Tesi Laurea - Itis Silvio De Pretto
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Tesi Laurea - Itis Silvio De Pretto
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI DIPARTIMENTO DI CHIMICA CORSO DI LAUREA IN CHIMICA TESI DI LAUREA SPERIMENTALE Eterostrutture nanocristalline a base di ossido di titanio e ossido di ferro Relatori: Prof.ssa Angela Agostiano Dott.ssa Maria Lucia Curri Laureanda: Raffaella Buonsanti ANNO ACCADEMICO 2004/2005 Indice INDICE CAPITOLO PRIMO Introduzione 1.1 Struttura elettronica dei nanocristalli 1 1.2 Proprietà generali dei nanocristalli 6 1.2.1 Proprietà termodinamiche 6 1.2.2 Proprietà optoelettroniche 7 1.3 Caratteristiche della superficie dei nanocristalli 11 Bibliografia 13 CAPITOLO SECONDO Proprietà magnetiche di nanocristalli 2.1 Proprietà generali dei materiali magnetici 16 2.2 Proprietà magnetiche dei nanocristalli 18 2.3 Influenza degli aspetti di superficie sulle proprietà magnetiche 24 2.4 Effetto delle dimensioni sulle proprietà magnetiche 26 2.5 Effetto della forma sulle proprietà magnetiche 29 2.6 Effetto della temperatura sulle proprietà magnetiche 30 2.7 Applicazioni delle nanoparticelle magnetiche 31 2.7.1 Applicazioni in ambito biomedico 31 2.7.2 Applicazioni in ambito elettronico 33 2.7.3 Applicazioni in catalisi 34 2.8 Nanocristalli di ferro e di ossidi di ferro 35 Bibliografia 38 I Indice CAPITOLO TERZO Sintesi chimica di nanocristalli 3.1 Introduzione 40 3.2 Metodi in soluzione per la crescita di nanocristalli 41 3.2.1 Reazioni in fase gassosa, solida o su superficie 41 3.2.2 Reazioni in fase liquida 42 3.3 Crescita di nanocristalli in soluzione 43 3.4 Sintesi di nanocristalli per decomposizione termica del precursore 46 3.4.1 Schema generale 46 3.4.2 Controllo delle dimensioni dei nanocristalli 48 3.4.3 Controllo della forma dei nanocristalli 49 3.5 Nanocristalli ibridi 53 3.5.1 Introduzione 53 3.5.2 Stato dell’arte 54 3.5.3 Applicazioni dei nanocristalli ibridi 55 Bibliografia 58 CAPITOLO QUARTO Sintesi e caratterizzazione di eterostrutture nanocristalline a base di ossido di titanio e ossido di ferro 4.1 Motivazioni del lavoro 60 4.2 Preparazione delle eterostrutture nanocristalline: parte sperimentale 61 4.2.1 Materiali 61 4.2.2 Sintesi di TiO2 nanorods (NRs) 61 4.2.3 Sintesi delle eterostrutture 62 4.2.4. Caratterizzazione dei campioni 63 4.3 Eterostrutture nanocristalline TiO2-ossido di ferro: risultati 65 4.3.1 Analisi morfologica 65 4.3.2 Analisi strutturale 75 II Indice 4.3.3 Misure magnetiche 79 4.4 Eterostrutture nanocristalline TiO2-ossido di ferro: discussione 82 4.5 Conclusioni e prospettive 86 Bibliografia 88 Ringraziamenti III Capitolo 1 Capitolo 1 Introduzione Negli ultimi decenni, sono emersi nuovi settori di ricerca, nell’ambito vastissimo delle cosiddette “nanoscienze”, finalizzati a realizzare e manipolare strutture artificiali con un controllo delle dimensioni spinto fino al livello del nanometro. L’apertura di questi nuovi orizzonti è stata favorita dallo sviluppo di strumenti e tecniche raffinate in grado di esaminare le proprietà della materia con una risoluzione vicina a quella dei singoli atomi. In tale contesto si inserisce il presente lavoro di tesi, che è stato rivolto alla sintesi chimica e alla caratterizzazione strutturale e magnetica di eterostrutture nanocristalline composte da biossido di titanio (TiO2) e ossidi di ferro (Fe3O4,Fe2O3). In questo capitolo introduttivo saranno descritte le proprietà generali che rendono i nanocristalli rilevanti dal punto di vista tecnologico. 1.1 Struttura elettronica dei nanocristalli Quando le dimensioni dei cristalli che compongono un solido inorganico vengono ridotte a pochi nanometri, le proprietà termodinamiche, ottiche, elettriche, e magnetiche del materiale diventano strettamente dipendenti dalla loro forma e dimensioni.1-6 In generale, tutti i solidi di dimensioni nanometriche, comunemente chiamati “nanocristalli”, possono essere descritti come intermedi tra i solidi macroscopici (“bulk”) e i sistemi atomici e/o molecolari. Questo fatto può essere ben compreso analizzando la Figura 1, che mette a confronto i rispettivi diagrammi energetici. Si osserva come, al diminuire delle dimensioni, il “continuo” delle bande dei solidi macroscopici venga modificato dalla comparsa di livelli energetici discreti e da un allargamento del gap energetico proibito. 1 Capitolo 1 La struttura elettronica di un solido può essere derivata sia mediante un approccio di tipo “fisico” (rigoroso dal punto di vista teorico e matematicamente complesso) che mediante un approccio di tipo “chimico” (più semplice e immediato). Figura 1. Diagramma schematico dei livelli energetici in un solido bulk, in un nanocristallo e in una molecola I Fisici applicano la teoria delle bande dei solidi macroscopici ai nanocristalli. Il comportamento dei portatori di carica all’interno di un cristallo bulk può essere descritto con il modello del “gas di elettroni liberi”. In prima approssimazione, si assume che tali elettroni non interagiscano con il potenziale interno del cristallo, dovuto ai nuclei e agli elettroni di “core”. Inoltre, si considera il solido di dimensioni infinite, in modo da poter trascurare il contributo degli atomi superficiali. Quest’ultima approssimazione non potrà essere più valida nel caso di un nanocristallo, in cui la frazione degli atomi di superficie rispetto al totale è elevata e ciò introduce un contributo significativo al potenziale totale del solido. Quando le dimensioni del cristallo diventano paragonabili alla lunghezza d’onda di De Broglie associata alle particelle che interagiscono con esso, il moto dei portatori di carica risulta fortemente confinato all’interno di tale struttura. La descrizione del loro comportamento ha, quindi, analogie con il problema quantistico della “particella nella scatola” per mezzo della risoluzione dell’equazione di Schrodinger ad essa associata. Per un nanocristallo, questo approccio permette di ricavare una discretizzazione dei livelli energetici in prossimità delle bande, che è una caratteristica distintiva rispetto al continuo di livelli energetici associati al corrispondente solido bulk (Figura 1). Tale fenomeno, riscontrabile 2 Capitolo 1 sperimentalmente, è comunemente indicato come “quantum-size effect” o confinamento quantico. Si può ricavare la densità degli stati quantici in funzione dell’energia a seconda che la “scatola” di potenziale sia limitata in una, due o tre dimensioni, come illustrato in Figura 2. In un solido di bulk, si ha quasi un continuo di energia e la densità degli stati elettronici, N(E), è funzione di E1/2. In un sistema bi-dimensionale (”quantum well” o buca quantica), cioè esteso infinitamente nelle direzioni x e y, gli effetti di quantizzazione sono dovuti al confinamento dei portatori di carica lungo la sola direzione z. In questo caso N(E) ha un andamento “a gradini”, per cui la densità degli stati è quasi-continua rispetto a kz (k è il vettore d’onda associato un possibile stato elettronico), ma assume solo alcuni valori indipendenti dall’energia E. Queste caratteristiche consentono, per esempio, l’utilizzo di “quantum wells” di semiconduttori nei LEDs (“light-emitting diodes”) o come sorgenti laser per la lettura di dischi.7-9 In un sistema uni-dimensionale (”quantum wire” o filo quantico), si ha confinamento in due direzioni, per esempio lungo y e z; in tal caso la densità degli stati dipende da E-1/2. Ogni ramo d’iperbole descrive una distribuzione continua di stati kx e una distribuzione discreta di stati ky e kz. La quantizzazione in due dimensioni ha importanti conseguenze sul trasporto di carica. Gli elettroni possono “scorrere” liberamente lungo l’asse x, ma possono occupare stati discreti lungo y e z. Essi fungono pertanto da canali di conduzione discreti. A tal fine, per esempio, vengono studiati i ben noti nanotubi di carbonio come emettitori di elettroni o come transistori a singolo elettrone.10-12 Nei sistemi zero-dimensionali (”quantum dots” o punti quantici), dove il confinamento quantico esiste in tre dimensioni, la distribuzione degli stati N(E) sarà una funzione delta δ molto simile a quella di un sistema atomico (Figura 2). Il minor numero di stati quantici consentiti in un “quantum dot” rispetto ad un “quantum well” o ad un “quantum wire” permette una maggiore modulabilità della radiazione emessa da nanocristalli luminescenti, e delle proprietà elettromagnetiche.13 3 Capitolo 1 N(E) E Figura 2. Densità degli stati elettronici di un solido esteso in 3, 2, 1 o 0 dimensioni I Chimici sono soliti descrivere la struttura elettronica di un solido in termini di combinazione di orbitali atomici, così come fanno per le molecole. Ma quando il numero di orbitali atomici aumenta considerevolmente, come nel caso di un solido, è ragionevole aspettarsi che i livelli energetici associati agli orbitali molecolari siano così vicini da formare quasi un continuo di energie. Il calcolo delle bande può essere semplificato nel caso di un cristallo infinito con perfetta periodicità traslazionale, per il quale possono essere utilizzate combinazioni periodiche di orbitali atomici (funzioni di Bloch).14Il numero di atomi presenti in un nanocristallo è sensibilmente minore (5.000-50.000) che non in un solido bulk, ma decisamente maggiore che non in una molecola; ne consegue che la struttura elettronica di un nanocristallo sarà intermedia tra questi due estremi1,15 (Figura 3). 4 Capitolo 1 Per ogni materiale esiste una dimensione critica al di sotto della quale gli effetti del confinamento quantico diventano apprezzabili, in quanto la discretizzazione dei a b Figura 3. Densità degli stati in un nanocristallo di materiale metallico (A) e semiconduttore (B). In entrambi i casi, la densità degli stati è discreta agli estremi banda. bordi delle bande e l’aumento del band-gap si traducono in una sostanziale differenziazione delle proprietà elettriche ed ottiche del nanocristallo rispetto alla sua controparte bulk. Questo accade quando l’energia ΔE che separa due livelli quantici successivi supera l’energia termica alla temperatura T: kBT<<ΔE = 4EF/3N (1) dove EF è il livello di Fermi del cristallo ed N è il numero di elettroni liberi nella banda di conduzione. Dalla (1), è evidente come l’osservazione di nuove proprietà relazionabili all’insorgere del confinamento quantico in un nanocristallo sia quindi legato alla natura intrinseca del materiale (tramite EF e N), ma anche alla temperatura T a cui le proprietà del materiale vengono esaminate. Per esempio, poiché per un metallo N è generalmente grande e la separazione tra le due bande è minima, l’aumento di EGAP sarà rilevabile solo a T di pochi kelvin e per nanocristalli molto piccoli (2-3 nm). Al contrario, per un semiconduttore N è piccolo e il livello di Fermi giace nel gap proibito: in questo caso, EGAP tende ad aumentare drasticamente (Fig. 1 e 2) già a temperatura ambiente e per dimensioni dei nanocristalli relativamente grandi (5-50 nm)16 5 Capitolo 1 1.2 Proprietà generali dei nanocristalli Le proprietà dei nanocristalli variano sistematicamente in funzione della loro forma e dimensioni. Tali variazioni sono esprimibili attraverso delle vere e proprie “leggi di scala”: 1.2.1 Proprietà termodinamiche Abbassamento della temperatura di fusione. Cristalli nanometrici fondono ad una temperatura minore del punto di fusione dei corrispondenti materiale bulk .17-19 Questo fatto può essere compreso considerando la fusione come un processo che tende ad equilibrare il potenziale chimico di liquido e solido. Un cristallo fonde alla temperatura a cui il potenziale chimico del solido è uguale a quello del liquido. Un liquido ha sempre una energia superficiale minore di un solido, poichè gli atomi possono minimizzare il loro stato energetico per diffusione. Un nanocristallo è costituito da una frazione molto grande di atomi che risiedono in superficie, a valenza insatura e/o in posizioni geometriche sfavorevoli, che contribuiscono pesantemente all’energia libera totale del sistema. Ecco quindi che la fusione di un nanocristallo può essere considerata un processo tendente ad abbassare l’energia superficiale, che è tanto più alta quanto più piccole sono le sue dimensioni (Figura T (K) 4). r (nm) Figura 4. Temperatura di fusione in funzione delle dimensioni per nanocristalli di CdS Aumento della pressione richiesta per transizioni solido-solido. Per i solidi un aumento di pressione comporta il passaggio a strutture cristalline più dense. Tali 6 Capitolo 1 trasformazioni sono catalizzate dalla presenza di difetti che fungono da siti di nucleazione a bassa energia. Nei nanocristalli la probabilità di avere difetti interni è minima e quindi le transizioni solido-solido richiederanno pressioni più elevate (Figura 5)20-22 Figura 5. Variazione della pressione richiesta per la transizione γ–Fe2O3 → α–Fe2O3 in funzione del rapporto superficie/volume per nanocristalli di ossido di ferro. 1.2.2 Proprietà optoelettroniche Transizioni ottiche nei semiconduttori. Nei nanocristalli di semiconduttori l’effetto dominante del confinamento quantico è la sistematica variazione della densità degli stati elettronici e di EGAP (la differenza energetica tra il più alto livello occupato, HOMO, e il più basso livello non occupato, LUMO). Al diminuire delle dimensioni, l’allargamento dell’EGAP è accompagnato dallo sviluppo di livelli discreti di energia in prossimità degli estremi delle bande. L’energia minima necessaria per creare una coppia buca-elettrone (un “eccitone”) in un quantum dot è definito proprio da EGAP. Quindi radiazioni con energia minore di EGAP non possono essere assorbite da quantum dots. Poiché il EGAP dipende dalle dimensioni dei quantum dots, la soglia (onset) per l’assorbimento sarà di conseguenza legata ad esse.23-24 Gli spettri di assorbimento di nanocristalli sono caratterizzati dalla presenza di alcune bande, corrispondenti alle transizioni possibili indotte dalla discretizzazione delle bande. All’aumentare delle dimensioni, le bande di assorbimento si spostano a energie minori e divengono progressivamente meno risolte, a causa del ridotto confinamento quantico. Di solito il picco eccitonico a minore energia è quello meglio definito. In alcuni materiali, gli eccitoni tendeno a rilassarsi radiativamente con elevate rese quantiche. Le bande di emissione 7 Capitolo 1 derivano da ricombinazione elettrone-buca dagli stati a bordo banda e quindi sono direttamente relazionabili a EGAP. L’allargamento dei picchi di assorbimento e luminescenza dipende fortemente anche dalla distribuzione delle dimensioni dei nanocristalli.25 Questo fatto consente, per esempio, di monitorare la crescita di nanocristalli in soluzione colloidale con un convenzionale spettrofluorimetro (Figura 6). L’emissione a banda stretta, la disponibilità di colori diversi a seconda delle dimensioni, l’elevata stabilità fotochimica rispetto ai fluorofori convenzionali, sono caratteristiche distintive dei nanocristalli inorganici che li rendono fruibili in molteplici applicazioni: nel “labelling”biologico26, ad esempio possono essere utilizzati come marcatori di sequenze di DNA o di altre macromolecole biologiche,27-29 come materiali attivi in LEDs (“light-emitting diodes”) ad elevata efficienza,7,30,31, e in celle fotovoltaiche.32,33 Assorbimento di nanocristalli metallici. Mentre le proprietà ottiche dei semiconduttori nanostrutturati sono dominate dalle transizioni elettroniche che riflettono la struttura delle bande, nanocristalli di metalli, quali Ag, Au, Cu, mostrano distinte e ben definite bande di assorbimento nel visibile, dovute alle oscillazioni collettive degli elettroni liberi di conduzione sulla superficie del solido, indotte dalla radiazione elettromagnetica incidente.34,35 Questo fenomeno prende il nome di “plasmone di superficie”(SP). La teoria di Mie, basata sulle equazioni dell’elettromagnetismo classico di Maxwell, spiega gli spettri UV-vis di sfere metalliche, ma può essere opportunamente estesa all’interpretazione delle caratteristiche spettrali di nanocristalli con altre morfologie (modello di Gans).34,35 La condizione di risonanza plasmonica è verificata per particelle in un regime dimensionale compreso fra 5 e 50 nm, e dipende fortemente dalla forma del nanocristallo e in modo meno pronunciato dalle dimensioni. Mentre sfere metalliche mostrano un’unica banda plasmonica, nanocristalli anisotropi (rods, prismi, dischi) possono presentare due o più bande di assorbimento, corrispondenti alle oscillazioni plasmoniche dipolari e/o multi-polari lungo i diversi assi di crescita del solido. 