La legislazione del microcredito: vincolo o opportunità per il settore

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La legislazione del microcredito: vincolo o opportunità per il settore
La legislazione del microcredito:
vincolo o opportunità per il settore in Europa
A cura di Andrea Nardone
Introduzione di Silvia Costa
Indice
Introduzione di Silvia Costa
3
1. Il contesto internazionale di riferimento
5
2. I casi di studio: Francia, Romania e Italia
15
3. Le considerazioni finali
30
Allegati
Allegato 1 - Sitografia
2
Introduzione
di Silvia Costa, Parlamentare Europeo, Presidente Commissione CULT del Parlamento Europeo
Il Parlamento europeo ed il gruppo S&D hanno negli ultimi anni profuso un impegno rilevante nello
sviluppo della microfinanza quale strumento delle politiche di coesione e inclusione sociale, di lotta
alla povertà attraverso opportunità date alle persone e alle piccole realtà.
Nel 2010 sono stati approvati ed adottati diverse misure a sostegno della microfinanza.
In primis la cosidetta “ Microfinance Facility”, che ha come obiettivo di aumentare l’accesso al
credito per le persone che rischiano di perdere o hanno perso il lavoro o hanno difficoltà a
reinserirsi, o ancora a soggetti svantaggiati e a rischio di esclusione sociale.
Inoltre nel febbraio 2010 abbiamo approvato una misura a sostegno dei lavoratori disoccupati per
favorire la creazione di nuove piccole imprese attraverso il microcredito.
Con Decisione della Commissione europea del marzo 2010 si è così dato vita a uno strumento
europeo di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale, denominato «Strumento europeo
Progress di microfinanza», stanziando per il periodo dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2013 100
milioni di EUR.
Questo strumento è diventato, grazie anche al nostro impegno, uno dei tre assi portanti (l’Asse 3 ,
Microfinanza e imprenditoria sociale) del nuovo Programma per l'Occupazione e l'Innovazione
Sociale (EaSI) 2014-2020, che ha l'obiettivo di sostenere l'occupazione, la politica sociale e la
mobilità del lavoro in tutta l'UE, rivolto particolarmente ai giovani.
Parallelamente a questo impegno si è cercato di approfondire e confrontare questi strumenti anche
da un punto di vista legislativo.
Già nel 2007 la DG Enterprise and Industry aveva realizzato uno studio, per conto della
Commissione europea, attraverso un Expert Group proprio sulla Regulation of Microcredit in
Europe.
Lo studio riportava una situazione alquanto disomogenea che individuava solo due Stati Membri
con una legislazione vera e propria sulla microfinanza.
Ma l’attenzione su queste tematiche è andata aumentando anche a livello internazionale extra
europeo a causa della sempre più diffusa convinzione che lo strumento della microfinanza, in
particolare nei momenti di crisi economica come l’attuale, sia di fondamentale importanza per
l’inclusione.
Proprio il tema dell’inclusione è diventato uno degli obiettivi strategici anche per le organizzazioni
che si occupano della supervisione finanziaria internazionale.
Il Global Partnership for Financial Inclusion (GPFI) nel 2014 ha proposto un piano di azione in
dieci punti, tra i quali c’è l’invito ai regolatori e agli Standard Setting Bodies del settore finanziario
ad attribuire, nell’ambito delle loro rispettive funzioni, un rilievo all’obiettivo dell’inclusione pari a
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quello degli altri tre più conosciuti quali la stabilità ed integrità del sistema, nonché la protezione
consumatori.
Tra questi quattro obiettivi ci possono essere e ci sono importanti sinergie: tra gli obiettivi di
inclusione e di stabilità – grazie ad esempio a una maggiore diversificazione dei portafogli e alla
riduzione dei rischi di instabilità sociale - o tra inclusione e integrità del sistema, attraverso una
rafforzata fiducia nel sistema, un più elevato livello di protezione degli utenti, una riduzione del
campo d’azione dell’usura.
La microfinanza come detto, anche sotto l’impulso delle istituzioni comunitarie, è entrata tra gli
strumenti di politica economica rivolti alla crescita e alla coesione sociale di gran parte dei paesi
europei.
E’aumentato, rispetto allo studio realizzato nel 2007, il numero dei paesi europei con una
legislazione propria o che sono in procinto di introdurla.
Fa particolarmente piacere, come gruppo S&D, che l’Italia nel 2014 sia tra i pochi paesi con propria
legislazione e che tale legislazione abbia adottato la visione di una microfinanza con approccio
“integrato” prevedendo per gli operatori di microfinanza l’obbligatorietà dell’erogazione, in forma
diretta o indiretta, dei servizi ausiliari.
E’auspicabile che tali servizi favoriscano e incentivino l’attivazione di una rete di relazioni, che
partendo dal territorio favorisca i rapporti non solo tra ente erogatore (o promotore) e beneficiario,
ma anche con la comunità, in un’ottica di sviluppo che sia soprattutto sviluppo equo, solidale,
sociale e umano.
La legislazione che regolamenta il microcredito, negli attuali tre paesi in cui esiste, è sempre
proveniente da riforme del testo unico bancario nell’ottica riduttiva di considerare lo strumento
microcredito uno strumento prettamente finanziario. Sarebbe auspicabile, come è accaduto in
Francia, che tale legislazione di natura “finanziaria” sia affiancata, da legislazioni di altra natura
(politiche sociali, welfare, sviluppo economico…) che possano integrare e completare la
funzionalità di uno strumento come quello del microcredito che per sua natura è trasversale alle
tematiche creditizie.
Uno sportello per il microcredito, in conlcusione, non può e non deve essere considerato uno mero
sportello finanziario bensì uno sportello per una inclusiva e piena cittadinanza ecomomica e sociale.
Il Rapporto presentato dal relatore Sven Schulze ed approvato un anno fa a Strasburgo sulla
applicazione del nuovo strumento di microfinanza, ha messo in evidenza quello che emerge anche
nel confronto in Europa e in Italia con gli Enti (i punti di contatto nazionali) e gli organismi che
promuovono il microcredito. Ovvero si chiede che diventi obbligatorio l'affiancamento delle
istituzioni finanziarie che erogano il microcredito con attività di accompagnamento, di tutoraggio e
di formazione, come è nella nostra legge. Serve quindi ormai un quadro europeo di definizioni e
norme sul microcredito per rendere confrontabili i diversi strumenti nazionali, dia impulso ai troppi
paesi che ancora non hanno legiferato e rafforzi la dimensione europea della microfinanza.
Silvia Costa
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La legislazione del microcredito:
vincolo o opportunità per il settore in Europa
Il microcredito, come descritto nel mio precedente studio del dicembre 2014, a livello di Unione
europea si caratterizza per essere contemporaneamente uno strumento finanziario ed uno strumento
di inclusione sociale. Pertanto anche quando si affronta il tema della regolamentazione del settore
va sempre tenuta in mente questa ambivalenza di significato dello strumento in questione.
1. Il contesto internazionale di riferimento
Nell’aprile 2007 la DG Enterprise and Industry aveva incaricato l’Expert Group di realizzare un
Report sulla Regolamentazione del microcredito in Europa.
Lo studio, anche se oramai datato, forniva un primo quadro d’insieme dove emergeva che solo la
Francia e la Romania avevano una legislazione dedicata al microcredito. Oggi anche l’Italia va
annoverata tra i paesi con una legislazione propria sul microcredito e pertanto riporto la tabella
aggiornata.
Panoramica sulle caratteristiche più importanti nei diversi sistemi normativi
Country
Special regulation
Interest rate cap
Austria
Nonbank MFI
Tax incentives
Guarantee schemes
X
X
X
X
Bulgaria
X
X
Cypru
X
X
Czech Republic
X
X
Finland
X
X
X
X
X
X
Hungary
X
X
Ireland
X
Belgium
France
X
X
Germany
Italy
X
X
Latvia
X
X
Lithuania
X
X
Luxembourg
X
X
X
X
X
X
Portugal
X
X
X
Poland
X
X
X
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Romania
X
X
X
Slovak Republic
X
X
Sweden
X
X
Turkey
X
X
United Kingdom
X
X
X
X
Non c’è dubbio che il microcredito e la microfinanza in genere sono strettamente correlati agli
obiettivi di inclusione finanziaria, di contrasto alla povertà, di promozione dell’autoimpiego e
dell’imprenditoria femminile e giovanile. In ambito internazionale i leader del G20 hanno
individuato la financial inclusion come pilastro dello sviluppo globale collocando tale obiettivo
accanto a quelli della stabilità, dell’integrità del sistema e della protezione dei consumatori dei
servizi finanziari.
Nell’agenda proposta dal piano di azione del settembre 2014 dal Global Partnership for
Financial Inclusion (GPFI) si individuano dieci aree di intervento, tra le quali l’invito ai
regolatori e agli Standard Setting Bodies del settore finanziario ad attribuire nelle loro
rispettive funzioni un rilievo all’obiettivo dell’inclusione pari a quello degli altri tre (stabilità,
integrità del sistema, protezione consumatori) e a indagare le interdipendenze con questi ultimi.
Attraverso un attento coordinamento tra le agenzie, spesso distinte, che sono deputate al
raggiungimento di compiti specifici, è possibile realizzare importanti sinergie tra gli obiettivi di
inclusione e di stabilità – grazie ad esempio a una maggiore diversificazione dei portafogli e alla
riduzione dei rischi di instabilità sociale - o tra inclusione e integrità del sistema, attraverso una
rafforzata fiducia nel sistema, un più elevato livello di protezione degli utenti, una riduzione del
campo d’azione dell’usura.
