TESI DI SPECIALITA

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TESI DI SPECIALITA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia
Tecniche di trasferimento embrionario a confronto:
studio prospettico randomizzato
Direttore F.F. Prof. Piero Sismondi
Co-Relatore Dr. Gianluca Gennarelli
Presentata dalla Dott.ssa Valentina Rovei
A.A. 2008/2009
SOMMARIO
CAPITOLO 1
I FATTORI CHE INFLUENZANO LA BUONA RIUSCITA DI UN
TRASFER EMBRIONARIO
INTRODUZIONE
4
IL FATTORE EMBRIONARIO
4
LA VALUTAZIONE DELLA CAVITA’ UTERINA
9
LA TECNICA DEL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO
15
CAPITOLO 2
IL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO: ASPETTI TECNICI
TECNICHE DI TRANSFER EMBRIONARIO
17
IL TIPO DI CATETERE
23
IL TRANSFER ECOGUIDATO
31
IL SITO DI DEPOSITO DEGLI EMBRIONI
40
IL TRANSFER DIFFICILE
43
LE CONTRAZIONI UTERINE
45
IL TRANSFER DI PROVA
48
LA PRESENZA DI MUCO O SANGUE
50
LA POSIZIONE LITOTOMICA DOPO IL TRANSFER
52
2
L’ESPERIENZA DELL’OPERATORE
53
IL CARICAMENTO DEL CATETERE
55
IL TEMPO DI MANIPOLAZIONE DEGLI EMBRIONI
57
CAPITOLO 3
PROTOCOLLO SPERIMENTALE
INTRODUZIONE
58
SCOPO DELLO STUDIO
59
MATERIALE E METODI
60
ANALISI STATISTICA
64
RISULTATI
65
DISCUSSIONE
84
CONCLUSIONI
89
GLOSSARIO E ABBREVIAZIONI
91
BIBLIOGRAFIA
92
3
CAPITOLO 1
I FATTORI CHE INFLUENZANO
LA BUONA RIUSCITA DI UN TRASFER EMBRIONARIO
INTRODUZIONE
Il trasferimento embrionario, è uno dei momenti cruciali del procedimento di un
ciclo di procreazione medicalmente assistita (PMA). Circa l’80% dei cicli iniziati di
PMA raggiunge il transfer, ma solo parte di essi riesce ad ottenere la gravidanza. La
probabilità di gravidanza dipende da molteplici fattori, che possono essere raggruppati
in 3 gruppi maggiori (Paulson, 1990):
-
il fattore embrionario: qualità e quantità di embrioni trasferiti;
-
la cavità uterina: recettività endometriale, eventuali malformazioni uterine o
patologie come miomi o polipi;
-
la tecnica del transfer embrionario.
IL FATTORE EMBRIONARIO
La probabilità di gravidanza è sicuramente in stretta dipendenza dal numero
degli embrioni trasferiti e dalla loro qualità.
In letteratura, si possono trovare risultati in termini di PR estremamente elevati
(Pasquini, 2001), ma a fronte di tassi molto elevati di gravidanze plurime, con il
conseguente aumento della morbilità e mortalità perinatale (Bergh, 1999; Stromberg,
2002). I più recenti dati relativi all’attività di PMA, mostrano come la più alta
probabilità di gravidanza si ha con il trasferimento di due embrioni, raggiungendo il
41.9% di PR (Nyboe Andersen, 2009; CDC, 2008), mentre all’aumentare del numero di
embrioni trasferiti non si assiste ad un vantaggio in termini di PR ma solo ad un
aumento delle gravidanze plurime.
4
La tendenza attuale degli operatori, è quella di trasferire un singolo embrione,
per abbassare al minimo il rischio di gemellarità, soprattutto nelle pazienti con meno di
37 anni e con almeno un “top quality embryo” (Boomsma, 2006). Per embrione di
ottima qualità o top quality embryo, si intende un embrione con 4 cellule, 4 nuclei e 0%
di frammenti a 48 ore di sviluppo (Holte, 2007).
Numerosi studi, hanno dimostrato come la qualità embrionaria, espressa dai
caratteri morfologici, sia uno dei fattori principali per determinare o meno la gravidanza
di un ciclo di PMA (Puissant, 1987; Staessen, 1992; Steer, 1992; Shulman, 1993;
Giorgetti, 1995; Ziebe, 1997; Van Royen, 1999; Hardarson, 2001; Terriou, 2001,
Hunault, 2002). Le caratteristiche morfologiche che hanno dimostrato una correlazione
con la prognosi di gravidanza sono numerose: velocità di clivaggio, grado di
frammentazione, nuclearità, uniformità di grandezza dei blastomeri, simmetria nel
clivaggio, spessore della zona pellucida. Sono stati pubblicati numerosi studi che hanno
cercato di quantificare l’importanza dei singoli parametri morfologici, nel determinare
l’impianto di un embrione. Purtroppo, il trasferimento di più di un embrione
contemporaneamente, con caratteristiche morfologiche differenti e l’interdipendenza di
alcuni parametri tra di loro, hanno reso tali studi estremamente poco attendibili. Inoltre,
condizione indispensabile per effettuare una corretta valutazione degli embrioni, è la
coltura singola degli embrioni che risultano in questo modo identificabili uno ad uno
durante tutta la loro crescita in laboratorio.
Uno dei primi tentativi di fornire un punteggio agli embrioni trasferiti che
potesse correlare con la probabilità di gravidanza, è stato compiuto da Steer e Edwards
nel 1992 con il CES: cumulative embryo score (Steer, 1992). Il metodo proposto
valutava gli embrioni al momento del transfer, identificando 4 gradi in base alla
simmetria dei blastomeri, la percentuale di frammenti o la presenza di un singolo
pronucleo. Il punteggio di ogni singolo embrione veniva sommato a quello degli altri
embrioni trasferiti a cui corrispondeva una probabilità di gravidanza globale (Steer,
1992).
Una delle classificazioni morfologiche classiche è quella proposta da Plachot e
Mandelbaum, che considera cinque parametri: velocità di clivaggio, frammentazione,
nuclearità, simmetria, qualità del citoplasma dei blastomeri (Plachot, 1990). La velocità
di clivaggio dipende dal momento in cui viene effettuata la valutazione. In seconda
5
giornata (D2, 44-48 ore dalla fertilizzazione), il punteggio che varia da 0 a 3,
corrisponde a un numero di blastomeri di >4, 2-3, <2, rispettivamente. In terza giornata
(D3, 66-70 ore dalla fertilizzazione) lo score corrisponderà ad un numero di blastomeri
di >6, 4-5, <4, rispettivamente. Il grado di frammentazione esprime un punteggio,
compreso tra 0 e 4, in base alla percentuale di frammenti anucleati nello spazio
perivitellino dell’embrione: 0%, <10%, 10-30%, 31-49%, >50%, rispettivamente. La
valutazione dello status nucleare delle cellule viene effettuato indicando il numero di
cellule con il nucleo visibile e se queste presentano multinuclearità (Van Blerkom,
2001). L’embrione avrà score 0 se non presenta multinucleazione, si aggiunge 1 per
ogni blastomero multinucleato. La totale simmetria dei blastomeri fornisce uno score 0
all’embrione, mentre in presenza di asimmetria si dovrà aggiungere un punto. Una
qualità citoplasmatica ottimale corrisponde ad un punteggio di 0, se subottimale si
dovrà aggiungere un punto. Si identificheranno quindi 4 tipi di embrioni: tipo A, di
ottima qualità (score 0-1); tipo B, di buona qualità (score 2-3); tipo C, scarsa qualità
(score 4-5); tipo D, pessima qualità (score >5).
Più recentemente Holte, nel tentativo di rendere meno soggettiva la valutazione
morfologica embrionaria, ha proposto un punteggio a 5 parametri (IMC: integrated
morphology cleavage) che include: numero di blastomeri, frammentazione, nuclearità
uniformità di grandezza dei blastomeri e simmetria nel clivaggio (Holte, 2007), vedi
figura 1. Il numero di blastomeri era indicato direttamente, con valori compresi tra 2 e
>6. Il grado di frammentazione esprime un punteggio: 0, assenza di frammenti; 1,
<10%; 2, 10-25%; 3, 26-49%; 4, >50%. Il punteggio per la nuclearità si ottiene
dividendo il numero di blastomeri mononucleati per il numero totale di blastomeri. Si
ottiene così un punteggio di 0 per valori di tale rapporto compresi tra 0 e 0.25; score 1
per un rapporto di 0.25-0.50; score 2 per un rapporto di 0.50-0.75; score 3 per rapporti
>0.75. In caso di almeno un blastomero multinucleato, si ottiene uno score di -1.
L’uniformità dei blastomeri prevede un punteggio da 0 a 2, che corrisponde
all’uniformità di grandezza, una variazione di grandezza < 50% e una variazione di
grandezza > 50%, rispettivamente. Anche la simmetria nel clivaggio ha uno score
compreso tra 0 e 2, e corrisponde alla completa simmetria dei blastomeri rispetto agli
assi cartesiani tridimensionalmente, una leggera asimmetria e una notevole asimmetria,
rispettivamente.
6
Un’altra strategia per il miglioramento della PR che riguarda la qualità
embrionaria, è la selezione degli embrioni stessi. Nei Paesi dove questa tecnica è
applicabile, una diagnosi pre-impianto consente la selezione genetica di quegli
embrioni che, non presentando aneupliodie, hanno le più alte probabilità di impianto
(revisione della letteratura a proposito in Boomsma, 2006).
7
Numero dei blastomeri
Simmetria dell’embrione
0
Grado di frammentazione
0
1
2
3
Omogeneità di dimensioni
dei blastomeri
1
2
Numero dei nuclei
0
1
2
Figura 1: Parametri di classificazione morfologica degli embrioni secondo Holte, 2007.
8
VALUTAZIONE DELLA CAVITÀ UTERINA
La valutazione della cavità uterina assume grande importanza nella valutazione
preparatoria ad un ciclo di PMA. La valutazione di primo livello prevede un attento
studio ecografico con la misurazione dei diametri longitudinale, antero-posteriore e
trasversale; la valutazione della posizione dell’utero e di eventuali latero-deviazioni,
specificandone la fissità o mobilità dell’utero stesso all’esplorazione bimanuale; la
valutazione dell’orientamento dell’utero con particolare attenzione all’angolatura tra
cavità corporale e canale cervicale; la caratterizzazione dell’ecostruttura endometriale
rispetto alla fase del ciclo con particolare attenzione ad eventuali sospetti ecografici per
polipi endometriali; l’osservazione dell’ecostruttura della parete miometriale con la
descrizione volumetrica di eventuali miomi e se questi deformano o meno la cavità
endometriale; l’identificazione della presenza di eventuali malformazioni Mülleriane
(vedi tabella 1).
La regolarità della cavità uterina è un fattore di assoluta importanza per
l’impianto e il fisiologico decorso di una gravidanza, sia che si tratti di una gravidanza
spontanea o che sia conseguente a tecniche di riproduzione assistita. I polipi
endometriali e i fibromiomi uterini, sono patologie organiche dell’utero, nella
stragrande maggioranza dei casi con caratteristiche di assoluta benignità, che possono
però determinare delle irregolarità della cavità uterina.
I polipi sono delle proliferazioni locali dell’endometrio, ovvero della mucosa
che riveste internamente l’utero, dove l’embrione procede alle fasi di adesione ed
invasione (figura 2). I fibromiomi uterini sono delle zone di addensamento fibroso che,
a partenza dalla struttura interna dell’utero, possono svilupparsi nel contesto della
parete stessa (intramurali), verso l’esterno dell’utero (sottrosierosi) o verso l’interno
dell’utero (sottomucosi) e, in quest’ultimo caso, sporgendo verso la cavità uterina ne
deformano il contorno (figura 3). L’ecografia tridimensionale permette di aumentare le
nostre capacità diagnostiche nei riguardi di queste patologie benigne, di effettuare delle
misurazioni più accurate delle lesioni stesse, di avere un maggior numero di
informazioni per valutare la necessità o meno di un trattamento chirurgico (figure 2 e
3).
Alcune delle malformazioni uterine, possono rappresentare una causa
importante di infertilità di coppia e/o di fallimenti nella riproduzione assistita. La loro
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diagnosi può presentare spesso delle difficoltà e condurre alla necessità di ricorrere a
metodiche invasive quali l’isteroscopia e la laparoscopia diagnostica che però è un
vero e proprio intervento chirurgico. Il ricorso a metodiche invasive è legato
all’impossibilità da parte dell’ecografia tradizionale di dare informazioni sicure sul
profilo esterno del fondo uterino, e sull’impossibilità di effettuare misurazioni
attendibili della anomalia riscontrata. L’ecografia tridimensionale è in grado al
contrario di effettuare una accurata valutazione del fondo uterino, sia della sua
conformazione interna che del suo profilo esterno e permettendo cosi, una valutazione
quantitativa delle eventuali malformazioni distinguendo un tipo di anomalia dall’altro e
permettere di inviare all’intervento chirurgico solo quelle malformazioni che
necessitano di una correzione (vedi 4-5-6).