8 CdSe 45Å 35Å 25Å 300 500 700 PL Intensity Intensity (a.u.) Absorbance (a.u.) Capitolo 1 Wavelength (nm) Size Figura 6. Spettri di assorbimento ed di emissione di nanocristalli colloidali di CdSe di varie dimensioni (sopra). Foto che mostrano la variazione del colore di soluzioni colloidali contenenti nanocristalli di CdSe (sotto) Per esempio, nanorods di oro (Figura 7) presentano due caratteristiche bande di assorbimento, attribuibili alla risonanza plasmonica dipolare lungo l’asse trasversale (520-530 nm) e lungo quello longitudinale (nell’intervallo 600-1200 nm) della nanostruttura. L’effetto più spettacolare dell’assorbimento plasmonico è dato dalle caratteristiche colorazioni assunte da soluzioni di metalli colloidali al variare della forma e/o dimensione dei nanocristalli, del loro grado di auto-organizzazione in “superstrutture” mono-, bi- o tridimensionali, e della natura del solvente o delle molecole organiche che, coordinandosi alla superficie dei cristalli, ne alterano la distribuzione di carica.36,37 E’ particolarmente interessante come il coefficiente di estinzione per l’assorbimento plasmonico sia notevolmente più elevato (di un fattore 103-106) di quello dei convenzionali dye molecolari. La peculiare struttura elettronica dei nanometalli è responsabile dell’aumento di fenomeni ottici lineari e non lineari, quali la generazione di seconde armoniche, i segnali SERS (Surface-Enhanced 9 Capitolo 1 Raman Scattering) e MEF (Metal- Enhanced Fluorescence) di molecole organiche adsorbite sui nanocristalli.38-39 a b 50 2.5 nm lenght/width 4.8 nm 18 nm diameter 12.6 nm Figura 7 (a) Spettri di Figura 3 (a) Spettri di assorbimento di nanorods di Au assorbimento di nanorods di con rapporto lunghezza/diametro Au con (sopra). aspect-ratio (rapporto variabile Foto che mostrano il colore reale di lunghezza/diametro) soluzioni colloidali variabile (sopra).otticamente trasparenti di nanorods di Au Foto che mostrano il colore (sotto). reale di soluzioni colloidali La forte dipendenza della posizione e dell’intensità plasmonica da svariati “effetti di superficie” nonché dalla organizzazione dei nanocristalli in “super-reticoli”, l’elevata conducibilità termica ed elettrica dei metalli, e la dimostrata dipendenza di proprietà catalitiche da forma e dimensione, giustifica gli sforzi applicativi nel campo della ricerca di nuovi marker funzionali, di substrati attivi per dispositivi sensoristici, nella nanoelettronica, e nello sviluppo di nuovi efficienti catalizzatori. Variazione dei potenziali redox. Poiché al diminuire delle dimensioni aumenta il band-gap, avremo uno spostamento dei potenziali redox associati agli elettroni e alle buche verso valori più negativi e positivi, rispettivamente. Pertanto, rispetto al materiale di bulk, un nanocristallo eccitato si comporterà tanto da riducente che da ossidante più efficiente40 (Figura 8). Energia di caricamento. Nei solidi macroscopici l’aggiunta o la sottrazione di una singola carica non comporta nessuna significativa variazione della struttura 10 Capitolo 1 e- e- e- e- e- Figura 8. Diagramma energetico di nanoparticelle di CdTe di dimensione media (1)1nm; (2) 1,25nm; (3) 1,75nm;(4) 2nm; (5)livelli energetici corrispondenti al solido macroscopico elettronica del cristallo. Poichè la repulsione colombiana tra due cariche confinate nello stesso volume è inversamente proporzionale al raggio in un nanocristallo l’energia richiesta per aggiungere una carica aumenta al diminuire delle dimensioni e la presenza di una carica impedisce l’aggiunta di un’altra. Così in nanocristalli di metalli e semiconduttori le curve corrente-potenziale presentano un andamento “a scaletta” a causa del “Coulomb blockade”; gli step della scala sono dovuti a eventi individuali di caricamento e la loro altezza è inversamente proporzionale al raggio del nanocristalli.41,42 Questo spiega l’utilizzo dei nanocristalli in transistori a singolo elettrone, in cui cioè può essere realizzato il passaggio di un elettrone alla volta.43,44 1.3 Caratteristiche della superficie dei nanocristalli Poiché i nanocristalli hanno un alto rapporto atomi di superficie/atomi di bulk, essi presentano un elevato numero di legami insaturi in superficie che li rendono delle specie metastabili e, quindi, altamente reattive. La presenza di un’elevata densità superficiale di valenze insature è utile per applicazioni catalitiche. Infatti esse possono fungere per l’adsorbimento e la successiva attivazione catalitica di molecole. Inoltre l’utilità dei nanomateriali in catalisi è legata anche alle loro proprietà completamente inedite rispetto ai materiali di bulk. Ad esempio, nanoparticelle di metalli nobili disperse su ossidi di metalli pesanti hanno l’abilità di catalizzare certe reazioni di ossidazione in fase 11 Capitolo 1 gassosa attivando la dissociazione dell’ossigeno molecolare. Questo rappresenta un classico esempio sono un classico catalisi bifunzionale, nella quale l’attivazione che segue il chemiassorbimento della molecola target sul metallo è promossa dal trasferimento di carica tra i due materiali che compongono il catalizzatore, mentre il trasferimento di atomi d’ossigeno è favorito dall’ossido.45,46 Un’altra proprietà interessante per la catalisi è la possibilità di spostare i potenziali redox di particelle metalliche verso valori negativi, il che consente di sfruttarle come efficienti mediatori del trasferimento elettronico in reazioni di riduzione. I metalli di transizione possono invece essere usati per l’idrogenazione delle olefine. Più recentemente reazioni catalizzate da nanocristalli metallici sono state estese a idrossilazioni, ossidazioni e idrogenazioni selettive.47-53 Ossidi di metalli di transizione sono anche stati esaminati come catalizzatori per produzione fotochimica di idrogeno e ossigeno da acqua (water splitting)54 Attualmente tra gli obiettivi più importanti della chimica dei materiali vi è lo sviluppo di nanocristalli con dimensioni, forma, fase cristallina e precisa orientazione cristallografica, nonché con una ben definita chimica superficiale, che consentano di superare i problemi connessi con la necessità di isolare i prodotti di reazione e di riciclare il catalizzatore. La progettazione di materiali nanostruttuati con ben precise caratteristiche funzionali costituirà certamente un campo di estremo interesse tecnologico nell’immediato futuro. 12 Capitolo 1 RIFERIMENTI [1] Alivisatos, A. P. 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La suscettività magnetica χ è una stima dell’efficienza della risposta della magnetizzazione M del materiale ad un campo magnetico esterno H. Essa è definita come χ = δM/δH ed è una grandezza adimensionale. I materiali diamagnetici hanno tutti gli elettroni appaiati e, quindi, una magnetizzazione netta risultante nulla; in presenza di un campo magnetico esterno, essi ne verranno respinti, essendo caratterizzati da una piccola suscettività magnetica negativa. I materiali paramagnetici hanno elettroni spaiati, per cui un campo magnetico esterno induce una magnetizzazione netta nel campione; tale magnetizzazione non viene però conservata dopo la rimozione del campo magnetico esterno. I materiali ferromagnetici posseggono elettroni spaiati e presentano un’elevata suscettività magnetica positiva; essi conservano per un certo tempo la 16 Capitolo 2 magnetizzazione indotta da un campo magnetico esterno anche quando questo viene rimosso. In particolare l’applicazione di un campo magnetico H induce una magnetizzazione M nel campione. Nello studio delle proprietà magnetiche sono importanti proprio i diagrammi M vs. H che rappresentano le curve di isteresi magnetica1(Figura 2.1). Mr Ms Hc Figura 2.1 Curva di isteresi per un materiale ferromagnetico Un comportamento irreversibile nella magnetizzazione è indicato dal fatto che una magnetizzazione residua Mr permane nel campione, anche quando viene rimosso il campo H esterno, per un certo tempo che dipende dalla velocità di decadimento della magnetizzazione, tipica del particolare materiale. L’area compresa all’interno della curva rappresenta l’energia necessaria per invertire la magnetizzazione. Ms è la magnetizzazione di saturazione, che si ottiene quando tutti gli spin sono allineati rispetto al campo esterno; Hc è la coercitività, cioè l’intensità di campo che deve essere applicata per portare a zero la magnetizzazione residua del campione. Un importante parametro che caratterizzata i materiali ferromagnetici è la temperatura di Curie, al di sopra della quale si ha il passaggio a comportamento paramagnetico; tale temperatura è in genere nell’ordine di parecchie centinaia di kelvin. Ad esempio la temperatura di Curie è di 1043 K per il ferro, per il nichel 627 K. All’interno di un materiale magnetico bulk, si può individuare una moltitudine di domini, ciascuno dei quali è composto da un gruppo di spin che puntano nella stessa direzione e agiscono contemporaneamente (Figura 2.2). La formazione di 17 Capitolo 2 tali domini è legata alla minimizzazione dell’energia del sistema. La loro dimensione è, infatti, dettata dalla competizione tra l’aumento di energia imposto dal campo magnetico esterno e la spesa di energia richiesta per la formazione delle “pareti” che circoscrivono i domini. Queste ultime possono essere spostate applicando un campo magnetico esterno. Il loro movimento comporta l’aumento della dimensione del dominio orientato nello stesso verso del campo magnetico applicato e dà origine alla curva di isteresi magnetica. La dimensione caratteristica dei domini dipende dal materiale; di solito è nell’ordine della decina di nanometri. CAMPO MAGNETICO Figura 2.2. Domini magnetici nei materiali macroscopici 2.2 Proprietà magnetiche dei nanocristalli Quando le dimensioni dei cristalli diventano paragonabili alla dimensione critica2 di dominio Dc, essi si comporteranno da singoli domini magnetici poiché la formazione di ulteriori sottodomini diventa sfavorevole, in quanto l’energia richiesta per formare le pareti del dominio è superiore al guadagno energetico Ef derivante dal flusso magnetico (Ef = -Ms*H). In particolare Dc = 2A1/2/ μ, dove A è una costante di scambio ed μ è il momento magnetico per unità di volume. Ad esempio, Dc vale 14 nm per Fe e 166 nm per γ-Fe2O3 (Figura 2.3). Nel caso di particelle al di sotto della dimensione critica, la variazione di magnetizzazione non avviene più attraverso lo spostamento delle pareti di dominio, ma richiede la rotazione coerente degli spin, cui sono associati valori di coercitività maggiori. Se le dimensioni di un nanocristallo diventano più piccole della dimensione critica, raggiunta una dimensione di “bloccaggio”3, gli spin diventano influenzabili dalle fluttuazioni termiche: tale comportamento è detto superparamagnetismo. Le particelle superparamagnetiche mostrano coercitività e magnetizzazione residua nulle (Figura 2.4). 18 Capitolo 2 Superparamagnetic Dc Figura 2.3. Comportamento magnetico di un materiale ferromagnetico al variare delle sue dimensioni. A campi bassi la magnetizzazione segue la legge di Curie, per la quale la M è direttamente proporzionale ad H e inversamente proporzionale alla temperatura. A campi più alti invece scompare la dipendenza lineare e la curva è interpolata correttamente dall’equazione di Langevin:4-6 M=Ms*[coth(μH/kBT) - kBT/ μH] B B dove μ =Ms лD3/6 è il momento magnetico effettivo dei nanocristalli e D è la dimensione media dei nanocristalli. Il comportamento superparamagnetico appare praticamente identico a quello paramagnetico, pur avvenendo al di sotto della temperatura di Curie. Le ragioni di questo sono però diverse: il paramagnetismo è una proprietà Magnetization intrinseca del cristallo, mentre il superparamagnetismo dipende da condizioni ….Curie Langevin Field Strength Figura 2.4. Magnetizzazione di particelle superparamagnetiche. 19 Capitolo 2 esterne, come la temperatura o le dimensioni. Inoltre, la magnetizzazione di saturazione di nanocristalli superparamagnetici è maggiore perché, essendo materiali ferromagnetici, hanno suscettività magnetica maggiore dei nanocristalli paramagnetici. Ciò significa che è possibile ottenere valori di magnetizzazione più elevata a campi relativamente bassi, con notevole risparmio energetico.7 Un fattore chiave per comprendere e controllare il comportamento superparamagnetico è l’anisotropia magnetica.8,9 Nei materiali nanostrutturati i due tipi più comuni di anisotropia sono: l’anisotropia magnetocristallina e l’anisotropia di forma. L’anisotropia magnetocristallina, che deriva dall’accoppiamento spin-orbita, favorisce energeticamente l’allineamento lungo una specifica direzione cristallografica definita come “asse preferenziale di magnetizzazione” (easy axis) ed è una proprietà intrinseca del materiale, poichè dipende dal reticolo cristallino e dall’intorno chimico del singolo cristallo (per esempio, l’anisotropia di nanocristalli CoFe2O4 è maggiore che per nanocristalli di Fe3O4 che mostrano coercitività minori9; l’anisotropia di nanocristalli di Fe2O3 aumenta se essi sono conglobati in eterostrutture più complesse10). L’anisotropia di forma, presente solo in oggetti di forma diversa da quella sferica, contribuisce ad orientare la magnetizzazione lungo l’asse longitudinale del nanocristallo, lungo cui i campi di demagnetizzazione sono più blandi perché i poli opposti del cristallo si trovano a maggiore distanza. L’anisotropia di forma è responsabilie dei valori più alti di coercitività in nanocristalli di forma elongata. Nell’approssimazione di un unico asse di anisotropia, l’energia potenziale di anisotropia ΔEA di una particella a singolo dominio può essere scritta come: ΔEA= KVsin2θ (2.2) dove K è la costante di anisotropia magnetocristallina, V è il volume della particella e θ è l’angolo tra la direzione di magnetizzazione e l’asse preferenziale. L’energia di anisotropia rappresenta la barriera energetica da superare per consentire cambi di direzione nella magnetizzazione. Se θ =0°, cioè se la direzione di magnetizzazione coincide con l’asse preferenziale, l’energia potenziale assumerà il minimo valore. Quando le dimensioni di un nanocristallo 20 Capitolo 2 ferromagnetico sono ridotte fino ad un valore soglia, detto di “bloccaggio”11, ΔEA diventa paragonabile all’energia termica d’attivazione kBT (dove kB è la costante B di Boltzmann). La barriera energetica di anisotropia è così piccola che l’energia di attivazione termica e/o un campo magnetico esterno possono facilmente modificare la direzione di magnetizzazione rispetto all’asse preferenziale. La temperatura alla quale i nanocristalli raggiungeranno la condizione di superparamagnetismo è nota come temperatura di “bloccaggio”, TB. La dipendenza della magnetizzazione dalla temperatura può essere ottenuta mediante le tecniche “zero-field cooling” (ZFC) e “field cooling”(FC). In una scansione ZFC, il campione è raffreddato vicino a 0 K senza alcun campo magnetico applicato. Il sistema è poi riscaldato e la magnetizzazione è misurata in funzione della temperatura applicando un basso campo magnetico esterno (~100Oe). Alla TB la magnetizzazione è massima; al di sopra essa diminuisce a causa delle fluttuazioni termiche. In una scansione FC il campione è raffreddato in presenza di un piccolo campo magnetico esterno “congelando” l’allineamento dei momenti delle nanoparticelle. Il campo viene rimosso e la magnetizzazione viene misurata man mano che il campione è riscaldato. Al di sotto di TB il libero movimento dei momenti magnetici è bloccato mentre al di sopra avremo rilassamento superparamagnetico. Le curve ZFC ed FC si sovrappongo in corrispondenza di TB (Figura 2.5). M(emu/g) FC ZFC Figura 2.5. Dipendenza della magnetizzazione dalla temperatura nelle tecniche ZFC ed FC. 21 Capitolo 2 Nel processo ZFC, al diminuire della temperatura, l’energia potenziale tende a diminuire, allineando i momenti magnetici di ciascuna particella lungo l’asse preferenziale di magnetizzazione. Poiché i cristalli sono dispersi casualmente, a bassa temperatura la magnetizzazione totale del campione mostrerà il valore più basso. Quando la temperatura aumenta in presenza di un campo magnetico, le barriere energetiche iniziano ad essere superate dall’energia termica ed, essendo legate alle dimensioni, l’ampiezza della curva ZFC riflette la distribuzione delle dimensioni delle nanoparticelle.12 La magnetizzazione totale aumenta all’aumentare della temperatura e il massimo è raggiunto a TB, quando l’energia di attivazione termica uguaglia l’energia di anisotropia di tutte la particelle: KVm=25kBTB B B (2.3) dove Vm è il volume medio delle particelle. Nel processo FC, quando le nanoparticelle sono raffreddate sotto campo magnetico la direzione di magnetizzazione di tutte le particelle è “congelata” nella direzione di applicazione del campo magnetico esterno. Al di sotto di TB la divergenza della magnetizzazione nelle misure ZFC ed FC è dovuta all’esistenza della barriera energetica di anisotropia magnetica; ad ogni temperatura MFC rappresenta il contributo di tutte le nanoparticelle, mentre MZFC riflette solo la magnetizzazione delle nanoparticelle la cui barriera energetica è superata dall’energia termica.8 A partire da TB le curve FC e ZFC si sovrapporranno perché le nanoparticelle sono tutte termicamente attivate nello stato superparamagnetico. Al di sopra di TB l’energia termica supera la barriera di anisotropia e genera variazioni della direzione di magnetizzazione che sono più rapide del tempo di risposta dello strumento, che quindi registrerà un valore inferiore di magnetizzazione totale. La magnetizzazione diminuisce secondo la legge di Curie , legata ad un comportamento superparamagnetico18. Se si misura il decadimento della magnetizzazione totale di un campione all’aumentare della temperatura in assenza di campo magnetico, appena la temperatura raggiunge TB la magnetizzazione tende a zero (Figura 2.6a). Nel decadimento della magnetizzazione in funzione dalla temperatura, MTD a b 22 Capitolo 2 (temperature-dependent magnetization) diminuirà proporzionalmente al numero di nanoparticelle la cui barriera energetica è superata dall’energia termica. La derivata del grafico di decadimento della magnetizzazione, f(T) rappresenta la distribuzione dell’energie di anisotropia: f(T)=(-dMTD/dT) (Figura 2.6b). Il massimo di MTD si ha in corrispondenza di TB, che può essere definita anche come la temperatura alla quale l’energia termica supera la barriera di anisotropia per il 50% dei nanocristalli. Tenendo conto di quanto detto, si può anche derivare che MZFC può essere calcolata come MZFC=MFC∫5Tf(T)dT. Le simulazioni al calcolatore mostrano la validità di tale assunto. La determinazione della costante di anisotropia K avviene per via teorica attraverso l’uso di diversi parametri ad essa legati, come ad esempio la temperatura di blocking13 o il tempo di rilassamento della magnetizzazione residua.14-16 Nelle particelle