Partiamo un po` da lontano, da quando i

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Partiamo un po` da lontano, da quando i
Partiamo un po’ da lontano, da quando i "pellerossa" regnavano nel Nord America e le varie tribù si
spartivano territori e cacciagione, quando il primo uomo del vecchio continente metteva piede nel nuovo
mondo, quando l’oro e i corpi bruciati degli Incas alimentavano tutta l’Europa dove il "viso pallido"
ammazzava i propri fratelli in lunghe e sanguinose guerre. In Inghilterra un Signore di nome Enrico
decideva una mattina di fondare una Chiesa tutta sua, che prendesse ordini direttamente da lui, e in
Baviera un giovane devoto al Signore appendeva alla porta della cattedrale, un singolare manifesto di
"sciopero" e protesta; le guerre e persecuzioni religiose prendevano largo campo in Europa e queste
avevano spinto un piccolo gruppo di pastori inglesi a salpare verso il Nuovo Mondo già colonizzato, su una
piccola imbarcazione che chiamarono Mayflower. Si delineavano allora il mondo latino e quello
anglosassone con le conseguenti guerre territoriali tra spagnoli e inglesi; questo territorio era nato
come territorio di frontiera e continuava a vivere come tale, con continue guerre tra etnie diverse, tra
due diverse squadre per spartirsi il campo di gioco. In America del Nord erano arrivati i migliori
europei, quelli più dotti, quelli illuminati, si erano ribellati al loro padre oppressore ed avevano formato
una forma di governo tanto geniale per quel periodo e per quella terra, quanto incredibile: il
federalismo. Era cambiato il direttore d’orchestra per quelle terre, ma la musica rimaneva sempre la
stessa: invece di combattere per il colonialismo europeo c’era da colonizzare per la nuova patria, gli
Stati Uniti d’America. Nel vecchio porto di Nuova Amsterdam, poi Nuova York, incominciavano a
sbarcare migliaia d’uomini e donne irlandesi, inglesi, scozzesi, germanici, spinti fin lì per scappare alla
fame e decisi a correre anche loro per un piccolo pezzo di terra da coltivare e far crescere. L’ovest era
ormai una gran torta tagliata con metodica precisione per far prendere ad ognuno la propria fetta.
Stavano confluendo in un unico fiume vari emissari, provenienti da terre diverse, con culture e
tradizioni diverse ma pronti a sfociare tutti insieme nel nuovo grande sogno: la terra promessa, la terra
che ogni ragazzo può conquistare da solo, con le tutte le forze necessarie per riuscire a conquistare una
terreno fertile, dove iniziare a coltivare patate e grano, costruirsi una casa, accendere la sera il
caminetto ed aspettare la cena appena cucinata da sua moglie, vedere crescere i figli ed aspettare che
siano abbastanza grandi per potersi sorreggere sulle loro gambe e lasciare che il campo di patate lo
continuino ad irrigare loro. Nasceva così il SOGNO AMERICANO. Il nuovo paese cresceva, si ampliava,
combattendo le inevitabili battaglie e lasciando sul campo gli inevitabili martiri, santificati da quei
vincitori che avevano "ereditato" i grandi latifondi del sud dagli inglesi ormai cacciati dalla nazione
statunitense e ormai dediti alla colonizzazione africana e sud asiatica. Si era diffusa sempre di più
allora la moda di comprare in saldo dal negozio dei britannici un vero affare: uomini prigionieri e vittime
delle razzie in Africa, che venivano messi a lavorare nei campi di cotone e di zucchero del nuovo Sud,
dove i campi erano sterminati e c’era bisogno di grande manodopera. S’incominciava a delineare in
brevissimo tempo un nuovo scenario nello stato americano: nel nord sorgevano fabbriche ovunque,
grazie alla crescente richiesta europea e alla manodopera di immigrati, scandinavi e irlandesi, mentre
nel sud più adatto climaticamente alla coltivazione della terra, la schiavitù nera ormai era una cosa
all’ordine del giorno. Gli africani incominciavano allora a lavorare duramente per tutto il giorno e per
passare il tempo sotto il sole della Virginia cantavano le loro canzoni, le Work Songs; col passare dei
giorni le strofe si allungavano e la ritmica diventava corta e melodica, nelle comunità religiose dei centri
urbani nasceva il Gospel, mentre la malinconia e la tristezza presero campo nelle campagne: le parole
incominciavano a raccontare storie scritte sulle ruvide mani del prigioniero, triste ed in gabbia: nasceva
il Blues. Manodopera libera e non legata alla terra, da una parte, e grande quantità di manodopera sotto
strettissima sorveglianza (schiavitù), dall’altra, protezionismo da una parte e liberismo dall’altra,
tendenze politiche federali al Nord e forti riprese autonomistiche al sud. Uno scontro era inevitabile e
agli inizi del 1861 Abramo Lincoln, repubblicano abolizionista, veniva eletto, undici stati del Sud si erano
ribellati e, uniti sotto una nuova bandiera, fondarono a Richmond la nuova Confederazione di stati
indipendenti: incominciava così la guerra per scindere gli Stati Uniti tra due diverse bandiere. I sudisti
erano appoggiati da Francia e Inghilterra, le quali temevano la forte concorrenza delle industrie del
Nord, ma malgrado ciò non avevano avuto la meglio. La difficile impresa di unire Nord e Sud dura ancora
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adesso, ma il conflitto sotto un punto di vista più basso è servito per rafforzare il commercio in tutta
la nazione e per consolidare il potere federale. Si consolidarono le industrie e i campi di cereali
nell’Ovest presero a macinare per nutrire gli operai dell’Est, la macchina a vapore incominciava a
mettersi in moto per attraversare tutta la nazione e giungere fino in California. La ferrovia era
diventata il simbolo della nuova vita, dell’avventura; per questo, ferrovia e sogno americano, ferrovia e
voglia di scappare dal mondo, lasciarsi alle spalle tutto e ricominciare a vivere, incominciarono ad andare
d’accordo nella mente di ogni ribelle sognatore. Icona della terra promessa era il nuovo stato di
California, dove l’oro scendeva dai fiumi e in poco tempo cresceva una nuova ricchezza concentrata
all’altro lato del paese.
