robot di mungitura e automazione della stalla da
Transcript
robot di mungitura e automazione della stalla da
8 -ROBOT DI MUNGITURA E AUTOMAZIONE DELLA STALLA DA LATTE: 8.1- PREMESSE - Gli ultimi dati statici ufficiali del 2003 relativi alla diffusione degli AMS (Automatic Milking Systsem), i cosìdetti “robot di mungitura”, parlano di oltre 2.000 unità installate, in gran parte concentrate in Europa (fig. 1). Si tratta, quindi, di una presenza cospicua la cui importanza è ancor più evidente se si considera che nel 2000 gli AMS installati erano solo 1000, mentre nel 2005 si stima che si arriverà ad oltre 3500, con circa 700 unità/anno installate nel mondo.. In Italia si stima una presenza attuale di circa 100 unità e un mercato potenziale di circa 40-50 stazioni di mungitura automatica per anno. Si tratta, quindi, di una tecnologia ormai matura che può contare su significativi risparmi dei costi di produzione dei suoi principali componenti (in particolare i robot veri e propri) che si stanno ripercuotendo su prezzi di acquisto cedenti, già ora scesi di circa il 20 % rispetto ai valori inizionali. In un settore che sta registrando una profonda ristrutturazione, con un aumento delle dimensioni aziendali, e alla ricerca di maggiori efficienze produttive, quindi, l’allevatore deve tenere ben presente questa alternativa nel momento in cui vuole investire in tecnologie. Tuttavia, come visto nel capitolo.. ??., anche nelle sale di mungitura convenzionali le proposte di piccoli e grandi dispositivi automatici di sistemi di gestione sofisticati ed efficienti, unite a una maggior disponibilità di manodopera abbastanza affidabile, rendono le soluzioni più convenzionali non meno attraenti ed interessanti. E’ così difficile un giudizio sintetico, definitivo sulla opportunità di una soluzione, o dell’altra, la cui convenienza può essere stabilità solo nella singola realtà aziendale. I primi studi e ricerche sulla automazione integrale della stalla da latte risalgono alla fine degli anni '70 e furono attivati grazie alla scommessa di ricercatori olandesi dell’Istituto 1 IMAG di Wageningen, ma per alcuni anni si trattò fondamentalmente di idee, e discussioni prevalentemente accademiche. Quella che sembrava, alla luce del livello delle tecnologie dell'epoca, una vera scommessa, o un’esercitazione teorica, incominciò, invece, a dimostrare la propria fattibilità in primi prototipi realizzati alla metà degli anni '80 in Olanda e Germania. Negli stessi anni vennero, poi, avviati altri progetti in Inghilterra e Francia. Nel nostro paese le prime attività in argomento risalgono allo stesso periodo ma, operativamente, ci si attivò solo alla fine degli anni '80 quando nel nord Europa già si incominciavano ad accumulare importanti esperienze di campo che sempre più confermavano la validità della strada intrapresa e le potenzialità pratiche e commerciali dei ritrovati. Nel frattempo, il livello delle tecnologie e della componentisca del settore dell'automazione progredivano in modo oltremodo rapido, facilitando, così, gli sforzi di quanti erano coinvolti nello sviluppo della robotizzazione della mungitura. Nel 1992, infatti, incominciarono ad essere offerti commercialmente le prime macchine, o meglio, i primi sistemi di mungitura automatizzata, ovvero gli AMS Automatic Milking Systems come sono definiti internazionalmente (fig.10.2). Probabilmente il 1992 era ancora prematuro per il tipo di tecnologia e, in effetti, per ancora qualche anno gli esemplari installati richiesero un’assistenza tecnica continua da parte dei costruttori..Da allora, tuttavia, le vendite incominciarono a incrementare sempre più rapidamente. 10.2 La filosofia generale 2 In primo luogo preme sottolineare che non è corretto parlare di "robot di mungitura", come per lo più si sente dire, e sia, invece, più opportuno, ricorrere alla definizione: sistema automatico per la gestione della stalla da latte, AMS (Automatic Milking System) secondo la definizione internazionale. La precisazione non è formale ed è dovuta alla filosofia di funzionamento dei nuovi sistemi di cui si discute. Se è vero, infatti, che l'obiettivo iniziale era quello di sostituire le gravose operazioni manuali della mungitura mediante una macchina automatica, è anche vero che questa deve essere in grado di sostituire l'uomo in tutte le sue funzioni, in particolare quelle relative al controllo delle condizioni fisiologiche e sanitarie delle vacche. Il sistema inizia, così ad articolarsi su più sottosistemi: al semplice robot per la mungitura si affianca il sottosistema per il monitoraggio automatico degli stati fisiologico sanitari, forse meno appariscente di un braccio che si muove fra i capezzoli seguendo i movimenti della bovina, ma non meno importante, anzi, assolutamente fondamentale e necessario. A questo si aggiungono, poi, altri importanti sottosistemi quali quello per il controllo della alimentazione, durante la mungitura ed eventualmente in corsia di alimentazione, o per la gestione generale, inclusi i criteri per la determinazione degli intervalli minimo e massimo fra le mungiture, il traffico, e così via. I sistemi attuali sono, dunque, ben più complessi di quel robot in grado di movimentare il gruppo di mungitura in sostituzione del mungitore e che apparentemente rappresentavano l'obiettivo iniziale. Un ulteriore e fondamentale elemento che caratterizza gli AMS è quello dell’autogestione delle bovine che scelgono in modo abbastanza autonomo i momenti della mungitura e dell’alimentazione, sono cioè libere di frequentare sia la mangiatoia, sia le stazioni di mungitura (fig.10.3). In definitiva la filosofia che accomuna i diversi AMS è quella del "self milking" per i quali è necessaria la presenza di un sistema di biosensori per il controllo degli stati fisiologicosanitari e per la gestione generale della mandria, in altre parole abbiamo a che fare con sistemi per la gestione automatizzata della stalla da latte. (fig.10.4) 3 3 Le tecnologiche In un AMS il componente tecnologicamente più complesso è il robot dal quale dipendono in buona misura prestazioni, efficienza e soprattutto affidabilità dell’impianto. E’ pertanto opportuno premettere una definizione di “robot”, o più correttamente di “automa”: macchina predisposta per sostituire l’uomo in alcune attività produttive, dotata di una memoria per immagazzinare una quantità significativa di istruzioni; programmabile per eseguire cicli di operazioni differenti e ripetitive. Se questa è la definizione correntemente utilizzata per i robot industriali, si intuisce come nel caso della mungitura si abbia a che fare con macchine molto più complesse ed evolute. Nel nostro caso, infatti, i robot sono predisposti per sostituire l’uomo nelle operazioni di manipolazione del gruppo di mungitura, ma la loro programmazione riguarda cicli non ben definibili e strutturabili e richiede di essere gestita da un complesso sistema di sensori in grado di guidare in tempo reale i movimenti del braccio meccanico. La struttura dei robot deve essere inoltre altamente flessibile per poter intervenire su animali diversi per morfologia e comportamento e inseguirne i movimenti in fase di attacco. Nel caso dei robot di mungitura, oltre al braccio vero e proprio, elemento fondamentale è il sistema di visione preposto all’individuazione della posizione dei capezzoli e che comanda i movimenti del braccio. Altro elemento, apparentemente banale, è il box di contenimento dell’animale al quale è affidato il compito di trattenere la bovina, o meglio la sua mammella, in uno spazio confinato, garantendo confort e tranquillità. Quanto più la bovina è tranquilla e quanto più la mammella si trova in un volume limitato e prevedibile, tanto più il compito del robot è facilitato e maggiore il successo dell’attacco. Ulteriori innovazioni tecnologiche si ritrovano nell’impiantistica di mungitura che si differenzia in modo sostanziale rispetto agli impianti convenzionali. 4 10.3.1 Il box di mungitura E’ uno stallo automatizzato con funzioni di vincolamento, controllo della posizione e alimentazione delle vacche. Il vincolamento e il posizionamento della vacca all’interno del box, è un’esigenza per garantire al robot un’area di lavoro contenuta e abbastanza definita, ma deve egualmente garantire libertà di movimento agli animali per ovvi motivi di benessere animale, o animal welfare. Solo garantendo un sufficiente grado di comfort e di tranquillità si creano quelle condizioni che assicurano la frequentazione volontaria delle stazioni di mungitura e le indispensabili premesse per una corretta emissione del latte. La lunghezza degli animali è il fattore che più di altri può condizionare la posizione degli animali all’interno del box. A tale riguardo si sottolinea come, finora, i box siano stati messi a punto per la razza frisona che presenta variazioni in lunghezza dell’ordine di 50 cm. Ne deriva l’esigenza di una mobilità longitudinale per evitare difficoltà al robot nell’individuazione e nel raggiungimento dei capezzoli. Nel caso di altre razze di taglia significativamente diversa, quali per esempio la Jersey, si renderà necessario un adattamento del box. I robot di mungitura attualmente presenti sul mercato hanno utilizzato due approcci differenti per risolvere questo problema: il primo prevede il ricorso a dispositivi ed accorgimenti che riducono lo spazio fisico all’interno del box in funzione dell’animale presente al suo interno; il secondo approccio, più rispettoso delle esigenze degli animali, prevede l’utilizzo di dispositivi in grado di monitorare in continuo la posizione della bovina, in questo secondo caso, quindi, sarà il robot a dover adattare la sua posizione a quella dell’animale .