ferromagnetiche sono possibili due meccanismi di rilassamento: il rilassamento browniano (legato al movimento dell’intera particella nella matrice in cui è dispersa) e il rilassamento di Neel (legato alla rotazione del momento magnetico all’interno della particella e dipendente fortemente dalle dimensioni). Il tempo di rilassamento browniano, τB, oltre che dal volume della particella, dipende dalla viscosità η del mezzo circostante: τB= 3 ηV/kBT B B (2.4) 23 Capitolo 2 Il tempo di rilassamento di Neel, τN, è invece legato all’energia potenziale di anisotropia: τN= τo exp(KVm /kT) (2.5) dove τo è una costante assunta del valore di 10-9s.17 Quando viene applicato un campo magnetico esterno a una soluzione contenente nanocristalli magnetici, essi allineano i loro momenti lungo esso, generando una magnetizzazione netta complessiva. Dopo la rimozione del campo, la magnetizzazione scompare in seguito al riorientamento statistico di momenti magnetici dei nanocristalli; il meccanismo di rilassamento operante dipenderà dalle dimensioni delle particelle, perché τB varia con il cubo del diametro del cristallo, mentre τN varia in modo esponenziale (Figura 2.7). Figura 2.7. Confronto tra la dipendenza dei tempi di rilassamento browniano e di Neel dal diametro di una particella magnetica sferica 2.3 Influenza degli effetti di superficie sulle proprietà magnetiche Le misure magnetiche possono essere effettuate sia su nanocristalli dispersi in soluzione che su nanocristalli inglobati in una opportuna matrice polimerica, ad esempio polistirene.18 Se i nanocristalli sono ancorati ad una superficie, gli assi preferenziali di magnetizzazione sono allineati casualmente; quando viene applicato un forte campo magnetico esterno, la magnetizzazione di saturazione si raggiunge in seguito all’orientazione dei momenti dei singoli oggetti (Figura 2.8b). Il tempo necessario affinché avvenga tale processo è dell’ordine dei 10-9 s. Se i nanocristalli sono liberi di muoversi in soluzione, è possibile che si orientino in modo tale che l’asse preferenziale si direzioni lungo il campo magnetico con un 24 Capitolo 2 considerevole decremento della loro energia potenziale (Figura 2.8c). Tale allineamento avviene attraverso i moti browniani che coinvolgono collisioni tra i nanocristalli e le molecole di solvente, ed è molto più lento (~10-7 per un solvente come l’esano) della rotazione dei momenti magnetici all’interno delle particelle. a) b) c) Figura 2.8 a) Particelle magnetiche in assenza di campo esterno; b) particelle magnetiche inglobate in una matrice polimerica in presenza di campo magnetico esterno; c) particelle magnetiche disperse in soluzione in presenza di campo magnetico esterno Se la concentrazione delle nanoparticelle in un campione è elevata, i momenti magnetici delle singole particelle possono influenzarsi reciprocamente attraverso interazioni dipolari, modificando sensibilmente il comportamento magnetico del campione (Figura 2.9a) Il solvente e le molecole di capping agiscono da moderatori delle interazioni tra le particelle. a b Figura 2.9. (a)Variazione della temperatura di “bloccaggio” in presenza delle interazioni dipolari: la curva ZFC subisce uno shift versoT più alte e si allarga, (b) Scansioni FC/ZFC misurate a 100Oe per nanocristalli di CoPt3 in PLMA a diverse concentrazioni. Al di sotto del 21 wt.% non sono visibili gli effetti dell’interazione 25 Capitolo 2 Per un determinato solvente esiste una concentrazione critica di nanocristalli, che dipende dalle loro dimensioni, oltre la quale i leganti organici superficiali non riescono a schermare le interazioni magnetiche attrattive tra i nanocristalli, che portano a diminuire la stabilità colloidale dei nanocristalli (si osserva precipitazione). Finchè tale stabilità è garantita, all’aumentare della concentrazione non si ha alcuno shift di TB e dell’ampiezza delle curve ZFC, ad indicare l’assenza di interazioni tra i nanomagneti (Figura 2.9b). Le molecole di capping (tensioattivi) complessano la superficie dei nanocristalli andando a sopprimere tutte le possibili interazioni a corto raggio tra di essi, comprese quelle magnetiche. Oltre a limitare le interazioni dipolari, essi determinano una perdita di magnetizzazione rispetto al valore atteso teoricamente11,19 (Figura 2.10a). I legami degli atomi superficiali con i tensioattivi coinvolgono di solito gli orbitali d e sono direzionati; tale direzionalità limita la capacità degli atomi di riorientare velocemente gli spin in seguito all’applicazione di un campo magnetico esterno. Trattandosi di un effetto di superficie, esso sarà tanto più evidente quanto più piccole sono le particelle. Ad esempio, nanocristalli di Fe di 7-9 nm passivati con un alcol, con un acido carbossilico, con un acido solforico e con un acido fosfonico4 presentano, rispettivamente, una magnetizzazione di saturazione di 85, 55, 10 e 5 Am2Kg-1. E’ pertanto desiderabile l’esplorazione dell’utilizzo di agenti di capping che riducano al massimo tali effetti.7 a b (a) 2.10. Diminuzione della magnetizzazione di saturazione attesa dovuta (a) alla presenza di agenti di capping: curve ZFC/FC misurate a 10Oe per nanocristalli di ossido di ferro prima e dopo il capping con oleato di sodio,e (b) alla variazione di concentrazione: i loop di isteresi mostrano una coercitività magnetica Hc=240 Oe per una concentrazione dello 0.03 vol.% e di 460 Oe per il campione a 0.003 vol.% 26 Capitolo 2 Le misure di magnetizzazione in soluzione sono influenzate anche dalla concentrazione; in particolare, all’aumentare della concentrazione la coercitività aumenta e il campione si satura a valori di campo più bassi (Figura 2.10b). Anche TB aumenta con la concentrazione; questo fatto è legato alle interazioni dipolari che aumentano la barriera energetica per invertire la magnetizzazione e quindi la coercitività.20 La distanza media tra le particelle, dettata dalla concentrazione, influenzerà anche il tempo di rilassamento magnetico; per soluzioni diluite, si registrano tempi di rilassamento maggiori.5 2.4 Effetto delle dimensioni sulle proprietà magnetiche Le proprietà magnetiche delle nanoparticelle sono fortemente influenzate dal volume, e quindi dalle dimensioni dei nanocristalli, nonché dalla loro forma. Se operiamo a temperatura costante, al diminuire delle dimensioni diminuiscono Hc e Ms perché diminuiscono gli spin che si sommano a dare la magnetizzazione totale 9,21 (Figura 2.11). Figura 2.11. Dipendenza della curva di isteresi dalle dimensioni Dalla curva di isteresi è anche possibile avere una stima delle dimensioni medie delle nanoparticelle: Dm=[(18kT/π)*(χi/ρMs2)]1/3,dove χi è la suscettività magnetica e ρ è la densità del materiale5. TB aumenta all’aumentare delle dimensioni e inoltre le curve ZFC/FC si slargano7,22,23 (Figura 2. 12) poiché aumentano gli effetti dell’accoppiamento dipolare; al contrario, picchi ZFC ben 27 Capitolo 2 definiti indicherebbero una stretta distribuzione di dimensioni e deboli interazioni dipolari.16 La dipendenza di TB dalle dimensioni viene espressa dalla relazione (2.3). In tale espressione rientra il problema delle interazioni dipolari tra le particelle che aumentano all’aumentare delle dimensioni portando ad un aumento della barriera energetica EB=KVm. Ne risulta che occorrono temperature maggiori B per “sbloccare” la magnetizzazione. All’aumentare delle dimensioni, aumenta anche il tempo di rilassamento della magnetizzazione residua.17 Questo fatto ha importanti implicazioni tecnologiche soprattutto nei mezzi di registrazione. Per esempio, se si usassero particelle magnetiche di γ-Fe2O3 di 20 nm, queste perderebbero l’informazione associata (l’orientazione magnetica) in meno di 20 s, mentre usando nanoparticelle di poco più grandi (26 nm) sarebbe possibile conservarla per 800 anni! size = 6.7 nm size = 8.2 nm size = 11.4 nm Figura 2.12. Curve ZFC-FC a H=20 Oe per nanoparticelle di ferro di diverse dimensioni 2.5 Effetto della forma sulle proprieta’ magnetiche La forma del nanocristallo influenza le proprietà magnetiche attraverso la costante di anisotropia. Le variazioni saranno osservabili sia nelle curve di isteresi24,25 che sulle curve FC/ZFC. In figura 2.13a e 2.13b sono mostrate le curve di isteresi di 28 Capitolo 2 nanorods e di nanosfere di Co. L’anisotropia di forma dei nanorods influenza le loro proprietà magnetiche attraverso l’insorgere dell’anisotropia magnetica. L’aggiunta di tale componente a quella magnetocristallina fa sì che la coercitività magnetica dei nanorods di cobalto (460 Oe) sia maggiore rispetto a quella delle nanosfere (250 Oe). Figura 2.13. Coercitività magnetiche misurate a 5K di (A) nanorods (4 nm x 20nm) e di (B) sfere (13nm) di Co. Hc=460 Oe A Hc=250 Oe B La temperatura di bloccaggio (Figura 2.14) di nanorods di Fe di 2 nm x 11 nm (110 K) è molto maggiore di quella di particelle sferiche di 2 nm (12 K).13 Questi risultati concordano con la teoria micromagnetica classica in base alla quale l’energia di anisotropia è proporzionale al volume della singola particella e alla costante di anisotropia. Le proprietà magnetiche dei nanorods sono interessanti per dimostrare l’effetto dell’anisotropia di forma. La costante di anisotropia magnetica K calcolata da TB delle nanosfere e dei nanorods risulta essere pari a B 6 3 9,1*10 erg/cm e 1.6 * 107 erg/cm3 rispettivamente. Per i nanorods si può calcolare K dall’equazione: K=(1/2)(Na - Nc)M2 dove Na ed Nc sono fattori di demagnetizzazione lungo l’asse minore e maggiore, rispettivamente, e M=1714 emu/cm3 è la magnetizzazione di saturazione del materiale bulk. Il valore di K che si ottiene è 7.9 * 106 erg/cm3 che è più piccolo di del valore ricavato sperimentale da TB. Quando la costante di anisotropia di forma viene aggiunta a B quella magnetocristallina ricavata per gli oggetti sferici, si ottiene esattamente il valore di K trovato sperimentalmente per i nanorods. 29 Capitolo 2 Figura 2.14. Curve ZFC/FC per nanocristalli sferici e per nanorods di Fe 2.6 Effetto della temperatura sulle proprietà magnetiche Le curve di isteresi misurate a temperature progressivamente più elevate temperatura mostrano una diminuzione della coercitività (Figura 2.15) e una diminuzione del tempo di rilassamento della magnetizzazione residua. Tali variazioni sono comprensibili se si considera che, all’aumentare della temperatura, ci si avvicina (fino eventualmente a superarla) alla temperatura di “bloccaggio” e quindi al comportamento superparamagnetico. Figura 2.15. Curve di isteresi a due temperature per nanocristalli di ferro di 6.7 nm. A 300 K il loop mostra comportamento superparamagnetico 30 Capitolo 2 2.7 Applicazioni delle nanoparticelle magnetiche 2.7.1 Applicazioni in ambito biomedico Ci sono un gran numero di potenziali applicazioni biomediche che includono la marcatura e la separazione di materiali biologici, il rilascio controllato di farmaci, la risonanza magnetica e trattamenti di ipertermia. Tipicamente in tali applicazioni vengono usati degli ossidi, nonostante nanocristalli metallici superparamagnetiche siano, in principio, più vantaggiosi, per il fatto, ad esempio, di avere un momento magnetico più alto, importante soprattutto nella separazione magnetica dove la forza agente sul nanomagnete è proporzionale alla sua magnetizzazione. Le particelle di metalli zerovalenti (Fe, Co, Ni) non possono essere usate perché nell’ambiente acquoso e salino in cui dovrebbero operare verrebbero facilmente ossidate. Nanocristalli superparamagnetici di ossidi di ferro (superparamagnetic iron oxide nanocrystals, SPIOs) possono essere utilizzati come agenti di contrasto per MRI (Magnetic Resonance Imaging), una tecnica usata in ambito medico che misura il rilassamento di spin nucleare protonico nei tessuti, riuscendo a trasformare il segnale in immagine. Particelle magnetiche micrometriche o complessi chelati di ioni magnetici iniettati nei tessuti fungono da agenti di rilassamento protonico poiché contribuiscono a ridurre i tempi di rilassamento degli spin nucleari protonici T1(tempo di rilassamento spin-reticolo) e T2 (tempo di rilassamento spin-spin). In particolare gli ossidi di ferro superparamagnetici, riducendo T2 più che T1, determinano un oscuramento dell’immagine lì dove essi si collocano. I nanocristalli magnetici avrebbero come vantaggio il fatto di poter circolare nel sangue per un tempo maggiore rispetto a cristalli più grandi, di poter attraversare le pareti dei capillari e raggiungere i linfonodi26 e di essere anche promotori di rilassamento protonico più efficaci. Le SPIOs, opportunamente funzionalizzate con leganti organici, che li rendono anche solubili in acqua, possono fungere da marker di specifiche cellule in vivo (Figura 2.16). Le SPIOs possono essere usate, per esempio, per individuare zone tumorali soprattutto del fegato e linfonodi.27 31 Capitolo 2 Figura 2.16 Scambio di leganti e utilizzazione per il labelling biologico In figura 2.17 viene mostrata un’immagine ottenuta con un microscopio a fluorescenza inglobando le SPIOs in micelle sulla cui superficie sono legati un colorante fluorescente e un peptide permeabile nella membrana cellulare (Figura 2.17); il tessuto epatico sano ingloba le SPIOs (zone scure nell’immagine), mentre il tessuto malato le rigetta (aree luminose nell’immagine).26 Un’ulteriore applicazione si avrebbe funzionalizzando i SPIOs con leganti specifici per alcune biomolecole; in tal modo potrebbero, ad esempio, fungere da marker del DNA per individuare sequenze “sbagliate”. 28,29 Nanocristalli magnetici possono essere utilizzate nella SLP (Specific Loss Power), una tecnica termoradioterapica tumorale basata sul riscaldamento locale della zona interessata. I nanomagneti, introdotti nell’organismo e depositati sul tessuto tumorale, producono calore in seguito all’applicazione di un campo magnetico alternato e distruggono il tumore. Figura 2.17. Immagine ottenuta con un microscopio a fluorescenza di SPIOs inglobate in micelle funzionalizzate con il peptide Tat e un colorante fluorescente Texas red in fibroblasti del tessuto dermico. 32 Capitolo 2 Infatti, durante la rimagnetizzazione, hanno luogo una serie di processi di perdita di energia che dipendono fortemente dalla dimensione media dei nanocristalli. La distribuzione delle dimensioni è inoltre cruciale per la scelta dell’opportuna frequenza dell’SLP. Tra i vantaggi attesi in seguito all’uso di nanocristalli magnetici nel SLP, è da annoverare la riduzione dell’area di tessuto caricato con materiale magnetico con consequente decremento degli effetti collaterali della terapia, quali rigidità muscolare e aritmia cardiaca.30,31 2.7.2 Applicazioni in ambito elettronico I nanocristalli magnetici possono essere utilizzati per la realizzazione sia di sistemi di registrazione magnetici, che richiedono l’utilizzo di nano-oggetti ad alta suscettività magnetica e alto valore di magnetizzazione di saturazione (praticamente richiedono oggetti superparamagnetici), e sia di induttori, testine di registrazione magnetica e motori elettromagnetici,32 che invece richiedono nanomagneti a bassa coercitività. I sistemi di registrazione ad alta densità magnetica richiedono nanocristalli con elevata coercitività, che esibiscano un loop di isteresi quadrato4 (Figura 2.18a). La necessità di avere questo tipo di isteresi è in relazione al fatto che l’area sottesa dal loop rappresenta l’energia richiesta per invertire la magnetizzazione; nel caso di un loop quadrato, tale energia è molto alta e, quindi, impedisce che la direzione di magnetizzazione possa cambiare accidentalmente, causando la perdita di dati. I sistemi di registrazione magnetica si sono sensibilmente evoluti nel tempo (dai nastri magnetici delle cassette ai dischi rigidi presenti nei moderni computer che riescono ormai ad immagazzinare 10Gbits/in2 con una dimensione di ciascun bit nell’ordine del μm) E’ evidente che la riduzione delle dimensioni dei materiali magnetici fino al nanometro significherebbe aumentare di molto la densità di bits per in2 e quindi la memoria dei dischi rigidi (Figura 2.18b).33 Il controllo fine delle dimensioni dei nanocristalli è essenziale, perché da esse dipende il tempo di rilassamento della magnetizzazione residua: infatti, nei sistemi di registrazione è desiderabile avere tempi di rilassamento più lunghi per garantire la conservazione dei dati. Il principio base dei sistemi di registrazione magnetica consiste nell’immagazzinamento di un bit d’informazione applicando un campo magnetico 33 Capitolo 2 pulsato in una direzione negativa rispetto a quella del campo che ha precedentemente saturato il materiale. Il segnale in uscita è letto da un coil induttivo o da un sensore magnetico. La velocità di scrittura e lettura del disco sono legate alla velocità con cui le particelle invertono la loro magnetizzazione. a) b) Figura 2. 