Gola La passione dell`ingordigia

Transcript

Gola La passione dell`ingordigia
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Percorso tematico di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Gola
La passione dell’ingordigia
Hieronymus Bosc, Gola, ne La tavola dei vizi 1480. Mueso del Prado, Madrid
Fernando Botero, Una famiglia
Jehan Georges Vibert, The Marvelous Sauce, ca.1890,Albright-Knox
Art Gallery
I 10 PROGRAMMI DI CUCINA PIU’ VISTI NEL 2011
1- Masterchef Italia (Sky e Cielo)
2- La prova del Cuoco (Rai Uno)
3- Hell's Kitchen (Cielo)
4- I menù di Benedetta (La7)
5- Gamberetto (Gambero Rosso Channel)
6- Il boss delle torte (Real Time)
7- In cucina con Ale (Real Time)
8- Cuochi e fiamme (La7d)
9- Masseria Sciarra (Alice)
10- Ace of Cakes (SkyUno)
Cartina sulla
situazione
globale della
nutrizione
1
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Alcune considerazioni iniziali
Il cibo, il suo utilizzo, gli uomini: tra necessità e contraddizione.
Nela gennaio 2003, in Francia, un gruppo di ristoratori e giornalisti fece arrivare al papa Giovanni Paolo II la
supplica per una correzione semantica nella lingua francese. Si trattava di sostituire il peccato della
gourmandise con gloutonnerie. Il secondo termine, mutuato dall’inglese, esprime l’azione di chi
avidamente si rapporta al cibo e ne mangia in grande quantità. Quindi meglio si adatta a descrivere la
distorsione nel rapporto col cibo. Il primo invece, suggerisce un rapporto equilibrato con l’alimentazione,
anzi, una vera e propria educazione del gusto e del palato valutando la bontà e la qualità dei cibi.. Il
gourmand e insomma un fine buongustaio capace di esercitare nei confronti dell’alimentazione un
rapporto sano ed equilibrato. Non determina quindi l’ingordo o il peccatore.1
Al dilà della questione semantica, del significato, l’interrogazione rivolta al papa denota la necessità di
considerare seriamente la questione del rapporto con il cibo e con gli alimenti che sono alla base del
meccanismo vitale-nutrizionale.
Parlare di cibo infatti significa sempre parlare di nutrizione e alimentazione ma anche di patologie come
anoressia e obesità, e ancora di fraternità e convivialità nonché di slow e fast food. Cibo è questione di
denutrizione e morte infantile per mancanza di sana e corretta alimentazione, ma anche di tradizioni
tipiche e locali per non parlare di TV e cinema.
Il cibo è lo strumento della nutrizione e della vita. Cibarsi è necessario, essenziale ed è da modulare a
seconda dell’età, dello stato di vita, della salute, del luogo dove viviamo.
Il cibo è regalo della creazione ma è anche occasione e stimolo per prendersi cura dei fratelli, degli altri:
preparare da mangiare in casa, allestire la cena per un ospite curando i dettagli è segno di amicizia, di
fratellanza.
Il cibarsi non è questione primariamente umana: anche gli animali e i vegetali, a modo loro, si nutrono, si
cibano.
Il cibo può diventare una ossessione o una patologia. La globesity (termine che appare per la prima volta
nel 2001 in un rapporto dell’organizzazione mondiale della sanità) è l’epidemia mondiale del sovrappeso
che negli ultimi anni non ha più frontiere geografiche ne confini di sesso o di età ma colpisce tutti, uomini e
donne, bambini e anziani o famiglie intere (Botero)2. L’obeso è colui che si trova così per quello che ha
mangiato ob-esum dal latino ob, a causa di ed esum participio passato di edo, edere cioè mangiare. Pur
riconoscendo una possibile predisposizione fisica, la causa dell’obesità sta nell’uomo, nella sua volontà o
nella qualità contesto in cui vive.
Dall’altro canto, rimane il dramma della bulimia o dell’anoressia che affliggono ancora la nostra società.