Il microcredito, anche sotto l’impulso delle istituzioni comunitarie, è entrato tra gli strumenti di
politica economica rivolti alla crescita e alla coesione sociale di gran parte dei paesi europei. Gli
Stati membri, le istituzioni finanziarie, le autorità di vigilanza nazionali e altri soggetti considerano
comunemente il microcredito come un canale di finanziamento efficace per la creazione di posti di
lavoro e per l’inclusione sociale, in grado di attenuare gli effetti negativi della crisi finanziaria
attuale, contribuendo al tempo stesso a favorire l’imprenditorialità e la crescita economica nell’UE.
La crisi finanziaria e l’ampliarsi di fasce di povertà e marginalità ha ulteriormente accentuato
l’esigenza di sviluppo del microcredito. La diversità degli approcci nazionali e delle strutture che
operano nel settore non agevola la raccolta di dati omogenei ed il confronto tra le esperienze
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nazionali ma numerose fonti testimoniano i progressi sia nella diffusione dello strumento sia nei
volumi operativi.
Gli approcci adottati in ambito internazionale per le istituzioni specializzate nel microcredito sono
molto diversificati, variando dall’assenza di supervisione pubblica alla sottoposizione a controlli
dell’autorità bancaria, sia pure secondo criteri di proporzionalità. Ovviamente se il microcredito
venisse svolto con raccolta di pubblico risparmio si applicano le forme di controllo sull’attività
bancaria tradizionali. La diversità di approcci emerge dallo studio realizzato dal Comitato di Basilea
per la Supervisione bancaria, che in precedenza aveva approfondito l'applicazione dei Principi
fondamentali per un’efficace supervisione bancaria alle attività di microfinanza, giungendo alla
conclusione che è necessario bilanciare la regolamentazione e la vigilanza al fine di tenere conto
della specificità della materia.
Per assistere i Paesi a sviluppare un approccio coerente per regolare e vigilare la microfinanza, il
Microfinance Workstream of the Basel Committee on Banking Supervision ha redatto una guida
per l’applicazione dei Principi fondamentali per la microfinanza (2010).
Nella guida vengono evidenziati i principi che richiedono un approccio “su misura” rispetto a quelli
applicati al sistema bancario tradizionale.
La guida per gli istituti finanziari non bancari - che in molti paesi sono i principali fornitori di
servizi finanziari a clienti scarsamente serviti o non serviti - rinforza l'importanza di una
regolamentazione e vigilanza proporzionata a tali tipi di istituzioni. Come notato nei principi
fondamentali del 2012, "[i] nei paesi in cui gli istituti finanziari non bancari forniscono servizi di
deposito e di prestito simili a quelle delle banche, molti dei principi. . . sarebbe applicabili. Tuttavia,
è anche riconosciuto che alcune di queste categorie di istituto possono essere regolati in modo
diverso dalle banche fintanto che non detengano, insieme, una quota significativa dei depositi nel
sistema finanziario o un elevato numero di clienti che servono in un determinato paese.
Riportiamo l’elenco con i suggerimenti, nella versione in originale, per ciascun principio che
necessitano un approccio su “misura” per le istituzioni di prestito e deposito diverse dalle banche
(ODTI).
I Principi fondamentali che richiedono un approccio personalizzato
La maggior parte dei principi, tuttavia, richiedono un certo lavoro sartoriale nella loro attuazione
rispetto al retail banking tradizionale. Questo approccio comprendere la necessità di una conoscenza
specializzata delle autorità di vigilanza per individuare e misurare i rischi che sono specifici per la
microfinanza , in particolare al microcredito ; ulteriore sforzo per allocare in modo efficiente le
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risorse di vigilanza; così come un quadro regolamentare e di vigilanza proporzionale che non
aggiunge costi significativi per le attività di microfinanza attraverso diverse tipologie istituzionali ,
e che è adatto anche per le istituzioni di microfinanza di piccole dimensioni .
Principio 2 (Attività esercitabili) e Principio 3 (criteri di licenza) , per esempio, dovrebbero
essere adattati alle ODTIs ( altre istituzioni di deposito taking ) impegnate in microfinanza in un
modo che siano commisurati con il tipo e la dimensione delle loro operazioni , che possono differire
dalle banche.
I tipi di attività di microfinanza ammissibili, tra cui il microcredito e microsavings e
microassicurazione, devono essere chiaramente definiti in leggi o regolamenti e legati alle
dimensioni dell'istituzione e la sua capacità di gestire i rischi inerenti a tali prodotti e clienti.
Il permesso di impegnarsi in attività sofisticate deve essere motivata dall'esperienza del
management e capacità di identificare, controllare e mitigare i rischi più complessi. Inoltre,
l'autorità di vigilanza o di autorizzazione dovrebbe mantenere e pubblicare un elenco aggiornato di
licenza / supervisione delle ODTIs, e rimanere vigilanti per affrontare la fornitura illegale di servizi
finanziari. I requisiti di un capitale iniziale più basso per le ODTIs può essere opportuno data la
complessità limitata, la portata e le dimensioni delle loro operazioni, specialmente nelle aree rurali.
Tuttavia, la soglia dovrebbe essere alta abbastanza per scoraggiare possibili candidati e produrre un
numero gestibile di istituzioni da sorvegliare. In cambio per il capitale iniziale più bassa, le autorità
di vigilanza dovrebbero limitare i tipi di attività ammesse a ODTIs. Il monitoraggio e la
sorveglianza in corso possono essere utilizzati per identificare quando certi attori o settori diventano
rilevanti a livello sistemico o iniziano a utilizzare le nuove tecnologie (ad esempio, i telefoni
cellulari e gli agenti non bancari) che richiedono approcci di vigilanza diverse.
Un simile livello di lavoro sartoriale è appropriato per l'applicazione del Principio 6 (Adeguatezza
patrimoniale), i requisiti di adeguatezza patrimoniale dovrebbero essere relazionati (i) alla natura
dei rischi di microfinanza per tutti i tipi istituzionali, e (ii) alle dimensioni e componenti del
patrimonio di ODTIs specializzato. La definizione di un patrimonio di vigilanza per le ODTIs che
hanno forma cooperativa è particolarmente impegnativo, dal momento che il capitale investito da
parte dei membri può essere in generale ritirato se il membro decide di lasciare la cooperativa.
Inoltre, dove ODTIs hanno meno opzioni per raccogliere capitali rispetto alle banche, o mostrano
un profilo di rischio più pronunciato, un proporzionale maggiore coefficiente di adeguatezza
patrimoniale (CAR) può essere giustificato.
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Per implementare il Principio 7 (processo di gestione del rischio) in modo efficace - cioè, di
identificare, misurare e gestire i rischi di microfinanza - le autorità di vigilanza devono sviluppare
una conoscenza specializzata e tecniche di vigilanza su misura per i rischi nei portafogli
microprestiti e altri prodotti come microsavings e microassicurazione, sia per le banche che per le
ODTIs.
Per quanto riguarda le istituzioni di microfinanza, le autorità di vigilanza dovrebbero concentrarsi
sul rischio di credito, visto che il portafoglio crediti è la loro principale risorsa.
Hanno anche bisogno di prendere in considerazione l'importanza relativa della microfinanza
all'interno di un istituto diversificato dove i rischi possono essere più facilmente mitigati.
Le autorità di vigilanza devono anche essere consapevoli dei potenziali diversi punti deboli di
governo in ODTIs rispetto alle banche e applicare il regolamento e pratiche di vigilanza per
mitigarli.
L'attuazione del Principio 8 (rischio di credito) deve essere attentamente adattata ai particolari
rischi di microprestiti. Si deve inoltre tener conto del contesto in cui si realizzano i microprestiti,
vale a dire come una linea di business all'interno di una grande banca diversificata rispetto, ad
esempio, ad una piccola organizzazione di microfinanza in cui microprestiti costituiscono l’attività
di asset principale. Una definizione di regole certe di microcredito distinguendolo da altri tipi di
prestito è necessario per un adeguato controllo di vigilanza del rischio di credito. Inoltre, la
conoscenza specializzata delle caratteristiche metodologie ad alta intensità di lavoro per i
microprestiti e un adeguato grado di flessibilità da parte dei supervisori sono indispensabili per
valutare la qualità degli attivi e dei rischi. Ad esempio, le autorità di vigilanza dovrebbero definire
standard di documentazione prestito che siano efficienti e semplici da utilizzare in relazione alla
natura dei clienti e alle loro imprese, che possono differire da quelle del credito al dettaglio
tradizionale.
Nell'applicare il Principio 9 (attività problematiche, accantonamenti e riserve), le autorità di
vigilanza dovrebbero adeguare i requisiti di accantonamento e di classificazione ai rischi tipici di
microcredito rispetto ad altri tipi di prestito. Per consentire il trattamento specializzato di attivi
problematici, accantonamenti e riserve, il qaudro regolamentare dovrebbe definire chiaramente il
microcredito rispetto agli altri tipi di prestito. Le attività di microfinanza e i Principi fondamentali
per un'efficace quadro normativo di vigilanza bancaria 3 dovrebbero costringere gli istituti
finanziari a riconoscere il rischio rappresentato da crediti scaduti di microfinanza in modo rapido e
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preciso, e di avvisare, se necessario, il supervisore per affrontare con la flessibilità necessaria le
situazioni particolari.
I limiti normativi sulle esposizioni trattati nel Principio 10 (limiti di esposizione di grandi
dimensioni), dovrebbero essere adattati ai rischi caratteristici delle concentrazioni geografiche o
settoriali spesso osservati nei portafogli microprestiti e tra le diverse istituzioni, senza penalizzare
eccessivamente le pratiche altrimenti sane.