Alcuni studi hanno messo in relazione la lunghezza dell’utero con la probabilità
di gravidanza. Secondo Frankfurter, la lunghezza della cavità uterina influenza la
probabilità di gravidanza e di impianto (Frankfurter, 2004). Secondo questo studio, gli
outcome erano migliori se il transfer veniva effettuato nella porzione medio-bassa della
cavità uterina rispetto a quella fundica: PR 39.6% vs 31.2% e IR 21% vs 14%.
Per misure inferiori a 70 mm, è stata segnalata una PR ridotta (Knutzen, 1992).
In un ulteriore studio, per dimensioni comprese tra 70-90 mm, veniva confermata una
migliore probabilità di gravidanza e di impianto, anche se i risultati non raggiungevano
la significatività statistica (Egbase, 2000). Nel medesimo studio, veniva riportata anche
la probabilità di gravidanze extrauterine in base alla lunghezza dell’utero: se <70 mm la
probabilità saliva al 14.9%, mentre per lunghezze tra 70-90 mm era solo di 1.8% e
addirittura non sono stati documentati casi per dimensioni superiori a 90 mm (p<.0005).
Dallo studio di Oliveira, condotto su 400 transfer embrionari, si può concludere invece
che la lunghezza media della cavità endometriale è di circa 30 mm, dall’orifizio uterino
interno allo strato basale dell’endometrio fundico e che la probabilità maggiore di
gravidanza e impianto si ha nel caso in cui gli embrioni vengano depositati nella parte
centrale della cavità endometriale, tra il 40-60% (Oliveira, 2004).
Lo spessore endometriale al transfer e la probabilità di gravidanza è stato
valutato da numerosi studi, che ci indicano come se questo è < 4mm, la probabilità di
gravidanza sia nulla (Remohi, 1997), mentre sembrerebbe necessario uno spessore di
almeno 7 mm per avere una buona probabilità di impianto, secondo altri Autori
10
(Oliveira, 1997). L’aspetto ecografico dell’endometrio, ovvero se appare iper o isoecogeno o trilineare, non sembra avere un ruolo prognostico (Oliveira, 1997).
Gli studi che hanno valutato il volume dell’endometrio con un’ecografia 3D,
hanno individuato in 2.5 ml il volume minimo per avere una gravidanza, mentre se < 2
ml questa risulta estremamente improbabile (Raga, 1999; Yaman, 2000).
Lo studio della vascolarizzazione mediante tecnica Doppler in donne infertili, ha
dimostrato come un difetto di perfusione delle arterie uterine o delle arterie spirali o
ancora l’assenza dei flussi a livello subendometriale ed endometriale, determini una
bassa probabilità di impianto embrionario (Yuval, 1999). Altri Autori hanno
individuato nella vascolarizzazione dello strato subendometriale un possibile fattore
prognostico, seppur con limitato valore clinico (Ng, 2006). Inoltre, non sembra esserci
alcuna relazione tra spessore endometriale, analisi flussimetrica uterina e probabilità di
gravidanza (Yuval, 1999).
La valutazione della recettività endometriale attraverso l’identificazione di una
molecola che sia altamente predittiva, non ha dato ad oggi risultati utili per la pratica
clinica, nonostante siano state proposte numerose molecole come le integrine, la
glicodelina e il LIF (revisione della letteratura in Boomsma, 2006). E’ stato anche
effettuato uno studio su biopsie endometriali che ha evidenziato come la presenza di
pinopodi sia particolarmente concentrata a 2 cm dal fondo uterino, identificando una
zona ben definita per l’impianto (Nikas, 1995).
Altri Autori hanno invece riportato i dati di quale fosse il sito di impianto
preferenziale nelle gravidanze spontanee, individuandolo nella parete posteriore nella
sua porzione centrale (Yen, 1999; Frankfurter, 2004) o nella porzione superiore
(Minami, 2003). Il recente studio di Cavagna invece, evidenzia come dopo
trasferimento ecoguidato al centro della cavità uterina, vi fosse una più alta percentuale
di gravidanze nella porzione superiore dell’utero in caso di gravidanza singola e come,
in caso di gravidanza gemellare, i sacchi gestazionali fossero localizzati nella porzione
superiore e centrale in egual misura (Cavagna, 2006).
11
Tabella 1: Classificazione delle malformazioni uterine Mülleriane secondo l’American
Fertility Society, 1988.
Α) ecografia 2D: sezione longitudinale
B) ecografia 3D: sezione coronale
Figura 2: Valutazione ecografica di un polipo endometriale
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A) ecografia 2D: sezione trasversale
B) ecografia 3D: sezione coronale
Figura 3: Valutazione ecografica di un mioma sottomucoso
A) ecografia 2D: sezione trasversa
B) ecografia 3D: sezione coronale
Figura 4: Valutazione ecografia di un utero setto.
Si noti l’angolo acuto formato dall’indentatura nella sua parte centrale e il contorno del
fondo uterino.
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Figura 5: Valutazione ecografia 3D in sezione coronale di un utero a sella
Figura 6: Valutazione ecografia 3D in sezione coronale di un utero arcuato.
La d indica la massima profondità dell’indentatura, che forma un angolo ottuso con il
fondo.
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IL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO
Secondo i dati di letteratura, la tecnica del trasferimento embrionario può
incidere fino al 30% nel determinare o meno la gravidanza in un determinato ciclo di
PMA (Cohen, 1998).
La tecnica per eseguire il trasferimento embrionario per via transcervicale è
stata pubblicata per la prima volta nel 1981 da parte di Edwards (Edwards, 1981) e le
prime discussioni delle variabili legate alla tecnica del trasferimento embrionario
risalgono alla fine degli anni ’80 (Meldrum, 1987). Da allora si è assistito ad un
crescente interesse per l’argomento con pubblicazioni che ne hanno sottolineato vari
aspetti.
Sono stati pubblicati alcuni studi nei quali si cercava di dare un peso ad ogni
singola variabile nel determinare il buon esito del trasferimento embrionario. Nel 1999
Kovack, attraverso il monitoraggio di 42 operatori, stabiliva che l’assenza di sangue o
muco sulla punta del catetere, il tipo di catetere utilizzato, evitare di pinzare il collo e
non toccare il fondo uterino, erano i fattori con più elevato significato prognostico
positivo (vedi tabella 2) (Kovacs, 1999). In una recente analisi della letteratura,
Schoolcraft identifica un protocollo per l’esecuzione del trasferimento embrionario
secondo le evidenze scientifiche pubblicate in letteratura (vedi tabella 3) (Schoolcraft,
2001).
Nel capitolo successivo, verranno analizzati singolarmente i vari fattori proposti
in letteratura nel determinare la buona riuscita o meno di un trasferimento embrionario,
analizzandoli secondo le evidenze scientifiche.
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assenza di sangue o muco
tipo di catetere
non toccare il fondo
evitare il pinzamento del collo
rimozione completa del muco cervicale
ecografia per valutare la cavità prima del ET
mantenimento del catetere in utero per 1 minuto dopo l’ET
riposo a letto per 30 minuti dopo il ET
transfer di prova
monitoraggio ecografico
6,6
6,1
5,8
5,7
5,2
4,3
4,2
3,8
3,1
2,6
Tabella 2: Importanza relativa di diversi fattori nella buona riuscita del transfer
embrionario, punteggio ottenuto su un punteggio minimo di 0 e massimo di 10
(Kovacs, 1999).
transfer di prova prima del ciclo di stimolazione
guida ecografica transaddominale a vescica piena
lavaggio cervicale con terreno di coltura per rimuovere il muco
inserimento del catetere guida fino all'orifizio uterino interno
utilizzo del catetere Wallace
volume totale di massimo 30 µL
embrioni in massimo 10 µL di terreno
caricamento del catetere con un'unica colonna di liquido
manipolazione della cervice con lo speculum ed ev. con pinza ad
anelli
evitare di toccare il fondo
iniezione degli embrioni a 1,5 cm dal fondo
iniezione lenta degli embrioni
controllo al microscopio del catetere dopo l'ET da parte
dell'embriologo
Tabella 3: Protocollo per l’esecuzione del trasferimento embrionario secondo le
evidenze scientifiche pubblicate in letteratura (Schoolcraft, 2001).
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CAPITOLO 2
IL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO: ASPETTI TECNICI
TECNICHE DI TRASFERIMENTO EMBRIONARIO
Comunemente il transfer embrionario viene effettuato per via transcervicale
utilizzando un catetere sottile che giunge all’interno della cavità uterina e dove vengono
rilasciati gli embrioni insieme ad una piccola quantità di terreno di coltura (vedi figura
7). La tecnica utilizzata ha subito ben poche varianti da quando è stata pubblicata con
successo per la prima volta da Edwards e Craft (Edwards, 1981; Craft, 1981).
Sono stati condotti alcuni studi sulla biomeccanica del trasferimento
embrionario per via transcervicale. Eytan sottolinea l’importanza di posizionare
dell’aria tra il terreno di coltura e gli embrioni all’interno del catetere per incrementare
l’IR (Ebner, 2001). Yaniv analizza invece la relazione esistente tra la velocità di
iniezione e l’attività peristaltica uterina in un modello bidirezionale, evidenziando come
un inserimento rapido corrisponde ad un più ampio avanzamento verso il fondo degli
embrioni trasferiti (Griebel, 1998).
Recentemente è stato pubblicato un lavoro nel quale attraverso un modello
tridimensionale, è stata valutata la procedura del transfer analizzandone 6 componenti
dinamiche: il tempo di rilascio degli embrioni, la distanza del catetere dal fondo
uterino, il volume iniettato in cavità, il tempo di permanenza del catetere in utero dopo
l’iniezione del fluido, la velocità di rimozione del catetere e l’inserimento di un
secondo bolo di fluido, durante la rimozione del catetere (Lauko, 2007). Si tratta di uno
studio di bioingegneria estremamente complesso, ma che conclude con dati che sono in
linea con gli studi clinici. Viene consigliato l’inserimento di una minima quantità di
fluido in cavità (20 µL), ad una velocità media (1 secondo), posizionando la punta del
catetere quanto più vicina al fondo (0.5 mm), vedi figure 8 e 9. Poiché il fluido iniettato
in cavità si va a scontrare contro un ostacolo (il fondo uterino), si determinano due
vortici che si muovono in direzioni opposte, in allontanamento dalla punta del catetere,
in direzione laterale e verso il fondo. Tanto più rapido è l’iniezione del fluido, tanti più
giri completi compiranno le particelle in esso contenute, vedi figura 8. Il tempo di
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permanenza in utero del catetere dopo l’eiezione del fluido, non influisce
significativamente, così come la velocità di rimozione del catetere dall’utero soprattutto
per le particelle più lontane dalla punta del catetere. L’inserimento di un secondo bolo
di fluido nel momento della rimozione del catetere, sembra ridurre il dislocamento delle
particelle dal fondo uterino, ma la sua influenza è limitata nel caso in cui il transfer
venga eseguito con una quantità minima di volume e ad alta velocità (1.5 secondi). In
questo caso, il richiamo delle particelle verso la punta del catetere in uscita, ne permette
il corretto posizionamento in posizione centrale sul fondo uterino.
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Figura 7: Rappresentazione schematica del trasferimento embrionario per via
transcervicale, sotto guida ecografia transaddominale.
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Figura 8: Esempio di dinamica del fluido all’interno della cavità uterina in 3 dimensioni
(Lauko, 2007). Si noti i vortici causati dalla grande quantità di fluido iniettata (IV=40
µL), nonostante una bassa velocità di iniezione (IT=0.5 secondi).
Figura 9: Esempio di dinamica del fluido all’interno della cavità uterina in 3 dimensioni
(Lauko, 2007). Si noti la permanenza delle particelle (punti neri) a ridosso della punta
del catetere grazie a parametri ottimali di velocità di iniezione (IT=1 secondo), distanza
dal fondo (CD=0.5 mm) e volume iniettato (IV=20 µL).
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Esistono anche altre tecniche di trasferimento embrionario, più complesse,
riservate ai casi in cui il transfer transcervicale risulti impossibile o estremamente
difficoltoso per via transcervicale.
Il transfer transmiometriale (TMET: trans-myometrial embryo transfer), che
consiste nel raggiungimento della cavità uterina sotto guida ecografia transvaginale
trapassando, con un ago tipo quello utilizzato per il prelievo ovocitario, il miometrio
attraverso il fornice anteriore e raggiungendo quindi l’endometrio. L’ago è dotato di un
trocar per evitare l’ingresso di alcun tipo di materiale all’interno dell’ago stesso durante
il suo inserimento (vedi figura 10-11). Una volta rimosso il trocar, viene inserito un
primo catetere di prova contenente solo terreno di coltura per verificarne il corretto
posizionamento. Con un secondo catetere si procede al trasferimento degli embrioni.
Gli autori che hanno messo a punto tale tecnica, assicurano tassi di gravidanza
paragonabili a quelli ottenuti con l’approccio transcervicale (Pasqualini, 2001).
