “ritorno al protagonismo dell’offerta in termini di leadership, rispetto all’immobilismo degli ultimi anni, e la necessità imprescindibile di rifornire il mercato di motivazioni e progetti cui l’offerta finanziaria possa dare risposta, al fine di accompagnarlo oltre la stretta visione emergenziale del presente”. L’Osservatorio GfK Eurisko 2010 ribadisce che esistono spazio e disponibilità per ripartire, anche se condizionata da parte delle famiglie. Ma è importante procedere con idee chiare nel che fare. Non tutte le ricette funzioneranno allo stesso modo. Think Tank “La rete sembra promuovere la diffusione di una nuova cultura del dono, dello scambio reciproco (o quasi). Ma il file sharing, il free software, i blog e i social network sono davvero in grado di creare una vicinanza, un legame, una comunità?” Parte da qui il piccolo ma intenso saggio di Marco Aime e Anna Cossetta “Il dono al tempo di Internet”. E’ una domanda necessaria, oggi più che mai, soprattutto di fronte ai fenomeni social nel web che coinvolgono sempre più il mondo dei giovani. I comportamenti social suscitano doverose critiche e allarmi, in particolare in chi sente il dovere di preoccuparsi responsabilmente per il futuro dei nostri giovani. In questo senso Remo Lucchi, nel contributo in corso di stampa “Il precario futuro dell’Italia”, lancia un severo monito: “il mondo dei giovani, cioè delle nostre speranze per un futuro che abbia un senso, sta per essere definitivamente isolato dalla vita sociale. La società sta creando esseri asociali, privi di sentimento di appartenenza ad una comunità. Questo guaio porterà alla distruzione della coesione sociale, pilastro fondamentale della sicurezza, che è condizione basica perché si sviluppi una qualsiasi forma di vita sociale”. In questo senso, continua Remo Lucchi: “Le tensioni giovanili ad uscire da loro stessi per avviare un percorso di crescita attraverso le relazioni (fondamentali per l’acquisizione di cittadinanza), impedite nei percorsi tradizionali, vengono sviluppate in strade alternative orizzontali, nei social network, con queste conseguenze: invece di acquisire stato di adultità attraverso rapporti verticali, ci si rifugia in un contesto protetto ed in una relazione virtuale, dove certamente si sviluppano relazioni ma dove la complessità è per definizione evitata, dove l’ovattamento è totale, dove le parole adultizzazione, responsabilità, doveri sociali, cittadinanza agita, perdono significato”. Riflessioni importanti, considerando che il “vero dono” nella accezione di Marcel Mauss è uno scambio reale, è un do ut des da cui origina il contratto sociale. Senza scambio non può esistere società vera, con diritti e doveri, con scambi reali e simbolici. Ma questo “scambio” può oggi venire sostituito dalla virtualità cosiddetta “social” del mondo web? Proviamo, tutti noi amici lettori, a rispondere ciascuno dal proprio punto di vista. Noi, dal nostro Osservatorio di GfK Eurisko, come avrete capito, nutriamo fondamentali perplessità. Marco Aime, Anna Cossetta IL DONO AL TEMPO DI INTERNET editore Einaudi pagine 120 prezzo 10 euro 2 M [ news ] EURISKO A P R I L E 2 0 1 0 SEMINARIO GfK EURISKO EURISKO MEDIA MONITOR LA MULTIMEDIALITÀ DEGLI ITALIANI SI SVOLGERÀ A MILANO E A ROMA Durante il seminario, un incontro cruciale sul mondo Media oggi, verranno illustrati i principali risultati della release 2009 dell’indagine Eurisko Media Monitor, con interessanti modalità di applicazione della ricerca a casi concreti. Sono previsti interventi di Giorgio Licastro, Remo Lucchi, Silvio Siliprandi Info presso la segreteria organizzativa Milano [email protected] Roma [email protected] L’IMPEGNO GfK EURISKO NELLE DONAZIONI Azienda responsabile è scritto sulla targa che l’Associazione Sclerosi Multipla (Aism) ha inviato al nostro Istituto, attraverso il suo Presidente, Prof. Mario Alberto Battaglia, e la Professoressa Rita Levi Montalcini, per il sostegno economico dato alla ricerca e alla assistenza contro questa importante e grave malattia. Ma l’impegno di GfK Eurisko si è rivolto anche a “La Nostra Famiglia” di Ponte Lambro (Como), Opera diretta da Alda Pellegri a favore di bambini e ragazzi in difficoltà e delle loro famiglie, e all’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro, che utilizza i fondi erogati per individuare sempre migliori terapie e rimedi. Donazioni anche per Vidas e AIL (Associazione Italiana Leucemie), a riconoscimento della loro importante attività. La ricerca (GfK Eurisko), dunque, per la Ricerca medica e sociale. Agenda I SEMINARI GfK EURISKO 2010 I I Media oggi (Eurisko Media Monitor) 6 maggio, Milano ore 10,30 (riservato ai sottoscrittori) 11 maggio, Milano, ore 10,30 18 maggio, Roma, ore 10,30 18 maggio, Roma, ore 14,30 (riservato ai sottoscrittori) I La sostenibilità delle imprese (CSR) I Comunicare salute I Seminario annuale I GfK Eurisko Crif I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma I Il “peso” dei personaggi pubblici > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I Immigrati (fase estensiva) I Senior I Night life I New Media Internet I ICT I Energy Business > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia M EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano, Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma, Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano, Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] www.gfk-eurisko.it 3 news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 28 maggio 2010 LA MULTIMEDIALITÀ È ECCELLENTE. I CONTENUTI MENO DATI IMPRESSIONANTI SUI MEDIA. DAL NOSTRO RECENTE SEMINARIO (LA MULTIMEDIALITÀ DEGLI ITALIANI. MILANO-ROMA, L’11-18 MAGGIO 2010) SI COGLIE UNA STRAORDINARIA RICCHEZZA DI MEZZI E VEICOLI CAPACI DI INTERCETTARE CON SEMPRE PIÙ MIRATA PRECISIONE DETERMINATI SEGMENTI DI POPOLAZIONE Un alieno di fronte al paesaggio intricato e rigoglioso, fisso e mobile, passivo e attivo, sarebbe portato a ritenere le donne e gli uomini italiani iperdotati di potenzialità comunicazionali. Una società iperconnessa nelle possibilità di scambio informativo e socializzante. L’alieno penserà, anche, che gli italiani sono davvero fortunati avendo molto da apprendere e da condividere in un Paese determinato da sempre più ricchi atti comunicativi, ipermediale (non postmediale). Nonostante le crisi, le opportunità di touch con i media continuano a crescere e gli individui monomediali si restringono in territori ai margini della sociocultura. Tutti multimediali dunque? E la crisi dei Media? E l’erosione dei lettori-utenti-spettatori? E la ritirata degli investitori pubblicitari? Risposta: e se il problema dei Media fossero i contenuti? “Dateci più veicoli e ve li riempiremo di pubblicità”, tutti ricordano l’esortazione fine anni ’90 dell’allora Presidente UPA. “Dateci i contenuti e torneremo ad investire sui veicoli”, potrebbe essere questa la nuova esortazione. Quali contenuti? I social, gli scambi redatti dai lettori, gli user content? Andiamo cauti, non imbocchiamo percorsi che potrebbero essere rischiosi. E’ vero, esistono luoghi (i social network nel mondo web) in cui i contenuti “siamo noi”. Ma occorre distinguere. Esistono contenuti di sostegno e rispecchiamento sociale, quasi agenzie di mutuo soccorso per il collocamento dell’io debole, ed esistono contenuti che invece servono per far uscire dal pantano dell’io infermo. C’è una bella differenza tra la socialità alla ricerca di “amici alla De Filippi” e la carica propulsiva che viene fornita da contenuti che aiutano ad evolvere. Ebbene, i Media che aiutano a crescere non possono essere considerati agenzie di assistentato sociale. I veicoli sono - come dice la parola - mezzi che spostano da una situazione ad un’altra, e che favoriscono nuove esplorazioni L’EVOLUZIONE DELL’ESPOSIZIONE AI MEDIA Valori in percentuale 100 99 TV Generalista 52 Radio 48 33 Internet 31 TV Sat 32 30 29 28 Settimanali 27 Quotidiani 21 19 18 18 18 Cinema 15 Mensili 9 7 Quotidiani sportivi 4 Free press 4 Autunno Inverno 2006 Autunno Inverno 2009 Fonte: GfK Eurisko Media Monitor segue a pagina 2 GIAMPAOLO FABRIS Abbiamo attraversato l’impegno della ricerca sociale come i Duellanti nel racconto di Conrad. Amicizia, rispetto, considerazione reciproca, ma anche confronto competitivo tra i nostri due scenari. Il mondo delle imprese e della comunicazione ci ha considerato, per decenni, i due punti di riferimento da cui non poter prescindere. Ora Giampaolo Fabris ci ha lasciato. Troppo presto. Il vuoto è incolmabile. M [ news ] EURISKO M A G G I O 2 0 1 0 LA MULTIMEDIALITÀ È ECCELLENTE. I CONTENUTI MENO GLI STILI MULTIMEDIALI DEGLI ITALIANI, OGGI D G Multimedialità selettiva Tv e periodici di intrattenimento L L e gli a st alt amp ri m a ed ia I Internet e gli altri media E H Multimedialità cool Transmedialità giovane B Multimedialità basica (TG e stampa) segue da pagina 1 F Monomedialità (TV generalista e stampa locale) TV int rat ten im en to A C Multimedialità per lo sport in nuovi territori, spingendo oltre le mitiche “Colonne d’Ercole”, suggerendo nuovi percorsi, insight, intraprese. I veicoli sono suggeritori di ciò che non è stato ancora pensato e fatto. Sui mezzi e sui veicoli così finalizzati si sale con tremore e passione, e si naviga a vista negli oceani decisamente blu, non nelle tonnare dello scambio sociale protetto. La cosiddetta crisi dei Media, di carta e non, forse dipende anche dalla mancanza di coraggio sui veri contenuti da proporre. No, i giornali “non li possiamo fare noi”. GM Fonte: GfK Eurisko Media Monitor Think Tank Era ora. Il piacere a senso unico di Slow Food comincia a venire picchettato da analisti non deboli con il coraggio di andare a guardare dentro le idee che da più di vent’anni vengono proposte in materia di alimentazione, cibo e cultura. Creando ampie convergenze nell’opinione pubblica e tra le forze politiche. L’opinione pubblica vede in Slow Food la faccia buona dei produttori agricoli. Ma, si chiede l’autore, è proprio così? O non si tratta di un movimento intrinsecamente antiprogressista, antiscientifico, idolatra delle società tradizionali, delle piccole comunità statiche e immutabili? Per l’autore le posizioni di Slow Food possono essere considerate uno dei sintomi più singolari del grave e forse inarrestabile degrado della cultura, della politica e della discussione pubblica nel nostro Paese. Luca Simonetti MANGI CHI PUÒ. MEGLIO, MENO E PIANO. L’IDEOLOGIA DI SLOW FOOD editore Mauro Pagliai Editore pagine 113 prezzo 8,00 euro 2 M [ news ] EURISKO M A G G I O 2 0 1 0 GfK EURISKO SEMINARIO ANNUALE 2010 Agenda I SEMINARI GfK EURISKO 2010 I GfK Eurisko - Seminario annuale 2010 14 luglio, Milano MILANO 14 LUGLIO I Sostenibilità delle imprese (CSR) Partecipazione su invito I Comunicare salute I GfK Eurisko Crif S.T.P. = Sinottica Tracking Pubblicità LO STRUMENTO ESCLUSIVO DI GfK EURISKO PER MISURARE LA PERFORMANCE PUBBLICITARIA I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma I Il “peso” dei personaggi pubblici > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it È un tracking multiclient e multicategoria: > Continuativo Condotto per 44 settimane l’anno, per evidenziare tutti i fenomeni, anche in trend (sia in periodi di campagna che in periodi di intervallo) > Flessibile Pur essendo raccomandabile una partecipazione senza interruzioni, i Committenti possono “entrare” nella ricerca ed “uscire” in funzione delle proprie esigenze > Face to Face Interviste personali condotte con PC (metodo C.A.P.I.) e rivolte ad un campione rappresentativo della popolazione over 14 anni (all’interno del quale è possibile contattare anche sub target di specifico interesse) > Ampio e modulare Con diverse alternative campionarie (da 250 a 2.500 casi a settimana) > Integrato Grazie al possibile collegamento con i principali strumenti di GfK Eurisko (Sinottica, Panel Consumer) > Ottimo rapporto investimenti-benefici Con “back data” già a disposizione sui principali mercati PER INFO Milano [email protected] [email protected] Roma [email protected] [email protected] INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I Senior I Night life I New Media I Climi sociali e di Consumo (seconda wave) > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia M EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] 3 news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 29 giugno 2010 QUALE (IMMEDIATO) FUTURO GFK EURISKO, È NOTO, INVESTE IDEE ED ENERGIE NEI SEMINARI, OCCASIONI DI INCONTRO E SCAMBIO CON LE AZIENDE PARTNER DI RICERCA I Seminari sono diventati appuntamenti in cui l’Istituto mette a tema le evidenze che la ricerca sul campo intercetta con l’obiettivo di condividerle in modo utile e di confrontarle con i percorsi e i progetti che provengono dai mondi paralleli, quelli della produzione e della comunicazione, prima di tutto. Tra i Seminari, assume particolare rilevanza quello annuale previsto per il 14 Luglio a Milano e il 14 Settembre a Roma. Il titolo Quale (immediato) futuro è esplicito: si intende fare il punto sulle tendenze in atto nella popolazione, e sulle attese - immediate, non rimandabili da parte del pubblico mainstream e delle élite culturali ed economiche. Gli output provengono da più fonti. Prima di tutto da Sinottica, ineludibile nella sua funzione di monitoraggio degli atteggiamenti, orientamenti di comportamento e valori degli italiani. Con il senso dei megatrend e con le differenti velocità di evoluzione dei segmenti: è vero che si stanno ampliando orientamenti favorevoli alla decrescita o non è invece vero il contrario, cioè che, nonostante la crisi, il pubblico sempre più pretende di non dover rinunciare a nulla, quale diritto inalienabile di beni materiali e immateriali a prezzi accessibili? E’ vero che i nuovi (ma anche gli stagionati) consumatori sono più consapevoli, colti ed esperti, alla ricerca di dialoghi sempre più orizzontali con le insegne e con le grandi marche? E’ vero che la reputazione delle grandi marche sta soffrendo in quanto ritenute deboli alleate nell’affrontare le turbolenze di clima e poco in grado di indicare soluzioni di percorso? Domande e risposte, quindi, con approfondimenti specifici sul tema Benessere, da intendersi come progetto raggiungibile con impegnativi percorsi aiutati da nuovi “prodotti di sintesi”, sui Nuovi Senior, individui anagraficamente anziani, ma non negli atteggiamenti, valori, desideri e possibilità economiche, sulla Nuova Medialità come opportunità di touchpoint in grado di fornire sapere-potere. Per poi portare l’analisi sul ruolo delle élite in un frangente come l’attuale, segue a pagina 2 M [ news ] EURISKO G I U G N O 2 0 1 0 QUALE (IMMEDIATO) FUTURO segue da pagina 1 con i nuovi impegni e i nuovi investimenti di sostenibilità, in particolare per quanto riguarda il problema, che non si può eludere, dell’inclusione sociale delle nuove generazioni. Con un bilancio finale dei punti forti e deboli delle Marche d’Impresa, oggi: quali recuperi e posizionamenti vengono auspicati dal pubblico dei consumatori oggi, per affrontare le turbolenze del periodo che si annuncia non breve. Con quali strategie e tattiche la Grande Marca potrà recuperare autorevolezza? Think Tank “L’uomo che scrive più di chiunque altro contribuisce a determinare la natura del popolo e il tipo di governo che esso deciderà di darsi” (Presidente Roosvelt, 1904). Con questa citazione si apre il piccolo grande libro sul giornalismo di Joseph Pulitzer, anno 1904. Si tratta di poco più di 100 pagine dedicate alla professione, dalla necessità delle scuole per forgiare i bravi giornalisti, al ruolo dell’opinione pubblica. “Ciò che va insegnato è lavorare per la comunità: non per il business, non per se stessi, ma in primo luogo per il pubblico. A mio modo di vedere la Scuola di Giornalismo non solo dovrà avere una natura non commerciale, bensì dovrà essere anticommerciale.” Ciò non significa che non sia importante l’aspetto imprenditoriale dell’impresa editoriale. “Tanto più un giornale ha successo come azienda, tanto meglio è per l’aspetto morale. Quanto più prospera, tanto più può permettersi di essere indipendente, di pagare salari più alti ai redattori. Tanto meno sarà soggetto alle tentazioni ma più capace di far fronte alle perdite causate dal tenere fede ai propri principi e convinzioni. Tuttavia, le considerazioni di ordine finanziario, che sono assolutamente opportune e necessarie all’interno dell’ufficio amministrativo, diventano degradanti e pericolose quando invadono la redazione.” Il ruolo del giornalista e del quotidiano è quello di “un oratore che parla alla democrazia americana, l’unico organo che fa scorrere nelle vene di uno Stato repubblicano il sangue che lo tiene in salute. Abbiamo - purtroppo è vero qualche giornale che perora pericolose falsità e ipocrisie, che fa leva sull’ignoranza, sulla faziosità, sulle passioni, sui pregiudizi popolari, sulla povertà, sull’odio per il ricco; non dimentichiamo, una stampa capace, disinteressata, animata da spirito civico, con un’intelligenza allenata a distinguere ciò che è giusto, può preservare quella pubblica virtù senza la quale il governo del popolo non è che impostura e dileggio.” Joseph Pulitzer SUL GIORNALISMO editore Bollati Boringhieri Editore pagine 113 prezzo 10,00 euro 2 M [ news ] EURISKO G I U G N O 2 0 1 0 SEMINARIO GfK EURISKO Agenda Il mercato di domani: consumatori più consapevoli, imprese più responsabili I SEMINARI GfK EURISKO 2010 MILANO 15 SETTEMBRE Villa Necchi Campiglio Via Mozart, 14 PANEL AD HOC PER LE SINGOLE AZIENDE CON DIALOGATORE GfK Eurisko offre alle aziende l’opportunità di disporre di un panel creato ad hoc, rispondente - in termini di profilo dei componenti esattamente alle caratteristiche desiderate, qualsiasi esse siano. I GfK Eurisko - Seminario annuale 2010 14 luglio, Milano 14 settembre, Roma I Sostenibilità delle imprese (CSR) 15 settembre, Milano I Comunicare salute I GfK Eurisko Crif I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma I Il “peso” dei personaggi pubblici > Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I New Media Internet I Night life I Osservatorio sul Credito al Consumo Questo panel ad hoc con “Dialogatore”, potrà essere consultato in qualsiasi momento I Competere sul segmento Private > per verificare e misurare nel tempo i comportamenti di acquisto e di consumo e gli atteggiamenti presso i medesimi individui (switch di marche/prodotti) > > per condurre ricerche ad hoc strutturate > ma anche per fornire risposta a domande snelle e varie che quotidianamente si presentano in azienda > approfittando dell’opportunità di poterle indirizzare a campioni mirati. Il Panel ad hoc offre il vantaggio di mantenere in memoria tutte le informazioni reperite ed è agganciabile agli altri strumenti GfK Eurisko (Sinottica, STP, Eurisko Media Monitor..). Per saperne di più [email protected] - www.gfk-eurisko.it Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia M EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] 3 news] [news M G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO LA CINA È VICINA Notizia di fine Agosto: “gli USA tolgono l’asfalto, costa troppo. Sempre più numerose le contee che decidono di tornare alle strade sterrate”. Il Sole 24 Ore del 29 Agosto. Cari lettori, vi prego di sospendere ogni commento sulla notizia, ne riparliamo alla fine di questo pezzo. Ricominciano i riti autunnali, dopo un’estate tropicale e polare, con indici di ripresa lenta, in un eurogruppo dove la sola Germania funziona da locomotiva. La crescita del PIL è insoddisfacente, il colpo di reni postcrisi stenta a manifestarsi, i giovani sono sempre più destinati ad essere forever young, insoddisfatti di questo Paese e di questa Europa che non sanno disegnare il futuro. Tornano le ricerche con le analisi degli orientamenti dei cittadini-consumatori, con la speranza che spicchino segnali-spia di svolte carsiche che prima o poi dovranno creare nuovi boom nella domanda. Torniamo a studiare in estensione e profondità il nostro territorio, cioè l’Italia nelle sue nuove antropologie, nelle sue saturazioni e nei suoi desideri allo stato nascente. Bene. Ma, chiediamoci con onestà, riteniamo che tutto questo oggi basti, che sia sufficiente setacciare a fondo e in lungo e in largo i valori, i comportamenti e gli orientamenti di consumo della nostra popolazione? Certo è necessario, ma non sufficiente. L’Italia è piccola e lo sta diventando sempre di più. I dati sono evidenti, ciò che traina è l’export, mentre la domanda interna sonnecchia. Solo grazie alle esportazioni il nostro PIL riesce a dare segnali di vitalità. Significa che le spinte propulsive arrivano da fuori, e che sono le realtà imprenditoriali che esportano ad aiutare davvero il Paese a crescere. Se cresciamo lo dobbiamo alle domande che arrivano da altri Paesi, da altri continenti che, per nostra fortuna, sanno apprezzare la qualità e la unicità dei nostri prodotti. È una constatazione che non deve preoccuparci ma inorgoglirci. Se siamo apprezzati significa che il nostro USP (Unique Selling Proposition) tiene alla grande, anche e soprattutto nei momenti di crisi. Se le moltitudini di cinesi, indiani, brasiliani e coreani (ma anche turchi) apprezzano i nostri prodotti significa che sappiamo meglio intercettare i desideri, oltre a soddisfare i bisogni. Se è così, e se diventa sempre più strategico per lo sviluppo produrre con una mentalità multiculturale, viene da chiedersi se siamo davvero attrezzati per affrontare al meglio i nuovi mercati. Certo, chi ci conosce ci apprezza, ma milioni di nuovi consumatori non sanno niente di noi, e noi sappiamo troppo poco di loro. Il successo del nostro export è stato favorito dalle aziende che con grandi sacrifici hanno saputo imporsi. Ma gli altri, le altre grandi medie e piccole imprese dell’eccellenza, cosa possono fare, chi darà loro la linea di condotta? CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 30 settembre 2010 I loro think tank (ma sappiamo che non esistono) sono in grado di elaborare scenari per le nuove sfide globali? E gli uffici studi delle associazioni imprenditoriali a geometria variabile stanno creando e divulgando sapere e conoscenza dei nuovi mercati e dei nuovi consumatori? Chi sa rispondere alle domande degli imprenditori su dove andare, verso quali mercati per poter sviluppare il proprio business? L’export della Germania è stato aiutato dalla politica, Angela Merkel si è impegnata in prima persona quale globetrotter del Made in Germany. In Italia, lo sappiamo, manca addirittura il Ministro dello Sviluppo Economico. L’export italiano è senza rete di protezione, lasciato alla buona volontà e qualche volta alla straordinaria creatività imprenditoriale dei singoli. Non dovrebbe essere così. Il mondo delle imprese chiede di venire sistematicamente informato ed educato alla globalizzazione e alle differenziazioni dei mercati. Occorrono studi, ricerche, scenari dedicati ai numerosi mercati e ai differenti tipi di bisogno e di desiderio dei nuovi consumatori. Dai cinesi agli indiani, dai brasiliani ai turchi, sino ai nuovi africani. Occorrono input sui nuovi significati del consumo, e sulle nuove ritualità e stilistiche di vita ignote. segue a pagina 2 SE CRESCIAMO LO DOBBIAMO ALLE DOMANDE CHE ARRIVANO DA ALTRI PAESI,DA ALTRI CONTINENTI CHE, PER NOSTRA FORTUNA,SANNO APPREZZARE LA QUALITÀ E LA UNICITÀ DEI NOSTRI PRODOTTI. M [ news ] EURISKO SETTEMBRE 2010 LA CINA È VICINA segue da pagina 1 Ad esempio, che cosa vuol dire cibo Halal e che cosa implica l’alimentazione nel periodo del Ramadan. Dovranno essere studiati i differenti stili abitativi, nelle specifiche etnie, e il ruolo degli arredi e dei servizi, e dei prodotti che declinano cittadinanza desiderata. Occorrerà capire il senso delle attese di benessere nella scala delle priorità, per riproporre una inedita scala maslowiana dei desideri e dei bisogni. Un grande impegno che deve coinvolgere tutti, imprenditori, ricercatori, politici e sindacalisti, in sintonia per sostenere e anticipare il nuovo che è fuori dai nostri territori. Ritorniamo alla notizia di provenienza USA sulle strade asfaltate che pare comincino a costare troppo e a diventare insostenibili per le contee che le devono accudire. Forse è un segnale solo debole, o forse è addirittura l’indice di una tendenza ecochic. Rimane il fatto che in Cina e in India si stanno investendo miliardi di dollari (e/o di euro) nelle grandi dorsali infrastrutturali, proprio per uscire dallo sterrato, proprio per entrare G. M. nel mondo della comunicazione. A OTTOBRE, IN AVVIO NUOVA RILEVAZIONE SINOTTICA SINOTTICA è un’indagine single-source sull’individuo, sui suoi consumi e la sua esposizione ai mezzi, che fornisce alle Aziende le informazioni di base sulla popolazione italiana. Permette di effettuare inoltre: > analisi del posizionamento dei propri prodotti/marchi nel contesto competitivo > progettazione del target primario per attività di marketing > analisi dell’esposizione ai mezzi del target di interesse > analisi strategica dei mercati (prodotti competitor e nuove opportunità) > analisi di scenario. Vengono condotte annualmente 10.000 interviste personali domiciliari. L’universo di riferimento è costituito dalla popolazione maschile e femminile dai 14 anni in poi. La rilevazione è destagionalizzata e frazionata in due periodi dell’anno. Per informazioni Milano Cristian Cutrona [email protected] Margherita Limido [email protected] Roma Simona Grieco [email protected] Think Tank È la testimonianza di un imprenditore che ha gettato la spugna, messo alle corde da una concorrenza sleale che può vendere a prezzi incredibilmente bassi grazie a produzioni delocalizzate in Paesi dove la manodopera è sottopagata (Cina). Ed è il lamento di un imprenditore scrittore che sta dedicando, in più libri, attenzione coinvolta ad una città come Prato, in cui la sua famiglia da generazioni ha un’impresa tessile. Prato è una delle città che - una volta ideali per viverci e produrre - in pochi anni sono state costrette a subire la globalizzazione. Un libro che si può leggere come un segno per le tante Prato d’Italia, dove fiorivano le medie imprese che sono state costrette a chiudere per costi di produzione diventati insostenibili. Nel libro non mancano prevedibili accuse ai politici, ed anche agli economisti-opinionisti del grande giornalismo (divertente il tormentone dedicato agli articoli di Giavazzi, che bastonano gli imprenditori perché incapaci di affrontare la globalizzazione). Ecco, Nesi alla fine appare rassegnato - anche se non del tutto - di fronte alla valanga della globalizzazione. Che fare? Nessuno è riuscito a cogliere in anticipo la minaccia incombente? Il libro è la testimonianza di come le imprese - soprattutto le medie e le piccole - non debbano agire. I cambiamenti dovuti alla globalizzazione possono essere previsti ed anche affrontati, e gli imprenditori possono venire educati al cambiamento. Esempi anche recenti, di cui parliamo nell’articolo di questo numero di Cinqueminuti, dicono che la globalizzazione può essere anche un’opportunità. Edoardo Nesi STORIA DELLA MIA GENTE editore Bompiani Overlook pagine 161 prezzo 14,00 euro 2 M [ news ] EURISKO SETTEMBRE 2010 Agenda I SEMINARI GfK EURISKO 2010 I ROMA, MARTEDÌ 14 SETTEMBRE I MILANO, MERCOLEDÌ 15 SETTEMBRE QUALE (IMMEDIATO) FUTURO L’occasione per fare il punto sulle tendenze in atto nel Paese e sulle attese da parte del pubblico mainstream e delle élite culturali ed economiche. Interventi: > Fondamentali tendenze socioculturali e di consumo nella popolazione italiana (il senso del cambiamento negli atteggiamenti e comportamenti degli italiani). > I temi cruciali oggi: - Il bene salute nei suoi inediti significati e investimenti - La seniority come nuovo ciclo di vita, da intercettare e mettere a fuoco nei desideri e bisogni - La nuova medialità come opportunità di più efficaci touch point per gli utenti. > Il ruolo delle élite in un frangente come l’attuale (in particolare: l’’inclusione sociale delle nuove generazioni) > Un’analisi dei punti deboli e dell’auspicato recupero di autorevolezza da parte della marca d’impresa, oggi. Sono previsti contributi di Fabrizio Fornezza, Remo Lucchi, Giuseppe Minoia, Paolo Salafia, Silvio Siliprandi. Confermare la partecipazione alla segreteria organizzativa: [email protected] INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO I Sinottica I Osservatorio sulle carte di credito I Competere sul segmento private I Osservatorio sul credito al consumo Per saperne di più [email protected] www.gfk-eurisko.it M IL MERCATO CHE CAMBIA: CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI, IMPRESE PIÙ RESPONSABILI Le tendenze emergenti relative al paradigma della sostenibilità ambientale e sociale: un modello di riferimento prioritario per la strategia delle imprese più responsabili e per le valutazioni e scelte di acquisto dei cittadini-consumatori più consapevoli. Interventi: > Opportunità strategica per le imprese Stefano Pogutz, Università Bocconi, Milano > La responsabilità sociale: il punto di vista dei cittadini-consumatori Paolo Anselmi, GfK Eurisko > La responsabilità sociale: il punto di vista delle imprese Ugo Castellano, Sodalitas > Il Barilla Center for Food & Nutrition Luca Virginio, Gruppo Barilla > La visione e la pratica della sostenibilità del Gruppo Sanpellegrino Daniela Murelli, Gruppo Sanpellegrino > Le prospettive di partnership tra imprese e associazioni no profit Angelo Maramai, FAI Fondo Ambiente Italiano > Conclusioni Paolo Anselmi, GfK Eurisko Confermare la partecipazione alla segreteria organizzativa: [email protected] I MILANO, MERCOLEDÌ 22 SETTEMBRE Banca popolare di Milano Sala delle Colonne, Via San Paolo 12 GfK EURISKO CRIF Per saperne di più [email protected] www.gfk-eurisko.it EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 3 news] [news t G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 31 / ottobre 2010 QUALE - IMMEDIATO - FUTURO La sfida dei Seminari Annuali GfK Eurisko è quasi impossibile. Fare il punto sui cambiamenti, anno su anno, nelle menti e nei comportamenti dei cittadini consumatori. I contributi presentati in luglio a Milano e in settembre a Roma, in platee gremite di rappresentanti del mondo del marketing, della comunicazione e della produzione, pur da punti di partenza differenti, giungono a delineare un quadro complesso ma sostanzialmente omogeneo dell’evoluzione in corso. Tentiamo una sintesi, stile Cinqueminuti. Silvio Siliprandi apre i lavori delineando una società “in ritiro” (riduzione del welfare, sgretolamento delle visioni morali, disimpegno dai ruoli tradizionali). La società “in ritiro” comporta maggiori responsabilità per gli individui che si sentono sempre più in difficoltà nell’affrontare i percorsi di vita. Da qui l’esigenza di aiuti, di nuove alleanze, di empowerment. Ci si sente soli rendendosi conto che sarebbe necessario l’aiuto di identità forti, detentrici di progetti e di capacità che aiutino a far evolvere nella complessità. Quindi, desideri di soggetti in cui identificarsi, e di prodotti, servizi, brand capaci di risposte che conferiscano sicurezze e potere agli individui. Un esempio di valorizzazione è fornito dal “progetto benessere”. Isa Cecchini lo ha descritto come una macrotendenza massiccia, sostanzialmente mainstream, entro la quale si muovono nuovi prodotti e nuovi concetti, esperienze e performance per sentirsi meglio e per vivere più a lungo. Il “progetto benessere” coinvolge sostanzialmente tutti i comparti produttivi, i beni materiali e immateriali, dal food ai viaggi e alle vacanze, dall’automotive al tessile, dai media alla finanza alle nuove tecnologie. Anche la crescita in salute e benessere dei “nuovi anziani” è un vistoso sintomo di individui alla ricerca di empowerment. Paolo Salafia li ha tratteggiati rimarcandone il peso economico e culturale, e la loro capacità di influenzamento. In particolare le loro sempre più esigenti attese di wellbeing, di mobilità e di esploratività. Un nuovo segmento protagonista, non bene intercettato sinora dal mondo della produzione e dei media. Il percorso prosegue con la lente di ingrandimento che Giuseppe Minoia pone sui media. In particolare sulla necessità di nuovi e più precisi saperi da parte del cittadino consumatore che vuole sentirsi più forte, quindi più preparato. Con un problema: il mondo dei media, oggi, tende a scivolare verso i contenuti “deboli”, in balia dei lettori che dovrebbero diventare coautori delle notizie, dei contenuti. Si assiste quindi ad un paradosso: individui alla ricerca di saperi forti e media che tendono a offrire loro contenuti deboli. Urge il recupero di contenuti specialistici, certificati, di filiera garantita. Con un ruolo determinante dei grandi brand editoriali che dovranno essere in grado di rispondere in maniera mirata alle nuove esigenze. Per fare sentire (diventare) davvero “esperti”. Tutto questo dovrebbe ricadere positivamente sui valori dei contenuti: con buone prospettive per il premium price del giornalismo forte. In questo scenario complesso e complicato ma tutt’altro che deprimente, un ruolo decisivo svolge (svolgerà) la marca, ma a determinate condizioni. Fabrizio Fornezza aggiorna sui nuovi ruoli della marca, se davvero volesse progettare futuro, cioè conferire potere e non soltanto occasioni di consumo ai propri utenti. Oggi la marca sta perdendo valore perché trascura uno dei suoi fondamentali compiti, che consiste nel proporre nuove sintesi di valore utili per gli individui in cerca di sempre più efficaci identificazioni. Che fare? a. progetti di precompetizione, avendo obiettivi di medio termine, così da favorire lo sviluppo di più forti sintesi di valore (e quindi di necessità) legate al comparto che le marche presidiano; segue a pagina 2 [ news ] O T T O B R E t EURISKO 2010 QUALE - IMMEDIATO - FUTURO segue da pagina 1 IL MONDO DEI MEDIA, OGGI, TENDE A SCIVOLARE VERSO I CONTENUTI “DEBOLI”, IN BALIA DEI LETTORI CHE DOVREBBERO DIVENTARE COAUTORI DELLE NOTIZIE, DEI CONTENUTI. SI ASSISTE QUINDI AD UN PARADOSSO: INDIVIDUI ALLA RICERCA DI SAPERI FORTI E MEDIA CHE TENDONO A OFFRIRE LORO CONTENUTI DEBOLI. b. puntare ad una nuova qualità della comunicazione in un nuovo patto con il consumatore; c. rifornire di saperi il consumatore, arricchendolo di nuove esperienze; d. avere il coraggio di delineare il futuro, come e dove saremo domani, prefigurando nuovi modi e pratiche di vita con i necessari prodotti e servizi, materiali e immateriali. Infine Remo Lucchi delinea i vincoli e le prospettive delle imprese oggi, pensando al domani. In particolare i vincoli drammatici delle imprese nella competizione globale e il ruolo che la politica dovrebbe svolgere e che invece si guarda bene dal fare. E’ necessario un cambio di passo verso una nuova visione di sostenibilità che implica, anche, “inclusione” di tutti. In particolare per i giovani che sono e si sentono sempre Think Tank ‘‘ Marketing e Islam non sono in antitesi. Il Profeta Maometto era un commerciante, figlio di commercianti. Da nessuna parte del Corano, nella Sunna o negli Hadith è scritto che il commercio e la ricerca del profitto sono di per sé negativi. Le norme etiche islamiche pongono delle limitazioni soltanto se le aziende trattano attività Haram, o se il loro comportamento è immorale. Se invece si comportano in modo responsabile, allora hanno ampia libertà d’azione. Se si conformano alle regole di base dei pilastri dell’Islam le aziende occidentali non incontrano particolari difficoltà nell’attuazione di un piano di marketing. Di recente hanno fatto la loro comparsa due tendenze apparentemente in contrasto. Innanzitutto, la presa di coscienza da parte di molti musulmani, soprattutto giovani, che vivono in occidente, alla ricerca di uno stile di vita Halal. Vi sono dunque nuove opportunità per tutte le aziende che vendono prodotti Halal, che si tratti di alimenti, vestiti, medicine, programmi Tv. Al tempo stesso le aziende dei paesi islamici sono sempre più attive sulla scena mondiale, in parte grazie ai petrodollari che li spinge ad investire all’estero. ... La seconda tendenza è la strabiliante attrattività di cui godono le marche occidentali nei Paesi Islamici. Le aziende dell’occidente, con capacità di adattamento, spesso riescono ad imporre i loro concetti e i loro prodotti con successo.” ‘‘ Queste poche righe vogliono essere il teaser di un libro che sicuramente incuriosirà. Halal, Hadith, Haram, sono lemmi che dovranno essere appresi dal nuovo marketing multiculturale e non più solo occidentale. Cedomir Nestorovic MARKETING ISLAMICO editore Egea pagine 162 prezzo 24,00 euro più emarginati, esclusi dai diritti di cittadinanza. E le imprese sempre più ripiegate su sé stesse, con obiettivi di breve per le trimestrali finanziarie. Urgono interventi, per evitare che le tensioni (pensiamo ai giovani, ma anche alle nuove coorti di immigrati) esplodano in percorsi alternativi e conflittuali. Si veda il boom dei social network in internet, in cui i giovani si rifugiano, in un mondo protetto e in relazioni virtuali. Dove la realtà complessa è evitata (la vita è “come se”), e dove il confronto vero viene continuamente rimandato. E’ determinante, conclude Remo Lucchi, che le élite della cultura, dell’economia, dei media e della politica si impegnino per un nuovo pervasivo progetto di sostenibilità sociale, evitando gli obiettivi di corto respiro, accettando la sfida dell’inclusione sociale. G.M. 2 [ news ] O T T O B R E t EURISKO 2010 Novità Eurisko Media Monitor • CERTIFICAZIONE DEGLI SPOT È in partenza da gennaio 2011 un nuovo servizio che si chiamerà AuditEMM Spot e che, sfruttando l’impianto dell’indagine EMM, produrrà due prodotti: una certificazione degli spot (inclusa la verifica delle norme di competizione/affollamento dei break), un database di spot, breaks, rubriche e campagne dal quale è possibile condurre analisi sulla misurazione dell’audience pubblicitaria, sulla concorrenza, sui break e le politiche commerciali, analisi dinamiche, stime, eccetera. Monitorando 150 canali generalisti, digitali e satellitari, questo servizio allargherà l’attuale offerta, a condizioni estremamente convenienti. Quindi: una rilevazione totalmente indipendente fatta su tantissimi canali a prezzi concorrenziali. Agenda Da ottobre sono disponibili i risultati di importanti indagini promosse da GfK Eurisko: I CONSUMI DEGLI IMMIGRATI Un indispensabile strumento operativo per le Aziende che intendono rivolgersi a questi nuovi segmenti: > > > > utilizzo delle interfacce tecnologiche in Italia e verso l’estero l’uso dei servizi, in particolare per la mobilità i consumi e gli orientamenti finanziari i consumi fast moving (food, drink, igiene e cosmetica, etc.) NEW MEDIA • NUOVO METER ANCHE CON GPS Il punto sui temi caldi e strategici del mondo Internet, in particolare: È in fase di test il nuovo meter che - primo al mondo - includerà anche un GPS. In questo modo l’indagine EMM restituirà, oltre all’esposizione a tutti mezzi, anche rilevanti informazioni sui touchpoints e sulle modalità di ascolto TV e Radio fuori casa. Questa tecnologia si candida a diventare il punto di riferimento anche per gli sviluppi delle ricerche ufficiali. > l’utilizzo > il commercio elettronico e le propensioni verso i servizi a pagamento > la pubblicità > blog e social network > convergenza • ANCHE KUBIK PER EMM I SENIOR NELL’ETÀ DEL BENESSERE In aggiunta a Supernova, il software di analisi e pianificazione che viene consegnato insieme alla banca dati, gli utenti dell’indagine EMM avranno da oggi la possibilità di utilizzare anche un altro strumento di accesso ai dati della ricerca. MediaSoft ha infatti messo a punto un’estensione di Kubik in grado di analizzare i dati EMM. Questo consentirà a tutti i Centri Media, e agli operatori che utilizzano il più diffuso software di pianificazione, una gestione ancora più agevole dei dati sulla multimedialità, che solo l’indagine GfK Eurisko è attualmente in grado di fornire. Con l’apertura a ulteriori importanti analisi. Atteggiamenti e consumi negli ambiti cruciali, in particolare verso i media e le dotazioni tecnologiche: > > > > > la salute e la cura di sé la cultura ed il tempo libero la tecnologia e i mezzi di comunicazione il food i servizi finanziari, assicurativi e di pubblica utilità. Per saperne di più ‡ [email protected] ‡ www.gfk-eurisko.it DAL SEMINARIO CSR AL WORKSHOP SUGLI STRUMENTI DI MISURAZIONE DELLA CSR Intendiamo proseguire il percorso avviato il 15 settembre a Milano con il seminario “Il mercato che cambia: consumatori più consapevoli, imprese più responsabili” che ha visto la presenza di oltre 100 aziende. Intendiamo adottare un approccio di costruzione e condivisione degli strumenti di ricerca più in linea con le esigenze delle aziende clienti, interessate a trasformare questa area in una leva competitiva e di distintività. Il 21 ottobre è previsto un incontro di workshop sul tema CSR nel quale verranno ripercorse le fondamentali evidenze e discussi gli approcci e i modelli di ricerca GfK Eurisko. Per costruire e monitorare nel tempo il cruscotto della CSR per aziende e manager operanti nei diversi settori. L’incontro è su invito, per info [email protected] [email protected] t EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 3 news] [news t G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 32 / novembre 2010 IMMIGRATO FOR PRESIDENT Dilma Rousseff, neopresidente del Brasile postLula, è immigrata di seconda generazione. Come Obama. E in Italia quando avremo l’Immigrato for President? L’Osservatorio GfK Eurisko sugli Immigrati aiuta a capire il se e il come. Dopo la crisi si profilano con più precisione richieste verso il mondo dell’offerta dei beni di prima e seconda necessità, e dei servizi di cittadinanza: consapevolezze crescenti dei diritti di consumo. Gli immigrati in Italia crescono di numero (cinque milioni) e in capacità di domanda verso di noi che li ospitiamo. Le donne e gli uomini che stanno creando un inedito meticciato socioculturale se interrogati rispondono con attese precise, non divergenti da quelle di noi autoctoni, troppo spesso convinti di una “superiorità” che origina solo da pregiudizi. FIDUCIA NELLE BANCHE ITALIANE OGGI, VERSUS 2006 Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000 Valori in percentuale Anno 2006 Anno 2010 Responsabile finanziario Responsabile finanziario Sì, abbastanza 5 42 47 53 Così così Dilma Rousseff e Lula da Silva 6 > Sì, molto 59 31 29 No, per niente 13 Non indica 5 4 7 3 2 3,30 3,54 Media: 18 10 L’ultima edizione dell’Osservatorio Immigrati consegna alcuni dati che meritano approfondimenti anche per il loro rilievo sociopolitico. 