Nell'applicare il Principio 13 (rischi di mercato) le autorità di vigilanza dovrebbero prestare
particolare attenzione alle fonti, ai rischi e alle concentrazioni dei finanziamenti ODTI in valuta
estera. L'applicazione del Principio 14 (rischio di liquidità) e il Principio 16 (il rischio di tasso di
interesse nel portafoglio bancario) dovrebbero tener conto delle caratteristiche uniche delle attività
di microfinanza e delle passività di finanziamento, in particolare nelle istituzioni di microfinanza
rispetto a quelli di una banca commerciale diversificata. L'attuazione del Principio 15 (rischio
operativo) deve essere adattata ai diversi rischi, alle pratiche e alle tendenze in operazioni di
microfinanza - tra cui l'outsourcing e la tipica metodologia di microcredito decentrata e ad alta
intensità di lavro, che, sebbene importante per contenere il rischio di credito, ha implicazioni
significative per la gestione operativa del rischio rispetto a servizi bancari al dettaglio, nonché per la
valutazione dei controlli interni messi in atto da parte dell'istituzione, come descritto da Principio
17 (controllo interno e audit).
L'attuazione di tali principi deve tener conto del fatto che le metodologie dei microprestiti, così
come le altre linee di business, come microsavings, possono richiedere diversi assetti organizzativi
e controlli da quelli del retail banking tradizionale. I requisiti devono essere rigorosi, ed allo stesso
tempo accogliere pratiche collaudate. L'applicazione di Principio 11 (esposizioni verso parti
correlate) dovrebbe essere adattata per ODTIs impegnata nella microfinanza.
Dove la governance delle istituzioni di microfinanza è debole, le autorità di vigilanza potrebbero
aumentare le restrizioni o i divieti per evitare abusi. Al contrario, le istituzioni che hanno una forte
governance possono avere un trattamento più flessibile per i prestiti ai membri non coinvolti nella
gestione.
Le autorità di vigilanza dovrebbero adottare un approccio basato sul rischio per l'attuazione di
Principio 18 (abuso di servizi finanziari), che dovrebbe essere su misura per i rischi posti dalle
operazioni di microfinanza di scarso valore intraprese dalle banche e dalle ODTIs.
L’implementazione del Principio 19 (approccio di vigilanza) e del Principio 20 (tecniche di
vigilanza) in un contesto di microfinanza richiedono una conoscenza specifica e delle metodologie
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di controllo personalizzate, soprattutto per quanto riguarda la valutazione dei portafogli di
microcredito, assetti proprietari e di finanziamento, sia in banche diversificate e istituzioni di
microfinanza. Il supervisore dovrebbe avere il potere di usare un mix di sorveglianza off-site e di
ispezioni in loco sia per le banche che per le ODTIs. Le autorità di vigilanza devono essere
addestrate ed avere una conoscenza completa delle differenze tra microfinanza e attività bancaria
tradizionale. Date le caratteristiche di istituzioni di microfinanza e microcredito, alcune tecniche
utilizzate per controllare le attività bancarie al dettaglio tradizionali non sono appropriate.
L'efficacia, la tempestività, la qualità ed i costi della sorveglianza off-site e delle ispezioni on-site
dipenderanno dall'attuazione del Principio 21 (rapporto di vigilanza), che dovrebbe essere su
misura per le ODTIs in un modo che sia commisurato con il tipo e la dimensione del loro
operazioni, nonché per quelle banche impegnate in microfinanza in modo che i requisiti sulla
reportistica non aumentino indebitamente i costi della attività di microfinanza in entrambi i tipi di
organizzazioni.
Il Principio 22 (Contabilità e informativa) dovrebbe essere adattato in modo che i requisiti di
informativa per le piccole ODTIs impegnate nella microfinanza siano basati su considerazioni di
costo-benefici . Per adempiere alle loro responsabilità, i revisori esterni devono avere sufficiente
esperienza nel settore della microfinanza. Le autorità di vigilanza e gli organi della normazione
contabile dovrebbero cooperare, ove possibile, al fine di garantire regole contabili e principi che
siano in linea con gli obiettivi di sicurezza e solidità nella microfinanza, pur consentendo una certa
discrezionalità se applicare principi contabili internazionali per le attività di microfinanza, in
particolare alle istituzioni di microfinanza specializzate. Infine , per implementare il Principio 23
(poteri correttivi delle autorità di vigilanza), le autorità di vigilanza dovrebbero adattare le misure
correttive tipicamente utilizzate nella vendita al dettaglio commercial banking o convenzionale per
essere efficace nelle istituzioni di microfinanza e anche per le attività di microfinanza nelle banche.
Il supervisore deve avere poteri, politiche e procedure per affrontare le attività di vigilanza in una
varietà di situazioni, tra cui la risoluzione di un problema ordinario delle ODTIs, l'applicazione di
multe, e la revoca delle licenze quando le ODTIs si impegnano in pratiche non sicure o malsane, o
non osservano le norme standard prudenziali.
Anche nella Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio
sull’applicazione della direttiva 2006/48/CE (Basilea 2) al microcredito del 2012 sono emersi
interessanti spunti di riflessione. La relazione doveva chiarire se era necessario “adattare” la
direttiva in questione alla fattispecie del microcedito. Nel documento si evidenziano le diverse
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definizione di microcredito esistenti. Tale vasta gamma di definizioni si riflette nella varietà dei
fornitori di microcredito:
-
gli istituti bancari hanno un ruolo chiave nell’UE, sebbene il microcredito sia spesso
un’attività accessoria;
-
gli istituti non bancari che concedono principalmente microcrediti sono un altro fornitore
importante;
-
il settore pubblico è uno dei protagonisti più influenti sul mercato del microcredito
Nella relazione si conclude che gran parte dei fornitori di microcredito sono esclusi
dall’applicazione dei requisiti prudenziali definiti dalla direttiva 2006/48/CE.
Inoltre la varietà delle forme istituzionali utilizzate dai microfinanziatori si riflette nel panorama
diversificato di quadri normativi applicati ai fornitori di microcredito nell’UE.
In generale, soltanto i microfinanziatori che operano in base al diritto bancario europeo devono
rispettare i requisiti della direttiva 2006/48/CE.
La condizione per rientrare nell’ambito del diritto bancario europeo è quella di ricevere depositi o
altri fondi rimborsabili dal pubblico e, al tempo stesso, concedere crediti per proprio conto
conformemente alla definizione di ente creditizio di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva
2006/48/CE. Ciò significa che i microfinanziatori che non raccolgono depositi non devono ottenere
una licenza bancaria e soddisfare i requisiti prudenziali della direttiva 2006/48/CE, a meno che gli
Stati membri non adottino un approccio più rigido, consentendo esclusivamente agli istituti bancari
autorizzati di concedere microcrediti.
Inoltre, sebbene la normativa prudenziale cui sono soggetti gli istituti bancari sia in qualche misura
armonizzata dalla direttiva 2006/48/CE, l’approccio alla regolamentazione del microcredito
concesso dagli istituti non bancari varia molto da paese a paese. In gran parte degli Stati membri
non esistono norme specifiche relative ai microfinanziatori non bancari, i quali rientrano
nell’ambito del diritto societario generalmente applicabile; tuttavia, nell’ambito della legislazione
nazionale possono essere definiti quadri normativi specifici per la concessione di microcredito,
come succede, ad esempio, in Italia.
Ne derivano due implicazioni:
– gli istituti con attività analoghe non sono soggetti agli stessi requisiti normativi a livello UE
– con riferimento al microcredito, la direttiva 2006/48/CE potrebbe non essere così penalizzante
come previsto, dato il campo di applicazione limitato.
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La relazione si conclude con l’indicazione dei diversi fattori che tendono a mitigare l’impatto dei
requisiti prudenziali definiti nella direttiva 2006/48/CE sulle attività di microcredito.
In ultimo analizziamo per completare la panoramica il Codice europeo di buona condotta per
l’erogazione di microcrediti realizzato, nel 2013, dalla Commissione europea in collaborazione
con i principali portatori d’interesse.
La decisione di redigere tale codice nasceva dalla constatazione che, a causa dei differenti quadri
normativi in cui operano gli enti erogatori di microcrediti, è necessario individuare un complesso
unitario di aspettative e regole comuni per tutto il settore, a beneficio sia del settore in quanto tale
sia dei finanziatori, dei clienti, dei proprietari, delle autorità di regolamentazione e delle
organizzazioni partner che sono attivi in tale settore. Il codice contiene orientamenti in forma di
buone pratiche che permetteranno al settore di affrontare meglio le sfide legate all’accesso a
finanziamenti di lungo termine, al mantenimento e miglioramento della qualità dei servizi e a una
maggiore sostenibilità.
Il codice non ha, quindi, lo scopo di introdurre o sostituire le norme vigenti per gli enti erogatori di
microcrediti, bensì quello di definire in dettaglio una serie di regole comuni per le attività operative
e di rendicontazione di tali enti. Stando così le cose, la Commissione ha ritenuto che il progetto di
un codice europeo di buona condotta volontario e ampiamente accettato per l’erogazione di
microcrediti fosse un elemento importante della sua iniziativa volta alla promozione delle buone
pratiche nel settore del microcredito. Fissando orientamenti per le buone pratiche e individuando le
aspettative e le regole comuni, la Commissione – come detto in precedenza - si è impegnata ad
aiutare questo settore ad affrontare le sfide connesse con l’accesso al finanziamento a lungo
termine, il mantenimento e miglioramento della qualità dei servizi e una maggiore sostenibilità.
Il codice è diviso in cinque sezioni:
1. rapporti con clienti e investitori: riguarda gli obblighi degli enti erogatori di microcrediti nei
confronti dei clienti e degli investitori nonché i diritti dei clienti e degli investitori;
2. governance: riguarda le regole valide sia per la direzione che per il consiglio di
amministrazione degli enti erogatori di microcrediti;
3. regole comuni di rendicontazione: specifica gli indicatori che gli enti erogatori di
microcrediti devono raccogliere, rendicontare e divulgare;
4. sistemi informativi gestionali: specifica le regole comuni per i sistemi informativi gestionali;
5. gestione del rischio: specifica gli approcci e le procedure comuni per la gestione del rischio
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Nel’ambito di ciascuna sezione vengono individuate le principali azioni di condotta.