(tab. 10.1) Tab. 10.1 - Caratteristiche dei box dei diversi sistemi commercializzati (2004) Caratteristica LelyProlion-AMS Astronaut Gascoignes Fulwood De Laval Merlin Zenith VMS Insentec Westfalia Galaxy Leonardo Autoalimentatore sì sì sì si sì Adattamento lunghezza box sì no sì si no Posizionamento arti posteriori sì no no no sì Monitoraggio posizione della bovina no sì no no sì Nel primo caso dopo l’ingresso della vacca, la tramoggia dell’autoalimentatore avanza verso l’animale riducendo la lunghezza del box e adattandola alle dimensioni memorizzate per ciascun animale. A questo dispositivo può essere accompagnato un rialzo per le zampe 5 anteriori che facilitano l’arretramento dell’animale durante il movimento della tramoggia e migliorano la visibilità della mammella e l’area di lavoro del braccio in fase di attacco. Inoltre possono essere presenti nella parte posteriore due fossette laterali raccordate da piani inclinali che obbligano l’animale a mantenere le zampe posteriori leggermente divaricate, facilitando quindi l’accesso del robot alla zona di lavoro. Questa soluzione riduce ulteriormente le possibilità di movimento della bovina e, in modo particolare, il rischio di calci. Il massimo rispetto delle esigenze animali è garantito negli AMS più recenti che non prevedono alcun tipo di svincolamento, mentre la posizione della bovina è continuamente monitorata da sensori ad ultrasuoni o da più banali tastatori che comunicano al robot la posizione longitudinale della bovina all’interno del box. Sicuramente, questa è la strada che già si è affermata e che ancor più si svilupperà nel futuro. 10.3.2 Il Robot . Una prima classificazione può essere basata sulla procedura di attacco dei prendicapezzoli: • attacco in stretta successione dei prendicapezzoli raggruppati su un elemento portato sulla testa del braccio robotizzat (figg.10.5-10.8a); • attacco individuale dei singoli prendicapezzoli prelevati da un "magazzino utensili" posto lateralmente al box (figg.10.6, 10.8b) Evidentemente numerosi sono i vantaggi e/o gli svantaggi delle due soluzioni, sì che, a parte convinzioni personali, è difficile esprimere un giudizio definitivo e complessivo. Del resto, delle quattro macchine disponibili commercialmente due seguono la prima soluzione, due la seconda; ancora, l'attacco in stretta successione è adottato dal sistema che finora ha Fig 10.5b 6 riscontrato la maggior diffusione e successo, mentre l'attacco individuale con prelievo dall'esterno è seguito dagli ultimi due AMS presentati. 7 8 Si può affermare che la soluzione con prendicapezzoli riuniti in un unico supporto movimentato dal braccio robotizzato sia vantaggiosa per i minori tempi di attacco, per il controllo più facile durante la mungitura e per i minori problemi legati alla gestione dei tubi del latte. Tuttavia bisogna riconoscere che le differenze nei tempi di attacco dei prendicapezzoli possono essere ampiamente compensate da una miglior efficienza in altre fasi della routine quali la pulizia dei capezzoli, l'ingresso, l'uscita, o il traffico degli animali in generale. Inoltre, da un lato le conoscenze ormai acquisite nel settore, dall’altro lo sviluppo tecnologico dei sistemi di azionamento e di visione, consentono una sensibile semplificazione dei diversi sottosistemi e dell’architettura generale della macchina, sì che anche la soluzione dell’attacco individuale dei singoli prendicapezzoli è sicuramente competitiva. Particolare, poi, la soluzione proposta all’insegna della semplificazione da ricercatori dell’Università di Milano che in pratica automatizza i movimenti del tradizionale gruppo di mungitura (fig 10.5 b) Sotto il profilo ingegneristico e per quanto relativo all’architettura e al modo di muoversi possiamo, poi, individuare fondamentalmente tre tipi di robot suddivisibili in funzione dei movimenti che il robot è in grado di compiere: • coordinate cartesiane (fig.10.9 ); • coordinate cilindriche; • coordinate sferiche. 9 Figg. 10. + quella ad assi cartesiani con vacca I robot cartesiani impiegano tre assi rettilinei le cui traiettorie consentono di raggiungere tutti punti all’interno di un determinato volume rappresentato da un parallelepipedo. Al contrario i bracci a coordinate cilindriche e/o sferiche sono costituiti da elementi vincolati fra loro mediante giunti rotativi, o sferici. Nel primo caso l’area di lavoro del robot si trova all’interno di un cilindro, nel secondo all’interno di una sfera. Senza addentrarci in dettagli ingegneristici, in commercio ritroviamo tutte le tre tipologie soprariportate anche se il sistema Leonardo (Westfalia) di tipo cartesiano è stato abbandonato.. Più sofisticate le altre soluzioni. Fra queste l’AMS Gascoignes, derivata dalla vecchia machina Prolion, il primo robot commerciale, appartiene alla categoria dei robot a coordinate cilindriche, mentre Lely, De laval e Galaxy sono a coordinate sferiche.(tab 10.1) Tab10. 2 – Caratteristiche dei bracci robotizzati degli AMS in commercio (2004) 10 Caratteristica Coordinate Robot Tipologia Robot Prolion-AMS Gascoignes Lely-Astronaut De Laval Westfalia Insentec Zenith Fulwood Merlin VMS Leonardo Galaxy Cilindriche Sferiche Sferiche Cartesiane Sferiche Ad hoc Ad hoc Ad hoc Standard Standard Sistema di end effector Attacco automatizzato end effector automatizzato Magazzino Magazzino Magazzino Prendicapezzoli Prendicapezzoli Prendicapezzoli N° Multipostazione Multipostazione Multipostazione Monopostazione Monopostazione Postazioni (1-4) (1-4) (1-4) Sotto il profilo tecnologico non è possibile dare preferenza a una o l’altra soluzione né identificare le motivazioni della scelta che vanno fatte risalire alla cultura, al bagaglio di esperienze e disponibilità di componenti dei diversi costruttori. Indubbiamente i sistemi cartesiani sono più semplici e, conseguentemente, intrinsecamente più affidabili e di minor costo. Le soluzioni a coordinate cilindriche e sferiche, invece, risultano più flessibili nelle traiettorie. Tuttavia, anche a tal riguardo i bracci cartesiani assolvono egregiamente allo scopo come chi scrive ha avuto modo di verificare direttamente nello sviluppo del robot italiano Autari-CNR (fig. 10.9). Alcune considerazioni possono invece essere fatte in merito alla scelta di realizzare il robot e le sue parti ricorrendo a quanto disponibile sul mercato dell’automazione industriale, oppure realizzando una nuova macchina progettata ad hoc. Il primo approccio, infatti, dovrebbe consentire l’accesso al mercato anche a nuovi attori grazie alla possibilità di abbattere i costi di produzione, accelerare i tempi di sviluppo e raggiungere più rapidamente un grado di affidabilità adeguato alle esigenze del sistema. In merito, Westfalia ha adottato questa scelta e, così pure Galaxy, la soluzione più recente, per la quale, tuttavia, la scelta è ricaduta su un sistema antropomorfo (fig. 10.10), del tipo di quelli impiegati per la saldatura, dotato di un numero di gradi di libertà superiore alle effettive esigenze e, quindi, intrinsecamente più costoso, ma sicuramente affidabile. 11 Un elemento di valutazione, riguarda i sistemi di sicurezza adottati per evitare che il robot possa essere danneggiato durante le operazioni di mungitura. Possono, infatti, verificarsi eventi imprevedibili tra cui, i più pericolosi per il robot, sono rappresentati da calci o, nei casi estremi, dalla caduta della bovina sul robot. A questo proposito si distinguono sistemi di protezione di tipo attivo e passivo. Nel primo caso, il robot è predisposto e programmato per riconoscere eventuali situazioni di pericolo che possono danneggiarlo, attuando di conseguenza procedure di protezione o di fuga. Ad esempio, il robot Prolion/Gascoignes è dotato di un sensore di pressione situato sul piano di appoggio di una delle due zampe posteriori. Quando l’animale è irrequieto, il sistema di controllo rileva, attraverso il sensore, il continuo sollevamento della zampa. Questo comportamento attiva una “fase di sosta” all'esterno del box durante la quale il robot attende che l’animale si calmi. Se l’animale non si calma, viene fatto uscire dal box per evitare di impegnare inutilmente e troppo a lungo il robot. Per quanto riguarda le protezioni di tipo passivo, si tratta principalmente di accorgimenti che riguardano la struttura del braccio robotizzato. In questo senso, sono state adottate soluzioni di diverso tipo che possono tuttavia coesistere sulla stessa macchina. Da un lato, il robot può essere dotato di una struttura meccanica particolarmente robusta, in grado di sostenere eventuali “scontri” con la bovina. Un altro genere di protezione passiva prevede la presenza di uno o più giunti elastici sul braccio robotizzato. Questi sono studiati e dimensionati in modo da cedere se sollecitati da una forza esterna (calcio, peso dell’animale). Il cedimento del giunto produce un movimento passivo che fa assumere al braccio robotizzato una posizione “di difesa” (appoggio sul fondo, allontanamento dall’animale, uscita dal box, ..). Quest’ultima soluzione è alla base del progetto di De laval ed è stata adottata anche dal robot Lely/Merlin. 