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Note sulla storia dell’automazione. Dall’impatto sociale dell’automazione alla progettazione congiunta di tecnologia, organizzazione e sviluppo delle persone1 di Federico Butera2 Executive summary Nell’articolo vengono esplorate le applicazioni e le conseguenze sociali dell’automazione nelle fabbriche e negli uffici bancari, commerciali, di viaggi, di sicurezza e altri. In questo contributo l’automazione non viene visto come il puro e semplice spostamento di attività dagli uomini alle macchine, ma come una serie di tappe nel processo verso sistemi integrati di processi, tecnologia, organizzazione, ruoli e cultura dove la tecnologia svolge una grande varietà di attività esistenti e nuove e dove è stata progettata e realizzata una modalità specifica di interazione tra gli esseri umani e i sistemi tecnici con l’obiettivo di ottenere prodotti e servizi, organizzazioni e sistemi sociali ottimali. La tecnologia sconvolge l’organizzazione e il lavoro, ma solo la progettazione li riconfigura generando risultati economici e sociali nuovi. Non esistono effetti sociali dell’automazione, ma essi sono materia di progettazione. La convergenza di 1 Differenti versioni di questo contributo sono state pubblicate: a) in Butera, F., Thurman, J.E., (Eds.) (1984), Automation and Work Design, North-Holland, Amsterdam; b) negli atti del convegno internazionale “Joint design of Technology, Organization and People Growth” organizzato dall’Istituto Irso nel 1988 alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia a cui parteciparono oltre 50 relatori e oltre 300 partecipanti; c) in Smelser, N.J., Baltes, P.B. (Eds.) (2001), International Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences, Pergamom, Amsterdam-New York, e d) (nella sua riedizione aggiornata in corso di stampa) Wright, J. (Eds.), International Encyclopedia of Social and Behavioral Sciences 2nd Edition Elsevier, Oxford. Un contributo sostanziale sulla tematica dell’automazione non industriale è stato assicurato da Federica Persico, ricercatrice e consulente alla Fondazione Irso e Dottore di Ricerca all’Università di Milano Bicocca. 2 Università Milano Bicocca e Fondazione Irso. Studi organizzativi n. 1, 2014 – Sezione progetti e politiche organizzative 1 metodologie sociali e tecniche dovrebbe cogliere il “margine di manovra” sempre esistente per la progettazione e sperimentazione di sistemi organizzativi e sociali: ciò che abbiamo chiamato 25anni fa Joint design of Technology, Organization and People Growth. Ma questa convergenza da allora si è realizzata sono in alcuni casi virtuosi. Quali le prospettive nei prossimi 25 anni di progettare insieme tecnologie digitali, organizzazioni a reti organiche e professioni aperte che producano prosperità economica e sviluppo sociale e umano? Parole chiave: Automazione, innovazione tecnologica, effetti sociali dell’automazione, disoccupazione tecnologica, qualità della vita lavorativa, sistemi socio tecnici. Abstract Applications and social consequences of automation are explored in factories offices, travel, banking, retail, safety and others. Automation is not sheer displacement of tasks from men to machines but a stage in the process towards integrated systems of processes, technology, organization, roles and values, where technology performs a large variety of existing and new tasks, and where interaction is designed among human beings and technical systems. Technology upsets work and organization but only design resets them. Social and technical methodologies take the opportunity of the always existing “room of manoeuvre” for planning, design, and experimentation of systems. Social dimensions in technological development are not effects but instead matter of design. Keywords: Automation, technical innovation, social effects of automation, technologic unemployment, quality of working life, sociotechnical systems design, human centred design. 1. Il concetto di automazione Il termine automazione nasce come contrazione dell’espressione automatic production ed è stato impiegato per la prima volta nel 1952, sia da John Diebold - autore del libro Automation: the advent of automatic factory - che da D.S Harder, vice-presidente della produzione presso Ford Motor Company. 2 Secondo Gallino (2006), automazione, come termine corrente, «indica diverse situazioni in cui il lavoro fisico ed intellettuale umano è sostituito da macchine e da servomeccanismi meccanici, idraulici, pneumatici, elettrici, elettronici che possono eseguire automaticamente sequenze di operazioni». Come risultato di 50 anni di discussioni intorno a questo mutevole fenomeno, io definisco l’automazione come una serie di tappe nel processo verso sistemi integrati di processi, tecnologia, organizzazione, ruoli e valori, dove la tecnologia svolge una grande varietà di attività esistenti e nuove e dove è stata progettata e realizzata una modalità di interazione tra gli esseri umani e sistemi tecnici con l’obiettivo di ottenere prodotti e servizi, organizzazioni e sistemi sociali ottimali. Gli autori che si sono occupati di automazione in realtà hanno indicato di volta in volta tre diversi e talvolta coesistenti livelli di automazione: a) sistemi di controllo basati sul meccanismo di closed-loop control (sistemi di controllo ad anello chiuso di retroazione) sia rispetto a standard (feedback) sia rispetto a obiettivi o segnali (feed forward) eseguiti da qualsiasi tipo di dispositivo tecnologico; b) l’integrazione di diversi dispositivi, elaborata in un’architettura unitaria a livello di fabbrica, azienda, rete organizzativa, ottenendo continuità nei processi produttivi e nella gestione; c) sistema di adattamento e innovazione, attraverso la rapida rilevazione sia dello stato interno di un sistema che dell’ambiente (tecnico, economico, commerciale, ecc.). Le principali tipologie distinguono anche l’automazione in base a: i) la quantità di operazioni incorporate nel sistema tecnico e nelle attività umane; ii) le forme e gradi di interazione tra gli esseri umani e la tecnologia e il modo in cui dovrebbero cooperare; iii) lo stadio di sviluppo nell’integrazione nei sistemi aziendali. Le applicazioni e la letteratura indicano che l’automazione non è un dispositivo tecnico da acquistare, ma un processo dinamico di concezione e realizzazione di tecnologia, organizzazione e lavoro. L’evoluzione dell’automazione deriva dal concetto di “controllo automatico”. Questo concetto è stato sviluppato come una disciplina accademica e come un insieme di tecnologie applicate in una grande varietà di dispositivi umani intelligenti, cioè macchine in grado di leggere dati complessi, segnali, simboli, di attivare circuiti di feed-back e meccanismi di feed-forward, di interpretare variabili esterne e interne regolando la propria condotta in relazioni a tali variabili. In molti casi questi dispositivi agiscono senza intervento umano, possono trovare nuove soluzioni, possono fare qualcosa che assomiglia al pensare. 