Nell’est continuava a sbarcare nuova gente in cerca di speranza e di lavoro, questa volta erano italiani
ed ebrei per lo più usati per duri lavori in fabbrica e sempre nei mestieri più poveri e umili. Gli U.S.
erano ormai un ribollente calderone di razze ed etnie differenti con una predominanza dei neri
d’america, i figli dei primi deportati africani, che continuavano a lavorare non più come schiavi, ma
sempre sotto un forte razzismo bianco. La classe dei ricchi incominciava pian piano a venire a galla, e
inevitabilmente rimanevano sul fondo le categorie più povere e sfruttate; nascevano piccoli comitati di
protesta ma la loro voce veniva sempre soffocata sul nascere. Nasceva in concomitanza con
l’espansionismo verso il west, un grande orgoglio nazionale: la fierezza dell’essere un vero americano
che si era conquistato la sua terra e stava lavorando per la sua patria, con questo si delineava ancora di
più una decisa linea di demarcazione sociale nella nazione.
Gli Stati Uniti col passare degli anni avevano incrementato la loro politica imperialistica che ebbe un
lungo strascico per tutto il secolo seguente ponendo le basi per la predominanza americana nel mondo.
Nel 1920 la nazione usciva dalla vittoria della Prima Guerra Mondiale e si apprestava a vivere un periodo
di buona condizione economica, periodo dove tergiversava la musica Jazz. Il Jazz nasceva dalle radici
del RagTime, piccolo genere musicale di New Orleans del 1890, fin quando negli stati del sud non si
erano formate piccole orchestrine che suonavano nei cortei cittadini prima, e nei locali notturni dopo.
La crisi economica del 29 aveva fatto emigrare verso il nord migliaia di persone e anche jazzisti già
affermati che avrebbero insediato a Chicago la loro nuova patria della musica. Nel lontano Ovest gli
strumenti più piccoli e più facili da portare nelle vecchie carovane erano il violino, la chitarra e
l’armonica a bocca, strumenti facili da suonare con poche e semplici note: nasceva a poco a poco la
musica Folk. Come già detto la prosperità del dopoguerra faceva viaggiare l’America su una robusta
nave spinta da un forte vento: si era alzato così il tasso di benessere e le esportazioni andavano molto
bene. Forse troppo bene: nel 1929 una grande sovrapproduzione e mancanza di esportazione a causa
della crisi post bellica europea, aveva causato una serie di avvenimenti a catena che sconvolgevano come
mai prima d’ora l’intero paese. Gravi catastrofi anche climatiche modificavano la vita nei campi del
centro ovest, migliaia di contadini erano costretti a lasciare la propria terra perché incoltivabile, in
mano alle grosse banche che se ne appropriavano e meccanizzavano la produzione nei campi, abbassando
la richiesta di manodopera. Nei verdi campi della California in cerca di un lavoro, l’esercito degli Okies
scendeva lungo le strade delle piccole città californiane crescendo ai margini della società e aspettando
un lavoro ai bordi delle strade, denutriti ed affamati, mentre dall’altra parte gli abitanti della zona
odiavano questi zingari venuti a strappargli il lavoro e a rubare nei loro negozi. L’odio cresceva sempre
di più e crebbero diversi quartieri molto poveri e in miseria, costretti a vivere per strada e a guardarsi
sempre alle spalle. Nella costa atlantica la caduta della borsa fece perdere a tutti almeno il 60% dei
risparmi, lasciando 2 famiglie su 3 sul lastrico, costretti a dormire in fabbrica per assicurarsi un pezzo
di pane. La situazione era critica ed i vinti erano sempre di più, erano sempre in crescita le persone che
si lasciavano andare, che non credevano più nella loro bandiera e nei sogni che avevano sognato per il
loro futuro; nasceva la Loose nation, la nazione persa, quella dei perdenti d’America.