1. La fiducia verso le banche aumenta in misura significativa. Dal confronto tra il 2006 ed oggi la fiducia passa dal 47% nel 2006 al 60% nel 2010. Quali i motivi dell’aumentato valore degli Istituti Bancari per gli immigrati? E’ probabile che l’attenzione selettiva ai nuovi clienti con la creazione di touch point dedicati abbia favorito l’aumento di reputazione positiva. Nel 2006, dai gruppi di discussione, emergeva un’Italia delle banche ostile e incapace di intercettare i bisogni di chi era da poco arrivato nel nostro Paese. Oggi, dice il nostro Osservatorio, la percezione è migliorata. Da non dimenticare che la reputazione migliorata è anche stata favorita dall’immagine positiva delle banche italiane rispetto ai profili speculativi e finanziariamente rischiosi delle banche all’estero. 2. L’altro dato su cui riflettere riguarda l’atteggiamento verso la politica italiana. Nello specifico, il desiderio e la propensione a votare. Ebbene, tale propensione è crollata dal 2006 ad oggi. Il 60% degli immigrati oggi non manifesta desideri di partecipazione politica, mentre nel 2006 era solo il 33% che segnalava disinteresse. Siamo alla caduta di credibilità dei partiti, di tutti, sinistra compresa, come si può vedere dalle tabelle allegate. segue a pagina 2 [ news ] t EURISKO NOVEMBRE 2010 IMMIGRATO FOR PRESIDENT PROPENSIONE AL VOTO OGGI, VERSUS 2008 E 2006 Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000 Dati 2006 Dati 2008 n = 100 n = 100 42 31 Sì 33 47 No 22 22 Non indica Valori in percentuale Anno 2010 22 > In sostanza, la politica sta sempre meno intercettando i desideri e i bisogni degli immigrati, mentre i servizi, come le banche, stanno recuperando, impegnandosi nel cogliere i bisogni di questi nuovi segmenti. 3. Recuperano valore e desiderabilità anche le grandi marche dei beni di largo consumo, dal food & drink, ai prodotti per la casa, all’healthcare. Le grandi marche sono sempre più valutate positivamente, in particolare le marche italiane. Ipotesi. Gli immigrati sono cittadini senza politica, alla ricerca di nuove identità che, per ora, sono rappresentate dalle istituzioni e dai brand frequentati nei percorsi di vita. E domani? Quali percorsi identificativi saranno loro riservati? G.M. 60 > segue da pagina 1 18 PROPENSIONE POLITICA OGGI, VERSUS 2008 E 2006 Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000 Dati 2006 Dati 2008 n = 100 n = 100 22 13 Centro Sinistra Unione 7 7 Centro Destra Casa delle Libertà Valori in percentuale Anno 2010 4 5 Altri schieramenti 67 76 Non indica 12 7 5 76 [Rilevazione condotta da GfK Eurisko nel mese di luglio 2010; interviste personali domiciliari; 1000 casi rappresentativi per provenienza continentale e per distribuzione sul territorio italiano] Per saperne di più: Elena Cappelletti ‡ [email protected] Think Tank Può la filosofia contemporanea essere d’aiuto alle scienze sociali, in particolare a noi che ci occupiamo di ricerche e analisi del cambiamento socioculturale? La risposta è sì, se si ha la pazienza di frequentare i nuovi filosofi, tra i quali spicca Maurizio Ferraris, capace di rendere appassionante e comprensibile anche il più intellettualistico testo di Derrida. In “Ricostruire la decostruzione” Ferraris fa il punto sul postmoderno chiedendosi dove stia approdando. La risposta è: il populismo mediatico, cioè il pensiero secondo il quale “fuori” non c’è la realtà, ma solo un gioco di interpretazioni e manipolazioni che fanno sparire di scena il mondo vero. Il populismo mediatico - si veda il caso italiano di Avetrana - implica che i fatti non esistano, ma che invece tutto sia solo interpretazione. E’ facile vedere in questo assunto una deriva pericolosissima: nulla è vero, non solo la verità ma anche la giustizia. Se tutto è interpretazione, il relativismo da pensiero debole ha la meglio con il rischio che scompaiano i valori forti, i convincimenti durevoli alla base del contratto sociale. Il marketing e la comunicazione d’impresa dovrebbero riflettere su questo assunto. Il populismo mediatico può entusiasmare i postcreativi per i blog e i forum che aiutano a creare e a distruggere reputazioni di marca e di company, ma a scapito dei valori fondanti, della trasparenza delle cose tracciabili e sostenibili, che sono il basic trust della produzione e dell’offerta per il cittadino consumatore. Maurizio Ferraris RICOSTRUIRE LA DECOSTRUZIONE CINQUE SAGGI A PARTIRE DA JACQUES DERRIDA editore Bompiani pagine 106 prezzo 10,00 euro 2 [ news ] t EURISKO NOVEMBRE 2010 I NOSTRI SEMINARI Agenda IN PARTENZA A NOVEMBRE ROMA ULTIMA SETTIMANA DI GENNAIO 2011 IL MERCATO CHE CAMBIA: CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI, IMPRESE PIÙ RESPONSABILI Le tendenze emergenti relative al paradigma della sostenibilità ambientale e sociale: un modello di riferimento prioritario per la strategia delle imprese più responsabili e per le valutazioni e scelte di acquisto dei cittadini-consumatori più consapevoli. MILANO DA METTERE IN AGENDA PER I PRIMI DI FEBBRAIO 2011 GLI ITALIANI E L’AUTO, OGGI: ATTESE, PRETESE, RINUNCE Multifinanziaria Retail Market Il più esteso e aggiornato data base, giunto alla 24a edizione, sulle scelte finanziarie degli Italiani: > 4.500 famiglie e oltre 9.000 individui su base annua > segmentazione del mercato in stili finanziari comportamentali > monitoraggio costante della relazione tra offerta di prodotti finanziari e la domanda del mercato > misurazione negli anni della relazione fra le famiglie, i brand finanziari e la loro pressione commerciale e pubblicitaria Osservatorio sul credito al consumo Necessario strumento per completare lo scenario finanziario: > il rapporto con le istituzioni finanziarie (banche, intermediari specializzati) > il posizionamento e la competizione dei Brand > le potenzialità del mercato SISTEMI INTEGRATI DI INDAGINE SULLA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY Il sistema di ricerche messo a punto da GfK Eurisko per la valutazione della CSR aziendale: > Indice sintetico della performance CSR > Valutazione delle attività di comunicazione “responsabile” > Supporto alla progettazione di nuove attività STP PRE E POST TEST Lo strumento più efficace ed efficiente per misurare gli investimenti in comunicazione: > > > > Per info: [email protected] [email protected] [email protected] potenza, continuità e qualità della rilevazione delle informazioni flessibilità velocità dei risultati investimenti contenuti Per saperne di più ‡ [email protected] ‡ www.gfk-eurisko.it t EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 3 news] [news t G K EURISKO FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO BUON NATALE, BIG SOCIETY Dal film Noi credevamo di Mario Martone Gli italiani sono stanchi e non hanno più desideri, secondo l’ultimo rapporto Censis. Una sorta di sfiancamento, di “vada come vada” ci starebbe pervadendo. Molte le cause, comuni anche ad altri Paesi dentro e fuori l’eurozona. La crisi che non si sa quando finirà ha prodotto tagli-frustrazioni-ribellioni dalla Gran Bretagna alla Grecia, dall’Irlanda alla Spagna all’Italia. Stati Uniti inclusi dove - svolta epocale - si modifica l’idea di casa giusta. Ora tra i 100 e 200 metri quadrati, mentre prima la casa ideale non poteva prevedere meno di 300 metri, compresi la sala dei giochi e tanti bagni quanti le stanze. “Put your life on a diet” è il mantra di fine decennio, che oltre a suggerire responsabilmente di introdurre meno calorie nel corpo, diventa il manifesto di una più “stretta” filosofia di vita. Che può anche significare vivere con meno, o addirittura gratis, sviluppando lo scambio, il bartering, on e off line. D’altra parte sono sempre più numerose le voci in favore del FIL (Felicità Interna Lorda), contro il PIL, che sarebbe inutile per misurare il soddisfacimento degli individui. Dunque, siamo davvero senza desideri o, nonostante le crisi o grazie ad esse, siamo in grado di manifestare sempre più precise attese per quanto riguarda la nostra vita? O non stiamo piuttosto prefigurando nuovi percorsi di esperienza, di apprendimento e di divertimento, in un entertainment nell’accezione più ampia, come scambio di saperi e piaceri, di cure e coccole, di tempi per l’impegno ma anche per il benessere proprio e degli altri, tra narcisismo e oblatività, tra edonismo e impegno perché gli altri stiano altrettanto bene? Siamo in una fase di discontinuità permanente, in cui la creatività è considerata bene comune e status sociale, con nuove tecnologie a disposizione per inedite convergenze e time saving che aprono praterie di nuove possibilità. In cui, come dicono gli scienziati, sarà sempre più lecito prefigurare l’esistenza reale di mondi virtuali utili per i nostri percorsi di vita. Con una medialità diffusa che fa diventare archeologica la sofa tv. E con la cultura digitale che promette infinite scelte on demand, rivoluzionando le procedure di palinsesto lineare. Un periodo in cui si potranno mettere in pratica i comportamenti di sostenibilità ambientale, considerando che la decrescita della natalità mondiale non è lontana, e la green economy si sta manifestando in prodotti concreti. Tra pochi mesi le grandi case automobilistiche saranno sul mercato con le auto elettriche e, si spera, nelle città si comincerà a respirare meglio. Ma anche altri settori si muovono veloci: dalla scienza dei trapianti che sta predispo- CINQUEMINUTI CON SOCIAL TRENDS numero 33 / dicembre 2010 nendo organi artificiali, alle scoperte di nuovi prodotti a coltivazione sostenibile per risolvere l’endemica fame di milioni di persone che, è bene ricordarlo, nel decennio che si chiude si sono comunque ridotte di numero in modo significativo. Il benessere degli individui sta sempre più diventando l’obiettivo di chi studia, ricerca, inventa e produce. Con sempre più attenzione ai “diversamente giovani”, a chi ha superato la soglia dei 65 anni, ormai coorti sempre più numerose (tra dieci anni, il 30% della popolazione italiana). Tutto questo sarà possibile se si cambierà paradigma e se chi tiene le redini del cambiamento accetterà di ascoltare tutti. Per questo, forse, l’idea di “Big Society” può aiutare. È un concetto politico ma è anche la domanda che implicitamente gli individui sempre più esprimono, quanto meno gli occidentali che hanno provato molte forme di Bigstatalismo per uscirne delusi quando non con le ossa rotte. “Big Society” dovrebbe significare che tutti noi potremo essere più determinanti nei percorsi di vita e che per questo saranno necessari soggetti vicini a noi, con noi, in grado di capirci, di non considerarci alieni, e di aiutare a realizzarci. Significa un nuovo modello di cultura diffusa nel e del territorio, capace di alleggerire lo Stato, non per privatizzare ma per socializzare, dove assumerà priorità ciò che si inserisce nella rete, nei circuiti, intercettando la ricchezza - economica, culturale, sociale - là dove oggi viene prodotta e allocata. Con trasferimenti a comunità locali, al territorio e a volontari, di una notevole parte delle responsabilità di gestione dei servizi sociali. Con progetti di inclusione e non di esclusione, di multiculturalismo e non di assimilazione centripeta. In una prospettiva che non sarà né di destra né di sinistra. (g.m.) [ news ] t G K EURISKO DICEMBRE 2010 Think Tank NOI CREDEVAMO L’Italia è un Paese che sfugge la propria storia e i propri miti fondativi. Forse perché ne ha troppi. Alzi la mano chi sa ricostruire date e uomini del nostro Risorgimento. Eppure veniamo da lì. È il Risorgimento che ha unito l’Italia e gli Italiani, prima Austroungarici, Piemontesi Sabaudi, del Regno due Sicilie e dello Stato Pontificio. La mancanza di memoria condivisa è grave, perché senza è difficile evitare lo scontro continuo su chi ha vinto e su chi ha guadagnato e su chi è stato depredato con l’unità d’Italia. I media aiutano poco. Il Risorgimento è considerato materia scolastica per niente sexy. E il nostro cinema non ha trovato il John Ford capace di epicizzare l’unità d’Italia. Lo stesso inno nazionale, nelle sue rime criptiche, crea imbarazzo se ne vogliamo cogliere i significati. In controtendenza è il film di Mario Martone con il bel titolo “Noi credevamo”. Un film contemporaneo, pieno di personaggi che fanno sentire il Risorgimento una questione aperta che ci riguarda tutti, nelle nostre scelte e nei nostri pregiudizi. Con un Sud che era ed è sempre un po’ caratterizzato dal piangersi addosso, con i Piemontesi un po’ leghisti che sparano ai garibaldini ingenui e impreparati. Un Sud senza tempo, dove Martone ritaglia immagini che lasciano intravedere gli scempi delle case abusive di oggi. E con una classe dirigente che trasformisticamente prende le redini di un’Italia “malata” dalla nascita, come dice il bel personaggio della principessa di Belgiojoso. Insomma, tante domande e molte sollecitazioni per approfondire, per andare a scoprire come eravamo, per arricchire il dibattito sul centocinquantenario dell’Unità. P.S. L’affezionato lettore potrebbe chiedersi, a questo punto, perché segnaliamo un film sul Risorgimento, in una Newsletter che si occupa di tendenze socioculturali. L’Italia è anche il marchio in cui tutti ci identifichiamo, sintesi di valori da divulgare dentro e fuori il Paese. Se ci sentiamo demotivati verso il valore Italia, difficilmente riusciremo a convincere i nostri interlocutori della bontà, qualità, unicità dei nostri prodotti, delle nostre idee, di noi stessi. 2 [ news ] t G K EURISKO DICEMBRE 2010 INTERNET E I MINORI Utopia di una rete senza rischi Due immaginari contrastanti segnano, nella nostra società, il rapporto tra infanzia e nuove tecnologie: da un lato rappresentazioni entusiastiche dei “nativi digitali” 1, nuove generazioni naturalmente predisposte all’uso di Internet e più competenti rispetto agli adulti; dall’altra discorsi che sull’argomento assumono spesso forma di “media panics”, una sorta di panico morale che vede nelle tecnologie online una minaccia allo sviluppo socio-cognitivo dei bambini: i minori vengono rappresentati come vittime dei rischi della Rete, dall’adescamento (grooming) al cyberbullismo, all’esposizione a contenuti pornografici…2 D’altra parte, l’analisi sociologica dimostra in più casi che la produzione sociale di ricchezza va di pari passo con la produzione sociale di rischi. Per valutare con attenzione l’equilibrio di rapporti tra queste due posizioni, è nato EU Kids Online (www.eukidsonline.net), un network europeo, che ha coinvolto 21 Paesi tra cui l’Italia, allo scopo di monitorare lo stato dell’arte della ricerca su Internet e i minori in Europa, tra gap conoscitivi e punti di forza. Vittime inermi o partecipanti competenti? I tentativi di risolvere questo dilemma, ignorando i rischi o, viceversa, riducendo le opportunità che la Rete riserva ai bambini (limitandone l’accesso e controllandone l’attività) non appaiono soddisfacenti. Risultano necessarie autoregolamentazione dei produttori e dei provider di servizi e contenuti, strategie di incremento della consapevolezza di genitori e insegnanti, potenziamento della capacità di reazione dei bambini. Si profila all’orizzonte un pensiero nuovo, teorizzato in termini di “resilienza ai rischi”: si sostiene, cioè, che i bambini debbano apprendere in maniera indipendente come navigare nel web, imparando dagli errori compiuti e superando gli incidenti spiacevoli, perché 1. Nati con la Rete, Rizzoli 2009 2. L’argomento è ampiamente trattato in Comunicazioni Sociali, anno XXXI, n.3, settembre - dicembre 2009. 3. J.Coleman, A.Hagel, Adolescence, Risk and Resilience: Against the Odds, John Wiley and sons, Chichetser, West Sussex, 2007, p.15 “la resilienza si può sviluppare solo attraverso l’esposizione ai rischi e allo stress”3. Affrontare i rischi significa soprattutto adottare atteggiamenti che proteggano i soggetti da eventuali danni psicologici connessi all’esposizione a situazioni disagevoli. Le domande sono inevitabili: fino a che punto possiamo aspettarci che i bambini siano in grado di affrontare i rischi della Rete? Esiste una soglia di esposizione ai pericoli oltre la quale si attutisce il danno potenziale? Come si sviluppa il processo decisionale che gli adolescenti mettono in atto in relazione ai rischi previsti? L’indagine Eu Kids Online suggerisce che i bambini si stanno imbattendo in una quantità di situazioni a rischio complessivamente non eccessiva e presumibilmente con gradi variabili di intenzionalità e di gravità rispetto agli effetti. La pornografia è al primo posto, seguita da contenuti violenti e da episodi di bullismo e dagli incontri off line con persone conosciute nella Rete. Nella maggioranza dei casi pornografia e contenuti violenti sono ignorati, messaggi di bullismo cancellati e incontri face to face con persone conosciute nella Rete si traducono spesso in momenti di convivialità. Sembrerebbe dunque che le iniziative di promozione della sicurezza online abbiano rag- giunto un discreto livello di efficacia sia per gli atteggiamenti reattivi (cancellare o ignorare i contenuti sgraditi), sia per le condotte proattive tese a gestire più che a schivare i pericoli (riferire, condividere con amici e genitori quanto accaduto). Ma c’è anche una parte dei bambini e degli adolescenti che dichiara di rimanere turbata da certi contenuti o di rammaricarsi per averne avuto contatto. Le reazioni sono diverse tra bambini e adolescenti, tra maschi e femmine. I maschi hanno maggiori probabilità di essere esposti a rischi di contenuto e frequentano offline persone conosciute on line più spesso di quanto facciano le bambine. Le bambine hanno, nei confronti dei rischi della Rete, una reazione complessivamente negativa, e quindi potrebbero essere più ricettive a iniziative di sensibilizzazione sui possibili inconvenienti; i ragazzi, invece, tendono a dedicare poca attenzione ai rischi del web e risultano più impermeabili a suggerimenti di sicurezza nella Rete. In conclusione, è bene sottolineare le potenzialità positive del web e puntare sulla necessità di irrobustire la capacità di autodifesa dei bambini, tenendo conto che una Rete completamente priva di pericoli rappresenta un’utopia. (v.p) CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI DI INTERNET PER I MINORI COMMERCIALE AGGRESSIVO SESSUALE VALORIALE CONTENUTI Ragazzi come destinatari Pubblicità occulta, spamming, sponsorizzazioni Contenuti violenti, incitamento all’odio Contenuti indesiderati a sfondo sessuale o pornografici Razzismo, informazioni e suggerimenti devianti (ad esempio droghe) CONTATTI Ragazzi come partecipanti Tracciamento, diffusione di informazioni personali Esser vittima di atti di bullismo, molestie Contatti con sconosciuti, adescamenti Autolesionismo, manipolazione, plagio COMPORTAMENTI Ragazzi come protagonisti Gioco d’azzardo, haking, downloads illegali Compiere atti di bullismo o molestie Creazione e upload di materiale pornografico Fornire consigli dannosi, incoraggiare ad atti autolesionistici (suicidio, anoressia, ecc.) Fonte: EU Kids Online (Hasebrink - Livingstone - Haddon, Comparing children’s Online Opportunities and Risk across Europe). 3 [ news ] t G K EURISKO DICEMBRE 2010 SEMINARIO GfK EURISKO Agenda IL MERCATO CHE CAMBIA: CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI, IMPRESE PIÙ RESPONSABILI SALONE DEL RISPARMIO ROMA, 26 GENNAIO 2011 dalle ore 10.00 alle ore 12.30 il Seminario sulla Sostenibilità e la Responsabilità Sociale d’Impresa farà il punto sulle tendenze emergenti per quanto riguarda il paradigma della sostenibilità ambientale e sociale, modello di riferimento prioritario, oggi, sia per le strategie delle imprese più responsabili sia per le scelte di acquisto dei cittadini-consumatori più consapevoli. Il programma prevede la presentazione delle principali evidenze emerse dalle indagini condotte nell’ultimo anno da GfK Eurisko sui temi della sostenibilità: > il CSR International Monitor 2010, > l’indagine Eurisko-Sodalitas sulla evoluzione del concetto di sostenibilità dal punto di vista delle imprese e il nuovo - Osservatorio sulla responsabilità dei settori e delle marche. Verranno inoltre ospitate le testimonianze di alcune realtà eccellenti del profit e del no profit che presenteranno le loro case histories. Seguiranno dettagli sulla location dell’evento e l’agenda dell’incontro. Per confermare la propria partecipazione, contattare la segreteria organizzativa: ‡ [email protected]. PROSSIMAMENTE MILANO, FEBBRAIO 2011 GLI ITALIANI E L’AUTO, OGGI: ATTESE, PRETESE, RINUNCE Per info [email protected] [email protected] [email protected] > Il 6, 7 e 8 Aprile 2011 avrà luogo a Milano, presso il nuovo centro congressi dell’Università “L. Bocconi”, il Salone del risparmio, il più importante evento italiano interamente dedicato al settore del risparmio gestito, organizzato da Assogestioni. Un Salone nuovo, ancora più grande e accogliente, che si propone di favorire lo sviluppo di relazioni commerciali all’interno del mercato e l’incontro diretto e privilegiato con il pubblico dei risparmiatori, ai quali sono dedicati momenti di incontro e occasioni di approfondimento. GfK Eurisko e Prometeia sono stati invitati, il 6 aprile alle 11:30, a esporre a tutta la comunità finanziaria le principali evidenze emerse dall’Osservatorio sui Risparmi delle Famiglie edizione 2011. Per maggiori informazioni: Antonella Busi, Segreteria Organizzativa ‡ [email protected] NOVITÀ GfK EURISKO > IPad: oggetto di culto, hit tecnologico del momento Regalo di Natale cult, multitasking comodo e veloce, al servizio dell’attimo fuggente e dell’immediatismo, facile nella consultazione e nella trasportabilità, l’Ipad desta in questo momento grande curiosità e interesse. A studiarne tutti gli aspetti, tra euforia, curiosità e dubbi, è la Ricerca New Media di GfK Eurisko, che ne coglie l’impatto sul pubblico, l’uso reale che ne viene fatto, i problemi e le aree di criticità. > TV Barometro 2011 Questo il nome della nuova ricerca GfK Eurisko che, dopo il passaggio integrale alla piattaforma digitale, continuerà a dimensionare le dotazioni televisive presenti nelle case degli italiani e monitorerà lo stato della concorrenza interna alle piattaforme Pay (SKY, Mediaset Premium, Dahlia). Questa ricerca permetterà quindi di disporre di un riscontro continuativo dell’evoluzione in atto, e individuare periodicamente l’offerta pay a maggiore desiderabilità, anche a fronte dell’aumento dell’offerta di canali tematici free sulla nuova piattaforma digitale. > Disponibile la nuova brochure delle Indagini GfK Eurisko 2011 Presso la Direzione commerciale sono disponibili, in formato digitale, le schede relative a tutte le Indagini Multiclient 2011 - GfK Eurisko. Per maggiori informazioni: ‡ [email protected] t G K EURISKO Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected] Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected] Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected] SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE Direttore responsabile Giuseppe Minoia 4 SOCIALTRENDS I L C A M B I A M E N T O S O C I O C U L T U R A L E ▼ G K EURISKO Novembre 2010 no.110 DISCONTINUITÀ CONTINUA B uone notizie. che la discontinuità sarà la prassi consumare, sullo sfondo di questo Riprendono gli investimenti quotidiana con cui convivere. cambiamento ? Non certo introiettare, in comunicazione, Il multimedia diventa un sistema né acquisire per poi distruggere. dopo la grande gelata del biennio complicato e complesso, ricco Significati inediti si stagliano che abbiamo alle spalle. Le imprese di articolazioni nei nuovi format on all’orizzonte, per nuovi pubblici. tornano a credere negli atti e off line, nelle inseminazioni digitali, Dai nuovi anziani (i “diversamente comunicativi e nelle tattiche e strategie nelle convergenze e divergenze giovani”) ai giovani perplessi di segmento, di nicchia, di local dei contenuti e degli schermi nella loro precarietà. e di global e - ovviamente - di glocal. su cui leggerli. Tutto si incrocia Dalle donne triplo ruolo ai maschi Riappaiono i piani media e si scontra in prospettive inedite alla ricerca di nuovi ruoli. e le piattaforme più o meno creative. di crossfertilizzazione per Le tattiche e le strategie delle imprese Tutto come prima, dunque? un utente-lettore-spettatore sempre devono adeguarsi, il più velocemente Questo numero di Social Trends più esigente e critico nelle sue richieste possibile. Il valore e la reputazione intende sostenere proprio il contrario. di contenuti che servano per diventare delle Marche si costruiscono Che nulla sarà come prima, esperti in qualcosa. Che cosa significa su parametri da rifondare (g.m.). sommario 2 L’IMPORTANZA DEL TERRITORIO AMBIENTE FONDAMENTALE DI COMUNICAZIONE 18 CHI HA PAURA DELL’AGEING ATTIVO 22 MULTIMEDIA. L’ILLUSIONE DELLA COCREAZIONE E IL BISOGNO DI MEDIA FORTI di Giuseppe Minoia di Remo Lucchi 6 12 SOSTENIBILITÀ, TRASPARENZA, TERRITORIO COME SI COSTRUISCE REPUTATION di Vitalba Paesano LA RESPONSABILITÀ SOCIALE PARLANO LE IMPRESE E I CITTADINI di Paolo Anselmi di Paolo Salafia 26 CRISI DEL VALORE DI MARCA IL FUTURO COME RISORSA 32 L’IMMAGINE DELLA GIUSTIZIA di Fabrizio Fornezza di Gianmario Italiano Il Buddington Zero Energy Development , insediamento situato nel quartiere di Beddington a Londra, caratterizzato da zero emissioni inquinanti e consumi energetici, sorto dalla riqualificazione di una vecchia area industriale dismessa. 2 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 L’IMPORTANZA DEL TERRITORIO ambiente fondamentale di comunicazione Il contesto territoriale in cui noi viviamo offre potenziali di ritorno decisamente interessanti sugli investimenti che le Aziende possono fare. Ciò in quanto: - il territorio è il contesto primario in cui ci si aspetta che siano sviluppate le politiche di Sostenibilità da parte delle Aziende. Vedremo il perché - il territorio è il luogo in cui gli individui in modo crescente investono nella prospettiva di soddisfare il desiderio di benessere - il territorio è il luogo sempre più indispensabile per completare e rendere efficace la comunicazione delle Aziende verso gli individui (consumatori). Quindi il “territorio” come ambito baricentrico di tutte le fondamentali forme di vita. Delle Aziende, degli individui, della loro relazione. Approfondiamo questi tre ambiti. LE AZIENDE: LA SOSTENIBILITÀ E IL TERRITORIO Parliamo di Sostenibilità* come nuova filosofia di gestione del business. L’adozione della Sostenibilità - che ha a che fare con il “lungo periodo”, e che richiede l’attenzione al territorio in cui si opera, e con coloro che vivono questo territorio - è richiesta a gran voce da un’élite sociale che ha ben diagnosticato le cause della crisi in cui siamo precipitati e dalla quale fatichiamo ad uscire. In particolare l’élite - nel diagnosticare le cause della crisi - fa riferimento a una gestione delle Aziende caratterizzata da decisioni orientate a trarre il massimo del beneficio nel brevissimo termine, con evitamento di investimenti sia per l’innovazione di prodotto sia per l’innovazione di processo (gli ammortamenti avrebbero turbato i bilanci di breve periodo), e dimostrando noncuranza per gli effetti di medio-lungo periodo. Ciò ha portato alla non differenziazione sul mercato, e quindi alla pura competizione di prezzo, alla contrazione dei costi come unica strategia per fare margini, alla non creazione di valore, a sottrarre risorse per la vera crescita (delle persone, dei prodotti), …, ad innestare la spirale al collasso. L’élite ha capito tutto questo, e i suoi suggerimenti vanno verso l’adozione di strategie di Sostenibilità: si operi in logiche di medio-lungo termine, con forte attenzione alla rigenerazione dei prodotti e dei metodi di produzione, spostando nel futuro l’attesa per il ritorno sugli investimenti, tornando a scelte sane per i finanziamenti; e con grande attenzione alla Domanda, ed al rispetto dei suoi bisogni. Questa richiesta di Sostenibilità, che in un primo momento di smarrimento - nel momento centrale della crisi - era incerta, sta ora diventando forte. Chiariamo. La crisi attuale ha radici lontane, non è stata affatto improvvisa. Da tempo la gente si è accorta che il sistema dell’Offerta ha adottato una direzione troppo centrata su di sé e sullo sfruttamento. L’atteggiamento critico - rilevato nelle ricerche sociali - è crescente; non dimentichiamo peraltro che la capacità critica e di giudizio della gente negli ultimi anni è cresciuta esponenzialmente: negli ultimi 15 anni c’è stata una forte diffusione dell’istruzione media, e la crescita della sollecitazione dei mezzi di comunicazione. La centratura dell’Offerta su di sé ha provocato una progressiva presa di distanza dal pubblico (abbandono della dipendenza e dell’identificazione), in qualche misura a disconoscerla, con conseguente perdita del valore dei marchi, e aumento dell’infedeltà; tutto a favore di maggiori centrature sulle proprie capacità individuali (tendenza all’individuazione, a fare affidamento solo sulle proprie capacità). Le conseguenze di questa fase sono importanti: la presa di distanza dalle logiche di “identificazione” ha portato in qualche misura la Società a ritirarsi, con l’abbandono del singolo a se stesso. * I pilastri della sostenibilità, che - all’interno di un definito sistema territoriale - non potranno essere traditi, fanno capo ai seguenti 4 capitoli: Sostenibilità ambientale - non solo la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni dell’ambiente di fornitore di risorse, di ricettore di rifiuti e di fonte diretta di utilità. Ma anche la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto “elemento distintivo” del territorio. Sostenibilità economica - cioè la capacità di produrre e mantenere all’interno del territorio il massimo del valore aggiunto combinando efficacemente le risorse, 3 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 al fine di valorizzare la specificità’ dei prodotti e dei servizi territoriali Sostenibilità sociale - cioè la capacità di garantire condizioni di benessere umano - sicurezza, salute, istruzione equamente distribuite per tutti i segmenti di una popolazione convivente Sostenibilità culturale - la diversità culturale e’ necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura; è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale. Si è scaricato sul singolo la responsabilità di colmare i vuoti di significato. Ne sono conseguite una serie di problematizzazioni. In particolare l’individuo ha cominciato a sentirsi sotto assedio: le complessità e le difficoltà sono risultate in forte aumento. Alcuni segni della complessità: crescita delle connessioni e delle interdipendenze, difficoltà di comprensione, molteplicità di fonti e punti di vista, rafforzamento di saperi esperti inaccessibili. Oggi, nel momento di massima “individuazione”, l’eccesso di complessità e l’assenza di riferimenti cominciano a creare segnali di rigetto. In altri termini, l’eccesso di individuazione, cui si è arrivati, comincia a fare paura. Si colgono segnali forti di rivalorizzazione del ruolo degli altri, della necessità di un raffronto con gli altri, della necessità di riferimenti. Si vedono le premesse di una nuova fase di “identificazione”, pur su piani differenti rispetto al passato. In altri termini, si intravvedono in modo netto bisogni di nuovi riferimenti, più collettivi. Si nota una forte richiesta, soprattutto alle Aziende, di trovare la capacità e il coraggio di “fare progetto”, di “dare senso”, di indicare delle direzioni. Nello specifico si nota un forte bisogno di grandi Aziende, di grandi Brand, che si assumano la responsabilità di proporre progetti veri, all’insegna di una nuova e più vera qualità, dimostrando - nel fare azienda - consapevolezza sulla ”interconnessione del vivere”, cui si è giunti: etica, ecosistema, sostenibilità. Quindi si desidera fortemente che i “riferimenti importanti” (i Brand importanti) siano caratterizzati da strategie di Sostenibilità. Ricordando che Sostenibilità significa anche e soprattutto vicinanza alla gente, e vicinanza ed attenzione al territorio in cui la gente vive. Attenzione al “territorio della gente” come prima testimonianza dell’impegno di “Responsabilità sociale” di lungo