3 Viviamo in un ambiente in cui la maggior parte dei manufatti presentano diversi gradi di queste caratteristiche: servomeccanismi, robot, laminatoi completamente automatizzati, sistemi automatici di controllato a distanza dei treni, aeromobili auto-pilotati, i personal computers diffusi ovunque e molti altri. L’introduzione di tecnologie automatizzate in vari settori riduce sempre l’ammontare di lavoro umano richiesto. I ricercatori e tecnologi, tuttavia, hanno riconosciuto negli ultimi 50 anni che queste tecnologie non devono essere sviluppate senza considerare gli operatori umani. Si è sviluppata una corrente progettuale chiamata human-centred automation tesa a creare un ambiente in cui gli esseri umani e le macchine possono lavorare insieme in modo cooperativo (tra gli iniziatori di tale approccio: Sheridan, Hennessy, 1984; Noble, 1987; Rasmussen, 1987; Billings, 1997). I principi alla base di tale corrente progettuale evidenziano, tra gli altri, criteri come l’usabilità delle interfacce tecnologiche, il controllo umano delle attività automatizzate, la diffusione di opportune informazioni, la professionalizzazione, la partecipazione dei lavoratori e dei clienti nel miglioramento continuo e molto altro. Il concetto di automazione presentato, quindi, non è solo di dominio di progettisti di tecnologia perché comprende una larga area di: 1) attività umane (guida, controllo, manutenzione, logistica, ecc.); 2) forme di progettazione della collaborazione tra esseri umani e macchine nelle attività correlate e la loro interazione attraverso le interfacce; 3) forme integrate di progettazione del sistema tecnologico, organizzativo, sociale. Nella discussione che segue ci si concentrerà soprattutto sul concetto di automazione industriale, ma cenni verranno fatti alle applicazioni non industriali che in questi anni sono diventate più numerose e pervasive della originaria automatic production di Diebold e Harper. 2. Applicazioni Il concetto, la ricerca, il dibattito sull’automazione si sono sviluppati dal 1952 partendo dalla evoluzione delle tecnologie e dalle applicazioni. L’automazione di fabbrica fu la prima applicazione, quando l’ingegneria meccanica insieme con l’ingegneria della produzione svilupparono prima le macchine utensili e i trasportatori nel settore 4 automobilistico, dando luogo a quel tipo primitivo, ma seminale di automazione chiamato Detroit Automation, cioè linee di montaggio in motori e scocche, sono realizzati e movimentati senza impegno umano. Nel 1913 Henry Ford infatti aveva condotto il primo esercizio di flusso automatizzato di fabbricazione e movimentazione dei motori. L’ingegneria elettromeccanica da allora ha sviluppato dispositivi ingegnosi per il controllo automatico delle industrie di trasformazione continua - come industrie di petrolio, prodotti chimici, cemento - e nelle industrie di processo a flusso discontinuo - come acciaierie, laminatoi. Questi dispositivi sono stati inoltre applicati al controllo del traffico dei flussi fisici intermittenti - come le sale di controllo ferroviarie. L’automazione ha introdotto sostanziali rivoluzioni nelle attività di montaggio, confezionamento, imbottigliamento in varie industrie manifatturiere, in realtà trasformando i processi discontinui in processi continui. Negli anni ‘60, gli sviluppi dell’elettronica e delle scienze informatiche fecero esplodere qualitativamente e quantitativamente le innovazioni di controllo automatico in tutti i settori. I computer negli anni ‘70 hanno anche esteso il controllo automatico a tutte le macchine operative individuali come macchine a controllo numerico, robot avanzati (CNC, sistemi a controllo numerico), sistemi integrati e robot in sistemi di produzione flessibile (FMS). CNC e FMS furono una svolta: ogni sorta di operazione di produzione è stata automatizzata e allo stesso tempo è stato possibile produrre piccoli lotti a costi competitivi con quelli di economia di scala, in quanto l’ottimizzazione dei processi di programmazione era incorporata nel sistema. Le aziende inoltre hanno introdotto una vasta gamma di applicazioni, come la pianificazione della produzione (Manufacturing Planning - MRP), il disegno e la progettazione (Computer-Aided Design - CAD). La fase successiva è rappresentata dall’Enterprise Resource Planning (ERP) incentrato sulla condivisione delle informazioni tra individui diversi e le aree funzionali di una singola azienda. Il recente sviluppo di stampanti, software e hardware per le stampanti 3D ha esteso tale possibilità di realizzare prodotti finali a costi competitivi anche per i consumatori finali, attraverso makerspaces, ossia impianti di macchine 3D in comune. Negli ultimi decenni i processi di Ricerca e Sviluppo, produzione, logistica, distribuzione sono stati fortemente integrati lungo processi interfunzionali e interaziendali senza soluzione di continuità. Prima il ridisegno dei processi ha iniziato a superare le classiche organizzazioni 5 industriali gerarchico-funzionali. Architettura delle telecomunicazioni e dei sistemi informativi e reti organizzative hanno poi dato le ali a una integrazione organizzativa ignota ai modelli classici di organizzazione. Assorbimento dei compiti