In Italia - come ha spiegato il sottosegretario Fazio - sono almeno 3 milioni le persone tra i
13 e i 35 anni che soffrono di disturbi alimentari. E la soglia d'età si sta ulteriormente
abbassando, arrivando a coinvolgere bambini di dieci anni. E il fenomeno che finora è stato
maggiormente femminile, comincia a diffondersi anche nell'universo maschile. Sono disturbi
che insorgono in giovane età e tendono a cronicizzarsi, creando seri problemi di salute
pubblica, una vera e propria epidemia sociale.
"Questo tipo di disturbi - ha affermato Fazio - richiede un'assistenza multispecialistica,
spesso del tutto assente in molte zone del nostro Paese, costringendo di fatto famiglie e
malati a un inter diagnostico assai lungo e viaggi della speranza. Il Ministero ha istituito una
commissione che si sta occupando di avviare un percorso organizzativo per istituire in ogni
regione centri pilota di riferimento, con ambulatori ad hoc accreditati a livello regionale, e
servizi di ricovero anche in day hospital o in emergenza". (www.salute.gov.it)
1
2
Cfr. F. RIGOTTI, Gola. La passione dell’ingordigia, Il mulino 2008.
F. RIGOTTI, Gola. La passione dell’ingordigia, Il mulino 2008, 15.
2
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
È un disturbo che chiama in causa altri fattori, non solamente il cibo. Ma è da ascrivere nella grande
questione dell’alimentazione e più ancora nella percezione del corpo.
E infine, la grande questione della malnutrizione. Si stima che nel mondo 870 milioni di persone soffrano di
problemi legati alla malnutrizione (2010-2012) e che 2,5 milioni sia il numero di bambini mirti nel mondo
ogni anno.
E legato al cibo, nella pratica religiosa cristiana dovremmo aprire la questione del digiuno come pratica
ascetica.
Insomma, la questione del cibo è una questione complessa e per questo, parlare del vizio della gola, in
questo contesto di complessità chiede prudenza ma allo stesso tempo coraggio di verità.
Il vizio
Gesù dichiara puri tutti gli alimenti ed i cristiani mangiano con gioia ogni tipo di carne e bevono ogni tipo di
bevanda. Senza il cristianesimo e la cultura classica sarebbero impensabili i tortellini o il Brunello di
Montalcino - anche qui appaiono evidenti le radici dell’Europa! Perché allora la gola è un vizio? Perché è
addirittura un vizio capitale, cioè di quelli che conducono alla morte?
Definizioni
Provando a definire il vizio nella sua natura potremmo dire, utilizzando il linguaggio dei Padre.
Per Giovanni Climaco, l’oggetto del pensiero malvagio dell’ingordigia non è il cibo in sé ma l’atto del
mangiare o meglio ancora, quella parte del corpo che simbolizza la relazione con il cibo. È il ventre che si
presenta come pericoloso tiranno capace di esercitare un fascino strisciante che favorisce una passione
smodata, la gola.
Il termine greco utilizzato dai monaci per esprimere la passione della gola è gastrimarghia che
letteralmente significa follia del ventre. La gola quindi è la passione di un ventre scatenato, senza limiti, in
preda all’ingordigia.
Quando la passione invece è solo una follia della gola, del gusto, si dice laimarghia, che significa appunto
follia della gola. Da queste considerazioni dei monaci comprendiamo che la gola è irrazionale, istintiva,
passionale ed è in fondo una malattia che porta mediante un’assunzione eccessiva del cibo, ad uno
squilibrio della vita.3
Per Massimo il Confessore il cibo è un dono di Dio ha una duplice funzionalità: nutrire e conservare la salute
del corpo. L’equilibrio in relazione al cibo è mantenuto proprio da questo duplice scopo. Se si perde di vista
questa dimensione allora si abusa di ciò che è dato in dono da Dio. L0ingordigia dunque è nient’altro che
l’abuso del cibo o, se si vuole, un uso eccessivo e irrazionale, cioè non motivato, del cibo.4
Continua Climaco : L’ingordigia è l’ipocrisia del ventre che si lamenta dio essere nel bisogno quando è già
sazio e grida alla fame quando è pieno fino a scoppiare.