periodo (cioè Sostenibilità) che l’Azienda intende assumersi. In altri termini, si sta radicando la convinzione che si debba accelerare il passaggio dalla “shareholder theory” alla “stakeholder theory”. Secondo la teoria degli shareholder, lo scopo dell’impresa anche nel breve periodo è la massimizzazione del vantaggio degli azionisti. Secondo la stakeholder theory l’impresa, invece, raggiunge i suoi obiettivi se si rende conto di essere una coalizione di interessi che bisogna bilanciare. Il nuovo approccio al processo di creazione del valore auspicato prevede, quindi, l’integrazione - nel metodo di gestione dell’impresa - dei problemi ambientali, sociali, di armonia e di benessere - da tutti i punti di vista: anche strutturale, funzionale ed estetico - del territorio in cui si opera. GLI INDIVIDUI, IL BENESSERE E IL TERRITORIO Gli individui manifestano un interesse crescente nei confronti del territorio, e l’ipotesi più accreditata è che questo interesse sia destinato ad aumentare sempre di più. I motivi: l’outdoor come centro di attenzione crescente a seguito di cambiamenti profondi dell’organizzazione della propria esistenza (per costrizione o per scelta); l’outdoor e le opportunità che offre, come desiderio di trattarsi bene, in compensazione di vite sempre più complesse, con difficoltà sempre meno gestibili. Soffermiamoci su ciascuna delle due aree. - Cambiamenti profondi negli individui Si è più volte fatto cenno al cambiamento culturale e critico degli individui negli ultimi anni. Con il forte desiderio di protagonismo, soprattutto nelle donne. La conseguenza di questa tendenza, amplificata dalla crisi crescente di questi ultimi anni, ha provocato una fuga dalle responsabilità classiche (la famiglia), a favore della centratura su se stessi. Fenomeni anche molto diversi hanno prodotto gli stessi risultati: difficoltà nei giovani nel raggiungere l’indipendenza economica: obbligati a rimanere nella famiglia originaria, a non crearsi un nuovo nucleo; quand’anche usciti di casa, le complessità economiche da una parte, e comunque il desiderio di investire sul lavoro dall’altra, in una prospettiva di crescita nella carriera e nello status economico, induce a non investire nella costituzione di un nucleo classico (famiglia con figli). Negli ultimi 15 anni, infatti, sono aumentati sia le famiglie con figli grandi che non escono di casa, sia i giovani adulti senza figli. Alcuni dati: dal 1996 al 2010 i 25-34 enni che vivono con i genitori sono passati dal 39% al 48%, quelli che vivono soli sono passati dal 2% all’8%, quelli che hanno figli sono passati dal 43% al 24%. Quindi, per scelta o per costrizione, nei giovani adulti ci si trova di fronte a individui molto centrati su se stessi, con forte esploratività, desiderosi di fare, di essere protagonisti: la casa non è il loro mondo (si dice che il tempo passato in casa sia tempo sprecato); il fuori casa, e il territorio che lo caratterizza, è il baricentro della loro esistenza. - Logiche compensatorie Si è fatto cenno all’aumento della complessità esterna: assenza di ancoraggio a seguito di un aumento dell’individuazione, maggiori coinvolgimenti personali, globalizzazione della competizione, anche personale, richiesta continua di maggiori competenze (professionali, linguistiche, informatiche, …). La ricerca di compensazioni (trattarsi bene) - unitamente all’aumento di cultura e di protagonismo - richiedono spazi più 4 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 ampi: in casa si è più costretti, privi di stimoli, si è soli. Gli eventi sono fuori casa: fuori si colgono situazioni ed esperienze che arricchiscono, e risarciscono sul piano psicofisico. In più, i condizionamenti da time budget sono importanti: tempo libero sempre meno, tempo obbligato e vincolato sempre più: viene maggiormente premiato il tempo dell’arricchimento in tutti i sensi, dell’intrattenimento. Quindi il fuori casa - e il territorio che lo definisce - diventano spazio compensatorio, per una vita migliore. LA COMUNICAZIONE E IL TERRITORIO In questa prospettiva il territorio diventa “mezzo” complementare e necessario per una comunicazione efficace. I mezzi classici impiegati dalla comunicazione sono assolutamente necessari, ma non più sufficienti; e il territorio - con i suoi veicoli - deve rappresentare il naturale completamento. Spieghiamoci. Negli ultimi lustri si sono verificate - e accadrà nel prossimo futuro sempre di più - trasformazioni importanti negli individui, delle quali abbiamo fatto cenno anche sopra. Queste trasformazioni hanno avuto un rilevante riflesso sull’esposizione ai classici mezzi di comunicazione, e sull’efficacia della comunicazione pubblicitaria. In particolare: - La forte evoluzione socio-culturale - sollecitando l’esploratività degli individui - ha portato a un rilevante sviluppo della multimedialità: la moltiplicazione e frammentazione degli interessi ha condotto a una moltiplicazione delle fonti; in questa direzione ha contribuito anche il dinamismo di una parte dell’offerta mediale (soprattutto Internet e TV satellitari / tematiche) - La crescente complessità della vita e l’aumento del tempo occupato e vincolato, ha cambiato il time budget degli individui, riducendo il tempo a disposizione dei media classici - La conseguenza di tutto ciò - esposizione a un numero di mezzi crescente, per un tempo complessivo sempre più contratto - è la frammentazione dell’esposizione in generale, e quindi anche alle comunicazioni pubblicitarie - La frammentazione non ha tanto conseguenze sulle coperture (numero di persone raggiunte) quanto sulle frequenze. E noi sappiamo - per evidenze empiriche - che la riduzione delle frequenze causa una caduta significativa dei ricordi e quindi degli impatti effettivi. Si afferma con convinzione crescente (e con il supporto inequivocabile dei tracking sulla comunicazione) che l’unica possibilità per contrastare questo problema è il ricorso alla “multimedialità monocreativa”, cioè inseguire gli individui su tutti i mezzi ai quali si espongono, mantenendo, però, la stessa creatività - o quanto meno una creatività fortemente collegata come condizione basica per poter fare frequenza. Ora, uno dei mezzi cui ci si espone maggiormente è proprio il territorio (out of home) che si frequenta abitualmente. E’ ciò che un tempo chiamavamo il “contesto secondario” della propria esistenza (essendo quello “primario” la famiglia e la casa); ma che oggi, per segmenti crescenti - soprattutto per i giovani e i giovani adulti - è decisamente diventato “primario”. Il territorio è il mezzo più amato in assoluto, perché ambito fondamentale e irrinunciabile della propria vita. Quindi il territorio come mezzo fondamentale per raggiungere gli individui nella loro quotidianità, con la necessaria frequenza, ed efficacia. Il territorio è un mezzo caratterizzato comunque da molti veicoli cominciando da quelli classici (gli impianti della pubblicità esterna). Si dice che la pubblicità esterna abbia un OTS (opportunity to see) molto breve, una sorta di battito di ciglia. Ma è dimostrato che l’esterna ha una efficacia elevatissima se utilizzata in modo corretto: comunicazione semplice, non congestionata di segnali, basata su immagini, immediatamente decodificabile, e soprattutto immediatamente riconoscibile, perché basata su un’unica creatività utilizzata su tutti i mezzi. Allora basta davvero un battito di ciglia perché funzioni. C’è poi la comunicazione dei touch point: la presenza fisica dei brand sul territorio, le insegne, i punti vendita. Si calcola che il 70% delle decisioni finali di acquisto si basi sui segnali che l’individuo acquirente riceve nel cosiddetto ultimo miglio. Quindi il territorio e le sue manifestazioni come forte orientatore negli acquisti. Ma infine è da considerare anche la presenza fisica delle Imprese in tutte le attività in cui si impegnano come Attori Sociali, in modo anche indipendente dall’attività produttiva principale. Sono le possibili attività concrete dell’Azienda che si assume ruoli di Responsabilità Sociale (nel vuoto della gestione pubblica). Se facciamo riferimento all’Impresa che sviluppa una vera politica di Sostenibilità, dobbiamo prevedere non solo produzione e informazione, ma anche impegni fattivi per gli individui e per il loro benessere nel senso più ampio, bonificando il territorio che è diventato l’ambiente primario di vita. Il territorio è l’essere assieme, il luogo della vita. E meglio della vita non c’è niente. Remo Lucchi 5 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario 6 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Sostenibilità, trasparenza, territorio COME SI COSTRUISCE REPUTATION Luca Virginio, da due anni Group Communication & External Relations Director in Barilla, racconta il progetto di comunicazione che nasce dalla storia di un’azienda di 123 anni e da una famiglia, responsabile da generazioni Una solida esperienza prima in Italia, poi in Europa e infine negli Stati Uniti, all’interno della multinazionale Procter&Gamble. Senior manager con responsabilità globale su 17 Paesi, ambasciatore della filosofia aziendale che dalla sede di Cincinnati di P&G doveva essere esportata nel mondo. Luca Virginio dichiara da sempre passione per il lavoro, ambizione, propensione all’azione, ma anche rispetto per la cultura degli altri, a cominciare da quei primi Cinesi e Indiani che, negli anni ’90, si aprivano all’Occidente. Direttore ora, poco più che quarantacinquenne, della Comunicazione del Gruppo Barilla (anzi, meglio, Group Communication & External Relations Director), da un paio d’anni interpreta una nuova strategia di comunicazione aziendale, con l’obiettivo di costruire, mantenere, consolidare la reputazione del Gruppo non solo in Italia, ma anche nel mondo. “Oggi, per una grande azienda, non basta più produrre buoni prodotti; occorre comunicare e far conoscere chi c’è dietro al marchio, quali sono i valori * I risultati della ricerca, pubblicati sul sito della rivista Forbes, sono stati ottenuti attraverso la consultazione diretta dei consumatori in 24 Paesi nei diversi continenti. Le valutazioni sono state espresse su una serie di indicatori come, ad esempio, ai quali ci si ispira, quale l’identità del brand. Barilla, in passato, per riservatezza e discrezione, come è nello stile della proprietà, non ha sottolineato il grande patrimonio costruito intorno a questo marchio”. Adesso, invece, le cose stanno cambiando. Secondo una ricerca del Reputation Institute di New York, condotta tra le 600 aziende più importanti al mondo, classificate per fatturato, Barilla nel 2010 si è aggiudicata la diciannovesima posizione tra quelle con la migliore reputazione, prima tra le italiane e prima in assoluto nel settore alimentare*. “Una reputazione di dimensioni assai superiori rispetto all’entità del mercato in cui Barilla opera e, quindi, sproporzionalmente maggiore rispetto al suo stesso business. Un risultato quasi magico, dettato da un comportamento accreditato e apprezzato nel tempo”, commenta Virginio. “Il mio compito è comunicare un’azienda che ha un corredo spettacolare di valori e di esperienze, mai utilizzato; creare, in modo professionale e continuativo, un sistema e una direzione di offerta di prodotti e servizi, livello di innovazione, qualità del posto di lavoro, governance, performance finanziarie e leadership di mercato. La reputazione è un fattore decisivo per la competitività di un’azienda, soprattutto in un mercato che è sempre più globale. Nel momento comunicazione che sia coerente nel tempo, che aiuti l’azienda a posizionarsi in maniera corretta attraverso i vari mercati nei quali opera e vorrà operare in futuro. Si tratta di dare, quindi, un posizionamento che va oltre le singole marche… oltre il Mulino… la pasta… i sughi… A differenza di altre aziende che si impegnano nell’innovazione commerciale per poter raccontare cose nuove dello stesso prodotto, Barilla in 123 anni ha realizzato molte iniziative e raggiunto tanti obiettivi. Adesso occorre svelare al mondo questo patrimonio”. Un risultato sicuramente significativo della nuova comunicazione del Gruppo e del lavoro di Luca Virginio in questi due primi anni è la costituzione del Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), un centro di pensiero e di cambiamento che ha l’obiettivo di raccogliere le migliori conoscenze presenti a livello mondiale sulle tematiche legate al mondo dell’alimentazione e della nutrizione in relazione a persone, ambiente, scienza ed economia, di analizzarle e proporre soluzioni per affrontare le sfide alimentari del prossimo futuro. Quattro le aree di interesse e di lavoro del Centro, per ciascuna delle quali è affiancato un senior manager dell’azienda, competente nella specifica materia: 1. Food for Sustainable Growth, per esaminare le implicazioni di impatto ambientale per il settore agro-industriale; in cui le aziende leader a livello mondiale cercano di crescere e guadagnare quote fuori dai loro mercati domestici, diventa di vitale importanza assicurarsi fiducia e rispetto da parte dei consumatori in tutto il mondo. Barilla ha costruito nel tempo un’eccellente reputazione con le famiglie italiane e, 7 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 come si evince dal Global Reputation Pulse 2010, gode anche di un forte legame emotivo con le famiglie nei mercati più sviluppati. Per maggiori dettagli sul Global Reputation Pulse 2010: The World’s Most Reputable Companies ‡ http://www.reputationinstitute.com ‘ TUTTO QUELLO CHE IL CENTRO STA PRODUCENDO, PUR ESSENDO AUTONOMO E INDIPENDENTE, È FORTEMENTE COLLEGATO ALLE STRATEGIE DELL’AZIENDA Luca Virginio, Group Communication & External Relations Director in Barilla 2. Food for All, per favorire a livello globale l’accesso al cibo, attraverso la gestione delle filiere alimentari; 3. Food for Health, per connettere l’alimentazione allo stato di salute e di benessere delle persone; 4. Food for Culture, per legare il cibo alle tradizioni, alle abitudini alimentari, alle religioni delle varie popolazioni. “In tutti i suoi ambiti di intervento il Barilla Center for Food & Nutrition si basa su un rigoroso approccio multidisciplinare per dare ascolto alle esigenze emergenti della società sui grandi temi legati al mondo della nutrizione e dell’alimentazione; per individuare le tematiche fondamentali in relazione a persone, ambiente, scienza ed economia; per raccogliere e analizzare le esperienze così come le conoscenze e le competenze più avanzate oggi disponibili a livello mondiale; per sviluppare e rendere disponibili a tutti i maggiori opinion e decision maker proposte e raccomandazioni sul mondo dell’alimentazione e della nutrizione. Il Centro oggi è diventato un elemento importante del percorso di sostenibilità intrapreso da Barilla, non solo, dunque, un fatto sociale, ma un elemento funzionale all’impresa, un punto di forza sul quale monitorare la propria crescita futura, nel mercato italiano e internazionale. Ciò anche grazie alla fiducia totale della proprietà e del CEO, e a una significativa concentrazione di risorse che Barilla ha potuto e voluto allocare al progetto”. “Tutto quello che il Centro sta producendo, pur essendo autonomo e indipendente, è fortemente collegato alle strategie dell’azienda”, continua Luca Virginio, “il board, l’agenda, le tematiche affrontate si muovono in autonomia, ma c’è un forte contributo di conoscenza che sottende allo sviluppo complessivo del Gruppo. Così la visione del mondo di Barilla e i contributi ottenuti dal Centro procedono, per quanto possibile, in sintonia. Tutti questi obiettivi, e questi modi di lavorare, rappresentano un impegno e uno stimolo intellettuale per i nostri manager per ripensare i prodotti. In questo modo, c’è un’interessante osmosi tra il Centro e la filiera”. 8 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Qualche esempio per chiarire: il Gruppo, da anni, tende a migliorare continuamente i profili nutrizionali dei prodotti, riducendo il contenuto di sale, zuccheri e grassi saturi e aumentando, per esempio, il contenuto in cereali integrali, naturalmente ricchi di fibre e micronutrienti. Nel 2008 è stato svolto un accurato lavoro di riprogettazione per ridurre la quantità di grassi saturi della linea Saccottini (sfoglie da colazione con crema al cioccolato, crema pasticciera e confettura di albicocca). Da anni è stato bandito l’impiego di grassi idrogenati e applicata una precisa politica di limitazione dell’utilizzo di additivi chimici, in particolare di coloranti artificiali. Oggi, oltre il 99% dei prodotti in portafoglio non contiene coloranti artificiali e in nessun prodotto sono impiegati grassi od oli idrogenati. Ma sono stati introdotti anche nuovi prodotti a contenuto vegetale, frutta e verdura, allargando il portafoglio delle merceologie, tutto all’insegna della dieta mediterranea e del gusto. Analogamente, per filosofia aziendale, nessun prodotto viene realizzato con ingredienti contenenti OGM, in ottemperanza al principio di precauzione. Il che, naturalmente, non porta Barilla a sottrarsi a riflessioni sull’argomento: i prossimi 30 novembre e 1 dicembre, a Milano, nell’aula Magna dell’Università Bocconi, il Barilla Center for Food and Nutrition promuoverà due giornate di dibattito sulle priorità e sul futuro in materia di alimentazione e nutrizione, nel 2nd International Forum on Food and Nutrition. Si discuterà proprio di: > Il ruolo delle biotecnologie - il ruolo degli OGM - Opportunità e rischi, risultati, normative e tracciabilità. > Risorse agroalimentari e sostenibilità ambientale - scarsità di risorse e loro equa distribuzione - possibili soluzioni - cambiamento climatico e disponibilità di risorse alimentari - nuovi indicatori per misurare il benessere sociale > Il futuro del cibo - ipotesi di modelli di consumo alimentare prevalenti - Il ruolo sociale del cibo - il futuro delle tradizioni alimentari in un’epoca di globalizzazione. Claude Fischler, Jean Paul Fitoussi, Philip James, Mario Monti, Carlo Petrini, Andrea Riccardi, Camillo Ricordi, Jeremy Rifkin, Jimmy Smith, Umberto Veronesi dibatteranno su questi temi. Invitata la società civile. “Questo dimostra che Barilla, senza dimenticare il business, opera per motivi sociali. Sono sette le aree sulle quali si basa il percorso di sostenibilità: nutrizione, filiera, ambiente, risorse umane, persone, comunità, stakeholder”, continua Luca Virginio, mostrandoci una tavola riassuntiva, nella quale leggiamo… 1. Nutrizione Nei Paesi sviluppati si presenta uno scenario complesso: a. Incremento della longevità e crescita dell’età media della popolazione. b. Enorme aumento dell’incidenza di obesità e sindromi metaboliche a partire dall’infanzia. c. Crescente pressione delle istituzioni per attuare iniziative di prevenzione delle malattie dovute a scorretta alimentazione. Le aziende alimentari sono chiamate a proporre cibi e modelli nutrizionali più favorevoli alla salute delle persone. L’impegno dell’azienda è di contribuire ogni giorno alla salute e al benessere delle persone attraverso i propri prodotti, trasformando ingredienti di alta qualità in prodotti sani e sicuri che rispondano a esigenze nutrizionali basilari e specifiche e offrendo soluzioni d’uso quotidiano che si ispirano alla dieta mediterranea. 2. Filiera I consumatori chiedono alle aziende, e in particolare a quelle alimentari, di farsi garanti della qualità e sicurezza dei prodotti offerti, della sostenibilità economica, sociale e ambientale delle filiere in cui operano, che tendono a diventare più complesse in relazione alla globalizzazione dei mercati. L’impegno dell’azienda è di incentivare la creazione di rapporti di stretta collaborazione con i fornitori nelle filiere strategiche; di migliorare la sicurezza e la qualità delle forniture e completare la definizione di standard di sostenibilità, perché tali requisiti siano alla base dei rapporti con tutti i fornitori. 3. Ambiente a. Le emissioni in atmosfera prodotte dall’attività umana generano cambiamenti climatici b. si intravvede l’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili, tra cui i combustibili fossili. c. Produzioni agricole destinate ad alimentazione umana e animale e a usi energetici si contendono risorse sempre più limitate quali la terra coltivabile e l’acqua. d. I fabbisogni di acqua dolce dell’umanità nell’ultimo secolo sono più che raddoppiati. È indispensabile che le imprese adottino modalità sostenibili di operare, anche per la sopravvivenza del loro stesso business. L’impegno dell’azienda è di e. Ridurre l’ “Impronta Ecologica” attraverso due impegni prioritari: diminuzione delle emissioni di gas serra (GHG) e minimizzazione degli altri impatti ambientali lungo la filiera (materiali da imballaggio in termini di riduzione e riciclo). 4. Risorse umane La trasformazione internazionale delle aziende genera la necessità di riformulare i loro valori distintivi per adeguarli a contesti globali e multiculturali. L’impegno dell’azienda in questo ambito è di a. Promuovere l’integrazione e la crescita di competenze delle persone: oltre alla salute e alla sicurezza sul lavoro, lo sviluppo di programmi nazionali e internazionali per il benessere organizzativo delle persone. b. Favorire e rafforzare una cultura della responsabilità individuale che riporti le persone a essere protagoniste del proprio ruolo. 9 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 5. Persone In un mondo veloce e complesso: a. Le persone vivono in un clima di grande insicurezza. b. Il consumatore è sommerso da un mare di prodotti, pubblicità e messaggi. c. Le informazioni contraddittorie lo rendono diffidente nei confronti dell’offerta e della comunicazione delle imprese. d. Le aziende alimentari devono riuscire a conciliare la legittima aspirazione alla crescita con il doveroso e proattivo rispetto delle regole della buona alimentazione, improntando la comunicazione con le persone a una grande chiarezza e alla promozione di un corretto stile di vita. L’impegno dell’azienda in questo ambito è di e. Produrre alimenti caratterizzati da una sempre maggiore qualità e salubrità, informando il consumatore sulla sicurezza delle materie prime utilizzate e sui sistemi di lavorazione adottati. f. Comunicare in modo completo e trasparente evitando, in particolar modo nella comunicazione diretta ai bambini, di sollecitare un consumo eccessivo dei prodotti rispetto alle necessità alimentari di base riconosciute dai principi della buona alimentazione. 6. Comunità Le aziende internazionali sono chiamate dalle molteplici comunità in cui operano ad assumere il ruolo di attori corresponsabili della soddisfazione di interessi di carattere generale. L’impegno dell’azienda in questo ambito è di a. Essere partecipe dei processi di sviluppo di tutte le comunità in cui l’azienda opera. b. Favorire e supportare un approccio educativo per promuovere uno stile di vita responsabile di giovani e adulti (salute, attività motorie, nutrizione, tutela ambientale) e contribuire alla salute delle comunità in cui l’azienda opera. 7. Stakeholders Le Aziende: a. In passato si sono dimostrate inadempienti nei confronti dei propri stakeholder (scandali finanziari, bancarotta fraudolenta, disastri ambientali, incidenti sul lavoro). b. Così facendo si sono attirate la sfiducia della società civile. Le aziende sono ora chiamate a raccogliere quelle sfide che hanno a lungo 10 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 ‘ IL FUTURO DELLE AZIENDE È NELL’INTERVENTO E NEL COINVOLGIMENTO SOCIALE. OCCORRE, PRIMA DI TUTTO, APRIRSI A UNA TRASPARENZA TOTALE, SENZA SEGRETI; RACCONTARE IL MODO IN CUI SI OPERA, QUELLO CHE SI FA, IL PENSIERO SOTTESO, LA PROPRIA FILOSOFIA. rimandato e per le quali è necessario il supporto degli stakeholder. L’impegno dell’azienda in questo ambito è di a. Coinvolgere il più possibile gli stakeholder nelle pratiche aziendali e creare con essi un rapporto dialettico che produca il massimo valore per loro e per l’azienda stessa. b. Implementare un modello permanente e innovativo di rendicontazione che favorisca una comunicazione trasparente e completa delle informazioni agli stakeholder “L’assunzione responsabile di questi e altri impegni indica che il futuro delle aziende è nell’intervento e nel coinvolgimento sociale. Occorre, prima di tutto, aprirsi a una trasparenza totale, senza segreti; raccontare il modo in cui si opera, quello che si fa, il pensiero sotteso, la propria filosofia. I prodotti e i servizi offerti sono solo una conseguenza e se il mercato apprezzerà la visione complessiva, farà scelte premianti”, riprende Luca Virginio, “Le istituzioni internazionali e la politica stessa stanno dimostrando di non avere strumenti validi per affrontare le emergenze e le sfide sociali ed economiche di oggi. Ci sono, invece, realtà potentissime, le multinazionali, che hanno forze adeguate alle necessità del nostro tempo. Aziende che operano in 160 Paesi, che hanno un network e fatturati molto consistenti, competenze e capacità di travasarle rapidamente da un continente all’altro, che hanno potere decisionale concentrato in mano a poche persone, che possano incidere positivamente sul tessuto sociale, sono certo più potenti dei poteri dei singoli Stati. Insomma, sembrerebbe proprio che le aziende impegnate nella sostenibilità marcino a una velocità maggiore e diversa da quella della politica. E quando l’incontro tra i due mondi è inevitabile, come nel caso dell’Expo 2015, che accade? “Non possiamo non essere presenti, naturalmente. Al momento ci prepariamo continuando a produrre contenuti. Quando strade, metropolitane, strutture alberghiere saranno pronte ad accogliere i visitatori, mi auguro che qualcuno si accorga che il tema ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita’ richiede contenuti. Noi allora, saremo pronti. L’Expo potrebbe diventare così la sede del nostro quinto Forum Internazionale”. E Barilla potrebbe presentarsi con tutta la sua autorevolezza per quello che è: The Italian Food Company. Since 1887. La sostenibilità, per Barilla, ha mani lunghe e generose sul territorio, ma non deve sostituirsi al pubblico, né esplicitarsi solo nel privato: “Dovunque Barilla opera fiscalmente (Parma, Ascoli Piceno, Mosca, Tokyo…) vengono sviluppati programmi a favore dei bambini, ai quali viene data una corretta educazione alimentare e motoria. Questo accade, ad esempio, da dieci anni, a Parma, dove il comportamento alimentare di 10.000 bambini è stato monitorato, a scuola e a casa, fino a raggiungere una corretta educazione e stile di vita. Un modulo che può essere applicato a diverse realtà, ma in accordo con le istituzioni locali. Analogamente, in Abruzzo, dopo il terremoto, l’azienda ha sostenuto la ricostruzione di una scuola in cemento armato, e a breve inaugurerà anche la palestra, ma in accordo con altre forze sociali, in una sorta di coordinamento più efficiente ed efficace”. Il discorso potrebbe andare ancora più lontano. La sostenibilità paga? La domanda sembra impertinente, ma forse è solo prematura. “Se ci comportiamo correttamente, se operiamo bene, saremo premiati dal mercato; se saremo premiati dal mercato, faremo profitti, se faremo profitti continueremo a investire nei prodotti per migliorare la qualità e nel sociale, in modo che le comunità ci apprezzeranno sempre. E se le comunità ci apprezzeranno continueranno a scegliere i nostri prodotti. E’ un circolo virtuoso. Barilla si è comportata per 130 anni così e la sua reputazione è elevatissima. L’azienda oggi sta portando alle persone e nelle piazze questa filosofia, che è passata, negli anni, dal mecenatismo silenzioso e discreto di Pietro alla sostenibilità, dichiarata e trasparente, di Guido, Paolo, Luca”. “Una filosofia che mi ha conquistato la mente e il cuore e di cui mi faccio portavoce anche per motivi personali: io sono cresciuto a Pan di Stelle e Abbracci, perché mio padre è stato un direttore storico del Gruppo, ai tempi di Pietro Barilla … ho avuto sempre grande affetto e stima per questa azienda fin da bambino … ho vissuto l’atmosfera degli anni d’oro della crescita e della nascita di un nuovo tipo di pasta… di un nuovo biscotto… mio padre li portava a casa, ce li faceva assaggiare… voleva sapere che ne pensavamo… ci raccontava del signor Pietro, così carismatico… e io mi sono sempre portato dentro questa sensazione positiva e affettiva dell’azienda…” “Quando ho incontrato il Presidente Guido Barilla, prima di parlare di progetti e di accordi, per i primi minuti ci siamo lasciati andare, entrambi, ai ricordi… Ed era una memoria comune e condivisa”. Vitalba Paesano 11 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario 12 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 LA RESPONSABILITÀ SOCIALE parlano le imprese e i cittadini Conoscere la visione delle imprese più evolute e sensibili per prefigurare i futuri trend di sviluppo della sostenibilità sociale (In media si ritiene che poco più di un terzo delle imprese italiane - il 35% stia davvero facendo il possibile per essere socialmente responsabile). Confrontare, sull’argomento, idee ed esperienze, atteggiamenti e comportamenti di cittadini e consumatori nei 24 Paesi analizzati nel CSR Monitor: questi i temi affrontati nel seminario tenutosi lo scorso settembre a Milano, a Villa Necchi Campiglio, presentando le due ricerche che GfK Eurisko ha realizzato nel 2010 specificatamente su questo tema La prima indagine - realizzata per conto di Sodalitas con interviste a 46 CEO di imprese associate alla Fondazione - ha consentito di conoscere la visione della responsabilità sociale condivisa dal top management di imprese evolute e sensibili e di prefigurare i futuri trend di sviluppo della sostenibilità, destinati a coinvolgere una parte sempre più ampia del nostro sistema produttivo. Nel campione erano ben rappresentati i diversi settori e le diverse tipologie di impresa, con una prevalenza di aziende di grandi dimensioni (da IBM a Pirelli, a Siemens, a Telecom, a Unicredit, a Vodafone) ma anche con una qualificata rappresentanza di PMI eccellenti. La seconda indagine - costituita dall’edizione 2010 del CSR Monitor, la ricerca internazionale giunta alla dodicesima edizione che GfK Eurisko realizza ogni anno in partnership con l’istituto canadese GlobeScan - è stata realizzata su un campione di 1000 casi, rappresentativo della popolazione italiana adulta (18+) e consente il confronto con gli atteggiamenti e i comportamenti dei cittadini e dei consumatori di altri 24 Paesi. Dalla ricerca sui ”numeri uno” delle imprese associate a Sodalitas emerge innanzitutto come fortemente condivisa la convinzione che la CSR - o piuttosto la “sostenibilità” come viene preferibilmente definita - è oggi una scelta obbligata, una priorità strategica, l’unico modo per un’impresa per stare sul mercato ed essere competitiva. In questa prospettiva appare in via di superamento la visione di chi considera la responsabilità sociale come una scelta opzionale, separata dalla gestione dell’impresa, legata esclusivamente alla filantropia o a iniziative destinate al miglioramento dell’immagine aziendale (il cosiddetto green washing). La sostenibilità appare oggi come il “nuovo paradigma” dell’agire di impresa ed è dunque destinata a permeare l’intero processo di business e a ispirare sia le strategie sia l’operatività quotidiana. Si tratta di un impegno che ha certamente ricadute positive anche sul piano reputazionale, ma che non è sostenuto primariamente da questa motivazione. Il tema del “ritorno economico” è emerso come uno snodo fondamentale della riflessione sulla sostenibilità e la responsabilità sociale. Su questo punto i pareri degli intervistati si sono differenziati: > la maggioranza ha riconosciuto che un impegno serio nella sostenibilità può comportare una riduzione dei profitti a breve termine in cambio di un rafforzamento della performance nel medio-lungo periodo, legato alla maggiore co- 13 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 esione interna, al maggiore commitment dei dipendenti, ai migliori rapporti con la comunità locale, alla riduzione della conflittualità con stakeholder importanti come la Pubblica Amministrazione, i sindacati e le associazioni ambientaliste e dei consumatori; > una consistente minoranza ha richiamato gli aspetti che possono garantire un vantaggio economico anche nel breve termine derivante dal contenimento dei costi (riduzione degli sprechi, uso più intelligente delle risorse, risparmio energetico…) e da un’innovazione di prodotto ispirata alla sostenibilità che può divenire un importante elemento di differenziazione e di vantaggio competitivo. I leader intervistati si sono mostrati concordi sul permanere di un “ritardo italiano” dovuto agli ostacoli che ancora frenano la diffusione della cultura della sostenibilità. Oltre ai timori suscitati dalla complessità del processo di rendicontazione, l’ostacolo principale appare di carattere culturale: lo schiacciamento di molti manager su una visione a breve termine, orientata ai risultati trimestrali che favorisce una percezione della CSR come costo e non come investimento. La crisi in atto sembra, tuttavia, aver agito come acceleratore dell’impegno sul fronte della sostenibilità, rafforzando la convinzione che questa rappresenti una possibile via di uscita dalla crisi e una scelta per contribuire a ricostruire su basi nuove un rapporto di fiducia tra imprese e società. E’ risultata largamente condivisa l’opinione che la crisi e l’aggravarsi di alcuni aspetti della questione ambientale (in particolare: il mutamento climatico e la scarsità energetica) impongano alle imprese una revisione profonda delle proprie strategie verso un nuovo modello di corporate governance fondato sulla centralità degli stakeholder. Ed è dunque sempre più diffusa la convinzione che un impegno coerente e durevole nella sostenibilità sia destinato a rafforzare la competitività dell’impresa. In relazione alla crisi è stato da molti sottolineato come un approccio serio alla responsabilità sociale non debba essere privo di effetti sulle scelte di fondo compiute da un’azienda: dare priorità al mantenimento dei posti di lavoro, fare il possibile per evitare delocalizzazioni e riduzioni di personale e in caso di necessità - optare per “ristrutturazioni responsabili” ovvero mettere in atto procedure che supportino i dipendenti nella ricerca di un altro lavoro. Valori in percentuale 73 Non inquinare l’ambiente 67 Assicurare prodotti sani e sicuri Garantire una filiera responsabile 63 Trattare in modo equo i dipendenti 63 57 Fornire prodotti e servizi di qualità a prezzo contenuto 50 Applicare a livello globale gli stessi standard Aumentare la stabilità economica globale 41 Sostenere le organizzazioni non profit/i progetti per la comunità 41 Contribuire a ridurre il divario tra ricchi e poveri 39 Ridurre le violazioni dei diritti umani 39 36 Risolvere i problemi sociali 32 Sostenere le politiche sociali innovative del Governo Fonte: CSR Monitor 2010 Responsabilità legate all’operatività quotidiana 14 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Responsabilità “sociali” Per dare maggiore forza alla creazione di una cultura della sostenibilità viene da tutti giudicato necessario in primo luogo l’impegno personale dei vertici e quindi la creazione di una cultura capillare all’interno dell’azienda puntando sulla comunicazione interna e sulla formazione. Tutte le funzioni aziendali devono poi venire progressivamente coinvolte in questo processo (dagli acquisti al marketing, alla produzione, alle risorse umane). Dalle dichiarazioni dei leader d’impresa sono infine emerse le quattro principali direzioni di impegno futuro: > responsabilità verso i dipendenti: garanzia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, responsabilità nei processi di ristrutturazione, impegno a garantire pari opportunità, gestione delle diversità, forte investimento nella formazione; > responsabilità verso l’ambiente: risparmio di risorse e di energia, utilizzo di fonti rinnovabili, riduzione degli sprechi in ogni fase del processo, ricerca di prodotti a basso impatto ambientale, confezioni ridotte ed ecologiche, sostenibilità della filiera; > responsabilità verso il mercato: progettazione di nuovi beni e servizi pensati come “ingredienti” di un nuovo stile di vita sostenibile, impegno alla trasparenza nella comunicazione, sforzo educativo che favorisca comportamenti più responsabili da parte dei consumatori (risparmio, recupero, riciclaggio…) e li metta in grado di apprezzare le scelte sostenibili compiute dalle aziende; > responsabilità verso la comunità: consapevolezza e rispetto del tessuto sociale in cui l’impresa opera, attenzione alla qualità ambientale del territorio, impegno a contribuire alla qualità e alla coesione sociale non solo tramite la diffusione di più elevati standard di benessere materiale (si pensi - per fare solo un esempio - a quanto le imprese possono fare dentro e fuori l’azienda per favorire l’integrazione degli immigrati). In sintesi questa indagine testimonia come la sensibilità dei vertici aziendali nei confronti della sostenibilità sociale e ambientale sia ormai ampia e condivisa e destinata ad acquisire un peso ancora maggiore in futuro. E’ una sensibilità che appare destinata a tradursi in impegni concreti e coerenti: la sostenibilità non è oggi per le imprese una prospettiva “cosmetica” ma piuttosto un tema concreto di “riprogettazione”, una