12 Un ulteriore elemento di giudizio può riguardare la possibilità, per i diversi tipi di braccio di servire più box. Come vedremo più avanti è possibile pensare a un unico robot in grado di operare su più box. E’ questo il caso delle macchine Westfalia e Prolion nelle quali il robot scorre su guide parallelamente all’asse longitudinale dei box disposti a tandem ed è in grado di servire fino a 4 box, o postazioni (fig.10.11). Tale soluzione è chiaramente motivata dalla ricerca di abbattimento dei costi del singolo box, ma ha la controindicazione dell’affollamento degli animali attorno alla stazione di mungitura con conseguente riduzione della capacità di lavoro (n° mungiture/giorno ⋅ box). Volendo ottenere un contenimento dei costi mediante il robot multipostazione mantenendo le prestazioni della soluzione monopostazione, si dovrebbe pensare a una disposizione dei box speculari con il braccio posto al centro. In tal modo si possono ottenere agevolmente soluzioni servite da un unico robot a 2 o 4 postazioni ognuna delle quali opera su un gruppo specifico di animali che non interferiscono fra loro (fig. 10.12). 13 Tuttavia, lo sviluppo dei robot di mungitura nella direzione della semplificazione e della affidabilità tende a minimizzare i vantaggi della multipostazione più rigida rispetto alla maggior flessibilità del box singolo. 10.3.3 Sistema di visione I sistemi di visione, per l’individuazione della posizione dei capezzoli, costituiscono il sottosistema più sofisticato da cui dipendono in gran parte la velocità, precisione e affidabilità del robot che essi guidano durante la fase preliminare di avvicinamento all’animale e di attacco del gruppo di mungitura. Devono, quindi, essere in grado di: • individuare la posizione della mammella rispetto al sistema di riferimento del robot; • individuare la posizione dei singoli capezzoli; • seguire i movimenti dell’animale e i conseguenti spostamenti dei capezzoli. Il tutto in ambiente che, per gli sbalzi di temperatura, umidità e sporcizia, non è dei più favorevoli. Nella maggior parte degli AMS ciò ha portato alla suddivisione dell’operazione di individuazione della posizione dei capezzoli in due fasi: 1. localizzazione “grossolana”; 2. individuazione “fine” e inseguimento. La prima funzione, determinazione della posizione della mammella, è necessaria per consentire un rapido avvicinamento del manipolatore alla zona di lavoro. Segue una seconda localizzazione, “fine”, che ha lo scopo di rilevare la posizione dei singoli capezzoli con una precisione sufficiente a garantire l’inserimento della guaina sul capezzolo. Le due fasi sono generalmente realizzate mediante due sistemi sensoristici separati ma interdipendenti i cui sensori veri e propri possono essere collocati sul box, o direttamente sull’estremità del robot. In merito ai sensori troviamo le seguenti tipologie: • tattili: a contatto con una , o più parti dell’animale, ne rileva eventuali spostamenti. Il segnale proporzionale a questi, consente con una certa approssimazione di risalire alla posizione della mammella (localizzazione grossolana). Lo stesso sistema può 14 controllare gli eventuali spostamenti dell’animale durante la mungitura. La tecnologia è estremamente semplice, affidabile e di costo contenuto. Per contro la precisione è necessariamente limitata, per cui questo tipo di sensore può essere impiegato solo per la fase di avvicinamento grossolano. • ultrasuoni: la distanza, tra il sensore e un oggetto che riflette l’impulso ultrasonico, è calcolata sulla base del tempo intercorso tra l’emissione dell’impulso e la ricezione. Sono utilizzati sensori rotanti abbinati a un motore passo-passo che consente di controllare la posizione angolare istantanea. In tal modo si può costruire una mappa polare degli oggetti che si trovano intorno al sensore (fig. 10.14). La tecnologia dell’ultrasuono è sicuramente efficace, affidabile e di costo contenuto. Inoltre è particolarmente adatta ad ambienti di lavoro ostili, quali la stalla. Nonostante tempi di risposta relativamente lunghi e un grado di precisione non elevato, ma sufficiente, presenta caratteristiche congruenti con le esigenze dei robot di mungitura; • laser infrarosso a triangolazione: il principio di funzionamento si basa sulla riflessione del raggio laser e sulla misurazione dell’angolo di riflessione che consente di determinare la distanza dell’oggetto. Per evitare l’influenza del colore del capezzolo, si ricorre all’emissione di luce all’infrarosso. Nei robot di mungitura il sensore laser viene fatto oscillare (scanning) da un motore passo-passo su un determinato angolo, ricostruendo, così e con una certa analogia con quanto sopra visto a proposito dei sensori rotanti a ultrasuoni, la mappatura degli oggetti presenti nell’angolo di scansione (fig. 10.15). 15 I principali vantaggi risiedono nella velocità di risposta elevata, che consente di seguire senza difficoltà in tempo reale i movimenti del capezzolo, e nella precisione che può arrivare al centesimo di mm. Per contro sono evidentemente sensibili alla presenza di sporcizia e di umidità, mentre il,fattore costo oggi non costituisce più elemento discriminante, specie per il tipo di applicazione. • matrice ottica: sulla superficie interna di un supporto a “U” o ad anello viene montata una serie di emettitori luminosi (LED) e di ricevitori (fototransistor). Un eventuale ostacolo (il capezzolo) che intercetti i raggi luminosi viene individuato in base ai fototransistor oscurati. Sicuramente veloci, precisi ed economici, presentano tuttavia, l’inconveniente di un ingombro elevato e di un’area di lavoro molto ristretta, all’interno del supporto (fig, 10.16). Impiegati nelle prime fasi di sviluppo degli AMS, oggi sono stati praticamente abbandonati. 16 • Telecamera: E’ basata sull’elaborazione dell’imamgine generata da una telecamera digitale. I limiti sono dovuti all’esigenza di illuminazione dell’oggetto, il capezzolo, su cui lavorare. Per questo la telecamera viene associata a un emettitore laser che provvede a illuminare il capezzolo. Ricorrono a questo sistema i più recenti modelli di AMS ed è considerato, oggi, il più efficace e foriero di miglioramenti.(fig.10.17) Per quanto relativo all'individuazione dei capezzoli, tutte le diverse tecnologie impiegate, ultrasuoni, laser, telecamera, garantiscono complessivamente risultati soddisfacenti. Indubbiamente sono avvantaggiati i sistemi che effettuano l'attacco continuando a controllare la posizione dei capezzoli e non sulla base di una mappatura effettuata anche pochi istanti prima. E’ doveroso notare come la tecnologia basata sulla telecamera, che negli anni ’80, primi anni ’90 , non era praticabile per gli elevati tempi di elaborazione, sia oggi la più efficace e foriera di sviluppi. Per semplicità, le caratteristiche dettagliate dei sistemi di individuazione dei robot di mungitura presenti sul mercato sono riportate in tabella 10.3 Tab 3 – Caratteristiche dei diversi sistemi sensoristici per l’individuazione della posizione dei capezzoli Sistema Sensori Impiegati Prolion AMS Ultrasuoni di cui uno Gascoigne rotante, altri Zenith due a Funzionamento Il sensore a ultrasuoni rotante, montato sull’end-effector del robot, si posiziona al centro della mammella definendo la mappa dei 4 capezzoli. L’attacco viene effettuato conoscendo questa mappa e sotto il 17 triangolazione controllo dei due sensori a triangolazione che seguono eventuali movimenti della mammella De LavaI VMS Laser + Telecamera Scanner LelyAstronaut Laser + Fulwood Merlin Sensore tattile Due emettitori laser, montati su due piani diversi, proiettano due fasci luminosi che, intercettando i capezzoli, consentono alla telecamera di individuarne la posizione. La preventiva memorizzazione delle coordinate dei capezzoli consente di limitare l’area dì indagine. Il sensore laser, montato sull’end effector del robot, oscillando individua la posizione dei capezzoli. Un sensore tattile, a contatto dei posteriori della vacca, ne rileva eventuali spostamenti Tre sensori a ultrasuoni posti sul box controllano la posizione dell’animale che è del tutto libero. Grazie alla memorizzazione delle coordinate, e a una verifica effettuata Westfalia Ultrasuoni + da un ulteriore sensore a ultrasuoni situato Leonardo** Matrice ottica sull’end-effector l’attacco viene effettuato sotto il controllo finale di un sensore a matrice ottica posto sopra l’imboccatura della guaina .