18. (a) Loop di isteresi quadrato, caratteristica necessaria dei nanocristalli magnetici per essere utilizzati in sistemi di raccolta dati ad ultra alta densità magnetica. (b) Evoluzione della capacità degli hard-disk Dalla (2.3) è facile intuire che controllando le dimensioni controlleremo anche la velocità di lettura e scrittura. L’utilizzo di nanomagneti porterebbe vantaggi associati al singolo dominio magnetico; infatti tutti gli spin si allineerebbero sotto lo stesso campo magnetico e verrebbe sicuramente raggiunto il massimo valore di magnetizzazione del nanocristallo. Attualmente, il problema fondamentale nell’introduzione di nuove tecnologie rispetto a quelle esistenti è però il costo ancora proibitivo.34 2.7.3. Applicazioni in catalisi Le nanoparticelle di ferro possono essere usate per la conversione del gas naturale in idrocarburi mediante la sintesi di Fischer-Tropsch.4 Il ferro, infatti, non è molto costoso e la sua attività catalitica è seconda solo a quella del rutenio. Le nanoparticalle di ferro possono essere usate anche per la catalisi delle reazioni di idroformilazione di alcheni, idrogenazione di naftaline, degradazione di tricloroetilene, crescita di nanotubi di carbonio. Un grosso problema legato al ferro è il fatto che esso è facilmente ossidabile e quindi tali reazioni di catalisi devono essere condotte in atmosfera protetta. Sarebbe quindi più utile usare come 34 Capitolo 2 catalizzatori direttamente gli ossidi di ferro, che sono applicabili altre tipologie di reazioni. Ad esempio, nanocristalli di Fe2O3 possono essere utilizzati come catalizzatori per la degradazione di dibenzofurani policlorurati che sono sostanze tossiche e pericolose per uomini e animali.35 2.8 Nanocristalli di ferro e di ossidi di ferro Tra gli elementi ferromagnetici (Ni, Co e Fe), il ferro è il materiale più pratico da utilizzare. A temperatura ambiente il ferro ha il più alto valore di magnetizzazione di saturazione σs e ha una temperatura di Curie abbastanza alta per la maggior parte delle applicazioni pratiche. Inoltre il Fe è un materiale magnetico“soft”, soprattutto rispetto al cobalto. I materiali magnetici “soft” sono quei materiali che rispondono velocemente alla sollecitazione derivante da un campo magnetico esterno magnetizzandosi e demagnetizazzandosi facilmente; tipicamente hanno infatti una coercitività magnetica minore di 1000 A/m. La rapidità di risposta ad un campo magnetico applicato è utile soprattutto nei sistemi di raccolta dati ad alta densità magnetica. Il ferro ha anche una bassa anisotropia magnetocristallina da cui dipendono le dimensioni ad una certa temperatura sotto le quali le particelle di ferro mostrano superparamagnetismo. Ciò consentirebbe di avere oggetti superparamagnetici relativamente grandi con una temperatura di bloccaggio vicina alla temperatura ambiente. Lavori teorici e sperimentali hanno mostrato che i nanocristalli di ferro, proprio in virtù del loro superparamagnetismo, possono esibire valori di magnetizzazione maggiori del materiale bulk.24 Il punto debole del Fe è però la sua grande reattività, soprattutto con acqua e ossigeno. E’ quindi difficile mantenere le particelle di ferro nello stato zerovalente e questo può diventare un limite per molte applicazioni pratiche, a meno che non 35 Capitolo 2 si operi in atmosfera riducente o non si proteggano le particelle di ferro con uno strato di un altro materiale.3 Tuttavia, gli ossidi di ferro, FexO, Fe2O3 e Fe3O4, hanno proprietà interessanti. Tutte e tre hanno una struttura cristallina basata approssimativamente su un reticolo cubico fcc di ioni O2-. L’FexO (wustite) è un ossido non stechiometrico con una struttura rock-salt difettata, con una distribuzione ordinata di vacanze di Fe. Fe2O3 può assumere due forme cristallografiche: γ-Fe2O3 (maghemite) che appartiene alla classe degli spinelli cubici inversi (tetratoidal) ed è fortemente magnetica, e α- Fe2O3 (ematite), tetragonale, con proprietà magnetiche più blande. Fe3O4 (magnetite), che è l’unica forma termodinamicamente stabile nel bulk, ha un comportamento semi-metallico attivato termicamente, ed è fortemente magnetica. Come la maghemite, appartiene alla classe degli spinelli cubici inversi. Nel reticolo cubico di ioni ossigeno della magnetite (Fe3O4), i siti interstiziali ottaedrici sono occupati solo da ioni Fe2+, mentre gli ioni Fe3+ sono distribuiti equamente tra siti tetraedrici ed ottaedrici (Figura 2.19). Nella maghemite (γ-Fe2O3), i cationi Fe3+ si trovano in posizioni ottaedriche e tetraedriche, tuttavia ci sono vacanze, solitamente in siti ottaedrici, che compensano l’eccesso di carica positiva.36 Figura 2.19. Cella elementare unitaria della magnetite 36 Capitolo 2 Questa somiglianza tra le strutture cristallografiche della maghemite e della magnetite comporta valori simili della costante di anisotropia magnetocristallina e quindi valori simili per i parametri magnetici dei due ossidi. Infatti i valori della magnetizzazione di saturazione σs misurati a temperatura ambiente per magnetite, maghemite ed ematite sono rispettivamente 89.5 Am2Kg-1, 65.6 Am2Kg-1 e 0.47 Am2Kg-1; invece i valori di suscettività magnetica sono 1233*10-6 m3Kg-1 per la magnetite, 845*10-6 m3Kg-1 per la maghemite, 3.83*10-6 m3Kg-1 per l’ematite.37 Tali proprietà fanno della maghemite e soprattutto della magnetite gli ossidi di ferro maggiormente utili per tutte le applicazioni descritte precedentemente. 37 Capitolo 2 RIFERIMENTI [1] Leslie-Pelecky, D. L. Chem Mater. 1996 , 8,1770 [2] Kodama, R. H. J. Magn. Magn. Mat. 1999, 200, 359 [3] Pinna, N.; Grancharov, S. Chem. Mater. 2005, 17, 3044 [4] Huber, D. 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Si utilizzerà più correttamente il termine “nanocristalli” per distingure cristalli a singoli dominio da “nanoparticelle” policristalline e/o amorfe.1 In questo capitolo verrà focalizzata l’attenzione sull’uso dei metodi chimici colloidali per controllare forma e dimensione dei nanocristalli. Un nanocristallo colloidale è un oggetto composto da un core inorganico cristallino e una “shell” (un monostrato) di tensioattivi che, coordinando gli atomi superficiali insaturi, regola la solubilità del core e lo protegge da fenomeni di aggregazione (Figura 3.1). surfactant Figure 3.1 Rappresentazione schematica di un nanocristallo sferico colloidale 40 Capitolo 3 Il vantaggio principale di questa configurazione risiede nel fatto che i nanocristalli colloidali formano soluzioni otticamente trasparenti, permettendo lo studio delle loro proprietà optolettroniche e catalitiche con le spettroscopie convenzionali. Inoltre, possono essere agevolmente manipolati dopo la sintesi per le esigenze tecnologiche più disparate. Per esempio, possono essere trasferiti da un solvente ad un altro di opposta polarità, funzionalizzati con molecole biologiche o con altri materiali inorganici, inglobati in matrici polimeriche, immobilizzati su superfici, integrati in circuiti elettrici o modificati alla superficie. L’importanza di ottenere nanoparticelle metalliche monodisperse e di elevata qualità cristallina è evidente soprattutto nel caso dei materiali magnetici. Nei materiali magnetici di bulk ci sono numerosi piccoli domini magnetici. Se una particella è di dimensioni opportune, essa consisterà in un singolo dominio magnetico.2 Se, tuttavia, le particelle sono troppo piccole, gli effetti termici comporteranno instabilità delle orientazioni magnetiche e le particelle diventeranno superparamagnetiche e inutilizzabili in dispositivi per la conservazione dei dati. Da ciò deriva la necessità di un controllo accurato sulla dimensione e morfologia dei nanocristalli per modularne le proprietà. 3.2 Metodi in soluzione per la crescita di nanocristalli La preparazione di nanocristalli può essere condotta sia con metodi fisici che con metodi chimici. L’approccio fisico è solitamente (ma non sempre) un approccio “top-down”: parte da materiali bulk per ottenere materiali di dimensioni nanometriche; l’approccio chimico è invece di tipo “bottom-up”: i nanocristalli vengono sintetizzati a partire da molecole. 3.2.1 Reazioni in fase gassosa, solida o su superficie Si tratta di metodi fisici che producono materiali di elevata purezza ma di bassa versatilità perché le strutture ottenute sono rigide. Tra tali tecniche possiamo menzionare la crescita epitassiale o la deposizione da fase vapore di precursori organometallici, la deposizione via plasma, e la nanolitografia. Nel caso di reazioni in fase solida va ricordato il metodo più “antico” di preparazione di nanocristalli. Tale approccio prevede che vetri drogati con atomi 41 Capitolo 3 del materiale da ottenere siano trattati ad alte temperature (~600°C); le impurezze, diffondendo, innescano nucleazione e successiva crescita dei nanocristalli. Il risultato finale è una matrice di vetro in cui i nanocristalli sono intrappolati. Nelle tecniche di crescita epitassiale, come MBE (molecular beam epitaxy) e MOCVD (metal-organic chemical vapour deposition)3 oggetti di dimensioni nanometriche vengono prodotti sulla superficie un materiale (substrati) di opportuno band-gap rispetto al quale esiste un certo disaccordo di parametri reticolari. La tensione accumulata durante la crescita del secondo materiale sul substrato viene parzialmente rilasciata mediante la formazione spontanea di un array di isole piramidali finale. In seguito le piramidi vengono seppellite da vari strati del materiale che compone il substrato, cosicché viene creato un potenziale confinante per i portatori generati nelle piramidi. Questo ultime, pertanto, si comportano da quantum dots. Altri metodi di sintesi mediante reazione eterogenea in corrispondenza di un’interfaccia solida sono basati sulla deposizione elettrochimica, dove l’elettrodo funge da substrato per la crescita.4 3.2.2 Reazioni in fase liquida Gli approcci chimici per la sintesi materiali nanometrici ruotano essenzialmente intorno alla chimica in soluzione, che non richiede alto vuoto ed elevate temperature come nelle tecniche di deposizione organometallica. Per controllare la crescita dei nanocristalli ci sono diversi approcci: Templates statici. Una prima classe di metodi utilizza zeoliti, membrane porose o nanotubi di carbonio quali nanoreattori per la formazione di particelle e contenitori fisici per la loro crescita Templates dinamici Una seconda metodologia utilizza opportune molecole organiche (tensioattivi) che coordinano i nanocristalli e ne bloccano la crescita smisurata. In una generica sintesi, ciascuna delle specie atomiche che formerà il materiale è introdotta sotto forma di precursore molecolare. Tali precursori poi reagiranno e/o si decomporranno ad opportune temperature liberando le specie attive, dette “ monomeri” che causeranno nucleazione e crescita dei nanocristalli. 42 Capitolo 3 L’ambiente in cui avviene questa reazione è costituito da una miscela di solventi e tensioattivi, cioè di composti anfifilici con teste idrofile e code idrofobe apolari. I tensioattivi agiscono complessando direttamente gli atomi di superficie di nanocristalli (Figura 3.1). Gli agenti coordinanti andranno scelti in modo da legarsi al nanocristallo con energia opportuna, non tanto fortemente da impedirne la crescita o, addirittura, da inibirne la nucleazione.5 Il loro ruolo diventa fondamentale per permettere una crescita sufficientemente lenta e quindi facilmente controllabile, per dare stabilità ai nanocristalli saturando le valenze insature e diminuendo cosi l’energia superficiale, per sopprimere la naturale tendenza dei nanocristalli a formare aggregati termodinamicamente più stabili, e per modificarne la forma e le dimensioni. In opportune condizioni, i tensioattivi possono auto-organizzarsi in particolari superstrutture, come micelle6 (Figura 3.2) o membrane a doppio strato, all’interno delle quali avviene la crescita dei nanocristalli.7 3.3 Crescita di nanocristalli in soluzione I modelli esistenti per la cristallizzazione in soluzione possono essere applicati anche per descrivere la crescita di nanocristalli colloidali. Si assume la presenza di nuclei sferici in soluzione, con diametro medio r0 e una varianza della distribuzione delle dimensioni σ0, che fungono da substrati iniziali per la successiva crescita delle particelle in seguito al trasferimento dei monomeri dal bulk della soluzione. Figura 3.2 Micelle inverse e dirette 43 Capitolo 3 La stabilità di nanocristalli di dimensione r in soluzione è descritta dall’equazione di Gibbs-Thompson8 : C(r)=C∞(1+2Ωγ/rRT) (1) dove r è il raggio della particella, C∞ e C(r) sono rispettivamente la solubilità del solido bulk e della particella colloidale di raggio r in soluzione, Ω è il volume molare, γ è la tensione interfacciale solido-liquido, R la costante dei gas, e T è la temperatura. La relazione (1) ha il seguente significato: per una data concentrazione del monomero C(r), solo i cristalli di raggio r sono in equilibrio termodinamico con la soluzione, nel senso che non hanno tendenza né a sciogliersi e né ad ingrandirsi. Tanto più alta è la concentrazione del monomero in soluzione, tanto più piccola può essere la dimensione che un nanocristallo può assumere rimanendo tuttavia stabile. Definendo il raggio critico r* come la dimensione delle particelle in equilibrio con la soluzione (in una sintesi, r* sarà una variabile dinamica, poiché dipende dalla concentrazione del monomero in soluzione ad un dato istante), le particelle con raggio r < r* tenderanno a sciogliersi, rifornendo di monomeri quelle con r > r*, che continueranno a crescere. Tale fenomeno, detto Ostwald ripening, di solito comporta aumento della varianza σ0 delle dimensioni (defocalizzazione) per tempi brevi, seguito da un restringimento della distribuzione (attorno ad un valore medio di dimensioni molto più grande di quello iniziale) per tempi più lunghi, a seconda delle condizioni.9 La crescita di un nanocristallo può essere descritta attraverso una sequenza di diversi stadi ideali, come rappresentato in Figura 3.3. In questa trattazione in realtà viene trascurata l’eventuale presenza di tensioattivi. 1) Nucleazione. Raggiunta la sovrasaturazione della soluzione, si innesca la formazione di nuclei che tendono ad ingrandirsi consumando i monomeri residui. Normalmente, l’evento di nucleazione non riduce la sovrasaturazione di monomeri istantaneamente al di sotto del valore di soglia minimo, cosicché la formazione continua di nuovi nuclei accompagna la crescita di quelli formati inizialmente, contribuendo a determinare una distribuzione di dimensioni piuttosto ampia. 44 Capitolo 3 2) Crescita Nel periodo che segue immediatamente la nucleazione, la velocità di crescita dei nanocristalli è regolata dalla velocità di reazione delle specie monomeriche sulla superficie della particella (reaction limited growth). In particolare, la velocità di crescita di una particella di raggio r sarà proporzionale alla differenza tra la concentrazione dei monomeri nel bulk della soluzione Cb e la concentrazione locale Ce dei monomeri in equilibrio con la particella: dr/dt = D Ω (Cb – Ce) (2) dove D è il coefficiente di diffusione. Esprimendo la concentrazione dei monomeri in funzione delle dimensioni dei cristalli per mezzo dell’eq.(1), l’eq.(2) diventa: dr/dt = KR (1/r* – 1/r) (2a) dove KR comprende vari termini legati alla costante della reazione sulla superfice ed r* è il raggio critico definito sopra.. Per tempi di reazione relativamente più lunghi, la sottrazione di monomeri dallo strato di soluzione a contatto con la superficie del cristallo genera un gradiente lineare di concentrazione e il sistema entra in un regime di crescita controllato dalla diffusione (diffusion limited growth) in cui la velocità di crescita dei cristalli è data da: dr/dt = KD(1/r + 1/δ) (1/r* – 1/r) (3) dove KD comprende vari termini, tra cui il coefficiente di diffusione e δ è lo spessore dello strato di diffusione intorno alla particella. In tale regime sotto controllo diffusivo, se la concentrazione del monomero è abbastanza alta da mantenere la dimensione critica r* al di sotto del raggio medio r dei nanocristalli ( r>2r*), le particelle più piccole della media cresceranno più velocemente di quelle 45 Capitolo 3 più grandi: questa condizione è desiderabile in quanto conduce ad una focalizzazione (restringimento) delle distribuzione di dimensioni. Tuttavia, se la concentrazione del monomero diminuisce (e quindi r* aumenta) tanto che r* < r < 2r*, le particelle più grandi crescono più velocemente di quelle più piccole. Risultato di ciò è un regime di defocalizzazione in cui si ha un allargamento della distribuzione delle dimensioni. Per tempi molto lunghi, in genere viene raggiunta la condizione per l’Ostwald ripening che provoca la progressiva dissoluzione di tutti i nanocristalli con r < r*. nucleazione Reaction-limited growth Diffusion limited growth Ostwald Ripening Figura 3.3. Stadi della crescita di nanocristalli colloidali 3.4 Sintesi di nanocristalli per decomposizione termica del precursore in solvente caldo 3.4.1 Schema generale L’obiettivo della sintesi chimica controllata è quello di ottenere cristalli monodispersi: pertanto, considerando che la distribuzione finale delle dimensioni è legata tanto alla distribuzione dei nuclei iniziali quanto al tempo entro cui avviene la nucleazione, è necessario stabilire le condizioni che consentano di 46 Capitolo 3 separare temporalmente la fase di nucleazione dallo stadio di crescita. E’ noto che la velocità di nucleazione è estremamente più sensibile di quella di crescita alla temperatura: ne segue che un modo per sopprimere idealmente la nucleazione e consentire solo la crescita è quindi far subire un forte abbassamento di temperatura al sistema dopo il raggiungimento della soglia di sovrasaturazione. La sintesi di nanocristalli viene condotta in un pallone contenente un solvente ed uno o più tensioattivi. Dopo aver portato tale miscela ad una opportuna temperatura, viene iniettato il/i precursori la cui decomposizone/reazione innesca la nucleazione dei nanocristalli. Un modo per separare la nucleazione dalla crescita è l’utilizzo dell’iniezione a caldo del precursore (hot injection tecnique) in cui nella miscela solvente+tensioattivi calda (100-350°C) viene iniettata velocemente (Figura 3.4) una soluzione di precursori fredda (in genere, a temperatura ambiente). Tale iniezione rapida genera immediata sovrasaturazione e quindi nucleazione; il brusco abbassamento di temperatura (20-50°C) che ne segue assicura periodo di nucleazione relativamente breve, cui segue la crescita dei nuclei in condizioni di focalizzazione della varianza di dimensioni. Tale regime di crescita può essere prolungato, qualora necessario, con ulteriori aggiunte di precursore, effettuate tuttavia goccia a goccia. Questa modalità si rende necessaria per evitare di indurre ulteriore nucleazione in seguito al raggiungimento della soglia di sovrasaturazione Figura 3.4 Hot injection tecnique 47 Capitolo 3 L’iniezione goccia a goccia è particolarmente utile qualora si desideri ottenere la crescita epitassiale di un secondo materiale su dei nanocristalli preesistenti, i quali fungono così da siti di nucleazione eterogenea. In tal modo vengono realizzate alcune eterostrutture nanocristalline, come ad esempio i sistemi core-shell,10 sopprimendo la nucleazione omogenea (e quindi la formazioni di nanocristalli distinti) del secondo materiale nella soluzione. Generalmente, la crescita viene arrestata prima dell’insorgere dell’Ostwald Ripening14,18,19 rimuovendo la fonte del riscaldamento. Dopo aver raffreddato la miscela di reazione si procede all’estrazione dei nanocristalli utilizzando un nonsolvente (di polarità opposta a quella della miscela di reazione) che fa prevalere le interazioni attrattive tra le particelle, inducendone aggregazione e, quindi, precipitazione. Dopo il lavaggio, i nanocristalli che potranno essere poi solubilizzati in una vasta gamma di solventi (di polarità simile a quella della miscela di reazione in cui sono stati preparati), a seconda del carattere idrofobico o idrofilico conferito dai tensioattivi legati alla loro superficie. 