scelta adottata dal management aziendale per garantire continuità, competitività e stabilità nel tempo. Ed è 15 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 ’ - - Valori in percentuale 50 49 48 47 46 45 44 43 42 41 40 2003 2004 2005 2010 Fonte: CSR Monitor 2010 dunque una prospettiva che dalla “pattuglia avanzata” delle imprese aderenti a Sodalitas appare destinata ad estendersi in tempi rapidi al mainstream delle imprese italiane. Se l’indagine realizzata per Sodalitas ha consentito di mettere a fuoco il punto di vista delle imprese, il CSR Monitor ha permesso di aggiornare il quadro degli atteggiamenti e dei comportamenti dei cittadini-consumatori. E sono numerose le indicazioni significative emerse dall’edizione 2010 di questa indagine internazionale. Innanzitutto si è ulteriormente rafforzata la rilevanza che la componente ambientale ha nella visione della sostenibilità condivisa dai cittadini-consumatori. Percentuali molto elevate - comprese tra il 60% e il 70% ritengono che il rispetto e la protezione dell’ambiente sia una responsabilità primaria delle imprese. E acquista maggiore rilevanza anche il tema della sostenibilità della filiera a testimonianza della crescente sensibilità dei consumatori alla qualità dell’intera catena produttiva che consideri anche la provenienza e le modalità di produzione delle materie prime e dei semilavorati utilizzati per il prodotto finale. Accanto alla responsabilità ambientale è tuttavia ben presente anche la responsabilità sociale intesa particolarmente come responsabilità verso i lavoratori, alla loro salute e sicurezza, alla stabilità del loro posto di lavoro e al loro quotidiano benessere in azienda. Una seconda importante indicazione riguarda il giudizio espresso dai cittadini sull’operato delle imprese complessivamente considerate. La valutazione risulta in lento, ma progressivo miglioramento. Oggi - a livello globale - il 49% ritiene che le imprese “si stiano comportando bene nei confronti della società” con un incremento di 6 punti rispetto al 2003-2004. In media si ritiene che poco più di un terzo delle imprese (il 35%) stia davvero facendo il possibile per essere socialmente responsabile. Una percentuale che in Italia (24%) risulta decisamente più bassa rispetto agli altri Paesi sviluppati: in Canada è al 38%, in Germania, Regno Unito e Stati Uniti al 36%, in Francia al 34%. Un dato che testimonia - piuttosto più che una peggiore performance oggettiva delle nostre imprese - la sopravvivenza nel nostro Paese di una maggiore diffidenza nei confronti del mondo industriale. E il tema della diffidenza rispetto alla sincerità delle motivazioni che spingono le imprese alla responsabilità sociale appare cruciale. In tutti i Paesi considerati dall’indagine esiste, infatti, una larga maggioranza (in Italia è pari al 76%) che ritiene che le imprese stiano ancora utilizzando la CSR e la sostenibilità a puri fini di immagine e non perché “ci credono veramente”. Al fine di migliorare il giudizio sul comportamento delle imprese e sulla sincerità delle loro motivazioni appare decisivo un 16 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 maggiore impegno sul piano della comunicazione del loro impegno sociale e ambientale. Un impegno ad una comunicazione chiara e trasparente che renda le informazioni fornite pienamente credibili. A questo proposito i dati del CSR Monitor sono molto eloquenti: una larga maggioranza di cittadini-consumatori (in Italia il 72%) si dichiara molto interessata a saperne di più su quel che le imprese stanno facendo per essere socialmente responsabili ma è una percentuale molto inferiore (in Italia il 40%) quella di chi considera onesta e credibile l’attuale comunicazione fornita dalle imprese su questi temi. Ed è pure evidente che i report di sostenibilità hanno una circolazione troppo limitata per poter costituire - nei confronti del largo pubblico - uno strumento efficace di comunicazione. Si tratta di strumenti efficaci nei confronti degli stakeholder più qualificati (analisti finanziari, giornalisti, mondo accademico, esponenti delle associazioni ambientaliste e dei sindacati…) ed anche dei dipendenti (in particolare di quadri e dirigenti) ma che non sono in grado di raggiungere la grande maggioranza dei cittadini. E’ dunque necessario che le imprese individuino modalità di comunicazione a più largo raggio per non lasciare che la propria reputazione si costruisca a partire dalle notizie riportate dai giornali e dalla televisione (il che abitualmente avviene in occasione di incidenti, emergenze o altri fatti problematici come chiusure di stabilimenti o ristrutturazioni). Il CSR Monitor indica che oltre ad una comunicazione istituzionale “dedicata” ai temi della sostenibilità, un’attenzione particolare dovrà essere destinata a Internet che rappresenta ormai per quasi la metà dei cittadini-consumatori una fonte primaria di informazioni sui comportamenti aziendali. L’ultima rilevante indicazione fornita dal CSR Monitor 2010 riguarda i comportamenti messi in atto dai consumatori per contribuire alla sostenibilità. Questi riguardano sia i comportamenti d’uso dei prodotti sia i criteri adottati al momento della scelta di prodotti e marche. L’indagine sulla “green economy” realizzata da GfK Eurisko nella primavera 2009 per UPA-Assocomunicazione aveva già messo in evidenza come alcuni comportamenti “virtuosi” (in particolare quelli finalizzati al risparmio energetico, alla raccolta differenziata e al consumo di prodotti di stagione) siano ormai adottati dalla maggioranza dei consumatori italiani. Il CSR Monitor indica che il 50% dei consumatori “non ha acquistato almeno una volta un prodotto o una marca per ragioni ambientali nel corso dell’ultimo anno” e il 58% “ha acquistato almeno una volta un prodotto del mercato equo e solidale”. E’ vero che la percentuale di chi adotta regolarmente questi comportamenti è molto più contenuta (non va oltre il 20-25%) ma si tratta comunque di segnali importanti di apertura e disponibilità verso comportamenti di acquisto ispirati a valori e non solamente alla qualità e al prezzo del prodotto. In conclusione la lettura congiunta delle due ricerche mostra come la sostenibilità ambientale e sociale sia oggi un terreno di potenziale e virtuosa alleanza tra imprese e consumatori. Gli uni disposti ad agire responsabilmente nei propri comportamenti quotidiani ma anche sempre più esigenti nei confronti di un impegno autentico da parte delle imprese. Le seconde forse ancora troppo caute e incerte sul ritorno che un impegno forte e correttamente comunicato sul fronte della sostenibilità potrebbe produrre come driver primario di reputazione della marca e di fidelizzazione della clientela. Paolo Anselmi “” - - Valori in percentuale 54 Acquistare prodotti biologici certificati 50 47 Rifiutare particolari prodotti/marche per motivi ambientali 46 44 Acquistare un prodotto del commercio equo e solidale 37 Fonte: CSR Monitor 2010 2010 2007 17 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario 18 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 CHI HA PAURA DELL’AGEING ATTIVO Mentre media e marketing rincorrono Generazioni X e Y, Nativi Digitali, Single Metropolitani e coppie Doppio Reddito Senza Figli, il tema dell’invecchiamento sembra non avere ancora piena cittadinanza nel mondo dei consumi e della comunicazione. Eppure, i numeri di questo fenomeno sono noti. Non solo quelli della denatalità e della longevità - (tra i pochi) primati italiani ma anche quelli che definiscono l’impatto di questi fenomeni nel ridisegnare la struttura anagrafica del Paese e la sua traiettoria evolutiva Gli over 55 rappresentano oggi circa un terzo della popolazione italiana, poco meno dei giovani fino a 34 anni. Si tratta, però, di numeri associati a dinamiche speculari, tanto che in uno scenario neppure troppo lontano, nel 2040, quella che nel 1980 era ancora una struttura fortemente piramidale, fatta di molti giovani/giovani adulti e (relativamente) pochi segmenti maturi e anziani, si sarà ribaltata completamente. Se si restringe la lettura ai segmenti 1534 e 55-74 anni tra il 2000 e il 2020 i primi saranno scesi dal 27 al 20%, a fronte di un incremento dei secondi dal 21 al 25%. Un trade off destinato ad amplificarsi, almeno fino alla metà di questo secolo. E a ridisegnare profondamente gli stessi confini e contenuti della cultura del Paese. Perché allora, a fronte di un cambiamento che non è eccessivo definire epocale, le risposte - politiche, culturali, di mercato - a questa tendenza appaiono così inadeguate, almeno nel nostro Paese, limitandosi a dare corpo a un dibattito che si esprime soprattutto attraverso il vocabolario del declino e della paura (il problema pensioni, il peso sul sistema sanitario, il freno all’innovazione)? Non è poi contraddittorio che queste stesse preoccupazioni - legittime in via di principio - trovino spazio in un Paese come l’Italia, con la quota di occupazione femminile più modesta d’Europa, una disoccupazione giovanile che sfiora il 30%, gli investimenti più bassi tra le nazioni industrializzate - dedicati alla ricerca e dove l’immigrazione (fenomeno soprattutto giovanile) è vista più in termini di minaccia e conflitto che come opportunità e risorsa? La risposta a questi interrogativi ci sembra tocchi più aspetti. Prima di tutto, l’invecchiamento è un facile alibi per una società, come quella italiana, che fatica a fare i conti con l’innovazione (quando non la ostacola apertamente): un fenomeno strutturale - non modificabile, almeno nel medio periodo - che funziona da dispositivo simbolico nel giustificare deficit culturali che hanno altrove le loro ragioni. In secondo luogo, perché ragionare in termini di categorie consolidate e sperimentate (i giovani vitali, edonisti e free spender, gli adulti progettuali, autodiretti e pragmatici, i maturi ritirati, conservatori e parsimoniosi) è più facile e non costringe a separarsi da certezze consolidate e schemi routinizzati (le “ricette del vivere quotidiano” per usare una metafora fenomenologica). In ultimo, ma è forse il fatto più importante, perché questa incapacità di porsi con un atteggiamento diverso di fronte al processo di invecchiamento nasconde stereotipi ormai inattuali intorno alle caratteristiche dei segmenti “senior” (marginalità economica e cul- ’ 1980 2010 MATURI (55+) 14 MILIONI 24% MATURI (55+) 19 MILIONI 32% ADULTI (25-54) 21 MILIONI 37% GIOVANI (0-24) 22 MILIONI 38% ADULTI (25-54) 26 MILIONI 44% GIOVANI (0-24) 22 MILIONI 24% Fonte: ISTAT 19 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 2040 MATURI (55+) 28 MILIONI 44% ADULTI (25-54) 21 MILIONI 33% GIOVANI (0-24) 14 MILIONI 22% turale, chiusura psicologica, resistenza all’innovazione…). C’è, infine, anche una ragione di ordine contingente: chi oggi si occupa di marketing nelle aziende o di comunicazione stenta a vedere il mercato da una prospettiva “aged”, per ragioni generazionali, di sensibilità culturale e sintonia estetica. Il risultato è che sono pochi i mercati in cui oggi esiste un’attenzione coerente e non episodica verso questi segmenti, in termini di costruzione dell’offerta, distribuzione, rappresentazioni comunicative: così, a una presunta marginalità economica e culturale, corrisponde la marginalizzazione della seniority - con poche eccezioni - dal punto di vista del marketing e della comunicazione. Eppure, il quadro che ci restituiscono i numeri è molto diverso, sia dal punto di vista delle risorse materiali che del portato socioculturale. Da un lato - nonostante un diffuso senso comune - tra la popolazione senior (in particolare nella fascia 55-64 anni) si concentrano i segmenti a maggior reddito. Non solo, ma si tratta anche di quelli che, nel corso degli ultimi 15 anni, hanno visto maggiormente crescere - in termini di incremento relativo - questi stessi redditi (da lavoro, in parte, ma soprattutto da trasferimenti e da rendite). Anche il progressivo assottigliarsi della family size (nei nuclei di 55-74enni le famiglie con figli - conviventi o meno sono scese in 10 anni dal 45% al 36%) e la minore quota/parte di reddito destinata a spese obbligate (il 17% in questa fascia d’età ha in carico un mutuo o un canone d’affitto per l’abitazione, contro il 35% nel segmento 35-54 anni) concorrono a costruire un quadro di relativa agiatezza e solidità patrimoniale, che a sua volta contribuisce a porre le basi di una nuova fase di consumo per questi segmenti: più solida in termini di capacità di spesa, con meno vincoli familiari e alleggerita da ipoteche morali. Decumulativa rispetto ad asset/risorse accantonate nel tempo. Questo non significa trascurare il fatto che nelle fasce anziane (in particolare tra le donne sole) l’incidenza di situazioni di povertà relativa e assoluta sia sensibile, ma sottolineare come non esista un contesto di deprivazione generalizzato tra questi segmenti, né una generale correlazione tra invecchiamento e marginalità economica. Dall’altra parte, sul versante sociocultu- / 28000 24000 20000 22634 17464 18305 19902 18 - 34 35 - 44 45 - 54 19841 16000 12000 8000 4000 0 55 - 64 20 65 + GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 rale, il profilo attuale e i cambiamenti in questa fascia d’età, rispetto al passato, sono evidenti, anche per motivi storici e culturali. Considerato l’imprinting generazionale (queste coorti sono costituite dai giovani formatisi negli anni ‘60 e ‘70), non sorprende ritrovare al loro interno stili di vita ispirati a valori e orientamenti di fondo nuovi: concessivi ed edonisti, orientati a modelli di partecipazione sociale, mobili e sempre meno radicati fisicamente al territorio, evoluti e capaci di farsi carico dei “progetti” della modernità. Stili di vita lontani, in altre parole, dagli stereotipi spesso associati a una condizione di seniority. Se l’invecchiamento è dunque un fenomeno biologico e strutturale, il modo con cui viene approcciato socialmente e, ancora di più, con cui viene vissuto soggettivamente - ha caratteri radicalmente culturali: dove prima si trovava uno spazio tendenzialmente residuale e omogeneo (lo stereotipo della “terza età”) esiste oggi una percorso di maturità dilatata, prolungata e complessa. È il motivo per cui oggi un signore come Mick Jagger a 67 anni (la stessa età in cui Leonardo da Vinci, George Washington o Karl Marx passavano a miglior vita) può ancora cantare Sympathy for the Devil, saltellando su un palco, strizzato in un paio di jeans ma, soprattutto, essere ascoltato da milioni di persone - giovani e meno giovani - senza lo stigma di un fenomeno da baraccone, ma con i crismi dell’icona pop. Per una parte importante di over 55, sembrano dunque esistere le premesse materiali e culturali di un protagonismo sociale nuovo, tradotto a sua volta in una maggiore centralità in termini di consumi: tra i lettori di quotidiani a pagamento in 10 anni il peso relativo degli acquirenti over 55 è passato dal 36% al 42%; tra i consumatori di caffè fuori casa dal 23 al 30%; tra gli users di prodotti per la cura del corpo dal 29 al 36%. Piccoli esempi di una lunga serie di cambiamenti a cui non ha fatto riscontro un’analoga crescita in termini di offerta da parte del mercato, né dal punto di vista di codici di comunicazione e linguaggi dedicati. Quello che un tempo era il “ciclo di vita” si va trasformando sempre più in un “ciclo polivitale”, che costringe a un ripensamento del perimetro e del significato dei tradizionali cicli di vita: parlare di active ageing significa ragionare allora non tanto e non solo sull’allargamento in termini numerici di queste classi di età (e bacino di mercato) quanto sulle trasformazioni socioculturali avvenute al suo interno (incluse le forme di autorappresentazione generazionale) e sulle conseguenze che comporta sui mercati e nei consumi l’irrompere di target catalogabili come “senior” ma nei fatti smarcati da tutta una serie di stereotipi propri della seniority. L’ageing attivo ridefinisce così momenti, contenuti, significati e progettualità legate ai consumi: nuovi target (individui, famiglie, gruppi, comunità accomunati da una condizione di seniority); nuove strutture motivazionali e meccanismi d’incentivazione (valori, aspirazioni, desideri, modelli); nuove logiche di allocazione dei redditi e competizioni tra beni (che non funzionano necessariamente allo stesso modo che presso altri segmenti); nuovi codici comunicativi, modi di rappresentazione e “narrative” del consumo. Ma se il ripensamento dei ruoli generazionali è un’operazione culturale e non - : 2000 (%) 2010 (%) variazione % relativa Dedica almeno 2 ore/giorno alla cura della casa 55 41 -25 Percorre almeno 5mila km all’anno in auto 33 41 +24 Usa una carta bancomat 32 45 +40 Si interessa di politica 36 45 +25 Si reca regolarmente in chiesa 42 37 -12 Indossa spesso jeans 19 34 +79 Usa deodorante 63 78 +24 Possiede un cellulare 53 92 +73 Possiede lavastoviglie a casa 25 42 +68 Fonte: Sinottica una semplice algebra di consumo, ne derivano anche alcune conseguenze di carattere più generale per la società e i consumi. Innanzitutto, occorre iniziare a considerare i fenomeni di cambiamento sociale e d’innovazione di consumo non più solo come l’esito di meccanismi di trickling down (dove i giovani rappresentano l’inevitabile punto d’ingresso del nuovo e i maturi gli eventuali late comers) ma come forme più dialettiche e negoziate, trasversali e multifocalizzate dal punto di vista anagrafico. Anche se i processi d’innovazione continuano a trovare nelle giovani generazioni il terreno elettivo, i segmenti maturi non sono più solamente i recettori passivi e ritardati nell’adozione del nuovo (sociale o di consumo: l’intenzione di voto per un nuovo soggetto politico, la propensione all’acquisto di mezzi evoluti e sostenibili per la mobilità, l’attenzione alle novità culturali, l’interesse per prodotti della ricerca cosmetica…) ma possono anche esserne protagonisti attivi e anticipatori. In secondo luogo, è necessario rivedere gli schemi di relazione intergenerazionale in funzione del ciclo di vita e verificarne le dinamiche e le ricadute sui diversi comparti di consumo: in che modo, ad esempio, nel mondo dell’auto, della consumer tech, dei prodotti per la cura del corpo, la costruzione dell’offerta o la creatività a supporto indirizzate a target di giovani adulti influisce oggi sul vissuto e i comportamenti dei nuovi senior (e viceversa)? In che modo si intersecano in questi processi aspetti di identificazione e meccanismi aspirazionali e a quali esiti (di consumo) portano? In ultimo, un tema di ordine ancora più generale: in una prospettiva a tendere, il ciclo di vita stesso, il ragionare per segmenti d’età, va (andrà) inteso come un concetto e uno strumento destinato per alcune delle ragioni discusse - a perdere almeno parte della propria centralità euristica nei processi di consumo e dunque nelle analisi e categorizzazioni del marketing. Quando questo cambiamento apparirà come un orizzonte ineluttabile, saremo pronti ad affrontarlo? Paolo Salafia 21 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario 22 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 MULTIMEDIA L’illusione della cocreazione e il bisogno di media forti Il passaggio dalla mono alla multimedialità viene monitorato con particolare attenzione in GfK Eurisko, ove disponiamo di più strumenti di indagine, continuativi e periodici, che permettono aggiornamenti sugli usi, sulle esposizioni e sulle gratificazioni degli italiani dalla nuova medialità. Basti ricordare l’Eurisko Media Monitor (EMM) e la semestrale “New Media” che scruta il cambiamento mediale non trascurando i segnali deboli, allo stato nascente IERI E OGGI “ ’” D TV int rat ten im en to Tv e periodici di intrattenimento A E L L e gli a st alt amp ri m a ed ia G Multimedialità selettiva C Monomedialità (TV generalista e stampa locale) Da tali indagini spicca una popolazione sempre più in grado di esporsi e gestire più media contemporaneamente, in logiche multitasking, una popolazione segmentata, sempre meno mainstream e sempre meno “ventre molle”. Se si considerano i segmenti di pubblico che emergono dall’Eurisko Media Monitor, si realizza con chiarezza la molteplicità dei modi con cui si sta uscendo dalla monomedialità. Si può diventare multimediali anche avendo come unico obiettivo di interesse lo sport, come si possono frequentare più media anche solo per coltivare il gossip o l’intrattenimento da fiction televisiva. Il cambiamento è in corso, inarrestabile. Sempre meno persone (i più anziani, i meno attrezzati per reddito e cultura) si rassegnano a dipendere da un unico medium. Le popolazioni multimediali sono il nuovo pubblico e la multimedialità è il tratto che caratterizza gli utenti, i cittadini-consumatori del nuovo millennio. Con quali conseguenze sull’efficienza e l’efficacia dei singoli media e in particolare sulla possibilità di ricevere specifici contenuti? I Internet e gli altri media H Multimedialità cool Transmedialità giovane B Multimedialità basica (TG e stampa) F Multimedialità per lo sport da Eurisko Media Monitor 2010 Gli anni 80/90, sino alla fine del millennio, hanno visto l’esplosione delle Tv commerciali, oltre il proliferare di periodici monotematici in grado di intercettare interessi verticali. Quegli anni sono stati l’inizio delle start up di internet, oltre che delle radio “libere” in grado di accompagnare soprattutto out of home individui sempre più impegnati. Con crescenti investimenti pubblicitari che hanno portato (allora) il Presidente di UPA ad invitare gli editori a creare più veicoli, in quanto mancavano spazi per la pubblicità delle aziende in continua crescita. Oggi (da zero a zerodieci) il clima è davvero cambiato. I media non new galleggiano a fatica nelle tempeste degli anni 08 e 09. Il 2009 ha fatto registrare una drammatica discontinuità con la fuga dagli investimenti in comunicazione da parte dei big spender, sia locali sia globali. E con la chiara tendenza a privilegiare negli investimenti il mondo web, considerato una prateria da percorrere in libertà, con tentativi ed errori, applicando inediti format suggeriti dalla neocreatività situazionista che valorizza i social network. Con quali risultati? Sempre meno certezze sul ruolo dei singoli veicoli. Si diffonde la convinzione che non esistono regole precise, paradigmi definiti: la multimedialità agirebbe nella liquidità delle molteplici variabili in gioco. La liquidità tanto cara a Zygmunt Bauman ha favorito pensieri deboli sull’efficacia e sull’efficienza della comunicazione portata dalla nuova medialità. Le verifiche scientifiche sono considerate retaggi ingenui del passato. 23 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 L’ILLUSIONE DELLA COCREAZIONE Per il nuovo pensiero creativo, quello che innalza la liquidità del social a paradigma delle nuove performance comunicative, la multimedialità è anche sinonimo di un nuovo paradigma che possiamo chiamare della cocreazione. In che cosa consiste? Nel considerare la comunicazione mediale un contenuto che si cocrea con l’utente, con il lettore. La new wave tende a considerare i nuovi media una realtà contenitore, un ambiente da riempire di valori e intenzioni, di racconti e di discorsi da parte di chi legge, ascolta, dialoga. Tutti, per questa scuola di pensiero, saremmo coautori, soprattutto lo siamo quando i social media ci offrono la possibilità di entrare, di essere ospitati, di far conoscere le nostre esperienze a confronto con quelle degli altri, esperienze che riguardano noi cittadini nei momenti di utenza e di consumo con i prodotti, le marche, i servizi. Ma questo opinionismo rappresenta una sorta di mina vagante, secondo noi molto pericolosa in quanto tende a svuotare di peso specifico, di “verità” i contenuti mediali. In realtà questo opinionismo non tiene conto di un fondamentale aspetto, che i media, anche quelli new, non sono solo mezzi di trasporto sui quali salire, ma anche e soprattutto industry indispensabili in quanto producono contenuti unici, specifici, necessari. I media sono realtà prima di tutto di contenuto, e questi contenuti vengono creati da specialisti in quanto occorre essere esperti per procedere nella filiera dell’informazione, andando alla fonte dei veri contenuti per poterli porgere ad un utente disposto a perdere tempo e spesso anche a spendere denaro per averne accesso. L’obiezione dei nuovi creativi del pensiero relativo è che tutti, oggi, possiamo essere autori, opinionisti, influenzatori. VERO ! Ma dobbiamo subito contro-obiettare che non tutti sono in grado di creare contenuti “esperti”, cioè arricchire di sapere utile il veicolo mediale, old o new che sia, in quanto il sapere “esperto” richiede un’esperienza specialistica in grado di fornire valore oggettivo, “scientifico”, ai contenuti. Mentre il “me media” è da considerare una sorta di favola sociale, anche rischiosa in quanto può creare false prospettive, in particolare nei giovani. Di fronte alle sirene che predicano la cocreazione dei contenuti, si impone il recupero dell’autonomia dei media, che non possono che essere prodotti da esperti. Tutto questo dovrebbe essere “insegnato” ai giovani, in particolare. I media per i quali siamo disposti a sborsare denaro dovranno necessariamente ricevere una certificazione di qualità, quali pro- dotti di informazione, o di intrattenimento, o di edutainment. In questa prospettiva dovranno certificare, ad esempio, la filiera delle notizie, ma anche il perché delle scelte e dei modi di racconto e di commento. Ad esempio, se vengono adottati i format dello storytelling, o del dramma o della commedia, sarà opportuno che tali scelte di registro vengano chiarite, e per così dire anticipate al lettore-utente finale. Si può essere media sostenibili anche ricorrendo alla farsa, o anche solo ad una freddissima sintesi numerica: ma occorre sempre preavvertire sulla fonte dalla quale siamo partiti per poter risalire la filiera. VERSO IL RECUPERO DEI CONTENUTI FORTI Le ricerche dedicate ai media, in particolare quelle focalizzate sui needs degli utenti-lettori, mettono sempre più in evidenza bisogni di contenuti forti, veri, certificati, sostenibili, provenienti da una filiera che possa venire ripercorsa sino alla fonte originale. Per il pubblico i media che meritano fidelizzazione non potranno che giustificarsi per contenuti trasparenti. Ed è solo dalla forte trasparenza e sostenibilità che si giustifica il premium price, cioè il prezzo che il destinatario è disposto a sborsare per il contenuto a lui riservato. Inoltre, dice il pubblico, i media sostenibili devono venire distribuiti in modi più accessibili, in touch point che siano adeguati alle attese di servizio. Ad esempio, le “vecchie” edicole ove i giornali sono sempre più accatastati e nascosti, sono da rinnovare. Quali funzioni per i contenuti forti? Innumerevoli: da anticipatori a consiglieri, da media che suggeriscono diventando personal shoppers, a media intrattenitori in pura funzione antidepressiva. Anche come esperti di cultura di territorio, dallo slow food alle vacanze ecosostenibili. Sino a trainer per la salute e l’equilibrio psicofisico. E a suggeritori per i beni di distinzione (da quale autovettura a quale calzatura), e per i beni di cultura (dalla musica al cinema ai libri, alle mostre e agli eventi). Mezzi e contenuti “forti” per individui sempre più mobili, per utenti che stanno sempre più out of home e che, in tempo reale, di fronte a contesti inesplorati, potranno avvalersi delle indicazioni del medium scelto. Individui mobili che, on demand o di default, intendono ricevere risposte mirate a seconda dei luoghi in cui si trovano. Per questo diventerà sempre più determinante la capacità di partnership del mezzo. Che dovrà produrre contenuti capaci di esprimere in maniera differenziata il “genio del luogo” in cui il destinatario si trova. 24 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 IL RUOLO DEGLI EDITORI Per gli editori si profila una sorta di riposizionamento, come produttori di contenuti “unici”. In considerazione dei bisogni che diventano sempre più sspecifici, gli editori nella e della multimedialità non potranno che predisporre prodotti mirati: per giovani ma anche per la terza e quarta età, utili per l’apprendimento ma anche solo per l’intrattenimento e il gossip, per l’inclusione sociale (immigrati) ma anche iperelitari per l’esclusione sociale. Le funzioni dei contenuti non potranno che essere molteplici: aggiornamento, intrattenimento, socializzazione, inclusione ed anche esclusione. Funzioni di coaching e di advocate, sempre avendo come obiettivo la trasparenza di filiera, l’estetica e l’etica, in una prospettiva di ecologia della comunicazione. Quali brand editoriali saranno privilegiati da questo riposizionamento? Le grandi marche, quelle reputate, locali o nazionali o sovranazionali, sia profonde in verticalità sia potenti in trasversalità. In particolare, i grandi brand del giornalismo quotidiano dovrebbero trovarsi di fronte a praterie di opportunità in questa nuova prospettiva. Ma anche i grandi broadcast della radio e della televisione, i marchi con i quali sono cresciute intere coorti di individui. Di contro i grandi marchi del mondo digitale partono un po’ svantaggiati, anche se sostenuti dalla forte carica emotiva ed innovativa che viene dalle condivisioni ge- nerazionali dei nativi digitali. Compito delle grandi marche dei media, di fronte al riposizionamento, non sarà solo la messa a fuoco della unique selling proposition, cioè se fare newsmaking o counseling opinionale o intrattenimento. Le grandi marche dovranno anche rivalorizzare il capitale umano, per favorire il recupero di valore della professione. Ad esempio, rifondando la professione del giornalista che dovrà essere finalizzata all’ottenimento di prodotti “esperti” in linea con le attese di sostenibilità. I grandi brand si dovranno porre di più dalla parte degli utenti, intercettando e aggiornando i loro bisogni, difendendoli come possono fare i difensori civici, informandoli dei diritti di consumo e di utenza. I grandi media saranno autorevoli se sapranno appunto rifondare la loro funzione di dogwatcher, anche con il compito di formulare scenari sull’evoluzione sociopolitica e socioeconomica, per gli individui e per le imprese. Le “officine” delle grandi marche mediali non potranno che stare in prima fila per cogliere le opportunità per i nuovi “progetti” individuali e collettivi, e per tracciare le mappature dei paesi nei quali varrà la pena investire. Tutto questo richiede rigore e investimenti, non limitati al breve periodo. Il futuro dipende anche dalla qualità dell’industry dei media del Paese. Giuseppe Minoia 25 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario 26 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 CRISI DEL VALORE DI MARCA. IL FUTURO COME RISORSA L’ipotesi è quasi paradossale. Più ci si schiaccia sul presente, più si delinea il bisogno di medio, lungo periodo. Il progetto diventa una risorsa per recuperare distintività nella gestione della Marca RISCHIO E COMPLESSITÀ Da dove partire per il recupero di distintività e valore di marca? Dai grandi temi del nostro presente. Ad esempio, da due “mali” contemporanei, la complessità e il rischio che affliggono le famiglie italiane (e non solo italiane, come provano i monitoraggi globali di GfK Roper). I bisogni delle famiglie nella gestione di queste due dimensioni della modernità sono evidenti. In particolare sulle decisioni significative di allocazione di denaro: nei consumi come nel risparmio. Allo stesso modo, si registrano bisogni e richieste di supporto anche sul versante della gestione del rischio, ad esempio per innalzare la “sostenibilità familiare” nel tempo. Non si tratta solo di sostenibilità legate ai temi “eco”, “verde” o “social responsibility” (anche quelli, certo), ma di un concetto più ampio. Ci si riferisce alla necessità delle famiglie di porre al vaglio ciascuna scelta di allocazione del denaro, valutando non solo gli impatti di breve ma anche quelli di medio termine, talvolta quelli di lungo. Inserire il fattore futuro significa necessariamente lavorare sulle dimensioni dello scenario e del progetto, non importa quanto grande sia. Il bisogno di futuro non viene oggi sostenuto (e sfruttato in chiave di marketing) dall’offerta. Si lascia troppo all’orientamento spontaneo della domanda (le famiglie) sia la responsabilità del pensiero sia la progettazione concreta. Il risultato è una elaborazione disordinata e confusa. Una progettazione molto timorosa che porta le famiglie a ragionare da sole su allocazioni del denaro molto prudenziali. Anche perché, da sole, le famiglie possono ragionare solo su se stesse, sulle risorse di cui dispongono oggi e che devono servire anche per un domani incerto. LO STATO DI SALUTE DEL SISTEMA MARCA Il sistema Marca è stato in passato uno dei sostegni più solidi a cui le famiglie si sono affidate. Altre piattaforme (il sistema Paese e le sue istituzioni) non sempre hanno saputo leggere e interpretare correttamente i bisogni di aiuto progettuale delle famiglie. Qual è oggi la situazione del sistema Marca? Quale la sua capacità di svolgere attivamente il ruolo di supporter e di (co-)architetto del futuro familiare? Anche solo considerando gli ultimi 20 anni, la Marca ha attraversato molte crisi. Le analisi di più lungo periodo (vedi grafico allegato tratto da “Buongiorno Marca!” di Y&R Brands dell’aprile 2009) mostrano un calo dell’equity di Marca durante le crisi. Ma sempre con la capacità di sapersi riprendere, come mostra chiaramente l’andamento del grafico. Tuttavia la lettura degli indici nel lungo periodo non mostra risultati entusiasmanti: quasi mai la ripresa ha portato la Marca al livello delle equity precedenti la crisi stessa. L’andamento della salute della Marca è a sega, inclinato verso il basso. ( ): - 130 120 110 100 90 80 70 60 50 40 30 1989 1993 1997 2001 2005 2009 “la brand loyalty nel medio-breve termine … ha un andamento ciclico legato alle crisi economiche: … cala in corrispondenza di una crisi, per poi tornare a risalire fino alla crisi successiva, quando torna a scendere. Nel lungo periodo … progressiva erosione della brand loyalty media …” (Y&R Brands, Buongiorno Marca! Aprile 2009) 27 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Marzo 2010 Dicembre 2009 Settembre 2009 Giugno 2009 Marzo 2009 Dicembre 2008 Settembre 2008 Giugno 2008 Marzo 2008 Dicembre 2007 Settembre 2007 - 70 60 60 56 55 57 54 54 50 57 51 58 55 50 40 30 29 27 27 28 28 24 23 24 18 19 22 19 20 21 10 15 14 16 15 21 20 18 21 20 0 2007 Prendono le marche migliori solo se in promozione La tendenza è confermata dalle ricerche GfK Eurisko relative alla crisi attuale. L’osservatorio dedicato ai climi di consumo (GfK Eurisko, 2002-2010) evidenzia la perdita di appetibilità della Marca sotto gli effetti della accresciuta sensibilità al prezzo (2007-2009). Ma quando la sensibilità al prezzo cala, la Marca non riesce a riportarsi alla situazione quo ante. Certo, rimane desiderabile, ma questa desiderabilità sembra connessa a una sorta di bolla promozionale. Essa si mantiene alta quando la Marca risulta scontata del 20-30%. Ma a queste condizioni è sostenibile nel tempo un modello di eccellenza della grande Marca? Oppure la carenza delle risorse la costringe (e costringerà) a le- 2008 2009 Guardano solo al prezzo sinare su qualità, innovazione, servizio e a diventare più simile ai suoi meno distintivi competitors? Lo stesso fenomeno si ripete quando si analizzano segmenti importanti del sistema Marca nella prospettiva di breve termine. Nell’anno della apparente uscita dalla crisi (fine 2009-2010), l’equity di Marca, misurata dai sistemi di Brand Equity di GfK Eurisko, impallidisce, non tanto o solo per i singoli brand, ma per quasi tutti i principali comparti. Soprattutto in quelli che in questi anni hanno trainato l’espansione di comunicazione e valore di Marca. Un declino naturale? Per alcune singole Marche può essere. Se una Marca 28 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 2010 Prendono le marche migliori anche se costano di più scompare e resta solo nella memoria storica della sociologia dei consumi e nei musei della comunicazione, poco male. Gli ecosistemi nei quali la Marca vive ed è organismo protagonista godono anche del decadimento e morte di singoli soggetti (cfr. Per una ecologia della Marca F. Fornezza, M. Testori; Ipsoa, 2009). Purché questa morte sia funzionale allo sviluppo di nuove Marche, più forti e adatte al nuovo contesto. Ma se il problema riguarda il Sistema Marca la questione è più grave. Forse significa che la Marca fatica sempre più ad essere la sintesi di qualità e lo scudo di protezione che ha rappresentato per almeno mezzo secolo. LA MARCA FATICA SEMPRE PIÙ AD ESSERE LA SINTESI DI QUALITÀ E LO SCUDO DI PROTEZIONE CHE HA RAPPRESENTATO PER ALMENO MEZZO SECOLO Forse l’evoluzione del consumatore, anche grazie alla crisi, richiede qualcosa di diverso dal mix “emozione e promozione”. Forse, ragionare sulla distintività basata su progetti per le famiglie e considerare il futuro come risorsa per il marketing, a qualche capo azienda o marketing strategico potrebbe interessare. Ma cosa comporta parlare di futuro? Proviamo a formulare alcune ipotesi. IL FUTURO DELLA RELAZIONE CON IL MERCATO: IPOTESI DI LAVORO PER LA MARCA Pre competizione Nella fase di scambio Nella fase d’uso Nel lungo termine > Rifondare la qualità e il nuovo patto di qualità e garanzia Parlare del futuro non solo in termini di sogni e valori Convergenza su un progetto di settore di medio-lungo termine > > > Coerenza nei segnali Rifornire di saperi e non di prodotti Legare R&D e il futuro al presente, con forme concrete di vantaggio per il consumatore Semplificazione mappa decisionale Il prezzo, la fidelizzazione ed il LTV > Valorizzazione dei “luoghi e soggetti” della qualità > Rifondare la relazione diretta con il consumatore 29 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 > > Meno rumore e più “qualità” nella comunicazione > > coop- etition di filiera > delle famiglie, fra comparti e priorità di bisogni. 