* I sistemi in oggetto hanno smesso di essere commercializzati . 10.3.4 L’impiantistica di mungitura Pur ritrovando i principali elementi di un impianto di mungitura tradizionale e i medesimi parametri di funzionamento (livello di vuoto, cicli e rapporti di pulsazione...) numerose sono le innovazioni introdotte dagli AMS. La più importante è sicuramente costituita dalla mungitura per singolo quarto. Si tratta di una importante innovazione resa possibile dagli automatismi di movimentazione dei prendicapezzoli e che si sta introducendo anche negli impianti convenzionali. Le produzioni e i tempi di emissione differenti fra quarti (tempi 10-15% più lunghi con produzioni 15-20% superiori per quelli posteriori) portano a vedere favorevolmente modalità di mungitura individuale per quarti che in tal modo dovrebbero evitare ogni eventualità di sovramungitura, garantendo, quindi, una perfetta rispondenza alle esigenze fisiologiche della bovina. Tuttavia, l'attacco differito nel tempo a seguito di procedure di attacco lunghe e complesse, o di attacchi falliti ripetuti, può comportare un mancato sfruttamento della scarica ossitocinica . In merito, ricercatori olandesi hanno riscontrato come l'inizio della mungitura debba avvenire 18 entro 3 min dal momento in cui la vacca entra nello stallo automatico. Tempi di attesa superiori a 3 min comportano una riduzione del latte emesso Effettuando la mungitura per quarti, è, poi, giocoforza eliminare il tradizionale collettore. I così detti tubi corti del latte diventano "lunghi" e si prolungano fino al vaso terminale prima del quale viene misurata la produzione e il flusso del latte.Inoltre,vengono analizzate alcune caratteristiche del latte quali la conduttività elettrica al fine di identificare tempestivamente l’insorgenza di fatti mastitici. Di interesse anche le possibilità di alcuni AMS di intervenire, all'inizio e alla fine della mungitura, sul singolo capezzolo con stimoli, sia meccanici, sia da variazione della pulsazione. Le potenzialità offerte dalla mungitura per quarti e dai sistemi di controllo, quali la possibilità di personalizzare i parametri di mungitura non sulla singola vacca, ma sul singolo quarto non sono ancora state sfruttate, ma già si incomincia a parlarne. Tuttavia, non è ancora possibile definire quali risultati concreti, per l'allevatore, o per una generica efficienza di sistema, tali sofisticazioni possano portare. Probabilmente, sarà opportuno analizzare e rivedere l'intero sistema di produzione del latte nella sua globalità prima di lasciarsi attrarre su percorsi tracciati da una tecnologia fondamentale, affascinante, promettente, ma relativa ad un solo momento dell'intero processo produttivo. Altra innovazione specifica dei sistemi robotizzati è la separazione dei primi spruzzi e del latte anomalo che viene convogliato in un tank separato, anche per venire incontro alla legislazione vigente. Ciò vale sia per gli animali segnalati dal sistema biosensoristico (ved. Cap:??…) sia per quelli trattati con farmaci. Anche in questo caso l’innovazione è stata estrapolata agli impianti convenzionali. Fig. 10.15 – Impianto di mungitura del sistema Zenith: 1) Prendicapezzoli; 2) celle conduttimetriche; 3) valvole di separazione; 4) collettore; 5) lattometro; 6) vaso terminale; 7) secondo vaso terminale per la separazione dei primi spruzzi e dell’acqua di risciacquo dei capezzoli; 8) pompa di estrazione; 9) al tank di raccolta per il latte normale; 10) al recipiente per il latte di separazione; 11) scarico delle acque di lavaggio dell’impianto; 12) scarico delle acque di lavaggio dei capezzoli; 13) alla linea del vuoto 19 Fig. 10.16 – Impianto di mungitura dei sistemi Astronaut e Merlin: 1) Prendicapezzoli; 2) ampolle per la separazione dei primi getti; 3) gruppo di elettrovalvole; 4) flussometri; 5) lattometro; 6) vaso terminale; 7) pompa di estrazione; 9) al tank di raccolta per il latte normale; 10) al recipiente per il latte di separazione; 11) scarico delle acque di lavaggio dell’impianto; 12) alla linea del vuoto Fig. 10.17 - Impianto di mungitura del sistema VMS: 1) Prendicapezzoli; 2) valvole di scarico per l’acqua di risciacquo delle guaine; 3) Lattometri/flussometri; 4) lattometro; 5) vaso terminale; 6) pompa di estrazione; 7) valvole di separazione; 8) al tank di raccolta per il latte normale; 9) al recipiente per il latte di separazione; 10) scarico delle acque di lavaggio dell’impianto; 11) alla linea del vuoto E’, poi, presente un quinto prendicapezzolo dedicato al lavaggio preliminare dei capezzoli 20 Fig. 10.18 - Impianto di mungitura del sistema Leonardo: 1) Prendicapezzoli; 2) gruppo elettrovalvole; 3) flussometri – celle conduttimetriche; 4) collettore; 5) valvola di separazione; 6) lattometro; 7) lattodotto per il latte normale; 8) lattodotto per il latte da separare; 9) vaso terminale per il latte normale; 10) vaso terminale per il latte da separare;11) pompa di estrazione 12) al tank di raccolta per il latte normale; 13) scarico delle acque di lavaggio; 14) al recipiente per il latte di separazione; 10.5- PULIZIA E DISINFEZIONE DEI CAPEZZOLI La maggiore fonte di contaminazione batterica del latte deriva principalmente dalla mammella e dai capezzoli. Recenti studi condotti sulle cause di aumento della CBT nel latte di massa, hanno evidenziato come gran parte della conta batterica totale del latte, prodotto in condizioni igieniche adeguate, sia attribuibile alla presenza di batteri patogeni della mammella la cui contaminazione deriva soprattutto dalla lettiera e dalle generali condizioni di stabulazione. Considerando le molteplici fonti di contaminazione del latte e mancando ogni controllo visivo da parte del mungitore, il robot dovrebbe essere in grado di effettuare un accurato lavaggio e disinfezione dei capezzoli e della mammella, obiettivi che, peraltro, devono essere raggiunti anche nelle stalle convenzionali , ma a cura degli operatori. Negli AMS attualmente in commercio sono stati applicati vari sistemi e procedure per la pulizia dei capezzoli (tabella 10.4) in funzione dei diversi bracci robotizzati impiegati. Tabella 10.4. Schema riassuntivo dei sistemi di pulizia capezzoli dei diversi robot. Azienda (nazione): robot di mungitura Sistema di pulizia capezzoli DeLaval (SE): Voluntary Milking System (VMS) Prendicapezzolo separato: applicazione di acqua calda e vuoto, premungitura contemporanea alla pulizia, asciugatura con aria calda, separazione dell’acqua di lavaggio e dei primi getti di latte. Insetec (NL): Galaxy Prendicapezzolo separato: simile al precedente, esecuzione della premungitura dopo aver asciugato il 21 capezzolo e separazione dell’acqua di lavaggio e dei primi getti di latte Lely Industries (NL): Astronaut; Dispositivo con due spazzole controrotanti bagnate Fullwood (UK): Merlin Gaiscoigne Melotte (NL): Zenith Predicapezzolo usato per la mungitura: immissione di acqua, applicazione di un’elevata frequenza di pulsazioni, separazione dell’acqua di lavaggio e dei primi getti di latte 22 La procedura della movimentazione individuale del singolo prendicapezzolo ha permesso di gestire individualmente anche il lavaggio dei singoli capezzoli mediante uno speciale prendicapezzolo dedicato. Sia DeLaval, sia Insentec, infatti, ricorrono a queste modalità. In particolare DeLaval utilizza per il lavaggio un particolare prendicapezzolo, al cui interno sono presenti ugelli che iniettano acqua e aria (figura 10.19). Quando il prendicapezzolo di lavaggio viene attaccato, getti di acqua calda (35-38 °C) ed aria a temperatura ambiente vengono pompati al suo interno provocando un turbine che investe il capezzolo. Questo, oltre ad assolvere la primaria funzione di pulizia della sua superficie, contribuisce anche a quella di massaggio e all’emissione dei primi getti di latte che vengono evacuati insieme all’acqua di lavaggio attraverso una linea separata dal circuito del latte. Al termine del lavaggio e della pre-mungitura, il capezzolo viene asciugato con un getto d’aria a temperatura ambiente. L’operazione viene quindi ripetuta in successione su tutti i capezzoli prima di procedere all’attacco dei prendicapezzoli di mungitura. Una soluzione analoga è stata impiegata da Insentec per il proprio robot Galaxy. In questo caso il prendicapezzolo di lavaggio è provvisto di due ugelli posti all’interno della testa della guaina, uno inferiormente e l’altro superiormente, attraverso