Progetto del catalogo

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Progetto del catalogo
GALLERIA DEGLI UFFIZI
‘FAMIGLIA DI FAMIGLIE’
La Madonna della gatta di Federico Barocci
della Galleria degli Uffizi
Progetto di mostra
Bresso, maggio-giugno 2012
La visita di papa Benedetto XVI a Bresso in occasione del Settimo Incontro Mondiale
delle Famiglie, previsto per il 2 e 3 giugno 2012, dal titolo: 'La famiglia, il lavoro, la festa',
rappresenta il motivo principale per la realizzazione di una mostra che possa essere
visitata dalle migliaia di persone che in quel periodo affolleranno la cittadina lombarda.
L'idea di questa collaborazione è nata in virtù delle recenti relazioni culturali
instauratesi fra la Galleria degli Uffizi e il Comune di Bresso. Nel corso dell'estate
trascorsa, infatti, il sindaco e la cittadinanza bressese hanno contribuito con grande
trasporto alla mostra “Condivisione di Affetti. Opere d’arte dalla Galleria degli Uffizi,
tenutasi dal 27 luglio al 16 ottobre a Santo Stefano di Sessanio (Aq); impresa che aveva
come scopo primario quello di alleviare le sofferenze di un luogo martoriato dagli eventi
sismici del 2009, allestendo un'esposizione di opere conservate nella Galleria fiorentina
che potesse far da richiamo per quei territori al contempo splendidi e disagiati.
L'incontro annuale del Santo Padre con le famiglie di tutto il mondo rappresenta
dunque un'importante circostanza per la mostra di una piccola selezione di opere d'arte
che abbia come fulcro la narrazione di eventi legati al tema della ‘famiglia’.
Diverse e preziose sono le rappresentazioni delle 'Sacre Famiglie' ospitate nelle
collezioni del museo fiorentino e nei suoi depositi; tra queste, però, quella che forse
meglio esemplifica e incarna il significato stesso dei termini famiglia, lavoro e festa, è
un'opera d’alto tenore poetico del pittore urbinate Federico Barocci (Urbino 1535 – 1612),
che racchiude al suo interno una serie di rimandi che ben si allineano con il tema scelto
per l'incontro annuale con il pontefice. Infatti, la scena è rappresentata all'interno della
piccola stanza, gremita di figure legate da indissolubili vincoli di parentela; si potrà
dunque notare la presenza di più famiglie, Maria Gesù e Giuseppe, Elisabetta Giovanni e
Zaccaria. Il soggetto illustrato nella Madonna della gatta verte sulla visita che Elisabetta
rende alla Vergine dopo la nascita di Gesù; in questo importante momento, non attestato
dalle fonti bibliche, Elisabetta è accompagnata da Giovannino, che inalbera la piccola
croce di canna, suo emblema, e dal marito Zaccaria: festoso momento per i due nuclei
che si rivedono dopo le inaspettate venute al mondo rispettivamente del Messia e del
Battista.
La narrazione dell'evento è proposta agli occhi dello spettatore da Giuseppe, che
con la mano destra sostiene un voluminoso tendaggio bruno per esibire, come da una
quinta teatrale, il Figlio che giace nel piccolo letto a dondolo, cullato da una giovanissima
Maria. La Madonna fanciulla è abbigliata con un vestito cremisi sulle cui falde, posate
disordinatamente sul pavimento, è acchiocciolata una gatta col suo piccino, che
accompagna lo sguardo verso le figure di Elisabetta e del piccolo Giovanni; a destra gli fa
da sponda Zaccaria, padre del Battista, come a definire una cornice di protezione sulle
tre coppie, illuminate da una panoramica finestra aperta, una sorta di trompe l'oeil, in cui
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si staglia il Palazzo Ducale, circondato da una densa cortina di nubi minacciose. Un
attento osservatore potrà poi notare, sopra i gradini d'ingresso dell'abitazione della Sacra
Famiglia, gli strumenti di lavoro da falegname, dismessi in fretta da Giuseppe per
accogliere i parenti in visita, e un truciolo di legno sgorgato dalla pialla, testimonianza
della gravosa attività che Giuseppe seguitava a svolgere anche in prossimità della nascita
del figlio; accanto a Maria, è possibile scorgere, adagiato per terra, un cestino col lavoro
da cucito.
