LA CUCINA di Arnold Wesker libero adattamento di
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LA CUCINA di Arnold Wesker libero adattamento di
LA CUCINA di Arnold Wesker libero adattamento di Lina Wertmüller da una traduzione di Betty Foá Roma TEATRO VALLE 16 dicembre 1969 Cameriera Compagnia del Teatro libero Berta Loredana Martinez Mario Gabriele Tozzi Chiappetta Giancarlo Prati Schicchera Luca De Malta Ricciolone Rodolfo Baldini Quattrocchi Pussy Massimo Cesare Gelli Paolo Carlo Montagna Raimondo Pino Manzari Cecilia Cecilia Polizzi Violetta Maria Teresa Albani Anna Paola Gassman Agnesina Liù Bosisio Gina Renata Zamengo Salvatore Aldo Miranda Monica Edmonda Aldini Mariangela Melato Alfredo Gaetano Campisi Capo cameriere Sergio Nicolai Michele Michele Placido Gastone Aldo Puglisi Nicola Pierluigi D’Orazio Carletto Luigi Diberti Pietro Duilio Del Prete Tonino Nino Bignamini Franco Graziano Giusti Lo chef Armando Pugliese Marango Rosabianca Scerrino Maddalena Maria Grazia Grassini Elvira Dorotea Aslanidis Carletta Ottavia Piccolo Bettina Paola Tanziani Rosina Elettra Bisetti Il vagabondo Marco Galletti Scene e costumi Enrico Job Musiche Duilio del Prete Regia Lina Wertmüller “La scena, precisa ed efficiente realizzazione di Enrico Job, rappresenta appunto la grande cucina di un ristorante da duemila coperti al giorno. Il personale è costituito da cuochi e da cameriere in crestina e minigonna – anche i costumi sono spiritosamente ideati da Job – che fanno la spola infaticabili, dai saloni ai fornelli. Il ritmo ha un crescendo graduale: dall’ingresso e relativa presentazione dei singoli personaggi, all’inizio del lavoro, all’angoscia vorticosa delle ore di punta quando i clienti premono, le ordinazioni si accavallano, e i nervi minacciano di spezzarsi” (Giorgio Prosperi, Giovanissimi alla ribalta nella “Cucina” al Valle, Il Tempo, 19 dicembre 1969). “Funzionale la scena, che è di Job come i costumi. Il successo non è mancato: e si replica” (Aggeo Savioli, Gastronomia all’italiana, l’Unità, 19 dicembre 1969). “… ma non posso tacere della bella scena di Enrico Job che ha creato la cornice in cui tutti questi attori si muovono...” (Paolo Emilio Poesio, Cucina all’italiana, La Nazione, 19 dicembre 1969). Una lunga, interminabile giornata, in un grande ristorante, scrutando cuochi e cameriere, nei loro sentimenti e psicologie: questa è la storia de La cucina di Wesker che la Wertmüller ha liberamente adattato firmandone anche la regia, “e con la disinvoltura della gente di cinema ha trasformato un copione da un preciso impegno moralistico in una sorta di commedia all’italiana” (G. A. Cibotto, La commedia all’italiana dell’arrabbiato inglese, Il Giornale d’Italia, 19-20 dicembre 1969). “Nell’edizione originale la cucina è londinese o parigina, i lavoratori vengono dalla Spagna, dal Nord Africa, dall’Italia portandosi dietro l’accento e i caratteri della propria nazione. Lina Wertmüller ha trasferito l’azione in Italia facendo venire i personaggi da tutte le nostre regioni” (Vice, “La cucina” in edizione italiana, Il Messaggero, 19 dicembre 1969). “The set, a precise and efficient creation by Enrico Job, represents the big kitchen of a restaurant catering for two thousand meals a day.The staff consist of cooks and waitresses in mini-skirts and caps - the costumes, too, have been wittily designed by Job - tirelessly relaying orders from the ovens to the dining rooms.The pace gradually increases: from the entrance and introduction of the individual characters one by one, to the beginning of their work, to the vertiginous anguish of the rush hour, when the clients become demanding, the orders pile up and tempers begin to fray” (Giorgio Prosperi, Giovanissimi alla ribalta nella “Cucina” al Valle, Il Tempo, 19 December 1969). “The set, which, like the costumes, is by Job, is effective. It has been a great success, and it is to run again” (Aggeo Savioli, Gastronomia all’italiana, l’Unità, 19 December 1969). “... worthy of mention is Enrico Job’s beautiful set design, which has created the frame in which all these actors move...” (Paolo Emilio Poesio, Cucina all’italiana, La Nazione, 19 December 1969). A long, interminable day in a big restaurant, observing cooks and waitresses, their feelings and psychology; this is the plot of Wesker’s Kitchen, which Wertmüller has adapted freely, also undertaking the role of director,“and it is with the blatant audacity habitual to