umani nella tecnologia e processi di integrazione organizzativa hanno perseguito due modelli distinti. Il primo è rappresentato dalla unmanned factory, la fabbrica senza uomini che con l’obiettivo di sbarazzarsi delle persone, avrebbe dovuto tagliare i costi del lavoro e le controversie sindacali attraverso la meccanizzazione avanzata e l’uso di robot. Sono i casi senza successo dei tentativi degli anni ‘70 patrocinati dalle Forze Armate degli Stati Uniti e in Italia l’esperimento Fiat Cassino degli anni ‘80. Il secondo modello è rappresentato dalla fabbrica integrata che mantiene una porzione significativa di attività umane insieme ad una forte automazione, come negli sviluppi della Toyota e della Fiat Melfi. I notevoli risparmi sui costi e i guadagni di produttività ottenuti con diverse applicazioni di fabbrica integrata nelle imprese giapponesi hanno fermato l’idea di una fabbrica senza uomini, anche quando tecnicamente possibile. Nella fabbrica integrata ha luogo una distribuzione ottimale di lavoro qualificato e di controllo automatico, i cui vantaggi non sono legati solo alla riduzione di manodopera diretta, ma anche all’integrazione di diverse funzioni e unità in modo da realizzare la massima continuità e flessibilità nei processi aziendali. Grazie ai robot industriali, macchine a controllo numerico, nuove tecnologie digitali, taglio laser, stampanti 3D a iniezione, produzione attraverso processi additivi di materiali, le produzioni possono essere automatizzate al punto che possono operare per settimane senza alcun intervento operativo umano. Ma questo non significa che le persone non siano necessarie: tutte queste macchine automatizzate hanno bisogno di qualcuno che le monitorizzi, che si occupi della manutenzione e soprattutto le programmi. Gli operatori di macchina diventano così supervisori di macchina, con nuove competenze, conoscenze estese a tutto il processo e all’ambiente di lavoro (Karsvall et al., 2003). Questo è evidente soprattutto nei casi in cui gli operatori umani devono garantire che il sistema automatizzato funzioni correttamente rilevando e assorbendo varianze, ossia stati indesiderati del processo o del prodotto (ad esempio il caso Dalmine, in Butera, 1984), o devono sorvegliare le situazioni che si discostano da quanto atteso (The Economist, 2012). Al giorno d’oggi, i software, i nuovi materiali, i robot più abili, i nuovi processi, la stampa tridimensionale e tutta una serie di servizi web-based hanno contribuito alla diffusione di una nuova idea di automazione di fabbrica al di là delle linee 6 di produzione: macchine stand-alone collegate insieme in processi integrati interaziendali. Un diverso tipo di automazione è l’office automation. Lo sviluppo di grandi mainframe, di sistemi di Electronic Data Processing (EDP) negli anni ‘80 ha automatizzato grandi quantità di operazioni di raccolta, conservazione e trasformazione dei dati, sia in amministrazioni pubbliche che private, dissolvendo grandi quantità di lavoro operativo d’ufficio. Ma anche il lavoro e l’organizzazione della contabilità, della pianificazione e controllo, degli uffici commerciali sono stati profondamente influenzati. L’Electronic Data Exchange (EDI) ha sostenuto la comunicazione tra i diversi dipartimenti e diverse imprese. I videoterminali prima e i personal computer collegati in rete dopo, (negli anni ’90) hanno rivoluzionato le tipiche operazioni amministrative e professionali di calcolo, dattilografia, editing, copia, stampa, archiviazione. La posta elettronica infine ha cambiato radicalmente il lavoro di ufficio. I social media sono ora la nuova frontiera, che fonde la comunicazione personale e di lavoro. L’automazione per il lavoro professionale è stato concepita per automatizzare compiti di routine, accelerare e supportare le attività di scienziati e professionisti. Computer Grafics e Multimedia in un primo momento e poi Internet non hanno solo automatizzato operazioni di routine, ma soprattutto hanno creato opportunità per informare e comunicare (Zuboff, 1988). Negli anni 2000, e-mail, VoIP, tagging, video-conferenze, instant messaging e social media (Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram e altri) hanno costruito piattaforme su cui i professional possono scambiarsi informazioni, pensieri, attivare discussioni, riconfigurare la loro conoscenza. Queste piattaforme sono esempi di condivisione e combinazione e sviluppo di conoscenze che generano nuova conoscenza (Haigh, 2006). L’automazione dei compiti di routine, le tecnologie dell’informazione, i nuovi ruoli professionali, le comunità di pratiche e i gruppi di lavoro, negli anni ’90, hanno dato luogo a nuovi approcci al knowledge management (Nonaka, Takeuchi, 1995; Brown, Diguid, 1991). L’automazione dei servizi è un’altra area di sviluppo relativamente recente. Processi automatizzati hanno trasformato la fornitura di servizi in molti settori (Karmarkar, 2004), ma i servizi non sono completamente automatizzati poiché nella maggior parte dei casi si tratta di servizi ibridi. Essi combinano capacità umane e capacità dei sistemi informativi per fornire e personalizzare i servizi. Nel settore bancario è possibile individuare due diversi paradigmi di automazione. Il primo paradigma (automazione di back-office, 1951-1980) 7 mira principalmente a rendere più efficienti le attività interne. In questo contesto, il sistema di gestione di database (database management system DBMS) può essere considerato come il primo dispositivo tecnico sviluppato per fini bancari. A causa del contesto competitivo degli anni ‘70, le banche hanno sfruttato ulteriormente i vantaggi dell’automazione adottando sistemi di compensazione nei flussi finanziari e modalità di trasferimento di denaro al dettaglio. Barclays - la banca che ha emesso la prima carta di credito del Regno Unito nel 1966 e, pochi anni dopo, ha aperto i primi sportelli automatici - è stato un tipico pioniere dell’automazione dei servizi. Questo tipo di automazione porta con sé alcuni vantaggi come una maggiore capacità di stoccaggio e di trasformazione per soddisfare la crescente domanda