- SDA Bocconi
Transcript
- SDA Bocconi
0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 61 economia & management 2 - 2011 temi di management intermediazione finanziaria e assicurazioni Temi di Management intermediazione finanziaria e assicurazioni evoluzione degli strumenti e delle competenze di rating Giacomo De Laurentis Occorre rendere i modelli meno miopi e pro- ciclici, nonché creare competenze di analisi d’impresa centrate su metodologie più strutturate e poggiate su strumenti di previsione finanziaria in grado di identificare i key driver delle performance. l’analisi finanziaria nella ristrutturazione dei portafogli corporate delle banche Claudio Zara Nell’ambito della valutazione del merito creditizio la strada maestra è “vecchia” e si chiama analisi finanziaria: capire il momen- to dell’impresa cliente e le sue prospettive future. Nell’ambito della gestione commerciale del portafoglio la strada da seguire è nuova per le banche e si chiama “segmentazione del- © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI la clientela e diversificazione dei modelli di servizio”. 61 0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 62 Temi di Management intermediazione finanziaria e assicurazioni economia & management 2 - 2011 temi di management intermediazione finanziaria e assicurazioni evoluzione degli strumenti e delle competenze di rating Occorre rendere i modelli meno miopi e prociclici, nonché creare competenze di analisi d’impresa centrate su metodologie più strutturate e poggiate su strumenti di pre- Giacomo De Laurentis Direttore della Divisione Executive Education Open Programs della SDA Bocconi e professore ordinario del Dipartimento di Finanza dell’Univeristà Bocconi [email protected] 62 L a crisi economica ha riportato al centro dell’attenzione la funzione di allocatrici delle risorse finanziarie del paese svolto dalle banche commerciali e dalle altre istituzioni creditizie. Le modalità operative di questa funzione sono profondamente mutate nello scorso decennio a causa soprattutto di due elementi concomitanti: da un lato, la crescita dimensionale delle banche, che ha aumentato la distanza geografica tra i clienti e i vertici della banca; dall’altro, la progressiva sostituzione di analisi di affidamento basate su valutazioni judgmental degli addetti con analisi basate sull’uso di sistemi automatici di rating. Il Governatore della Banca d’Italia ha ritenuto necessario intervenire in merito, auspicando di riconsiderare alcune scelte (Draghi M., Intervento del Governatore della Banca d’Italia, ABI Assemblea Ordinaria, 8 luglio 2009, p. 4): “è altrettanto importante che le banche, nel decidere sul credito da dare, usino tutta l’informazione loro disponibile; integrino i risultati dei metodi statistici di scoring – che perdono parte della loro capacità predittiva in momenti eccezionali – con la conoscenza diretta del cliente, delle sue effettive potenzialità di crescita e di redditività nel lungo periodo. Il radicamento territoriale del si- stema bancario è prezioso; va utilizzato, dove è stato perso va ricostruito. Occorre valorizzare quanto più possibile le conoscenze sul campo, evitando un eccesso di automatismi. Esistono ampi margini di miglioramento. Alcune banche, anche grandi, stanno cominciando a muoversi in questa direzione, rivedendo modelli organizzativi e procedure decisionali”. La Banca d’Italia si è così riallineata in pieno alla reale posizione di Basilea 2 in merito alla natura dei processi di assegnazione dei rating, espressa chiaramente al §417 (International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards. A Revised Framework, Basel Committee on Banking Supervision, June 2004): “I modelli di ‘credit scoring’ e gli altri procedimenti automatici di rating utilizzano generalmente solo un sottoinsieme di informazioni disponibili. Benché essi possano talvolta evitare alcuni degli errori tipici dei sistemi in cui svolge un ruolo importante il giudizio soggettivo, l’impiego meccanico di informazioni limitate è parimenti fonte di errori … è necessaria un’adeguata valutazione e verifica da parte degli addetti per far sì che vengano prese in considerazione tutte le informazioni pertinenti e rilevanti, comprese quelle che © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI visione finanziaria in grado di identificare i key driver delle performance. 