Gregorio Magno ci aiuta a chiamare per nome la dinamica dell’ingordigia e delle sue maschere:
Il vizio della gola ci tenta in cinque modi. Alcune volte anticipa il tempo del bisogno, altre
volte uno anticipa il tempo ma chiede cibi più ricercati; alcune volte pretende che i cibi siano
preparati con maggior cura, altre volte eccede nella quantità e infine pecca per eccessiva
voracità.5
A. PIOVANO, Ingordigia, San Paolo, 2011, 18.
A. PIOVANO, Ingordigia, o.c., 21.
5 GREGORIO MAGNO, Moralia in Job, citato in A. PIOVANO, Ingordigia, o.c., 27.
3
4
3
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Uno sguardo alla Scrittura che illumina la vita6
Per rispondere vale la pena innanzitutto tornare alla rivelazione di Dio ad Israele. In Genesi l’uomo appare
fin dall’inizio come una creatura alla quale Dio comanda di mangiare. Ma Adamo è allo stesso tempo l’unico
essere che ha la possibilità di prendere cibo rendendo grazie. Egli non solo è tratto dalla terra una volta per
tutte - Genesi gioca con il termine adam, che si potrebbe tradurre con “terrestre”, “terroso”, “polveroso”
perché tratto min adamah, cioè “dalla terra”, “dalla polvere” - ma deve ogni giorno prendere dei frutti della
terra e mangiarne.
Egli non ha la vita una volta per tutte, bensì la riceve sempre di nuovo in dono dallo stesso Creatore che
tutto ha fatto perché l’uomo potesse servirsene. La bellezza di ogni pasto è quella di ripresentare
continuamente il “mistero” dell’uomo e della sua esistenza di creatura sempre ricreata. Il «pane
quotidiano» non si può così assumere una volta per tutte, ma come la manna deve scendere nuovamente
ogni giorno.
Il cibo è allora non “cosa”, ma “dono”. Non semplice oggetto di cui appropriarsi, bensì esperienza di vita
ricevuta. Il vizio della gola ha la sua radice proprio nella dimenticanza del “miracolo” del cibo e della vita
che ne deriva.
Proprio nel modo di prendere cibo appaiono il primato dell’uomo e la sua natura insieme spirituale e
materiale, poiché egli è indissolubilmente corpo e anima. Nessun animale prega prima di mangiare. Alle
bestie non è dato né di bestemmiare, né di ringraziare. Esse semplicemente vivono, divorandosi a vicenda.
L’uomo può riferire a Dio anche il cibo o rifiutarsi di farlo, riconoscendo il dono ed il “sacrificio” della
creazione che gli viene offerta. La tradizione ebraica ha fatto della benedizione il cuore della sua relazione
con Dio e della sua testimonianza nel mondo. Dice una magnifica benedizione che si recita al mattino:
«Benedetto Tu o Signore Dio nostro Re del Mondo, che hai creato l’uomo con sapienza, e vi hai creato fori e
canali. È chiaro e noto davanti al Tuo trono che se uno di questi si chiudesse o si aprisse nessuna creatura
potrebbe resistere neppure per poco tempo. Benedetto Tu o Signore, medico di ogni creatura e
meraviglioso artefice». Questa preghiera esprime la gratitudine per il buon funzionamento del corpo
umano, riconoscendone insieme la precarietà che sempre necessita della forza divina.
In un recente incontro del Cortile dei gentili il filosofo francese Fabrice Hadjadj ricordava quanto fosse
banale considerare l’uomo semplicemente come la più evoluta delle creature, perché la più adattabile:
«Alcuni dicono che l’affermazione dell’uomo, nel corso dell’evoluzione, sarebbe dovuta alla
sua maggiore capacità di adattarsi al mondo. Eppure l’uomo sembra, al tempo stesso, un
grande disadattato: invece di vivere pacificamente secondo l’istinto, cerca un senso, decifra
il mondo come se fosse una foresta di simboli, desidera un al di là, un al di là non
necessariamente come un altro mondo, ma come un modo di penetrare nel segreto di
questo mondo, di intenderlo nel suo mistero, di bere alla sua fonte».