per le transazioni bancarie. Il secondo paradigma è stato incentrato sull’automazione del servizio clienti (front-office automation, dal 1981) e la proliferazione della costruzione di canali di erogazione dei servizi partendo dall’esperienza dello sportello automatico. Portali per i clienti online si sono poi rapidamente diffusi come un’opportunità per coinvolgere attivamente il front office ed i clienti nei processi bancari, nel linguaggio corrente la home banking. Nel settore dei viaggi il sistema di prenotazioni alberghiere e di ristoranti e le prenotazioni aeree hanno consentito l’automazione dei sistemi di informazione, prenotazione e acquisto. Questa automazione consente ora agli agenti di viaggio di non chiamare la compagnia aerea per effettuare prenotazioni. Ormai gran parte dei clienti finali è in grado di comprare online viaggi e posti aerei pur rimanendo alcuni casi complessi che richiedono assolutamente operatori umani. Ma anche l’industria turistica non è completamente automatizzata: richiede un servizio ibrido in cui esseri umani e tecnologia lavorano insieme. Nel settore delle vendite al dettaglio, i dispositivi di codici a barre e i RFID (radio frequency identification) consentono la forte riduzione delle attività di riassortimento, la gestione degli scaffali, l’emissione di ordini, il lavoro di cassa, ecc. Ma, oltre a questo, l’atto di acquisto in un supermercato o presso un negozio non è più solo una semplice transazione economica, ma anche un’attività generatrice di dati di ogni genere. All’inizio, le applicazione delle ICT alla vendita al dettaglio servivano solo per monitorare le scorte. Poi, le informazioni sono state gestite al fine di catturare le preferenze dei consumatori e dei modelli di consumo, così come per gestire la logistica delle catene di approvvigionamento. Man mano che la gamma di prodotti e servizi si espande e aumenta la domanda 8 dei clienti, i sistemi di supporto tecnologici diventano il principale fattore di integrazione del business. L’infrastruttura consente di fornire i dati sia all’operatore di front office che agli operatori di marketing che si occupano di customer profiling e di segmentazione dei consumatori. Interfacce Web, multimedia, strumenti di monitoraggio sono oggi in grado di tracciare passo passo il movimento dei prodotti e collegare le operazioni di front office con le azioni di service management. In settori critici per la sicurezza come l’aviazione, il controllo del traffico aereo, l’assistenza sanitaria, i sistemi automatizzati vengono utilizzati per eseguire una grande varietà di compiti prima svolti dalle persone. Sistemi automatizzati sono stati introdotti principalmente al fine di ridurre l’errore umano ed hanno dimostrato la loro utilità nel migliorare le prestazioni e nel rilevare conflitti e possibili rischi nel settore del traffico aereo, nel fornire la possibilità di prendere decisioni più velocemente e in modo accurato nel settore militare e nel migliorare le prestazioni dei piloti in condizioni estreme. Nel settore sanitario, l’automazione può aiutare a scambiare dati e file in diversi formati tra diversi dipartimenti o strutture e a ridurre gli errori. L’automazione consente alle organizzazioni sanitarie di ottimizzare le operazioni superando i confini dipartimentali, riducendo l’errore umano e i ritardi. Il Networking sta diventando il modo normale di lavorare: reti di imprese e reti di persone per la gestione delle operazioni, delle informazioni, delle relazioni sociali si stanno diffondendo sempre più frequentemente. Ciò che ci chiediamo è: Internet è automazione? Sicuramente una quantità enorme di funzioni sono gestite automaticamente dalla tecnologia internet. Oltre alla comunicazione istantanea e globale di testi, immagini, suoni, internet sta includendo funzioni e strutture, che in passato erano svolte dai sistemi organizzativi, e potenziando la conoscenza distribuita tra gli esseri umani e le macchine (Bagnara, 2010). 3. Effetti sociali dell’automazione La letteratura sugli effetti sociali dell’automazione ha avuto un andamento discontinuo. Alla fine degli anni ‘50, gli sviluppi dell’automazione in varie industrie hanno dato luogo ad un ampio programma di ricerche, finanziato dal governo americano e dai governi di altri paesi industrializzati, sugli effetti sociali dell’automazione. Sotto la pressione dei sindacati queste ricerche sono state motivate dalla previsione 9 di una larga diffusione imminente dell’automazione. I vantaggi comunemente attribuiti all’automazione includevano produttività più elevata, utilizzo più efficiente dei materiali, migliore qualità del prodotto, maggiore sicurezza, orari di lavoro più brevi, riduzione dei tempi di consegna. Ma erano molto forti anche i timori di potenziali conseguenze in termini di disoccupazione, dequalificazione, cattive condizioni di lavoro, organizzazione del lavoro e relazioni sindacali. L’automazione veniva accusata di aumentare il carico di lavoro mentale dell’operatore quando esso non riusciva a comprendere come funzionava il sistema automatizzato o come si produceva il prodotto. Molte ricerche tentarono di esplorare questi potenziali vantaggi e svantaggi e generarono una buona parte di ciò che sappiamo in questo campo, ma nel bel mezzo degli anni ‘60 queste ricerche giunsero a un arresto improvviso quando la Commissione Nazionale Americana per la Tecnologia, Automazione e Progresso Economico giunse alla conclusione che l’occupazione non sarebbe stata colpita a causa della limitata diffusione dell’automazione nella maggior parte delle industrie. L’automazione negli anni ‘70 al contrario ebbe una diffusione continua senza alcun drastico calo di posti di lavoro, ma piuttosto con un brusco cambiamento nella composizione professionale della forza lavoro, ossia meno operai e più lavoratori della conoscenza. Negli anni ‘80 l’automazione si diffuse a un ritmo più veloce e riemersero le preoccupazioni sugli effetti sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro. Nella anni ’90 la discussione e la ricerca si focalizzarono più sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sul