Il trasferimento intratubarico di zigoti (ZIGT: zigote intra-Fallopian transfer) o
di embrioni (EIGF: embryo intra-Fallopian transfer) sfrutta la tecnica di
incannulamento delle tube studiata in passato per la GIFT (gamete intra-Fallopian
transfer) ma non ha trovato grande seguito per la difficoltà della tecnica stessa e per
l’assenza di reali vantaggi in termini di gravidanze ottenute rispetto al trasferimento in
cavità uterina (Pasqualini, 2001).
E’ stata anche proposta una tecnica isteroscopica di trasferimento degli embrioni
all’interno dello stroma endometriale. Lo scopo era quello di incrementare il tasso di
impianto. I dati ottenuti non hanno però dimostrato vantaggi, probabilmente per
l’eccessiva acidificazione dell’ambiente uterino legato alla necessità di utilizzare la CO 2
per dilatare la cavità uterina (Pasqualini, 2001).
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Figura 10: Catetere Towako Cook per il transfer embrionario transmiometriale
Figura 11: particolare della punta del catetere per il transfer embrionario
transmiometriale
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IL TIPO DI CATETERE
Esistono fondamentalmente due tipo di cateteri per il transfer transcervicale:
rigidi e soffici. Per soffice si intende un tipo di catetere che sia flessibile e malleabile, e
la cui punta sia liscia. Il catetere rigido invece, è caratterizzato da una maggiore
resistenza alla deformazione rispetto ai cateteri soffici e spesso contengono un’anima
metallica. I principali cateteri utilizzati ad oggi, vengono descritti in particolare qui di
seguito.
Il catetere Frydman (prodotto dal Laboratoire CCD, Francia), il primo utilizzato
per il trasferimento embrionario per via transcervicale, fa parte dei cateteri rigidi. E’
costituito da un catetere guida rigido in polietilene, con un diametro esterno di 1.6 mm
e una lunghezza di 12.5 cm. Sul catetere guida sono segnate due tacche per individuare
la profondità di inserimento a 5.5, e 6.5 cm del catetere per il trasferimento che
fuoriesce dalla guida per un massimo di 4.5 cm. Il catetere interno è soffice in
poliuretano ed è lungo 23 cm, con un diametro esterno di 1.53 mm (vedi figura 12).
Il catetere TDT (tight difficult transfer, prodotto dal Laboratoire CCD, Francia),
anch’esso è un catetere rigido, costituito da una guida metallica rivestita in materiale
plastico che viene posizionata all’interno del catetere guida tipo Frydman e serve per
modellare il catetere guida prima della sua introduzione attraverso il canale cervicale in
caso di difficoltà nel superamento del canale stesso. Una volta superato il canale
cervicale, il mandrino metallico viene rimosso e viene inserito il catetere soffice per il
trasferimento degli embrioni (vedi figura 13).
Il catetere Wallace (Wallace Ltd, Colchester, Inghilterra) è di tipo soffice, la sua
guida è costituita in Teflon mentre il catetere interno è di poliuretano, lungo 18 o 23 cm
con un diametro esterno di 1.6 mm (vedi figura 14).
Il catetere Sydney (Cook Medical, Bloomington,USA) è di tipo soffice, con una
guida precurvata in silicone o policarbonato di 6.6 Fr di diametro, di 16.7 e 17.3 cm di
lunghezza, rispettivamente. Il catetere di trasferimento ha in ogni caso il diametro
esterno di 2.3 Fr e una lunghezza di 23-24 cm. L’estremità distale del catetere guida ha
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un diametro leggermente maggiore, per permettere un più facile avanzamento della
guida all’interno del canale cervicale (vedi figura 15). Il raggiungimento della cavità
uterina da parte della guida, viene avvertito dall’operatore grazie al superamento
dell’orifizio uterino interno da parte della punta dilatata del catetere guida. Il catetere
guida ha inoltre un disco di fermo posizionato a 4.5 cm dalla sua estremità distale che,
una volta inserita la guida nel canale cervicale, si appoggia all’orifizio uterino esterno,
impedendo l’ulteriore avanzamento della guida nella cavità uterina. Tale fermo può
essere spostato prossimamente e distalmente, a discrezione dell’operatore, in base alle
varianti anatomiche della lunghezza del canale cervicale (vedi figura 16).
24
Figura 12: Catetere Frydman per il trasferimento embrionario
Figura 13: Catetere TDT per il trasferimento embrionario
Figura 14: Catetere Wallace per il trasferimento embrionario
25
Figura 15: Particolare della punta del catetere Sydney per il trasferimento embrionario
Figura 16: Catetere Sydney per il trasferimento embrionario
26
Più recentemente sono stati introdotti sul mercato dei cateteri per il
trasferimento embrionario ecoriflettenti, per poter essere chiaramente visibili sotto
guida ecografica, all’interno della cavità uterina durante il rilascio degli embrioni. Il
transfer embrionario sotto guida ecografia transaddominale, in tempo reale quindi,
avrebbe lo scopo di permettere il deposito degli embrioni stessi nel punto che garantisce
la più alta probabilità di gravidanza.
Il prodotto commercializzato dalla Cook Medical, denominato EchoTip SoftPass Trasfer Catheter, prevede un catetere guida in polietilene di 6.8 Fr di diametro
esterno, lungo 12 o 17 cm, abbinato al un catetere per il transfer di 4.4 Fr di diametro,
lungo 19.7 o 24.7 cm, con una fascia metallica ecoriflettente sulla parte distale del
catetere stesso (vedi figure 17 e 18).
Il catetere Sureview Wallace (Wallace Ltd, Colchester, Inghilterra), disponibile
in due diverse lunghezze 18 e 23 cm, invece, garantisce la visualizzazione dell’intero
catetere essendo completamente ecoriflettente (vedi figure 19 e 20).
Sono stati pubblicati numerosi studi di confronto in termini di tassi di
gravidanza tra tipi di catetere diverso distinti in due o tre bracci di studio, i cui risultati
sono stati recentemente riassunti in due valide revisioni della letteratura (Abou-Setta,
2005; Buckett, 2006). La prima metanalisi, di Abou-Setta, ha dimostrato la superiorità
dei cateteri soffici rispetto a quelli rigidi in termini di gravidanza (OR 1.49, 95%
IC=1.26-1.77; p<0.00001). La seconda metanalisi, di Buckett, conferma la superiorità
dei cateteri soffici rispetto a quelli rigidi, evidenziando inoltre come non ci siano
differenze significative tra i cateteri standard Wallace e Cook. Buckett sottolinea però
come i singoli studi possano essere stati facilmente viziati da un bias di selezione e
come la bassa numerosità campionaria renda i risultati dei singoli studi meno
attendibili. In ogni caso, la combinazione dei dati dei singoli studi ha permesso un
confronto statisticamente valido tra cateteri soffici e rigidi con un potere statistico del
97% per rilevare una differenza di 4.8% in termini di probabilità di gravidanza clinica.
Per valutare la reale efficacia di un tipo di catetere rispetto ad un altro, sono stati
condotti alcuni studi nei quali tutti i transfer embrionari sono stati eseguiti da un solo
operatore (Coroleu, 2006; Perin, 1999; Karande, 2002; Allahbadia, 2005).
In particolare Coroleu, in uno studio pilota, ha confrontato i tassi di gravidanza
27
ottenibili con un catetere Wallace tradizionale rispetto a quello ecoriflettente,
effettuando tutti i transfer sotto guida ecografia transaddominale (Coroleu, 2006). In
accordo con studi precedenti, è stata effettuata la misurazione delle lunghezze della
cavità uterina e del canale cervicale, per via transaddominale (Coroleu, 2002). Tutti i
193 transfer sono stati eseguiti da un unico operatore, fornendo una PR del 41% per il
Wallace tradizionale e del 54.1% per il Wallace ecoriflettente, non significativa
(p=0.08) ma con una più elevata probabilità di impianto con il catetere ecoriflettente:
23.2% vs 37.1%, rispettivamente (p<0.01). A giudizio dell’Autore, questi dati
porterebbero a pensare che, una più chiara visualizzazione del catetere all’interno della
cavità uterina, consente di minimizzare gli aggiustamenti di posizione del catetere
prima del rilascio degli embrioni in utero, limitando quindi il traumatismo
sull’endometrio e aumentando, di conseguenza, la probabilità di impianto.
28
Figura 17: Particolare della punta del catetere EchoTip Soft-Pass per il trasferimento
embrionario
Figura 18: Catetere EchoTip Soft-Pass per il trasferimento embrionario
29
Figura 19: Visualizzazione ecografia del catetere Sureview Wallace al suo ingresso in
cavità uterina
Figura 20: Visualizzazione ecografia del catetere Sureview Wallace e dello spot
iperecogeno in cavità uterina dopo l’eiezione degli embrioni dal catetere.
30
IL TRANSFER ECOGUIDATO
I dati della letteratura più recenti dimostrano un aumento significativo della
pregnancy rate (PR) effettuando l’embryo-transfer (ET) con tecnica ecoguidata
transaddominale rispetto all’ET effettuato alla cieca (Alvarez Almodovar, 2008; Rubina
Ali, 2008 Abou-Setta, 2007; Brown, 2008; Buckett, 2003).
Woolcott ha documentato come con il trasferimento alla cieca si tocchi il fondo
uterino nel 17.4% dei casi (Woolcott, 1997) e sappiamo da altri studi come questa
eventualità sia da evitare per non ridurre la PR. Con la guida transaddominale si hanno
sicuramente numerosi vantaggi, legati al corretto posizionamento all’interno della
cavità uterina senza toccare il fondo e confermando l’avvenuto superamento
dell’orifizio uterino interno (figura 21). Inoltre, permette il controllo dell’orientamento
dell’utero in tempo reale, limitando al minimo la traumaticità sull’endometrio, e la
necessità di una vescica distesa riduce l’angolatura tra cervice e corpo uterino
facilitando l’ingresso della guida in cavità (Schoolcraft, 2001).
L’uso della guida transaddominale per il transfer embrionario è stata proposta
per la prima volta nel 1985 da Strickler, descrivendo un più facile inserimento del
catetere in caso di distorsione del canale cervicale (Strickler, 1985). In altri studi, sono
stati confrontati, in termini di PR, il transfer ecoguidato e quello alla cieca, riportando
percentuali significativamente aumentate per il transfer ecoguidato, con un range di 3650% vs 23-34%, rispettivamente (Wood, 2000; Kan, 1999; Prapas, 1995; Coroleu,
2000). Il dato rimaneva significativo anche per transfer in cicli da ovodonazione
(Lindheim, 1999).
La prima meta-analisi degli studi randomizzati controllati risale al 2003
(Buckett, 2003), dove veniva confermato il miglioramento della PR con l’utilizzo della
guida ecografia (OR 1.51, 95% IC 1.32-1.73), ma solo il lavoro di Tang aveva un
potere statistico sufficiente per poter individuare una differenza statisticamente
significativa del 7% (Tang, 2001), come commentato più tardi nell’articolo di Kosmas
(Kosmas, 2007). Più recentemente Abou-Setta ha pubblicato una meta-analisi di 20
studi, confrontando un totale di 2941 ET ecoguidati con 3027 ET alla cieca, ottenendo
un OR di 1.50 in favore dell’ET ecoguidato (95% IC 1.34-1.67, p<0.00001) (AbouSetta, 2007). Recentemente è stata pubblicata una revisione della letteratura della
31
Cochrane che ha confermato questo dato, indicando un aumento significativo della
CPR con un OR di 1.49 (95% IC 1.29-1.72, p<0.00001), includendo nella metanalisi 13
studi per un totale di 1843 ET ecoguidati e 1779 ET alla cieca (Brown, 2007), vedi
tabella 4. La stessa metanalisi riportava anche un aumento della gravidanza multiple,
seppur non chiaramente significativo (OR 1.26, 95% IC 0.91-1.75). Altri eventi avversi
come gravidanze extrauterine, abortività, sangue sul catetere o transfer difficile, non
hanno evidenziato alcuna differenza significativa.
In letteratura sono presenti solo due studi di confronto tra il transfer ecoguidato
per via transaddominale e il transfer effettuato dopo misurazione ecografia
transvaginale della cavità uterina, entrambi però confrontavano la metodica classica
retrospettivamente (Lambers, 2006; Rubina Ali, 2008). Secondo lo studio di Lambers,
non ci sarebbero differenze significative tra i due tipi di transfer embrionario, affidando
la scelta del tipo di approccio all’esperienza ecografia dell’operatore ed alle possibilità
di avere un secondo operatore disponibile a svolgere l’ecografia transaddominale, vedi
figura 22. Rubina Ali invece, conclude nettamente in favore del transfer ecoguidato per
via transaddominale, avendo ottenuto un raddoppiamento della PR (OR 2.19, 95% IC
1.73-2.78).
E’ stato anche proposto da alcuni Autori il monitoraggio ecografico
tridimensionale del transfer (Letterie, 2005; Fang, 2009). Letterie, in un primo studio
pilota ha studiato il posizionamento del catetere all’interno dell’utero in 24 pazienti
sottoposte ad ET sotto guida ecografia transaddominale tradizionale (Letterie, 2005).