3.4.2 Controllo delle dimensioni dei nanocristalli I parametri di sintesi vanno ottimizzati caso per caso con una scelta appropriata di precursori, tensioattivi, temperature e tempi di reazione. Le dimensioni medie dei nanocristalli risultano dal bilancio tra lo stadio di nucleazione e quello di crescita , determinate dalla concentrazione effettiva delle specie reattive, i monomeri, e dalla temperatura.15-17 Generalmente tensioattivi che si legano con maggiore forza alla superficie dei nuclei o che presentano maggiore ingombro sterico2 rallentano l’aggiunta di monomeri alla superficie, comportando la crescita di nanocristalli di dimensioni relativamente piccole.11 L’aumento del rapporto molare tensioattivo/precursore porta alla formazione di nanocristalli più piccoli nella maggior parte dei casi.12 Tuttavia, può verificarsi la situazione opposta, quando il complesso precursoretensioattivo rappresenta la vera specie attiva, ossia il monomero, nel processo di nucleazione/crescita: in tal caso, quindi, l’aumento della concentrazione del legante in soluzione comporta una maggiore reattività del precursore, favorendo la formazione di nanocristalli relativamente più grandi.13,14 Una strategia efficace 48 Capitolo 3 nella scelta dei tensioattivi consiste nell’utilizzare due agenti di capping, di cui uno si leghi fortemente alla superficie dei nanocristalli (ad esempio un’alchilfosfina), e l’altro si leghi più debolmente al precursore, in modo da consentire comunque una crescita rapida.6 3.4.3. Controllo della forma dei nanocristalli Oltre che dalle dimensioni, le proprietà dei nanocristalli dipendono dalla forma e sarà quindi importante esaminare i parametri sperimentali che la influenzano. Allo stato dell’arte attuale, esistono numerosi esempi di nanocristalli di vari materiali in forme diverse, quali sfere, rods, tetrapodi, prismi, cubi, stelle .(Figura 3.5). Alcuni fattori chiave che influenzano la forma dei nanocristalli sono: la diversa energia tra le facce cristallografiche, l’adsorbimento selettivo dei tensioattivi, il bilancio tra un regime di crescita controllato cineticamente o termodinamicamente. Effetto della fase cristallina dei semi di nucleazione. I nuclei (seeds) formati da una soluzione sovrasatura possono avere potenzialmente una varietà di fasi cristalline diverse, a seconda della temperatura 20 e dei tensioattivi utilizzati. I tensioattivi svolgono un’azione determinante sul controllo della fase cristallina dei seeds, poiché essi influenzano la conformazione del complesso che formano con i precursori e si legano dinamicamente alla superficie del nucleo in crescita. Figura 3.5 Galleria di immagini TEM di nanocristalli inorganici di varie forme sintetizzati chimicamente 49 Capitolo 3 In molti casi, è possibile governare l’evento della nucleazione per un certo materiale semplicemente scegliendo degli opportuni leganti. Generalmente, forme isotrope (cubi o sfere) assumono struttura cristallina simmetrica (cubica zinco-blenda o rock-salt, etc), mentre oggetti anisotropi (rods, dischi) hanno strutture cristalline asimmetriche (per es. esagonale wurtzite, tetragonale anatasio). Tuttavia, può accadere che nuclezione e crescita avvengano in fasi diverse, determinando la formazione di nanocristalli con una compresenza di fasi e con morfologie inedite (Figura 3.6). Questo fatto è chiaramente illustrato dal caso dei tetrapods (per es, CdSe, CdS, CdTe), in cui dalle facce equivalenti (111) di un core tetraedrico zinco-blenda si allungano sezioni wurtzite di forma rod-like lungo la direzione (001).21 Figura 3.6: Destra: (a) nuclei di wurtzite evolvono in nanorods; (b) tetrapods: core zincoblenda e bracci di wurtzite. Sinistra: TEM ad alta risoluzione di nanocristalli di CdS: (a) rods; (b) bipods; (c) a forma di matita Energia superficiale delle facce cristallografiche e modulazione da parte dei tensioattivi. Oltre alla fase cristallina dei nuclei, altri parametri contribuiscono a determinare la forma finale dei nanocristalli. Un fattore critico è l’energia superficiale delle varie facce cristallografiche, cui è proporzionale la velocità di crescita del cristallo lungo la direzione definita da ciascuna (Figura 3.7). I tensioattivi possono modulare la reattività delle facce cristallografiche e controllare quindi la forma finale dei nanocristalli.12,22 A questo riguardo, l’evoluzione della forma dei nanocristalli di TiO2 anatase può essere esplicativa. Il TiO2 anatase ha una struttura tetragonale. 50 Capitolo 3 Figura 3.7 Crescita anisotropa legata alla diversa reattività delle facce cristallografiche La nucleazione produce seeds di forma di bipiramide ottagonale troncata che espongono otto facce (101) equivalenti e due facce (001) equivalenti. Poiché l’energia superficiale delle facce (001) è maggiore, essa tenderà ad essere eliminata con una crescita più veloce in tale direzione;ciò porterà alla formazione di nanocristalli “bullet-shaped” e diamond-shaped”(Figura 3.8a e b). L’introduzione nell’ambiente di reazione di agenti di capping che si legano con maggiore forza alle facce (101) che non alle (001), consente l’allungamento dei nanocristalli nella direzione [001] (Figura 3.8 c e d). Figura 3.8 Evoluzione della forma di nanocristalli di TiO2: (a) bullets, (b) diamanti; (c) piccoli nanorods; (d) rods lunghi, (e) nanorods ramificati 51 Capitolo 3 Controllo del regime di crescita: cinetico o termodinamico. Un altro parametro critico per la determinazione della forma dei nanocristalli è il delicato bilancio tra regime di crescita cinetico e termodinamico. Sotto controllo termodinamico, caratterizzato da un sufficiente apporto di energia termica (kT) e basso flusso di monomeri, i nuclei crescono isotropicamente in nanocristalli con forme stabili che minimizzano l’energia superficiale (sfere o cubi, ad es.). Al contrario, un regime di crescita sotto controllo cinetico, promosso da un flusso elevato di monomeri, e da basse temperature, è favorita la crescita lungo la direzione con la più bassa barriera di attivazione (Figura 3.9), rendendo possibile intrappolare i nanocristalli in forme anisotrope. L’instaurarsi di un regime di crescita termodinamico o cinetico dipenderà quindi fortemente dalla temperatura e dalla concentrazione di specie reattive nella soluzione. Figura 3.9. Controllo della forma di cristalli di PbS dipendente dal regime di crescita: a) sotto regime termodinamico induce la formazione di cubi, (b-h)il regime cinetico di mono e multipods di PbS 52 Capitolo 3 3.5 Nanocristalli ibridi 3.5.1 Introduzione La ricerca attuale si sta evolvendo verso la sintesi di strutture formate da domini di materiali inorganici diversi inglobati in un’unico nanocristallo. Aumentare l’asimmetria e il grado di complessità delle strutture e, soprattutto, combinare le proprietà di materiali diversi in un unico nano-oggetto potrebbe essere enormemente vantaggioso nelle applicazioni. Inoltre, lo studio di questi sistemi consentirebbe un approfondimento nella conoscenza dei meccanismi di crescita di solidi nanometrici complessi. Alla base della sintesi di eterostrutture c’è la ricerca delle condizioni di reazione che favoriscano la nucleazione eterogenea rispetto a quella omogenea. Alcune importanti strategie per realizzare la crescita di un secondo materiale su un nanocristallo preformato di diversa natura si basano sul controllo dell’energia superficiale, dell’energia interfacciale e della miscibilità, e sulla selettività di reazioni redox. Energia superficiale. Come visto in precedenza, la differenza di reattività intrinseca delle varie facce cristallografiche o l’adsorbimento selettivo dei tensioattivi che stabilizza una faccia piuttosto che un’altra, possono promuovere la crescita di nanocristalli con forme anisotrope. Queste stesse ragioni potranno essere alla base della nucleazione selettiva di un secondo materiale su una certa faccia cristallografica del primo materiale (la più reattiva chimicamente). In tal modo, si spiega la formazione di eterostrutture lineari o ramificate formate da materiali diversi e di nanocristalli ibridi “dumbell-like”e “matchstick-like” (Figura 3.10). Energia interfacciale e miscibilità. La differenza dei parametri reticolari tra le struttura cristalline di due materiali gioca un ruolo importante nel determinare la struttura finale del nanocristallo ibrido. Se tale differenza è minima, il secondo materiale formerà una shell uniforme sul core del materiale di partenza iniziale, altrimenti si assisterà alla riduzione dell’area interfacciale condivisa tra i due materiali, con conseguente formazione di domini separati. La limitata miscibilità di due materiali porta a risultati simili (Figura 3.11). Processi redox selettivi. La formazione di materiali ibridi può anche avvenire in seguito a una reazione redox selettiva che coinvolge solo un dominio di una 53 Capitolo 3 Figura 3.11 Nanocristalli ibridi risultanti da segregazione di fase fra due materiali Figura 3.10 Le facce basali più reattive di nanorods di un materiale promuovono la Figura 3.12. Nanocristalli ibridi nucleazione selettiva di un secondo materiale realizzati in seguito ad un processo redox selettivo esclusivamente in quelle posizioni eterostrutturura preformata. Tale approccio può essere utile, ad esempio, per la crescita di nanocristalli ibridi difficili da ottenere in un unico step sintetico, sfruttando la trasformazione chimica di un dominio “sacrificale” in un altro materiale (Figura 3.12). 3.5.2 Stato dell’arte Generalmente per la sintesi di eterostrutture nanocristalline, nanocristalli già formati del primo materiale fungono da siti di nucleazione del secondo. Ad esempio sfere di Fe3O4 catalizzano la riduzione di Ag+ sulla loro superficie23 portando alla formazione di dimeri di Fe3O4-Ag; la stessa funzione assumono nanorods di ZnO nella preparazione fotocatalitica24 di eterostrutture dumbell-like ZnO-Ag e nanocristalli di Au nella sintesi di strutture flower-like di Au-Fe3O4.29 Un esempio di eterostrutture ottenute in seguito a segregazione di fase30 sono le “nanoghiande”di solfuri di Co-Pd (Figura 3.13). La formazione di strutture core-shell si ha quando la differenza tra i parametri reticolari dei due cristalli è minima. Oltre che per i ben noti sistemi semiconduttore-semiconduttore (CdSe@ZnS, CdS@CdS) o metallo-metallo 54 Capitolo 3 b a e c d f Figura 3.13 Immagini TEM di eterostrutture realizzate per riduzione selettiva di sali del metallo su nanocristalli presenti in soluzione: (a) rods di ZnO con sfere di Ag; (b) dimeri di Fe3O4-Ag; (c) dimeri FePt-Ag; (d) dimeri di Ag-Au; (e) strutture flower-like Au-Fe3O4; (f) “nanoghiande” di solfuri di Co-Pd; (Au@Ag), la geometria core-shell è stata realizzata, in opportune condizioni di reazione, anche per materiali di natura molta diversa tra loro, come nel caso di FePt@Fe3O424 o [email protected] Se la differenza tra i parametri reticolari è alta, una configurazione core-shell può trasformarsi una struttura dimerica tramite segregazione di fase promossa termicamente; tale processo è alla base della formazione di dimeri CdS-FePt a partire da [email protected] Le facce maggiormente reattive di nanocristalli anisotropi consentono la formazione di eterostrutture fortemente asimmetriche. Ad esempio, sono stati realizzati nanocristalli ibridi costituiti da rods o tetrapodi di un materiale semiconduttore come CdSe con punte di Au,27oppure nanorods di CdSe o CdS una o due punte di PbSe.28(Figura 3.14) 3.5.3 Applicazioni dei nanocristalli ibridi La sintesi di eterostrutture nanocristalline consente di unire in un unico cristallo proprietà di materiali diversi estendendone le funzionalità e, quindi, il campo di 55 Capitolo 3 a b c d Figura 3.14. Punte di Au su (a) tetrapods e(b) nanorods di CdS; (c) eterostrutture PbSe-CdSe nanorod-PbSe; (d) nanorods di CdS con una sola punta di PbSe. applicabilità. La formazione di strutture core@shell è estremamente utile per aumentare le rese di luminescenza di un core semiconduttore “passivandolo” con una shell di un materiale a più alta band-gap, come nel caso di CdSe@ZnS. Nanocristalli ibridi di semiconduttori e metalli possono trovare applicazione nella catalisi; la presenza del metallo migliora la separazione di carica che è alla base dell’attività fotocatalitica di semiconduttori come TiO2 e ZnO. .La facile funzionalizzazione di nanocristalli di oro con gruppi tiolici, consente l’applicazione in ambito biologico di eterostrutture in cui il dominio di Au funge da punto di ancoraggio per biomolecole, mentre l’altro dominio conserva proprietà magnetiche o luminescenti (è il caso di eterostrutture Fe3O4-Au o CdSeAu).31 La presenza di nanocristalli magnetici, metallici e luminescenti in un’unica nanoparticella consente di sfruttare un campo elettrico o magnetico per promuovere l’assembly delle eterostruttura (Figura 3.15). In molti casi, nanocristalli ibridi sono stati inglobati in microcapsule di polielettroliti per il rilascio controllato di macromolecole, come ad esempio farmaci, nell’organismo.32 56 Capitolo 3 Figura 3.15. Immagine di nanocompositi magnetico-luminescenti esposti a radiazione UV (a) in assenza e (b) in presenza di campo magnetico esterno di 1000G. Si osserva un cambio di colore da arancio a trasparente quando viene applicato il campo magnetico a causa dell’aggregazione dei nanocristalli. 57 Capitolo 3 RIFERIMENTI [1] Murray, C. B.; Kagan, C. R. Ann.Rev.Mater.Sci. 2000, 30, 545 [2] Green, M. Chem.Commun. 2005, 24, 3002 [3] (a) Fuhrmann, B.; Leipner, H.; Hoche, H. Nano lett. 2005, 5, 2524. (b) Khanderi, J.; Wohlfart, A.; Parala, H.; Fischer, R. J.Mater.Chem. 2003, 13, 1438. (c) Ge, J.; Li, Y. Chem.Commun. 2003, 24 [4] (a) Penner, R. Acc.Chem.Res. 2000, 33, 78. (b) Zhang, L.; Cheng; B.; Shi, W.; Samulski, E. J.Mater.Chem. 2005, 15, 4889 [5] Yin, Y; Alivisatos, P; Nature 2005, 437, 664 [6] Burda, C.; Chen, X:; El-Sayed, M. A.; Chem.Rev. 2005, 105, 1025 [7] Tao, C; Zheng, S.; Mohwald, H.; Li, J. Langmuir 2003, 19, 9039 [8] Rogach, A.; Talapin, D.; Shevchenko, E. 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P. Nanoletters 2005, 5, 2164 [23] Gu, H.; Yang, Z.; Gao, J.; Chang, C. K.; Xu, B. J. Am. Chem. Soc 2005, 127, 34 [24] Pacholski, C.; Kornowski, A.; Weller, H. Angew.Chem.Int.Ed 2004, 43, 4774 [25] Lyon, J. L.; Fleming, D. A.; Stone, M. B.; Schiffer, P.; Williams, M. E. Nano lett. 2004, 4, 719 [26] Gu, H.; Zheng, R.; Zhang, X.; Xu, B J. Am. Chem. Soc. 2004, 126, 5664 [27] (a) Mokari, T.; Rothenberg, E.; Popov, I.; Costi, R.; Banin, U. Science 2004, 304, 1787. (b) Molari, T.; Sztrum, C. G.; Salant, A.; Rafani, E.; Banin, U. NatureMaterials 2005, 4, 855 [28] Kudera, S.; Carbone, L.; Casula, M. F.; Cingolani, R.; Falqui, A.; Snoeck, E.; Parak, W. J.; Manna, L. Nano lett. 2005, 5, 445 [29] Yu, H.; Chen, M.; Sun, S. Nano lett. 2005, 5, 379 [30] Teranishi, T.; Inoue, Y.; Nakaya, M.; Oumi, Y.; Sano, T. J. Am. Chem. Soc. 2004, 126, 9914 [31] Stoeva, S. I.; Huo, F.; Lee, J.; Mirkin, C. A.; J. Am. Chem. Soc. 2005, 127, 15362 [32] (a) Hong, X.; Li, J.; Li, T. Chem.Mater. 