loro impatto sul settore dei servizi. All’inizio del 2000 nasce un grande interesse su Internet e nel 2010 l’automazione rientra ormai nella più ampia categoria di quelle innovazioni capaci di creare crescita economica e nuove competenze per nuovi posti di lavoro (Cedefop, 2010). Le discussioni circa la natura e la portata dell’automazione possono essere raggruppate in due spartiacque fondamentali. Il primo grande spartiacque fu quello tra continuità e discontinuità dello sviluppo tecnico: meccanizzazione e automazione sono un continuum oppure una disruptive innovation? Bright (1958) propose una classificazione dei tipi di meccanizzazione basati su un livello di distribuzione dei compiti tra uomini e macchine, tra cui l’automazione. Per alcuni economisti automazione non era altro che un caso particolare di sviluppo tecnico e non implicava specifici e differenziati effetti sociali: «l’automazione è un termine usato in modo popolare e non c’è alcun 10 vantaggio nel distinguere l’automazione da forme avanzate di cambiamento tecnico» (Buckingam, 1961). Una rottura nel modello tecnologico al contrario era stata sostenuta da Diebold (1952) che vedeva l’automazione come una nuova concezione di sistemi integrati che permettono il flusso continuo del processo di produzione. Quando i computer non erano ancora diffusi come ora, Pollock aveva già definito l’automazione come «l’integrazione dei processi continui e discontinui sotto il coordinamento di sistemi elettronici». Crossman (1960) aveva anch’egli sostenuto il carattere di innovazione radicale dell’automazione che considerava la seconda maggiore tappa nella sostituzione del lavoro umano, poiché automazione è «governare, controllare, far funzionare una macchina, calcolare, risolvere problemi, prendere decisioni, discutere…attività che possono essere svolte sia da macchine che dal cervello umano». L’intelligenza artificiale infatti, più avanti, ha reso i computer in grado di affrontare i problemi più complessi. Lo sviluppo di robotica avanzata ha dato alle macchine abilità sensomotorie sofisticate (Sheridan, Hennessy, 1984). Secondo i sociologi come Touraine, Woodward, Blauner, Meissner, Braverman, l’automazione causa massicci spostamenti di lavoro qualificato e non qualificato dall’uomo alle macchine, superando sia l’idea delle organizzazioni basate sull’artigianato sia il modello di produzione di massa. Vengono creati nuovi compiti, ruoli e organizzazioni mentre la quantità di forza lavoro necessaria per unità di prodotto diminuisce bruscamente. La maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che gli esseri umani si spostano principalmente su compiti di controllo. Questo è poi ampiamente avvenuto degli ultimi 20 anni, con lo sviluppo del supervisory control, dei sistemi completamente controllati dai computer, mentre il lavoro umano si distribuisce lungo una catena ai cui estremi abbiamo, da un lato l’operazione di “accendere e spegnere un bottone” dall’altro l’operazione di “controllare come il computer controlla un altro computer”. L’automazione, nella visione prevalente tra gli scienziati sociali, risulta quindi essere una rivoluzione, non solo per la sostituzione di qualsiasi tipo di lavoro umano, ma a causa della generazione di nuove attività che non potrebbero essere svolte dall’essere umano. L’automazione appare come qualcosa che prima, con la meccanizzazione, non esisteva, ossia l’integrazione di sistemi tecnologici ed umani. Il lavoro umano non scompare, ma cambia la sua natura di interazione. I lavoratori della conoscenza aumentano e si concentrano sulla progettazione, lo sviluppo e la supervisione di “macchine intelligenti” (Butera, Bagnara, Cesaria, Di Guardo, 2008). 11 Il secondo grande spartiacque fu quello fra visione ottimistica e pessimista dell’automazione. Era chiaro fin dall’inizio che i diversi livelli di ripartizione dei compiti attribuiti alle macchine influenzassero in modo diverso la quantità e la qualità del lavoro operativo e gestionale con un effetto potenziale sulla disoccupazione. Rifkin, Forester, De Masi hanno sostenuto che lo sviluppo tecnologico porta grande disoccupazione. Ma molti economisti hanno notato che le perdite di posti di lavoro sono dovute non solo allo sviluppo tecnologico, ma in maggiore proporzione al commercio internazionale, al business process reengineering, alla riorganizzazione. L’innovazione tecnica distrugge alcuni posti di lavoro, ma ne crea di nuovi e crea nuove imprese. Anche se le nuove tecnologie richiedono meno manodopera, dovrebbero aumentare il ciclo di espansione, dando vita a nuove imprese e nuove professioni (Freeman, 1998). Recentemente Moretti (2012) ha trovato che ogni posto di lavoro ad alta tecnologia genera cinque posti di lavoro ordinario nel settore dei servizi. Brynjolfsson e McAfee (2011) recentemente hanno sostenuto che gli uomini non possono vincere la gara contro le macchine, soprattutto perché i computer continuano a diventare sempre più potenti e capaci. Ma possono imparare a competere meglio attraverso le loro organizzazioni servendosi delle macchine, utilizzandole come alleati piuttosto che avversari. Dequalificazione e riqualificazione professionale sono un altro tema chiave dell’automazione. La visione pessimistica sostiene che un nuovo tipo di taylorismo è in corso, il taylorismo tecnologico. L’“intelligenza del sistema” nel suo complesso si sposterebbe verso l’alto. I risultati sarebbero una nuova ondata di dequalificazione tra operatori e dipendenti che diventeranno transitional ancillary workers, lavoratori ausiliari di transizione e lavoratori di data entry. Il punto di vista opposto - la visione ottimistica - vede la tecnologia come un modo di liberare i lavoratori da compiti monotoni o pericolosi e dalla fatica fisica. Le macchine faranno il lavoro e gli esseri umani le sorveglieranno (Blauner, 1964). La composizione della forza lavoro è un altra materia di divisione. La “polarizzazione della forza lavoro” è stata indicata come la crescente divergenza tra le masse non qualificate e una élite di super-qualificati (Braverman, 