Sez.1 Questa sezione del codice stabilisce una serie di obblighi a carico degli enti erogatori di
microcrediti nei confronti dei loro clienti e investitori, tra cui quelli di garantire una procedura di
prestito equa e trasparente e il diritto al risarcimento, di evitare un indebitamento eccessivo del
cliente, di proteggere i dati dei clienti e di assicurare la trasparenza verso gli investitori.
Sez.2 Questa sezione si occupa della pianificazione delle attività, del ruolo e delle responsabilità del
consiglio di amministrazione e della direzione, nonché della revisione contabile esterna.
Sez.3 Questa sezione del codice stabilisce le regole comuni per la gestione del credito, delle frodi e
dei rischi per la sicurezza nonché le norme per la funzione di revisione interna.
Sez.4 Questa sezione del codice di buona condotta contiene una serie di regole comuni per la
rendicontazione e divulgazione degli indicatori delle prestazioni sociali e finanziarie. Tali indicatori
si richiamano in gran parte alle definizioni della Microfinance Information Exchange (MIX), a loro
volta basate su regole contabili riconosciute a livello internazionale.
Sez.5 Questa sezione del codice fissa le regole comuni per i SIG (sistema informativo gestionale)
degli enti per quanto riguarda la completezza ed espandibilità del sistema (in termini di funzioni), la
sicurezza e il sostegno per il personale.
Alcune considerazioni di principio
Da quanto esposto in precedenza appare chiaro che la scelta del legislatore nazionale in tema di
microcredito potrà muoversi tra la creazione di una legge ad hoc e l’inserimento di nuove regole
all’interno delle leggi esistenti. La prima ha il vantaggio di essere “tailor made”, la seconda di avere
in linea di principio un maggior grado di armonizzazione con le diverse fonti normative.
Altro aspetto da tenere in dovuto conto è la capacità di supervisione delle autorità preposte a questa
funzione e la possibilità di stimare il costo per l’adattamento (compliance) che dovrà sopportare
l’intermediario per adeguarsi alla nuova normativa.
In ultimo anche condividendo il criterio di proporzionalità suggerito dai principi guida sopracitati
che dovrebbe contraddistinguere una legislazione per il microcredito e la microfinanza, è opportuno
che il legislatore non vari norme troppo favorevoli alle istituzioni di microfinanza a scapito della
tutela dei consumatori o beneficiari finali.
Risulta appurato come l’UE si sia dimostrata, e sia, particolarmente sensibile alle tematiche del
microcredito e del suo sviluppo, non altrettanto si può, tuttavia, affermare per gli stati; per quanto
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riguarda le norme nazionali ad hoc, solo Francia, Romania e Italia risultano esserne in possesso,
mentre tutti gli altri stati risultano inadempienti e non presentano strumenti legislativi per sostenere
le MFI a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e commerciabilità.
In tutti i Paesi è attiva la norma che i soggetti deputati a prestare e a depositare denaro debbano
possedere una licenza o autorizzazione dello Stato di appartenenza, che li identifica e censisce come
intermediari finanziari autorizzati, un patrimonio di base (generalmente superiore al milione di
euro), un tetto di tassi di interesse in linea con le medie di mercato.
Esula da ogni norma comunitaria il Regno Unito, il quale è in regime di common law.
Attualmente come detto sono solo tre i paesi europei (Francia, Romania, Italia) che hanno una
regolamentazione specifica del settore microcredito, regolamentazione che è stata fatta in tempi
diversi e con contesti di “mercato” di partenza differenti.
Cerchiamo di capire le principali caratteristiche dei tre sistemi ed il loro quadro normativo.
2. I casi di studio: Francia, Romania e Italia
Francia
In Francia, il settore pubblico sostiene in modo diretto ed indiretto la diffusione della microfinanza
considerandola uno strumento di welfare, capace di contribuire al progresso sociale della nazione
grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Negli ultimi vent'anni, il contesto legislativo e l'intera struttura regolamentare hanno subito un
importante evoluzione, consentendo una crescita coerente del microcredito nel paese.
L'attività di lobbying svolta dall'Adie (la principale istituzione di microfinanza francese) ha dato
una grande spinta per favorire questa evoluzione normativa del microcredito.
Sono autorizzate a fornire microcrediti sia le banche, regolate dalla legge bancaria, sia le istituzioni
finanziarie non bancarie autorizzate dal Codice Monetario e Finanziario (comma 5 all’articolo L
511-6 del Code Monetaire et Financier).
Un ruolo di fondamentale importanza è stato ricoperto, nel corso degli anni, dalle politiche volte
alla creazione di un quadro legislativo idoneo a rendere effettiva e proficua la diffusione della
microfinanza.
15
In primo luogo, è stato semplificato il sistema amministrativo riguardante le microimprese grazie
all’introduzione, nel 1999, di un tax sistem molto più snello chiamato “Règime Micro”. L’obiettivo
principale di questa modifica è stato di ridurre il peso fiscale sulle piccole imprese perlopiù a
carattere individuale e con un volume d’affari limitato.
Negli ultimi dieci anni il Governo francese ha emanato anche altri provvedimenti per lo sviluppo
del settore della microfinanza. Nel 2001 la legge bancaria 2001-420 “Nuove norme economiche”
(“Nouvelles Régulations Economiques”), ha aggiunto il comma 5 all’articolo L L511-6 del
Codice Monetario e Finanziario e introdotto la possibilità anche per le istituzioni non bancarie di
effettuare delle operazioni di credito a titolo oneroso destinate allo start-up di piccole imprese.
Questa legislazione ha costituito un’assoluta novità in quanto fino a quel momento questa
possibilità era riservata esclusivamente alle banche.
L’introduzione del sopra menzionato comma 5, ha previsto che associazioni senza scopo di lucro
possano elargire prestiti, per la creazione e lo sviluppo dell’impresa, a soggetti disoccupati o titolari
di aiuti economici facendo uso di fondi propri o prestiti bancari, sottraendo tali associazioni alla
supervisione bancaria previa verifica di una serie di condizioni, autorizzazioni e sotto la
sorveglianza di un Comitato Pluridisciplinare e Pluriministeriale.
Un ulteriore progresso del microcredito in Francia si è avuto grazie alla Legge sulla Coesione
Sociale del 2005, o Legge “Borloo” (Legge 2005-32 del 18 gennaio 2005), che ha fatto della
promozione del microcredito una delle priorità delle politiche economiche e sociali del Paese. La
Legge Borloo, nel riconoscere l’impresa quale strumento per combattere le piaghe sociali, favorisce
fortemente l’auto-impiego e facilita l’accesso ai contributi per la creazione dello stesso. Tale legge
crea una nuova tipologia di microcredito in Francia: il c.d. microcredito sociale, ossia riservato al
“consumo sociale”.In particolare, attraverso il programma di supporto per lo sviluppo della
microfinanza, “Sostenere lo sviluppo della microfinanza” (“Soutenir le développement de la
microfinance”) la Francia ha favorito l’autoimpiego ed ha dato nuovo slancio alla microimpresa
attraverso una serie di contributi a sostegno della stessa ed attraverso la creazione del “Fondo di
coesione sociale” (FCS), gestito dalla “Caisse des Dépôts et Consignations”.
Grazie a tale Fondo è stato possibile fornire le garanzie necessarie alle istituzioni finanziarie
impegnate nella concessione di crediti destinati sia a scopi imprenditoriali che al microcredito
sociale, riducendo in tal modo il rischio assunto.
Altre misure amministrative a favore delle piccole imprese sono state prese attraverso due leggi: la
Legge per l’Iniziativa Economica (Loi pour l’Initiative Economique,Legge n ° 2003-721 dell’1
16
Agosto 2003) e la legge SME (Loi en faveur des petites et moyennes enterprises, Legge n° 2005882 del 2 Agosto 2005) adottate rispettivamente nel 2003 e nel 2005. Le due leggi hanno costituito
una tappa di estrema importanza per la finanza francese poiché hanno abolito la legislazione antiusura che impediva l’applicazione di tassi d’interesse superiori ad una soglia determinata.
Per quanto riguarda lo schema di garanzia adottato per questo tipo di crediti, è opportuno
sottolineare che tanto gli istituti bancari che quelli non bancari possono godere delle garanzie
fornite dal Fonds de Garantie de l’Insertion par l’Economique, dal Fondo Europeo per gli
Investimenti ed in alcuni casi di quelle fornite da banche partners.
Mentre, per quanto riguarda le spese operative correlate all’attività micro finanziaria, queste
vengono coperte dallo Stato o da Enti locali, da fondi strutturali collegato alle limitazioni applicate,
almeno fino al 2005, dalla legge antiusura francese. Questa norma attribuiva alla Banca di Francia
l’onere di stabilire il tetto massimo ai tassi d’interesse applicabili ad ogni tipologia di prestito.
Inoltre, la Francia è uno dei pochi Stati europei, insieme al Belgio ed all’Irlanda, ad aver previsto
delle agevolazioni fiscali a beneficio di individui o associazioni che praticano donazioni a favore di
istituzioni micro finanziarie.
Degna di nota, infine, è l’attività della Banca di Francia che ha sempre promosso un’azione costante
a favore dell’accesso alla finanza. In particolare, nel settembre del 2006 ha dato origine
all’Osservatorio della Microfinanza con lo scopo di monitorare e di dare sviluppo alle iniziative
avviate nel campo del microcredito sia professionale che sociale. Inoltre, la Banca di Francia è la
prima istituzione ad aver promosso il “diritto al conto”, che permette anche ai soggetti ai quali
normalmente viene preclusa questa possibilità di aprire un conto corrente presso una banca
designata dalla stessa Banca di Francia
Al fine di poter vedere riconosciuta l’autorizzazione ad operare, le associazioni devono soddisfare
una serie di condizioni, tra cui l’esperienza nel supporto di progetti start-up e specifiche norme
prudenziali.