2. Nella fase di acquisto della Marca, nella competizione classica di mercato e segmento. 3. Nell’uso e nel rapporto postvendita con la Marca. 4. Nella relazione di medio - lungo termine. > 1. Nella fase di allocazione del denaro Oggi, nel nuovo mood di controllo del denaro familiare, il problema che il consumatore e la famiglia affrontano prima di tutto è la decisione di destinare il denaro in relazione ai bisogni. Lo dicono gli andamenti dei consumi: non tutti piatti e allineati, quando li si considera nell’insieme. Allocare il denaro sui progetti (l’auto, la vacanza, un investimento finanziario, una nuova cucina ...) significa favorire un comparto invece di altri. In questi termini, prima delle competizioni fra concorrenti del medesimo ambito merceologico, esistono (e sembrano essersi rinforzate) le competi- zioni fra filiere di bisogni. La Marca è indubbiamente attrezzata ad affrontare la competizione con altre Marche simili, all’interno del proprio ambito caratteristico, ma non sempre è capace di gestire alleanze di filiera per competere con altre filiere e bisogni alternativi. Un compito questo riassumibile in una nuova strategia di “coop-etition” (mix di competizione e cooperazione) di filiera. Non esiste una forma canonica in cui questa formula si estrinseca. Le alleanze con aziende dello stesso settore/filiera possono essere diverse e riguardare aspetti strategici e tattici, e possono cambiare da un settore all’altro. Uno spunto per i percorsi di filiera: l’attiva > Senza pretendere di esaurire tutte le opportunità e con il solo intento di offrire spunti di connessione fra strategie di marketing & comunicazione, progettualità e futuro delle famiglie, proviamo a ragionare su alcune ipotesi. Ovvero, proviamo ad immaginare come si possa inserire progettualità: 1. Sostegno nella allocazione del denaro Progettare esperienza (non solo misurare soddisfazione) condivisione (lobbying incluso) di progetti di settore, ma con un respiro strategico (ad esempio : il piano della mobilità individuale nei prossimi 1020 anni) e non solo tattico (eventuali incentivi al settore). Ma gli esempi possono essere diversi a seconda del settore: progetti benessere per la famiglia (anche cross filiera), progetti sulla qualità italiana certificata, progetti sulla gestione del risparmio, così come per una dieta mediale sostenibile. Fare squadra, insomma: talvolta come filiera, talvolta come insieme di filiere, talvolta come Paese. Ma anche, a un livello più operativo, mediante un impegno comune per semplificare e facilitare la mappa decisionale del consumatore: dagli standard di settore, alla presa di distanza dal confusion marketing (che paga nel breve, ma rischia di drogare la relazione con il mercato). 2. Sostegno durante l’acquisto Dopo le decisioni su come allocare il denaro, segue la fase concreta di valutazione del cosa acquistare. La Marca, da sempre, ha aiutato il consumatore in questa fase: è senza dubbio l’area nella quale il Brand trova il suo terreno di elezione in quanto sintesi di sicurezza, qualità, garanzia. In questi termini la sua USP (Unique Selling Proposition) la rende un semplificatore delle scelte del consumatore, da sempre. E’ il suo fondamento. Ma anche la fase di acquisto riletta alla luce delle esigenze cangianti di un consumatore “dentro la crisi” mostra opportunità nuove. Molti gli esempi che si potrebbero citare, relati con l’accettare, senza prevaricare, la logica del confronto fra pari (P2P) richiesta dal consumatore evoluto. L’assenza di prevaricazione potrebbe realizzarsi anche sviluppando una comunicazione meno muscolare e meno centrata sulla conquista dell’awareness a tutti i costi. Una comunicazione più equilibrata e più orientata a far emergere le positività della Marca. In questo percorso meno orientato alla persuasione quantitativa (nella quale spesso si massimizza il rumore e non il segnale), c’è ampio spazio per investire nella coerentizzazione dei segnali tra advertising differenti e resto degli atti comunicativi sulla Marca da parte dei consumatori nei differenti canali on e off line, il passa parola, gli influenzatori. Inoltre la variabile del prezzo pagato e del valore scambiato fra impresa e consumatore può essere ripercorsa alla ricerca di elementi di progettualità che riconfigurino la relazione con il mercato. In molti settori in questi anni ha prevalso l’acquisition (con relative promo di acquisizione e conquista). La fedeltà del consumatore, la condivisione del suo Life Time Value sono spesso state messe da parte. Forse, tornare a riscoprire le ragioni dello scambio di lungo periodo con il consumatore può voler dire riappropriarsi anche di questi valori. Così come il supporto alla progettualità nell’acquisto può passare attraverso una nuova valorizzazione dei luoghi, dei processi e delle persone che fanno la qualità. Una sorta di recupero umanistico dell’orgoglio artigiano-industriale. Un filone su cui è disponibile ampia teoria (L’uomo Artigiano di Sennet) e qualche buona esemplificazione con- 30 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 creta (l’ultima campagna Toyota). In questa logica, anche la relazione diretta fra produttore (di Marca) e cliente finale sarà da rivedere e forse da reinventare. In ballo non c’è solo la dialettica fra produzione e distribuzione, ma anche la ridefinizione dei ruoli di produttore e distributore nell’era di canali sempre più corti e diretti. Oggi il produttore tende a delegare al distributore anche ruoli che – teoricamente – potrebbe tenere sotto controllo. La miglior offerta su Internet viene quasi sempre da un distributore on line, quasi mai dal sito del produttore (che nemmeno prova a offrire al consumatore, pronto a entrare in contatto diretto ed esclusivo con lui, ciò che concede alla catena di distribuzione, fisica o virtuale). I casi di una strategia autonoma sono rari: pochi produttori di elettronica diventati famosi per la distribuzione diretta di hardware (Dell) o di contenuti (Apple Store). La GM che al culmine della crisi 2009 “si inventa” l’asta delle auto nuove su Ebay. E poco altro. Ma dopo la fine della grande illusione del contatto diretto (la chiusura di molti call centre e l’automatizzazione di molti customer care), un nuovo paradigma di contatto diretto con il consumatore - on line, ma non solo ancora non si vede. 3. Sostegno nel post-acquisto Dopo l’acquisto, la qualità toccata con mano nell’esperienza d’uso è la conferma del valore di Marca. Aspetti come la promessa di qualità, le garanzie, le garanzie allungate, il soddisfatti e rimborsati, sono i primi e più banali riferimenti. Ma nella nuova progettualità, ci possono stare anche op- zioni ulteriori: come usare il prodotto/servizio al meglio, con la possibilità della Marca di appropriarsi di nuove funzioni e stili d’uso creati dal consumatore stesso. Per giungere al crowd-sourcing, prospettiva non necessariamente limitata all’online. Immettere progettualità nell’esperienza postacquisto può anche significare ripensare la customer satisfaction, ribilanciando le logiche tradizionali di misurazione ex post della soddisfazione con una neo-progettazione di soddisfazione ed experience. significati. La cosa non è immediata, significa coerenziare l’identità di Marca ed il concreto comportamento aziendale attuale con le missioni di futuro, significa legare le attuali proposte sul mercato con quelle in fase di incubazione dalla ricerca e sviluppo, accettando anche discontinuità tecnologiche. Altre volte costruire relazioni di fidelizzazione che massimizzino il vantaggio del consumatore che compra oggi la Marca, anche quando in futuro uscirà una soluzione migliorativa. IN SINTESI 4. Sostegno nel lungo termine E’ un’area che le aziende di Marca, soprattutto quelle che investono in CSR, hanno già attivato. Uno spunto di riflessione ulteriore riguarda il collegamento tra presente e futuro. Come le due voci dell’impresa (chi opera sul mercato qui ed ora e chi opera sulla corporate reputation e le dimensioni di social responsibility), quasi sempre presenti, possono essere in sincrono, alimentandosi l’un l’altra di coerenza e Questo contributo intende essere una riflessione che deve (dovrebbe) concretizzarsi nei singoli settori e Marche. Non necessariamente abbandonando gli approcci classici al valore della Marca, anche quelli tattici (le promo, ad esempio). L’importante è tornare ad alimentare la catena del valore di Marca e la relazione con il consumatore di nuovi contenuti che consentano alla Marca stessa un esercizio di leadership nel lungo pe- riodo, mantenendo allo stesso tempo un grip nel breve. Il futuro e la progettualità possono rappresentare una risorsa per la strategia di Marca e per il suo marketing e la sua comunicazione. In assenza di una riflessione sul rinnovo del “progetto Marca” si rischia di consolidare un mondo di Marche giganti, tutte “emozione e promozione”, magari top of mind ma non sempre amate. Va comunque preso atto che alcune di queste opportunità sono già strategie di marketing e comunicazione per alcuni Brand (es: nel largo consumo, le norme europee sul labelling, o le polemiche sulle materie prime e il prodotto italiano di qualità). Forse ciò che manca è una riflessione sul progetto di valore per la Marca che colleghi e metta a sistema le singole iniziative, ridando respiro e futuro allo stesso tempo alla strategia di Marca e al consumatore con i suoi bisogni e ansie. Oltre l’emozione, oltre la promozione, per un nuovo valore condiviso. Fabrizio Fornezza 31 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario La Giustizia bendata, (Arredoearte) 32 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 L’IMMAGINE DELLA GIUSTIZIA Con orgoglio invito a leggere il contributo di Gianmario Italiano sulla “Giustizia bendata”. L’autore è un giovane direttore di ricerca impegnato, come sempre più spesso capita, su due fronti. Nella ricerca accademica, nello specifico gli studi storici nel perimetro della Riforma Luterana, e nella ricerca sul campo con le tecnicalità del “Dialogatore”. GfK Eurisko è anche questo, un ambiente in cui possono crescere i nuovi talenti del Paese che cambia. (g.m.) Il padre di Otane, Sisamne, era stato uno dei giudici reali, e poiché per denaro aveva reso una sentenza ingiusta, era stato messo a morte e scorticato dalla testa ai piedi per ordine del re Cambise; dalla pelle strappata dal suo corpo erano state tagliate delle strisce, che erano state distese sul trono dove Sisamne era solito sedere per amministrare la giustizia; dopodiché Cambise in luogo di Sisamne, da lui fatto uccidere e scorticare, aveva nominato giudice il figlio di Sisamne, ingiungendogli di ricordare su quale trono sedeva per amministrare la giustizia1. Il controllo della giustizia non è invenzione dei nostri tempi, come dimostra il brano di Erodoto, secondo cui la pelle del giudice corrotto Sisamne divenne ammonimento al figlio perché amministrasse la giustizia con equità. Sulle rappresentazioni visive della giustizia e sulle loro implicazioni nella realtà verte il variegato libro di Adriano Prosperi (Giustizia bendata. Percorsi storici di un’immagine, Torino, Einaudi, 2008, pp. 259), che con grande abilità ne descrive l’accidentato percorso. Non è sempre facile seguire l’Autore nelle sue digressioni argomentative, e l’ampiezza dell’arco temporale esaminato (dall’antichità ai giorni nostri) lascia intendere la difficoltà di mantenere compatta la narrazione, anche se il lettore paziente sarà premiato a fine lettura, riuscendo a inquadrare la questione. La più nota immagine della complessa macchina della giustizia, sempre in lento movimento, è identificabile nella figura femminile con una bilancia in una mano e la spada nell’altra. Strettamente connessa a tale immagine è l’antica rappresentazione della “pesa” dell’anima, contenuta già nell’Iliade (XXII, vv. 208-213) quando Ettore e Achille sono valutati sui piatti d’oro di Zeus, a discapito del troiano: […] quando arrivarono la quarta volta alle fonti, allora Zeus, agganciò la bilancia d’oro, le due Chere di morte lunghi strazi vi pose, quella d’Achille e quella di Ettore domatore di cavalli, la tenne sospesa pel mezzo; d’Ettore precipitò il giorno fatale e finì giù nell’Ade; l’abbandonò allora Apollo. 1 Erodoto, Le storie, Torino, UTET, 1996, vol. II, p. 43. Il passo è nel libro V, 25. Notissima è anche la precedente figura egizia della dea Ma’at, pronta a valutare le colpe con la sua stadera all’ingresso del regno dei morti. Forse la tradizione ebraica prese dal mondo egizio tale immagine di giustizia divina per poi 33 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 I litigiosi, allegoria della Giustizia bendata, xilografia (1493), da Sebastian Brant, La nave dei folli, Basilea 1494 34 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 SE INIZIALMENTE L’IMMAGINE DELLA BENDA RECAVA IN SÉ I SEGNI NEGATIVI DELLA CECITÀ, BEN ALTRO SIGNIFICATO ASSUNSE IN ETÀ MODERNA NELL’AMBITO DEL RAFFORZAMENTO DEGLI STATI NAZIONALI EUROPEI E DELLA “AVANZATA DI UN POTERE DI GIUDICARE COME PREROGATIVA ESCLUSIVA DELL’AUTORITÀ CENTRALE DELLO STATO CHE IMPONEVA IL SUO CODICE DI LEGGI A UN CORPO DI GIUDICI, CANCELLANDO LE CONSUETUDINI LOCALI E LE PRATICHE SOCIALI CONNESSE” traghettarla alla tradizione cristiana. Tuttavia, se in età medioevale poche furono le variazioni iconografiche e concettuali, alla fine del XV secolo Battista Fiera si interrogava su come dipingere la giustizia, pur nella certezza che essa attenesse alla “sfera suprema della divinità”. Il risultato proposto dall’umanista mantovano nel De iustitia pingenda (1515) era una sembianza duplice con molte orecchie per udire i sussurri delle cattive azioni, e molti occhi per vedere con sicurezza l’ingiustizia. Ben più fortunata era (e sarebbe) stata, però, la canzonatoria xilografia di Sebastian Brant, che nel 1494 con La nave dei folli mise in circolazione l’immagine di una giustizia sempre con spada e bilancia, ma bendata da un pazzo. Rappresentazione fortunatissima, “nata come critica dei difetti dell’amministrazione della giustizia, fu ripresa e poi continuamente riproposta con valore positivo a indicare un modello ideale degno di approvazione”. Prima di giungere a questa figurazione bendata, nata all’inizio dell’età moderna, il processo, però, fu lungo e complesso. Sin dai primordi l’idea di giustizia, come nel caso della dea Ma’at, appare infatti proiettata su uno sfondo religioso, come qualcosa che esiste in forma perfetta solo nel mondo dei morti, né la tradizione cristiana medioevale si distaccò da questa concezione, compendiata nell’aforisma dei giuristi “Iustitia id est Deus”, tanto da inserirla tra le virtù cardinali insieme con prudenza, fortezza e temperanza. L’immancabile punizione del peccatore da parte di Dio, alimentata dall’insistenza pedagogica della predicazione ecclesiastica, contribuì al successo dell’immagine del Giudizio Universale. La giustizia emanata da Dio, giudice supremo, prese quasi contestualmente figura femminile, fino a simboleggiare «il fondamento ultimo della pace e dell’ordine sociale, specie nelle rappresentazioni connesse alla questione del “buon governo”». Se inizialmente l’immagine della benda recava in sé i segni negativi della cecità, ben altro significato assunse in età moderna nell’ambito del rafforzamento degli stati nazionali europei e della “avanzata di un potere di giudicare come prerogativa esclusiva dell’autorità centrale dello Stato che imponeva il suo codice di leggi a un corpo di giudici, can- cellando le consuetudini locali e le pratiche sociali connesse”. A tale offensiva reagirono tanto Brant quanto Erasmo, il quale nel suo Adagium del 1515 Scarabeus aquilam quaerit metteva in evidenza la contraddizione tra l’aquila regale e l’umile scarabeo lavoratore, in una antinomia tra popolo e re ancora da sanare. Innegabilmente l’avanzata dello Stato moderno ebbe come aspro terreno di scontro la giustizia, ma altresì significativa fu la cesura introdotta dalla riforma luterana in questo campo, ossia la distinzione della giustizia tra mondo e sopramondo, assegnando al sovrano il potere di legiferare e punire: in tal senso, il velo posto sugli occhi diveniva per la prima volta segno di imparzialità. Il successo dell’immagine della benda era dovuto però alla conoscenza della parallela immagine del Cristo deriso, anch’egli rappresentato con gli occhi fasciati: in tal modo la tensione emotiva della figura pagana della giustizia accolse parte del pathos dell’”uomo dei dolori”. Proprio la presunta contraddizione nella storia della cristianità, vale a dire la suprema ingiustizia della condanna del Giusto per antonomasia, trasformò la croce da somma infamia di epoca romana a suprema speranza, “simbolo religioso di salvezza”. E’ noto, infatti, che l’eredità romana fu integrata nella tradizione cristiana medioevale, come ad esempio fece Dante con Traiano (Purg. X, 76-96), così strettamente che “l’idea cristiana di giustizia pervenne a legittimare il potere politico e la tradizione giuridica romana conferendo loro una investitura divina”. “L’idea di misericordia divina era il presupposto generale su cui si fondava la costituzione materiale della società cristiana”, e la base religiosa della nozione di giustizia era dunque connessa con la legittimazione di un potere concesso direttamente da Dio anche nell’investitura dei sovrani, che appunto esercitavano il potere in nome di Dio stesso. Questa concezione non poteva non aprire un conflitto tra papato e potere politico, tanto forte da portare anche a sviluppi nelle rappresentazioni della giustizia, la cui iconografia, in assenza dell’autorità imperiale e del potere monarchico, sviluppò comunque caratteri propri. Il potere costituito approfittò in ogni caso per fare pressioni sui giudici per moralizzare (si noti: non controllare) l’amministrazione della giustizia, al fine di evitare, ad esempio, 35 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Jèronimus Bosch, Avaritia, particolare dei sette peccati capitali, fine del secolo XV che essi prendessero doni dai giudicati. Legittimamente, perché l’avidità dei giudici divenne in età moderna tanto proverbiale che Jeronimus Bosch dipinse l’avarizia come un balivo con il bastone, simbolo della sua autorità, peraltro incurante dello sguardo rivoltogli da Dio. La loro corruzione era tanto diffusamente percepita da fornire il destro al potere politico per imporre nuove regole e nuovi riti, così come la lunghezza dei processi viene sottolineata per proporre una riforma giudiziaria: in ambedue i casi, un malessere noto e percepito è utilizzato per scopi diversi. E di nuovo l’esempio di Sisamme tornò a essere rappresentato insieme con la visione dello sguardo divino sul mondo, come sprone al comportamento deontologicamente ineccepibile. Ma come poteva il giudice trovare la verità? Il sistema “perfetto” era il sistema inquisitorio, in grado di produrre una verità “assoluta o sostanziale, e conseguentemente unica”, all’opposto delle verità contraddittorie e frammentarie derivanti dal procedimento accusatorio. Tale metodo scaturiva senza dubbio dal diritto canonico, e fu fattivamente incoraggiato da Innocenzo III (e dal suo emulo Federico II), che lo fece divenire “espressione fondamentale della nuova sacralità dello Stato”. Nel tardo Medioevo, mentre si consolidava la “nascita del Purgatorio”, il quadro del giudizio di Dio, primo inquisitore con Adamo e ultimo nel giorno del giudizio, fu completato dalla presenza della Madonna, madre misericordiosa pronta a intercedere per le anime dei sofferenti. E’ un “fatto che sul terreno del potere ecclesiastico di giudicare e di rimettere le colpe” vi fu il massimo incontro iconografico e didascalico, sublimato ancora una volta nel simbolo supremo di giustizia offesa e di misericordia, ossia il crocifisso. Distinguendo tra la salvezza dell’anima e la punizione del corpo, l’Inquisizione fece in modo che i condannati potessero accostarsi ai sacramenti prima di essere giustiziati, anche se fu più difficile ottenere lo stesso dai tribunali laici. La confessione fu inclusa nei momenti fondamentali dell’opera dei “confortatori” preposti a seguire i condannati nelle ultime ore di vita, affinché l’anima del morituro fosse salvata e la società risarcita dalla punizione del colpevole. In un contesto di trasformazioni nei poteri e nelle forme del diritto, la cecità della giustizia, di per sé attributo negativo, fu recuperata con la formula del pathos del Gesù flagellato e deriso della Passione, per piegare a favore del potere l’immagine della cecità, anche se mai si estinse la vena polemica connessa al simbolo della benda. La figurazione satirica della giustizia bendata fu riservata, però, alla sfera privata, mentre l’uso pubblico e ufficiale della stessa rappresentazione fu 36 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 Gérard David, il Giudizio di Cambise: Sisamne spellato, olio su tavola, 1498 destinato a propagandare l’idea della incorruttibilità come dovere supremo del giudice. Nel Cinquecento le piazze delle città riformate svizzere e tedesche si popolarono di “fontane della giustizia”, sormontate da una statua raffigurante una donna bendata con la spada: i poteri pubblici garantivano “una giustizia imparziale, limpida e a disposizione di tutti come l’acqua delle fontane pubbliche”. La propaganda attraverso immagini simboliche era diventata sempre più importante man mano che si rendeva necessario il consenso dei governati ai governanti. In tal senso, il potere assoluto di età moderna, dopo avere trovato nella predicazione ecclesiastica la certificazione della sua illuminazione da parte di Dio, cercò altre basi per giustificare la sottomissione del sovrano alla legge di natura, come Hobbes aveva ineluttabilmente concluso: “Un sovrano è soggetto tanto quanto il più misero del suo popolo”. Lo sguardo tornò in auge, anche se lontano nei cieli, mentre quello dei giudici tornò a essere sospettato di parzialità fino al secolo dei Lumi, che fece dello sguardo iperuranico lo sguardo della Ragione, “capace di illuminare pratiche e devozioni distorte, superstiziose, crudeli”. Tutti i simboli ereditati dalla tradizione furono comunque sottoposti a una severa critica tra Sei e Settecento, a partire dalla spada fin troppo facilmente identificata con gli invisi patiboli. Anche un simbolo spesso accostato alla spada e alla bilancia come il libro, intraprese la strada di un cambiamento dal sacro al civile (non più la Lex Divina della Bibbia, ma la legge umana), mentre la bilancia concentrò i valori positivi dell’equità di fronte alla giustizia, naturalmente mediante la Legge. La bilancia e la spada cessarono conseguentemente di essere guidate dalla mano di Dio, per passare in quelle della religione “secolarizzata -il popolo, la nazione, la classe e così via- senza che si sia riusciti a risolvere il problema di come dotare quei simboli dell’antica certezza religiosa del giusto”. La parte finale del libro giunge a esaminare la contemporaneità, per rilevare che ancora non è stato definito il problema della giustificazione morale della giustizia, come Jeremy Bentham (1748-1832) aveva creduto di poter fare utilitaristicamente, attribuendole l’obiettivo della felicità del maggior numero possibile di esseri umani. Si tratta di un problema forse ormai secondario perché oggi ben altre problematiche affliggono la giustizia, come la presenza della televisione nelle aule giudiziarie. Contrariamente ad alcuni paesi europei, negli USA vi sono ferrei divieti alla trasmissione in televisione dei processi, come peraltro avviene in Francia, Germania, Canada e in altri paesi, dove il mezzo televisivo è ammesso solo in casi eccezionali. In Italia, invece, è il giudice a deliberare la presenza o meno delle telecamere, e può addirittura ignorare la mancanza di consenso delle parti, “quando sussiste un interesse sociale”2. La sintesi prodotta per ovvi motivi dalla televisione distorce il meccanismo reale della giustizia, forse lento, metodico, bizantino, ma proprio per questo in grado di garantire accusa e difesa nei loro diritti. Quando in gioco vi sono i diritti fondamentali della persona è necessaria una misura e un tempo che il mezzo televisivo non può garantire: non è sempre facile comprendere dalle migliori azioni di un evento sportivo il reale andamento di una partita, a meno che sia stato un incontro a senso unico, mentre la vita come la giustizia non lo è quasi mai. In ogni caso, non è ancora chiaro quali influssi abbia la presenza del mezzo televisivo nell’amministrazione della giustizia, quali conseguenze avrà la sua invasiva presenza, e la “spettacolarizzazione” conseguente. La nuova dea che tutto vede, la televisione, renderà per sempre bendata la giustizia, l’unica dea che tutto dovrebbe vedere? Gianmario Italiano 2 Delibera n. 13/08/CSP, Atto di indirizzo sulle corrette modalità di rappresentazione dei procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive, Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n° 39, del 15 febbraio 2008. 37 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010 sommario Direttore responsabile Giuseppe Minoia Comitato Editoriale Paolo Anselmi, A. Claudio Bosio, Remo Lucchi, Giuseppe Minoia, Vitalba Paesano Coordinamento editoriale e ufficio stampa Vitalba Paesano Il numero è stato inviato in formato PDF via email il 22 novembre 2010. Social Trends è edito da GfK Eurisko, allo scopo di migliorare la conoscenza delle trasformazioni della società, in ambito nazionale e internazionale. È diffuso, in forma gratuita, a una mailing list riservata. L'iscrizione alla mailing può essere richiesta da istituzioni o imprese, oppure dalle persone che facciano parte delle medesime ▼ Grafica e impaginazione Fabio Berrettini G K EURISKO Segreteria Maura Giovannini, Tiziana Pascali via Monte Rosa, 19 - 20149 Milano tel. 02 438091 fax 02 48009526 www.gfk-eurisko.it e siano investite di responsabilità, o da giornalisti e colleghi della stampa. Per richiedere l'iscrizione, inviare una email a [email protected] GfK Eurisko garantisce che le informazioni relative agli abbonati, custodite nel proprio archivio elettronico, non saranno cedute ad altri e saranno utilizzate esclusivamente per l'invio del Notiziario. Tali informazioni verranno gratuitamente rettificate o cancellate su richiesta. La cancellazione interromperà gli invii. SOCIALTRENDS Scriveteci via email: osservazioni, suggerimenti, idee, contributi L'indirizzo è [email protected] SOCIALTRENDS I L C A M B I A M E N T O S O C I O C U L T U R A L E G K EURISKO Maggio 2010 no.109 QUESTO NUMERO C hiudiamo il numero 109 di Social Trends in un clima di crescenti preoccupazioni per l’Europa, per l’euro ed in particolare per i Paesi che, con aplomb britannico, vengono definiti PIGS. L’Italia ne fa parte? Forse. Dipende. Le agenzie di rating lanciano il sasso e il giorno dopo nascondono la mano. Il tutto sullo sfondo della tragedia greca solo al primo atto ma già al calor bianco, con vittime innocenti e guerriglia sotto il Partenone. Dunque la crisi non è finita e la ripresa, se c’è, è un ottovolante. Il nostro presente deve essere accettato come una coda lunga di up & down, con poco spazio per rilassarsi. Tutti in apnea, impedendo così strategie di lungo respiro in grado di delineare interventi incisivi per la produzione, il mercato del lavoro, l’inclusione sociale e la indispensabile ricerca per tutto questo. Noi, dal nostro osservatorio di ricerca e di analisi dell’evoluzione sociale, proseguiamo nell’impegno, convinti dell’utilità dei contributi che produciamo. Per le imprese, ma anche per la politica e le Istituzioni Pubbliche. In questo numero di Social Trends gli interventi sono tutti collegati all’attualità. Dagli indici di soddisfazione per la vita privata e pubblica, un’analisi che si inserisce nel filone degli studi sul “FIL” (Felicità Interna Lorda), all’attualissimo tema dell’inclusione sociale: Remo Lucchi argomenta che, senza sostenibilità sociale, sommario 2 8 14 VERSO IL FIL (FELICITÀ INTERNA LORDA) 18 non si può realizzare sviluppo né ripresa per il Paese. Per poi delineare i nuovi impegni delle imprese italiane nella Sostenibilità, individuandone gli items prioritari in agenda. Con un particolare focus sulla Green Economy e sulle nuove opportunità di produzione e di comunicazione che comporta, secondo Diego Masi, Presidente di Assocomunicazione. Altri contributi riguardano il selfhelp nel megatrend del benessere e un’analisi documentata del Digital Divide italiano. Infine, un contributo da GfK Corporate sui segnali dal mondo dei consumi, dopo due anni di crisi più o meno continua. GM GREEN ECONOMY ALLA PROVA di Vitalba Paesano 22 I CONSUMI DOPO LA CRISI: SEGNALI DAL MONDO di Edoardo Lozza e Daniele Novello di Natalie Bajon INCLUSIONE SOCIALE PER LA RIPRESA L’AUTOMEDICAZIONE NEL TREND DEL BENESSERE 30 di Remo Lucchi di Isabella Cecchini IMPRESE SEMPRE PIÙ IMPEGNATE DIGITAL DIVIDE: FACCIAMO LUCE di Paolo Anselmi 34 di Edmondo Lucchi Mimmo Pintacuda © Fratelli Alinari S.p.A. - Tutti i diritti riservati | | 2 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | | VERSO IL FIL (Felicità Interna Lorda) Si è discusso molto negli ultimi mesi sull’opportunità di comprendere anche il benessere dei cittadini nella misurazione della “ricchezza” di un Paese. Per il premio Nobel Joseph Stiglits, che è stato incaricato da Sarkozy di approfondire questa tematica, “è ora che il nostro sistema statistico metta l’accento più sulla misura del benessere della popolazione che sulla produzione economica”. Non intendiamo qui certamente proporre formule per il calcolo della cosiddetta Felicità Interna Lorda (FIL), ma tentare piuttosto un’esplorazione preliminare (da approfondire) sul tema della felicità e sulle relazioni esistenti tra la soddisfazione per le varie dimensioni del vivere. P iù in particolare ci chiediamo quanto gli italiani siano soddisfatti della loro vita personale e del contesto (città/paese) in cui vivono. Qual è la relazione tra soddisfazione pubblica (contesto) e soddisfazione privata (vita personale). Quali sono le dimensioni del vivere che impattano maggiormente nell’orientare la soddisfazione privata e pubblica. Rispondono a queste domande 1000 italiani intervistati telefonicamente (tra il novembre e il dicembre 2009) nell’ambito del Monitor sui Climi sociali e di Consumo di GfK Eurisko1. . VITA PRIVATA vita personale nel suo insieme % Molto -3 Poco 15 Per nulla 4 0 Non indica 21 Abbastanza 39 Poco 28 60 -4 39 +3 53 Soddisfazione per la vita personale e per il luogo in cui viviamo Gli italiani esprimono una diffusa soddisfazione per la propria vita: l’80% esprime valutazioni positive, il 30% molto positive. Anche la soddisfazione per il paese/città in cui si vive risulta estesa, sebbene su livelli meno elevati (60% valutazioni positive, 20% molto positive) (cfr. fig.1). Viviamo, insomma, in anni difficili, ma le difficoltà/sfide del quotidiano non sembrano aver minato alla base la percezione complessiva degli italiani della loro vita: soprattutto in riferimento al ∆% ‘09 - ‘99 % Molto 28 81 Abbastanza ∆% ‘09 - ‘99 VITA PUBBLICA città/paese 1. Monitor sui Climi Sociali e di Consumo (ricerca continuativa finalizzata alla comprensione del sentiment di consumatori). - Il monitor parte nel 2001 e analizza ogni tre mesi (marzo, giugno, settembre, dicembre) 3 19 +3 Per nulla 11 Non indica 1 la fiducia dei consumatori e delle imprese. - Il monitor-consumatori si sviluppa su un’indagine CATI e si basa su un campione/rilevazione di 1000 casi rappresentativo della popolazione italiana adulta GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 (>18 anni) per i parametri: area geografica, ampiezza del centro di residenza, sesso, età, istruzione e professione - La rilevazione di novembre/dicembre 2009 è stata condotta nel periodo 24 novembre - 2 dicembre | | privato, ma anche per quanto riguarda il contesto sociale. Nell’ultimo decennio, il gradimento degli italiani per la qualità complessiva della propria vita mostra lievi, ma interessanti variazioni: - cala leggermente (-3%) la soddisfazione per la propria vita privata - migliora un po’ (+4%) la soddisfazione per il contesto sociale di riferimento. Da sottolineare che l’incremento di soddisfazione per la città/paese in cui si vive rappresenta il solo parametro2 in crescita negli ultimi dieci anni: siamo, dunque, in generale meno contenti, rispetto al passato, ma il contesto urbano di vita sembra offrire qualche opportunità in più di soddisfazione. Soddisfazione privata e pubblica: un legame complesso da capire Soddisfazione privata e soddisfazione pubblica non rappresentano due realtà integrate: la correlazione esistente tra la soddisfazione per la vita personale e per il proprio paese è infatti molto debole (indice di correlazione statistica pari a 0,139). Il risultato stimola qualche approfondimento circa la relazione fra queste due variabili. Nella figura 2 è illustrata la mappa ottenuta dall’incrocio fra la soddisfazione per la propria vita personale (asse orizzontale) e la soddisfazione per la propria città/paese, ovvero per la vita pubblica (asse verticale). . : Valore medio = 81% + 4° 1° Soddisfazione vita PUBBLICA % (molto + abbastanza) Soddisfazione città/paese > 80% FELICITÀ Valore medio = 60% INFELICITÀ Soddisfazione vita PRIVATA 3° 40% - 60% 2° Soddisfazione vita personale % (molto + abbastanza) > 100% La mappa dà origine in questo modo a quattro quadranti che possiamo così definire (cfr. fig.2): - 1° quadrante, in alto a destra felicità: forte soddisfazione per la vita personale e per il contesto (città/paese) in cui si vive; - 3° quadrante, in basso a sinistra infelicità: quadrante simmetricamente opposto al precedente, popolato da individui poco soddisfatti sia per la vita personale sia per le opportunità offerte dal contesto; - 4° quadrante, in alto a sinistra soddisfazione vita pubblica: elevata soddisfazione per il contesto accompagnata da una minore soddisfazione per la vita personale; - 2° quadrante, in basso a destra soddisfazione vita privata: elevata soddisfazione per la propria vita personale, cui si associa scarsa soddisfazione per la propria città/paese. Proiettiamo ora i principali descrittori geografici e sociodemografici degli intervistati. Emergono risultati di grande interesse (cfr. fig.3). Appare evidente che, per ciascun quadrante della mappa, sia possibile riconoscere una popolazione specifica, connotabile per mezzo di un preciso carattere prevalente: Felicità >> Residenti in città del Nord di media ampezza Infelicità >> Abitanti al Sud >> Anziani Soddisfazione vita pubblica + 2. Per l’elenco delle dimensioni monitorate cfr. fig. 5. 4 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 Soddisfazione vita privata >> Profili più mobili: cittadini più istruiti, giovani, in aree metropolitane . : Soddisfazione vita pubblica carattere prevalente: fattore anagrafico (anziani) Valore medio = 81% + 2. Stagnazione - mobilità: è la direttrice che unisce i quadranti che esprimono una contrapposizione tra la soddisfazione privata e quella pubblica: il 4° e il 2° quadrante. Questa direttrice è organizzata da una combinazione di caratteri anagrafici (ciclo di vita) e di tratti culturali (giovani, contesti metropolitani, alta scolarizzazione) accomunati da un denominatore di elevata mobilità sociale. Insomma, la vecchiaia si accompagna a una crescente soddisfazione per l’am- > % (molto + abbastanza) Soddisfazione città/paese Elementari Area geo: Centro < 10mila abitanti 55-64 anni Femmine 100-100mila abitanti Superiori Area geo: Nord Ovest Valore medio = 60% Maschi 18-34 anni 35-44 anni > 500mila abitanti Laurea Area geo: Sud 3° 40% - 60% 2° Soddisfazione vita personale + > 100% % (molto + abbastanza) Soddisfazione vita privata carattere prevalente: dimensione metropolitana/ elevata istruzione/giovani Infelicità carattere prevalente: Sud . : NORD STAGNAZIONE + 4° > 1 . Sud - Nord: è la direttrice connotata in termini territoriali e geografici che unisce il 3° e il 1° quadrante. Questa direttrice connette il quadrante dell’infelicità al quadrante della felicità; attorno ad essa si organizza, quindi, in maniera inequivoca una matrice di diseguaglianza: il Meridione non riesce a tenere il passo del resto del Paese. Le percezioni espresse dai cittadini confermano in questo senso le evidenze di numerose ricerche sulla qualità della vita; ricordiamo l’ultimo rapporto del Sole 24 ore che misura la vivibilità delle province italiane e assegna le ultime 25 posizioni ad altrettante province del Sud. Si noti come lungo questa linea di frattura al Sud non siano contrapposti i segmenti e le aree più evolute del Nord, bensì le medie città settentrionali (in questa dimensione sembrerebbe dunque realizzarsi la massima possibilità di composizione fra felicità pubblica e privata). 