1974). Kern e Shuman (1984) pur correggendo la tesi della dequalificazione, hanno sostenuto una potenziale polarizzazione della forza lavoro. Rifkin (1995) ha accusato la tecnologia moderna di avere la 12 responsabilità di cambiare il lavoro umano, favorendo l’emergere di gruppi selezionati di individui privilegiati. Mallet (1975) prevedeva, invece, differenziazione non polarizzazione sostenendo che la natura del processo produttivo, in condizioni di semiautomazione o di automazione, avrebbe generato una nuova classe di tecnici. Butera, Bagnara, Cesaria, Di Guardo (2008) hanno confermato questa profezia scoprendo che l’automazione ha dato il segnale di partenza per un cambiamento strutturale nel mercato del lavoro basato sullo sviluppo dell’economia della conoscenza, in cui gli attori principali sono i lavoratori della conoscenza. Manager, professionisti, tecnici sono lavoratori della conoscenza e la loro presenza aumenta rapidamente nei paesi europei dal 2000 al 2008. Fondamentalmente, in paesi come Belgio, Olanda, Germania, Svezia, Danimarca, Italia, Finlandia, Slovenia, Norvegia, Repubblica Ceca, Austria, Regno Unito e Francia oggi non c’è una grande differenza fra il numero di lavoratori della conoscenza e il resto della popolazione occupata: i lavoratori della conoscenza sono circa il 45% della forza lavoro. In altri paesi come l’Irlanda, l’Ungheria, la Croazia, la Grecia e la Slovacchia, i lavoratori della conoscenza sono pochi, ma sono aumentati dal 2000 al 2008 dal 30% al 40%. Con riferimento alla natura delle competenze dei lavoratori, le prime ricerche furono prevalentemente concentrate sul cambiamento della natura dei compiti. Ricerche empiriche hanno trovato che la manipolazione, le competenze artigianali tradizionali, la destrezza e capacità operativa (Bright, 1958) stavano scomparendo. Al contrario, i compiti di vigilanza (Friedman, 1971), le “competenze di controllo” (Crossman, 1960), le responsabilità e il rapporto con l’intero sistema produttivo (Touraine, 1955), i compiti mentali o visivi (Blauner, 1964), le competenze per rispondere a eventi stocastici (Davis, Taylor, 1976) erano in aumento. L’automazione cambia completamente il ruolo dell’operatore umano e richiede un’adeguata conoscenza e competenza sullo specifico posto di lavoro e, in particolare, sul processo di produzione. Cambiamenti nella tecnologia (in particolare l’introduzione dei computer e delle tecnologie ICT in generale) sono la principale fonte del fabbisogno di lavoratori qualificati. Problem solving, competenze comunicative, competenze di autoregolazione, competenze interpersonali, ma anche capacità di utilizzare il capitale sociale per soddisfare desideri e bisogni dell’organizzazione, sono le nuove competenze richieste ai lavoratori della conoscenza (Kessels, 2001; Cedefop, 2010). La maggior parte delle ricerche sugli impianti automatizzati hanno evidenziato che i criteri di progettazione del lavoro si sono allontanati dalla 13 tradizione taylor-fordista e nuovi criteri stanno emergendo quali: interdipendenza di ruolo, un minor numero di livelli di supervisione, comportamento di gruppo, polivalenza e responsabilità condivisa, declino di rigorose specifiche di lavoro, comunicazione, cooperazione, autonomia del gruppo per far fronte alle incertezze. I recenti sviluppi dei sistemi multimediali aumentano la capacità di lavorare in gruppo faccia a faccia e o a distanza (Hoc, 2000) e la cooperazione uomo-computer è spesso costruita magistralmente entro i dispositivi mobili come IPad o IPhone e simili. Rischi ed effetti indesiderati possono essere legati al processo di automazione del lavoro. Tali rischi sono stati analizzati e studiati con particolare riferimento ai processi di automazione in contesti pericolosi e consistono in: “caduta di consapevolezza”, “incidenti normali” (Perrow, 1984), errori umani e organizzativi (Reason, 1990), errata interpretazione e creazione di senso degli eventi tecnologici (Weick, 1990). L’incidente di Three Mile Island nel 1979, è un tipico esempio del modo in cui l’automazione è in grado di ridurre la consapevolezza delle situazioni, quindi l’operatore umano ha difficoltà ad avere una corretta comprensione della situazione e non sa come agire in modo appropriato. 4. Effetti sociali o progettazione? Alcune conclusioni e indicazioni di policy. La tecnologia in sé ha un’influenza diretta sull’universo fisico del lavoro (luce, rumore, calore, vibrazioni, radiazioni), e sull’universo operativo del lavoro (condizioni psicosociali). La progettazione degli impianti e dei software ha un effetto importante su: i) la quantità di lavoro per unità di prodotto (lavoro assorbito dalla tecnologia); ii) i “compiti” operativi (assegnazione compito uomo/macchina); iii) le funzioni di coordinamento e controllo lasciate al sistema. La tecnologia ha un impatto combinato con altri fattori sui sistemi professionali e organizzativi, quali ruoli, strutture organizzative, sistemi di comunicazione, distribuzione dei carichi di lavoro, sistemi di gestione del lavoro (quali retribuzione, orario di lavoro, regolamenti), ed in particolare la cultura e i sistemi di valori, la cooperazione e i conflitti (Butera, 1987). L’automazione implica qualcosa in più che un puro spostamento di attività umane operative alle macchine perché include la creazione di nuove attività di progettazione, manutenzione e coordinamento, e genera nuove forme di organizzazione della produzione e ristrutturazione del mercato del 14 lavoro. L’automazione è allo stesso tempo un processo di cambiamento sociale e tecnico, una diversa distribuzione della conoscenza tra gli esseri umani e le attrezzature tecniche, lo sviluppo di forme avanzate di sistemi socio-tecnici nel settore manifatturiero e dei servizi. L’automazione è in sostanza, secondo Trist, un “sistema socio-tecnico” ossia una combinazione, diversa da caso a caso, di processi di business, tecnologia, organizzazione, lavoro. Diversi modelli di supervisory control (Sheridan, Hennessy, 1984), l’interazione uomo-computer (Norman, 1986), la collaborazione uomo-computer (Hoc, 2000) possono fare