E continuava, affermando:
«Noi possiamo riprendere qui un verbo inventato da Dante, e dire che l’uomo è fatto per
“trasumanarsi”».
All’uomo non basta il cibo del mondo intero: egli deve comprendere perché vale la pena mangiare e cosa
fare della vita che si riceve ad ogni pasto. Nell’incontro con la samaritana, Gesù le apre il cuore proprio a
partire dalla sua sete invincibile: la donna non è mai “sazia” dell’acqua del pozzo e nemmeno dei suoi molti
mariti (neanche l’amore basta mai!) e nemmeno delle sue domande religiose, finché non incontrerà il
Messia, l’unico che disseta ogni attesa. Ora Egli è là. Ed è Lui - ricorda Sant’Agostino ad avere sete della fede
della donna.
6
A. LONARDO, Gola il cibo? È condivisione. Contributo offerto al festival di Spoleto nel giugno 2012.
4
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Cibo e vita intrinsecamente legati quindi, tanto che Enzo Bianchi, priore di Bose, ha scritto con acume:
«Davvero la cucina e la tavola sono l’epifania dei rapporti e della comunione. Del resto, il
cibo è come la sessualità: o è parlato oppure è aggressività, consumismo; o è contemplato e
ordinato oppure è animalesco; o è esercizio in cui si tiene conto degli altri oppure è
cosificato e svilito; o è trasfigurato in modo estatico oppure è condannato alla monotonia e
alla banalità. Il cibo cucinato e condiviso - il pasto - è allora luogo di comunione, di incontro
e di amicizia: se infatti mangiare significa conservare e incrementare la vita, preparare da
mangiare per un altro significa testimoniargli il nostro desiderio che egli viva e condividere
la mensa testimonia la volontà di unire la propria vita a quella del commensale».
La gola e i sensi dell’uomo
Il rapporto errato con il cibo, di fatto, apre il campo a considerazioni su un più generale rapporto dell’uomo
con il proprio corpo.
Una sfera collegata al vizio della gola è proprio quella dell’oralità che sintetizza l’ambito relazionale della
persona. La bocca dice anche la qualità della relazione, del rapporto tra persone.
Ma la voracità può produrre anche uno sguardo ingordo. La gola infatti illusione degli occhi perché nella
dinamica del vizio, anche lo sguardo che coglie il fascino del cibo. Ma qui capiamo che c’è una piùù ampia
voracità delle immagini che diventa vizio. Ci sono immagini violente, ambigue, invadenti e volgari che
creano bisogni senza fine. Anche di queste siamo viziatamente golosi.
La voracità riguarda anche la parola. È interessante che con lo stesso organo il corpo si alimenti e si
esprima. Ed è qui che un uso smodato del cibo può rimandare anche ad un uso smodato della parola che
uccide, ferisce o stordisce l’interlocutore. E quante volte siamo voraci delle parole degli altri, del
pettegolezzo, della maldicenza… anche su questa voracità è opportuno vigilare.
Il cibo preso e non accolto dice la voracità e la rapacità del prendere, della mano. Il tatto ha una relazione
significativa con il cibo. E la voracità di una mano rapace che si proietta sul cibo è simbolo di una più
generale voracità sulle cose e sulle persone (dal possesso degli altri alla vera e propria cleptomania).
L’uomo rischia di perdere la sua identità tanto che le cose sembrano dare nome all’uomo e non viceversa.
Vie di uscita.
La temperanza La temperanza è la virtù che chiama in causa il discernimento. Essa si traduce in due modi:
enkrateia e sofrosyne. Il primo termine allude ad una certa capacità di autocontrollo, di guidare, controllare
e mettere in relazione le varie componenti della propria vita per una armonia generale. Il secondo indica la
saggezza necessaria per dare moderazione ed equilibrio alla propria vita mettendola in relazione a qualcosa
di interiore che la unifica. In altri termini essere temperanti significa diventare signore di sé, divenire a se
stessi norma e questo è possibile quando non dimentichiamo la nostra finitudine. Condividendo il pensiero
dei monaci, tuttavia, sappiamo che c’è un’altra grande armonia da creare, con colui che riempie la nostra
finitudine: lo Spirto del Signore. La temperanza è dunque la virtù che lascia spazio all’uomo interiore,
spirituale, condotto dallo Spirito di Gesù.