cui vengono iniettate acqua ed aria rispettivamente (figura 9). Il robot dopo aver proceduto alla pulizia del capezzolo con acqua tiepida ed alla sua asciugatura con aria calda, munge il primo latte. L’acqua di lavaggio ed i primi getti di latte vengono quindi eliminati attraverso tubazioni separate da quelle per il trasporto del latte. Il prendicapezzolo di lavaggio viene risciacquato con acqua, sia internamente sia esternamente, dopo ogni trattamento e fra una mungitura e la successiva. Figura 10.19. Prendicapezzoli di lavaggio. A sinistra De Laval, a destra Galaxy. L’attacco in stretta successione dei capezzoli, tipico dei sistemi che vedono i quattro prendicapezzoli riuniti in un unico supporto collocato all’estremità del braccio robotizzato, non permette, invece, di gestire il lavaggio dei capezzoli attraverso l’uso di un quinto prendicapezzolo dedicato, montato a bordo del braccio, fondamentalmente per motivi di ingombro e di interferenza con il sistema di visione, laser,o a ultrasuoni. Le soluzioni adottate per risolvere il problema sono state due. La prima, scelta da Gascoigne Melotte, prevede l’utilizzo degli stessi prendicapezzoli di mungitura anche per l’operazione di lavaggio). La seconda, seguita da Lely e Fullwood, prevede l’impiego di 23 spazzole contro-rotanti alloggiate sul braccio robotizzato, che provvedono alla pulizia dei capezzoli prima della mungitura. Sempre a spazzole rotanti era affidato il lavaggio nella macchina Westfalia, oggi, non più sul mercato. In quest’ultimo caso, l’operazione veniva eseguita in uno specifico box dedicato al solo lavaggio, aumentando la complessità e i limiti di questo AMS. Il sistema Gascoigne-Melotte prevede l’impiego di prendicapezzoli speciali, dotati di ugelli iniettori di acqua ed aria posti all’interno della testa delle guaine: quando il prendicapezzolo viene attaccato, interviene l’ugello dell’acqua per il lavaggio e, quindi, quello dell’aria per l’asciugatura del capezzolo (figura 10.20). I primi getti di latte vengono evacuati unitamente all’acqua di lavaggio, la cui separazione avviene a livello del gruppo di elettrovalvole dove ogni tubo del latte dispone di una valvola a tre vie. Figura 10.20, sinistra. Prendicapezzolo di lavaggio Gascoigne-Melotte. Figura 10.21, destra. Spazzole contro-rotanti del sistema di pulizia capezzoli Fullwood. Nei sistemi Lely e Fullwood, l’unità di pulizia dei capezzoli è costituita da due spazzole controrotanti, azionate da un motore pneumatico e movimentate sotto la mammella dal braccio robotizzato (figura 10.21). Le spazzole vengono lavate dopo ogni ciclo di lavoro con una soluzione di acqua e detergente ed asciugate attraverso la rotazione delle stesse. Il numero dei trattamenti sui singoli capezzoli è programmabile dall’utente da un minimo di zero (assenza di lavaggio) ad valore massimo di quattro, mentre il tempo di spazzolatura di ogni capezzolo è mediamente di 5 secondi. L’altezza delle spazzole, rispetto all’estremità distale dei capezzoli, è regolabile permettendo di adattare sia l’azione detergente sia l’azione di massaggio delle spazzole alla lunghezza dei capezzoli. Non è normalmente prevista, invece, l’asciugatura della superficie dei capezzoli. Tutti i sistemi bagnano il capezzolo e soltanto tre di questi (DeLaval, Insentec e Gascoigne Melotte) sono provvisti di dispositivi per l’asciugatura, nonostante i piani di controllo delle mastiti raccomandino di attaccare il gruppo di mungitura solo dopo aver asciugato i capezzoli (NMC, Recommended milking procedures). Tuttavia, anche la macchina che ancora non dispone di asciugatura potrebbe senza particolari difficoltà tecniche adottare un semplice sistema basato sull’insufflaggio di aria dall’esterno Tutti i sistemi robotizzati di mungitura, infine, prevedono il post dipping ossia l’irrorazione dei quattro capezzoli con una soluzione disinfettante al termine della mungitura. 24 10.5.1 EFFICIENZA DEI SISTEMI DI PULIZIA: I primi studi risalgono al 1992, ovvero sono riferiti ai primi robot installati (Schuiling, 1992. Il confronto effettuato sui due sistemi automatici di pulizia disponibili all’epoca, uno basato sull’applicazione di un getto d’acqua nel prendicapezzolo (Prolion-GM) e l’altro sull’uso di due spazzole contro-rotanti (Lely), non ha evidenziato differenze significative. In tutti i casi, l’efficienza di pulizia, valutata con la tecnica dei tamponi sulla cute dei capezzoli, è risultata inferiore rispetto alla preparazione manuale , ma decisamente migliore rispetto al non intervento. Mediamente, i sistemi di pulizia automatica hanno dimostrato di poter rimuovere circa il 70 % ( 69 %) della sostanza organica presente sui capezzoli. Sperimentazioni più recenti, invece, (Ten Hag & Leslie, 2002) riferiti al sistema Lely con spazzole controrotanti, sempre ricorrendo a tamponi sulla cute del capezzolo, non hanno, invece, rilevato differenze significative nella riduzione della contaminazione batterica del capezzolo tra l’intervento manuale e quello automatico. (tabella 10.5). Tabella 2. Mean teat swab plate count (TSPC). Verifiche sperimentali recenti sono state eseguite anche dagli scriventi ( 2002-2003) sul sistema di pulizia dei capezzoli tipo Lely montato, però su un robot di mungitura FullwoodMerlin, installato in un allevamento italiano. In questo caso, si è voluto valutare non solo l’efficienza della pulizia automatica con quella manuale effettuata secondo le prescrizioni del NMC (National Mastitis Council), ma anche diverse procedure di funzionamento delle spazzole rotanti. Le tre tesi sperimentali, pertanto, hanno riguardato: la pulizia automatica mediante il ciclo standard; la pulizia automatica con due cicli di lavaggio; il confronto manuale con salviettine monouso per ciascun capezzolo. I risultati confermano come la pulizia manuale, sia più efficace, ma comunque soddisfacente risulta la pulizia automatica mediante la procedura standard. Meno soddisfacente i risultati ottenuti con i due cicli di lavaggio (tabella 10.6). Passaggi prolungati, o ripetuti delle spazzole, pertanto, non portano ad alcun miglioramento della pulizia, ma provocano, al contrario, una maggior contaminazione batterica del latte. L’ipotesi che si può verosimilmente avanzare è che il passaggio prolungato delle spazzole non asporti più di tanto la sostanza organica, ma ne favorisca la sua ridistribuzione sulla cute del capezzolo Tabella 10.6 – Carica batterica totale del latte (Log10 UFC/ml) Prelievo 1 Gruppo 0 Gruppo LM Gruppo 0L Gruppo 1L Gruppo 2L 2,86 ± 0,30 3,43* ± 0,25 3,22 ± 0,30 2,79 ± 0,24 3,37* ± 0,29 25 2 2,59 ± 0,48 3,28 ± 0,64 3,56* ± 0,78 3,04 ± 0,40 2,94 ± 0,27 3 2,75 ± 0,28 2,63 ± 0,19 3,11* ± 0,17 2,99 ± 0,04 3,47* ± 0,22 4 2,76 ± 0,37 2,56 ± 0,28 3,25 ± 0,45 3,28 ± 0,37 2,98 ± 0,25 Totale 2,74 ± 0,35 2,98 ± 0,52 3,29* ± 0,44 3,02 ± 0,31 3,19* ± 0,33 * test significativo per p<0,05 0 = gruppo di riferimento; LM = lavaggio manuale; 0L = 0 passaggi di spazzole 1L = 1 passaggio di spazzole; 2L = 2 passaggi di spazzole Valutazioni sperimentali sono state effettuate anche in merito al lavaggio dell’impiantistica di mungitura e all’influenza dei lattodotti sulla CBT del latte. E’ noto in merito come il posizionamento delle stazioni di mungitura prevalentemente al centro della stalla, a notevole distanza dai tank di refrigerazione comportino lattodotti di elevata lunghezza , spesso superiori ai 50 m. In questo caso i risultati ottenuti dagli scriventi, che non hanno riscontrato aumenti significativi della CBT del latte in un lattodotto della lunghezza di 60 m, concordano con quanto ottenuto da ricercatori olandesi (Wolters, et altri, 2000) che hanno preso in esame lattodotti fino a 100 m. Solo l’intervallo di tempo fra i successivi lavaggi comporta incrementi della carica batterica del latte (figura 10.22). Figura 10.22. TPC del latte in funzione di lunghezza lattodotto e tempo fra lavaggi successivi dell’impianto. 26 10.6- POMPA DEL VUOTO E CONSUMI ENERGETICI Tutti gli attuali AMS commerciali montano pompe del vuoto e valvole di regolazione di tipo convenzionale. Troviamo, infatti, pompe rotative a palette o, solo nel caso di Zenith, ad anello liquido che entrano in funzione quando le bovine frequentano il box e valvole di regolazione servoassistite per il mantenimento del livello di vuoto. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la maggior parte dei robot ha adottato livelli di vuoto “normali” compresi tra i 40 e i 42 kPa con la possibilità di variazione su richiesta dell’allevatore. L’unica eccezione è rappresentata dal robot VMS, in cui il livello di vuoto dell’impianto è impostato ad un livello leggermente superiore, rispetto ai valori standard, pari a 44 kPa. Ciò è dovuto alla presenza del foro di ingresso d’aria alla base delle guaine che riduce localmente (alla punta del capezzolo) il livello di vuoto. Negli impianti monopostazione (VMS, Merlin, Astronaut) ogni robot di mungitura è dotato di una pompa del vuoto. Gli impianti multipostazione dispongono, invece di una pompa del vuoto centralizzata. In relazione al dimensionamento delle pompe, le varie ditte costruttrici tendono mediamente ad attribuire una portata di circa 300 l/min per ogni postazione ad eccezione del robot VMS che dispone di circa 700 l/min. A differenza di quanto avviene in un impianto tradizionale, un impianto di mungitura robotizzato richiede il funzionamento quasi continuo della pompa del vuoto. Quest’ultima deve rimanere in funzione durante la frequentazione del box e durante le operazioni di lavaggio dell’impianto. Si può quindi stimare il funzionamento della pompa non inferiore alle 20 ore/giorno cui corrispondono, secondo Artmann, consumi elevati pari a 38,5 Wh/litro di latte. Considerando, quindi, sia il tempo di funzionamento, sia la grande variazione nella richiesta di portata in funzione della fase di funzionamento (mungitura, lavaggio, attesa…) si ritiene che i robot di mungitura possano avvantaggiarsi in modo particolare di quei sistemi di regolazione del vuoto basati sulla variazione del numero di giri della pompa, noti come inverter. Questi dovrebbero assicurare, infatti, consistenti risparmi di energia. Tuttavia, attualmente nessun robot di mungitura prevede l’utilizzo di tali sistemi e solo alcuni stanno verificando l’applicabilità di tale soluzione. 10.7 Lay-out di stalla, posizionamento del robot e cow traffic Se fino ai primi anni '90 era convinzione dei ricercatori che fosse necessario forzare gli animali a frequentare la stazione di mungitura, successivamente alcuni studiosi ipotizzarono una totale libertà degli animali a frequentare lo stallo automatico con la convinzione che lo stimolo a farsi mungere fosse sufficiente ad attrarre le vacche e che, in tal modo, da un lato si garantisse un minore stress, dall'altro si diminuisse il cow traffic stazionando nei pressi del robot solo i soggetti interessati alla mungitura. In effetti, è stato provato che, senza il richiamo dell'alimento, la stazione di mungitura non rappresenta una attrazione sufficiente per gli animali. Oggi, l'orientamento prevalente è quello della frequentazione forzata, o semiforzata che ottiene posizionando la stazione robotizzata in passaggi obbligati fra zona di riposo e zona alimentazione. Anche in tal modo, infatti, esiste sempre una certa percentuale (5-10 %) animali "pigri" che faticano ad "andare a farsi mungere" e si presentano meno di 2 volte giorno (fig 10.26). si di di al 27 In tal caso, l’allevatore, allertato dal sistema di gestione, deve intervenire per accompagnare i soggetti pigri alla stazione di mungitura. Il problema può essere marcato non tanto per i nostri allevatori, quanto per quelli nordici abituati a praticare il pascolamento che meno si presta al self milking anche se troviamo studi che portano a conclusioni più positive. Proprio i tecnici olandesi e svedesi, che più hanno creduto e investito nella nuova tecnologia, si trovano ora a vederne alcuni limiti specifici per le proprie forme d’allevamento basate sul massiccio ricorso al pascolamento, peraltro richiesto dall'opinione pubblica quale condizione, o indice di benessere animale. Sono state, in merito, messe a punto soluzioni nelle quali il pascolo viene assimilato all’area di alimentazione e che in un qualche modo richiamano i sistemi di allevamento stabulati. Nel caso di forme di allevamento interamente stabulate e con la suddivisione degli spazi nelle classiche tre aree di alimentazione, riposo ed esercizio, come avviene nel nostro paese, il problema è facilmente risolvibile adottando la frequentazione forzata - o semiforzata secondo la classificazione nord europea - che, tuttavia, provoca un aumento del traffico e intoppi nell'accesso alla stazione di mungitura. Indicativamente, pur con ampie variazioni si può dire che il numero di animali che si reca al robot e viene rifiutato è quasi pari a quello degli animali accettati e munti. In primo luogo è bene chiarire che solo la stabulazione a cuccette è compatibile con i robot di mungitura, mentre la lettiera permanente, praticamente abbandonata nel nord Europa e sempre più rara nel nostro paese, non è compatibile per i problemi di pulizia e sanità della mammella. Il lay out di stalla, il tipo di stabulazione e la gestione degli animali, pertanto, sono fondamentali per il successo della stalla automatizzata. Sicuramente, poi, è più facile posizionare lo stallo singolo, o più stalli singoli, rispetto a un sistema a stalli multipli. Ciò per molteplici motivi piuttosto evidenti quali la distanza più contenuta, i percorsi più lineari e meno tortuosi, l'ambiente frequentato più contenuto e 28 famigliare, la minore competitività, il non dover attraversare la corsia di alimentazione centrale. Tenendo in debita considerazione gli elementi ricordati, esistono situazioni in cui la soluzione multipostazione può essere preferibile. Se poi si ha presente che i robot a stallo singolo spesso vengono, convenientemente ai fini del traffico, disposti affiancati, si arriva alla conclusione che una soluzione interessante è quella di due stalli speculari contrapposti serviti da un unico robot. In tal caso, infatti, la mandria è suddivisa in due gruppi, separati da barriere reali o ideali, serviti da uno, o dall’altro stallo senza accalcarsi in un unico punto (Fig 10.27.) L'esperienza accumulata è, tuttavia, ancora insufficiente per dare risposte univoche anche se non mancano tentativi in questo senso quali software per la simulazione del comportamento degli animali e delle macchine in funzione del lay out adottato al fine di ottimizzare l'efficienza del sistema. Nelle figure ?????. sono riportate alcune soluzioni con robot a box singolo e multiplo osservando le quali il lettore potrà effettuare proprie considerazioni e, se allevatore, applicarle alla propria situazione. Si noterà come è sempre presente l'area di attenzione, atta a segregare gli animali “problema”, soluzione che incomincia peraltro ad essere adottata anche nelle stalle con sala di mungitura convenzionale. Anche se sicuramente nel prossimo futuro verranno messe a punto soluzioni edilizie ad hoc, ottimali, nel complesso le tipologie più diffuse nel nostro paese si prestano a un non difficile inserimento dei sistemi robotizzati. Del resto i primi robot in Italia sono stati installati in un’antica struttura risalente al l 1.400 e dopo 7 anni si comportano ancora in modo più che soddisfacente. 10.8 Selezione degli animali 29 E’ questo un aspetto che è stato ampiamente dibattuto nel passato, ma che oggi, sulla base della grande esperienza acquisita, non preoccupa più ne gli allevatori, ne i costruttori. Se nel recente passato si considerava di dover eliminare percentuali dell’ordine del 10-15 % a seconda della tecnologia impiegata, e sulla base di considerazioni morfologiche, oggi non più del 5 % dei soggetti viene scartato nel passaggio dalla mungitura convenzionale a quella robotizzata e, per lo più, a causa del comportamento animale. Una ulteriore selezione deve essere effettuata sulla base del comportamento animale. Le vacche dell’automazione, infatti, praticano il self-milking, in altre parole sono libere di frequentare o meno la stazione di mungitura robotizzata: pertanto, dovranno essere eliminati quei soggetti che si presentano con una frequenza insufficiente. In definitiva, a seconda della tecnologia utilizzata e del materiale biologico disponibile, l’allevatore dovrà mettere in conto l’eliminazione o la sostituzione di un 10-20 % delle sue vacche. 10.9 Prestazioni e capacità di lavoro I dati disponibili sono molto vari e dipendono troppo dalle specifiche situazioni per poter dare indicazioni abbastanza precise. In particolare il lay-out di stalla e l'organizzazione dei percorsi e degli accessi verso la stazione di mungitura incidono significativamente sulla capacità di lavoro che può essere espressa in numero di mungiture giornaliere o, meglio, in litri di latte munti nell'arco delle 24 ore. La concentrazione del traffico delle vacche è un altro elemento che più influenza le prestazioni di un AMS a causa dei più elevati tempi di ingresso: per questo nei sistemi multipostazione quanti più stalli vi sono tanto minore è generalmente la capacità di lavoro della singola postazione. In prima approssimazione si può suddividere il tempo complessivo per la mungitura di una vacca in: tempi di ingresso-uscita; tempi di attacco-stacco dei prendicapezzoli; tempo di effettiva mungitura. Mentre quest'ultimo dipende dagli animali, dalle loro caratteristiche (flusso di latte), produzione, stadio di lattazione, intervallo di mungitura, i tempi di attacco-stacco sono specifici del determinato robot e i tempi di ingresso-uscita dipendono sia dall'AMS considerato, sia dalla tipologia di stalla e dal modo in cui è stato inserito. In merito, molto indicativamente, si può fare riferimento ai seguenti