la differenza nello stesso livello di automazione. La partecipazione degli stakeholders nella progettazione del sistema e nel processo di introduzione della nuova tecnologia può cambiare il modello finale dei sistemi socio-tecnici (Davis, Taylor, 1976). La tecnologia quindi sconvolge l’organizzazione e il lavoro, ma solo la progettazione li riconfigura generando risultati economici e sociali nuovi. Non esistono effetti sociali deterministici dell’automazione, ma essi sono materia di progettazione. Progettare architetture integrate di sistemi sociotecnici, modelli di organizzazione e di lavoro, l’interazione tra esseri umani e computer è un processo socio-tecnico e un artefatto composito che dovrebbe, in linea di principio, essere questione di cooperazione tra diverse discipline, come la tecnologia, l’economia, la scienza dell’organizzazione, la sociologia, la psicologia. Dal momento che l’automazione è materia di progettazione, diversi operatori dovrebbero essere coinvolti come ingegneri, informatici, psicologi, sociologi, medici e molti altri attori sociali come: imprenditori, manager, legislatori, governo, sindacati. In una parola, lo sviluppo dell’automazione dovrebbe essere un evento partecipativo. Niente è maggiormente materia di progettazione congiunta di sistemi tecnici, economici e sociali come l’automazione così come l’abbiamo rappresentata. Ma nella sorprendente storia dell’automazione, gli approcci e le metodologie socio-tecniche sono stati nella maggior parte dei casi esclusi. La convergenza di metodologie sociali e tecniche dovrebbe cogliere il “margine di manovra” sempre esistente per la progettazione e sperimentazione di sistemi organizzativi e sociali: ciò che abbiamo chiamato 25 anni fa Joint design of Technology, Organization and People Growth al celebre convegno alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia nel 1988. Ma questa convergenza nei 25 anni successivi si è realizzata solo in alcuni casi virtuosi. La questione è che l’automazione nelle sue diverse applicazioni è stata per lo più vista come un fenomeno tecnologico puro. Di conseguenza, 15 insufficiente attenzione è stata prestata alle dimensioni organizzative e umane, le cui aree hanno avuto una quota insignificante di ricerca e di investimenti rispetto alla ricerca e agli investimenti sulla tecnologia. La spinta tecnologica è stata così potente e dominante che gli scienziati e gli operatori in tecnologia hanno preteso di essere esperti anche in organizzazione, sistemi sociali, ruoli e professioni, usabilità, e si sono arrogati il diritto di progettare sistemi socio-tecnici non richiedendo la collaborazione di altri esperti e professionisti. Come risultato, il percorso di automazione è stato pavimentato con una innumerevole serie di disallineamenti tra tecnologia e organizzazione con il risultato di scarsa produttività. Evitabili effetti negativi sulla qualità della vita lavorativa sono stati molto frequenti. E’ noto come con lo sviluppo della tecnica si sono avuti spesso anche disastri fisici e sconvolgimenti sociali: fallimenti economici come l’illusione della fabbrica senza uomini; disastri come l’evento di Three Mile Island; sconvolgimenti sociali, come nel caso di Manhattan Highway progettata dall’architetto Moses (il progettista, l’onnipotente architetto che ha progettato Manhattan) la cui innovazione tecnica incontrollata ha trasformato il Bronx da un bel quartiere della classe media in un ghetto come descritto da Marshall Berman (1982). Berman paragona il caso di tecnologi ultrapotenti al caso dell’ingegner Faust descritto da Goethe, che - avute le risorse materiali e tecnologiche da Mefistofele - aveva scommesso la sua anima sulla presunzione di essere in grado di progettare da solo un nuovo grande insediamento tecnologico, ma Faust, per la resistenza a lasciare la propria casa ad una coppia di anziani, dovette chiedere un aiuto aggiuntivo al diavolo e perse l’anima. Al contrario, molti casi positivi di successo di progettazione congiunta intenzionale eseguita con la collaborazione di esperti delle diverse discipline tecniche e sociali hanno dato luogo a risultati di grande successo nella progettazione di sistemi complessi come l’aviazione civile o i sistemi sanitari, i prodotti e le piattaforme come Apple o Google. Ci sarà nel prossimo futuro una stagione di Joint design? Le capacità delle nuove tecnologie di cambiare la società, l’organizzazione, e il lavoro sono incomparabili con i tempi di Diebold e Ford: proprio per questo essa è indispensabile come non mai. 16 5. La drammatica attualità e il “margine di manovra” nella progettazione dei sistemi produttivi e nelle professioni A metà del 2014, lo spaventoso livello di disoccupazione e la forte riduzione della popolazione occupata sono diventate il principale incubo e il tema centrale delle politiche economiche e sociali dell’Europa e in particolare dell’Italia. Causa prossima di tale crisi senza precedenti dell’occupazione è la crisi economica mondiale, ma vi sono cause remote ancora più rilevanti. La prima è la concorrenza dei paesi emergenti in cui il costo del lavoro è di gran lunga più basso. La seconda è il profondo cambiamento dei mercati e dei sistemi d’impresa, che spazza via intere categorie di lavori e di lavoratori: globalizzazione dei mercati, modifica dei modelli di consumo, concentrazioni di impresa, finanziarizzazione. La terza è lo sviluppo dell’economia criminale e lavoro nero. La quarta, e forse la più importante perché ha carattere strutturale, che opera da oltre un cinquantennio e che ha avuto recentemente una straordinaria accelerazione - è la disoccupazione tecnologica, in cui la race against the machine - la gara degli uomini contro le macchine, il lavoro che l’avanzamento dell’automazione lascia agli uomini, per alcuni autori (Brynjolfsson e Mcafee, 2011) sta per essere definitivamente persa perché le tecnologie sono in grado di sostituire quasi tutti i compiti umani. Questi “quattro cavalieri dell’apocalisse del lavoro” non sono in realtà cause inevitabili della disoccupazione, ma sono condizioni che lasciano un ampio