Il digiuno. Il digiuno è la cosciente privazione di ciò che è necessario per desiderare ciò che è essenziale. Di
fatto è la strada che porta a maturare una sana distanza dalle cose per non lasciarci divorare dalle cose.
Questa relazione intelligente si attua con il cibo ma anche con molte altre sfere della vita dell’uomo. Il
digiuno è modalità per accostarsi correttamente a Dio (aver fame di Dio) e alle creature. È un profondo atto
di fede nel Signore che ci nutre con la sua Parola- scrive E. Bianchi- che ci fa vivere con la sua vita, che ci
guida con il suo amore: è da Lui che riceviamo la vita.
5
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Dall’ingordigia alla condivisione. Una storia.
C'era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro
nemmeno un'azione virtuosa.
I diavoli l'afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco.
Ma il suo angelo custode era là e pensava:
"Di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio?" Se ne
ricordò una e disse a Dio:
- Ha sradicato una cipolla nell'orto e l'ha data a una mendicante.
E Dio gli rispose: - Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago,
che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori dal lago, vada in
paradiso; se invece la cipolla si strapperà, la donna rimanga dov'è ora.
L'angelo corse dalla donna, le tese la cipolla:
- Su, donna, le disse, attaccati e tieni.
E si mise a tirarla cautamente, e l'aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri
peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori,
cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch'essi tirati fuori. Ma
la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo:
- E' me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra.
Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò. E la donna cadde nel lago e brucia ancora.
E l'angelo si mise a piangere e si allontanò.
F. DOSTOEVSKIJ, I fratelli Karamazov, libro VII.
LA GOLA ne Il mattutino di Gianfranco Ravasi (18.12.2005)
La gola è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce sempre quanto più l'uomo invecchia.
Passeggiare per le vie di una città in questo tempo già segnato dai simboli natalizi è come fare un
pellegrinaggio pagano nella terra di Bengodi. È anche un modo per imparare quante cose non necessarie
siano contrabbandate come indispensabili. Naturalmente, oltre alla vista, è soprattutto la gola ad essere
catturata. Certo, il cibo non è mai stato solo un semplice mezzo di sopravvivenza, ma ha sempre trascinato
con sé suggestivi significati simbolici di amicizia, di condivisione umana, persino di fascino e bellezza. C'è,
però, sempre in agguato " come in tutte le realtà usate dall'uomo " l'eccesso, il peccato di gola, divenuto
uno dei sette vizi capitali, bollato anche da Dante e da una schiera immane di scrittori, predicatori e
moralisti. Che questo vizio non finisca mai, anzi, si acutizzi persino nella vecchiaia quando dovrebbe
apparentemente spegnersi, ce lo ricorda Ridolfo, il gestore della famosa Bottega del caffè, la commedia che
Goldoni scrisse nel 1750. Ma il pensiero potrebbe correre a quel forte e incisivo film di Marco Ferreri che ha
un titolo emblematico, La grande abbuffata (1973), e che intreccia in modo sferzante e tragico cibo, sesso,
morte. Senza voler ripetere le pur fondate querimonie sullo spreco, sul consumismo, sulla sfacciataggine
del benessere che celebra le sue idolatriche liturgie proprio in questi giorni sacri, dobbiamo un po' tutti
riconoscere la necessità di una maggiore sobrietà. Non, però, per semplici motivi dietetici, bensì per
guardare ai margini di quelle strade e città dove si accampano tanti che non hanno neppure il minimo per
un pranzo di mera sopravvivenza.
Bibliografia:
ADALBERTO PIOVANO, Ingordigia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011.
FRANCESCA RIGOTTI, Gola. La passione dell’ingordigia, il Mulino, Bologna 2008.
contributo di A. LONARDO, Gola il cibo? È condivisione. Contributo offerto al festival di Spoleto nel giugno
2012.
6