0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 63 economia & management 2 - 2011 esulano dall’ambito del modello, e che questo sia utilizzato in modo corretto”. Dunque, i modelli di rating a base statistica presentano: a. da un lato, importanti vantaggi in termini di oggettività, standardizzazione, economicità e velocità delle analisi di rischio creditizio, e anche buone performance rispetto ad analisi condotte da personale poco esperto e professionalizzato (De Laurentis G., Maino R., I rating a base statistica, Bancaria Editrice, 2009); b. dall’altro, rilevanti “rischi di modello” e limiti intrinseci in termini di comprensione delle opportunità strategiche delle imprese, dei loro fattori di rischio originari e della natura del loro fabbisogno finanziario, nonché in termini di limitatezza dell’orizzonte temporale di previsione. Le debolezze nelle logiche costruttive dei modelli stanno emergendo in modo chiaro (De Laurentis G., Gabbi G., “The Model Risk in Credit Risk Management Processes”, in Gregoriu G.N., Hoppe C., Wehn C.S., a cura di, Model Risk Evaluation Handbook, McGraw Hill, 2010). Tipicamente il modello finale si compone di più moduli, riferiti al bilancio, ai dati di centrale dei rischi, ai dati andamentali interni alla banca, e prevede un limitato apporto judgmental finale (definito override). Accade che il modello finale sostanzialmente ricalchi il contributo dei dati andamentali interni. Il problema è che gli indicatori andamentali (similmente a quelli di centrale dei rischi) diventano tanto peggiori quanto più la banca riduce i fidi (poiché si assottigliano i margini di credito inutilizzati, aumenta la frequenza degli sconfini ecc.): è, cioè, informazione che riflette il comportamento delle banche! Il circolo vizioso è palese. Inoltre, queste temi di management intermediazione finanziaria e assicurazioni informazioni perdono potere predittivo quando si allunga l’orizzonte temporale di previsione richiesto. I modelli attualmente disponibili accentuano la prociclicità del sistema di rating e riducono la lungimiranza delle decisioni di affidamento. Questo spiega perché, nelle principali banche, è in fase di revisione il processo di sviluppo dei sistemi di rating a base statistica e si ricerchino maggiori coerenze nell’uso gestionale e regolamentare degli stessi (De Laurentis G., Maino R., Molteni L., Developing, Validating and Using Internal Ratings. Methodologies and Case Studies, Wiley, 2010, in particolare cap. 7). Tuttavia, anche migliorando la profondità temporale delle previsioni dei modelli, l’uso di sistemi di rating automatici tende a impoverire il rapporto banca-impresa perché, da un lato, le informazioni acquisite nell’interazione con il cliente possono essere inutili per i modelli e, dall’altro, questi non producono una visione articolata dei problemi e delle prospettive dell’impresa, ma semplicemente un indicatore di sintesi del rischio creditizio. Ecco perché, nei segmenti di mercato in cui la banca desidera servire le imprese con un reale orientamento relazionale, si richiede di saper sviluppare analisi centrate sul contributo degli analisti d’impresa, capaci di innescare un proficuo scambio informativo tra funzione crediti e funzione commerciale. Ciò richiede alcuni accorgimenti organizzativi, più ampie professionalità degli addetti e “sistemi informativi di ruolo” pensati nativamente per essi. Tra i primi, vanno menzionati il recupero di un certo grado di specializzazione settoriale degli addetti e la predisposizione di sistemi di Knowledge Management che, per esempio, consentano agli addetti di incontrarsi virtualmente in modo sistematico e organizzato per scambiare e consolidare opinioni e analisi sui settori. Professionalità e sistemi vanno di conserva: la tecnologia è sempre più un indispensabile enhancer delle professionalità (De Laurentis G., Gandolfi G., a cura di, Il gestore imprese. Creare valore per la banca e il cliente con i sistemi informativi di ruolo, Bancaria Editrice, 2008). Con riguardo alle competenze di analisi d’impresa, la crescente domanda di tali competenze è confermata dal successo di programmi di formazione quali “Analisi strategico-finanziaria d’impresa” della SDA Bocconi, in cui da anni si utilizza un software integrato di analisi storica e prospettica d’impresa che, già operativamente utilizzato in diverse banche, consente anche di conseguire la massima efficacia di apprendimento delle interazioni tra il piano strategico, quello delle politiche di gestione, quello reddituale, quello patrimoniale e quello dei flussi finanziari di un’impresa. La possibilità di condurre con semplicità analisi di sensitività sulle singole variabili di previsione consente l’individuazione dei key driver delle perfomance prospettiche e della resilienza dell’impresa ad andamenti avversi; l’analisi di scenario consente di simulare le risposte in termini di strategie e politiche gestionali, dotate di diversi gradi di libertà, che il management può porre in essere di fronte a evoluzioni dello scenario esterno, percependo così la reale capacità di risposta dell’impresa e il livello dei rischi dei finanziatori. In sintesi, modelli statistical-based più evoluti e competenze e strumenti più avanzati per le analisi judgmental sono necessari per guidare con rinnovato slancio l’allocazione delle risorse finanziarie. π 63 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI prospettive di ricerca 0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 64 Temi di Management intermediazione finanziaria e assicurazioni economia & management 2 - 2011 temi di management intermediazione finanziaria e assicurazioni l’analisi finanziaria nella ristrutturazione dei portafogli corporate delle banche Nell’ambito della