Dopo aver effettuato il transfer embrionario, veniva acquisita l’immagine volumetrica
dell’utero, per via transaddominale in 19 casi e per via transvaginale nei restanti 5 casi,
potendo quindi visualizzare la punta ecoriflettente del catetere all’interno dell’utero
(figure 23 e 24). L’Autore conclude che la tecnica 3D potrebbe migliorare il
posizionamento del catetere nel 20% dei casi rispetto alla guida ecografia classica in
2D. Più recentemente, le due metodiche ecografiche sono state messe a confronto in
termini di discrepanza nella misurazione della distanza del catetere dal fondo e di PR.
Lo studio di Fang ha dimostrato come l’efficacia dell’ecografia 2D si riduca rispetto
alla guida in 3D, solo in caso di malformazioni uterine come l’utero arcuato, bicorne o
subsetto (Fang, 2009). L’utilizzo clinico della guida ecografica 3D troverebbe quindi
indicazione in quelle situazioni cliniche di malformazioni uterine non ad indicazione
chirurgica.
32
Figura 21: Transfer embrionario sotto guida ecografia transaddominale (Coroleu,
2002).
a) Misurazione della lunghezza dell’utero per via transaddominale;
b) Dimostrazione ecografia della posizione della punta del catetere.
33
Tabella 4: Studi di confronto tra il transfer alla cieca e il transfer ecoguidato (Brown,
2007)
34
Figura 22: Misurazione della lunghezza della cavità uterina, dallo strato basale
dell’endometrio all’orifizio uterino esterno, per via transvaginale. A) Visione
ecografica; B) Schema esplicativo (Lambers, 2006).
35
Figura 23: Immagine coronale dell’utero ottenuta con un’ecografia transvaginale 3D.
La punta del catetere e visualizzabile nella porzione corneale destra dell’utero (Letterie,
2005).
Figura 24: Immagine coronale dell’utero ottenuta con un’ecografia transvaginale 3D.
La punta del catetere e visualizzabile nella porzione fundica destra dell’utero (Letterie,
2005).
36
Hurley, nel 1991, aveva proposto un transfer embrionario sotto guida
transvaginale, in tempo reale (Hurley, 1991). Su una casistica di 246 casi e altrettanti
controlli, si evidenziava una PR più elevata rispetto al transfer alla cieca, ma non
statisticamente significativa (20.2% vs 17.5%) e un’uguale incidenza di gravidanze
ectopiche (11.1% in entrambi i gruppi). Rimane però ad oggi uno studio isolato,
probabilmente per la mancanza di un catetere costruito appositamente per questa
tecnica, che potesse garantirne l’affidabilità.
Da circa un anno, è stato introdotto in commercio dalla Cook, un catetere
appositamente studiato per eseguire il trasferimento embrionario sotto guida ecografia
transvaginale, l’EchoTip Soft Pass TVP (vedi figure 25 e 26), che per ora non è stato
ancora utilizzato per la pubblicazione di trial clinici.
Il catetere guida ha un diametro di 6.8 Fr e una lunghezza di 17mm. E’ dotato di
un cono che, posizionato a ridosso dell’orifizio uterino esterno, impedisce
l’avanzamento della guida nel canale cervicale: viene consigliato il suo posizionamento
a 1 cm in più rispetto alla lunghezza del canale cervicale. Il suo corretto
posizionamento è determinato grazie ad un’ecografia transvaginale preventiva che
misuri la lunghezza del canale cervicale, della cavità uterina e l’angolo cervico-uterino.
Non ha una curvatura preformata, ma ha una buona memoria di posizione e la curvatura
applicata manualmente viene mantenuta per la durata del transfer. Il catetere interno ha
un diametro di 4.4 Fr e una lunghezza di 26.5 mm. La punta del catetere interno ha una
parte metallica di circa 1 cm che permette una facile visualizzazione della punta stessa
all’interno dell’utero. La profondità di inserimento del catetere interno è visualizzata in
tempo reale ecograficamente, grazie all’inserimento della sonda transvaginale dopo
rimozione dello speculum. Per mantenere la profondità di inserimento del catetere
interno, una volta raggiunto il punto idoneo, una ghiera posta nell’estremità prossimale
del catetere interno, ne permette il fissaggio alla guida. in tal modo l’operatore sarà
sicuro di non incorrere in movimenti accidentali di avanzamento o indietreggiamento
del catetere nel momento dell’iniezione degli embrioni. Grazie a questo tipo di catetere,
l’operatore che esegue il transfer è lo stesso che esegue l’ecografia e non è richiesta una
distensione vescicole, così come con l’ecografia transaddominale, per visualizzare
l’utero.
37
a) Catetere per il trasferimento embrionario EchoTip Soft Pass TVP
b) particolare della punta del catetere EchoTip Soft Pass TVP
c) particolare dell’impignatura del catetere EchoTip Soft Pass TVP
Figura 25: Catetere EchoTip Soft Pass TVP, Cook Medical.
38
Figura 26: Caratteristiche tecniche del catetere da trasferimento embrionario EchoTip
Soft Pass TVP, Cook Medical.
39
IL SITO DI DEPOSITO DEGLI EMBRIONI
Sono stati condotti vari studi per valutare quale sia il sito di deposito degli
embrioni all’interno della cavità uterina che garantisca la più alta PR.
Baba ha valutato la corrispondenza tra la localizzazione dello spot iperecogeno
visibile immediatamente dopo il transfer e il sito di impianto in caso di gravidanza,
trovando corrispondenza in 26 dei 32 sacchi gestazionali (Baba, 2000). In precedenza
Liedholm aveva già avuto la stessa sensazione studiando la dislocazione delle
microsfere iniettate in cavità durante un transfer di prova, in donne che sarebbero poi
state sottoposte ad isterectomia (Liedholm, 1980).
Tradizionalmente l’ET viene effettuato quanto più possibile a ridosso del fondo
uterino, possibilmente evitando di toccarne la mucosa con il catetere, per limitare
l’attività contrattile del miometrio (Schoolcraft, 2001). In particolare per il transfer alla
cieca, viene consigliato un trasferimento a 6 cm dall’orifizio uterino esterno per
ottenere la più alta probabilità di gravidanza (Naaktgeboren, 1997).
Abou-Setta ha recentemente effettuato una meta-analisi degli studi randomizzati
e controllati (Abou-Setta, 2007) evidenziando un aumento della PR, seppur non in
modo significativo, effettuando l’ET al centro della cavità uterina (circa a 2 cm dal
fondo) rispetto al tradizionale ET a ridosso del fondo (circa 1 cm dal fondo). La
metanalisi includeva solo 3 lavori (Nazari, 1993; Coroleu, 2002; Franco, 2004) e su
questo punto evidenziava la necessità di ulteriori studi randomizzati controllati per
verificare tale tendenza.
Anche Oliveira, attraverso uno studio prospettico su 400 ET, non evidenziava
come fondamentale per la buona riuscita dell’ET, la distanza assoluta dal fondo, ma il
posizionamento della punta del catetere al centro della cavità uterina (Oliveira, 2004).
La valutazione rispetto alla posizione relativa della punta del catetere, ha infatti
evidenziato i migliori risultati per valori compresi tra 41% e 60% della lunghezza della
cavità uterina (p<.05). La valutazione rispetto alla distanza dal fondo uterino (DTC),
mostrava PR significativamente migliori per ET effettuati tra 10 e 20 mm dal fondo
(p<.05) (vedi figure 27-28-29).
Lo studio di Pope del 2004, condotto retrospettivamente su 679 ET, ha
evidenziato come per ogni millimetro in più dal fondo (da 0 a >5mm rispetto allo stato
superficiale dell’ endometrio fundico), si possa stimare un aumento relativo della PR
del 11% e una riduzione del rischio di gravidanza ectopica (Pope, 2004).
40
Più recentemente, un piccolo studio condotto però in modo prospettico
randomizzato, ha evidenziato PR e IR significativamente migliori quando il
trasferimento degli embrioni veniva effettuato ad una distanza dal fondo compresa tra
10 e 15 mm rispetto a quelli effettuati a distanza minore (PR: 27.7% vs 14%, p=0.009;
IR: 15.3% vs 7.1%, p=0.027) (Pacchiarotti, 2007).
Le indicazioni per la profondità di inserimento del catetere sono quindi quelle di
permettere il deposito degli embrioni almeno a 1 cm dal fondo e almeno 2 cm oltre
l’orifizio uterino interno, o comunque al centro della cavità uterina. Il metodo per
definire il corretto posizionamento del catetere, se per via transvaginale prima del
transfer o per via transaddominale in tempo reale, è ancora dibattuto.
41
Figura 27: Descrizione della lunghezza della cavità uterina (ECL) (Oliveira, 2004).
Figura 28: Descrizione della distanza assoluta della punta del catetere dallo strato
basale dell’endometrio (Oliveira, 2004).
Figura 29: Descrizione della posizione relativa della punta del catetere rispetto alla
lunghezza della cavità uterina (Oliveira, 2004).
42
IL TRANSFER DIFFICILE
Le difficoltà che si possono incontrare nell’effettuare il transfer embrionario
sono principalmente legate all’inserimento della guida all’interno del canale cervicale
ed al suo superamento dell’orifizio uterino interno. Una particolare angolatura del
canale rispetto alla cavità uterina o una sua tortuosità possono rendere estremamente
difficoltoso l’avanzamento della guida, soprattutto quando questa sia priva di mandrino
al suo interno o non presenti curvature preformate che ricalchino l’anatomia normale.
Segni indiretti attraverso il quale valutare la difficoltà del transfer sono quindi la
presenza di muco o di sangue sulla punta del catetere e la necessità di ricorrere ad un
mandrino metallico all’interno della guida o all’utilizzo di un catetere rigido (AbouSetta, 2005).
Numerosi studi hanno evidenziato come un transfer difficile sia un fattore
prognostico negativo in termini di probabilità di gravidanza. Englert riporta una PR del
33% per transfer facili rispetto ad un 10.5% in caso di difficoltà (Englert, 1986). Simili
risultati sono riportati anche in altri studi (Mansour, 1990; Wood, 2000; Visser, 1993;
Tomàs, 1998). In particolare, Tomàs quantifica in 1.7 volte più elevata la PR in caso di
transfer facile o intermedio rispetto ad un transfer difficile (Tomàs, 2002).
Non è stato invece confermato che la difficoltà del transfer influisca sull’esito finale da
altri studi (Tur-Kaspa, 1998; Nabi, 1997), forse per la tecnica con la quale veniva
posizionato il catetere soffice, ovvero inserendo la guida da sola e il catetere da
trasferimento solo in un secondo tempo.
Infatti, in una recente revisione della letteratura, in riferimento a questi studi,
Schoolcraft ha ipotizzato che l’introduzione della guida prima del catetere per il
trasferimento, trasformi il catetere soffice in catetere rigido, aumentando la traumaticità
sull’endometrio ed aumentando la probabilità di sangue e muco sulla punta del catetere
(Schoolcraft, 2001). Secondo altri autori, la diversa PR in caso di transfer difficile,
sarebbe legata invece alla diversa definizione di transfer difficile data dai studi
differenti (Tomàs, 2002).
43
Sono stati pubblicati alcuni lavori sulla dilatazione del canale cervicale i caso di
stenosi serrata, dando risultati discordanti. Secondo alcuni non vi sarebbe un reale
vantaggio in termini di probabilità di gravidanza, sia che questo venga effettuato alcuni
giorni prima del transfer (Visser, 1993), sia che venga effettuato durante i prelievo
ovocitario (Groutz, 1997). Secondo altri studi, aumenterebbe la PR quando la
dilatazione viene effettuata prima dell’inizio della stimolazione (Abusheikha, 1999;
Yanushpolsky, 2000).
44
LE CONTRAZIONI UTERINE
Le contrazioni uterine possono dislocare gli embrioni appena trasferiti, sia verso
le tube che verso il basso nel canale cervicale o in vagina.
In passato, era pratica comune quella di pinzare il collo per permettere
l’introduzione del catetere da transfer, ma tale procedura è ad oggi abbandonata per il
rischio concreto di indurre contrazioni estese a tutto il corpo uterino per l’aumento del
rilascio di ossitocina e/o prostaglandine, senza contare il dolore causato alla paziente
(Mansour, 2002; Pasqualini, 2001).
Lo studio prospettico condotto da Dorn evidenzia infatti come le concentrazioni
di ossitocina nel sangue aumentino durante il transfer in caso venga pinzato il collo
mentre ciò non avviene se il collo non viene stimolato (Dorn, 1999). E’ stato ipotizzato
che anche il solo passaggio della guida attraverso l’orifizio uterino interno possa
stimolare la contrazioni per lo stimolo a rilasciare prostaglandine (Fraser, 1992).
Sembrerebbe quindi importante evitare di passare l’orifizio uterino interno con la guida,
rimanendo all’interno de canale cervicale (Mansour, 2002).
Anche toccando il fondo uterino con la punta del catetere si possono indurre
contrazioni che riducono la PR, così come documentato nello studio di Lesny (Lesny,
1998).