1° 100-500mila abitanti Oltre 64 anni 1° Fattore anagrafico (anziani) Soddisfazione città/paese Alla luce di quanto emerso, è possibile strutturare la mappa della soddisfazione privata e pubblica lungo due direttirici (cfr. fig.4). Area geo: Nord Est 4° 80% Soddisfazione privata e pubblica: uno sguardo di sintesi Felicità carattere prevalente: dimensione urbana settentrionale Dimensione urbana settentrionale Profili giovanili metropolitani istruiti Meridione 3° - 2° > Soddisfazione vita personale SUD + MOBILITÀ 5 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | | . VITA NEL SUO INSIEME PAESE/CITTÀ IN CUI VIVE = 81 Famiglia Vita sentimentale 84 Amicizie 84 88 Salute Lavoro (base chi lavora) Sicurezza 65 Vivibilità (aria, verde, ...) 65 59 Pulizia strade 58 Servizi Sanitari 59 51 Servizi Infanzia 57 47 Trasporto pubblico 50 Reddito 61 Scuole 73 Tempo libero Risparmi 80 Consumi = 60 30 46 Opportunità di svago Traffico 45 Servizi per anziani 45 Impatto nell’orientare la valutazioni generale (analisi di regressione stepwise) Servizi famiglie/individui in difficoltà Impatto molto forte Impatto forte bito pubblico (probabilmente anche in conseguenza di aspettative decrescenti) e a un parallelo (e fisiologico) calo della soddisfazione per la propria vita privata. La soddisfazione privata a dispetto di quella pubblica appare propria dei profili metropolitani più istruiti e più giovani, cioè quei segmenti più stimolati, dalla dotazione culturale, dall’età e dal contesto, al cambiamento. Resta da stabilire se la loro relativa insoddisfazione per l’ambito pubblico sia più il risultato di un’offerta insoddisfacente o di aspettative più elevate. L’impatto del vivere sulla felicità Vediamo ora come sono valutate le diverse dimensioni del vivere da parte degli Italiani e come queste impattino sulla felicità privata e pubblica. Con riferimento alla vita privata, la maggior soddisfazione riguarda la famiglia e la vita relazionale/affettiva. Volgendo lo sguardo alla felicità pubblica, osserviamo come la maggior soddisfazione è per la sicurezza personale e per la qualità ambientale (aria e verde) offerte dalla città/paese in cui si vive. Si tratta di due dimensioni inaspettate e in contrasto Opportunità di lavoro con le problematizzazioni operate al riguardo dai mass media. Costante negativa tanto della sfera privata quanto di quella pubblica risulta l’insoddisfazione per le opportunità di svago e di lavoro, a cui si aggiungono “ulteriori problematizzazioni” relative - ai consumi e alle risorse finanziarie (ambito privato) - ai trasporti e ai servizi alla persona (ambito pubblico) (cfr. fig.5). Al di là delle valutazioni specifiche per le diverse dimensioni del vivere, è interessante stimare quale di queste impatti maggiormente nell’orientare la felicità/soddisfazione per la vita privata e pubblica: - tanto la qualità della vita privata che quella della vita pubblica sembrano risentire negativamente delle scarse opportunità relative al lavoro e al tempo libero; - queste criticità di fondo risultano mitigate dalla qualità della vita affettiva nel privato e dalla qualità del contesto (sicurezza, vivibilità) in riferimento al pubblico; - la soddisfazione per l’ambito privato non appare invece significativamente connessa alla soddisfazione per il proprio benessere economico. 6 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 41 29 In sintesi… 1. Osserviamo una positività di fondo: gli italiani sono complessivamente felici di sé e (un po’ meno) del luogo in cui vivono. 2. Dall’incrocio della soddisfazione privata e pubblica emerge una mappa della felicità strutturata attorno ad alcune tipizzazioni di condizioni regolate - da uno squilibrio di opportunità Nord-Sud; - da condizioni di esistenza che portano a diverse interpretazioni: - anziani > attenzione/soddisfazione per le condizioni del contesto - segmenti mobili (profili giovani, metropolitani e colti) > attenzione/soddisfazione per le condizioni personali. 3. Al di là della diversità di dimensioni che concorrono a delineare la soddisfazione, appare evidente il ruolo centrale e critico svolto dalle opportunità di lavoro e svago come regolatore della felicità personale e ambientale. Due aree prioritarie di intervento da offrire alla considerazione del marketing sociale. Daniele Novello, Edoardo Lozza Istock | | 7 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario | 8 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | INCLUSIONE SOCIALE PER LA RIPRESA La crisi pare davvero minacciosa: la paura frena la domanda, con la conseguenza della disoccupazione reale crescente. In più la crisi “allunga” la società, i segmenti marginali crescono, aumenta l’instabilità, viene minacciata la coesione sociale e la sicurezza, condizione basica per un qualunque progetto di ripresa. Che fare? Quali le prospettive? Se la gente perde il posto di lavoro ha meno soldi da spendere, la domanda si contrae, le aziende vendono ancora meno, devono ridurre ulteriormente i costi, licenziano… (spirale al collasso). In sede di comunicazione pubblica, viene detto che le cose stanno migliorando, anche se - si precisa - si teme per la disoccupazione crescente. Ora è evidente che non si può mettere assieme la prospettiva di uscita dalla crisi, con quella dell’aumento della disoccupazione. I due eventi sono in contraddizione. E le soluzioni non possono essere solo gli ammortizzatori sociali, qualsiasi essi siano, perché comunque sono di breve periodo, e la crisi non si risolve da sola nel breve periodo. Insomma, da sole le cose non si risolvono, e c’è la preoccupazione che la ricetta adottata - dire che stiamo uscendo dalla crisi, aggiungendo un po’ di ammortizzatori sociali - sposti l’attenzione dai veri interventi che dovrebbero essere varati. In questo contributo - agganciandomi ad analoghe riflessioni - individuo le condizioni che devono essere soddisfatte: - il Sistema Paese deve imparare a funzionare in un progetto di lungo periodo - sbloccando la domanda, innescando i segmenti elitari traino dell’intera popolazione - attualmente in stallo - favorendo l’innovazione di prodotto grazie alla sostenibilità sociale (unico posizionamento davvero produttivo), con spinte allo sviluppo del business tramite innovazione dei processi (requisito fondamentale per innescare i volumi) - evitando le tensioni sociali determinate dalle marginalità crescenti, tramite ammortizzatori sociali ed intensi interventi di inclusione sociale, cioè integrazione delle fasce marginali, nel rispetto delle loro specificità, anche culturali. In assenza di ciò la sicurezza sociale, condizione basica per ogni forma di vita, è minacciata. Le possibili soluzioni già considerate Vediamo in dettaglio. Ciò che si è già detto sulla crisi Mi sono già soffermato più volte su ciò che sta accadendo per effetto della crisi economica che stiamo attraversando da un anno e mezzo: - paure e contrazione dei consumi al di là dell’effettiva incapacità di spesa - contrazione delle vendite da parte delle aziende - quindi nel brevissimo termine esigenza di contenimento dei costi. Constatazione amara: dato che non c’è tempo e non ci sono risorse per rivedere i processi produttivi, l’unica soluzione per risparmiare sui costi nel breve è la riduzione dell’occupazione. Gli interventi da adottare dovrebbero indurre la “domanda” (innescata da “qualcosa”) a crescere, e quindi l’“offerta” a crescere, e quindi l’“occupazione” a crescere. In altri termini bisognerebbe innescare una spirale virtuosa. Come fare? Innanzitutto occorre convincersi che non è pensabile mobilitare “tutta” la domanda contemporaneamente. Bisogna concentrarsi sui segmenti della domanda con capacità innescante, cioè su quelli in grado di avviare i fenomeni, qualsiasi essi siano. Tutte le fenomenologie sociali, e soprattutto quelle legate ai consumi, sono innescate dai cosiddetti “segmenti elitari”, che per capacità di agire e di pensare trainano la società verso il futuro. L’élite è la motrice. E se la motrice si ferma, si ferma tutto. 9 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | Questi segmenti elitari - dal punto di vista dei consumi - oggi sono in stand by. Non perché non dispongano di denaro da investire, ma perché lo shock da crisi è stato talmente forte da rendere sterili i vecchi induttori al consumo: “qualità- esperienze - emozioni”. Questi induttori non bastano più. Le condizioni per un risveglio richiedono due fasi: 1. creare una nuova logica di consumo innescante, che “svegli” l’élite 2. favorire le condizioni per la trasmissione immediata di questa logica verso la parte centrale della domanda, per innescare i volumi. 1. Nuova logica di consumo innescante per l’élite L’élite si è resa conto che se si blocca la produzione si ferma il sistema. E’ primario che l’economia funzioni. Senza il soddisfacimento di questa condizione basica, il corpo sociale muore. La crisi ha fatto quindi capire che la responsabilità primaria dell’intero corpo sociale è del sistema economico produttivo. E ci si è resi conto che tutto quanto è precipitato non c’è più bisogno di dimostrarlo - in quanto il sistema è stato caratterizzato da una strategia di breve, anzi di brevissimo, cioè di sfruttamento delle opportunità del momento, non ponendosi minimamente - a tutti i livelli - il problema delle conseguenze nel medio-lungo periodo. Ciò soprattutto nel sistema produttivo, ma non solo. Da questa diagnosi, l’élite ritiene che il sistema produttivo, e tutto ciò che a monte lo orienta e lo condiziona - a cominciare dalla guida politica - debba farsi carico di una vera e nuova responsabilità sociale, con un cambio di strategia: - dal brevissimo termine > al medio-lungo periodo. In altri termini, non solo responsabilità sociale, ma anche e soprattutto sostenibilità sociale. L’ÉLITE SI È RESA CONTO CHE SE SI BLOCCA LA PRODUZIONE SI FERMA IL SISTEMA. E’ PRIMARIO CHE L’ECONOMIA FUNZIONI. SENZA IL SODDISFACIMENTO DI QUESTA CONDIZIONE BASICA, IL CORPO SOCIALE MUORE Per ora cogliamo solo il grande senso delle cose: l’élite è come se si fosse svegliata da una ubriacatura- opportunamente indotta da un certo sistema di potere - e desiderasse finalmente essere guidata da logiche di sostenibilità: una vita più sicura, morbida e dolce per sé e per chi verrà. Desidera quindi che tutti gli atti sociali, a cominciare dai consumi, siano permeati da un senso/ una giustificazione sociale di medio-lungo periodo, cioè da una vera sostenibilità. Per questo gli atti devono connotarsi di una sorta di giustificazione rispettosa nei confronti dei grandi valori e patrimoni esistenti: l’ambiente, il rispetto che gli è dovuto, le sue risorse, il sistema economico produttivo che gli consente di andare avanti, la gente, le sue caratteristiche, i patrimoni culturali legati alla gente ed alla sua storia, la vita di relazioni per la costruzione di un contesto armonioso e sicuro. Bene, anche gli atti di consumo e la struttura dei prodotti e servizi oggetto del consumo, devono connotarsi in questo senso. Questa è la condizione perché si dia una giustificazione valida ai consumi ed il sistema economico riprenda a funzionare. Quanto meno per l’élite. Si deve trattare di trasformazione vera e non di trucchi di marketing. La gente, l’élite hanno ormai abbondante capacità critica per capire il senso vero delle proposte. Si tratta non di “ri-vestire” vecchi prodotti, ma di riconcepire nuovi prodotti, di innovare in senso vero. Quindi l’innovazione di prodotto, in logiche di sostenibilità sociale, è la vera direzione da adottare. La soluzione certo non è facile. Innovare i prodotti significa investire. Ed investire in un momento come l’attuale impregnato ancora - nonostante tutto - da una cultura di brevissimo periodo, dove gli investimenti intaccano i bilanci, dove le “famigerate” trimestrali rischiano di perdere la loro attrattività e comunque caratterizzato da risorse molto limitate, falcidiate da un anno e mezzo di crisi, è problematico, soprattutto se non vengono agevolate le condizioni che consentano gli investimenti. Certo, se dall’“alto” si diffonde l’idea che stiamo uscendo dalla crisi, l’attenzione viene distratta dai provvedimenti che si devono prendere con urgenza. Se invece si è onesti nella diagnosi, e non si cercano consensi solo di breve periodo, allora è necessario che: - si sensibilizzino le aziende ad indirizzarsi nella direzione di cui si parla 10 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | TROVARE SOLUZIONI PER L’ÉLITE È NECESSARIO, MA NON È SUFFICIENTE. L’ÉLITE È DI DIMENSIONE MODESTA, E NON CREA DIRETTAMENTE VOLUMI. E’, QUINDI, NECESSARIO CHE QUESTE NUOVE TENSIONI AL CONSUMO, COSÌ CONNOTATE, VENGANO TRASMESSE AL CORPO CENTRALE DELLA DOMANDA - si adottino provvedimenti legislativi che favoriscano investimenti per l’innovazione in questi ambiti - si favorisca il credito bancario. Il tutto, con rapidità, anche perché investire e trovare soluzioni vere, non è così immediato. E se si dovesse innestare la “spirale al collasso” sarebbe drammatico. 2. Condizioni per il coinvolgimento della domanda centrale (per sviluppare) Trovare soluzioni per l’élite è necessario, ma non è sufficiente. L’élite è di dimensione modesta, e non crea direttamente volumi. E’, quindi, necessario che queste nuove tensioni al consumo, così connotate, vengano trasmesse al corpo centrale della domanda. Il corpo centrale della domanda è indotto “in modo naturale” a trarre spunto dall’élite per indirizzare i propri comportamenti. Tuttavia capita spesso che i prodotti proposti all’élite abbiano prezzi inavvicinabili per il corpo centrale della domanda. Il rischio quindi è di riuscire certamente ad innescare l’élite, ma di impedire che tutto questo si trasmetta “a valle”. Fenomeni di questo tipo sono, peraltro, la norma: si pensi ai prodotti dell’agricoltura biologica - ottimi rappresentanti della logica della sostenibilità - che hanno innescato alcuni segmenti, ma che non rappresentano affatto una soluzione, perché solo una fascia del tutto minoritaria li ha adottati. Cioè non sono migrati verso segmenti ampi della domanda. Il motivo è nel prezzo: inavvicinabile. In altri termini, non è pensabile concepire prodotti nella logica della sostenibilità sociale, e pensare che il prezzo sia inavvicinabile ai più. Sostenibilità sociale deve significare anche sostenibilità individuale dal punto di vista economico. Tutti i comportamenti virtuosi vanno favoriti, e non ostacolati. Si dirà che la soluzione non è facile, perché è come dire che bisogna fare di più e meglio, ma bisogna non far pagare i maggiori costi, ed anzi - se possibile - bisogna ridurli per favorire in modo rapido i comportamenti di adesione. Peraltro non si pensi di adottare la strada della riduzione della qualità quale soluzione per minori costi e minori prezzi. Si sappia che la via della sostenibilità è per definizione virtuosa e vera, e non ammette imbrogli. E quindi? La soluzione, anche in questo caso, passa per gli investimenti per “innovare i processi”. Cioè adottare quelle soluzioni - spesso tecnologiche - che consentano di mantenere (e migliorare) la qualità, sopportando costi di produzione più contenuti, e spostando parte di questo vantaggio sulla domanda, riuscendo a ridurre i prezzi. Le soluzioni ci sono, posto che chi deve decidere lo faccia, a costo di adottare decisioni impopolari nel breve: la priorità di tutto è il sistema produttivo, e sono fondamentali i provvedimenti - di sensibilizzazione e di facilitazione legislativa e creditizia - che favoriscano gli investimenti di innovazione in questa direzione. E’ ben vero che si deve operare affinché la domanda si svegli. Ma la domanda, da sempre, è provocata dall’offerta. E’ sempre l’offerta che determina tutto. Ed il Sistema (legislativo e creditizio) glielo deve consentire, questa volta in modo guidato e attento, perché la direzione da adottare non deve subire sbandamenti. E soprattutto in tempi rapidissimi. Quale Visione e quale Sistema Paese? Soffermiamoci sulle condizioni di fondo che devono venire rispettate. Si sono prospettate le direzioni: - della “sostenibilità sociale”, aiutata da investimenti per “l’innovazione di prodotto” (prodotti nuovi permeati dal concetto di sostenibilità) - e della “sostenibilità individuale”, sostenuta da investimenti per “innovazione di processo” (prezzi contenuti, mediante innovazione nei processi produttivi) per generare volumi nel corpo centrale della domanda. Si è anche detto che i tempi delle decisioni devono essere davvero ravvicinati, che non si può aspettare. 11 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | NON CI RENDIAMO CONTO DI ESSERE GLI UNICI AL MONDO: INVECE DI INVESTIRE SULLE NOSTRE UNICITÀ, RENDENDOLE QUALITATIVAMENTE ANCOR PIÙ INAVVICINABILI, TENDIAMO AD ENTRARE IN COMPETIZIONE CON GLI ALTRI NEI LORO TERRITORI, CON ASSENZA DI SPECIFICITÀ L’urgenza tuttavia non deve entrare in conflitto con una visione del problema di lungo periodo: la “sostenibilità” è un concetto che per definizione entra nelle prospettive di lungo periodo. Ora, il lungo periodo presuppone che ci sia un Sistema Paese funzionante con una “visione”, cioè un progetto di lungo periodo. In altri termini, è necessario indirizzare le ricette di sostenibilità in direzioni definite, in sintonia con il progetto di lungo periodo che questo Paese si vuole dare. La condizione basica perché si possa disegnare qualcosa per il lungo periodo, è che le parti politiche la smettano di contrapporsi con il semplice obiettivo del potere nel breve periodo. I bisogni di destra e di sinistra sono equivalenti in ogni singolo individuo: coloro che ci aiutano a soddisfare i nostri bisogni di destra e di sinistra devono capirlo, e devono collaborare perché tutto ciò avvenga. Quindi stop alle contrapposizioni, e serio impegno per disegnare concordemente un progetto di lungo periodo. Non ci sono alternative! Su quale possa poi essere un buon progetto di lungo periodo per l’Italia, mi sono più volte sbilanciato, in una nuova prospettiva in sintonia con il concetto di rispetto e di armonia che sono impliciti nella sostenibilità sociale. Ricordo gli accenni più volte fatti ad un posizionamento per l’Italia - che si basi su ciò che già di fatto rappresenta una peculiarità non imitabile del nostro Paese: il suo territorio, la sua bellezza, la sua storia, la sua cultura, la sua creatività espressiva, con tutti gli indotti dei business: turismo, arte, alimentazione, abbigliamento, arredamento, e così via. Non ci rendiamo conto che siamo unici al mondo: ed invece di investire sulle nostre unicità, rendendole qualitativamente ancor più inavvicinabili, tendiamo ad entrare in competizione con gli altri nei loro territori, ed in più con assenza di specificità. Il rischio, al di là della crisi, è proprio di essere spazzati via dalla globalizzazione. Alcune riflessioni sulla Sostenibilità Quindi, necessità di un Sistema Paese funzionante, e di una Visione. Ma all’interno la parola magica deve essere “Sostenibilità”. Si deve cioè agire perché i comportamenti e i con- sumi - nelle più varie direzioni - si giustifichino socialmente in una logica di “Sostenibilità”; cioè di “Responsabilità Sociale” proiettata nel futuro. Quando si sviluppa una proposta in questo senso - cioè di sostenibilità - è d’obbligo tenere conto dei pilastri: le proposte di prodotto e/o di logiche di consumo non li potranno tradire. Anzi, possibilmente, all’interno di un sistema territoriale, li dovranno esaltare. Parliamo di: - Sostenibilità ambientale - non solo la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni dell’ambiente di fornitore di risorse, di ricettore di rifiuti e di fonte diretta di utilità. Ma anche la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto “elemento distintivo” del territorio. - Sostenibilità economica - cioè la capacità di produrre e mantenere all’interno del territorio il massimo del valore aggiunto combinando efficacemente le risorse, al fine di valorizzare la specificità dei prodotti e dei servizi territoriali - Sostenibilità sociale - cioè la capacità di garantire condizioni di benessere umano - sicurezza, salute, istruzione - equamente distribuite per tutti i segmenti di una popolazione convivente - Sostenibilità culturale - la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura; la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale. Ne deriva, dunque, che il perseguimento della sostenibilità dipende dalla capacità di garantire - nelle proposte che si fanno - una interconnessione completa tra componenti attinenti… - ...l’ambiente, - …l’economia, - …la società, - …il rispetto delle eventuali diversità culturali. 12 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | Sicurezza sociale, un bene preliminare L’obiettivo primo della sostenibilità è il benessere umano, di lungo periodo. Ora, si è sempre sostenuto che i pilastri basici del benessere siano la salute e l’istruzione. Questo è vero, ma lo è soprattutto da un punto di vista individuale. Ma non dobbiamo dimenticare che esiste una condizione più ampia che deve essere soddisfatta a monte, e che attiene al contesto: la sicurezza sociale. Quindi prodotti “sostenibili”, ma senza dimenticare che nella “sostenibilità sociale” c’è una condizione preliminare da soddisfare - la sicurezza sociale - senza la quale non si va da nessuna parte. Ora, bisogna prendere coscienza del fatto che la crisi ci sta portando “in modo naturale” in una direzione opposta: sta allungando e radicalizzando la società. I segmenti che hanno risorse, di fatto non soffrono più di tanto il momento di crisi, a fronte invece del fatto che i segmenti meno favoriti entrano rapidamente in crisi. In questa situazione le varie marginalità sociali aumentano sempre di più, e la società diventa “bimodale”, cioè a forma di “U”. Le marginalità sociali, attuali e potenziali, tenderanno sempre di più a creare tensioni sociali: pensiamo a coloro che rimangono senza occupazione, non avendo riserve, piuttosto che ai segmenti giovanili che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro, piuttosto che agli immigrati, regolari piuttosto che clandestini (il 10% della popolazione!), che vivono sempre di più ai margini, ecc. Tutte queste sono bombe sociali, pronte ad essere innescate. Oltretutto l’incidenza delle età giovanili è elevata, così come è elevata la rivendicazione del diritto alla vita. Ora, se il problema venisse trascurato, la probabilità che non venga soddisfatta la condizione basica della sicurezza è altissima. Bisogna quindi agire per risolvere il problema, nell’attesa (e nell’auspicio) di una rapida ripresa. Certamente le varie forme di ammortizzatori sociali possibili vanno attivate. Ma non è sufficiente. Si affaccia il più ampio problema della marginalizzazione culturale, oltre che economica, che rappresenta una minaccia più grave. In altri termini, la lotta all’esclu- sione sociale (se ne parla anche nella Costituzione Europea, art. 34) diventa strategica perché si possa parlare di vera sostenibilità: se non c’è coesione sociale (inclusione sociale), non ci potrà essere stabilità, e quindi sicurezza. Verso l’inclusione sociale L’inclusione sociale diventa la condizione fondamentale per la sicurezza futura e per la sostenibilità sociale. Si ponga in ogni caso attenzione al fatto che il concetto di “inclusione sociale” è diverso dal concetto di “integrazione sociale”. “Integrazione” significa operare perché individui marginalizzati si integrino nel sistema in cui si trovano, accettandone non solo le leggi e le regole, ma anche consuetudini e cultura. Ciò in qualche misura contrasta con uno dei pilastri della sostenibilità sociale, cioè il rispetto delle diversità culturali (le diversità culturali sono un patrimonio dell’umanità). Questo problema si pone ovviamente per i segmenti marginali che appartengono ad altre culture (es.: gli immigrati). “Inclusione” significa, invece, individuare - per i soggetti marginalizzati - le vie per la partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, riconoscendone i diritti di partecipazione, ed accettando le specificità/diversità culturali. L’inclusione è l’unico sistema per evitare - in presenza di segmenti “sfortunati” - che si creino le condizioni per l’instabilità e per la non sicurezza. E senza sicurezza non c’è sostenibilità. In ogni caso non c’è alternativa. Si può discutere sul fatto che - ad esempio - gli immigrati debbano entrare o meno. Ma una volta entrati, non si può discutere sul fatto che non debbano vivere come una miccia accesa. Dobbiamo porci il problema di spegnere la miccia, e non c’è altra soluzione al diffondersi dell’inclusione. Si constata in questo caso che per raggiungere un sano obiettivo di “destra” (vivere bene la propria esistenza), si rende necessaria una sana metodologia di “sinistra” (preoccupiamoci che tutti possano vivere bene). Remo Lucchi LE MARGINALITÀ, ATTUALI E POTENZIALI, TENDERANNO SEMPRE DI PIÙ A CREARE TENSIONI SOCIALI: PENSIAMO A COLORO CHE RIMANGONO SENZA OCCUPAZIONE, NON AVENDO RISERVE, PIUTTOSTO CHE AI SEGMENTI GIOVANILI CHE NON RIESCONO AD ENTRARE NEL MONDO DEL LAVORO E AGLI IMMIGRATI, REGOLARI E CLANDESTINI (IL 10% DELLA POPOLAZIONE!) 13 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario Andy Warhol, Campbell’s Soup Can 1964 | 14 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | IMPRESE SEMPRE PIÙ IMPEGNATE risultati dell’indagine indicano che mai l’attenzione alla responsabilità sociale e ambientale da parte delle imprese è stata elevata come oggi. Sono soprattutto tre i fattori che - nel recente passato - hanno spinto le aziende ad un crescente impegno su questo fronte: il riconoscimento della serietà del problema rappresentato dal mutamento climatico, la sfida posta dalla globalizzazione che richiede di guardare al mondo in una prospettiva non puramente finanziaria e il maggiore controllo - reso possibile da Internet - sui comportamenti aziendali in ambito sociale e ambientale da parte della pubblica opinione. Una larga maggioranza (86%) dei manager intervistati dichiara che negli ultimi anni la sostenibilità è divenuta più importante nella strategia e nell’operatività delle loro imprese. Un’analoga percentuale (87%) dichiara che diventerà ancora più importante nei prossimi anni. I Tra il dicembre 2009 e il gennaio 2010 l’Economist Intelligence Unit ha realizzato per conto di Enel un’ampia indagine sulla “gestione della sostenibilità” intervistando 200 senior executives di grandi aziende (per un terzo con un fatturato superiore ai 10 miliardi di dollari e per due terzi con un fatturato comunque superiore ai 500 milioni di dollari) appartenenti a una varietà di settori e localizzate in diversi Paesi. I risultati dell’indagine sono stati presentati in occasione del primo Sustainability Day di Enel, lo scorso 8 febbraio, a Roma, una giornata interamente dedicata alla riflessione sul cambiamento di paradigma in atto nella relazione tra imprese e società e alle sue future implicazioni. . Valori in percentuale 56 Adottare un comportamento etico 45 Osservare leggi e regolamenti 43 Migliorare l'immagine dell'azienda 33 Migliorare il risultato economico 28 Soddisfare le esigenze dei clienti 23 Scoprire nuovi mercati 14 Favorire il reclutamento e la fedeltà dei dipendenti 6 Rispondere alle pressioni delle ONG e delle associazioni di cittadini 4 Rispondere alle critiche dei media Altro 2 Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010 15 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | E non si tratta solo di buone intenzioni: circa la metà dichiara infatti di avere già ottenuto risultati significativi nel raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità ambientale (49%) e sociale (53%). Questa prospettiva fa sì che la gestione di questa issue stia progressivamente uscendo dal controllo delle specifiche funzioni ad essa dedicate - i corporate affairs o la corporate communication - e divenga sempre più parte costitutiva della strategia complessiva di business. Appaiono dunque davvero lontani i tempi del green washing ovvero di sporadiche iniziative di CRM o di sponsorizzazione ambientale intraprese per darsi una verniciata superficiale di verde utile a sedurre i consumatori. Tra i motivi che oggi sostengono l’impegno delle imprese alla sostenibilità i senior executives intervistati pongono al primo posto “la scelta etica” (56%) ovvero la sincera convinzione da parte del management che sia opportuno agire in modo responsabile - e a questa affiancano il rispetto delle leggi attuali e future (45%) e il miglioramento dell’immagine aziendale (43%). Più limitata è la percentuale di coloro che citano come driver primario il miglioramento dei risultati economici (33%) e la risposta alle aspettative dei consumatori/clienti (28%). Questo conferma che il rapporto tra l’impegno sul fronte della sostenibilità e il miglioramento dei risultati economici rimane un punto cruciale. Da un recente studio (2008) compiuto dalla Harvard Business School su dati degli ultimi 35 anni, risultava evidente il rapporto tra una scarsa responsabilità socio-ambientale e un risultato economico negativo, ma non il contrario, ovvero l’investimento nella sostenibilità non dà necessariamente risultati migliorativi a livello di bottom line, almeno nel breve periodo. Cresce il consenso per un impegno continuativo nella sostenibilità Ma l’indagine svolta dall’Economist Intelligence Unit indica che anche per questo aspetto le cose sono probabilmente destinate a cambiare nel prossimo futuro. Le imprese intervistate dichiarano infatti che la spinta a cogliere opportunità - sul piano del successo sul mercato e/o del miglioramento dell’immagine - è oggi superiore a quella rappresentata dal desiderio di evitare rischi (ad esempio evitare “crisi” o arrivare impreparati a leggi più severe in campo ambientale e sociale). L’opportunità che un impegno continuativo nella sostenibilità può offrire sta - per il 59% dei rispondenti - nella messa a punto di prodotti “environmentally friendly”. Una percentuale che raggiunge il 71% per le imprese che si rivolgono direttamente con i loro prodotti e servizi al consumatore. . ' Valori in percentuale 51 Codice etico/sistema anti-corruzione 50 Cambiamento climatico/tutela dell'ambiente 40 Fonti energetiche alternative 37 Informatica verde 36 Differenze di genere 33 Investimenti socialmente responsabili Diritti dei lavoratori 30 Coinvolgimento degli stakeholder 30 23 Scambio delle emissioni di C02 Altro 4 Nessuno 4 Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010 16 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | . Valori in percentuale 54 Forte appoggio da parte del top management 38 Migliorare l'efficienza energetica in tutti gli ambiti operativi 32 Formazione continua del personale 30 Coinvolgere i dipendenti in attività collegate alla sostenibilità 29 Integrare gli obiettivi di sostenibilità nei rapporti relativi alle catena d'approvvigionamento 22 Concepire prodotti e servizi che riducano o prevengano i danni ambientali Incentivi ad operatori con cui si interagisce affinché adottino pratiche aziendali sostenibili 12 Includere gli indicatori di sostenibilità nelle valutazioni del rendimento dei dipendenti 12 9 Ridurre le emissioni di gas serra 6 Favorire programmi di interazione con gruppi attivi nella promozione della sostenibilità 5 Non è stata adottata alcuna pratica aziendale per la promozione della sostenilbità Qualificare la società come soggetto a ridotte emissioni di C02 o fornitrice di prodotti che facilitino la riduzione di tali emissioni da parte di terzi 4 2 Altro Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010 Ad esempio la Philips si è posta l’obiettivo di arrivare nel 2012 ad avere il 30% dei suoi prodotti “verdi”. E la Campbell Soup ha dichiarato che il ridisegno delle sue lattine comporterà il risparmio di 16.000 tonnellate di acciaio ogni anno con un notevole vantaggio anche sul piano del conto economico. Oggi solo il 24% dei manager riconosce l’esistenza di un forte legame tra l’impegno per la sostenibilità e un miglioramento della performance finanziaria nel breve termine. Ma il 69% riconosce l’esistenza di un forte legame nel lungo termine. E solo per un terzo delle aziende intervistate gli obiettivi finanziari a breve termine rappresentano una priorità più importante della sostenibilità e costituiscono dunque il principale ostacolo ad un maggiore impegno. Su un piano più operativo le aree riconosciute come prioritarie sono la creazione di codici etici per prevenire la corruzione e altri comportamenti scorretti (51%), l’impegno alla protezione ambientale in particolare in relazione al cambiamento climatico (50%), l’investimento in fonti di energia alternative (40%), la creazione di prodotti a minor impatto ambientale (37%), ad esempio l’offerta di prodotti riciclabili o che consentono di risparmiare energia per rendere i prodotti più desiderabili da parte dei consumatori. Gli obiettivi di sostenibilità non dovranno in prospettiva essere separati dagli obiettivi di business e dunque la sostenibilità dovrà divenire sempre più un elemento costitutivo della governance aziendale. Questo avverrà innanzitutto grazie a un impegno del top management (54%) ma anche attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica (38%), l’educazione dei dipendenti alla sostenibilità (32%), il coinvolgimento dei dipendenti in attività correlate alla sostenibilità (30%) e l’integrazione dei principi della sostenibilità nella gestione della catena di fornitura (29%). Fondamentale viene giudicato da tutti gli executives il reporting periodico come modalità di misurazione e di ve- rifica dei risultati raggiunti. Il rapporto di sostenibilità è ritenuto il più efficace strumento di rendicontazione ma solo la metà delle imprese intervistate redigono attualmente un report socio-ambientale. Un dato che è destinato certamente a crescere nei prossimi anni se è vero - come indica l’ultimo report di KPMG International - che l’80% delle maggiori 250 aziende a livello mondiale redigono regolarmente questo tipo di report mentre erano solo il 50% tre anni fa. E nello stesso tempo un numero crescente di imprese si stanno dotando di strumenti utili per indagare in modo sistematico le aspettative dei loro stakeholders e per rilevare sul nascere le issues emergenti. Una costante attività di stakeholder engagement e di issue management che consente di mettere in atto una comunicazione “mirata” sulle diverse tipologie di stakeholders e rappresenta dunque un’importante opportunità di vantaggio competitivo. Paolo Anselmi 17 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario | GREEN ECONOMY ALLA PROVA L’energia che fa girare il mondo non sarà più la stessa e, come è accaduto in passato con il carbone e con il petrolio, trasformerà radicalmente la nostra società. Una rivoluzione planetaria per salvare la specie, questa, che Diego Masi, presidente di AssoComunicazione, ha tracciato nel suo fortunato volume “Go Green”. D’ora in poi, la parola d’ordine, per le aziende, sarà Whole Brand Reputation, un progetto di posizionamento integrale delle marche, in un mondo che chiede sostenibilità. Whole sta per integro, pulito, onesto, trasparente. Anche la comunicazione dovrà assumere un ruolo più progettuale, per dare significato culturale e sociale alla marca. E dovrà agire con lungimiranza e creatività, senza sottovalutare l’importanza e la diffusione delle relazioni sulla Rete. Il mondo che vorremmo è nelle nostre mani, dunque. Ma la strada che ci attende è davvero molto impegnativa Diego Masi, presidente di AssoComunicazione iego Masi, cremonese, classe 1947, presidente di AssoComunicazione (dal 2008), già parlamentare per due legislature e sottosegretario agli Interni, è un professionista della comunicazione che guarda al futuro. Per questo ha scritto di recente “Go Green”, un volume che si avvia a diventare il Bignami della Green Economy, e che, per tracciare il profilo di quanto accade sull’argomento anche del nostro Paese, ha utilizzato la ricerca “Gli italiani, la Green Economy & Communication”, realizzata da GfK Eurisko per UPA e AssoComunicazione. “Non sono diventato ambientalista solo per aver scritto un libro. Mi sento, però, come uno che ha approcciato il problema e che comincia un processo di rinnovamento. Ho buttato il cuore oltre l’ostacolo, insomma”. E siccome il cuore, si sa, non può andare avanti da solo, Go Green diventerà a breve una società nell’ambito della comunicazione digitale. “Non so ancora se la società attuerà i contenuti del libro. Sto facendo adesso un business plan che non può essere neppure definito tale. Alla mia non più tenera età parto da una start up e da un progetto che prende forma via via che procedo. Ero partito su un’idea iniziale di consulenza, che è il mondo che ho sempre praticato, ma sto verificando gli ampi spazi di un lavoro digitale destinato al consumatore, legato ai servizi di questo mondo”. D Il mondo della comunicazione, però, in questo momento vede il Green Market e quindi il Green Marketing ancora come una nicchia … “… a breve questo sarà il Marketing con la M maiuscola; oggi è un discorso da specializzati, domani sarà generalizzato ed esteso a tutta la comunicazione. Credo che il consumatore si attiverà per chiedere alle aziende di essere più attente ai valori e ai bisogni della società. Questo anche perché il mondo politico non riuscirà più a dare agli Italiani una serie di risposte e di servizi necessari. E allora la gente si aspetterà dalle aziende una maggior partecipazione alla vita civile, una maggiore attenzione al sociale. Le imprese, prima di distribuire denaro agli azionisti, dovranno cominciare a distribuire i dividendi, in termini di servizi, ai propri concittadini, alla comunità, al proprio Paese. Perché è così che si costruisce maggiore reputazione, quella Brand Reputation di cui tanto si parla in questo momento. Dove fino a oggi c’era l’Immagine, adesso c’è la Reputazione. L’impresa non è vista solo come attore di sviluppo economico, ma anche di autentico sviluppo sociale. 