2004, 14, 4022. (b) Gaponik, N.; Radtchenko, I. L.; Sukhorukov, G. B; Rogach, A. L. Langmuir 2004, 20, 1449. (c) Zebli, B.; Susha, A. S.; Sukhorukov, G. B.; Rogach, A. L.; Parak, W. J. Langmuir 2005, 21, 4262. (d) Wang, D.; He, J. Nano lett. 2004, 4, 409 59 Capitolo 4 Capitolo 4 Sintesi e caratterizzazione di eterostrutture nanocristalline a base di ossido di ferro e ossido di titanio 4.1 Motivazioni del lavoro La ricerca attuale si sta orientando verso la sintesi colloidale di eterostrutture nanocristalline che combinino materiali diversi in un’unica particella. Tali nanocristalli ibridi rappresentano entità con funzionalità multiple, legate alle proprietà chimico-fisiche caratteristiche di ciascuno dei componenti. In questo contesto, si inserisce il presente lavoro di tesi sperimentale, che è stato rivolto a sintetizzare e caratterizzare strutture composite costituite da un dominio di biossido di titanio ed uno di ossido di ferro. Tale associazione consentirebbe di coniugare le proprietà fotocatalitiche dell’ossido di titanio1 con le proprietà catalitiche 2, fotocatalitiche 3, e magnetiche 4 degli ossidi di ferro. Alcuni potenziali vantaggi di sistemi ibridi TiO2-ossido di ferro possono essere individuati, per esempio, nella possibilità di: (a) realizzare catalizzatori bifunzionali; (b) di recuperare (per poter, quindi, agevolmente riciclare), tramite applicazione di un campo magnetico esterno, il TiO2 utilizzato in attività fotodegradative di interesse ambientale e/o sintetico; (c) di modulare le proprietà magnetiche tramite l’eterogiunzione con TiO2; (d) di sfruttare simultaneamente la specifica chimica superficiale dei due materiali per preparare nanoparticelle con 60 Capitolo 4 una distribuzione asimmetrica di gruppi funzionali (per es. per coniugare biomolecole e/o facilitare la deposizione selettiva di altri materiali) Alcuni recenti lavori hanno dimostrato l’utilità delle eterostrutture TiO2-Fe3O4, soprattutto come fotocatalizzotori magnetici. Strutture core-shell Fe3O4-TiO2, di dimensioni intorno ai 50 nm e sintetizzate in ambiente acquoso, sono state utilizzati per scopi squisitamente analitici, come nella separazione di alcuni fosfopeptidi derivanti dalla digestione di proteine, seguita da successiva analisi SALDI-MS.5 Nanoeterostrutture mesoporose di ossido di ferro e ossido di titanio (intorno ai ~100 nm) preparate per via sonochimica sono state testate come catalizzatori per l’ossidazione del cicloesano in condizioni blande; il solo ossido di titanio non catalizza la reazione, mentre il composito risulta avere rese maggiori rispetto a nanoparticelle di ossido di ferro semplicemente disperse in una matrice di biossido di titanio mesoporoso 6. La deposizione di un coating di TiO2 su nanoparticelle Fe3O4/SiO2 o di Fe3O4 consente la conservazione sia delle proprietà magnetiche dell’ossido di ferro che delle proprietà fotocatalitiche del TiO2. La fotoattività di tali composti potrebbe essere incrementata aumentandone il grado di cristallinità o realizzando eterostrutture in cui l’ossido di ferro e il biossido di titanio sono accoppiati.7 4.2 Preparazione delle eterostrutture nanocristalline: parte sperimentale 4.2.1 Materiali. Isopropossido di titanio (IV) (Ti(OPri)4 o TTIP, 97%), trimetilammino-N-ossido ottadecene di-idrato((CH3)3NO*2H2O (CH2=CH(CH2)15CH3 (CH3(CH2)7CH=CH(CH2)8NH2 (CH3(CH2)9CH(OH)CH2OH, o o o ODE, OLAM, DDIOL, o TMAO, 90%), 70%), 90%), oleil 98%), 1- ammina 1,2-dodecandiolo 1-ottadecilammina (CH3(CH2)17NH2 o ODA, 97%), ferro pentacarbonile (Fe(CO)5, 99,999%), acido oleico (C18H33CO2H o OLEA, 90%, or OLAC) sono stati acquistati dall’Aldrich. 4.2.2 Sintesi di TiO2 nanorods (NRs).9 L’intera procedura si svolge utilizzando una linea Schlenk vuoto-azoto. 70 g di OLAC vengono degassati a 110°C per 30 61 Capitolo 4 min sotto vigorosa agitazione in un pallone a tre colli da 100 ml connesso con un refrigerante, una termocoppia e una cuffia scaldante; in seguito, esso viene raffreddato a 100°C e mantenuto a questa temperatura sotto flusso di azoto. A questo punto, 17 mmoli di TTIP vengono iniettate nel pallone e la soluzione, inizialmente incolore, diviene giallo-pallido ad indicare la formazione di un complesso TTIP-OLAC. A questo punto vengono iniettati velocemente 5 ml di una soluzione acquosa 2M di TMAO, la temperatura scende naturalmente intorno ai 90°C, per poi prima di essere riportata in pochi minuti a 100°C. La miscela appare lattiginosa e torbida dopo circa 90 min. Il pallone viene lasciato a 100 °C per 96 ore in atmosfera di azoto per consentire la crescita dei NRs. Alla fine della reazione, il sistema viene raffreddato e viene aggiunto etanolo per consentire la precipitazione dei nanorods. Dopo averli lavati più volte con metanolo per eliminare l’eccesso di tensioattivo, i nanorods di TiO2 vengono disciolti in un solvente apolare (cloroformio, esano o toluene) 4.2.3 Sintesi delle eterostrutture. L’intera procedura si svolge utilizzando la linea Schlenk. In una tipica sintesi, 20 ml di ODE, 2.5-5 mmol di DDIOL, 1.5-3 mmol di OLAM, 3-6 mmol di OLAC e una quantità variabile di una soluzione stock di NRs (corrispondente a 0.1-1 mmol di TiO2) precedentemente sintetizzati vengono svaporati sotto vigorosa agitazione a 110°C per circa 20 minuti in un pallone a tre colli collegato ad un refrigerante.. La soluzione appare limpida e di colore giallino. Dopo aver messo il pallone in flusso di azoto, la temperatura è portata fino a 240 °C-280°C e vengono iniettati 0.5-2 ml di una soluzione 0.1-1 M di Fe(CO)5 in ODE preparata in una glove-box. L’iniezione viene effettuata sia goccia a goccia che in un’unica porzione. In genere, il rapporto molare finale OLAC:OLEAM:DDIOL:Fe(CO)5 usato in ogni sintesi è fissato a 6:3:5:2. La reazione di decomposizione di Fe(CO)5 è accompagnata dallo sviluppo di fumi bianchi legati all’evoluzione di CO. Dopo pochi secondi, la miscela all’interno del pallone assume una colorazione nera dovuta alla nucleazione dell’ossido di ferro. Dopo 1 ora, la temperatura viene abbassata fino a 130°C e la miscela viene esposta all’aria per 1 ora in modo da permettere che l’ossidazione del campione vada a completezza. Infine, il pallone viene lasciato raffreddare dopo aver rimosso 62 Capitolo 4 la cuffia scaldante e viene aggiunta una miscela isopropanolo/acetone per indurre la precipitazione dei nanocristalli. Per eliminare i tensioattivi in eccesso, il precipitato viene lavato più volte con acetone e poi ridisperso completamente in CHCl3, toluene o esano. Tale soluzione risulta otticamente trasparente. Ove necessario, è stata effettuata precipitazione frazionata, aggiungendo opportune quantità di un non-solvente (acetone, metanolo, o etanolo) ai nanocristalli sciolti in solvente apolare, e centrifigando la sospensione ottenuta. L’aggiunta di alcol promuove la precipitazione di nanocristalli con massa maggiore. Le eterostrutture TiO2 NR-ossido di ferro possono essere separate dai NRs non reagiti e dai nanocristalli di ossido di ferro nucleati separatamente, la cui solubilità è maggiore. Per testare la validità della sintesi messa a punto per le eterostrutture, è stata effettuata una serie di esperimenti di controllo. Per prima cosa è stata accertata la stabilità strutturale e morfologica dei nanorods di TiO2 riscaldandoli in presenza di OLAC, OLAM e DDIOL. E’stato anche verificato che mescolando nanorods di TiO2 con nanocristalli sferici di ossido di ferro, sintetizzati separatamente, in presenza o in assenza di tensioattivi e/o di DDIOL, non si ha la formazione di eterostrutture. 4.2.4. Caratterizzazione dei campioni Powder X-ray Diffraction. I pattern di diffrazione delle polveri dei nanocristalli sono stati misurati con un diffrattometro NONIUS KappaCCD fornito di una sorgente a Mo di 3kW, di un goniometro a quattro cerchi ad alta precisione, e di detector CCD. L’analisi quantitativa delle fasi è stata effettuata con il programma QUANTO, basato sul metodo Rietveld.8 Il campione viene descritto come una miscela di due fasi cristalline (anatasio e maghemite). Di conseguenza il pattern di diffrazione misurato è considerato come la somma del segnale di fondo e dell’intensità dei picchi di diffrazione di ciascuna fase cristallina presente, pesata secondo opportuni coefficienti L’intensità dei picchi è calcolata in base al modello della struttura cristallina (specie chimiche e posizioni atomiche nella cella unitaria). I dati cristallografici, usati nell’analisi, sono: per la magnetite, cella unitaria con a=b=c= 8.268 Å e gruppo spaziale F d -3 m, per l’anatasio a=b= 63 Capitolo 4 3.7852 Å e c= 9.5139 Å, gruppo spaziale I 41/a m. La forma e la larghezza dei picchi vengono determinati attraverso l’interpolazione con una funzione analitica di Pearson VII variandone accuratamente i parametri. Il segnale di fondo è interpolato con un polinomio di Young con opportuni coefficienti. La caratterizzazione XRD e la relativa analisi dei risultati è stata realizzata dalla Dr.ssa Cinzia Giannini dell’Istituto di Cristallografia (IC CNR, Bari) Transmission Electron Microscopy. Le immagini TEM a bassa risoluzione sono state acquisite da un microscopio Jeol Jem 1011 che opera ad un voltaggio di accelerazione di 100 kV. I campioni per l’analisi TEM sono stati preparati depositando una goccia di una soluzione diluita di NCs (in toluene) su apposite griglie di rame rivestite da un film di carbonio e lasciando evaporare il solvente. Per tutte le sintesi di eterostrutture è stata condotta un’analisi statistica sulle base delle immagini TEM a bassa risoluzione, con l’aiuto di un software (Axio Vision). Per ogni campione sono state contate circa 300 nanoparticelle. In questo contesto, la resa di reazione è definita come: 100* N° di nanocristalli ibridi/( N° di nanorods isolati + N° nanocristalli ibridi+N° nanosfere isolate). Per l’analisi statistica delle dimensioni vanno fatte due considerazioni: 1) i domini di ossido di ferro possono occupare diverse posizioni sul lato lungo dei rods; 2) sono possibili varie orientazioni delle eterostrutture rispetto alla griglia e quindi, rispetto al fascio elettronico. Pertanto, la lunghezza della sezione rod può essere stimata correttamente su nanocristalli ibridi orientati in modo da avere il piano intersecante entrambi i domini perpendicolare al fascio elettronico. In tal caso, sia il dominio di TiO2 che quello di ossido di ferro giacciono sul film di carbonio, e la sezione rod può essere osservata nella sua interezza. Diversamente, il diametro dei nanorods, così come pure la dimensione delle particelle di ossido di ferro può essere misurato indipendentemente dell’orientazione dei nanocristalli rispetto al fascio. La caratterizzazione TEM è stata condotta presso il National Nanotechnlogy Laboratory del CNR-INFM, distretto Tecnologico ISUFI di Lecce. 64 Capitolo 4 Misure magnetiche Le misure del momento magnetico sono state effettuate con un magnetometro SQUID (Superconducting Quantum Interference Device) Cryogenic S600 equipaggiato con un magnete superconduttore da 6.5 Tesla. La dipendenza in temperatura del momento magnetico è stata misurata riscaldando il campione da 2 a 300 K con un campo magnetico applicato di 5 mT dopo aver raffreddato il campione da temperatura ambiente in assenza di campo (Zero Field Cooled) e con il campo di misura (Field Cooled). La caratterizzazione magnetica è stata realizzata dal Dr. Claudio Sangregorio presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze. Spettroscopia Raman. I campioni per l’indagine Raman sono stati preparati depositando poche gocce di soluzione di nanoparticelle in cloroformio su vetrini da microscopio e lasciando evaporare il solvente. Gli spettri Raman sono stati registrati utilizzando uno strumento Renishaw Invia Raman Microprobe dotato di un Spectra Physics Ar+ laser con emissione a λ=514.5 nm e di un detector CCD. Nel caso dei campioni analizzati si è utilizzato un microscopio Leica con 50x. Le misure di spettroscopia Raman sono state condotte presso il Dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università degli Studi di Lecce dalla Dr.ssa Alessandra Genga e Dr.ssa Tiziana Siciliano. 4.3 Eterostrutture nanocristalline ossido di titanio/ossido di ferro: risultati. 4.3.1 Analisi morfologica I nanorods di TiO2 vengono sintetizzati sfruttando una reazione idrolitica a ~100°C condotta in acido oleico, il quale funge da tensioattivo, promovendo la crescita di nanocristalli anisotropi.9 Il tetraisopropossido di titanio (TTIP) viene fatto reagire con un eccesso di soluzione acquosa basica di TMAO che catalizza la reazione di policondensazione e promuovere la cristallizzazione del materiale a bassa temperatura. La figura 4.1a mostra un’immagine TEM a bassa risoluzione di nanorods tipicamente usati nella preparazione delle eterostrutture: essi 65 Capitolo 4 presentano una lunghezza media di 19 ± 3 nm e un diametro medio di 3.1 ± 0.4 nm (Figura 4.1c-d). L’analisi TEM ad alta risoluzione (Figura 4.1b) conferma la natura cristallina dei nanorods evidenziando che la direzione preferenziale di elongazione è lungo l’asse c della struttura anatasio. a c lunghezza media = 19,4 nm σ =3,1 nm 16 14 freq.rel.% 12 10 8 6 4 2 0 10 15 20 25 30 lunghezza (nm) 100 b d diametro medio = 3,1nm σ =0,4 nm 25 freq.rel.% 20 15 10 5 0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 diametro (nm) Figura 4.1 (a) Immagini TEM di nanorods di TiO2 anatasio a bassa (a) ed alta (b) risoluzione.(c-d) Analisi statistica delle dimensioni dei nanorods Lo schema di sintesi impiegato in questo lavoro è stato adattato dalla letteratura10 Il precursore scelto, l’Fe(CO)5, è un composto organometallico la cui versatilità nella sintesi degli ossidi di ferro è nota da tempo. La decomposizione di Fe(CO)5 può avvenire per via sonochimica11 o termica12 , tuttavia è solitamente molto lenta poichè essa procede attraverso molteplici stadi che coinvolgono la formazione di complessi a nuclearità più alta (Figura 4.2). Nella sintesi delle eterostrutture, i nanorods, introdotti nella miscela iniziale, fungono da germi (seeds) per la nucleazione eterogenea dell’ossido di ferro. L’acido oleico e l’oleilammina fungono da agenti di capping. Anche se il meccanismo di reazione non è stato chiarito del tutto, è probabile che la 66 Capitolo 4 formazione dell’ossido derivi dalla decomposizione termica del complesso Figura 4.2 Schema di decomposizione dell’Fe(CO)5 che illustra la complicata cinetica del processo Fe:OLEAC assistita da dodecandiolo, che può fungere tanto da riducente per Fe3+ quanto da donatore di atomi di ossigeno.10 Tali complessi intermedi rappresentano gli effettivi “monomeri” nel processo di crescita dei nanocristalli. La lenta decomposizione di Fe(CO)5 produce una nucleazione “ritardata”13 che rende superflua l’iniezione rapida di precursore, generalmente consigliata per la sintesi di nanocristalli monodispersi di altri materiali. L’esposizione all’aria al termine della sintesi permette di portare a completezza l’ossidazione del prodotto. In assenza di nanorods che fungano da semi di nucleazione, la decomposizione di Fe(CO)5 produce nanocristalli di ossido di ferro ben dispersi, le cui dimensioni e forma possono essere modificati controllando temperatura e concentrazione dei reagenti, secondo criteri noti.14 Per esempio, l’iniezione diretta di Fe(CO)5 a 250°C genera particelle sfaccettate (a forma di diamante o con profilo esagonale), mentre oggetti con profilo triangolare (che si osservano come proiezione di nanoprismi troncati)15 sono ottenuti a 280°C (Figura 4.3). Una notevole differenza si osserva quando l’Fe(CO)5 reagisce in presenza di nanorods di TiO2 nelle stesse condizioni adottate per la preparazione di ossido di 67 Capitolo 4 ferro puro. La presenza di TiO2 ha un effetto immediato sulla cinetica di decomposizione di Fe(CO)5, che risulta fortemente accelerata, come evidente dal repentino cambio di colore della miscela in seguito all’iniezione. a b 100 nm 100 nm Figura 4.3. Immagini TEM di nanocristalli di ossido di ferro sintetizzati mediante iniezione diretta di Fe(CO)5 a 280°C (a) e a 250°C (b) Come esempio rappresentativo, la figura 4.4 mostra i nanocristalli ottenuti per precipitazione selettiva di un campione preparato a 250°C in modalità diretta. In questo caso è stato usato un rapporto TiO2:Fe(CO)5 =1:2. Il campione appare costituito da particelle binarie formate da una sezione rod fusa con un dominio quasi sferico che mostra un contrasto maggiore al TEM (Fig. 4.4a). E’ plausibile che la sezione rod-like sia costituita da TiO2. Infatti, è stato verificato, che i NRs non subiscono modifiche strutturali e morfologiche quando vengono trattati ad alta temperatura nelle stesse condizioni della sintesi delle nanoeterostrutture in assenza di Fe(CO)5. Da queste considerazioni, segue che gli oggetti sferici in Fig. 4.4a dovrebbero invece essere costituiti da ossido di ferro. a b 100 nm 50 nm Figura 4.4. Tipiche immagini TEM di eterostrutture ottenute iniettando 2mmol di Fe(CO)5 a 250°C. 68 Capitolo 4 Alcune osservazioni sperimentali supportano la formazione di un’effettiva intima giunzione tra i due domini di ossido: 1) l’analisi statistica, effettuata su diverse zone della griglia, rivela che il rapporto tra il numero di rods e quello di sfere è quasi sempre vicino ad 1:1. Inoltre, depositando su una griglia TEM una soluzione ottenuta mescolando NRs e nanocristalli di ossido di ferro, non si osserva alcuna spontanea organizzazione in coppie nanorod-sfera, il che permette di escludere che la formazione di eterostrutture sia un artefatto derivante solo dall’evaporazione del solvente dalla griglia. 2) le eterostrutture possono essere precipitare selettivamente dosando la quantità di non-solvente aggiunta al campione. Come viene mostrato in figura 4.5, nel campione iniziale sono osservabili anche nanorods e sfere di ossido di ferro isolati, seppur in percentuale minore. Questo risultato dimostra che le eterostrutture sono la parte più consistente della popolazione del campione, e che essi sono composti da nanorods di ossido di titanio e nanosfere di ossido di ferro attaccati permanentemente tra loro. 3) l’osservazione di particelle con diverse orientazioni rispetto alla griglia TEM rivela che le eterostrutture sono caratterizzate da una particolare configurazione in cui il dominio di ossido di ferro si trova solitamente localizzato lungo le facce laterali dei nanorods (Figura 4.4.b). Quando il piano che interseca entrambi i domini è parallelo al fascio elettronico, le proiezioni di nanocristalli ibridi in cui le particelle di ossido di ferro sono collocate lungo la parte terminale o lungo la parte centrale del nanorod, determinano l’osservazione, rispettivamente, di strutture “a fiammifero” (matchstick-like) o Φ-like (in cui, cioè, due nanorods molto corti appaiono attaccati a lati opposti della sfera). Questa analisi spiega perché statisticamente si possano misurare un valore medio minore e contemporaneamente una distribuzione più ampia delle lunghezze per i NRs associati alle eterostrutture rispetto ai NRs di partenza, sebbene gli esperimenti di controllo escludano che i nanorods subiscano trasformazioni morfologico-dimensionali. Per comprendere il meccanismo di formazione dei nanocristalli ibridi, sono stati esaminati in maniera sistematica gli effetti di alcuni parametri di reazione, quali 69 Capitolo 4 la concentrazione dei nanorods, temperatura di iniezione/crescita, modalità di iniezione, sulle dimensioni del dominio di ossido di ferro (che varia tra ~4 e ~16 nm) e sulla resa del prodotto (che oscilla tra il 40% e 90%) a sfere rods eterostrutture b c 7% 4% dimensione media=12,5 nm σ =1,7 nm 25 freq.rel.