L'opera giunse a Firenze nel 1631 con i beni di Vittoria della Rovere, consorte di
Ferdinando II de' Medici e granduchessa di Toscana. In quello stesso anno infatti moriva
l'ultimo dei Della Rovere, Francesco Maria, di cui Vittoria era l'unica erede e il Ducato di
Urbino sarebbe dovuto passare al Granducato di Toscana, una mossa che fu impedita
dall'intransigente reazione di papa Urbano VIII, a cui nessuno, peraltro, ardì opporsi. In
cambio dei possedimenti terrieri Vittoria e la casata medicea entrarono in possesso della
ricchissima collezione di dipinti di famiglia. Una replica della pala, che ritrae il medesimo
soggetto e ad essa accomunata dalle misure, dall'impaginazione e dalla cromia, è
collocata nella chiesa di Sant'Agostino a Mondolfo, nelle Marche, paese prediletto dai
duchi urbinati nelle stagioni estive. Viene di sospettare che essa sia una di quelle copie
che venivano commissionate a causa del repentino spostamento dell'originale. Fu infatti
richiesta non molto tempo dopo la realizzazione dell'opera baroccesca, quando il celebre
prototipo, prese la via di Firenze.
Secondo le tesi degli studiosi che a lungo si erano occupati del Barocci, il dipinto
era stato reso illeggibile dall'incendio divampato nel terzo corridoio degli Uffizi sulla metà
del Settecento. L'aspetto della tela infatti manifestava una superficie nera e rugosa, tanto
che non era possibile intravedere tracce di figurazione che fossero sopravvissute al calore
delle fiamme. Nel 2001 un arduo e accurato restauro finanziato dall’Associazione Amici
degli Uffizi ha riconsegnato alla Galleria la Madonna della gatta, testimonianza della
tarda attività d'uno dei pittori più lirici di tutto il Cinquecento. Sia le indagini
documentarie, che quelle fisico-chimiche eseguite su alcuni campioni di colore, avevano
infatti consentito di escludere definitivamente il fuoco come causa delle disastrose
condizioni in cui versava l'opera. L'intervento di recupero ha così restituito le vibranti
cromie originarie, poiché la responsabilità del deterioramento della pellicola pittorica,
come si è scoperto, era connessa a una maldestra foderatura della tela risalente ai primi
del Settecento che ne aveva provocato il raggrinzimento e il pesante imbrunimento della
vernice.
Un dilemma cronologico sembra tuttora riguardare l'opera: a lungo è stato
ipotizzato che al Barocci fosse stata commissionata la realizzazione di un dipinto che,
dovendo celebrare un evento, ne evocasse per analogia la sostanza. E l'evento sarebbe il
transito da Urbino, nel 1598, di Clemente VIII, conforme peraltro alla menzione che della
Madonna della gatta fa un inventario di Pesaro del 1623-1624: "Quadri uno grande di
mano del Baroccio, della Visitazione di Santa Elisabetta, con cornici grandi dorate,
bandinella grande: fu fatto per la Cappella di Papa Clemente quando passò". In effetti, la
storia dipinta dal Barocci avrebbe caratteristiche tali da poter essere davvero reputata
allusiva a quella 'visita' di Clemente VIII, a cui con decisa sintesi rimanda l'antica voce
inventariale.
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Grazie a recenti studi però è stato ipotizzato che il dipinto sia stato probabilmente
richiesto come ringraziamento per la nascita dell'insperato erede del casato d'Urbino e
che la pala sia stata destinata alla Cappella di Papa Clemente. Francesco Maria II Della
Rovere è un uomo d'età matura quando si sposa con Livia - proprio come avvenne per
Giuseppe - protagonista della tela; il quale, al pari del duca, aveva preso in moglie una
giovinetta. Il Bambino dipinto da Barocci, designato alla ‘salvezza’ dell'umanità,
personifica qui il figlio del duca, ‘salvezza’ del ducato d'Urbino, dal momento in cui, in
assenza di eredi, i possedimenti del casato urbinate sarebbero inesorabilmente passati
alla Chiesa. E se questa congettura fosse fondata, l'anno 1598, a cui sembra alludere il
documento ora menzionato, non sarebbe più quello dell'esecuzione della pala ma,
ragionevolmente, il suo post quem; mentre la fattura dovrebbe ricondursi all’anno di
nascita dell’erede, il 1605.