Effettuando un’ecografia per 5 minuti, Fanchin ha potuto osservare in un gruppo
di donne che si erano appena sottoposte al transfer embrionario, come sia presente una
certa attività contrattile, con una media di 4.3 contrazioni al minuto (vedi figura 30).
Suddividendo la coorte di pazienti in 4 gruppi, si evidenziava una correlazione inversa
tra la frequenza delle contrazioni e la PR. Inoltre anche i livelli di progesterone al
giorno del transfer correlavano inversamente con la contrattilità uterina (Fanchin,
1998).
In uno studio precedente, attraverso il transfer di prova di 30 µL di liquido
radio-opaco, è stato possibile evidenziare come nei transfer eseguiti con facilità il
liquido permanesse in cavità a distanza di tempo, mentre in caso di difficoltà al transfer
venivano indotte contrazioni in direzione fondo-cervicali dislocando il liquido nel
canale cervicale o più raramente nelle tube (Lesny, 1998).
45
Un articolo di segno opposto, pare essere quello di Woolcott, secondo il quale
attraverso il monitoraggio ecografico transvaginale subito dopo il transfer, si assiste a
movimenti sub-endometriali in direzione ascendente dalla cervice verso il fondo di 2-5
mm attorno ad un determinato punto. Questo tipo di contrattilità sembrerebbe favorire
l’impianto. I dati pubblicati riportano infatti una PR del 45.5% tra le donne che
presentavano tale contrattilità e solo del 15.6% nei casi in cui non fosse visualizzabile
(Woolcott, 1997). Questa segnalazione è rimasta però isolata.
La tendenza attuale è quindi quella di limitare al minimo le stimolazioni
meccaniche sul collo uterino e in cavità per impedire le contrazioni uterine.
46
Figura 30: Valutazione computerizzata della frequenza delle contrazioni uterine
(Fanchin, 1998).
47
IL TRANSFER DI PROVA
In caso di pregressi tentativi di PMA con transfer particolarmente difficoltoso, è
stata proposta la tecnica del transfer di prova per valutare al meglio il decorso del
canale cervicale, della sua angolatura rispetto alla cavità uterina e per conoscere in
anticipo eventuali stenosi del canale cervicale. In una casistica di 876 transfer
embrionari, è stato riportato una frequenza del 1.3% impossibilità al transfer, 3.2% di
transfer estremamente difficili e 5.6% di transfer lievemente difficili (Wood, 1985).
Alcuni Autori propongono il transfer di prova subito prima del transfer effettivo
(Sharif, 1996), altri all’inizio del ciclo di stimolazione (Mansour, 1990), altri ancora 1-2
mesi prima rispetto alla stimolazione (Schoolcraft, 2001).
Una delle principali obiezioni a questo tipo di procedura, è legata al fatto che
spesso l’ostacolo al passaggio del catetere per il trasferimento embrionario dipende da
uno spasmo della muscolatura liscia dell’orifizio uterino interno più che ad una
riduzione/obliterazione fissa del lume del canale cervicale e pertanto difficilmente
prevedibile a distanza di tempo. Ciò nonostante, può trovare un’ indicazione in casi
selezionati, ad esempio nel caso di pregressa chirurgia sulla portio per CIN o
polipi/miomi cervicali o in caso di malformazioni congenite.
Dallo studio di Oliveira condotto su 400 transfer embrionari, si evidenziava
come la lunghezza media della cavità endometriale fosse di circa 30 mm, dall’orifizio
uterino interno allo strato basale dell’endometrio fundico (Oliveira, 2004). La
misurazione ripetuta in 8° giornata di stimolazione e poi nuovamente al momento del
transfer, evidenziava una differenza tra le due misurazioni di 0.6 mm, risultando
maggiore al transfer. Tuttavia, questa differenza minima non determinava cambiamenti
nell’indicazione clinica della profondità di inserimento del catetere (Oliveira, 2004).
Sono stati inoltre condotti alcuni studi per valutare la capacità della cavità
uterina di dilatarsi per accogliere embrioni e terreno di coltura nel momento del transfer
embrionario. Nello studio di Knutzen in particolare è stata valutata se la posizione
relativa dell’utero può influenzare la capacità della cavità uterina stessa di trattenere un
bolo di fluido radiopaco, effettuato nella fase luteale precedente un ciclo di PMA
48
(Knutzen, 1992). E’ risultato che il materiale radiopaco rimaneva in cavità nel 68% dei
casi di donne con l’utero antiverso e senza laterodeviazioni, mentre solo nel 48% dei
casi di malposizione. Nei casi rimanenti il materiale radiopacao era visualizzato nelle
tube, nel canale cervicale o in vagina.
49
LA PRESENZA DI MUCO O SANGUE
La presenza di sangue sulla punta del catetere è stata considerata come un
fattore prognostico negativo in termini di tassi di impianto, ma solo quando questo si
trovi al di fuori del lume del catetere e non al suo interno (Pasqualini, 2001). La
presenza di un abbondante quantità di muco nel canale cervicale, inoltre, potrebbe
ridurre la possibilità di un corretto posizionamento degli embrioni nella cavità uterina,
determinandone il reflusso in vagina, la contaminazione batterica della cavità stessa
(Egbase, 1996) o il mancato rilascio degli embrioni dal lume del catetere (Nabi, 1997).
Goudas ha pubblicato uno studio espressamente indirizzato alla valutazione
dell’importanza per la buona riuscita del transfer, del sangue sulla punta del catetere,
sia esternamente che internamente (Goudas, 1998). I dati riportati evidenziano un
chiaro ruolo del sangue quando questo sia evidenziato esternamente al catetere, con
valori di PR che scendono dal 51.4% al 14.3%.
Tuttavia, la metanalisi di Abou-Setta di confronto tra i cateteri soffici vs i rigidi,
tra gli outcome secondari ha evidenziato come la presenza di sangue sia uguale tra i due
tipi di catetere (p=0.37; OR=1.10, 95% IC=0.67-1.79) (Abou-Setta, 2005).
Lo studio di Mansour, ha dimostrato che con un transfer di prova effettuato con
o senza l’aspirazione del muco, il reflusso nel canale cervicale del blu di metilene
avveniva nel 27% e nel 57% dei casi, rispettivamente (Mansour, 1994). L’obiezione
mossa in pubblicazioni più recenti a questo studio è legata la fatto che la quantità di
liquido inserita in cavità era di molto superiore a quella normalmente utilizzata nel
transfer di embrioni (Woolcott, 1997).
In uno studio di confronto tra le PR di due operatori che utilizzavano il
medesimo catetere per il trasferimento embrionario, è stata documentata una probabilità
di gravidanza ridotta in caso di presenza di muco (7.7% vs 2.7%) o di sangue (9.9% vs
4.3%) sulla punta del catetere (Angelini, 2006).
La presenza di muco nel canale cervicale può anche essere una fonte di
contaminazione batterica della cavità uterina e degli embrioni. Egbase ha documentato
come il muco cervicale possa essere un colturale positivo nel 71% delle pazienti e che
ben il 49% di queste presentassero il colturale positivo anche sulla punta del catetere
(Egbase, 1996). La PR corrispondente, scendeva dal 57% al 29.6% in caso di colturale
50
positivo. Risultati simili sono stati pubblicati anche da Fanchin, con una PR ridotta dal
37% al 24% in caso di positività colturale (Fanchin, 1998).
51
LA POSIZIONE LITOTOMICA DOPO IL TRANSFER
La durata di tale “riposo a letto” non è ben definita e varia moltissimo da studio
a studio, da un minimo di 15 minuti fino a 24 ore o più (Sharif, 1995). Secondo gli
Autori che ne sostengono la validità, il razionale consisterebbe nel prevenire la
fuoriuscita degli embrioni subito dopo il transfer. Si tratta però di studi ormai piuttosto
datati, che non hanno trovato ulteriori conferme nei dati più recenti.
Già uno studio del 1997 condotto da Botta e Grudzinkas non evidenziava alcun
vantaggio in termini di PR tra il riposo a letto di 24 ore e il mantenimento della
posizione litotomica per soli 20 minuti dopo il transfer (Botta e Grudzinkas, 1997). Lo
studio condotto da Woolcott e Stanger, dimostrando l’assenza di movimento dello spot
iperecogeno sia che la donne rimanesse sdraiata sia che questa fosse fatta alzare subito
dopo il transfer, conferma i dati precedenti (Woolcott, 1998).
Sicuramente esiste una certa resistenza nel cambiamento di questa abitudine in
gruppi di lavoro abituati ad applicarla, ma non si tratta di un accorgimento basato
sull’evidenza.
52
L’ESPERIENZA DELL’OPERATORE
Numerosi studi hanno sottolineato l’importanza dell’opertaore che esegue il
trasferimento embrionario, in particolare per la delicatezza nell’inserimento del catetere
guida e nell’iniezione di embrioni nella cavità uterina (Zhan Yao, 2009; Karande, 1999;
Angelini, 2006; Hearns-Stoke, 2000; Papageorgiou, 2000).
Lo studio di Angelini ha confrontato la PR tra due operatori che hanno
effettuato 252 e 233 transfer embrionari, con il catetere Sydney, nell’arco di 2 anni
(Angelini, 2006). Il secondo operatore aveva un tasso di gravidanze significativamente
inferiore rispetto al primo (20.6% vs 36.1%), oltre ad altri fattori prognostici negativi
come la presenza di muco (7.7% vs 2.7%) o di sangue (9.9% vs 4.3%) sulla punta del
catetere.
Nello studio retrospettivo condotto da Hearns-Stoke, è stata individuata una PR
variabile tra il 17% ed il 54.3% tra gli operatori, a parità di qualità embrionaria e
numero di embrioni trasferiti (Hearns-Stoke, 2000). In tutti i casi inoltre era stato
utilizzato un catetere Wallace per il trasferimento embrionario.
Nello studio di Karande, dopo aver evidenziato una differenza significativa della
PR tra gli operatori, hanno dimostrato che la supervisione degli operatori con le più
basse percentuali di gravidanza da parte degli operatori più esperti, migliorava
significativamente la PR (Karande, 1999).
A simili conclusioni giunge anche lo studio condotto da Papageorgiou, che
riporta i dati riguardanti il periodo di formazione di 5 operatori che riescono a
raggiungere i livelli di PR standard effettuando 35 transfer embrionari (Papageorgiou,
2000).
Non evidenziano differenze tra operatori diversi due studi, pubblicati
recentemente, secondo i quali il trasferimento a 6 cm dall’orifizio uterino esterno, senza
possibilità di variazione da paziente a paziente, permetterebbe tassi di gravidanza più
elevati, sia con un catetere Wallace che Sydney (Van de Pas, 2003; Van Weering,
2005).
Il recente lavoro di Zhan Yao, oltre ad effettuare una completa revisione della
letteratura sul ruolo del catetere embrionario nel successo di un ciclo di PMA, effettua
uno studio prospettico randomizzato di confronto tra il catetere Sydney e il Frydman
53
classico in 1155 transfer embrionari eseguiti da 3 operatori differenti (Zhan Yao, 2009).
I risultati evidenziano come non ci fossero differenze significative per il primo
operatore nell’utilizzo dei due tipi di cateteri in termini di PR, mentre per il secondo era
a vantaggio per il Sydney e per il terzo a vantaggio per il Frydman. La conclusione
dello studio conferma come il reale vantaggio di un catetere rispetto ad un altro dipenda
dall’operatore che esegue il transfer embrionario.
54
IL CARICAMENTO DEL CATETERE
Il catetere per il trasferimento embrionario viene collegato ad una siringa
atossica, tipo da insulina e mediante aspirazione, vengono inseriti gli embrioni
all’interno (Pasqualini, 2001). Gli embrioni vengono prelevati dall’incubatore dove
sono mantenuti in un mezzo di coltura all’interno di un pozzetto specifico. Nel
momento in cui l’embrione viene caricato all’interno del catetere, viene aspirata anche
una certa quantità di terreno di coltura (0.02-0.05 ml).
In alcuni laboratori, il catetere da trasferimento viene preparato seguendo la
procedura delle tre gocce, per la quale gli embrioni sono separati da una bolla d’aria
rispetto a una minima quantità di mezzo di coltura che precede e segue gli embrioni. In
tal caso, la quantità totale di liquido introdotta in cavità sarà di almeno 0.06 ml, potendo
però arrivare anche a 0.15 ml. Questa procedura permette la separazione degli embrioni
dal resto della colonna di liquido trasferita, limitando il rischio di dislocare gli embrioni
verso il basso nel momento in cui il catetere viene rimosso dalla cavità uterina
(Pasqualini, 2001; Ghazzawi, 1999).
In ogni caso è consigliabile rimuovere il catetere insieme alla sua guida
lentamente per evitare di creare una pressione negativa all’interno della cavità uterina
che determini il dislocamento degli embrioni (Mansour, 2002).