% 89% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 20 15 10 5 100 nm d 73% 27% 0 6 sfere rods eterostrutture 3% 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 f 22 23% 20 18 16 freq.rel.% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 74% 14 76% dimensione media=9,8 nm σ = 2,1 nm 12 10 8 6 4 2 0 2 24% g 8 diametro sfere (nm) e 100 nm 7 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 diametro sfere(nm) h 3% sfere rods eterostrutture i 12 dimensione media=8,1nm σ =1,9 nm 8 10 freq.rel.% 73% 24% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 6 4 2 100 nm 61% 39% 0 2 4 6 8 10 12 14 16 diametro sfere (nm) Figura 4.5. Immagini TEM (a, d, g) e relative analisi statistiche (b, e, h, c, f, i) di un campione di eterostrutture (0.5mmol TiO2, 1mmol di Fe(CO)5, T= 250°C, iniezione diretta) dopo tre cicli successivi di precipitazione frazionata Influenza del rapporto TiO2/Fe(CO)5: La variazione del rapporto tra la concentrazione di rods presenti nella miscela iniziale e quella di Fe(CO)5 iniettato nel pallone permette di modulare sistematicamente le dimensione dei nanocristalli di ossido di ferro. Le immagini TEM e l’analisi statistica mostrate in Figura 4.6 sono relative ai campioni sintetizzati secondo le condizioni riportate in Tab. 4.1. E’ evidente come, riducendo il rapporto TiO2:Fe(CO)5, promuova la crescita di domini di ossido di ferro progressivamente più grandi. 70 Capitolo 4 a b sfere rods eterostrutture 7% c 18 21% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture 82% dimensione media = 12,3nm 12 10 σ = 2,7 nm 16 Φ-like freq.rel.% 72% 14 8 6 4 2 100 nm 6 8 10 12 14 16 18 20 18% 9% 73% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture 84% f sfere rods eterostrutture e 18 dimensione 16 media =14,8nm 14 σ = 2,7 nm 12 10 8 6 Φ-like 4 2 0 16% 100 nm g 4 diametro sfere (nm) freq.rel.% d 0 18% 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 diametro sfere (nm) h 42% sfere rods eterostrutture i 12 47% Eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 79% 21% 10 freq.rel.% 11% 8 6 4 2 0 100 nm dimensione media = 16,3 nm σ = 4,6 nm 5 10 15 20 25 30 diametro sfere (nm) Figura 4.6. Immagini TEM (a, d e g) e analisi statistiche dei campioni A, B e C relativi alla tab 4.1 Tabella 4.1. Variazione delle dimensioni del dominio di ossido di ferro nelle eterostrutture in funzione del rapporto TiO2:Fe(CO)5 (iniezione diretta). T T T Fe(CO)5 TiO2:Fe di resa di campione Miscela di reazione di ossidazione mmol OLAC:Fe crescita iniezione A ODE 20 mL, DDIOL 5mmol, OLAM 3mmol, OLEA6mmol, TiO2 0.5mmol 2 1:4 3:1 B ODE 20 mL,DDIOL 5 mmol, OLAM 3 mmol, OLAC 6mmol, TiO2 0.2mmol 2 1:10 3:1 C ODE 20 mL, DDIOL 5mmol, OLAM 3mmol, OLEA 6mmol, TiO2 0.1mmol 2 1:20 1:3 250°C 250°C 1h 130°C 1h 250°C 250°C 1h 130°C 1h 250°C 250°C 1h 130°C 1h 72% 73% 47% 71 Capitolo 4 Influenza della temperatura di crescita. E’ stato verificato che conducendo la sintesi a 200°C, anche per tempi di reazione di 18-24h ore, non si ha formazione di eterostrutture, poichè la decomposione di Fe(CO)5 è troppo lenta. A T> 230°C, la nucleazione e la crescita dell’ossido di ferro sono sufficientemente veloci: un aumento della temperatura produce nanocristalli di dimensioni progressivamente minori, tuttavia la resa di eterostrutture tende a diminuire a causa della maggiore probabilità di nucleazione omogenea. Esempi di questo andamento sono riportati in Figura 4.7, che riassume la caratteristiche di tre campioni sintetizzati rispettivamente a 250°C, 280°C e 300°C. Le condizioni sintetiche sono riportate in tabella 4.2. Tabella 4.2. Variazione delle dimensioni del dominio di ossido di ferro nelle eterostrutture in funzione della temperatura campione X Y Z Miscela di reazione ODE 20 mL, DDIOL 5mmol, OLAM 3mmol, OLEA 6mmol, TiO2 0.5mmol ODE20 mL, DDIOL 2.5 mmol, OLAM 1.5 mmol, OLAC 3mmol, TiO2 0.5mmol ODE 20 mL, DDIOL 5mmol, OLAM 3mmol, OLEA 6mmol, TiO2 0.5mmol Fe(CO)5 TiO2:Fe mmol OLAC:Fe 1 1:2 3:1 1 1 T T T resa di di di iniezione crescita ossidazione 250°C 250°C 1h 130°C 1h 1:2 3:1 280°C 280°C 1h 130°C 1h 85% 1:2 1:3 300°C 300°C 1h 130°C 1h 59% 89% Influenza della modalità di iniezione. La sintesi delle eterostrutture TiO2-ossido di ferro è stata condotta anche iniettando il precursore secondo diverse tecniche. In generale, l’iniezione diretta dell’Fe(CO)5 ad alta temperatura (240-280°C) consente di ottenere risultati migliori, in termini di rese di eterostrutture e ridotta nucleazione omogenea. L’immagine TEM di un campione ottenuto rispetto iniettando Fe(CO)5 a bassa temperatura (100°C) seguita da riscaldamento lento (510°C/min) fino a 285°C è mostrata in figura 4.8. Le particelle di ossido di ferro 72 Capitolo 4 appaiono di forma e dimensioni irregolari e la percentuale di eterostrutture raggiunge appena il 30%. a b c sfere rods eterostrutture 7% 4% 73% 27% dimensione media=12,5 nm 20 σ = 1,7 nm 25 freq.rel.% eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 89% 10 5 0 100 nm d 15 6 sfere rods eterostrutture d 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 diametro sfere (nm) e 4% 11% Eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 92% dimensione media =10,2 nm σ = 1,6 nm 10 14 freq.rel.% 85% 12 8 6 4 2 g 0 8% 100 nm 4 6 10 8 12 14 16 diametro sfere (nm) h sfere rods eterostrutture 10% i 31% 93% Eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like freq.rel.% 59% 20 18 16 14 12 10 8 6 dimensione media = 4,0 nm σ = 0,6 nm 4 7% 100 nm 2 0 1 2 3 4 5 6 7 diametro sfere (nm) Figura 4.7 Immagini TEM e relative analisi statistiche dei campioni (X, Y, Z) sintetizzati a 250°C; 280°C e 300°C secondo le condizioni in tab. 4.2. In Fig. 4.9 sono messi a confronto due campioni, uno,ottenuto secondo la modalità di iniezione diretta a 250°C, e l’altro, ottenuto iniettando goccia a goccia in 20 min la stessa quantità di precursore (vedi tab. 4.3). Le immagini TEM e la relativa analisi statistica dei due campioni mostrate mettono in evidenza come l’iniezione diretta rispetto all’iniezione goccia a goccia consenta di ottenere nanocristalli di ossido di ferro di dimensioni maggiori e anche una più alta resa di eterostrutture 73 Capitolo 4 b a 100 nm 100 nm Figura 4.8 Eterostrutture sintetizzate iniettando 3 mmol di Fe(CO)5 a 100°C e riscaldando lentamente la miscela alla temperatura di crescita di 280°C (a) e di 300°C (b). a sfere rods eterostrutture b c 11% 2% Eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like 93% 12 10 8 6 4 2 7% 50 nm 0 4 6 8 10 12 14 16 diametro sfere (nm) e d dimensione media = 9,5 nm σ = 1,9 nm 14 freq.rel.% 87% 8% sfere rods eterostrutture f 26% dimensione media =6,9 nm σ = 1,4nm 14 76% 12 Eterostrutture “a fiammifero” eterostrutture Φ-like freq.rel.% 66% 10 8 6 4 2 100 nm 24% 0 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 diametro sfere (nm) Figura 4.9. Immagini TEM (a, d) e relative analisi statistiche (b-c, e.f) dei campioni S e W preparati secondo le condizioni riportate in Tab 4.3. Tabella 4.3. Variazione della dimensione delle sfere di ossido di ferro al variare della modalità di iniezione dell’Fe(CO)5 T T T Fe(CO)5 TiO2:Fe campione Miscela di reazione resa di di di mmol OLAC:Fe iniezione crescita ossidazione ODE 20 mL, DDIOL 5mmol, 250°C OLAM 3mmol, 1:2 iniezione 250°C 130°C 2 87% S OLAC 6 mmol, 3:1 diretta 2h 1h TiO2 1mmol 250°C ODE 20 mL, iniezione DDIOL 5mmol, 250°C 130°C 66% 1:2 lenta OLAM 3mmol, 2 W 1h 40min 1h 3 :1 in 20min OLAC 6mmol, TiO2 1mmol 74 Capitolo 4 4.3.2 Analisi strutturale Diffrazione di raggi X da polveri. La fasi cristalline nelle etererostrutture è stata indagata mediante diffrazione di raggi X da polveri. Il pattern di figura 4.10a è relativo ai nanorods di TiO2 iniziali. Le posizioni dei picchi di diffrazione coincidono con quelle standard dell’anatasio bulk. L’allargamento dei riflessi è inversamente proporzionale alle dimensioni del dominio cristallino lungo le diverse direzioni cristallografiche. A differenza del pattern standard, quello relativo ai rods mostra il picco relativo alla famiglia di piani (004) leggermente più intenso e più stretto rispetto agli altri. Tale caratteristica conferma la direzione di elongazione dei rods (lungo l’asse c) ricavata dall’analisi HRTEM in figura 4.1b. Dai pattern di diffrazione di nanorods sottoposti ad esperimenti di controllo è stato accertato che la fase cristallina non viene modificata in seguito a riscaldamento fino a 300°C in presenza di OLEA, OLEAM e DDIOL,. Il pattern di figura 4.10b è relativo a nanocristalli di ossido di ferro sintetizzati in assenza di nanorods di ossido di titanio. Le posizioni dei picchi di diffrazione sono in accordo sia con la presenza di magnetite (Fe3O4) che di maghemite. Nonostante le due strutture cristalline (spinello cubico inverso) siano caratterizzate da una piccola differenze di parametro reticolare (8.396 Å per Fe3O4 e 8.351 Å per γ- Fe2O3) e la maghemite presenti dei riflessi isolati a bassi angoli, non è possibile attribuire in maniera univoca una delle due fasi all’ossido presente nelle eterostrutture a causa dell’allargamento dei picchi. Una miscela delle due fasi non può essere neppure esclusa. I diffrattogrammi di figura 4.10c, 4.10d e 4.10e sono relativi alle eterostrutture TiO2-ossido di ferro. Emergono chiaramente sia i picchi caratteristici dell’anatasio che quelli relativi alla fase maghemite e/o magnetite. Si nota come il profilo di diffrazione globale, risultante dalla convoluzione dei picchi delle fasi anatasiomagnetite (o maghemite) evolva sistematicamente: in particolare, a campioni in cui i domini di ossido di ferro sono dimensioni progressivamente maggiori (dalle misure TEM) corrisponde in generale un aumento del rapporto di intensità tra i riflessi dell’ossido di ferro (magnetite/maghemite) e quelli dei TiO2. Il programma 75 Capitolo 4 di fitting QUANTO (vedere parte sperimentale) è in grado di fornire una stima quantitativa delle percentuali in peso delle due fasi all’interno del campione. In particolare per i campioni in Fig. 4.10 le percentuali relative ricavate sono rispettivamente: 10% magnetite e 90% anatasio per T, 51,60% magnetite e 48,40% anatasio per U, 89,60% magnetite e 10,40% anatasio per V. Le percentuali in peso rispecchiano la variazione delle dimensioni dei NCs di ossido di ferro nei tre campioni: percentuali di magnetite maggiori corrispondono a nanocristalli di ossido di ferro di dimensioni maggiori. a Anatasio anatasio magnetite (Fe3O O) magnetite (Fe 3 4)4 maghemite (γ- Fe2O O3)) maghemite (γ-Fe 2 3 Intensità (a.u.) b c d e 5 10 15 20 25 2θ (deg) 30 35 40 Figura 4.10 Pattern XRD di a) TiO2 nanorods, b) NCs di ossido di ferro, c) campione T, d) campione U ed e) campione V. Le dimensioni dei nanocristalli di ossido di ferro nei campioni T, U e V sono rispettivamente di circa 2 nm, 7 nm e 11nm. Le percentuali in peso di magnetite e anatasio ricavate dai profili XRD possono essere confrontate con quelle calcolate sfruttando i dati statistici elaborati sulla base dell’analisi delle immagini TEM. Per esempio, dai valori di densità dei materiali bulk (4,88 g/cm3 per γ-Fe2O3, 5,17g/cm3 per Fe3O4 4.23 g/cm3 per TiO2 anatasio) si ricava che la massa di un nanorod di lunghezza 19,4 ± 3,1 nm e diametro 3,1 ± 0,4 nm), è di circa 0,6*10-18 g., mentre quella di una particella sferica di magnetite di diametro di 12 nm è di circa 4,7*10-18 g. Nota la composizione numerica del campione in termini di nanorods (ossido di titanio) e nanosfere (ossido di ferro), presenti sia come domini nelle eterostrutture che come 76 Capitolo 4 Tabella 4.4. Percentuali in peso delle fasi cristalline presenti nei campioni di eterostrutture Campione calcolate da XRD calcolate da TEM % magnetite % anatase % magnetite % anatase A 79,579 20,421 83,807 16,193 B 79,91 20,09 90,935 9,065 C 65,891 34,109 95,637 4,363 X 78,604 21,396 87,317 12,683 Y 70,517 29,483 76,964 23,035 Z 65,103 34,897 85,561 14,439 S 77,345 22,655 88,890 11,110 W 71,943 28,057 54,506 45,494 nanocristalli isolati, si può stimare la percentuale relativa delle due fasi, assumendo che la percentuale in peso di magnetite e anatasio si possono calcolare quindi applicando le seguenti formule: % magnetite = 100 * (massa di una sfera)* (% sfere) / (massa di sfere + massa dei nanorods); % anatasio = 100 * (massa di un nanorod)* (% nanorods) / (massa di sfere + massa dei nanorods)). In tabella 4.4 è riportato il confronto tra le percentuali in peso ricavate dalle misure di diffrazione di raggi X e quelle ricavate dalla rielaborazione dei dati statistici delle immagini TEM per alcuni campioni significativi. E’ evidente come, per la maggior parte dei campioni, ci sia una discrepanza del 10% circa tra le stime effettuate per mezzo dei dati XRD e quelle indirette ricavate sulla base delle statistiche TEM. La sovrastima della percentuale di magnetite è probabilmente legata: 1) alla possibile compresenza delle fasi maghemite e magnetite, che hanno densità leggermente diverse; 2) alla non perfetta rappresentatività delle statistiche TEM (per ogni campione, sono state contate 300 particelle circa); 3) all’errore di qualche punto percentuale sui valori forniti dal QUANTO. Spettroscopia Raman. Per accertare la natura della struttura cristallina dell’ossido di ferro, alcuni campioni rappresentativi sono stati analizzati mediante spettroscopia Raman. Gli spettri Raman di magnetite e maghemite sono, infatti, sufficientemente diversi da permettere l’identificazione delle due fasi. In figura 4.11 sono riportati gli spettri Raman relativi a nanocristalli di ossido di ferro, registrati a diversa potenza del laser. Nello spettro in Fig. 4.11A i segnali intorno 77 Capitolo 4 a 310 e 540 cm-1 e il picco principale a 670 cm-1 risultano tipici, sia in termini di posizione che di intensità relativa, della magnetite. È rilevante sottolineare come, a valori di potenza del laser di eccitazione più elevati (Figura 4.11B), si osservi una trasformazione sostanziale dello spettro, caratterizzata dalla scomparsa dei segnali caratteristici dei modi della magnetite e dalla concomitante apparizione di segnali con intensità caratteristiche a 218, 283, 397, 488, 595 e 1296 cm-1 tipici dell’ematite16. La transizione di fase magnetite/ematite indotta da irraggiamento Intensity (a.u.) a 200 670 cm-1 540 cm-1 -1 310 cm 300 400 500 600 700 -1 Raman shift (cm ) Intensity (a.u.) laser è nota in letteratura,27 e conferma la natura dell’ossido. b 283cm-1 218 -1 cm 200 397cm-1 595 cm-1 -1 488 cm 300 400 500 600 700 -1 Raman shift (cm ) Figura 4.11 Spettri Raman di nanoparticelle di ossido di ferro sintetizzate mediante iniezione diretta a 280°C registrati a valori di potenza laser variabili (A = 1.25 mW) (B = 12.5 mW), (λexc=514.5 nm) In Figura 4.12 è riportato lo spettro del campione di nanorods di ossido di titanio. I segnali a 197, 404, 515 e 643 cm-1 sono attribuibili all’ossido di titanio in fase anatasio,17 in accordo con i dati XRD. In Figura 4.13 sono riportati gli spettri Raman di un campione di eterostrutture nanocristalline, registrati, anche in questo caso, a diversa potenza del laser di eccitazione. In Figura 4.13A sono riconoscibili due bande piuttosto larghe, posizionate a 675 e 535 cm-1, rispettivamente, e attribuibili, ancora una volta, anche in termini di intensità relative, a modi caratteristici della magnetite. I segnali del TiO2 non sono identificabili. Nello spettro registrato a potenza più elevata (Fig.4.13B), sono osservabili segnali a 200, 339, 409, e 513 e cm-1 assegnabili a TiO2 anatasio, e segnali a 224, 339, 409, 513, 609 cm-1 che possono essere attribuiti alla presenza di ematite, risultante dalla transformazione della 78 Capitolo 4 magnetite indotta dal laser. Il picco a 662 cm-1 può essere presumibilmente dovuto a magnetite residua. Intensity (a.u.) 643 cm-1 200 515 cm-1 404 cm-1 300 400 500 600 700 -1 Raman shift (cm ) Figura 4.12 Spettro Raman di nanorods di ossido dei nanorods di ossido di titanio (2.5 mW, tempo di acquisizione 20 s, 20 accumuli, λexc=514.5 nm) a 670 cm 200 300 400 500 b 224 cm- -1 Intensity (a.u.) Intensity (a.u.) 535 cm -1 600 -1 Raman shift (cm ) 700 200 662 1 cm- -1 293 cm 409 cm- 1 339 cm- 609 1 513 cm- 300 1 400 500 cm- 1 1 600 700 -1 Raman shift (cm ) Figura 4.13. Spettri Raman di un campione di eterostrutture nanocristalline, costituito da ossido di ferro e ossido di titanio, registrati a valori di potenza laser variabili: (a) 1.25 mW, (b) 12.5 mW, (tempo di acquisizione 20 s, 20 accumuli, λexc=514.5 nm) 4.3.3 Proprietà magnetiche Le proprietà magnetiche delle eterostrutture TiO2/ossido di ferro sono state investigate mediante misure di isteresi magnetica e misure ZFC/FC. In figura 4.12a e 4.12b sono riportate le misure relative ad un campione (E) di nanocristalli di ossido di ferro di circa 18 nm. Nelle curve ZFC/FC (Figura 4.12a) si nota una brusca variazione della magnetizzazione intorno a 100 K attribuibile alla 79 Capitolo 4 transizione di Verwey14,18, una variazione strutturale (da reticolo cubico a ortorombico), tipica di certi cristalli ionici che è solitamente accompagnata da una drastica variazione dell’anisotropia magnetica e da una repentina diminuzione della conducibilità elettrica, che nella magnetite bulk avviene a TV~125 K. Recentemente, la transizione di Verwey è stata osservata anche per magnetite nanocristallina19. In Fig. 4.12a, la temperatura di bloccaggio, corrispondente al massimo della curva ZFC, risulta essere di 265K: pertanto, i nanocristalli di ossido di ferro dovrebbero esibire proprietà superparamagnetiche a temperatura ambiente. Questo comportamento è infatti confermato dal ciclo di isteresi a 300 K in Fig. 4.12b, che presenta coercitività e magnetizzazione residue nulle. A 2.5 K, invece, la magnetizzazione di saturazione è 42.5 emu/gr, mentre la coercitività magnetica è di 43 mT. b50 40 7 Tv ca. 100 K 6 5 4 3 ZFC FC 2 1 0 0 50 M (emu/gr) M (emu/gr) a8 100 150 200 250 300 T (K) Hc=0.043 T Mr =10.3 emu/gr 30 20 Ms >42.8 emu/gr 10 0 -10 -20 -30 -40 -50 -8 -6 -4 -2 Ms ≥ 39.6 emu/gr 300 K 2.5 K 0 2 4 6 8 H (T) Figura 4.12 Curva ZFC/FC (a) e curva di isteresi magnetica (b) relative al campione E, contenente NCs di ossido di ferro. In Fig. 4.13 vengono confrontate le curve ZFC/FC (a, c) e le curve di isteresi (b, d) di due campioni di eterostrutture, F e G, rispettivamente, contenenti domini di ossido di ferro di dimensione media 10±1 nm e 4,1±0,6nm. In tabella 4.5 sono riportati i valori delle grandezze magnetiche ricavate per tali campioni. In questo caso, la transizione di Verwey non è stata osservata, il che farebbe presumere che l’ossido ferro sia presente prevalentemente come maghemite (γ-Fe2O3). 