valutazione del merito creditizio la strada maestra è “vecchia” e si chiama analisi finanziaria: capire il momento dell’impresa cliente e le sue prospettive future. Nell’ambito della gestione commerciale del portafoglio la strada da seguire è nuova per le banche e si chiama “segmentazione della clientela e diversificazione dei Claudio Zara SDA Professor di Intermediazione Finanziaria e Assicurazioni Professore aggregato e ricercatore Department of Finance Università Bocconi [email protected] 64 I l mondo dell’analisi del merito creditizio è stato caratterizzato negli ultimi anni dall’adozione dei rating interni bancari come strumento principale di misura del rischio di default delle controparti corporate cui la banca concede finanziamenti. Tale adozione rientra in un più ampio processo di regolamentazione dell’attività bancaria noto sotto l’espressione di Basilea 2. Senza entrare nel merito degli obiettivi e dei contenuti di Basilea 2, mi preme in questa sede sottolineare che tale regolamentazione ha come obiettivo di fondo quello di migliorare la capacità di individuazione, misurazione e gestione dei rischi che caratterizzano l’attività bancaria intesa in senso ampio. In questa cornice il rating è stato individuato come uno strumento di misura del rischio di controparte sopportato dalla banca finanziatrice in un’operazione di finan- ziamento che contribuisce a determinare anche l’allocazione di capitale a rischio regolamentare (ossia la struttura di leverage massima sopportabile dalla banca e ammissibile per il finanziamento dell’operazione) al fine di garantire la capacità di fare fronte alla manifestazione del rischio stesso. Per potere utilizzare i sistemi di rating interni, che meglio misurano la rischiosità del portafoglio impieghi di una banca, è necessario sottostare a un processo di validazione dei modelli da parte della Banca d’Italia, poiché l’applicazione dei vincoli di patrimonializzazione è uno degli strumenti a disposizione dell’attività di vigilanza. Nel suo processo di validazione la Banca d’Italia ha dovuto dare assoluta priorità alle caratteristiche di certezza dei dati e di robustezza dei risultati; questo approccio si è tradotto nella validazione di © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI modelli di servizio”. 0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 65 economia & management 2 - 2011 modelli che sono basati su dati storici, di bilancio e di andamentale, quindi certi, e che si articolano in una serie di indici di natura contabile e finanziaria che non tengono conto della dimensione competitiva e manageriale dell’azienda controparte oggetto della valutazione. Ebbene, il trasferimento dell’applicazione di tale approccio, assolutamente giustificato ai fini regolamentari, alla gestione aziendale della policy creditizia porta a forti limitazioni di valutazione sia del potenziale sia del rischio delle controparti, limite riconosciuto recentemente anche dallo stesso Governatore Draghi (2009). Il dibattito che ha caratterizzato i media a partire dal 2008 sull’iniquità per le controparti della concessione del credito attraverso l’applicazione dei modelli di rating poggia su alcune argomentazioni effettivamente condivisibili: visione miope e di breve periodo; eccessivo automatismo che non lascia spazio, o lascia poco spazio, al giudizio sia dell’analista crediti sia del gestore di relazione; instabilità del rating in periodi di crisi economica, quando sale il rapporto tra fido utilizzato e fido deliberato; prociclicità che determinerebbe un’accentuazione degli effetti di razionamento del credito nelle fasi negative del ciclo economico. A ciò va aggiunta la specificità del mondo corporate italiano che è spesso formato da aziende a struttura proprietaria chiusa e ristretta, che trascurano la comunicazione economico-finanziaria, che vivono la redazione del bilancio esclusivamente come l’ottemperanza di un obbligo civilistico, che subordinano le scelte di struttura finanziaria al vincolo proprietario. Che ci sia un contesto così caratterizzato dall’opacità informativa esterna non è certo colpa dei modelli di rating, ma la loro applicazione “rigida” in un contesto temi di management intermediazione finanziaria e assicurazioni simile può portare a forti distorsioni sull’azione della politica creditizia. Questi effetti distorsivi, che si sono manifestati soprattutto nel biennio 20082009, non portano solo difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese controparti, ma producono anche effetti negativi sui bilanci e quindi sulle performance bancarie. È vero che, soprattutto nei periodi di crisi economica, la parola d’ordine per l’attività corporate delle banche deve essere: “primo non prenderle”, ossia contenere le perdite su crediti. Questo contenimento, che è vitale per la sopravvivenza della redditività bancaria, passa anche attraverso l’utilizzo della leva dei rientri e la concessione del credito applicando parametri più stringenti: è ciò che è successo a partire dal 2008. Però queste sono manovre tattiche e non sono sostenibili