Inoltre, il condizionamento dell’elargizione del prestito a soggetti che versano in situazione di
particolare disagio allontana il problema di una possibile concorrenza tra con il settore bancario
determinando, al contrario, una complementarità tra finanza e microfinanza.
Riportiamo infine i risultati di una indagine svolta non più tardi di un anno fa dall’istituto di ricerca
francese CSA per conto dell’ILO. L’indagine ha coinvolto i principali operatori di microcredito
francesi.
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I risultati sugli effetti del microcredito (tasso di sopravvivenza, numero medio di occupati creati,
etc..) sono quelli riportati nella seguente tabella
Risultati indubbiamente positivi che hanno dato luogo ad una successiva discussione sviluppata a
commento della ricerca dalla quale sono emersi tre scenari di tendenza interessanti:
1- "Industrializzazione e presa di potere delle banche”: rapido sviluppo del microcredito
professionale, automazione della gestione, maggior attenzione ai clienti più redditizi. Il settore sta
gradualmente perdendo la sua specificità di dare risposte individualizzate.
2- "professionalizzazione del settore e influenza delle strategie pubbliche" viene applicato un codice
di condotta a livello europeo, un contributo fiscale è richiesto per le istituzioni finanziarie, solo gli
attori più virtuosi sono finanziati.
3- "automatizzazione del settore": la regolamentazione bancaria si intensifica, le organizzazioni di
microcredito stanno diversificando i propri servizi "low cost", le autorità pubbliche supervisionano
da remoto e rafforzano le sovvenzioni di supporto.
Infine concludiamo la parte dedicata alla Francia commentando l’efficacia di uno degli strumenti
nati a sostegno del settore microcredito.
La creazione del Fondo di Coesione Sociale (FCS) nel 2005, in particolare per il finanziamento
delle garanzie, ha favorito grandemente lo sviluppo del microcredito professionale e personale in
Francia. Nella tabella elaborata dalla Cassa Depositi e Prestiti a tale riguardo abbiamo questi
risultati
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Il microcredito personale in cifre dal 2006 fino al 2014: n. 68.854 microcrediti personali, 156
milioni di euro di montante erogato, 2.266 euro d’importo medio dei prestiti.
Il 74% delle motivazioni per il microcredito personale sono l’occupazione e la mobilità lavorativa,
seguito da un 13% richiesto per questioni legate alla salute.
Per quanto riguarda il microcredito per attività produttive si è passati dai 15.621 del 2007 ai 37.751
del 2014.
Romania
Il sistema bancario romeno è nato nel 1880 con l’istituzione della Banca Nazionale della Romania
(BNR) e si è sviluppato negli anni anche con l’apporto di banche straniere, in particolare nel
periodo interbellico grazie all’afflusso di capitali stranieri.
All'inizio degli anni 90, la Romania aveva poca credibilità sui mercati internazionali ed era
considerata un paese ad altissimo rischio per gli investimenti, causa il proprio sistema bancario che
era basato su capitali statali e su capitali privati locali.
Nel 1991, dopo la rivoluzione, il sistema bancario romeno è stato riformato. La BNR ha rinunciato
alla sua natura commerciale svolgendo funzioni di regolazione, e il mercato si è aperto a nuovi
operatori bancari.
Non esistevano forme di credito, o se si ottenevano prestiti, si pagavano interessi elevatissimi e le
procedure per l'ottenimento di tali fondi erano estremamente lunghe e complicate. La pessima
reputazione del sistema bancario veniva confermata, alla metà degli anni 90, dal fallimento di
numerose Banche, i prestiti concessi infatti non erano garantiti e coperti dalle garanzie reali
dichiarate.
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Oggi il sistema bancario, con la crescita economica e con l'arrivo di importanti Gruppi industriali
internazionali, conta alcuni i big della finanza Europea.
Le principali funzioni della BNR sono dirette ad assicurare la stabilità monetaria e la stabilità
finanziaria, requisiti indispensabili per un duraturo sviluppo dell’economia.
Come Autorità di Vigilanza, l’Istituto persegue la sana e prudente gestione degli intermediari, la
stabilità complessiva e l’efficienza del sistema finanziario, nonché l’osservanza delle disposizioni
che disciplinano la materia da parte dei soggetti vigilati.
In Romania il settore del microcredito è regolato dalla legge n. 93/2009, che ha abrogato la legge n.
240/2005, attraverso la quale era stato creato il primo framework legislativo nel paese.
La legge in questione, che lascia alla Banca centrale un ruolo importante anche in questo settore,
consente alle NBFSS (non-bank financial institutions), ossia alle istituzioni di microfinanza nonbanche di erogare credito e fornire servizi e prodotti microfinanziari.
Tutte le istituzioni microfinanziarie sono sottoposte alla vigilanza della banca centrale romena,
anche se in forme differenti. La banca centrale, in base alla legge, ha creato un apposito registro
dove debbono iscriversi tutte le non -banking financial institution.
Quest’ultime devono soddisfare una serie di requisiti che sono di natura patrimoniale (es. devono
avere un capitale minimo di € 200.000,00 o di € 3.000.000,00 nel caso offrano mutui) e di natura
professionale (es. debbono avere un sistema di controllo interno, una reportistica delle attività
finanziarie)
I soci delle istituzioni microfinanziarie debbono avere requisiti di onorabilità e professionalità.
Per molti studiosi le istituzioni finanziarie non bancarie sono considerate un "sistema bancario
ombra" del sistema, diversi dagli istituti di credito, che sono impegnati nelle operazioni di credito a
titolo professionale, in condizioni fissato dalla legge.
Il business principale di queste entità è l'attività di credito, che a sua volta richiede l'istituzione di
esposizione ai debitori registrati. Il settore delle istituzioni finanziarie non bancarie in Romania è
stato sviluppato come alternativa competitiva al tradizionale finanziamento bancario.
La quota delle istituzioni finanziarie non bancarie all'interno del sistema finanziario in Romania è in
costante crescita. La crescita di oltre 10 volte il volume dei finanziamenti nel periodo 1998-2004 è
stata correlata con un aumento dei redditi della popolazione, così come un effetto della crescita
economica e l'allineamento agli standard europei.
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Anche se molti NFIS sono registrati nei registri della Banca nazionale della Romania nella categoria
delle molteplici attività di prestito, un’alta percentuale dell’attività totali delle istituzioni finanziarie
non bancarie è data dal leasing finanziario.
La crisi finanziaria ha dato un duro colpo al settore NFI e la caduta del finanziamento in leasing è
stata catastrofica, quasi il 74% tra settembre 2008 e settembre 2009.
Le attività delle NFIS sono leggermente diminuito nel periodo gennaio 2012 - giugno 2013 (dai dati
della Banca Centrale Rumena 2013).
Le istituzioni finanziarie di credito non bancari sono controllati e regolati dalla Commissione
nazionale del mercato finanziario (NCFM).
Ai sensi della Legge n ° 93/2009 l'attività creditizia è condotta con professionalità da istituti di
credito e istituzioni finanziarie, nonché dalle istituzioni finanziarie non bancarie (alle quali è
preclusa l’attività di raccolta di risparmio pubblico).
Anche in questa legge sono previste attività che possono essere condotti da un istituto finanziario
non bancario, vale a dire:
-
concessione di crediti (di consumo, mutui, immobili, finanziamento microcredito transazioni
commerciali, factoring…);
-
leasing finanziario;
-
rilascio di garanzie, assumendo impegni di garanzia, assumendo impegni di finanziamento;
-
concessione di crediti in cambio di beni come garanzia, cioè impegnando attraverso banchi
di pegno;
-
concessione di crediti ai membri delle associazioni senza scopo di lucro, senza ragioni
patrimoniali organizzate dal libero consenso dei dipendenti / pensionati al fine di sostenere i
loro membri attraverso prestiti finanziari dei membri di questi enti organizzati sotto la forma
giuridica di cooperative di credito;
-
altre forme di finanziamento come prestiti.
Ciò che è diverso dall'attività dell’istituto finanziario è che le NFIS non possono raccogliere
risparmio dal pubblico.
Specificità bancari servizi finanziari
21
Elementi di specificità dei servizi finanziari non bancari consistono principalmente in caratteristiche
che si applicano a tutte le categorie di servizi commerciali, vale a dire intangibilità, inseparabilità,
eterogeneità, deperibilità e non durevolezza.
Le caratteristiche dei servizi finanziari non bancari che li distinguono dai servizi bancari, sono:
- la necessità di informare i consumatori circa il tipo di istituzione che svolge attività finanziarie non
bancarie e aggiungendo al suo nome il termine "ente finanziario non bancario" o la sua
abbreviazione, IFN;
- l’incarico delle persone che soddisfano i criteri richiesti dal NBR e regolate dalla legge nella
gestione dei NFIs. Così, i gestori di NFIS devono avere una buona reputazione e l'esperienza
adeguata per svolgere i compiti assegnati secondo i criteri stabiliti dalla Banca nazionale della
Romania;
- l'attività di NFIS comporta la fissazione di regole interne per i prestiti che dettaglino gli aspetti
relativi ai criteri e le condizioni per la concessione del credito e per quanto riguarda l'affidabilità
creditizia del beneficiario;
Secondo i dati forniti dalla Banca Nazionale della Romania il numero di queste entità ha subito
ulteriori modifiche, durante il 2014: le Cooperative di credito sono n. 2.843 rispetto alle 3.411 del
2006, i banchi di pegno sono n. 2.802 rispetto ai 1.318 del 2006 e 7 persone giuridiche senza scopo
di lucro rispetto ai 2 del 2006.
Si segnala che la migliore performance è stata quella di monte di pietà, che in periodi di crisi si
stanno sviluppando per la tendenza della popolazione a capitalizzare oggetti di valore pur di
ottenere i servizi finanziari.