valori: • i tempi di attacco-stacco sono compresi fra 0.8 e 2.0 min, con differenze fra i diversi robot, intrinseche della soluzione, che mediamente non superano i 0.7 min. Ciò vale per vacche che non diano problemi a causa di una irrequietezza, o di una “configurazione” della mammella difficile; • i tempi effettivi di mungitura, ovvero quelli fondamentalmente legati all'animale e non alla macchina, sono dell'ordine di 4-8 min ; • i tempi di ingresso-uscita dal box variano mediamente fra 2 e 4 min; • negli AMS multipostazione, si possono verificare tempi di attesa, tra il momento in cui la vacca ha occupato il box e quello di inizio della procedura di attacco, dell'ordine di 130 3 min.Tanto più numerosi sono gli stalli, tanto maggiori saranno i tempi di attesa di cui sopra; • a causa di tempi morti per il lavaggio dell'impianto, la manutenzione e non frequentazione dell'impianto in alcune ore della prima mattina, si può considerare una percentuale di occupazione degli AMS dell'ordine del 80-85%. Con l'avvertenza che si possono riscontrare valori molto differenti sia in meglio, sia in peggio, l'allevatore che vuole iniziare a fare mente locale alla nuova tecnologia può, così, fare riferimento ai dati di cui sopra che sinteticamente significano per una stalla di elevata produzione (9 t latte/anno) e impostando il sistema per 3 mungiture/24 h: • numero di mungiture giornaliere dell'ordine di 150-180 nel caso di sistema monobox e di 120-150 per ogni box, nel caso di sistema multipostazione; • latte munto giornalmente: 1.8- 2.5 t per le soluzioni singole e 1.5-2.0 t/box per quelle plurime; • numero di vacche dominabili: 55-65 nel caso di postazione singola; 45-55 nel caso di postazione plurima. I valori di cui sopra dipendono in buona misura dalle caratteristiche di mungibilità delle vacche , in particolare, da: • flusso medio di emissione del latte che, oggi, in mandrie di buona genetica dell’ordine di 2-3 l/min; • comportamento degli animali sia nei tempi di accesso e uscita dalla stazione di mungitura, sia nella regolarità nella frequentazione; è Inoltre, anche le modalità di alimentazione possono influire nelle prestazioni dei robot: Infatti, poiché, la frequentazione delle stazioni diminuisce considerevolmente nelle ore notturne, la distribuzione dell’unifeed alla sera comporta un miglior utilizzo delle macchine nelle ore notturne, incrementando così le prestazioni complessive. 8 Influenza sulla produzione di latte E' noto da tempo che la riduzione dell'intervallo di mungitura comporti, entro certi limiti, incrementi della produzione di latte che, nel caso di introduzione della terza mungitura, sono dell'ordine del 10-15%. Nel caso di ulteriore riduzione dell'intervallo, tuttavia, l'incremento diminuisce considerevolmente. Tale fatto è sempre stato considerato un elemento positivo a favore del self milking con il quale si dovrebbero ottenere tre mungiture giornaliere. Nel caso degli AMS, tuttavia, non è possibile estrapolare pari pari i risultati dovuti all'introduzione della terza mungitura, in quanto le vacche non si presentano sempre con la medesima frequenza e molto diversi sono gli intervalli di mungitura per le vacche di una determinata mandria. Ricerche in merito hanno evidenziato che la riduzione del grado di secrezione dovuta a un prolungamento occasionale dell'intervallo di mungitura viene compensata facilmente se l'intervallo successivo è più corto, ma se i ritardi si verificano non occasionalmente è inevitabile una riduzione della produzione (Ipema, 1997). Ragionamenti analoghi possono essere applicati quando parliamo di robot di mungitura poiché riscontriamo 31 medie vicine a 3 (2.8-2.9) mungiture/vacca giorno. Si tratta, tuttavia, di medie ottenute fra soggetti che si fanno mungere meno di 2 volte al giorno e altri che, invece, vengono munti anche 4 o più volte (fig 10.??) Pertanto gli incrementi di produzione, anche se gli intervalli di mungitura sono prossimi a 8 h, non sono pari a quanto ipotizzabile nel caso dell'introduzione della terza mungitura. In definitiva, per valutazioni di massima l'allevatore può fare riferimento a un incremento medio della produzione di latte, conseguente all'adozione di un AMS, dell'ordine del 6-7 % come indicato da studi recenti (Svennersten-Sjaunja et al, 2000). 10.10 Effetti sulla salute della mammella e sulla qualità del latte Numerosi autori sostengono che la maggior frequenza di mungitura comporta una miglior sanità della mammella. I patogeni che invadono la mammella attraverso il dotto capezzolare possono essere più facilmente rimossi e la loro colonia ridotta. Alcune sperimentazioni hanno messo a fuoco una riduzione delle infezioni del 50%. Le esperienze di campo, tuttavia, spesso contraddicono questi risultati. Se sopra si vedeva positivamente l'apertura dello sfintere per evacuare unitamente al latte le colonie di patogeni eventualmente introdottesi, ora vediamo negativamente l'apertura del dotto capezzolare attraverso il quale i patogeni possono entrare e instaurarsi nella mammella. Inoltre l’elevata frequenza di mungitura può essere causa di un maltrattamento della mammella i cui capezzoli possono risultare più stressati e congestionati. Ciò accade, come logico, in particolare negli ultimi stadi di lattazione e nei soggetti che richiedono tempi di mungitura elevati. Anche il frequente lavaggio dei capezzoli può essere visto sia negativamente in quanto causa di maltrattamento, sia positivamente perchè barriera alla colonizzazione batterica. Si tratta allora di vedere che tipo di prodotti usare in modo da non provocare maltrattamento evidenziando i potenziali riflessi positivi sul tessuto medesimo. Sicuramente l'industria chimica ha fiutato il nuovo mercato ed era, infatti, presente al congresso di Lelystad. Una prassi sicuramente positiva è la disinfezione dei prendicapezzoli dopo ogni mungitura che costituisce una barriera alla diffusione delle infezioni. In linea teorica si dovrebbe sintetizzare che i nuovi sistemi di mungitura automatica dovrebbero consentire un miglior trattamento della mammella e migliori condizioni sanitarie. Sicuramente, trattandosi di un modo di operare del tutto nuovo, occorre ancora chiarire numerosi aspetti, comportamenti e reazioni. Indubbiamente le numerose ricerche in argomento che cercano di correlare alcuni fenomeni all'intervallo di mungitura denotano evidenti limiti: infatti, se per una determinata mandria ipotizzassimo un intervallo medio di 8h, questo sarebbe calcolato da valori estremamente variabili fra un valore massimo indeterminato e un minimo fissato, invece, dall'allevatore o dal costruttore. Questa variabilità del numero di mungiture giornaliere e dei corrispondenti trattamenti rende più problematica la messa a punto di nuove prassi e routine. Probabilmente questo è uno dei motivi che portano a un generale peggioramento dei parametri qualitativi del latte a seguito dell'introduzione degli AMS. Un interessante lavoro sperimentale relativo a oltre 150 aziende olandesi equipaggiate con AMS evidenzia un peggioramento ad esclusione del contenuto di cellule le cui variazioni non sono risultate 32 significative. Lo studio, tuttavia, evidenzia anche come nelle aziende che hanno più recentemente installato i robot le differenze siano minori. Secondo gli autori il risultato migliore è imputabile a una maggior attenzione, esperienza e sensibilità degli allevatori nel gestire animali e tecnologia. Un risultato per certi versi analogo è stato ottenuto in Danimarca ove è stato istituito un servizio di controllo e assistenza tecnica agli allevatori dotati di AMS, attualmente circa 100. In questo caso gli autori dello studio hanno riscontrato, nelle aziende che non hanno usufruito del servizio, un generale incremento della conta cellulare nei 3 mesi successivi all'installazione del robot, incremento che successivamente tende a diminuire, pur mantenendosi a livelli più elevati rispetto ai valori “pre robot”. Nelle aziende che avevano invece aderito al programma di controllo, il contenuto di cellule non è aumentato, ma addirittura è diminuito. In merito alla conta batterica e al punto di congelamento, altri importanti parametri della qualità del latte, non sono stati riscontrati risultati positivi (fig. 10.???). Risulta, quindi, evidente come, da un lato, le tecnologie e le loro modalità operative debbano ancora affinarsi, dall'altro, all'allevatore si imponga un radicale cambiamento di mentalità e la necessità di acquisire nuove conoscenze. In merito, va sottolineato che si stanno facendo strada nuove modalità di mungitura. Per esempio, mentre nei sistemi di mungitura convenzionale sono ormai consolidati livelli di vuoto di 40-42 kPa e rapporti di pulsazioni 6040, in Nord Europa vengono oggi proposti livelli di vuoto pari a 44 kPa e rapporti 65-35, accompagnati a valore di flusso per il comando di stacco di 350 cc/min, contro gli usuali 200 cc/min. Ovvero, da un lato si munge in modo più deciso, ma per un tempo minore, mentre la maggior frequenza di mungitura elimina il problema del latte residuale. 