Dopo la rimozione del catetere da trasferimento embrionario e della sua guida, è
buona norma che l’embriologo controllo l’assenza di embrioni al suo interno mediante
l’aspirazione di una piccola quantità di terreno di coltura all’interno del catetere da
trasferimento e la sua osservazione al microscopio (Pasqualini, 2001). tuttavia,
l’eventualità di una ritenzione di embrioni all’interno del catetere, non sembra avere
alcun influenza sulla PR (Pasqualini, 2001), anche se teoricamente prolungando
l’esposizione degli embrioni ad un ambiente subottimale, questi possono venirne
danneggiati.
Oltre alla tecnica dell’operatore medico, anche il posizionamento degli embrioni
all’interno del catetere da parte dell’embriologo può giocare un ruolo nel mancato
55
rilascio in cavità. E’ consigliabile utilizzare solo una piccola quantità di terreno di
coltura, che Mansour quantifica in 40 µL (Mansour, 2002), ma in ogni caso il primo
embrione dev’essere preceduto da almeno 20 µL per assicurare che tutti gli embrioni
caricati abbiano la possibilità di fuoriuscire dal catetere (Mansour, 2002).
56
TEMPO DI MANIPOLAZIONE DEGLI EMBRIONI
Recentemente alcuni studi hanno posto l’attenzione sul tempo che intercorre tra
il caricamento del catetere con gli embrioni e il loro rilascio in cavità uterina, indicando
un tempo prolungato come un fattore prognostico negativo per la PR indipendente dalla
difficoltà del transfer (Mattoras, 2004).
Il prolungarsi della permanenza degli embrioni all’interno del catetere, li
esporrebbe a fattori ambientali negativi come la luce, la bassa temperatura e
concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica inadeguate (Mattoras, 2004).
Anche la stessa manipolazione prolungata all’interno della cervice ha dimostrato
probabilità di gravidanza diminuite (Mattoras, 2004; Neithardt, 2005). Neithardt
riconosce un vantaggio nell’eseguire il transfer inserendo prima la guida e in un
secondo momento il catetere con gli embrioni, con PR che salgono dal 34.9 % fino al
52.4% (Neithardt, 2005). Mattoras invece sottolinea l’importanza della velocità tempo
intercorso dal caricamento al rilascio degli embrioni, identificando in 120 secondi il
cut-off per una probabilità bassissima di gravidanza: per una durata complessiva del
transfer <30 secondi riporta infatti PR del 38.9%, 33.2% se durava 31-60 secondi,
31.6% se entro 120 secondi e se >120 secondi solo il 19.1% otteneva la gravidanza
(Mattoras, 2004).
Lo studio condotto da Coroleu di confronto tra i tassi di gravidanza ottenibili
con un catetere Wallace tradizionale rispetto a quello ecoriflettente, dimostra come con
il secondo tipo la durata totale del trasferimento embrionario sia minore (60.2±31.6 vs
42.6±26.1, p<0.0001), permettendo un tasso di gravidanza tendenzialmente più elevato
ed un tasso di impianto significativamente maggiore (Coroleu, 2006).
57
CAPITOLO 3
PROTOCOLLO SPERIMENTALE
INTRODUZIONE
I dati di letteratura evidenziano un significativo vantaggio in termini di
probabilità di gravidanza effettuando il transfer embrionario sotto guida ecografia, tale
metodica sembrerebbe quindi da preferire al trasferimento alla cieca.
La fattibilità del transfer sotto guida ecografia transaddominale però è limitata
da alcuni fattori. Prima di tutto il sovrappeso o addirittura l’obesità, in particolar modo
quando centrali, rendono più indaginosa l’ecografia pelvica transaddominale: tanto più
lo spessore addominale è grande, tanto più difficoltosa sarà la visualizzazione della
cavità uterina e del catetere al suo interno.
Per creare una buona finestra acustica per gli ultrasuoni e per ottimizzare la
visibilità dell’utero e del catetere, la vescica dovrebbe essere ben distesa. In ultimo,
sono necessari due operatori: il primo per eseguire il transfer ed il secondo per
manovrare la sonda ecografica.
58
SCOPO DELLO STUDIO
Dati i limiti della guida ecografica transaddominale, il nostro studio si propone
di validare la misurazione della lunghezza della cavità uterina e del canale cervicale per
stabilire la profondità di inserimento del catetere attraverso l’esecuzione di un’ecografia
transvaginale prima del transfer embrionario.
59
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto in modo prospettico controllato e randomizzato,
includendo tutte le donne sottoposte ad un trasferimento embrionario da ciclo a fresco
di II livello presso il Centro di Medicina della Riproduzione dell’Università di Torino
nel periodo compreso tra gennaio e ottobre 2009. Sono stati esclusi solo i transfer
embrionari da ovociti o embrioni decongelati e i transfer eseguiti in pazienti con
documentate malformazioni uterine, ancorché non limitanti in maniera significativa il
successo riproduttivo (ad es utero didelfo, utero bicorne, ecc.).
Le pazienti sono state suddivise in 3 bracci di studio:
-
il primo braccio prevedeva l’esecuzione dell’ET ecoguidato classico, con sonda
transaddominale (UGET);
-
il secondo braccio prevedeva l’esecuzione dell’ET con valutazione delle
lunghezze della cavità uterina e del canale cervicale per via transvaginale,
subito prima di eseguire il transfer (TVET);
-
il terzo braccio includeva le pazienti a cui l’ET era eseguito senza alcun tipo di
guida ecografica (clinical touch, CTET).
Subito dopo l’ET un ulteriore controllo ecografico transvaginale permetteva la
visualizzazione dello spot iperecogeno, corrispondente all’aria che viene inserita nel
catetere insieme ad embrioni e terreno di coltura nel momento del suo caricamento.
DEFINIZIONI
In accordo con gli studi di Pope ed Oliveira, la distanza dal fondo uterino (DTC,
distance tip catheter) è stata calcolata dallo strato basale della mucosa endometriale alla
punta del catetere (vedi figure 30); la profondità di inserzione del catetere è relativa
all’orifizio uterino esterno (Pope, 2004; Oliveira, 2004).
Per lunghezza della cavità endometriale (ECL, vedi figura 29) si è considerata la
distanza tra lo strato basale dell’endometrio sul fondo uterino e l’orifizio uterino interno
(Oliveira, 2004).
60
La lunghezza del canale cervicale (CCL) è stato valutato dall’orifizio uterino
interno a quello esterno. In caso di curvatura che non permettesse una misurazione
corretta con un’unica traccia, si è utilizzata una linea discontinua.
VARIABILI CONSIDERATE
-
anamnestiche: età, parità, durata sterilità, fumo, conta dei follicoli antrali
(AFC), FSH basale in
fase follicolare precoce, indicazione femminile alla
PMA, associazione del fattore maschile;
-
di stimolazione: dose totale di gonadotropine (FSH e LH), dose totale di
clomifene citrato, spessore endometriale al transfer;
-
di laboratorio: n° ovociti recuperati, fertilization rate (FR, rapporto tra gli
ovociti fertilizzati e gli ovociti inseminati), n° embrioni definiti “top quality
embryo”, n° embrioni trasferiti, score embrionario (n° blastomeri, n° nuclei
visibili, percentuale di frammentazione).
OUTCOME CONSIDERATI
Outcome primari rispetto ai 3 tipi di ET:
-
pregnancy rate (PR): rapporto tra le gravidanze ottenute (inteso come test di
gravidanza positivo) e gli ET effettuati;
-
implantation rate (IR): rapporto tra il numero di sacchi gestazionali e il numero
di embrioni trasferiti;
-
abortion rate (AR): rapporto tra le gravidanze interrotte e le gravidanze ottenute;
-
incidenza di gravidanze extrauterine.
Outcome secondari:
-
correlazione tra spessore endometriale e PR
-
correlazione tra distanza dal fondo uterino dello spot iperecogeno e PR nei 3 tipi
di ET
-
correlazione nell’UGET tra distanza della punta del catetere dal fondo uterino
(DTC) e PR
61
-
correlazione nell’UGET tra DTC e spot iperecogeno
-
correlazione nel TVET tra la lunghezza della cavità uterina valutata per via
transvaginale e lo spot iperecogeno
-
dispersione della lunghezza della cavità uterina in base alla parità nel TVET
TECNICA DEL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO
Le pazienti sono state sdraiate in posizione litotomica, su un lettino
ginecologico. Non è stata applicata alcuna angolatura particolare al lettino (esempio,
lieve anti-Trendelemburg). Dopo l’applicazione di uno speculum metallico bivalve
autostatico, si è provveduto alla detersione della vagina e della portio con soluzione
salina sterile, applicata mediante alcuni batuffoli di garza montati su di un portabatuffolo.
Tutti i transfer inclusi nello studio sono stati eseguiti con un catetere Sydney
Cook (Cook Medical, Bloominton, USA), indipendentemente dall’esecuzione sotto
guida ecografia o meno.
I transfer sono stati eseguiti da 10 operatori diversi. Il catetere guida è stato
quindi inserito all’interno del canale cervicale, fino al superamento dell’orifizio uterino
interno, da solo oppure insieme al catetere guida a seconda dell’operatore. In ogni caso
una volta inserito il catetere con gli embrioni all’interno della guida, lo si è fatto
avanzare fino a dove stabilito in base ai differenti tipi di transfer.
Per il transfer embrionario alla cieca (CTET), si è utilizzato il riferimento
standard del trasferimento a 6 cm dall’orifizio uterino esterno, facendo quindi avanzare
di 2 tacche il catetere interno rispetto all’ingresso della guida.
Per il transfer embrionario sotto guida ecografia transaddominale (UGET), la
visualizzazione diretta della punta del catetere interno ne determinava l’avanzamento
finché questo si fosse posizionato al centro della cavità uterina. L’utero veniva
visualizzato grazie all’intervento di un secondo operatore, in sezione longitudinale, a
vescica piena.
Per il transfer embrionario con valutazione transvaginale della lunghezza della
cavità uterina e del canale cervicale (TVET), la profondità alla quale inserire il catetere
62
interno era calcolata dalla somma delle due lunghezze a cui venivano sottratti 1,5 cm.
L’ecografia transvaginale condotta subito prima dell’ET permetteva di valutare, seppur
in modo indiretto, le condizioni dell’utero al momento del transfer sia per quanto
riguarda lo spessore e la morfologia endometriale sia per quanto riguarda l’asse uterino.
Il caricamento degli embrioni nel catetere da transfer veniva effettuato da 5
embriologi diversi. In ogni caso l’inserimento degli embrioni nel catetere è stato
effettuato seguendo la procedura delle tre gocce, per la quale gli embrioni sono separati
da una bolla d’aria rispetto a una minima quantità di mezzo di coltura che precede e
segue gli embrioni.
Il catetere insieme con la sua guida venivano quindi mantenuti in sede per circa
5 secondi effettuando una lieve rotazione in senso orario ed antiorario, tenendo premuto
lo stantuffo della siringa e poi rimossi tutti insieme, delicatamente, evitando ogni
sollecitazione meccanica (esempio: scrollamento del catetere).
L’embriologo provvedeva quindi al controllo al microscopio dello svuotamento
del catetere, solo a quel punto l’operatore rimuoveva lo speculum.
La paziente era poi libera di alzarsi subito dal lettino ginecologico e di urinare in
caso di necessità.
TIMING DEL TRASFERIMENTO EMBRIONARIO
I transfer embrionari inclusi nel nostro studio, sono stati effettuati
indifferentemente a 36 o 72 ore dall’avvenuta fertilizzazione.
63
ANALISI STATISTICA
VALUTAZIONE PRELIMINARE
In fase di progettazione dello studio, è stata condotta un’analisi del potere
statistico per definire la numerosità campionaria. In base ai dati di letteratura, si è
ipotizzato un miglioramento relativo della PR con l’UGET del 5 % rispetto al CTET.
Ponendo come obiettivo un potere statistico dell’80%, con un errore α del 5%,
sarebbero necessari circa 1000 transfer per braccio di studio (Chow, 2003; D’Agostino,
1988; Fleiss, 2003; Lachin, 2000; Machin, 1997).
Poiché il Centro di Medicina della Riproduzione dell’Università di Torino
effettua in media 400 ET all’anno, abbiamo stimato una durata dello studio di circa 7
anni.
In considerazione del lungo periodo di studio, è sembrato opportuno prevedere
valutazioni statistiche periodiche per poter valutare in itinere i dati ottenuti.
Per poter eliminare i possibili bias di selezione e rendere omogenei i tre gruppi,
l’assegnazione della paziente al tipo di transfer è stata definita in base ad una sequenza
random generata dal computer (Piantadosi, 2005; Pocock, 1983; Rosenberger, 2002).
ANALISI DEI RISULTATI
Le variabili continue sono state esaminate per la distribuzione normale con il
test di Kolmogorov-Smirnov.
Il test di student è stato usato per paragonare le variabili continue tra due gruppi.
Per paragonare variabili indipendenti appartenenti a più di due gruppi, è stato utilizzato
il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio e il test di Pearson.
I risultati sono stati discussi in termini di valore medio e intervallo di confidenza
al 95% oppure associato alla deviazione standard.
Il livello di significatività è stato posto per p<0.05.