La bandiera a stelle e strisce venne ripulita da Roosvelt col New Deal, miracolo di rinascita economica
nazionale; la grande depressione lasciava però cicatrici indelebili nella fisionomia americana ed i gradini
della scala sociale erano sempre più alti e marcati.
Gli Stati Uniti entravano in una seconda guerra mondiale con grande vigore e forza economica e ne
uscivano ancora una volta da vincitori, con l’inquietante presenza dell’alleato "nemico" sovietico.
Il dopoguerra era vissuto in america nuovamente come periodo di ricchezza economica e freschezza,
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dalla forte commercializzazione del Blues nasceva il rock ‘n’ roll. Sotto il profilo musicale si può vedere
in maniera più chiara lo scenario politico dell’epoca: profonde divisioni razziali che separano in modo
netto due popoli di cultura e radici differenti, da un lato i bianchi del rock’ n’ roll e dall’altro lato i neri
del blues.
Dalla seconda guerra si delineava uno scenario mondiale diviso tra Occidente americano e Oriente
Sovietico pronti a poter cominciare la guerra dei nervi, la guerra fredda, caratterizzata da piccole
ostilità tra le due superpotenze nei vari angoli del mondo, pronti ad appoggiare una o l’altra nazione:
come la guerra di Corea del ’50, il Laos e, in parte più segreta e non diretta, il Vietnam. Venivano
firmati il Patto Atlantico (1949) e il Patto di Varsavia (1955) e nasceva il mondo delle Due Nazioni.
Gli Stati Uniti ormai puntavano al controllo del sud est asiatico e cercavano di aiutare militarmente i
piccoli governi anticomunisti delle zone e di intervenire nei continui focolai di guerre civili, come nel
Laos. Nel 1962 scendevano in campo in aiuto del governo coloniale francese in Vietnam: iniziava per gli
U.S. la più grande perdita militare e umana del secolo. Un anno prima appoggiavano gli esuli cubani a
cercare di rientrare nella loro isola: Cuba, Baia dei Porci, il giorno seguente Castro si insediava a
L’Avana.
Erano anche gli anni delle rivolte nere: la minoranza che da sempre si sentiva schiacciata dal razzismo
bianco emergeva prepotentemente con Malcom X e, in seguito, con Martin Luther King; la loro rabbia
era arrivata al culmine e il governo era stato costretto a prendere drastiche decisioni, aprendo al
mondo nero quasi tutte le porte dei bianchi, anche e soprattutto negli stati del sud della nazione.
Gli Stati Uniti non facevano in tempo a scuotersi di dosso le ceneri del Vietnam e dei disordini di piazza
che negli anni settanta, iniziati sotto una grave crisi economica, scoppiavano gravi scandali interni come
il Watergate e le conseguenti dimissioni di Nixon.
La grande rivoluzione Rock si stava ripercuotendo in questi anni, nascevano varie derivazioni del Rock
psichedelico e cantautoriale come l’Hard rock, il Folk rock e il Country rock. Dalla scena nera del blues
si evolveva un nuovo modo di divertirsi e ballare e cioè la disco music, basata sull’utilizzo delle
nuovissime invenzioni tecnologiche nell’ambito musicale con suoni più sintetici e piatti.
Negli anni ottanta, la grande ripresa economica e la rivalità coi giapponesi, l’elezione di Regan come
presidente nazionale, avevano prodotto una grande spinta nazionalistica negli Stati Uniti. La voce dei
"ghetti neri" intanto cominciava a farsi sempre più insistente e, anche se l’integrazione razziale era
stata lunga e faticosa, il loro malessere non continuava a cessare e la loro nuova arma per farsi sentire
dal mondo intero era una musica nuova, dove le parole, la valanga di cose che avevano da dire a tutti,
erano predominanti, come lunghezza e spessore, sull’intero brano musicale: il Rap prendeva il largo.
Sono gli anni novanta, che si aprono per l’America con il conflitto del petrolio, la guerra del Golfo
Persico, contro Saddam Hussein. Questi anni sono segnati dal ritorno dell’americano positivo, gli anni
della presidenza Clinton e della superpotenza U.S.A. come supervisore assoluto del mondo.
Dove c’è bisogno d’aiuto sarà sempre pronto ad intervenire il popolo americano, sempre pronto ed
attento, sempre felice con un sorriso a 36 denti, sempre... sempre... sempre però a patto che l’Europa
ripaghi in buon modo la bandiera a stelle e strisce, magari bevendo qualche Coca Cola in più al bar.
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