18 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | L’azienda che sponsorizza il verde per l’aiuola vicino alla propria sede non basta più. Occorre fare ben altro”. Per il pragmatico Masi studiare il problema significa anche individuare soluzioni. “Il cambiamento si attua non solo per la spinta che viene dai cittadini-consumatori, ma anche per la volontà imprenditoriale di migliaia di operatori che intravvedono un business nel mondo verde. C’è posto per tutti e dipenderà dai capitali a disposizione. Le grandi imprese dovranno ricollocarsi e riposizionarsi, mentre a quelle nuove spetterà il compito di dare vita ad aree di mercato inesplorato. Negli Stati Uniti è in crescita un mercato denominato LOHAS (Lifestyle of Health and Sustainability) che va dal fitness alle energie rinnovabili, ai prodotti verdi per la cura della casa, agli indumenti in fibra naturale, agli alimenti biologici, al green building. Ma non sarà un cammino uguale per tutti. Le aziende nuove che nascono in questo settore (chi produce lo yogurt di soia, per esempio) sono verdi già per missione implicita nella loro attività. Ci sono, invece, aziende che non rientrano nel green market; queste hanno bisogno di una forte consulenza perché per loro il compito è complesso: devono sviluppare nuovi prodotti in tempi che non saranno rapidi. Si muoveranno prima le società di medie dimensioni, dalle alimentari alle farmaceutiche, più agili, più imprenditoriali e capaci di intuire le possibilità di business sociale. Ci sono poi imprese i cui prodotti sono dannosi per l’ambiente (le società petrolifere, per esempio) e la cui riconversione in forme più sostenibili richiede impegno, tempi e denaro. C’è infine, un altro tipo di azienda che non potrà mai diventare verde (la siderurgia, per esempio). Anche queste aziende dovranno intervenire, ‘pagando pegno’ comunque, con una presenza più consapevole e significativa nella società. Il loro sarà uno spirito da ‘onere di urbanizzazione’”. “La grande distribuzione, in questa operazione, dovrebbe essere la più facilitata delle aziende; penso al caso di Hannaford, una delle catene di supermarket americani più accreditati. I ricercatori, lì, hanno creato un sistema pilota per aiutare il consumatore nella scelta dei prodotti migliori per uno stile di vita salutare, ecologico e ambientalista, inserendo le guiding stars. Si tratta di un punteggio a stelle (da una a tre) che contraddistinguono i cibi. Quelli con una stella hanno valori nutrizionali buoni, con due stelle valori nutrizionali superiori; i prodotti che sono stati segnati da tre stelle hanno i migliori valori nutrizionali sul mercato. È un modo molto concreto e sufficientemente garantito per i consumatori che scelgono negli scaffali i prodotti, tenendo d’occhio questa marcatura. E per le aziende, la conquista delle stelle è una motivazione in più ad aggiornare e migliorare i propri prodotti. La distribuzione potrà guidare questo processo di rinnovamento, avvalendosi di esperti delle università e di gruppi non profit. Anche in Italia c’è qualcosa di nuovo. Certo è più facile prendere posizione, per esempio, per la Coop, che ha sempre avuto un atteggiamento orientato verso la sostenibilità, e che ha fondato il Club 4-10 anni 1. In questo modo, anche perdendo del fatturato, costruisce una solida Brand Reputation perché in sintonia con la credibilità della sua coerenza. 1. Coop ha definito “Le linee guida Coop per una corretta alimentazione dell'infanzia”, con la supervisione di un Comitato Scientifico composto da ECOG (European Childhood Obesity Group: ovvero l’organismo europeo più autorevole che ha come obiettivi la protezione e promozione della salute dei bambini) e SIO (Società Italiana dell’Obesità: una delle più importanti società scientifiche che si occupano in specifico del tema obesità). In base a questi princìpi è nata la linea Club 4-10, con prodotti virtuosi destinati 19 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 ai bambini, sviluppati seguendo le regole contenute nelle Linee Guida. Una linea di prodotti che sarà composta a regime da circa 40 referenze, molte delle quali destinate alle occasioni di consumo fuori pasto: tutti i prodotti uniscono alle caratteristiche proprie del marchio Coop (assenza di coloranti, di grassi idrogenati, di OGM e ridotto uso di conservanti) un profilo nutrizionale adeguato. Inoltre nella ricettazione di questi prodotti si eviterà l’uso di grassi tropicali come l’olio di palma e di cocco, e si utilizzeranno solo aromi naturali. | In questo percorso verso la Whole Brand Reputation le banche, che lei cita, arrivano per ultime… “Non significa che la Finanza non debba dare attenzione alla Green Economy, tutt’altro. È che sta attraversando un periodo così difficile e problematico, che dovrà lavorare su elementi fondamentali prima di occuparsi di verde. Le banche devono recuperare la fiducia dei consumatori. E poi non debbono generare confusione. Un esempio per tutti: la Banca Verde, che in Francia è il Crédit Agricole, la cassa rurale, il corrispettivo della nostra Banca dell’Agricoltura. Per far conoscere la banca Verde hanno utilizzato Sean Connery come testimonial. In realtà non è chiaro perché uno scozzese, per quanto bravo e simpatico come Connery, debba testimoniare che questa banca francese si avvia verso il green marketing … Il consumatore non capisce il messaggio, non sono questi i valori nuovi per una nuova economia”. Un messaggio fuorviante, quindi. Lei stesso sostiene che agli inizi di questo nuovo tipo di comunicazione c’è il rischio di fare green washing. “Il termine green washing, coniato nei primi anni ’90 da Greenpeace per descrivere ‘cynical, superficial, public relations marketing’, designa un’appropriazione indebita di virtù ambientaliste da parte di una società, un’impresa, un governo, per farsi un’immagine verde. Oggi è un termine molto controverso, soprattutto perché siamo in un periodo di passaggio. La comunicazione dovrà essere sempre più etica, sincera, informativa, onesta, meno fuorviante. Nessuna furbizia, dunque. È possibile che agli inizi, in Italia, si finisca con il fare green washing: molti tenteranno di dare una semplice ‘pittata di verde’; l’importante, però, è non essere recidivi. Facciamo un esempio recente; Yamamay ha presentato una linea go green, che utilizza addirittura la font del mio libro. Per questa linea, comunque, ha prodotto capi con tessuti organici (bio cotone). Come non dare atto che stanno tentando di andare in questa direzione? Vedremo cosa faranno nella prossima campagna perché per diventare davvero green bisogna intraprendere una strada, non fare scelte isolate”. “Preferisco un’azienda che comincia per singoli passi piuttosto che chi aspetta di decidere grandi strategie. Questi sono momenti nei quali occorre che si butti il cuore oltre l’ostacolo; poi arriva tutto il resto. Quando Whole Foods Market aprì il primo negozio di cibo naturale e biologico nel 1980 ad Austin, Texas, non aveva certo in progetto gli altri 270 punti vendita che ci sono oggi tra Nord America e Regno Unito. Anche in questo caso il processo è iniziato con un esperimento verde e poi si è sviluppato e compiuto. Non bisogna essere integralisti, in questo ambito. Un po’ come nella valutazione della conferenza di Copenhagen, del dicembre scorso. Gli ambientalisti dichiarano che è stato un disastro. Io preferisco chiamarlo un successo a metà. Per la prima volta si è presentato tutto il top della politica del mondo. Hanno capito che “Sciences leaves us no spaces for inaction”. A Kioto nel ‘92 gli Americani non c’erano. Io leggo come un buon segnale che il mondo sta cambiando”. Per evitare green washing, ci sono indicazioni più precise del semplice suggerimento a essere sinceri? “Esiste una lista dei sei segni che possono aiutare a capire quando ci troviamo di fronte a un tentativo di green washing: 1. Peccato di nascosto tradeoff, quando si dichiara un unico elemento verde presente per affermare che un prodotto è green 2. Peccato di mancanza di prove, quando non ci sono dati per convalidare l’affermazione 3. Peccato di vaghezza, con affermazioni vaghe e non chiare 4. Peccato di irrilevanza, con affermazioni che spostano l’attenzione su elementi irrilevanti e non verdi 20 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | 5. Peccato del “minore dei mali”, affermazioni che distraggono da considerazioni sull’impatto ambientale del prodotto 6. Peccato di falsità… Parliamo di lavoro e di giovani... “Ci sono troppi giovani oggi che vogliono fare comunicazione, in un mercato troppo stretto. Le posizioni in questo settore sono 20-25.000 in tutta Italia. L’università, con la laurea in scienza della comunicazione, ne sforna circa 30.000 all’anno. A un giovane agli inizi direi ‘Pensaci’. A quelli che ci hanno già pensato e si trovano ormai in uno stadio avanzato del percorso si possono dare suggerimenti, anche considerando che il lavoro di agenzia ha smarrito molto del suo appeal, insieme a molti dei suoi soldi. In 10 anni abbiamo quasi perso il 40% del fatturato. A questi giovani va detto che per fare una comunicazione seria e perbene bisogna essere ancora più capaci. I giovani devono capire che il ruolo della comunicazione non è solo trovare la bella frase o realizzare il bello spot, ma interpretare un progetto a medio termine di una azienda e del suo modo di essere presente nella società. E poi c’è la grande rivoluzione del Web. La differenza tra un manifesto o uno spot e la Rete è fondamentale: dei primi si può dire “è una bella comunicazione”. Se invece sono su Facebook o scrivo un blog, parlo con milioni di altre persone che hanno la mia stessa specializzazione, i miei stessi interessi. Quello che unisce tutte queste persone è il buzz digital, il passaparola. E allora bisogna imparare a fare del buzz marketing , presentandosi all’interno della Rete per parlare della propria marca in modo trasparente e pulito. Un’agenzia, così, avrà più bisogno di gente che conosce meglio il digitale, che sa di sostenibilità, che guarda di più al mondo sociale, pianificatori che non pensano solo al consumatore, ma alla società nel suo complesso; marketing insight, capaci di una conoscenza approfondita dei bisogni, delle aspettative, dei comportamenti, e, più in generale del contesto socio - politico - culturale - ambientale, ricercatori e ricerche per definire meglio, anche in termini applicativi, le tendenze vere. E poi, naturalmente serviranno creativi di nuovo tipo. Le agenzie, come le auto, saranno ibride, forti di creatività e vena artistica, ma capaci di seguire e promuovere il processo di innovazione delle aziende, che si stanno attrezzando per essere più agili in futuro. I pubblicitari? Non credo siano degli anticipatori, piuttosto degli artisti, che sanno interpretare creativamente i dati di fatto. In questo momento di trasformazione non possono contare sul passato, possono solo scatenare creatività e fantasia”. Diego Masi certo è un buon esempio. Tra una presentazione e l’altra del suo “Go Green”, ha mandato a compimento un’importante partnership nel mercato del social media marketing: la fusione di PromoDigital, società italiana specializzata in buzz marketing, di cui è Presidente, con Wikio, aggregatore di blog internazionale. “Da un lato ci serviamo di un sistema in forte espansione che aggrega tantissimi blog, di contro offriamo competenze in ambito del buzz marketing”, dice. “Io ho molta fiducia nel digitale, lo conosco da tanto, e anche l’accordo Wikio ne è un esempio. Io spingo su quest’area anche se trovo alcune resistenze forti. Molti lo considerano ancora una nicchia, un complemento, un mezzo, uno strumento. Non è così. Parleremo sempre di più in modo digitale e la comunicazione non può non accorgersi di tutto questo. Per salvare la vecchia creatività non si può non vedere quello che sta già accadendo. Io troppo digitale? Meglio preoccuparsi se lo si è troppo poco”. Vitalba Paesano IL TERMINE GREEN WASHING, CONIATO NEI PRIMI ANNI ’90 DA GREENPEACE, DESIGNA UN’APPROPRIAZIONE INDEBITA DI VIRTÙ AMBIENTALISTE DA PARTE DI UNA SOCIETÀ, UN’IMPRESA, UN GOVERNO, PER FARSI UN’IMMAGINE VERDE 21 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario © Annette Hornischer, Germany | 22 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | I CONSUMI DOPO LA CRISI: SEGNALI DAL MONDO GfK Roper Reports Worldwide* identifies new trends in global consumption L’economia globale è in ripresa dalla primavera del 2009 e la natura temporanea o duratura di tale trend positivo dipenderà in buona parte dai consumi privati. Come evidenziato dall'analisi annuale GfK Roper Reports Worldwide*, l'incertezza sembra dominare i consumatori a livello internazionale. T ra il 2008 e il 2009 la situazione finanziaria di quasi due terzi dei consumatori è peggiorata a livello internazionale. I datori di lavoro hanno tagliato posti di lavoro e stipendi. Il valore degli investimenti è diminuito. Si è registrata una difficoltà generale a pagare le bollette mensili e a saldare debiti e finanziamenti. Nell’elenco generale delle preoccupazioni principali dei consumatori, il timore della recessione e della disoccupazione è salito dal quarto al primo posto nell’arco di un solo anno, superando fattori quali “inflazione e prezzi alti”, “criminalità e illegalità” e “reddito sufficiente a vivere in modo decoroso”. L’attuale crisi finanziaria sembra coinvolgere maggiormente i consumatori * GfK Roper Reports Worldwide Da 1997 GfK Custom Research North America con sede negli USA ha intervistato più di 25.000 consumatori in almeno 25 Paesi per la ricerca GfK Roper Reports Worldwide. Le interviste costituiscono la base di diversi analisi approfondite, tra cui il Global Consumer Recession Index, il rapporto Mood of the World and Values Factbook (Almanacco dei Valori). Basandosi sui dati GfK Roper Reports PEOPLE, PLACES, PURCHASES The global economy has been on the upturn since spring 2009. Whether this upswing is temporary or lasting will largely depend on private consumption. However, consumers across the globe are unsettled, as highlighted by the GfK Roper Reports Worldwide study. This annual global syndicated survey also reveals that consumers are still spending, despite widespread uncertainty, but are doing so in a different way statunitensi, di Taiwan, del Canada, della Corea del Sud e del Regno Unito. Non vi è più traccia della sicurezza che derivava loro dalla stabilità economica dei rispettivi Paesi negli anni passati. Come se non bastasse, questi consumatori stanno anche sperimentando preoccupazioni finanziarie mai affrontate, associate all’improvvisa necessità di risparmiare. I consumatori egiziani, indiani, polacchi e sudafricani, dal canto loro, sembrano resistere molto meglio alla crisi. I motivi potrebbero essere rintracciati nella libertà relativamente limitata di cui hanno beneficiato a livello economico o nella preoccupazione per altre questioni locali quali la criminalità o i cambi imminenti di governo. Worldwide, il Gruppo GfK ha individuato otto diversi segmenti di consumatori in relazione ai loro valori e interessi; questi gruppi (GfK Roper Consumer Styles - RCS) presentano bisogni e stili d’acquisto distinti. La ricerca GfK Roper Reports Worldwide è condotta dal dipartimento autonomo GfK Roper Consulting, che ha le sue origini nell’azienda fondata nel 1933 da Elmo Roper (1900-1971), pioniere delle ricerche di mercato negli Stati Uniti. * GfK Roper Reports Worldwide US-based GfK Custom Research North America has surveyed 25,000 or more consumers in at least 25 countries for the GfK Roper Reports Worldwide study every year since 1997. The interviews form the foundation of numerous in-depth analyses, including the Global Consumer Recession Index, Mood of the World report, and Values Factbook. Using GfK Roper Reports Worldwide data, the GfK Group 23 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 The personal financial circumstances of almost two-thirds of consumers worldwide deteriorated between 2008 and 2009. Employers implemented job and salary cuts. The value of investments decreased. People found it difficult to pay their monthly bills and pay off their credit and debt. Accordingly, the number of people looking to the near future with confidence has fallen dramatically and at 52% is the lowest level in ten years. On the global list of consumers’ top concerns, the fear of recession and unemployment jumped from 4th to 1st place within the space of just one year, overtaking “inflation and high prices,” “crime and lawlessness,” and “money enough to live right.” People in the USA, Taiwan, Canada, has identified eight distinct consumer groups based on values and interests; these GfK Roper Consumer Styles (RCS) groups also have distinct consumer needs and shopping styles. The GfK Roper Reports Worldwide study is conducted by the independent GfK Roper Consulting division that has its roots in a company founded by Elmo Roper (1900 - 1971) in 1933, a pioneer of market research in the USA. | La crisi non incide sulle spese per i consumi La crisi non investe i consumi globali, che sembrano tuttavia caratterizzati da nuovi orientamenti. Se è proprio impossibile acquistare un nuovo frigorifero, che il vecchio sia almeno ben rifornito! Le vacanze non si toccano, ma sono bandite le destinazioni costose all’estero. Invece dell’iscrizione in palestra, due giri del parco con le nuove scarpe da corsa. Piccoli lussi Oggigiorno, quattro consumatori su cinque affermano di risparmiare, seppur con modalità differenti. Si concedono una birra in meno al pub e spengono le luci quando lasciano una stanza. Un numero sempre maggiore trascorre le vacanze a casa e tiene lo stesso cappotto per un altro inverno o guarda l’ultimo film di successo solo quando esce in DVD. La maggior parte evita di mangiare fuori. Questi dati sono confermati da Europanel. Il 94% dei consumatori, tuttavia, ritiene importante concedersi ogni tanto un piccolo lusso, come ad esempio un’uscita in un ristorante sfizioso. A livello internazionale, mangiare fuori è la quinta modalità scelta dai consumatori per gratificarsi (Fig. 1). Negli Stati Uniti e in Canada, le uscite al ristorante figurano in realtà al terzo posto. In generale, si risparmia su queste uscite senza rinunciarvi completamente, ritenendole sempre più un lusso e tagliando, probabilmente, le . Cifre in percentuale Paese con percentuale più elevata 51 Concedersi più tempo libero Germania 74 Dormire fino a tardi 38 Germania 74 Mangiare e bere bene 38 Tailandia 72 Messico 48 USA 55 Corea del Sud 57 33 Spendere in abbigliamento 30 Mangiare fuori 27 Acquistare qualcosa che si desidera da tempo Uscire a divertirsi 22 Corea del Sud 42 Fare un bagno lungo nella vasca 22 Germania 46 Acquistare un libro o una rivista 22 Regno Unito, Germania 43 Francia, Australia 40 Francia 49 Italia 30 Taiwan 51 21 Fare un breve viaggio (in giornata/weekend) 19 Festeggiare con gli amici 18 Fare acquisti dedicati ai propri hobby 16 Prendere un giorno di ferie Acquistare musica o video 14 Regno Unito 29 Acquistare un prodotto di ultima tecnologia 14 Taiwan 44 India 52 Taiwan 31 9 Concedersi un trattamento termale Acquistare un gioiello Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide 6 Base: 35.000 consumatori di età superiore ai 15 anni in 25 Paesi; possibilità di risposte multiple 24 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | IL TIMORE DELLA RECESSIONE E DELLA DISOCCUPAZIONE È SALITO DAL QUARTO AL PRIMO POSTO NELL’ARCO DI UN SOLO ANNO, SUPERANDO FATTORI QUALI “INFLAZIONE E PREZZI ALTI”, “CRIMINALITÀ E ILLEGALITÀ” E “REDDITO SUFFICIENTE” bevande costose o i dolci. Un terzo dei consumatori ama spendere nell’abbigliamento per dimenticare le preoccupazioni quotidiane, rendendo questo orientamento il quarto più selezionato a livello internazionale. I latino-americani appaiono particolarmente inclini verso questo tipo di gratificazione. In Brasile, ad esempio, l’abbigliamento è la forma di appagamento più selezionata. “Mangiare e bere bene” e “dormire fino a tardi”, col 38%, si attestano a pari merito al secondo posto della classifica internazionale delle gratificazioni. A livello nazionale, si osservano notevoli differenze. Restare a letto fino a tardi è il modo migliore di rilassarsi per tre quarti dei Tedeschi, un numero decisamente superiore rispetto a tutti gli altri Paesi. Nel Regno Unito, in Giappone e in Russia risulta, invece, al primo posto “Mangiare e bere bene”. La modalità scelta in media da oltre il 50% degli intervistati per migliorare la qualità della vita quotidiana è concedersi più tempo libero. Una scelta particolarmente importante in Europa occidentale e in America del Nord. Come citato in precedenza, tuttavia, l’impiego del tempo libero è particolarmente diversificato in quanto spazia da un pasto particolarmente sfizioso, al dor- South Korea and the UK feel most affected by the current financial crisis. Having been able to rely on the economic stability of their countries in preceding years, this security has evaporated. In addition, they are now facing previously unencountered financial concerns, with the associated need to suddenly start saving. Conversely, consumers in Egypt, India, Indonesia, Poland and South Africa seem to be coping much better with the crisis. This might be because the leeway they have had in financial terms has always been relatively restricted, or because the population is worried about other issues in their country, such as crime or an imminent change in government. Consumer spending continues nevertheless Despite the downturn, there can be no talk of a crisis in global consumption. Consumers continue to spend, although their focus has shifted. If there is to be no new refrigerator, at least the old one should be well stocked. Holidays yes, but not to expensive destinations abroad. Instead of an expensive gym membership, two circuits of the park in new running shoes. It is a well-known truth that consumers do not like to acknowledge that they are having to tighten their belts. This was the case in difficult economic times in past decades and is no different today. Little luxuries Today, four out of five consumers worldwide say that they are saving money in some fashion. They will drink a pint less than usual in the pub and make sure they switch off the lights if nobody is in the room. More people are also spending their holidays at home. They are deciding to wear their coats for another winter and to watch the latest blockbuster movie when it is released on DVD. 25 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 Most will also opt to eat at home rather than going out. This is also demonstrated by Europanel data. However, indulging in little luxuries now and then is important to 94% of consumers. For example, enjoying one of those now rare meals in a restaurant. At the international level, eating out is the fifth most popular choice of consumers in terms of allowing themselves a treat (Fig. 1) and in the USA and Canada, restaurant meals are actually in 3rd place. Generally, people are saving on eating out without giving it up completely. Instead, they are increasingly turning it into a tangible luxury and something special. Maybe they are cutting back on expensive drinks or desserts. In order to forget their everyday worries, one-third of consumers like to shop for clothes, making this globally the fourth most popular indulgence. Latin Americans are particularly likely to reward themselves in this way. In Brazil, for example, buying clothing is the top-ranked indulgence, and in Mexico, the second favorite. With 38% of consumers opting for “having something nice to eat and drink” and “sleeping late”, these are in joint 2nd place on the global list of indulgences. Nevertheless, there are vast differences at the national level. Three-quarters of Germans count the lie-in among their favorite ways to relax, which exceeds all the other countries by far. “Having something nice to eat or drink” ranks first in the UK, Japan and Russia. However, on average, something far more general and subjective is the absolute favorite way in which people across the globe enhance their day-to-day lives: taking time for themselves. More than 50% like to indulge in this way. Having time for themselves is particularly important to Western Europeans and North Americans. At the same time, the great majority of consumers in Mexico, | . Cifre in percentuale Paese con percentuale più elevata 44 Fare acquisti quotidiani più oculati 41 Utilizzare buoni sconto 37 Acquistare alcuni prodotti solo se in offerta USA 68 Francia 85 Francia 68 Aumentare gli acquisti presso i discount 36 Corea del Sud 56 Utilizzare meno/rinunciare a qualcosa 36 Usa 63 Francia, Usa, Regno Unito 57 Svezia 37 Canada 43 Australia 42 27 Passare dai prodotti di marca ad equivalenti meno costosi 25 Acquistare prodotti a risparmio energetico Acquistare un numero elevato di prodotti per ottenere uno sconto Acquistare prodotti di seconda mano 19 18 Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide - Base: 35.000 consumatori in 25 Paesi di età superiore ai 15 anni che hanno svolto l’attivita negli ultimi dodici mesi; possibilità di risposte multiple mire fino a tardi o allo shopping. Molti intervistati amano andare al cinema, concedersi un lungo bagno nella vasca o andare a trovare gli amici. Sebbene si auto-impongano di risparmiare, i consumatori riescono comunque a divertirsi e consumare. Sono solo diventati più attenti alle spese e selettivi. L’importanza della convenienza L’acquisto di beni di consumo quotidiani si configura come un progetto strategico nell’ambito di situazioni economiche individuali (Fig. 2). Gli Americani, ad esempio, riflettono attentamente prima di acquistare qual- cosa. I Francesi appaiono fanatici dei buoni sconto e se un prodotto che desiderano non è in offerta, circa due terzi dei consumatori Americani e Francesi, così come i loro corrispettivi Canadesi e Australiani, lo acquistano solo quando viene ribassato. Oltre la metà dei sud Coreani sceglie le offerte dei discount, mentre più o meno lo stesso numero di Francesi, Americani e Britannici ritiene di poter trovare alternative altrettanto valide sugli scaffali dei negozi, accanto alle marche più costose. Gli Svedesi risparmiano acquistando prodotti a basso consumo energetico, mentre i Canadesi sono i campioni mondiali dell’acquisto LA CRISI, PER QUANTO REALE, NON INVESTE I CONSUMI GLOBALI, CHE SEMBRANO TUTTAVIA CARATTERIZZATI DA NUOVI ORIENTAMENTI. SE È PROPRIO IMPOSSIBILE ACQUISTARE UN NUOVO FRIGORIFERO, CHE IL VECCHIO SIA ALMENO BEN RIFORNITO! 26 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 in grandi quantità. Gli Australiani, dal canto loro, seguono un trend già identificato dagli esperti come “globale e in continua crescita”: gli acquisti di seconda mano. La bicicletta vintage, la porcellana acquistata tra gli oggetti usati e un romanzo preso al volo all’asta su Internet sono tutte opzioni ben accette, alla stregua dei vestiti non più nuovi di zecca. I produttori e i dettaglianti del settore dell’abbigliamento si sono ispirati ai concessionari di automobili e stanno vendendo articoli di moda con certificato di utilizzo precedente. Riacquistano articoli venduti in passato nei loro negozi, li fanno ripulire in modo professionale, fanno in modo di evidenziarne la vera origine e li rivendono a prezzi ovviamente molto ridotti. Gli articoli di marca restano comunque molto popolari. A livello internazionale, ben il 40% dei consumatori apprezzano il valore aggiunto di marca, specialmente quando si tratta di automobili, tecnologia e salute. | A LIVELLO INTERNAZIONALE, BEN IL 40% DEI CONSUMATORI APPREZZANO IL VALORE AGGIUNTO DI MARCA, SPECIALMENTE QUANDO SI TRATTA DI AUTOMOBILI, TECNOLOGIA E SALUTE I consumatori di alcuni Paesi specifici attribuiscono un valore aggiunto relativamente maggiore a particolari prodotti. I Taiwanesi e i Turchi sono i più inclini a ritenere che alcune marche di arredamento meritino Premium Price. Gli Indiani pensano altrettanto dei prodotti per la cura del corpo, gli Argentini della tv, i Polacchi dei prodotti di bellezza, gli Americani della birra e gli Spagnoli del vino e degli alcolici. È continuato ad aumentare, per contro, il numero di Americani che apprezzano i prodotti di marca a prezzi ribassati. Gli incentivi creano domanda La crisi economica internazionale ha modificato l’atteggiamento dei consumatori, ma non ne ha alterato le aspirazioni e i sogni, anche i più importanti. Tutto ciò che li aiuta a realizzarli è accolto con entusiasmo, come ha dimostrato, ad esempio, il successo degli incentivi governativi a scadenza. In Germania, gli incentivi alla rottamazione delle macchine usate hanno provocato l’assalto ai concessionari. Gli stessi incentivi, negli Stati Uniti, si sono tradotti nella vendita di auto nuove e a minor consumo di carburante. Gli USA, inoltre, hanno dimostrato con le loro detrazioni sulla prima casa che un incentivo relativamente ridotto è spesso sufficiente a superare importanti blocchi psicologici. Brazil, the Czech Republic and Poland also mentioned this as something they consider to be a treat. However, what people do with this time varies widely, as mentioned above, and ranges from having a particularly nice meal to sleeping in or shopping. Many also like to go to the movies, relax in the bath or visit friends. Despite imposing saving measures on themselves, consumers are showing that they are nevertheless able to enjoy themselves and consume. They have simply become more cost-aware and selective. Everyone likes a bargain In these circumstances, shopping for daily consumer goods becomes something of a strategic project within the scope of private financial circumstances (Fig. 2). Americans in particular will think twice about whether they really need this or that. French people are true fans of coupons. And if a product they want is not currently on offer, about two-thirds of American and French consumers, along with those in Canada and Australia, will just wait until it is reduced. More than half of South Koreans take advantage of the savings offered by discount stores, while similar numbers of the French, Americans, and Brits find that perfectly good alternatives are available on shop shelves alongside expensive name brands. Swedes in particular buy energy-saving products to save money, while Canadians are the world champions in buying in bulk to get a discount. At the same time, Australians are showing everyone what experts have already identified as a growing global trend, opting for second-hand items. Granddad’s bike, china picked up at a yard sale and a novel snapped up in an Internet auction are all appreciated. So are clothes that are not brand new. Apparel manufacturers and retailers are already responding by taking a lesson from automotive dealers and selling certified pre-owned fashion. 27 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 They take back goods purchased originally at their store, have them professionally cleaned, ensure that their genuine origin is evident, and re-sell them - at a significantly reduced price, of course. Nonetheless, branded goods remain very popular. Worldwide, as many as 40% of consumers recognize the premium value of certain brands. This applies particularly to cars, technology and health. Consumers in certain countries also attribute comparatively greater premium value to specific types of products. For example, consumers in Taiwan and Turkey are more likely than others to appreciate that some furniture brands are worth paying more for. Indians feel this way about body-care products, Argentineans about TVs, Poles about beauty products, Americans about beer, and Spaniards about wine and liquor. Nevertheless, the willingness to pay more for name brands has continually decreased, at least in the US, over the past few decades. At the same time, the number of Americans who like branded goods but at low prices has increased steadily. Buying incentives create demand The behavior of consumers across the globe has changed in light of the economic crisis. However, their aspirations and dreams - including the major ones - remain the same. Everything that takes them a little closer to fulfilling these is received with open arms. This is highlighted, for example, by the success of government incentives that are limited to a specific time. In Germany, the scrappage bonus for old cars resulted in a run on car dealerships. The same goes for the USA, where the cash-for-clunkers program promoted sales of new, fuel-efficient cars. Moreover, the USA proved with first home allowances that often only a relatively small incentive is required to overcome major psychological hurdles. | ’ percentuale di consumatori estremamente d'accordo con le affermazioni (6 o 7 su una scala da 1 a 7) 42 42 Totale Complessivo Brasile 28 29 31 22 Desidero che i miei prodotti siano innovativi almeno quanto quelli dei miei amici 28 29 I valori influenzano i consumi I consumatori dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) amano acquistare prodotti non strettamente necessari. Si interessano più della media ai prodotti di qualità più recenti (Fig. 3), con- India Cina 22 Avere l'ultimo modello di cellulare permette di fare una buona impressione Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide Secondo le stime degli esperti, quest’anno, a causa della lentezza del mercato immobiliare, senza l’apporto di capitale non sarebbe stato possibile vendere circa il 40% delle abitazioni effettivamente acquistate. Anche nei momenti di crisi finanziaria, i sussidi rendono allettanti agli occhi dei consumatori i beni di cui non si ha prima necessità. Russia 31 Base: 31.500 consumatori di età superiore ai 13 anni in 25 Paesi siderando un “must” l’ultimo cellulare o schermo LCD con risoluzione elevata. Se dovessero scegliere tra un reddito più elevato e maggiore tempo libero, molti di questi consumatori sceglierebbero i soldi. In India, in particolare, la quota di consumatori mossi da impeti materialistici è quasi raddoppiata negli ultimi otto anni, passando dal 31 % al 59%. Ma come impiegherebbero eventuali introiti maggiori? I Russi li spenderebbero in viaggi, mentre i Cinesi li destinerebbero all’acquisto di una casa. I consumatori che desiderano più di altri la sicurezza economica e un certo status rientrano nella categoria dei “Casalinghi”. Si tratta del gruppo più numeroso tra gli otto in cui si suddividono gli Stili dei Consumatori GfK Roper dei paesi BRIC e di altri mercati emergenti in America Latina e in Asia. I consumi internazionali sono promossi anche da altri stili di vita che sembrano resistere alla crisi. I “Sognatori”, orientati verso la moda e i prodotti di marca, sono concentrati sopra la media in Asia e in Europa Centrale. La seconda categoria comprende gli “Avventurieri”, che amano uscire e fare esperienze differenziate. La terza e ultima categoria ad alzare il livello dei consumi è quella dei “Consumatori di Larghe Vedute”, che amano gratificarsi GLI ARTICOLI DI MARCA RESTANO ANCORA MOLTO POPOLARI. A LIVELLO INTERNAZIONALE, BEN IL 40% DEI CONSUMATORI APPREZZANO IL VALORE AGGIUNTO DI TALUNE MARCHE, SPECIALMENTE QUANDO SI TRATTA DI AUTOMOBILI, TECNOLOGIA E SALUTE 28 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | LA CRISI VIENE AFFRONTATA CORAGGIOSAMENTE ANCHE DA UN GRUPPO TRASVERSALE: LE MAMME, O MEGLIO, LE “NEO MAMME”. SI TRATTA DI DONNE CON ALMENO UN FIGLIO AL DI SOTTO DEI TRE ANNI, APPARTENENTI A CULTURE DIVERSE. più di tutti gli altri gruppi anche nei momenti di crisi. Le ultime due categorie rappresentano circa un quarto della popolazione dell’America del Nord, dell’Europa Occidentale e delle regioni asiatiche più benestanti. Il tratto comune ai consumatori dei tre gruppi è la tendenza a coltivare le proprie passioni. I bisogni delle “Neo mamme” La crisi viene affrontata coraggiosamente anche da un gruppo trasversale: le mamme, o meglio, le “Neo mamme”. Si tratta di donne con almeno un figlio al di sotto dei tre anni, appartenenti a culture diverse. Sebbene consapevoli delle responsabilità nei confronti della famiglia, non vogliono smettere di divertirsi. Amano rilassarsi, specialmente con pause brevi e non costose che portano via poco del loro tempo prezioso e sono interessate al proprio aspetto, rivelandosi consumatrici accanite di articoli di moda e prodotti di bellezza. Più di altre, scoprono online le informazioni sui loro prodotti, fanno gruppo e amano condividere le proprie esperienze. Le “Neo mamme” ritengono che i produttori e i distributori le trascurino. Sono un target generatore di nuove tendenze trasversali a livello internazionale. Natalie Bayon According to estimates by experts, given the sluggish real estate market, around 40% of this year’s house sales would not have gone ahead without the cash injection. Even in financially difficult times, attractive allowances are making things palatable for consumers which they do not strictly need, or at least would not need immediately. In this respect, product groups on which people do not like skimping anyway are scoring particularly well. These include domestic appliances, toys and entertainment media. Values influence consumption Consumers in the BRIC countries, comprising Brazil, Russia, India and China, are particularly enthusiastic about purchases which are not strictly necessary. For reasons of status, their interest in the newest and best products is above the global average (Fig. 3). The latest mobile phone or the LCD monitor with the highest resolution are must-haves. Given a choice between more money and more time, a remarkably high number of these consumers would opt for more money. This applies in particular to India. Here, the share of consumers driven by materialistic considerations has almost doubled in the past eight years from 31% to 59%. And what would people do with any additional income? Russians would spend it on travel, while the Chinese would put it towards buying a house. People who long more than others for financial security and status are grouped in the lifestyle category of the “Homebodies”. This group represents the largest of the eight GfK Roper Consumer Styles in the BRIC countries and the other emerging markets of Latin America and Asia. At present, three other lifestyle groups are driving global consumption in particular and are therefore considered to be resilient to the crisis. The “Dreamers”, who focus particularly on fashion and brands, are represented to an above-average extent in Asia and Central Europe. The second group comprises the “Adventurers”, who like to go out and experience different things. And finally, the “Open-minded”, who indulge more often than all of the other groups even in times of crisis, represent the third group which is boosting consumption. The last two of the consumer groups mentioned account for around a quarter of the population respectively in North America, Western Europe and the more affluent parts of Asia. What consumers of all three lifestyles have in common is that they pursue their passions. The needs of “New Moms” Across different countries and lifestyles, a so far untapped, pluralistic target group is also braving the crisis: mothers. Or rather, “New Moms”. These are women with at least one child under age three. Across the generations, they are multicultural and have life and career experience. Although they are very aware of their responsibilities to their families, they do not wish to miss out on fun in their lives. They love to relax, particularly by having short breaks which neither cost too much nor take up too much of their valuable time, and they have an above-average interest in their looks which means they are eager consumers of fashion and beauty. More than others, they gather information about products online, are networked and enjoy sharing their experiences. To date, these New Moms do not feel that industry and retail are consciously taking them into account. However, they represent a target group that should be taken seriously, as they are also creating new trends in private consumption and embody consumer wishes which are currently changing fundamentally across the globe. This article is based on data from the 2009 GfK Roper Reports Worldwide survey 29 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario | 30 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | L’AUTOMEDICAZIONE NEL TREND DEL BENESSERE 1 È un’esperienza sempre più diffusa fra gli Italiani. Lo rivela un nostro studio realizzato per la campagna di informazione realizzata da Anifa con l’obiettivo di sensibilizzare ed educare i cittadini a un uso corretto e responsabile dei farmaci da banco/OTC. Il 67% degli Italiani (circa 32 milioni, dai 25 ai 64 anni) nell’ultimo anno ha fatto ricorso a questi prodotti, oltre la metà ne ha assunto uno negli ultimi tre mesi e il 41% lo ha fatto negli ultimi 30 giorni. Tra questi, in prima linea le donne. . ’ 100 90 80 67 70 60 50 54 13 13 41 40 30 20 10 0 ...nell’ultimo mese ...negli utimi 3 mesi ...negli ultimi 12 mesi . 