64
RISULTATI
Sono stati inclusi nello studio 273 trasferimenti embrionari, dei quali 91
effettuati con la tecnica CTET, 85 con la tecnica TVET e 97 con la tecnica UGET.
L’analisi delle variabili anamnestiche, di stimolazione e laboratoristiche ha
evidenziato la completa sovrapposizione della variabili considerate (vedi tabelle 5-6-7).
In particolare la qualità embrionaria e il numero di embrioni trasferiti in utero non
differivano nei tre gruppi di studio.
L’analisi dell’influenza dell’operatore sulla PR è stata condotta prendendo in
considerazione solo quegli operatori che avessero effettuato almeno il 10% dei transfer
(4 operatori su 10). Sono stati considerati quindi solo i transfer svolti da 4 operatori, per
un totale di 202 ET su 273 (74%), così suddivisi: AP 15.9%, AR 25.4%, GG 24.9%,
LDP 33.8%. La distribuzione del tipo di ET effettuato non differiva tra operatori diversi
(vedi tabella 8). Il range di PR per operatore variava da 28.1% a 42.6%, in modo non
significativo.
Non si è osservata alcuna differenza nel numero di transfer condotti e nella
distribuzione per tipo di ET fra gli embriologi coinvolti (tabella 9). Rispetto alla PR, si
evidenziava una variabilità compresa tra 22.2% e 42.9% (42.9% CR, 36.5% EM, 36.4%
SO , 36.0% MLR, 22% MM), non significativo dopo analisi statistica.
65
ANALISI DEGLI OUTCOME PRIMARI
Il numero totale di gravidanze è stato 101, corrispondente ad una percentuale
globale di gravidanza di 37 %, indipendentemente dal tipo di ET effettuato (vedi tabella
10). Rispetto al totale dei transfer effettuati, le percentuali di gravidanza per i tre gruppi
di studio non hanno mostrato differenze significative (UGET 42.7%, CTET 35.2%,
TVET 32.9%, p=0.36), con un trend però a favore dell’UGET con ben un 17.6%
relativo di gravidanze in più rispetto alla tecnica tradizionale e 23% relativo in più
rispetto alla tecnica con misurazione transvaginale della cavità uterina.
La probabilità di impianto è stata valutata su 71 gravidanze: 24 CTET, 18 TVET
e 29 UGET. In totale la IR era di 49.7 %, non mostrando differenze significative dopo
suddivisione nei tre gruppi: 55.4%, 44.4%, 48.3%, rispettivamente (vedi tabella 10).
L’abortività precoce (gravidanze biochimiche e aborti del I trimestre) è stata in
generale del 35.7 %, calcolata su 70 gravidanze così suddivise: 29 CTET, 17 TVET e
24 UGET. Il transfer sotto guida ecografia transaddominale, mostrava una più bassa
abortività rispetto agli altri due tipi di ET, pur non raggiungendo la significatività
statistica: 37.9%, 41.2%, 29.2%, rispettivamente (vedi tabella 10).
Non sono state riscontrate gravidanze ectopiche in nessuno dei 3 bracci di
studio.
66
VARIABILI
ANAMNESTICHE
CTET
91 casi
età
fumo
BMI
ricerca prole
fattore sterilità
femminile
totale
fallimento 1° livello
endometriosi
ovarico
tubarico
fattore maschile
FSH basale
AFC
TVET
85 casi
UGET
97 casi
p
unità di
misura
anni
n (%)
kg/cm2
anni
34,6
15 16,5
23,0
4,2
34,8
10 11,8
22,3
4,1
34,5
13 13,4
22,9
3,7
ns
ns
ns
ns
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
n (%)
mUI/ml
n
60
16
13
15
15
63
7,5
15,2
62
21
11
16
14
66
8,5
15,4
82
31
10
25
16
63
8,0
15,8
ns
66,0
26,7
21,7
25,0
25,0
69,2
72,9
33,9
17,7
25,8
22,6
77,6
84,5
37,8
12,2
30,5
19,5
64,9
ns
ns
ns
Tabella 5: Variabili anamnestiche divise per tipo di transfer
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
Legenda: BMI: body mass index; FSH: follicle stimulating hormone; AFC: antral
follicle count.
67
VARIABILI DI STIMOLAZIONE
CTET
TVET
UGET
p
91 casi
85 casi
97 casi
dose totale FSH UI
2392,0
2383,1
2105,7
ns
dose totale LH UI
1430,8
1036,0
1121,3
ns
dose totale CC mg
525,0
450,0
458,3
ns
spessore endometrio mm
10,4
10,6
10,6
ns
unità di
misura
Tabella 6: Variabili di stimolazione divise per tipo di transfer
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
Legenda: FSH: follicle stimulating hormone; LH: luteal hormone; CC: clomifene
citrato.
VARIABILI DI LABORATORIO
CTET
TVET
UGET
91 casi
85 casi
97 casi
p
ovociti recuperati
n
8,3
9,5
8,5
ns
ovociti in seminati
n
3,3
3,7
3,5
ns
embrioni ottenuti
n
2,5
2,7
2,5
ns
top embryo
n
0,3
0,4
0,3
ns
fertization rate (FR)
%
76,7
76,4
74,4
ns
embrioni trasferiti
n
2,2
2,2
2,2
ns
1,3
1,2
1,2
ns
score embrionario medio
Tabella 7: Variabili di laboratorio divise per tipo di transfer
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
68
suddivisione per tipo di ET
CTET
TVET
UGET
% ET totale
Medico
AP %
15,9
14,7
10,0
21,9
AR %
25,4
26,5
30,0
20,5
GG %
24,9
26,5
31,7
17,8
LDP %
33,8
32,3
28,3
39,7
Tabella 8: Suddivisione percentuale per Medico che ha condotto il transfer
e per tipo di ET.
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
suddivisione per tipo di ET
CTET
TVET
UGET
% ET totale
Embriologo
CR %
27,9
39,3
21,4
39,3
EM %
25,4
27,4
39,2
33,3
MM %
17,9
25,0
33,3
41,7
MRL %
12,4
56,0
12,0
32,0
SO %
16,4
27,3
39,3
33,3
Tabella 9: Suddivisione percentuale per Embriologo che ha condotto il transfer
e per tipo di ET.
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
69
OUTCOME PRIMARI
pregnancy rate (PR)
implantation rate (IR)
abortion rate (AR)
gravidanze ectopiche
%
%
%
n (%)
totale %
37,0
49,7
35,7
0,0
CTET
91 casi
TVET
85 casi
UGET
97 casi
p
36,2
54,4
37,9
0,0
32,5
44,4
41,2
0,0
40,2
48,4
29,2
0,0
ns
ns
ns
0
0
0
Tabella 10: Oucome primari divisi per tipo di transfer
Le variabili sono state tutte analizzate con il chi-quadro secondo il test Likelihood Ratio
e Pearson. Livello di significatività posto per p<0.05.
70
ANALISI DEGLI OUTCOME SECONDARI
Lo spessore endometriale è risultato sovrapponibile nei tre bracci di studio.
Tuttavia, scorporando i dati in base alla gravidanza, si è evidenziato uno spessore
medio più elevato tra le gravide seppur non significativo (10.8 mm vs 10.3 mm).
Il minimo spessore endometriale al transfer correlato con un test positivo è stato
di 4 mm, riscontrato in un unico caso nel quale il transfer veniva effettuato sotto guida
transaddominale. Per tutte le altre gravidanze, lo spessore endometriale al transfer,
valutato per via transvaginale, è stato di almeno 6 mm (vedi grafico 1).
La correlazione tra PR e spot iperecogeno ha evidenziato come le 101
gravidanze ottenute avessero lo spot iperecogeno compreso tra 4 mm e 20 mm, con
grande sovrapposizione con gli ET con test negativo ma sicuramente non sono state
ottenute gravidanze per localizzazione dello spot più vicino al fondo di 4 mm o più
lontano di 20 mm (vedi grafico 2). Il confronto tra le medie ha inoltre evidenziato come
in caso di gravidanza lo spot venga visualizzato tendenzialmente più vicino al fondo
(media 10.2 mm IC 95% 9.3-11.0 vs 11.2 mm IC 95% 10.5-11.8), differenza che
raggiunge quasi la significatività statistica (p=0.0572). Dividendo ancora i risultati per
il tipo di ET effettuato (vedi grafico 3), si evidenzia come con l’UGET si visualizzino
spot iperecogeni tendenzialmente più vicini al fondo rispetto al CTET (CTET 10.9 95%
IC 10.0-11.8; TVET 11.3 95% IC 10.4-12.2; UGET 10.2 95% IC 9.4-11.1). Inoltre con
il TVET si ha una maggior omogeneità dei dati riguardanti la distanza dello spot dal
fondo rispetto agli altri due tipi di transfer.
L’analisi dei dati specifici per il transfer sotto guida ecografica addominale ha
evidenziato una correlazione lineare significativa tra la distanza dal fondo della punta
del catetere (DTC) e lo spot iperecogeno, vedi grafico 4.
La distanza della punta del catetere tra gravide e non, non ha dimostrato alcuna
differenza: non gravide 14.8mm (95% IC 13.8-15.8), gravide 14.6mm (95% IC 13.415.8), (grafico 5).
71
L’analisi dei dati specifici per il transfer TVET, non ha dimostrato alcuna
correlazione tra la distanza dello spot iperecogeno dal fondo e la somma delle
lunghezze della cavità uterina (ECL) e del canale cervicale (CCL) sia prese
singolarmente che sommate insieme (vedi grafici 6-7-8).
E’ stato poi valutato se la parità influenzasse o meno la lunghezza della cavità
uterina espressa come la somma dei valori di ECL e CCL calcolati nei TVET. Esiste
una grande dispersione tra le nullipare (70.3 mm SD ±10.2 mm), ma tendenzialmente in
presenza di gravidanze precedenti si hanno dimensioni maggiori: la media era di 72.9
mm (SD ±8.4 mm) per le donne che avevano avuto almeno una gravidanza ma nessun
bambino in braccio e di 76.5 mm (SD ±10.5 mm) per le donne che avevano avuto
almeno una gravidanza a termine. Il valore minimo osservato era di 60.1 mm, mentre il
massimo era di 87.0 mm. Valutando solo le nullipare, si è potuto vedere come le
lunghezze di corpo e collo uterino non influenzassero l’outcome del ciclo di PMA (vedi
grafici 9-10-11).
72
endometrio
18
17
16
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
no
si
gravidanza
Grafico 1:
Distribuzione dello spessore endometriale (espresso in mm) e sua
correlazione con l’esito del ciclo di PMA
73
30
25
SPOT
20
15
10
5
0
no
si
gravidanza
Grafico 2: Distribuzione della distanza dello spot iperecogeno dallo strato basale
dell’endometrio (espresso in mm) e sua correlazione con l’esito del ciclo di PMA
74
30
25
SPOT
20
15
10
5
0
CTET
TVET UGET
tipo ET
Grafico 3: Distribuzione della distanza dello spot iperecogeno dallo strato basale
dell’endometrio (espresso in mm) e sua correlazione con il tipo di ET effettuato
75
DTC
20
10
0
5
10
15
20
25
30
SPOT
Grafico 4: Correlazione lineare tra la distanza dello spot iperecogeno dallo strato basale
dell’endometrio e la distanza della punta del catetere dallo strato basale dell’endometrio
fundico (espressi entrambi in mm).
76
DTC
20
10
no
si
gravidanza
Grafico 5: Distribuzione distanza della punta del catetere dallo strato basale
dell’endometrio fundico (DTC, espresso in mm) e sua correlazione con l’esito del ciclo
di PMA.
77
30
25
SPOT
20
15
10
5
0
50
60
70
80
90
CCL+ECL
Grafico 6: Assenza di correlazione tra la distanza dello spot iperecogeno dallo strato
basale dell’endometrio e la lunghezza della cavità uterina, espressa come somma del
canale cervicale (CCL) e della cavità corporale (ECL) dell’utero (espressi entrambi in
mm).
78
30
25
SPO
T
20
15
10
5
0
20
30
40
50
60
CCL
Grafico 7: Assenza di correlazione tra la distanza dello spot iperecogeno dallo strato
basale dell’endometrio e la lunghezza del canale cervicale (CCL), (espressi entrambi in
mm).
79
30
25
S
P
O
T
20
15
10
5
0
20
30
ECL
40
50
Grafico 8: Assenza di correlazione tra la distanza dello spot iperecogeno dallo strato
basale dell’endometrio e la lunghezza della cavità corporale (ECL) dell’utero (espressi
entrambi in mm).
80
60
CCL
50
40
30
20
no
si
gravidanza
Grafico 9: Assenza di correlazione tra la distanza dello spot iperecogeno dallo strato
basale dell’endometrio e la lunghezza del canale cervicale (CCL) dell’utero (espressi
entrambi in mm).
81
50
45
40
ECL
35
30
25
20
15
no
si
gravidanza
Grafico 10: Distribuzione della lunghezza della cavità corporale dell’utero (ECL,
espresso in mm) e sua correlazione con l’esito del ciclo di PMA.