Evolution of non-banking financial units According to the Register
Register of evidence
2009
2010
2011
2012
2013
Non -banking financial units
4.514
5.043
5.289
4.420
5.642
Source:Report on financial stability BNR 201-2013
Analizzando i dati del registro per la distribuzione delle NFIS in base al tipo di attività svolte si
vede che nel 2008, come nel 2007, la maggior parte di NFIS erano stati inseriti nella categoria di
attività multiple di prestito (53.36 per cento) e di leasing finanziario (36.97 per cento). Per due
sezioni del registro generale (di sconto/anticipo, di pegno, altre forme di finanziamento come
prestiti) non è stato registrato alcun istituto finanziario non bancario, aspetto che si trovano lungo
22
tutto il periodo analizzato. Nel 2009 sono stati registrati n.228 istituti finanziari non / servizi bancari
presso il Registro Generale, 10 in meno rispetto al 2008, a seguito dell'inserimento di 10 nuove
istituzioni, insieme con l'eliminazione di altre 20 istituzioni. Di questi, 14 sono stati rimossi su
richiesta della decisione degli azionisti di cessare l'attività di prestito specifica per il settore NFI. La
diminuzione è proseguita anche nel 2010 passando da 228 a 210. situazione che denota il
proseguimento del processo di consolidamento e concentrazione delle aziende del settore.
La tendenza al ribasso del numero totale è continuato fino al 2013, quando ha registrato 173 istituti
con 14 unità in meno rispetto al 2012, evoluzione favorito dalla cancellazione di 19 istituzioni e la
registrazione delle altre 5 nuove istituzioni. I più attivi nelle attività svolte da queste NFI sono quelli
che offrono molteplici attività di prestito con quote che vanno dal 53% del 2008 al 73% nel 2013 e
seguiti da quelli che offrono servizi di leasing finanziario.
Per quest’ultima attività registriamo che le NFI sono scesi notevolmente in numero da 88 nel 2008 a
33 nel 2013, e la percentuale sul totale delle attività dal 36% al 19% alla fine del periodo analizzato.
La crisi finanziaria ed economica ha portato a processi di adattamento anche in questi casi: da un
lato, è drammaticamente rallentata l'attività di prestito e il fenomeno della disintermediazione è
divenuto sempre più palese, e d'altra parte, i valori dei beni immobiliari hanno registrato correzioni
significative.
Da quanto sopra esposto, si può concludere che i servizi finanziari non bancari hanno sperimentato
una interessante evoluzione da diversi punti di vista. L'estrema diversità dei servizi finanziari, ma
anche delle istituzioni che forniscono tali servizi ovvero le NFIS permettono un approccio
differenziato a seconda della modalità di iscrizione nel registro o nel registro generale presentato
dalla Banca Nazionale della Romania.
Analizzando il registro generale si segnala che la categoria di servizi è diminuita, ma non possiamo
dire la stessa cosa per il numero di NFIS nel registro, in particolare i banchi di pegno e le
cooperative di credito che hanno sperimentato un trend in aumento almeno numericamente, date le
ridotte possibilità della popolazione di avere denaro contante ricorrono per ottenere prestiti alle
cooperative di credito o alla capitalizzazione delle loro merci nei banchi di pegno.
Per quanto riguarda l'attività di prestito di NFIS secondo i settori merceologici si distinguono
chiaramente il settore dei servizi con il 51% e quello industriale e delle costruzioni con il 16%
ciascuno.
23
Italia
La via italiana alla regolamentazione del microcredito , prevede una prima fase di “start up” sotto il
controllo di Banca d’Italia e successivamente la sottoposizione ai controlli di un organismo di
settore di “autoregolamentazione”, a sua volta vigilato dalla Banca d’Italia.
Analogo modello è stato introdotto da qualche anno nel nostro ordinamento per i soggetti del
comparto finanziario non portatori di rischi sistemici (reti distributive dei prodotti creditizi,
finanziari e assicurativi, confidi minori, consulenti finanziari e, appunto, microcredito).
L’intervento normativo che ha introdotto la definizione e il controllo sull’attività di microcredito si
colloca nell’ambito di un’ampia riforma dell’intermediazione finanziaria non bancaria, effettuata in
sede di recepimento della direttiva 2008/48/CE in materia di credito al consumo con il
D.Lgs.141/2010.
E’ utile in proposito ricordare, facendo un passo indietro, che tale provvedimento ha
sostanzialmente equiparato gli elementi fondamentali del regime di vigilanza degli intermediari a
quello delle banche, riformando radicalmente l’ordinamento di settore precedente. Questo era
basato su più elenchi, ciascuno sottoposto a un regime di controllo differenziato e graduato in base
alla rischiosità presunta di ciascuna tipologia di soggetto, con controlli più stringenti per gli
intermediari maggiori e via via più affievoliti per soggetti più piccoli o specializzati in particolari
nicchie di attività. L’esperienza ha messo in luce le criticità e le inefficienze derivanti da questa
impostazione: in primo luogo, il rischio per l’integrità del sistema e per i consumatori si è rivelato a
volte molto superiore a quello presumibile in base alla dimensione contenuta dell’intermediario (per
via dei legami con altri intermediari e/o della estensione della sua rete distributiva); inoltre l’aver
privato l’autorità di controllo di poteri di intervento e di repressione nei confronti di determinate
categorie di operatori ha favorito talvolta comportamenti opportunistici quando non deliberatamente
delittuosi da parte di alcuni.
La riforma ha quindi agito da un lato tramite una più accurata definizione del perimetro dei
controlli, con la fuoriuscita da quest’ultimo di talune attività che sono risultate di fatto liberalizzate,
dall’altro attraverso un rafforzamento del regime di vigilanza, ora “equivalente” a quello delle
banche, per l’accesso e l’esercizio dell’attività di concessione di credito nei confronti del pubblico.
Un simile approccio rischiava peraltro di disincentivare la concessione di credito ai prenditori
marginali, verso i quali sono maggiori le asimmetrie informative e quindi più elevati i costi per
colmarle, richiedendo forme organizzative dedicate e un’elevata specializzazione, senza
significative
24
economie di scala.
Per incentivare la nascita di intermediari specializzati nel microcredito, è stata introdotta una deroga
all’applicazione del nuovo, più rigido regime di controlli; la deroga peraltro rendeva necessaria una
definizione molto precisa delle attività meritevoli di tutela, anche al fine di evitare abusi.
E’ stato così deciso di qualificare in modo preciso, nella legge bancaria e nelle relative norme di
attuazione, il contenuto delle attività di microcredito comunemente note come “di impresa” e
“sociale”, stabilendo oltre che limiti di importo di ogni singolo finanziamento, requisiti precisi che
devono possedere i destinatari in particolare del microcredito di impresa (tipologia, dimensioni
massime, anzianità dell’impresa) e le finalità tassative cui il finanziamento deve essere destinato,
con obbligo di verifica a carico del soggetto erogante. Si può quindi parlare di microcredito quale
“forma tecnica speciale” di erogazione del credito, per il quale è prevista anche una riserva di
denominazione.
La scelta di una definizione “stretta” di microcredito permette di evitare confusioni con altre forme
di intervento, lo orienta con decisione agli obiettivi, in particolare di sviluppo economico nel caso
del microcredito d’impresa, e individua con chiarezza la destinazione di eventuali forme di
incentivazione pubblica, come nel caso della prestazione di garanzie “agevolate” a carico del Fondo
centrale di garanzia. Né può sottacersi l’obiettivo, di ordine contingente, di evitare che – in una fase
di profonda riforma dell’ordinamento delle finanziarie di credito – alcune di queste possano essere
indotte a ricercare nella forma dell’operatore di microcredito un modo per eludere la più rigorosa
vigilanza equivalente in corso di introduzione nel comparto degli intermediari finanziari non
bancari.
I soggetti specializzati nella sola attività di microcredito possono pertanto concedere credito in
esenzione dal regime di vigilanza prudenziale; tali soggetti dovranno iscriversi nel nuovo elenco
previsto dall’art. 111 del TUB (cc.dd. “operatori 111”).
La legge da un lato esclude in prospettiva compiti direttamente a carico della Banca d’Italia sugli
“operatori 111” – in quanto autorità deputata ai controlli prudenziali dai quali come detto gli
operatori sono esclusi – dall’altro ne prevede il coinvolgimento in questa prima fase di costruzione
del nuovo elenco, attribuendole i compiti che, una volta raggiunto un numero “sufficiente” di
operatori, saranno poi svolti dall’apposito Organismo vigilato dalla Banca.
In questa prima fase la Banca d’Italia si trova quindi ad avere competenza diretta su tutti i soggetti
erogatori di microcredito: banche, intermediari finanziari ed “operatori 111”. Per questi ultimi è
stato emanato il “Provvedimento per l'iscrizione e la gestione dell'elenco degli operatori di
25
microcredito” che disciplina la procedura per l’iscrizione in elenco e i flussi informativi che
verranno richiesti.
I requisiti per l’accesso all’elenco sono fissati dalla legge e dal Regolamento ministeriale: forma
giuridica, capitale minimo, onorabilità e professionalità di esponenti e soci, presentazione di un
programma di attività. Tale programma dovrà: contenere con chiarezza le strategie e le linee di
sviluppo aziendali; definire le caratteristiche dei finanziamenti da erogare e il target di clientela da
servire; descrivere accuratamente i servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio che si intende
prestare, specificando il contenuto e le modalità di erogazione e l’eventuale esperienza pregressa
nella fornitura di tali servizi; eventuali soggetti specializzati di cui ci si intende avvalere, modalità
di controllo sul loro operato e loro eventuale accreditamento presso enti pubblici o privati;
adeguatezza dei presidi organizzativi attivati (in particolare delle funzioni di controllo interno);
descrivere i processi di erogazione e di monitoraggio del credito; indicare la scelta dell’utilizzo dei
soggetti specializzati in servizi ausiliari per la promozione e il collocamento dei contratti di
finanziamento.