90 38 52 Anche se senza ricetta, è comunque un farmaco /prodotto medicinale Molto 88 85 28 27 84 79 79 25 23 20 54 56 55 24 60 58 60 È capace di risolvere malesseri/ piccoli disturbi È sicuro e autorizzato dal Ministero della Salute È sicuro e garantito dalle Case Farmaceutiche che lo producono Si può usare al bisogno, decidendo da soli È da utilizzare È facile su consiglio da riconoscere di un esperto (medico/ farmacista) Abbastanza Le donne, tradizionalmente più sensibili al proprio benessere, da sempre custodi della salute propria e dei propri familiari, culturalmente più attente e informate sui temi della salute, anche in questo caso confermano il loro orientamento a curarsi e a farsi carico dei problemi di salute: l’indagine evidenzia, infatti, come le donne ricorrano ai farmaci da banco in maniera significativamente maggiore rispetto agli uomini (74% contro 61%). La gestione episodica del dolore e del disturbo stagionale (febbre, sintomi influenzali) rappresentano le occasioni di ricorso al farmaco da banco più diffuse. Al di là della diffusione del fenomeno, l’automedicazione tende a configurarsi come una pratica appropriata e consapevole: chi acquista un farmaco da banco nella maggior parte dei casi identifica correttamente come OTC proprio un farmaco senza ricetta (negli altri casi si tratta di farmaci ampiamente consolidati nell’uso familiare), sa (nel 90% dei casi) che si tratta di un medicinale nonostante non sia necessaria la ricetta medica, circa l’80% lo ritiene un farmaco sicuro, garantito (dalle Aziende produttrici) e controllato (dal Ministero della Salute), da assumere per i piccoli disturbi con il consiglio di un esperto (medico o farmacista) (Fig. 2 ). Valori in percentuale 31 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 75 Valori in percentuale 1. La fonte dati è un’indagine ad hoc, condotta per ANIFA e basata su una metodologia quantitativo-personale (sistema CAPI), effettuata attraverso 3 waves su campioni rappresentativi della popolazione italiana dai 25 ai 64 anni di circa 1.000 casi. Rilevazioni condotte in giugno 2009 (T0), ottobre 2009 (T1) e gennaio 2010 (T2). | . Di solito, quando Lei utilizza per la prima volta un farmaco da automedicazione legge il foglietto illustrativo... ... sempre 47 ... solo a volte 34 ... mai/quasi mai 19 Valori in percentuale > Il profilo caratteristico - Donne - Operai - Casalinghe - Artigiani - Laurea > Il profilo caratteristico - Uomini - Media Inferiore - Sud e Isole - Artigiani e operai Media: 2,7 Insomma, dall’indagine emerge un profilo di un consumatore non sprovveduto, maturo, attento, responsabile e consapevole, che sa di assumere un farmaco anche se senza ricetta e che di conseguenza chiede e si aspetta il consiglio di un esperto. L’esperienza d’uso risulta aver generato presso il pubblico un’elevata percezione di valore per il farmaco da automedicazione. Valutato nella gran parte dei casi come un rimedio decisamente utile, il farmaco OTC fonda la sua valorizzazione anzitutto sul riconoscimento di “rimedio in grado di eliminare i disturbi e restituire benessere” . Un’ulteriore conferma del comportamento attento e responsabile del cittadino viene segnalata dalla diffusione della lettura del foglietto illustrativo (il cosiddetto “bugiardino”): circa l’80% degli italiani afferma di leggere (sempre o a volte) il foglietto illustrativo la prima volta che acquista il farmaco. Si leggono soprattutto le informazioni pratiche che guidano all’assunzione del farmaco: le indicazioni di utilizzo (per quale disturbo) e la posologia (il dosaggio e quando prendere il farmaco); solo la metà legge controindicazioni ed effetti collaterali, raramente si legge la composizione del farmaco. Chi dichiara di non leggerlo (il 19%) non sembra farlo per disattenzione: non lo legge perché si fida del consiglio del farmacista o delega la moglie (che si conferma “custode” e gestore della salute in famiglia), a volte anche perché intimorito dagli effetti collaterali di cui potrebbe venire a conoscenza (Fig. 3). Il bollino rosso, simbolo che compare su tutte le confezioni dei farmaci OTC, elemento centrale intorno a cui ruota la campagna di comunicazione ANIFA, rappresenta un segnale importante di garanzia e di attenzione. Infatti il bollino sembra realmente rappresentare per il consumatore oltre che un marchio di riconoscimento della categoria (farmaco senza ricetta) anche un segnale di attenzione che garantisce il valore del prodotto: certifica un prodotto sicuro, autorizzato e comunque sempre un medicinale. Obiettivo raggiunto dalla campagna ANIFA è la diffusione della conoscenza del bollino: dopo la campagna aumenta infatti il ricordo e la corretta decodifica del bollino. Lo ricorda spontaneamente circa un terzo (31%) degli intervistati (era solamente il 16% prima della campagna), e addirittura l’85% delle persone che hanno visto la campagna (Fig. 4). Per quanto riguarda il ruolo dei consulenti esperti l’indagine ci offre una fotografia molto chiara: automedicazione non significa “fare da soli” ma al contrario farsi consigliare e supportare da un consulente esperto, in particolare il farmacista. L’indagine mette in rilievo, infatti, la centralità attribuita al farmacista, figura chiave dell’automedicazione a cui si attribuisce un importante ruolo di consiglio e di consulenza: nel 41% dei casi è il farmacista che ha consigliato la scelta dell’ultimo farmaco da automedicazione acquistato, e oltre l’80% degli italiani si aspetta dal farmacista una consulenza specifica sul farmaco più adatto per il proprio disturbo, indicazioni su come prendere il farmaco (dosi e assunzione), informazioni su eventuali effetti collaterali e controindicazioni. . : - No, non ricordano alcun segno distintivo sulle confezioni dei farmaci da automedicazione 69 Sì, ricordano un segno distintivo sulle confezioni dei farmaci da automedicazione 31 > TO ∆% 16% + 15% Valori in percentuale Ricordano campagna pubblicitaria (n=347) Ricordo sollecitato 32 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 85% | . Valori in percentuale 41 Consigliato dal farmacista 19 Consigliato da amici/parenti 14 Consigliato dal medico 13 L’ho trovato in casa 4 Ho visto la pubblicità L’ho scelto da solo 1 Lo usavamo in casa da anni 1 Non indica 7 Insomma, un vero consulente esperto che guidi il cittadino all’autocura (Fig. 5). Risultati molto positivi della campagna Anifa dovuti sicuramente all’impatto e alla chiarezza della campagna, ma anche alla sensibilità dei cittadini sui temi di salute: si osserva, infatti, un crescente interesse e propensione degli Italiani a farsi carico della propria salute con consapevolezza e competenza2. Nell’ultimo decennio si è verificato un consistente passaggio da approcci culturali più poveri-basicidisimpegnati ad approcci culturali più evoluti e ricchi di progettualità nell’area della salute. In 10 anni una consistente parte della popolazione (stimabile in valori assoluti in circa 5 milioni di persone, il 10% degli italiani adulti) ha abbandonato modelli culturali poveri - basati sull’attribuzione di valori limitati alla salute e improntati al disimpegno o alla delega al medico - per abbracciare un modello più positivo e proattivo basato sulla ricerca/ottimizzazione del proprio benessere. Ciò ha avuto precisi riflessi e ripercussioni, sia per quanto riguarda le rappresentazioni sociali della salute (ovvero le immagini della salute presenti nella popolazione), sia per quanto riguarda gli stili della salute (ovvero, gli orientamenti strategici che orientano i comportamenti nella vita quotidiana). Per quanto concerne le rappresentazioni nello scorso decennio è nettamente calata la concezione della salute di tipo elementare (basata sulla equazione “salute = assenza di malattia”) e povero (nella logica “sto bene quando non sto male”). Per contro, è cresciuta una concezione più ricca e articolata della salute basata sull’idea di benessere come risultato armonico ed equilibrato di un insieme di condizioni psico-fisiche (benessere corpo-mente). 2. La Fonte dati è Sinottica, un servizio di ricerca continuativo che fornisce un sistema integrato di informazioni sull’evoluzione socio-culturale, sul consumo e sull’esposizione ai mezzi di comunicazione degli Italiani. Prevede due rilevazioni/anno (maggio e novembre); ciascuna su un campione indipendente di 5000 casi rappresentativo degli italiani dai 14 anni in su. Metodologia di rilevazione: interviste personali face to face. Osservando le evoluzioni degli stili di salute, è evidente l’aumento degli stili basati su una concezione olistica e positiva del benessere, nonché sulla ricerca attiva dell’integrazione fra salute, bellezza e buon funzionamento del corpo. In netto calo, per contro, gli stili più trascurati. Lo spostamento verso un modello culturale più evoluto e positivo risulta aver avuto un significativo impatto anche sulle pratiche, ovvero sui comportamenti di gestione della salute. Di fatto è aumentata nel decennio la “propensione a fare”, ad occuparsi della propria salute: sia in termini preventivi, sia in termini curativi; questo aumento di propensione si è collocato sostanzialmente nell’ambito della terapia tradizionale/farmacologica: le cosiddette “medicine alternative” hanno segnato il passo e continuano ad interessare limitate nicchie di pubblico (Fig. 6-7). I cittadini, insomma, desiderano occuparsi sempre più della loro salute, dalla prevenzione alla cura dei piccoli disturbi quotidiani, con competenza e attenzione, chiedendo consiglio agli esperti della salute, ma anche capaci di orientarsi da soli all’interno del mondo dei farmaci da automedicazione. Isabella Cecchini . Valori in percentuale 2000 2008 ∆ ... non avere dolori, disturbi o malattie 47 37 -10 ... essere perfettamente efficienti sul piano psico-fisico 28 28 0 ... essere in armonia, equilibrio con sé stessi, col proprio corpo e la propria mente 25 35 +10 SALUTE È... . : Valori in percentuale 1998 2008 ∆ Faccio periodicamente controlli sulla mia salute 34 43 +9 Se ho un disturbo aspetto che passi da solo 60 49 -11 Se devo curarmi preferisco farlo con le erbe 13 11 -2 Seguo la medicina omeopatica 7 9 +2 Adotto terapie alternative (agopuntura,...) 4 5 +1 33 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario | 34 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | DIGITAL DIVIDE: FACCIAMO LUCE Con questo termine si intende il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e Internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. Sono noti ormai i motivi di esclusione, che comprendono diverse variabili: condizioni economiche, livello d'istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica, comprese anche disparità nell'acquisizione di risorse o capacità necessarie a partecipare alla società dell'informazione. Con queste premesse, come avvicinare gli estremi? Una divisione che attraversa il Globo Il termine è apparso per la prima volta all’inizio degli anni Novanta negli Stati Uniti, in alcuni studi che indicavano come il possesso di personal computer aumentasse solo per alcuni gruppi etnici 1. Il concetto di digital divide è poi entrato nell’uso comune quando il presidente americano Bill Clinton e il suo vice Al Gore lo hanno utilizzato durante un discorso tenuto nel 1996 a Knoxville, in Tennessee. In quell’occasione, l’amministrazione statunitense sottolineò la disparità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione del Paese. Nonostante all’origine sia stato presentato come un problema interno al contesto americano, oggi è più comune definire il digital divide in una prospettiva globale, considerando le disparità tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo. Le cause di questo fenomeno dipendono da diversi fattori socioeconomici e introducono effetti che sono tuttora oggetto di studio. Una delle cause maggiormente condivise è di carattere economico. Nei Paesi in via di sviluppo, ampie fasce della popolazione non sono in grado di accedere alle tecnologie per motivi di reddito: per molti è semplicemente impossibile acquistare un computer o pagare un abbonamento telefonico per utilizzare Internet. La spiegazione economica, però, non soddisfa tutti. Altri fattori contribuiscono a accentuare il digital divide : l’assenza di infrastrutture di base (linee telefoniche standard, soprattutto nel caso dei Paesi più poveri) o più avanzate (banda larga); l’analfabetismo informatico degli utenti, sia riguardo l’uso del computer, sia riguardo le potenzialità di Internet, altre variabili quali l’appartenenza a determinati gruppi etnici, le differenze di età e di genere e il livello di educazione che possono determinare squilibri nell’accesso alle tecnologie. Il digital divide può avere come effetto l’aumento delle diseguaglianze econo- 1. Carrie Bickner, Down By Law. Retrieved on 22 November 2007 Sottotitolo Closing the Digital Divide 35 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 miche già esistenti e incidere in modo drammatico sull’accesso all’informazione. Il divario potrebbe innescare un circolo vizioso che porterebbe i Paesi in via di sviluppo a impoverirsi ulteriormente, perché verrebbero ulteriormente esclusi dalle nuove forme di produzione di ricchezza, basate sui beni immateriali dell’informazione. Internet in Italia: lavoro e studio, ma anche hobby, passioni e aggiornamento Nel nostro Paese il fenomeno può essere analizzato in profondità: GfK Eurisko conduce semestralmente un’indagine specifica dedicata ad Internet, attraverso mille interviste domiciliari e personali (CAPI) a utenti, con un questionario molto completo per misurare tutti gli aspetti della relazione tra l’individuo e il Web. Cause ed effetti dell’accesso o meno alla Rete possono poi essere studiati tramite Sinottica: comparando “esposti” e “non esposti” al mondo online e evidenziandone le differenze. Con queste fonti informative diventa possibile trarre valutazioni sull’importanza e sui riflessi che Internet ha nella vita delle persone, sulle funzioni che l’utente ritiene di maggior valore per la sua vita concreta. Ne emerge una focalizzazione dell’esperienza in Rete su funzioni sia di tipo comunicativo e relazionale, sia di tipo informativo e pragmatico; per il lavoro e lo studio, ma anche per coltivare interessi, hobby e passioni personali; per l’aggiornamento su quanto accade nel mondo e nella Società; con evidenti riflessi sul coordinamento sociale e la | “UTILE” È L’AGGETTIVO CHE I NAVIGATORI ASSOCIANO MAGGIORMENTE ALLA RETE (75%); INOLTRE PER IL 79% INTERNET È ‘IL FUTURO DELLA SOCIETÀ’ condivisione di culture tra le persone. Due evidenze empiriche su tutte: “utile” è l’aggettivo che i navigatori associano maggiormente alla Rete (75%); inoltre per il 79% Internet è ‘il futuro della Società’. Nessuno degli altri media e delle altre tecnologie otterrebbe gli stessi riconoscimenti. È proprio questa vastità e profondità di impatto sulla vita individuale e relazionale che rende Internet una tecnologia cruciale per la realtà quotidiana, sociale, civica, economica e culturale delle persone. Insomma: per chi lo usa, Internet è oggi una vera e propria “condizione di cittadinanza”. Ma se è così, accedere (o meno) a questa tecnologia “fa la differenza”; cioè abilita o meno tutta una serie di possibilità di azione, comunicazione ed espressione, che non possono essere agite in altro modo, oppure comporterebbero costi (economici o umani) molto maggiori. Chi sono dunque coloro che accedono maggiormente a Internet, e che valorizzano maggiormente queste opportunità? Le “strutture sociali” che condizionano l’accesso alla Rete La penetrazione media (stimata su un periodo di 3 mesi) è del 42%, e sale al 52% nelle città con oltre mezzo milione di abitanti, e scende al 37% nei piccoli centri e al Sud (Isole comprese). Queste variazioni fotografano il digital divide legato al territorio, nelle sue determinanti regionali e infrastrutturali: i piccoli centri - spesso in zone montuose - sono evidentemente svantaggiati nella predisposizione degli impianti per l’accesso veloce ad Internet. Ci sono poi differenze legate al genere: i maschi (49%) sono un po’ più tecnofili, quindi, più “internettiani” delle femmine (37%); bisogna, però, anche considerare che la quota di popolazione attiva è più elevata fra i maschi, e il pc è anche in molti casi uno strumento di lavoro. Quindi la differenza di accesso tra i due sessi è influenzata dalla condizione professionale (che come vedremo non è affatto marginale). In ogni caso, sia le variazioni territoriali, sia quelle di genere esprimono differenziali non elevati di penetrazione. Non generano cioè un digital divide critico. Età e istruzione influiscono più del reddito Ben più significativo appare, invece, l’impatto della dimensione anagrafica: in questo caso la penetrazione di Internet varia da un 5% negli over 64enni, all’85% nei teen-ager (14-17 anni). Anche il livello d’istruzione ha un impatto notevole sull’uso di Internet: nel nostro campione la percentuale degli utenti della Rete varia dal 40% per chi ha completato solo la scuola dell’obbligo (licenza media inferiore), al 67% per chi possiede un diploma superiore, fino all’81% per i laureati (tra chi ha solo la licenza elementare la penetrazione è del 4%, ma ovviamente questo valore è strettamente legato a un’età matura o anziana). Se il titolo di studio è decisamente determinante, il livello di 36 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 reddito condiziona, invece, molto meno nel creare disparità di accesso alla Rete: si passa da un 32% di utenti tra chi ha un reddito basso, al 47% con un reddito medio-alto e alto (58%). Se l’“istruzione” condiziona più del “reddito”, nel favorire l’accesso alla Rete, si spostano allora in secondo piano gli interventi volti a risolvere il problema del digital divide sul piano puramente economico (con incentivi o prestiti agevolati, per esempio). L’analisi vale ovviamente per il contesto italiano, e non per i confronti fra i Paesi avanzati e quelli in via di sviluppo. In Italia, oggi, i costi di acquisto di un computer e dell’accesso alla Rete non sono così elevati da rappresentare un ostacolo insormontabile per le fasce più svantaggiate della popolazione; anzi, in queste fasce si rilevano spesso dinamiche comportamentali, di tipo aspirazionale e dissipativo, che inducono all’acquisto di strumenti tecnologici avanzati, dal cellulare ai TVcolor flat screen e, in generale, agli elettrodomestici bruni di ultima generazione. Altro elemento determinante, peraltro strettamente connesso al livello di istruzione, è il rapporto con il lavoro. È interessante notare, però, che la differenza di accesso tra chi lavora (63%) e chi no (31%) è contenuta in un rapporto 2 a 1; mentre la discriminante più decisiva sta nel tipo di attività svolta. Sono praticamente esclusi dalla Rete i pensionati (8% di accessi) e le casalinghe (12%). Fra operai, artigiani e commercianti, meno di 1 su 2 ha navigato nell’arco | dei tre mesi considerati; mentre il 90% degli studenti, l’87% di quadri e dirigenti, e oltre il 70% di impiegati, professionisti e insegnanti, sono i più assidui frequentatori. La discriminante vera è dunque quella fra condizioni di tipo “intellettuale” (remunerate o meno) e condizioni professionali di tipo “manuale”. Esclusione consapevole per anziani e casalinghe? Le categorie escluse da Internet devono considerarsi vittime inconsapevoli del digital divide o responsabili di una scelta di auto-esclusione? Il dubbio è realistico. Attraverso Sinottica è stata misurata l’area del ‘non bisogno’ di Internet. Il 57% degli intervistati ritiene di ‘poterne fare tranquillamente a meno’, mentre il 43% non è d’accordo. La distribuzione del ‘non bisogno’ nelle varie condizioni sociali (genere, età, istruzione, professione e reddito) è sostanzialmente il complemento delle distribuzioni di penetrazione appena viste. Quindi fra i 14 e i 17 anni, solo un ragazzo su 5 sostiene di poter fare a meno di Internet, mentre oltre i 64 anni lo afferma più del 77%; lo stesso vale per il titolo di studio e le professioni. Il fatto che i segmenti sociali che meno utilizzano Internet siano quelli che ne sentono meno il bisogno può sembrare ovvio, ma non lo è. Perché se è indubbio che vi è una componente di scelta personale che va considerata (ovviamente nessuna tecnologia può essere imposta a che non ne sente il bisogno) tuttavia vale la pena chiedersi se la scelta di poter fare a meno di internet sia stata presa o meno con piena consapevolezza delle opportunità a cui si rinuncia, e al contempo con la certezza di disporre delle risorse culturali ed economiche che consentirebbero l’accesso. In proposito è forte il dubbio che una parte di questo tipo di digital divide sia in effetti interiorizzata. Una versione aggiornata della favola de “La volpe e l’uva”. Tanto più dannosa, quanto più inconsapevole. Mentre alcune forme di digital divide (ad esempio quello ‘infrastrutturale’) sono spesso vissute da chi le subisce come forti discriminazioni (chi lavora in un paesino dell’Appennino non raggiunto dalla banda larga soffre per la propria condizione di escluso dalla Rete, come ne soffre la sua azienda che perde opportunità di lavoro e di guadagno). Invece nel digital divide culturale, legato all’età anagrafica o al grado di alfabetizzazione informatica, si avverte una forma più sottile e insidiosa di isolamento che prima viene subìta proprio malgrado, ma poi viene ‘interiorizzata’. Il digital divide può essere dunque qualcosa che “entra dentro”, al quale ci si adatta e con il quale alla fine si collude; perché non si dispone di quella “idea di opportunità alternativa”, di quella “curiosità evolutiva” che può fondare un progetto consapevole di appropriazione della piattaforma digitale. Età o istruzione? Purtroppo è difficile dire se la percezione del bisogno è effetto o causa del comportamento di utilizzo di Internet: i due aspetti sono fortemente collegati. È utile comunque appurare se è più rilevante il ruolo dell’età - e quindi della “plasticità mentale” e “appartenenza generazionale” - o quello dell’istruzione - e quindi della “competenza testuale” e “appartenenza culturale”. Una discriminazione legata all’età appare infatti più tollerabile di una disparità legata all’istruzione. Se non altro perché la seconda ha basi puramente sociali e culturali, mentre la prima incarna anche una dinamica puramente biologica, che è forse più agevole da accettare. Come confrontare l’importanza dell’una e dell’altra? Incrociando i dati dell’Indagine periodica GfK Eurisko sulla penetrazione di Internet per fasce di età con quelli relativi al titolo di studio (vedi Tabella) si ottengono alcune indicazioni interessanti. Innanzitutto è evidente il distacco tra i ‘digital natives’ (14-24 anni), per i quali il livello d’istruzione appare quasi ininfluente, e le generazioni successive di ‘digital immigrants’. Infatti tra i diplomati 14-24enni la penetrazione è dell’88%, una quota che poi decresce regolarmente con l’età fino ad arrivare al 13% nelle persone con più di 74 anni; è evidente che al crescere dell’età c’è una maggiore difficoltà di rapporto con Internet. Ma nelle fasce da 25 a 64 anni (adulti attivi) e da 65 anni in su (maturi/anziani), la frequentazione ATTRAVERSO SINOTTICA È STATA MISURATA L’AREA DEL ‘NON BISOGNO’ DI INTERNET. IL 57% DEGLI INTERVISTATI RITIENE DI ‘POTERNE FARE TRANQUILLAMENTE A MENO’, MENTRE IL 43% NON È D’ACCORDO 37 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 | penetrazione dell’utilizzo di internet in ciascuna cella di età/titolo di studio Titolo di studio Valori in percentuale Età 14 - 24 anni 25 - 34 anni 35 - 44 anni Elementare 91 30 11 7 4 2 1 Media inferiore 79 48 39 29 19 7 2 Media superiore 88 76 69 64 53 21 13 Laurea 92 88 86 86 77 33 29 di Internet è influenzata in modo determinante dal livello d’istruzione. Si osserva, infatti, che vi è maggiore differenza nell’accesso ad Internet fra un 40enne con la licenza media inferiore e uno con la laurea (si passa dal 39% all’86%), di quanta non ve ne sia fra un diplomato di 30 anni e un diplomato di 60 (dal 76% al 53%). In un certo senso, il “livello culturale” è più potente dell’“età”, almeno per la valorizzazione della Rete. Internet più facile con l’analisi logica Quest’ultimo dato evidenzia come la ‘competenza testuale’ sia una precondizione cruciale per la valorizzazione della Rete. Il libro tradizionale o il giornale quotidiano, pur lasciando libero il lettore di ‘saltare’ delle parti, sono tendenzialmente fruiti in modo sequenziale, secondo una modalità di relazione con il mezzo cartaceo già preorganizzata. Internet, invece, che pure è in gran parte costituito da pagine di testo scritto, si configura come un enorme iper-testo che ciascun utente deve percorrere in modo autonomo, consapevole e responsabilizzato, effettuando scelte di fruizione e di percorso 45 -54 anni a ogni passo. Per navigare in Internet, quindi, è fondamentale essere stati educati a leggere e a scegliere dei testi, a interpretarli e costruirne il senso (al limite facendone anche l’analisi logica), e disporre dell’expertise per inquadrare e dare il giusto valore alle fonti, discriminando i contributi di valore da quelli di minor interesse. Sono tutte competenze che avvantaggiano enormemente il navigatore, che in Rete è chiamato ad una co-costruzione del “testo” che è molto più impegnativa che negli altri media. Ad esempio, nel caso del ricorso all’ecommerce (una delle forme più avanzate e implicanti di utilizzo della Rete), le analisi dimostrano che chi possiede le competenze culturali e lavorative riesce a effettuare transazioni di grande soddisfazione, mentre chi non le ha è più facilmente scoraggiato dalla paura di essere raggirato (che il più delle volte non è fondata). Perché il digital divide non finisce dove comincia l’utilizzo di Internet, ma anzi prosegue anche dentro la Rete. E infatti alcune persone riescono a trarne molto più “valore” di altre, avvantaggiando concretamente la propria vita privata e professionale. 38 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 55 - 64 anni 65 - 74 anni oltre 74 anni Non è solo una questione di scelta personale. Ma è soprattutto l’effetto di una disparità di “risorse”, che alcuni navigatori possiedono maggiormente di altri. Quali sono queste risorse? I dati dimostrano che per valorizzare Internet è importante essere persone consapevoli del proprio progetto di vita e capaci di esprimerlo; essere esplorativi e desiderosi di conoscere e sperimentare; disporre di interessi e hobby personali sviluppati; capaci di intrattenere relazioni formali dando il giusto valore all’interlocutore (e questo spiega perché la condizione lavorativa è un vantaggio nell’utilizzo di Internet); ed essere comunicativi, orientati alle relazioni, capaci di entrare in sintonia con altri navigatori e costruire un gruppo di riferimento. I fattori abilitanti più ‘trasversali’ sono, però, la plasticità mentale e l’utilizzo frequente e protratto di Internet. L’importanza di un utilizzo intenso supera in importanza anche la conoscenza dell’inglese, o l’aver seguito un corso di formazione dedicato ad Internet. A detta dei navigatori è soprattutto l’esercizio che forma l’utente. In Rete cioè, il “fare”, a poco a poco, aiuta anche a “pensare”. | Bambini: accesso agevolato sotto lo sguardo di mamma e papà Internet troppo cara per immigrati solo con telefonia mobile Nel caso specifico dei bambini, oltre alla plasticità mentale (qui ai massimi livelli), e all’apprendimento scolastico (che fornisce loro le necessarie capacità basiche per capire e interagire con il mondo che li circonda), il principale fattore abilitante sono i genitori, e il retroterra culturale che li caratterizza. Anche nei segmenti infantili esiste quindi una disparità di valorizzazione della Rete, che riflette soprattutto la dinamica del digital divide dei genitori. I segmenti di genitori con le maggiori ‘competenze testuali’ sono infatti anche quelli i cui figli utilizzano in misura maggiore il pc (con un forte intervento regolatore del genitore sull’uso di Internet per i più piccoli) e con i più elevati livelli di lettura anche di libri da parte del bambino. Al crescere del titolo di studio del genitore cresce anche l’uso di Internet da parte del bambino, sia a casa sia a scuola. Addirittura si nota che nelle famiglie in cui la madre ha frequentato solo le scuole elementari, il pc ha una penetrazione del 16%; laddove la madre è laureata si arriva al 76%. La dotazione informatica della famiglia è correlata sia al reddito sia al titolo di studio dei genitori. E l’accesso a Internet dei minori nelle famiglie con un alto grado d’istruzione risulta più frequente, ma anche controllato e selettivo, perché i genitori più consapevoli vogliono indirizzare e dare suggerimenti al figlio facendosi carico della sua educazione anche come “utente internet”. Quindi il digital divide emerge come un fenomeno ereditario, e al contempo culturale. Esiste anche un digital divide che discrimina la popolazione immigrata in Italia rispetto agli italiani? In un certo senso è così: l’accesso alla Rete fra i maggiori di 18 anni non è molto frequente: il 30% circa ha usato Internet negli ultimi tre mesi, il 21% circa negli ultimi 7 giorni. Ma questo pare molto legato anche alla disponibilità o meno di una linea telefonica fissa, dato che la connessione a Internet da telefono mobile è ritenuta ancora troppo costosa per queste fasce di reddito. Bisogna considerare la particolare condizione in cui vive questa popolazione dispersa sul territorio e composta per lo più da adulti che lavorano entrambi fuori casa per la maggior parte del giorno, con mansioni di tipo esecutivo (gli impiegati sono pochi) o di accudimento alla persona o alla casa. Nella loro organizzazione sia familiare sia lavorativa è molto più importante la relazione che hanno con la telefonia mobile: quasi tutti possiedono un cellulare e sono abili nell’uso delle tecnologie di comunicazione digitale, che permettono loro di accedere a numerosi servizi e mantenere un minimo di relazioni sociali. Rispetto alla Rete, il digital divide per queste categorie è prevalentemente abitativo (dovuto alla scarsa diffusione di linee fisse nelle loro abitazioni) e lavorativo (legato al tipo di mansioni esecutive che non comportano quasi mai l’accesso libero a un pc o linea telefonica). La situazione, però, sta cambiando rapidamente e, in prospettiva, è destinata a capovolgersi: se in un futuro prossimo la telefonia cellulare diventerà prevalente nell’abilitare gli utenti alla navigazione su Internet, gli immigrati saranno i primi a servirsene. Naturalmente, poiché questo segmento di popolazione ha un reddito medio due volte e mezzo più basso del nostro, l’Internet mobile dovrà avere costi effettivamente competitivi con la linea fissa. Analogamente, la diffusione di Internet per questa fascia di utenza dipenderà anche dalla conoscenza della nostra lingua per valorizzare al meglio l’ampia gamma di opportunità tecnologiche e culturali. E non c’è dubbio che la disponibilità e facilità di adesione alla cultura locale, è diversa secondo le etnìe. L’utilizzo di Internet, per esempio, è massimo fra Sudamericani e Asiatici, e assai meno elevato fra le popolazioni nordafricane. Vi sono inoltre alcuni retroterra culturali e religiosi che possono ostacolare l’ingresso in un orizzonte di consumi e di esposizione mediale assai elevato, come il nostro. Ma occorre solo un po’ di tempo ancora per consentire una normale dinamica di radicamento territoriale. Non deve essere dimenticato che - al di là degli stereotipi - la popolazione immigrata ha un livello d’istruzione medio paragonabile a quello della popolazione italiana, e un livello di dinamismo e di progettualità spesso superiore al nostro. Insomma dispone già delle vere risorse per valorizzare pienamente il mondo online. Superate le strettoie di tipo tecnologico (assenza delle connessioni fisse nella case degli immigrati, tramite telefono mobile o chiavetta USB) è quindi verosimile che la Rete possa nel prossimo futuro recuperare rapidamente le proprie posizioni nella popolazione immigrata. Edmondo Lucchi 39 GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010 sommario Direttore responsabile Giuseppe Minoia Comitato Editoriale Paolo Anselmi, A. Claudio Bosio, Remo Lucchi, Giuseppe Minoia, Vitalba Paesano Coordinamento editoriale e ufficio stampa Vitalba Paesano Il numero è stato inviato in formato PDF via email il 12 maggio 2010. Social Trends è edito da GfK Eurisko, allo scopo di migliorare la conoscenza delle trasformazioni della società, in ambito nazionale e internazionale. È diffuso, in forma gratuita, a una mailing list riservata. L'iscrizione alla mailing può essere richiesta da istituzioni o imprese, oppure dalle persone che facciano parte delle medesime Grafica e impaginazione Fabio Berrettini G K EURISKO Segreteria Maura Giovannini, Tiziana Pascali via Monte Rosa, 19 - 20149 Milano tel. 02 438091 fax 02 48009526 www.gfk-eurisko.it e siano investite di responsabilità, o da giornalisti e colleghi della stampa. 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