a lungo, pena la scomparsa della redditività del business. Periodi di crisi come quelli che stiamo vivendo determinano chiari effetti sui conti dell’attività corporate delle banche. I ricavi sono in contrazione perché scende sia la componente da servizi a causa della minore domanda sia la componente da interesse perché scendono le masse impiegate; questo trend negativo può essere in parte compensato da maggiori chance di riuscire a prezzare di più per il rischio, perché le controparti hanno, almeno temporaneamente, minore potere contrattuale, ma questo incremento dei prezzi è spesso vanificato a livello di redditività dal costo indotto da un maggiore assorbimento di capitale a rischio causato da un generale scadimento del merito creditizio delle controparti. Inoltre, in periodi di tassi bassi come quello che stiamo vivendo, la necessità di utilizzare la leva volumi, ossia cercare l’efficienza, è fondamentale per fare sì che i ricavi possano adeguatamente co- prire la struttura dei costi che è tendenzialmente fissa. La sensazione è che già dal 2010, ma soprattutto a partire da quest’anno, la parola d’ordine per le banche sia diventata “rilancio dei portafogli corporate”, che significa operare su due distinte linee d’azione. Da una parte, rilanciare l’azione commerciale sui clienti esistenti e “sopravvissuti” alla crisi, assistendoli nel riqualificare la dimensione ma soprattutto i contenuti della loro domanda in modo coerente con i bisogni finanziari indotti dal loro contesto competitivo di riferimento e dagli obiettivi perseguiti dalla proprietà e dal management. Dall’altra, ampliare la base di clientela, però con clienti “sani” che possono essere attratti ad aprire nuovi rapporti, in un mercato del debito già molto saturo, solo attraverso una proposta originale e per essi utile. Le due linee d’azione sono sinergiche tra di loro per il perseguimento di efficienza ma anche di efficacia; in questo mutato contesto il management delle banche si sta rendendo conto che il rating è un utile punto di partenza in un processo di valutazione della controparte ma che non può essere il punto di arrivo. Bisogna quindi recuperare e acquisire informazioni a 360°, strumenti, in parte vecchi e in parte nuovi, professionalità e competenze per dotarsi di nuova spinta “imprenditoriale” nella gestione a tutto tondo della clientela. Nell’ambito della valutazione del merito creditizio la strada maestra è “vecchia” e si chiama analisi finanziaria. La necessità di capire il momento dell’impresa cliente e le sue prospettive future richiede di ampliare le basi dei dati cui fare riferimento e le tecniche di analisi. Dati prospettici e tendenziali, informazioni sul posizionamento competitivo dell’azienda e sulle qualità del suo ma- 65 © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI prospettive di ricerca 0100.temi_211_0100.temi_211.qxd 16/03/11 10.51 Pagina 66 Temi di Management intermediazione finanziaria e assicurazioni temi di management nagement sono dati, oltre a quelli economico-finanziari, su cui si basa l’analisi finanziaria. Gli strumenti sono più articolati e complessi rispetto a un modello “rigido” e variano anche in funzione dell’obiettivo conoscitivo: sicuramente si perde in oggettività rispetto al rating, ma la soggettività dell’analista, che inevitabilmente si introduce e che non è detto che sia di per sé un male (dipende dall’analista!), è più che compensata dalla possibilità di disporre di un giudizio completo sulle prospettive dell’impresa, sui rischi da essa sopportati e sulle sue capacità di servizio del credito. Nell’ambito della gestione commerciale del portafoglio la strada da seguire è invece nuova per le banche e si chiama “segmentazione della clientela e diversificazione dei modelli di servizio”. Se le banche vogliono estrarre valore da un mercato maturo, forse in contrazione, quale è il mercato corporate in Italia, devono superare il paradigma che si 66 intermediazione finanziaria e assicurazioni basa sull’assunto che le imprese sono tutte uguali o che, al più, riconosce una specificità alle sole imprese di maggiore dimensione. La realtà è che il mercato corporate è articolato in alcuni cluster di clientela che hanno caratteristiche ben distinte e che, se la banca vuole essere efficace ed efficiente, devono essere approcciati con modelli di offerta e di servizio specifici e agiti da professionalità ad hoc. In quest’ottica, segmenti di clientela corporate diversi hanno anche esigenze finanziarie, qualitative e quantitative, diverse che devono essere approcciate, dal punto di vista del merito creditizio e della stima del rischio di credito, con analisi finanziarie sufficientemente specifiche e mirate. In questo senso, il corso “Analisi strategico-finanziaria d’impresa” della SDA Bocconi mira a trasmettere le competenze e gli strumenti necessari a un’effettiva implementazione dell’attività di analisi finanziaria all’interno della funzione di valutazione dei finanziatori. π © RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI economia & management 2 - 2011