cinema people that she has transformed a distinctly committed script, politically, into a kind of commedia all’italiana” (G. A. Cibotto, La commedia all’italiana dell’arrabbiato inglese, Il Giornale d’Italia, 19-20 December 1969). “In the original version the kitchen is in London or Paris, and the workers are from Spain, North Africa and Italy, and bring with them their accents and national characteristics. Lina Wertmüller has transferred the action to Italy, making the characters come from all over the country” (Vice, “La cucina” in edizione italiana, Il Messaggero, 19 December 1969). “... only six out of thirty-three characters are foreign, speaking English with a non- 51 “… su trentatre personaggi soltanto sei sono stranieri e parlano l’inglese con una pronuncia diversa da quella corrente. E quanto basta per dare teatralmente il senso che la ‘cucina’ è il mondo intero...” (M. R. Cimnaghi, Tradito un poeta operaio per divertire i borghesi, Il Popolo, 19 dicembre 1969). “I costumi sono di ottima stoffa e taglio fantasioso, ma non coprono né fanno dimenticare le figure umane che vi stanno sotto... Entusiasmo per il proprio lavoro, intelligenza, preparazione straripano dal palcoscenico arredato con abilità e gusto da Enrico Job” (Vice, “La cucina” in edizione italiana, Il Messaggero, 19 dicembre1969). “Amara, eppure poeticissima denuncia, La cucina è testo molto difficile da rappresentarsi, non soltanto per la complessità scenica, ma anche e specialmente per non venir ridotto a banale vicenda sentimentale, socialisteggiante all’acqua di rose... Lina Wertmüller deve aver creduto poco alle capacità provocatorie del testo di Wesker, così come lo aveva trovato, e ci ha messo copiosamente le mani, cercando di restituire in italiano una delle caratteristiche del copione, che affastellava nel ristorante inglese un guazzabuglio di idiomi... Lo spettacolo, comunque, immerso nella cornice scenica di Enrico Job, suoi anche gli spiritosi costumi, acquista man mano un suo mordente e s’impone all’attenzione” (Giorgio Polacco, La cucina di Wesker, Momento Sera, 19-20 dicembre 1969). “L’allucinante apologo,‘nazionalizzato’ con un intelligente innesto di vernacoli nostrani, ha certamente indotto lo spettatore palermitano a meditare sui tenebrosi disegni del sistema e sui tragici ‘incastri’ e trappole che esso vien disponendo per catturare ‘quarti d’uomo’ e metterli a macerare nell’untuosa, maleodorante babele di un ripostiglio per cibi guasti” (Gregorio Napoli, A Palermo Rassegna Prosa e la crociata antinoleggio dell’“A Ziz”, Il Dramma, febbraio 1970). La cucina. Bozzetto della scena 52 standard pronunciation. But this is enough to convey the idea that ‘the kitchen’ is the whole world...” (M. R. Cimnaghi, Tradito un poeta operaio per divertire i borghesi, Il Popolo, 19 December 1969). “The costumes are of good quality material and imaginatively designed, but they neither obscure nor distract our attention from the human figures that lie beneath...The stage, furnished with ability and taste by Enrico Job, radiates his enthusiasm for his work, his intelligence and his technical skill” (Vice, “La cucina” in edizione italiana, Il Messaggero, 19 December 1969). “A bitter, yet extremely poetic condemnation, The Kitchen is a very difficult text to stage, not only because of its theatrical complexity, but also, and especially, because of the danger of reducing it to a banal, sentimental affair of rose-perfumed, vaguely Socialist leanings... Lina Wertmüller must have had little faith in Wesker’s text’s power to provoke, as it stood, and she has made copious alterations, seeking to render in Italian one of the characteristics of the text: the hotch-potch of different ways of speaking to be found in the restaurant... However, the production, which takes place on Enrico Job’s set (the costumes are also his) gradually acquires a drive of its own and commands our attention” (Giorgio Polacco, La cucina di Wesker, Momento Sera, 1920 December 1969). “This shocking apology,‘nationalized’ by means of an intelligent grafting-on of Italian dialects, certainly drew the Palermo audience to meditate upon the shady designs of the system and on the tragic traps it lays in order to capture its ‘pounds of human flesh’ and lay them to marinade in the greasy, stinking Babel of a bin for rotten food” (Gregorio Napoli, A Palermo Rassegna Prosa e la crociata antinoleggio dell’”A Ziz”, Il Dramma, February 1970).