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Pagina inziale » Musica » Articolo n. 430 del 9 settembre 2000
Mark Knopfler - Sailing To Philadelphia
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Si è sempre un po' imbarazzati nel recensire un disco "solista" di un artista quando questo ricalca la produzione del
gruppo a cui apparteneva. Nel caso di Mark Knopfler il caso non sussiste in quanto si può tranquillamente affermare che
i Dire Straits erano "lui". Quello che ne ha caratterizzato il sound è stata la sua voce e, soprattutto, il suono della sua
chitarra e il suo stile.
Ed eccolo qui il nuovo disco di Knopfler che potrebbe essere tranquillamente il nuovo dei Dire Straits; in effetti, chi ha
amato i primi dischi di questo gruppo ritroverà sicuramente le atmosfere magiche di quegli album: le sonorità tra il
country-blues e le colonne sonore dei westerns di Morricone.
Knopfler, sempre schivo di inutili chitarrismi, cesella interventi intelligenti e ricchi di gusto che costruiscono brani affascinanti su scritture musicali
semplici e dirette.
Il suono della sua chitarra è immediatamente riconoscibile e riconducibile alla Fender Stratocaster degli inizi (abbandonata poi per le varie Gibson
Les Paul e giapponesi varie del periodo di "Money For Nothing") anche se in una foto interna di copertina viene ritratto mentre imbraccia una
Gibson 335!
Nel disco compaiono anche due ospiti illustri: James Taylor (in "Sailing To Philadelphia") e Van Morrison (in "The Last Laugh") e le due canzoni
loro affidate si trasformano magicamente in brani del loro repertorio in un (voluto) effetto di estraniamento dal resto del disco.
"Speedway At Nazareth", con l'intervento di Paul Franklin alla pedal steel guitar, si trasforma in un brano country-western mentre "One More
Matinee" è una ballata di struggente bellezza con un inatteso intervento di flicorno.
Un disco che al primo ascolto rivela alcuni gioiellini ma che, al secondo ascolto vi si rivelerà nella sua intera bellezza.
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Furio Sollazzi
Pavia, 09/09/2000 (430)
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