La tela, con quanto rappresenta e con le sue vicende critiche, storiche e
conservative, si offre come una puntuale metafora della manifestazione che si terrà
presso il Comune di Bresso. Insieme alla Madonna della gatta, che costituisce un
caposaldo della pittura riformata italiana, sarà esibita una piccola selezione di opere che
ne facciano utile corredo. Tra i manufatti artistici che potrebbero farle corona si
sarebbero scelti alcuni significativi disegni preparatori approntati da Federico Barocci
nella fase di studio per la realizzazione del dipinto (che rievocherebbero inoltre l'intensa
attività grafica del pittore) e l'autoritratto dell'artista stesso. Preziosa potrebbe poi essere
la presenza dello splendido arazzo degli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti, adeguata
testimonianza per evidenziare quanto nel corso del tempo la tela pervenuta da Urbino a
Firenze, fosse stata più e più volte riprodotta in numerose copie realizzate anche con
differenti tecniche e materiali; l’arazzo è esattamente una di quelle importanti derivazioni.
Nel 2003, in occasione del restauro dell'opera era stata proposta ai visitatori della
Galleria degli Uffizi un’esposizione analoga, che ha riscosso un notevole successo,
contribuendo alla riscoperta di un capolavoro che fino a poco tempo prima i più
credevano perduto.
Proprio in virtù di questa collaudata esperienza e in connessione con i valori e le
tematiche che si intenderanno approfondire nel VII Incontro Mondiale delle Famiglie,
un'esposizione che graviti intorno alla Madonna della gatta di Federico Barocci
rappresenterebbe un ideale spunto di riflessione.
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L'esposizione prevede la presenza delle seguenti opere del Polo Museale Fiorentino:
1. Federico Barocci, Madonna della Gatta, Inv. 1890 n. 5375, olio su tela, cm 233 x
179, Firenze, Galleria degli Uffizi;
2. Federico Barocci, Autoritratto, Firenze, Inv. 1890 n. 1848, olio su tela 42,2 x 33,1,
Galleria degli Uffizi;
3. Pietro Févère, Madonna della gatta, arazzo dal dipinto di Federico Barocci, Firenze,
Appartamenti reali di Palazzo Pitti;
4. Federico Barocci, Studio per le figure di santa Elisabetta e san Giovannino, Inv. n.
11319 F, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi;
Federico Barocci, Studio per le figure di santa Elisabetta e san Giovannino, Inv. n.
11319 Fv, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi;
5. Federico Barocci, Studio per la gatta, Inv. n. 922 Orn, Firenze, Gabinetto Disegni e
Stampe degli Uffizi;
6. Federico Barocci, Studio preparatorio per la Madonna della Gatta (mascherone),
Inv. n. 11602 Fv, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi;
7. Federico Barocci, Studio del braccio di Giuseppe per la Madonna della Gatta, Inv. n.
16504 F, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.
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Immagini delle opere:
Federico Barocci, Madonna della Gatta, Inv. 1890 n. 5375, olio su tela, cm 233 x 179,
Firenze, Galleria degli Uffizi
Federico Barocci, Autoritratto, Firenze, Inv. 1890 n. 1848, olio su tela 42,2 x 33,1,
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Federico Barocci, Studio per le figure di santa Elisabetta e san Giovannino, Inv. n. 11319
F, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
Federico Barocci, Studio per le figure di santa Elisabetta e san Giovannino, Inv. n. 11319
Fv, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
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Federico Barocci, Studio per la gatta, Inv. n. 922 Orn, Firenze, Gabinetto Disegni e
Stampe degli Uffizi
Federico Barocci, Studio preparatorio per la Madonna della Gatta (mascherone), Inv.
n.11602 Fv, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi
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Pietro Févère, Madonna della gatta, arazzo dal dipinto di Federico Barocci, Firenze,
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