La Banca d’Italia sta impiantando il sistema di controllo sui nuovi operatori, che sarà improntato a
un regime fortemente proporzionale, per non gravare tali operatori di costi “di conformità” non
strettamente necessari, tenendo altresì presente che al sistema di controllo dovrà essere data
prosecuzione a cura di un Organismo autofinanziato, quando sarà costituito.
La Banca eserciterà poteri informativi “a distanza” (è previsto l’invio oltre che dei bilanci, di flussi
statistici semestrali sull’attività e di una relazione annuale sui servizi ausiliari prestati), e poteri
ispettivi in loco. In caso di irregolarità, la Vigilanza può intervenire con il divieto di intraprendere
nuove operazioni, l’ordine di ridurre le attività o infine, ricorrendone i presupposti, con la
cancellazione dall’elenco.
La principale finalità dei controlli sugli operatori iscritti, in assenza di una valutazione prudenziale
della capacità di stare sul mercato, è quella di verificare che gli intermediari prestino il servizio nel
rispetto delle caratteristiche volute dal legislatore (mantenimento dei requisiti, rispetto del
programma di attività e delle condizioni di esercizio dell’attività di microcredito), sia per assicurare
la corretta finalizzazione dello strumento, sia per evitare che gli “operatori 111” esulino dal proprio
ambito operativo, invadendo riserve di attività non consentite. Un’attenzione specifica verrà
riservata al modello distributivo, poiché le norme vietano il ricorso a reti esterne, in particolare di
agenti e mediatori, che non rientrino tra i soggetti specializzati nella prestazione dei servizi ausiliari.
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I flussi segnaletici periodici alla Banca d’Italia conterranno informazioni finalizzate ai controlli ma
consentiranno anche di concorrere a monitorare l’evoluzione complessiva del fenomeno.
E’ infatti intenzione della Banca di raccogliere dati statistici a cadenze prestabilite anche presso le
banche e gli altri intermediari finanziari sulle operazioni di microcredito effettuate, così da disporre
di un quadro informativo generale del comparto e di coglierne l’andamento nel tempo.
Inoltre, secondo lo schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 2013/34/UE in
materia di conti annuali e consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, la Banca d’Italia
sarà competente per definire le forme tecniche dei bilanci e delle situazioni dei conti anche degli
“operatori 111”, potendo in questo modo stabilire le informazioni destinate al pubblico e al mercato
su tutto il comparto del microcredito.
Come ogni altra forma di finanziamento, la concessione di microcredito è sottoposta alle
disposizioni in materia di contrasto all’usura di cui alla legge n. 108/1996 e il D.Lgs 141/2010 ha
espressamente previsto l’inserimento degli “operatori 111” tra i soggetti tenuti alla rilevazione
trimestrale dei Tassi Effettivi Globali Medi. Non tutte le operazioni di microcredito dovranno però
essere segnalate; in sede di consultazione sulle nuove istruzioni per la rilevazione del TEGM,
recentemente conclusa, la Banca d’Italia ha infatti proposto che siano escluse le operazioni di
microcredito sociale. Andranno viceversa segnalati i tassi sui finanziamenti di microcredito
all’impresa, concessi sia dagli “operatori 111” sia dalle banche e dagli altri intermediari, che
concorrono a determinare il tasso soglia relativo alla specifica categoria di finanziamento oggetto di
rilevazione. Le istruzioni definitive saranno emanate una volta concluso l’esame, attualmente in
corso, delle osservazioni dell’industria sul documento posto in consultazione.
Nei confronti delle banche e degli altri intermediari non sono previste specifiche forme di verifica e
i controlli verranno esercitati nel più ampio contesto del processo di controllo prudenziale;
l’operatività nel comparto potrà essere oggetto di specifica attenzione nel corso, in particolare, degli
accertamenti ispettivi. Considerate le peculiarità di questa forma di finanziamento, tra cui in
particolare l’erogazione dei “servizi ausiliari”, ci si attende peraltro che le banche impegnate
nel comparto allestiscano linee di produzione specificamente dedicate, elaborino i necessari
processi di lavoro (che interessano la fase istruttoria ma in modo ancor più innovativo la fase “post
vendita”), preparino adeguatamente le risorse interne e selezionino con attenzione i partner esterni.
Non sembra infatti che le procedure standard in uso possano essere facilmente adattate a un servizio
che deve essere necessariamente in buona parte “tailor made” in funzione del particolare tipo di
cliente.
27
Dal punto di vista del trattamento prudenziale i microcrediti erogati dalle banche e dagli
intermediari sottoposti a vigilanza equivalente sono trattati alla stregua degli altri finanziamenti
concessi, in particolare, alle piccole imprese e alle famiglie. In sede di elaborazione dei nuovi
standard comunitari di adeguatezza patrimoniale originati dai lavori di “Basilea III” è stata dibattuta
l’eventuale esigenza di un trattamento ad hoc per il microcredito. La valutazione espressa dalla
Commissione UE, condivisa dalle autorità di vigilanza europee, è che i nuovi requisiti prudenziali
delle banche non ostacolano lo sviluppo dell’attività di microcredito, sia perché queste ultime hanno
un portafoglio di attività molto più ampio e devono comunque disporre di idonei sistemi di gestione
del rischio, sia perché gran parte dei fornitori di servizi di microcredito nell’ambito dell’Unione non
risulta soggetta alla normativa bancaria, come è appunto il caso degli “operatori 111” in Italia.
Altrettanto condivisibile è l’affermazione della Commissione secondo cui lo sviluppo del
microcredito è prevalentemente trainato da fattori non prudenziali quali, ad esempio, l’accesso alle
risorse finanziarie, gli incentivi all’attività autonoma e di microimpresa, le facilitazioni al passaggio
dalla disoccupazione o dalla dipendenza dall’assistenza sociale al lavoro autonomo.
Il microcredito come forma di supporto allo sviluppo: sostenibilità delle iniziative e servizi di
assistenza ai beneficiari
Un tema centrale per l’affermazione degli “operatori 111” è quello della sostenibilità delle
iniziative, prescindendo dalla consistenza delle disponibilità finanziarie e dalle finalità di chi le
fornisce.
Per la natura stessa dei destinatari (imprese in fase di start up, persone in condizioni di bisogno),
rientranti nella poco felice definizione usualmente utilizzata di soggetti "non bancabili", il loro
merito di credito risulta difficile da valutare e tendenzialmente al di fuori dei parametri "standard"
degli intermediari. Devono essere probabilmente elaborati nuovi sistemi di scoring e soprattutto
occorre sopperire al deficit di conoscenza attraverso il ricorso non meramente formale ai servizi
chiamati ausiliari.
Dal primo contatto, spesso generato dallo stesso network utilizzato per l’erogazione dei servizi, si
sviluppano tra finanziatore e possibile cliente una serie di reciproci scambi informativi, che
orientano quest’ultimo sulla fattibilità del suo progetto e sulla corretta individuazione dei suoi
bisogni finanziari e, al contempo, aiutano il finanziatore a raccogliere gli elementi utili ai fini della
deliberazione sulla concessione del finanziamento. La relazione di clientela così creata non si
esaurisce nella fase istruttoria e nella eventuale erogazione, ma prosegue con il monitoraggio e
l’assistenza successivi, per tutta la durata del piano di rimborso. Una simile “intensità di relazione”
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consente al finanziatore di mitigare il rischio dell’operazione facendolo rientrare entro parametri di
accettabilità.
Tra tali parametri rientra anche l’applicazione al prestito di un prezzo "corretto", laddove la
correttezza sul piano economico/finanziario – che richiederebbe l’integrale copertura del premio al
rischio – deve essere spesso in questo contesto contemperata da un principio di "correttezza etica".
Principio talmente avvertito nel nostro paese, dove già esistono norme che pongono limiti tassativi
ai tassi dei finanziamenti, da indurre il legislatore a porre una soglia massima alla remunerazione
del microcredito nella forma “sociale”. Tale soglia spinge ulteriormente gli “operatori 111” ad agire
in veste di “promotori dell’imprenditoria” e a ricercare nella migliore possibile combinazione del
profilo di rischio-rendimento del portafoglio di crediti alle microimprese le proprie condizioni di
equilibrio e di profittabilità. Un importante contributo al conseguimento di un simile equilibrio può
venire dalle forme di incentivazione e di supporto pubblico, ampiamente adottate in tutti i Paesi che
promuovono l’inclusione finanziaria; in tal senso opera la scelta di riservare alle operazioni di
microcredito una parte delle disponibilità del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
L’esigenza di una corretta gestione degli elementi di remunerazione e di rischio delle operazioni di
microcredito non viene meno nemmeno per le banche e per gli intermediari finanziari, che possono
tuttavia prestare il servizio in una logica maggiormente integrata nell’ambito della gamma dei
prodotti offerti, potendo ricercare “ritorni” non necessariamente legati alla remunerazione
economica del singolo finanziamento di microcredito ma rivenienti da una prospettiva anche non di
breve termine di crescita delle relazioni di clientela e/o da obiettivi di maggiore impegno e
responsabilità sociale della banca.
Il carattere di novità del microcredito attiene soprattutto alla presenza dei “servizi ausiliari”.
Tali servizi, di assistenza e monitoraggio, sono stati giustamente introdotti come requisito
imprescindibile dell’attività di microcredito. Se condiviso nel principio, il tema è fortemente
dibattuto per quanto concerne le modalità richieste per dare concreta attuazione alle norme che li
prevedono e per assicurare l’effettività dei controlli. Si tratta infatti di servizi non finanziari, di
supporto allo sviluppo dell’impresa o alla persona, che integrano componenti qualitative di
competenza tecnica così come relazionale. Il loro legame “necessario” con il processo di erogazione
e gestione dei microcrediti è noto e ampiamente riconosciuto, ma le prassi sono molto varie e
diversificate; la loro codifica e declinazione in requisito giuridico è assai meno agevole.