80 Capitolo 4 Tabella 4.5. Proprietà magnetiche di alcuni campioni di eterostrutture. HC(Oe) Campion dimensione dominio stato fisico T (K) e di ossido di ferro (nm) B A 2.5 K F polvere 10±1 95 66 mT B G polvere 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 20 42 mT 300 K 2.5 K 40 M (emu/gr) ZFC FC 3,5 Hc = 0.066 T 0 -20 -40 -60 0,5 -8 0,0 0 50 d50 ZFC FC M(emu/gr) 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 0 -6 -4 -2 100 150 200 250 300 T(K) c M (emu/gr) 70 b60 a 4,0 M (emu/gr) 4,1±0,6 50 100 150 200 250 300 T (K) 40 30 20 10 0 -10 -20 -30 -40 -50 -8 0 H (T) 2 4 6 8 300 K 2.5 K Hc = 0.042 T -6 -4 -2 0 2 4 6 8 H (T) Figura 4.13 Curve ZFC/FC (a, c) e curve di isteresi magnetica (b, d) dei campioni F e G di eterostrutture TiO2-ossido di ferro Dall’analisi dei dati ottenuti, emerge come il campione con i domini di ossido di ferro più grandi sia caratterizzato da valori di temperatura di blocking magnetizzazione di saturazione e coercitività magnetica maggiori, in linea con la dipendenza delle proprietà magnetiche dalle dimensioni documentata in letteratura. Più nel dettaglio si può dire che: - La temperatura di bloccaggio del campione F risulta essere maggiore rispetto al campione G. Questo è legato alle dimensioni dei domini di ossido di ferro che comportano una maggiore energia di anisotropia magnetica (EA=KV, dove K è la 81 Capitolo 4 costante di anisotropia magnetica e V è il volume medio delle particelle magnetiche) per il campione F. - La dipendenza del valore di magnetizzazione di saturazione, Ms, dalle dimensioni dei nanocristalli è riconducibile ad effetti di superficie20. I momenti magnetici degli atomi di superficie (normali alla superficie stessa) difficilmente riescono ad allinearsi coerentemente con gli spin interni. Ne deriva che la “fase magnetica” associata alla superficie è caratterizzata da un valore ridotto di magnetizzazione. Tale contributo a Ms, che si somma a quello degli spin interni, è tanto più importante quanto più piccolo è il volume del nanocristallo. E’ da considerare anche un effetto diamagnetico dovuto alle molecole di tensioattivo legate alla superficie. Nel caso dei campioni F e G, a 2.5K essi non raggiungono la saturazione a campi alti, evidenziando la presenza di effetti di superficie molto rilevanti. Tuttavia da una prima stima di Ms, che si ottiene sottraendo alla curva il contributo lineare misurato a campi alti; si può dedurre che il valore di magnetizzazione di saturazione del campione F è più alto rispetto al campione G, che ha un rapporto S/V superiore - Infine la coercitività magnetica del campione F a 2.5K risulta maggiore rispetto a quella registrata per il campione G. L’aumento di Hc con le dimensioni dei domini è tipico dei nanocristalli magnetici di dimensioni minori della dimensione critica.21 La dimensione critica, che è di 128nm per l’Fe3O4 e 166nm per γFe2O3,22 segna il passaggio da strutture multi-dominio a strutture a singolodominio magnetico. Nei nanocristalli che si comportano da singoli domini, all’aumentare delle dimensioni aumentano le interazioni dipolari. La forza di tali interazioni dipolari comporta la necessità di campi magnetici maggiori per annullare la magnetizzazione residua nel campione. Inoltre in domini di dimensioni minori, con rapporto superficie/volume maggiore, la più elevata probabilità di presenza difetti può concorrere ad abbassare il valore del campo coercitivo. 4.4 Discussione. Nel presente lavoro di tesi è stata messa a punto una strategia sintetica in soluzione per la preparazione di un nuovo materiale nanocristallino binario 82 Capitolo 4 composto da TiO2 anatasio e Fe3O4. Le condizioni di reazioni ottimali sono state individuate in una opportuna combinazione fra la chimica di formazione dell’ossido di ferro.10-12 e la reattività dell’ossido titanio.9,23,24 Lo schema adottato si basa sull’introduzione di nanorods di TiO2 nella miscela iniziale di reazione che fungano da germi per la nucleazione eterogenea di Fe3O4 innescata dalla decomposizione di Fe(CO)5 in presenza di opportuni tensioattivi. La caratterizzazione dei nanocristalli ibridi ottenuti è stata effettuata utilizzando in maniera integrata e complementare tecniche di indagine, quali TEM, XRD, spettroscopia Raman e misure magnetiche. In particolare, l’analisi degli spettri Raman e l’osservazione della transizione di Verwey nella caratterizzazione magnetica hanno permesso di individuare la magnetite (Fe3O4) quale fase prevalente nei domini di ossido di ferro. Un’ulteriore conferma della presenza di magnetite è stata infine acquisita mediante la misura delle spaziature reticolari di Fe3O4 tramite esperimenti di microscopia TEM ad alta risoluzione, la cui analisi dettagliata è ancora in corso. Il meccanismo di formazione delle eterostrutture può essere dedotto dall’effetto che la variazione di alcuni parametri sperimentali ha sulla caratteristiche del prodotto nanocristallino finale. I risultati illustrati nei precedenti paragrafi dimostrano che la riduzione del rapporto TiO2/Fe(CO)5 e della temperatura di iniezione/reazione porta alla formazione di domini di ossido di ferro di dimensioni progressivamente maggiori e a rese di reazione (in termini di frazione di nanocristalli ibridi rispetto al totale) più elevate. In generale, gli andamenti osservati riflettono il bilancio tra nucleazione eterogenea di Fe3O4, che dà origine ad eterostrutture, e nucleazione omogenea, responsabile della generazione di nanocristalli isolati di Fe3O4. Quest’ultimo fenomeno può essere inibito considerevolmente riducendo la quantità di precursore iniettata e/o aumentando la concentrazione iniziale dei germi di TiO2. A parità di altre condizioni, la concentrazione di tensioattivi nella miscela di reazione e la temperatura modulano la reattività del sistema, determinando l’attività dei “monomeri”, cioè la concentrazione effettiva di specie reattive contenenti Fe/O nell’ambiente di reazione.12,15,26 83 Capitolo 4 Nel processo di formazione dei nanocristalli binari ossido di titanio/ossido di ferro, i germi di nucleazione sono costituiti dai nanorods di TiO2. E’ chiaro, quindi, che la riduzione della loro concentrazione comporti una disponibilità relativamente grande di monomeri per l’accrescimento di domini Fe3O4 sui nanorods. I campioni A, B e C, le cui condizioni di sintesi sono mostrate in tabella 4.1, ne sono un chiaro esempio. Infatti al diminuire della concentrazione dei nanorods, si ottengono sfere di Fe3O4 di dimensioni progressivamente più grandi con rese di reazione del 72%, 73 % e 47%, rispettivamente. Il campione C presenta una distribuzione statistica delle dimensioni di Fe3O4 di tipo bimodale. Questo fatto si può spiegare considerando che, nonostante avvenga nucleazione eterogenea con conseguente formazione di eterostrutture con domini di Fe3O4 di circa 18 nm, la concentrazione troppo bassa di nanorods non è in grado di sopprimere i fenomeni di nucleazione omogenea, che danno origine a nanocristalli isolati di Fe3O4 di circa 10 nm. A conferma di ciò, la resa di reazione si abbassa al 47%. La temperatura è stata confermata essere un parametro di reazione fondamentale in grado di modulare la reattività dei monomeri e del substrato (cioè del TiO2). Ad alte temperature una frazione più grande di nanorods diviene sufficientemente reattiva a causa del più facile desorbimento dei tensioattivi dalla superficie del TiO2, innescando così un consistente evento di nucleazione eterogenea. Ne segue che, poiché una considerevole frazione di monomeri viene consumata in questo fase, i domini finali di Fe3O4 saranno caratterizzati da dimensioni relativamente più piccole. Tuttavia, a temperature elevate aumenta simultaneamente la probabilità di nucleazione omogenea, per cui la resa di reazione nel complesso risulta ridotta. In letteratura i metodi riportati per la sintesi degli ossidi di ferro si basano sul riscaldamento lento10,12,14,27 della miscela di reazione fino alla temperatura di crescita selezionata (260-300°C). Applicando tale procedura alla sintesi di eterostrutture TiO2-Fe3O4 risultati ottenuti sono mediocri sia in termini di dispersione delle dimensioni che di resa di reazione. Questa evidenza può essere plausibilmente spiegata dal fatto che una nucleazione omogenea avvenga già nella fase di riscaldamento, e, prolungandosi considerevolmente nel tempo, può 84 Capitolo 4 accompagnare anche la fase di nucleazione eterogenea. Tale andamento si riflette nella distribuzione delle dimensioni dei nanocristalli finali di Fe3O4. Inoltre l’osservazione che in queste condizioni si ottengono sfere di Fe3O4 di dimensioni molto più grandi rispetto a quelle dei domini nucleati sui nanorods, è in accordo con l’ipotesi che la nucleazione omogenea inizi prima di quella eterogenea nel corso del riscaldamento, essendo richiesto, per l’”attivazione” dei nanorods di TiO2, il raggiungimento di temperature relativamente elevate. In generale la nucleazione omogenea risulta inibita se il precursore (Fe(CO)5) è introdotto goccia a goccia per evitare che venga raggiunta la soglia di sovrassaturazione.28 Tuttavia, nella sintesi di eterostrutture, risultati ottimali si ottengono introducendo il precursore in un’unica iniezione direttamente ad alta temperatura (iniezione diretta). A parità di altre condizioni, l’iniezione goccia a goccia porta alla formazione di nanocristalli di dimensioni minori e ad una minore percentuale di eterostrutture rispetto all’iniezione diretta ad alta temperatura. A tal proposito possono essere fatte alcune considerazioni. Nel presente sistema, è presumibile che i “monomeri” siano costituiti da complessi del Fe con alcuni leganti (acido oleico e oleilammina), per cui una maggiore concentrazione di tensioattivi tende ad incrementare la reattività del precursore, favorendo la nucleazione omogenea e la formazione di sfere più piccole. La modalità di iniezione lenta assicura che il rapporto tensioattivi-precursore sia mantenuto alto durante il corso dell’iniezione, con conseguente aumento della reattività. Nella tecnica di iniezione diretta, la reattività del sistema è moderata dal ridotto rapporto molare precursore/tensioattivi, mentre l’attivazione termica del substrato di TiO2 è sufficiente perchè la soglia energetica per la nucleazione eterogenea venga superata da una frazione rilevante di nanorods. La struttura intrinseca dei nanorods di TiO2, elongati lungo l’asse c della struttura anatasio, fa presumere che le facce basali (001) debbano essere più reattive delle facce laterali (011) e (101).24,25 Nel caso di altri materiali (per es. CdS, CdSe), questo fatto si traduce nella possibilità di nucleare un secondo materiale esclusivamente sulle facce chimicamente più reattive. Tuttavia, questo non è l’unico fattore che può determinare i siti di nucleazione eterogenea. La crescita epitassiale di un materiale su un altro richiede che vengano rispettate delle 85 Capitolo 4 relazioni ben precise fra i parametri reticolari delle famiglie di piani che formano l’interfaccia. La faccia su cui nuclea il secondo materiale può pertanto essere quella che permette di minimizzare l’energia interfacciale tra i due materiali. Questo concetto potrebbe essere applicato per spiegare i risultati del presente lavoro di tesi, in cui è stata osservata una tendenza diversa da quella riportata nella recente letteratura. Dall’analisi TEM, è emerso, infatti, come i domini di Fe3O4 appaiano ancorati sulle facce laterali dei nanorods. Al momento, sono in corso esperimenti di microscopia elettronica ad alta risoluzione (HRTEM) per elucidare la natura dell’interfaccia TiO2-Fe3O4. I risultati delle misure magnetiche effettuate su eterostrutture contenenti domini di Fe3O4 di differenti dimensioni sono in accordo col fatto che la temperatura di bloccaggio, la magnetizzazione di saturazione e la coercitività magnetici assumano valori dipendenti dalle dimensioni. Poiché gli andamenti delle curve d’isteresi e delle curve ZFC/FC registrate per le eterostrutture sono tipici della magnetite, se ne può concludere che le proprietà magnetiche dell’ossido di ferro non risultano significativamente modificate dalla giunzione col TiO2. Tuttavia la valutazione dettagliata di questi effetti richiede certamente studi più approfonditi. 4.5 Conclusioni e prospettive Il presente lavoro di tesi offre un contributo allo sviluppo di nuovi materiali nanostrutturati attraverso l’uso della chimica colloidale, stabilendo le condizioni per la sintesi di un nanocristalli binari costituiti da un dominio anisotropo di ossido semiconduttore, TiO2, con rilevanti proprietà fotocatalitiche, e da un dominio sferico di Fe3O4 con proprietà magnetiche. La metodologia messa a punto consente, attraverso la semplice variazione di alcuni parametri sperimentali, di controllare la dimensione dei domini di magnetite e, di conseguenza, di modulare le proprietà magnetiche delle eterostrutture risultanti. La disponibilità di questi nuovi nanocristalli ibridi potrà ispirare originali studi chimico-fisici sull’influenza che ciascun materiale esercita sulle proprietà caratteristiche dell’altro. Inoltre, la prospettiva di combinare l’attività fotocatalitica dei due ossidi con la possibilità di recuperare il materiale mediante applicazione di campi magnetici esterni risulta particolarmente interessante 86 Capitolo 4 nell’ambito della rimozione di inquinanti ambientali. Infine, questi nanocristalli ibridi potranno anche essere opportunamente ancorati a substrati ed organizzati secondo specifiche geometrie od orientazioni in presenza di campi esterni, permettendo di creare nuovi prototipi di super-strutture complesse a base di nanocristalli. 87 Capitolo 4 RIFERIMENTI [1] (a) Carp, O.; Huisman, C. L.; Reller, A. Prog.Solid.State Chem. 2004, 32, 33 ; (b) Cozzoli, P. D.; Comparelli, R; Fanizza, E.; Curri, M. L.; Agostiano, A.; Laub, D. J. Am. Chem. Soc. 2004, 126, 3868. (c) Curri, M. L.; Comparelli, R.; Cozzoli, P. D.; Mascolo, G.; Agostiano, A. Material Science and Engineering C 2003, 23, 285. (d) Cozzoli, P. D., Fanizza, E.; Comparelli, R.; Curri, M. L.; Agostiano, A.; Laub, D. 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J.Am.Chem.Soc. 2004, 126, 273 [30] a) Kudera, S.; Carbone, L.; Casula, M. F.; Cingolani, R.; Falqui, A.; Snoeck, E.; Parak, W. J.; Manna, L. Nano lett. 2005, 5, 445. b) Mokari, T.; Rothenberg, E.; Popov, I.; Costi, R.; Banin, U. Science 2004, 304, 1787 90 Ringraziamenti Per primo vorrei ringraziare Davide Cozzoli, che mi ha guidata e supportata durante l’intero anno dedicato al presente lavoro di tesi. Lo stimo e lo ringrazio per avermi introdotta nel campo della ricerca trasferendomi parte delle sue conoscenze. Ringrazio anche la professoressa Angela Agostiano, per avermi dato la possibilità di lavorare nel suo gruppo di ricerca, e la dottoressa Lucia Curri per aver riposto in me la sua fiducia. Vorrei ringraziare anche tutte le altre persone con cui ho condiviso l’esperienza in laboratorio dell’ultimo per il loro supporto e per i bei momenti condivisi. In particolare ringrazio Elisabetta, Michela, Nicoletta,Chiara e Roberto. Ringrazio anche tutti gli amici universitari i nomi dei quali sarebbero tanti da elencare. Ringrazio le persone speciali che ho avuto vicine negli ultimi anni e in particolar modo Francesca, Marilena e Daniela; e quelle con cui ho condiviso soprattutto il mio passato: Maria, Katia e Pia. Vorrei ringraziare anche tutti gli amici con cui ho trascorso intere serate a parlare e discutere sui problemi più disparati, in particolare Andrea e Fabio. Ringrazio la persona che più ha subito le mie ansie e agitazioni dell’ultimo periodo: Ettore. Mi è stato vicino e ha saputo comprendermi e aiutarmi in qualunque circostanza. Infine ringrazio la mia famiglia. In particolare ringrazio mia madre, per il sostegno, gli insegnamenti e i buoni consigli che mi ha dato fino ad ora e che continuerà a darmi. Ho molta stima di lei; è una persona forte che ha saputo trasmettermi la sua grande determinazione. Ringrazio mio padre, con cui purtroppo non posso condividere questo giorno ma sono sicura che sarebbe stato fiero di me per essere riuscita a portare avanti i valori che lui mi ha trasmesso. Ringrazio mia sorella per la grande stima che ha nei miei confronti e per avermi aiutata a comprendere tipologie di persone completamente diverse da me.