82
CCL+ECL
90
80
70
60
no
si
gravidanza
Grafico 11: Distribuzione della lunghezza della cavità uterina espressa come somma
della lunghezza della cavità corporale dell’utero (ECL) e di quella del canale cervicale
(CCL) (espresso in mm) e sua correlazione con l’esito del ciclo di PMA.
83
DISCUSSIONE
I dati riportati sono relativi alla prima analisi in itinere di uno studio prospettico
di più ampio respiro, che richiederà circa 7 anni di lavoro per poter essere portato a
termine. Solo allora sarà possibile valutare la presenza di reale significatività, in base a
quanto preventivato dall’analisi del potere statistico ed al numero di osservazioni
richiesto. Ciò nonostante, la randomizzazione ha permesso un’uniforme distribuzione
delle variabili cliniche, di quelle legate alla stimolazione e di quelle di laboratorio,
minimizzando il bias di selezione.
La probabilità di gravidanza generale è in linea con i dati internazionali riportati
nel registro europeo dell’ESHRE (Nyboe Andersen, 2009). In particolare il transfer
sotto guida ecografia transaddominale ha mostrato una PR decisamente più elevata
rispetto al transfer alla cieca, a conferma dei dati di letteratura, seppur non
statisticamente significativa.
La misurazione della lunghezza della cavità uterina per via transvaginale non
sembra fornire, per ora, alcun vantaggio rispetto al transfer alla cieca. La possibile
spiegazione potrebbe risiedere nella curva di apprendimento necessaria agli operatori
per imparare a riconoscere le caratteristiche ecografiche del canale cervicale. Spesso è
infatti risultato essere poco distinguibile il limite dell’orifizio uterino esterno. Il
proseguimento dello studio potrebbe permettere il miglioramento della precisione nelle
misurazioni della cavità uterina e verosimilmente anche l’incremento della PR con il
TVET.
Per quanto riguarda gli indici legati al follow up, è stato possibile recuperare i
dati nel 70% delle gravidanze. I dati nel complesso evidenziano un abortività piuttosto
elevata, bisogna però considerare che sono state incluse nel conteggio anche le
gravidanze biochimiche. Considerando esclusivamente gli aborti clinici, ovvero dopo
visualizzazione ecografia di una camera ovulare, la percentuale scende al 12.5%.
Le gravidanze evolutive sono state nella stragrande maggioranza singole e si è
osservato un solo caso di gravidanza trigemina nel braccio di studio UGET. Dal giugno
del 2009, l’applicazione della sentenza Corte Costituzionale ha permesso di
personalizzare la fertilizzazione per ogni singola coppia, ed eventualmente di congelare
84
parte degli embrioni ottenuti, nell’ottica di ridurre le gravidanze plurime. I dati
riguardanti la gemellarietà nella nostra casistica evidenziano chiaramente come
l’applicazione di tale normativa abbia ridotto il numero di embrioni trasferiti a fresco,
non avendo effetti negativi su PR e IR ma riducendo il rischio e quindi di morbilità
ostetrica e neonatale.
Un corretto ispessimento endometriale è riconosciuto dalla letteratura come un
fattore importante per garantire una buona probabilità a priori di gravidanza, come
indice di estrogenizzazione e quindi di recettività endometriale. Nel nostro studio non è
stata evidenziata una differenza significativa nello spessore endometriale tra donne
gravide e non, però il minimo spessore per il quale si è potuto osservare una gravidanza
è stato di 4 mm, nettamente inferiore rispetto ai dati della letteratura che indicano in 7
mm il limite al di sotto del quale non è possibile ottenere gravidanze. Si trattava però di
un caso isolato. In tutte le altre gravidanze, infatti, è stato osservato uno spessore
endometriale di almeno 6 mm. La rilevanza clinica di questo dato risiede nella necessità
di prendere provvedimenti in corso di stimolazione se non si osserva un accrescimento
sufficiente dell’endometrio o eventualmente non procedere al trasferimento degli
embrioni se lo spessore endometriale non raggiunge almeno i 6 mm di spessore il
giorno del transfer stesso.
Lo spot iperecogeno è un indice indiretto della localizzazione degli embrioni in
cavità uterina dopo che questi vengono iniettati in utero. E’ quindi un buon rilevatore
della corretta profondità del catetere all’interno della cavità uterina. Le gravidanze
osservate mostravano lo spot tra i 4 e i 20 mm, ma il 95% dei valori cadeva tra 9 e 11
mm. Rimane quindi l’indicazione di effettuare il transfer a circa 1 cm dallo strato basale
del fondo uterino per ottenere la più alta probabilità di gravidanza.
Per quanto riguarda l’UGET, è stata osservata una corrispondenza lineare tra la
distanza della punta del catetere e lo spot iperecogeno. Il transfer sotto guida ecografia
ha permesso di avvicinarsi maggiormente al fondo uterino, verosimilmente grazie alla
visione diretta da parte dell’operatore sulla localizzazione del catetere. La
visualizzazione ecografia transaddominale della cavità uterina è quindi attendibile
anche durante il transfer embrionario, sebbene più difficoltosa rispetto alla visione
transvaginale.
85
Le misurazioni della cavità per via transvaginale non hanno mostrato una
corrispondenza con la distanza dello spot iperecogeno, a dire come non siano attendibili
per stabilire la profondità di inserimento del catetere. Si tratta di una prima valutazione,
dopo soli 10 mesi di applicazione della metodica, periodo durante il quale ogni singolo
operatore ha potuto effettuare un numero limitato di transfer e ancor meno impratichirsi
con la tecnica del TVET. L’analisi dei dati raccolti nei prossimi mesi potrebbe
evidenziare se, in effetti, i risultati attuali sono la conseguente di un’insufficiente
periodo di applicazione della metodica, e quindi un training ancora limitato, oppure se
la metodica in sé sia intrinsecamente meno efficiente delle altre tecniche di transfer
embrionario.
Per quanto riguarda la parità delle pazienti inserite nello studio, è stata
evidenziata una grande variabilità nelle dimensioni uterine tra le nullipare. L’aumento
delle dimensioni nelle donne pluripare o con pregresse gravidanze interrotte (sia aborti
spontanei che interruzioni volontarie) ha per ora una valenza limitata dato il numero
esiguo di casi incluso nello studio, anche se trova riscontro dai dati di letteratura
(pregresse gravidanze interrotte 16 casi, donne pluripare 4 casi). Questo dato deve
essere utilizzato nella pratica clinica considerando l’utero di una nullipara non
necessariamente di dimensioni ridotte, e di conseguenza la profondità di inserzione del
catetere completamente alla cieca espone al rischio di un transfer eccessivamente basso.
L’equipe di medici ed embriologi coinvolti nel processo del trasferimento
embrionario è apparsa piuttosto omogenea, tale da non evidenziare differenze
significative in termini di PR tra i 3 bracci dello studio. Operatori meno esperti o che
comunque venivano coinvolti in quota minore nella pratica del trasferimento
embrionario, mostravano percentuali di successo tendenzialmente minori. E’ possibile
che nelle future analisi in itinere dello studio, si assista ad un miglioramento di tutti gli
operatori come risultato di un completamento della curva di apprendimento. E’ in ogni
caso probabile che, eventuali differenze nell’esecuzione del transfer e nel caricamento
del catetere, siano state uniformemente distribuite tra i tre tipi di ET, annullandone
l’effetto confondente.
86
Una possibile critica allo studio può essere quella di aver effettuato tutti i
transfer con il medesimo tipo di catetere, non utilizzando per l’UGET uno
specificatamente fabbricato per essere chiaramente visibile sotto guida ecografia.
L’esperienza diretta degli operatori ha permesso di sperimentare come anche il catetere
Sydney sia visualizzabile ecograficamente, seppur con alcune difficoltà soprattutto in
caso di uno spessore addominale aumentato. Inoltre, da un lato si è voluto analizzare i
risultati in condizioni “operative” di routine, dall’altro si è voluto evitare l’introduzione
di un’ulteriore variabile confondente.
Recentemente è stato introdotto sul mercato anche un tipo di catetere per
eseguire il trasferimento embrionario sotto guida ecografia transvaginale, EchoTip Soft
Pass TVP (Cook Medical) che potrebbe fornire i vantaggi della guida ecografica con
una visione più accurata rispetto a quella transaddominale. tuttavia, non sono a tutt’oggi
pubblicati studi che abbiano utilizzato questo tipo di catetere per il trasferimento
embrionario che ne dimostrino un reale vantaggio in termini di PR rispetto ad atri tipi di
catetere.
I risultati ottenuti confermano l’utilità di trasferire gli embrioni quanto più
vicino al fondo uterino. I dati di letteratura, inoltre, suggeriscono come sia opportuno
non toccare il fondo e limitare al minimo i movimenti con guida e catetere all’interno
dell’utero. Ci sembra utile pertanto pensare ad un procedimento al transfer
maggiormente personalizzato, che valuti ecograficamente l’orientamento dell’utero e lo
spessore endometriale al momento del transfer. Lo scopo è quello di permettere un
inserimento del catetere guida il meno traumatico possibile e di valutare la distanza
dalla superficie dell’endometrio stiamo trasferendo gli embrioni.
Quest’ultimo concetto appare di grande importanza e non ancora preso in
considerazione. Effettivamente spessori endometriali diversi avranno diverse distanze
tra la punta del catetere e lo strato basale dell’endometrio. Per una stessa DTC, è
possibile avere variazioni anche di alcuni millimetri dalla superficie dell’endometrio,
potendo anche arrivare a toccare il fondo con la punta del catetere o essendo
esageratamente distanti dal fondo stesso. Una valutazione ecografia prima di eseguire il
transfer sembra quindi essere importante per stabilire quale sia la migliore profondità di
inserimento del catetere per quella determinata paziente. Questo tipo di misurazione
non è stato fin ora incluso nelle variabili in studio, ma sarà oggetto di analisi per i futuri
casi.
87
In ogni caso, se a completamento dello studio venisse confermata l’assenza di
un reale beneficio in termini di probabilità di gravidanza e impianto con la guida
ecografia transaddominale o transvaginale, non si può nascondere come vi siano dei
vantaggi soprattutto per la formazione degli operatori meno esperti.
88
CONCLUSIONI
I risultati del presente studio dimostrano una tendenza, non statisticamente
significativa, verso un migliore outcome del trattamento di fecondazione assistita con
l’utilizzo di una tecnica di embryo-transfer ecograficamente assistita per via
transaddominale, rispetto al transfer alla cieca o il transfer dopo valutazione
transvagnale della lunghezza della cavità uterina.
La misurazione della lunghezza della cavità uterina per via transvaginale, prima
del transfer, non sembra invece fornire, per ora, alcun vantaggio rispetto al transfer
alla cieca.
L’analisi dei dati raccolti nei prossimi mesi potrebbe evidenziare se, in effetti, i
risultati attuali sono la conseguente di un’insufficiente periodo di applicazione della
metodica, e quindi un training ancora limitato, oppure se la metodica in sé sia
intrinsecamente meno efficiente delle altre tecniche di transfer embrionario.
Indipendentemente dalla metodica, l’indicazione è quella di effettuare il transfer
a circa 1 cm dallo strato basale del fondo uterino per ottenere la più alta probabilità di
gravidanza.
Alla luce dei risultati ottenuti, nel proseguimento dello studio verrà presa in
considerazione anche la misurazione della punta del catetere dalla superficie
dell’endometrio oltre a quella dallo strato basale per poter escludere il rischio di
arrivare troppo a ridosso dell’endometrio nei casi in cui questo sia maggiormente
ispessito o esserne esageratamente distanti in caso sia più sottile della media.
Il riscontro di una grande variabilità nelle dimensioni della cavità uterina nelle
nullipare, impone una valutazione ecografia per determinare la corretta profondità di
inserzione del catetere ed ridurre il rischio di un transfer eccessivamente basso.
Ci sembra utile pertanto pensare ad un procedimento al transfer maggiormente
personalizzato, che valuti ecograficamente l’orientamento dell’utero e lo spessore
endometriale al momento del transfer.
89
Sebbene non sia ancora possibile indicare quale sia la migliore tecnica di
transfer embrionario ecoguidato. I dati supportano la nozione che un ausilio da parte
dell’ecografia, al momento di questa delicata procedura, possa in effetti migliorare
l’outcome delle tecniche di fecondazione assistita.
90
GLOSSARIO E ABBREVIAZIONI
AR
CCL
CTET
DTC
ECL
ET
FR
IR
abortion rate: rapporto tra le gravidanze interrotte e le gravidanze ottenute
lunghezza del canale cervicale
clinical touch ET
distanza punta catetere-fondo uterino
lunghezza della cavità uterina
trasferimento embrionario
fertilization rate: rapporto tra gli ovociti fertilizzati e gli ovociti inseminati
implantation rate: rapporto tra il numero di embrioni trasferiti e il numero di
PMA
PR
sacchi gestazionali
procreazione medicalmente assistita
pregnancy rate: rapporto tra le gravidanze ottenute (inteso come test di
gravidanza positivo) e gli ET effettuati
TVET transvaginal ET
UGET ultrasound guided ET
91
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