Sarebbe quanto mai auspicabile in tal senso che i portatori d’interesse (le reti di operatori, l’Ente
nazionale per il microcredito …) lavorino assieme per definire al meglio i servizi ausiliari.
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La Banca d’Italia per proprio conto ha al momento previsto flussi informativi particolareggiati sugli
assetti organizzativi e sulla concreta erogazione dei servizi ausiliari che gli “operatori 111”
dovranno rendere; l’auspicio è che dal lato dell’industria e delle altre istituzioni coinvolte possa
darsi corso a iniziative che sanciscano le “best practices” in materia. L’ipotesi di interventi
normativi intesi a precisare ulteriormente tratti e contenuti dei servizi appare problematica e per
molti versi non auspicabile; per converso, il confronto e la condivisione di esperienze tra chi da
tempo opera nel comparto – associazioni, enti del terzo settore, organismi anche pubblici – con il
contributo della ricerca e attingendo eventualmente anche a esperienze estere potrebbe portare alla
formazione di una regolamentazione leggera, se non anche al conferimento a un ente preposto – che
a mio avviso dovrebbe essere l’Ente Nazionale Microcredito - di compiti di accertamento e
accreditamento, in modo da poter fissare degli standard di riferimento nell’interesse non tanto e non
solo delle autorità di controllo ma soprattutto dei beneficiari dei servizi stessi.
3. Le considerazioni finali
Il presente studio è partito dal contesto internazionale di riferimento dove, come si è visto, da parte
dei vari organismi tecnici e politici coinvolti sono emersi, a mio avviso, 5 punti chiari:
a) l’estrema eterogeneità degli attori coinvolti e dei quadri di riferimento normativo nel settore
microcredito;
b) la necessità comunque di una “proporzionalità” in riferimento alla normazione del settore
microcredito (legislazione per quanto possibile “tailor made”);
c) l’impatto quasi nullo delle norme di Basilea 2 e 3 sull’attività di microcredito delle banche;
d) la scelta operativa tra norme ad hoc, norme all’interno della legislazione vigente, adozione
volontaria di principi di buona condotta nell’erogazione del microcredito;
e) i diversi approcci che caratterizzano le tre esperienze legislative esaminate;
Analizzando quanto emerso dall’approfondimento di alcuni paesi possiamo evidenziare quanto
segue.
In Francia dove si è tentato di coniugare l’aspetto sociale e quello commerciale, è presenti un
ampio set legislativo che nel suo articolato insieme “regge” il sistema. Abbiamo infatti esaminato
anche le leggi a supporto della creazione delle microimprese, gli incentivi fiscali a sostegno di chi
appoggia la microfinanza, la creazione dei fondi di garanzia a favore degli operatori di microcredito
etc… .
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E’interessante notare alcune linee di tendenza del mercato francese che abbiamo riportato e che
evidenziano un rischio: quando si “industrializza” troppo il processo del microcredito si rischia di
perdere l’approccio tailor made, si tende a dar maggior attenzione ai clienti più redditizi, le banche
tendono ad “invadere” il campo.
E’opportuno sottolineare che talvolta esiste una correlazione tra l’esistenza di normative dedicate al
microcredito e obiettivi economici. Infatti, in alcuni paesi in cui esiste una legislazione specifica la
creazione di MFIs spesso è disgiunta dal raggiungimento di traguardi sociali ma al contrario è
prevalentemente orientata al profitto economico come in Romania ove, dopo l’approvazione della
legge sul microcredito, la creazione di MFIs è stata esclusivamente orientata a scopi commerciali.
Per quanto riguarda l’Italia, per il momento, vista la recente applicazione dei decreti attuativi e la
recentissima - giugno 2015- emanazione da parte della Banca d’Italia delle norme per l’iscrizione
all’elenco degli operatori di microcredito è presto per poter trarre delle prime conclusioni, però
alcune considerazioni si possono fare.
La legislazione italiana è l’unica che prevede l’obbligatorietà dei servizi ausiliari e una riserva di
denominazione del “prodotto” microcredito a tutela anche dei consumatori. Inoltre si rendono più
blandi i controlli prudenziali di Banca d’Italia per favorire la nascita degli operatori specializzati.
Ad oggi però le autorizzazioni sono pochissime e le richieste d’iscrizione nell’elenco degli operatori
altrettanto scarse. Quali i motivi?
Sicuramente le condizioni poste dal decreto attuativo (esistenza di un limite di attività tra
microcredito d’impresa e quello sociale, presenza dei tetti per l’applicazione del tasso d’interesse,
l’onerosità dei servi ausiliari, le caratteristiche delle imprese beneficiarie) sono molto “stringenti”
per raggiungere una certa sostenibilità da parte dell’operatore specializzato.
Inoltre, a mio avviso, quando si è varata la normativa italiana non si è tenuta nella giusta
considerazione il fatto che fino ad allora la maggior parte degli attori del settore microcredito era
rappresentato da realtà (associazioni, onlus, ong, parrocchie, fondazioni etc…) ben diverse rispetto
a quelle presenti in Francia e Romania, molto più strutturate ed “aziendalizzate” al momento del
varo delle loro rispettive legislazioni di riferimento.
Un altro rischio presente in Italia è quello che tra i soggetti erogatori di microcredito, le banche, gli
intermediari finanziari e gli operatori specializzati (111), solo a quest’ultimi viene richiesto la
presentazione di un programma dettagliato di attività in particolare per la parte inerente la fornitura
dei servizi ausiliari.
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Ora alla luce del fatto che alcune “facilitazioni”, compresa quella dell’accesso al Fondo Centrale di
garanzia per il Microcredito, sono per l’appunto riservate al microcredito, si corre il rischio che le
banche e gli intermediari finanziari vi accedano senza dare le “giuste” garanzie in termini di
somministrazione dei servizi ausiliari.
Ricordiamo che la riserva di denominazione potrebbe far incorrere in pesanti sanzioni i soggetti che
non rispettino le condizioni necessarie per rientrare nella definizione del microcredito.
E’pur vero che al momento mancano delle indicazioni precise da parte di Banca d’Italia sulla
tipologia dei servizi ausiliari e delle modalità di erogazione.
A tale proposito sarebbe necessaria la consultazione da parte di Banca d’Italia di quel mondo che da
sempre ha erogato tali servizi ausiliari anche prima dell’entrata in vigore dei decreti attuativi, per
definirne i contorni e le modalità operative. Solo in questo modo si potranno avere dei servizi
ausiliari realmente utili, praticabili ed efficaci.
In conclusione chi scrive si trova più vicino alle posizioni di chi suggerisce l’adozione -su base
volontaria da parte degli operatori - di buone pratiche per l’erogazione del microcredito più che la
creazione di legislazioni ad hoc. L’aver inquadrato il microcredito all’interno della legislazione
bancaria in paesi come Francia, Romania e Italia - per quanto ci si sforzi di rendere quest’ultima
“proporzionale” alle caratteristiche specifiche dello strumento - corre il rischio di “snaturare” la
valenza inclusiva e sociale del microcredito stesso.
Alcune tendenze del mercato francese e rumeno del microcredito citate nello studio fanno riflettere.
La creazione di un set di strumenti legislativi a supporto potrebbero in parte mitigare tale rischio,
collegando maggiormente lo strumento ai suoi fini sociali originari.
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Sitografia
Europa
-
Expert Group Report The Regulation of Microcredit in Europe
ec.europa.eu/DocsRoom/documents/3669/attachments/1/.../pdf
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Basel Committee on Banking Supervision
https://www.bis.org/publ/bcbs175.pdf
https://www.bis.org/bcbs/publ/d310.pdf
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Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della
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http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=CELEX%3A52012DC0769
-
Il codice europeo di buona condotta per l’erogazione di microcrediti
http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/thefunds/doc/code_bonne_conduite_it.pdf
Francia
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Code Monetaire et Financier
https://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=92E157261AE3EF15CAB1B3D4679400
4D.tpdila09v_1?cidTexte=LEGITEXT000006072026&dateTexte=20160712
-
Loi n° 2001-420 du 15 mai 2001 relative aux nouvelles régulations économiques
https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000223114
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Loi n° 2005-841 du 26 juillet 2005 relative au développement des services à la personne et
portant diverses mesures en faveur de la cohésion sociale (1)
https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000632799&categorieLie
n=id
-
Loi n° 2003-721 du 1 août 2003 pour l'initiative économique (1).
https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=LEGITEXT000005634924
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-
Loi n° 2005-882 du 2 août 2005 en faveur des petites et moyennes entreprises
https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000452052&categorieLie
n=id
Romania
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Lege nr.240 din 15 iulie 2005- privind societăţile de microfinanţare
http://www.cdep.ro/proiecte/2005/100/70/2/leg_pl172_05.pdf
-
Ordonanţa Guvernului nr.28 din 26 ianuarie 2006 privind reglementarea unor măsuri
financiar-fiscale
http://www.cdep.ro/proiecte/2006/400/00/7/leg_pl407_06.pdf
-
Lege nr. 93 din 8.apr.2009 Monitorul Oficial, Partea I 21.apr.2009. Intrare în vigoare la
21.apr.2009 ; privind instituţiile financiare nebancare
http://www.bnr.ro/apage.aspx?pid=404&actId=322427
Italia
-
Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia.
http://www.consob.it/main/documenti/Regolamentazione/normativa_ln/dlgs385_1993.htm
-
Disciplina del microcredito, in attuazione dell'articolo 111, comma 5, del decreto legislativo
1° settembre 1993, n. 385
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/12/1/14G00184/sg
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