margine di manovra per configurare nuovi sistemi produttivi e professionali “antropocentrici”: rispetto alle pagine che precedono, è possibile e necessario lo sviluppo di una automazione che abbia al centro l’uomo produttore e consumatore, costituita da nuovi sistemi complessi composti da una cangiante composizione di macchine e di uomini. Questi sistemi che chiameremo socio-tecnici richiedono di essere progettati, manutenuti, gestiti, controllati da organizzazioni di nuova concezione e da una popolazione di lavoratori qualificati. E l’automazione di nuova concezione può creare occupazione piuttosto che distruggerla. L’automazione è - come abbiamo visto - componente essenziale dello sviluppo travolgente della terziarizzazione dell’economia, non solo dei servizi del terziario totale (ricerca, salute, scuola, telecomunicazioni, previdenza, banche e assicurazioni, commercio, etc., come abbiamo visto sempre più sostenuti dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), ma anche e sopratutto dei servizi del terziario per il 17 sistema produttivo (le attività interne alle imprese industriali relative allo sviluppo dell’automazione, della fabbricazione e dell’informazione che richiede più qualificate attività di Ricerca e Sviluppo, di ingegnerizzazione, di manutenzione, di controllo dei prodotti e dei processi nonché di pianificazione, organizzazione, vendite, management, etc.: ossia il new manufacturing). Tale “terziarizzazione totale e terziarizzazione del sistema produttivo” (Momigliano e Siniscalco, 1982) sono alla base della forte crescita proporzionale del lavoro e dei lavoratori della conoscenza (oltre il 42% medio in Europa). Esso può generare una crescita assoluta (ossia generare occupazione aggiuntiva) poiché ha assunto dinamiche sue proprie, di portata potenziale simile a quella che ebbe il taylor-fordismo. Quest’ultimo era un modo di produzione che “prese il volo” come paradigma innovativo diffondendosi in tutto il mondo, anche perché valorizzò il lavoro che allora era disponibile: quello della massa degli ex agricoltori che acquisivano una cittadinanza industriale. L’automazione integrata che abbiamo descritto, può prendere il volo valorizzando i lavoratori della conoscenza, costituendo un nuovo modo di produzione che crei competitività e occupazione più di quanto lo fece il taylor-fordismo. Lo sviluppo di queste professioni è oggi la principale arma contro la disoccupazione perché esse possono essere le “padrone dell’automazione”, ribaltando la profezia degli uomini sospinti fuori dal processo produttivo o ridotti ad appendici delle macchine (Butera, 2014). Le professioni dei servizi nelle organizzazioni (service professions), svolte all’interno di imprese e pubbliche amministrazioni grandi, medie e piccole, reti organizzative, organizzazioni non profit, studi professionali, pubbliche amministrazioni e altre forme di lavoro organizzato, includono sia il lavoro della conoscenza (teorica e pratica in tutte le sue accezioni come il sapere perché, il sapere che cosa, il sapere come, il sapere per chi, il sapere usare le routine, il sapere usare le mani, etc.) sia sopratutto il lavoro di relazione con il cliente esterno o interno. Pensiamo a progettisti di prodotto e servizi, ingegneri di processo, esperti di marketing, esperti di controllo di gestione e amministrazione, logistici e i tanti altri knowledge workers nelle organizzazioni che oltre ad essere degli specialisti divengano erogatori di servizi all’interno e all’esterno delle organizzazioni, avvalendosi delle potenzialità delle tecnologie. Pensiamo a specialisti e funzionari pubblici che, avvalendosi delle tecnologie ICT, operino come parte attiva di un ciclo di servizio e si chiudano sulla soddisfazione del cliente interno ed esterno. L’esercizio principale per utilizzare lo “spazio di manovra” di cui abbiamo parlato sono i progetti nelle singole organizzazioni, progetti 18 grandi e piccoli di forme innovative di tecnologia, organizzazione del lavoro e di professioni, ossia di sistemi socio-tecnici che siano capaci di migliorare in modo significativo innovazione e produttività delle organizzazioni e creare occupazione qualificata. Da questi progetti dovranno essere diffusi, con opportune azioni di pilotaggio e monitoraggio, nuovi servizi, nuove conoscenze, nuove regole, nuovi sistemi e nuova cultura e soprattutto nuova occupazione. Vi sono casi celebri. Le isole di produzione della Olivetti degli anni ‘70 salvarono una azienda in crisi e diffusero un modello di produzione che superava il taylor fordismo in produzione riqualificando il lavoro delle catene di montaggio in tutta Europa; il Toyota Production System trasformò negli anni ‘70 una azienda assistita che produceva prodotti di bassa qualità nel più grande produttore di automobili del mondo sviluppando lavoratori che partecipano all’innovazione continua, mentre contemporaneamente il JUSE diffondeva quel modello a tutto il sistema industriale giapponese. La Google creò un campus che superava le software factories e i laboratori universitari del tempo e creò una impresa fenomenale con knowledge workers di grande calibro. Una seconda area di intervento è quella di una forte iniziativa di politica industriale per il supporto all’attivazione della ricerca e della open innovation che connettano professionisti che lavorano nelle organizzazioni e liberi professionisti facendo circolare sul web liberamente innovazioni grandi e piccole nelle tecnologie, nei prodotti, nei servizi, creando comunità senza confini. La terza area di intervento è la formazione dei professionisti dei servizi che vanno formati da scuole e università migliori, regolati da sistemi fiscali e regolativi che incentivino il loro impiego, inseriti in forme di organizzazione del lavoro che ne potenzino produttività e creatività, in sistemi professionali che riconoscano e sviluppino il loro emergente paradigma. Occorre, in sintesi, concepire e rafforzare per le persone un “futuro professionale”. Bibliografia di riferimento Bagnara, S., Parlangeli, O., Tartaglia, R. 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