10.11 . Monitoraggio dello stato fisiologico sanitario Come già sottolineato nelle premesse, in un AMS è di fondamentale importanza la presenza di un sottosistema preposto al controllo degli stati fisiologici e sanitari delle bovine. Oggi a tale sottosistema si chiede di individuare l’insorgenza di estri e stati mastitici, ma, in un prossimo futuro numerosi altri aspetti della salute animale potranno essere valutati. E’ opportuno ricordare come il sottosistema di monitoraggio sia una “condicio sine qua non” per i robot, ma possa essere installato, con importanti benefici, anche nelle sale di mungitura tradizionali. Per quanto riguarda l’individuazione degli estri, si può affermare che la maggior parte dei sistemi disponibili, basati sulla variazione del movimento delle bovine, assolva con soddisfazione tale funzione, sì che la tecnologia possa considerarsi affidabile e consolidata. Probabilmente per questo nessuna delle numerose relazioni presentate al congresso di Lelystad era rivolta a questa problematica. Più dibattuti sono, invece, i metodi per l’individuazione della mastite che, ancora, non garantiscono risultati sufficientemente sicuri. Lo studio di sistemi automatici per l’individuazione della mastite è iniziato parallelamente ai primi studi sulla robotizzazione della mungitura. In merito, sono state indagate tecnologie come la conducibilità elettrica, la citofluorimetria, la spettroscopia nell’Infrarosso (NIRS). Tra 33 queste la conducibilità elettrica è apparsa fin dall’inizio la più semplice per l’applicazione online. Esistono, molti studi che dimostrano la relazione tra conducibilità elettrica del latte e stato di salute della mammella. Su questa base sono stati realizzati i primi sistemi di individuazione automatica della mastite installati su robot di mungitura. Ultimamente sono stati messi a punto e installati sul robot De Laval nuovi sistemi on-line per l’analisi del latte. Si tratta di sistemi ottici basati sulla analisi del colore in grado di valutare, oltre alla quantità e alla qualità del latte prodotto, anche lo stato di salute della mammella. Per quanto riguarda questa ultima tecnologia, non sono ancora disponibili dati sperimentali. In merito ai sistemi basati sul rilievo on-line della conducibilità elettrica, i risultati di alcune sperimentazioni condotte sia in Italia che all’estero, indicano, che è ancora necessaria una messa a punto della tecnologia. E’ stato riscontrato, infatti, che questi sistemi in campo sono poco sensibili e, in alcuni casi, hanno difficoltà ad individuare anche mastiti cliniche. Chi scrive ritiene che il problema dell’individuazione automatica della mastite debba essere affrontato in modo più cosciente, soprattutto da parte dell’allevatore. L’allevatore non deve, infatti, assumere un ruolo passivo di fronte al robot, aspettandosi segnalazioni sicure e indicazioni precise sugli interventi da effettuare. Il compito dell’allevatore diviene invece più importante ed è caricato di una maggiore responsabilità. In un allevamento automatizzato, l’imprenditore deve essere in grado di istruire il robot sulle modalità di segnalazione delle mastiti attraverso un’opportuna impostazione dei parametri che regolano il funzionamento del sistema. In particolare, è indispensabile chiarire agli allevatori i termini di valutazione dei sistemi di individuazione automatica della mastite: sensibilità e specificità. Si ricorda, infine e in prospettiva, un nuovo metodo basato sul rilievo dell’enzima NAGase ricorrendo a un particolare sensore proposto da Mottram con il quale si rileva anche il tasso di progesterone, 11 Valutazioni economiche La maggior parte degli studi sugli aspetti economici relativi agli AMS si sono basati fondamentalmente su due ipotesi di base: • l’eliminazione radicale del mungitore ; • l’incremento di produzione dell’ordine del 12-15%, rispetto ai sistemi convenzionali. Pertanto, nel calcolo di convenienza economica a vantaggio dell’automazione integrale sono sempre stati considerati una riduzione dei costi di produzione pari al costo di un operaio specializzato, il mungitore, e un incremento delle entrate pari alla PLV della maggior produzione di latte depurata dei costi variabili, in altre parole, della voce alimentazione. Alcuni studiosi europei si sono posti anche il problema delle quote latte facendone intervenire il costo nei modelli econometrici sviluppati in merito. Taluni studi, poi, davano per scontato una riduzione dell’incidenza delle mastiti e del periodo di interparto, quantificando come maggiori entrate anche tali ipotetici benefici. I risultati, con tali assunzioni, erano per lo più di convenienza economica a favore degli AMS e questo era uno degli aspetti più evidenziati. Oggi, alla luce delle esperienze reali acquisite, l’impostazione dell’aspetto economico differisce non poco da quanto sopra, mentre nelle valutazioni generali, pur non trascurando 34 ovviamente considerazioni sulla convenienza economica, occorre dare maggior peso agli aspetti sociali. In primo luogo, l’incremento produttivo, a causa dell'indeterminatezza degli intervalli di mungitura e di altri fattori al contorno, non isolabili come visto in un paragrafo precedente, deve essere ridimensionato, salvo il riferimento a casi reali. Un interessante studio (Artmann et al) dopo aver trovato una correlazione lineare fra produzione e intervallo di mungitura cui possono corrispondore incrementi di produzione superiori al 20%, indica quale incremento reale un valore pari al 12% (fig. 10.????). Come si vede, occorrerebbe quindi fare riferimento a situazioni concrete. Volendo egualmente effettuare valutazioni generali sulla nuova tecnologia, possiamo considerare un incremento di produzione medio non superiore al 10%, valore usato da altri studiosi (Arendzen et al.2000). L'aspetto che più differisce dalle impostazioni di qualche tempo fa è, tuttavia, relativo al risparmio di manodopera. Occorre premettere che il contesto cui fanno riferimento gli studi dei ricercatori del Nord Europa in argomento è profondamente diverso dal nostro: l’azienda da latte tipo della pianura padana ricorre al mungitore salariato; nel nord Europa è il titolare che munge. Pertanto, posto che venga eliminato l'intervento manuale nella mungitura e che si renda necessario un controllo di macchina, animali e sistema, si può quantificare il risparmio di manodopera in ore, o in valore percentuale. Nel nostro contesto, tuttavia, ciò non avrebbe senso in quanto è certo impossibile sezionare il mungitore che o viene eliminato, oppure rimane per intero in azienda e difficilmente può essere destinato ad altre operazioni. Nel caso delle operazioni di mungitura condotte dal titolare, o da altri membri il nucleo famigliare, il risparmio di tempo, qualunque esso sia, è un vantaggio che può essere valutato in quanto dedicabile ad altre operazioni o meglio, aggiungiamo, al tempo libero. Ed è questo, come indagini presso gli allevatori che hanno adottato l’AMS, il grande vantaggio, o il principale” appeal” del robot di mungitura. 35 Inoltre, la riduzione delle mastiti e del periodo di interparto non sono benefici specifici degli AMS bensì del sottosistema biosensoristico che può essere installato anche negli impianti di mungitura convenzionali. Senza voler entrare maggiormente nel dettaglio delle valutazioni economiche, che andrebbero fatte caso per caso, è abbastanza evidente che, con le premesse di cui sopra, i risultati degli studi economici hanno difficoltà a ritrovare i punti di indifferenza, o di vantaggio economico. Valutazioni applicate a situazioni padane ottimizzate nel caso sia della sala convenzionale, sia di un AMS portano, infatti, a un incremento del costo di produzione del latte dell’ordine del 15-20 %. In tale contesto, la maggior parte degli studiosi pone, pertanto, enfasi sull’impatto sociale della nuova tecnologia e le sue implicazioni benefiche in merito. Nel medio periodo, tuttavia ci si deve attendere riduzioni della differenza di costo degli AMS rispetto alle soluzioni convenzionali evolute e un incremento delle prestazioni con conseguente miglioramento del quadro prettamente economico. Tale è la posizione della scuola americana che, fino ad alcuni anni or sono, tendeva a rifiutare l’automazione integrale perché non adeguata alle condizioni americane e oggi invece giudica positivamente i sistemi innovativi vedendone nel medio periodo un ampio successo anche negli Stati Uniti. Ciò per motivazioni sia di natura sociologica, sia di vantaggio economico nell’ambito di aziende classificate piccole, ovvero tra 70 e 140 capi. Nel caso di aziende di maggiori dimensioni, 400 capi, in termini economici il vantaggio sia nel breve, sia nel medio periodo, permane a favore delle soluzioni convenzionali. 36