taxa - SIBM

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taxa - SIBM
Biol. Mar. Medit. (2006), 13 (1): 54-60
R. Congestri, V. Sangiorgi*, I. Bianco*, E. Capucci, P. Albertano
Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Tor Vergata”,
Via della Ricerca Scientifica, 1 - 00133 Roma, Italia.
[email protected]
*Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Lazio
ARPA Lazio, Sezione Provinciale di Latina, Italia.
IL FITOPLANCTON DELLE COSTE LAZIALI DAL 1997 A OGGI:
STRUTTURA DELLA COMUNITÀ,
TAXA DOMINANTI E SPECIE TOSSICHE
PHYTOPLANKTON OF LATIUM COAST (1997-2004):
COMMUNITY STRUCTURE, DOMINANT TAXA AND TOXIC SPECIES
Abstract
The annual dynamics of phytoplankton over seven years at six stations along the Latium coast was
assessed to contribute to a first update on seasonal patterns and inter-annual variability. Marked fluctuations were detected, with total biomass peaks in summer. Populations increased in cell abundances over
time. Diatoms and phytoflagellates largely contributed to autotrophic biomass and the small sized flagellates
dominated throughout the year especially at the southern stations. Electron microscopy assisted identification of toxic and bloom responsible taxa. A variety of toxic thecate dinoflagellates together with five
toxic Pseudo-nitzschia species were observed. Recurrent blooms of Pseudo-nitzschia spp. and Fibrocapsa
japonica were recorded as well as presence of toxic naked dinoflagellates during cell counts. Application of
novel tools for toxin detection in nature is here discussed.
Key-words: phytoplankton, temporal variations, community composition, noxious organisms.
Introduzione
Sebbene le coste del Lazio siano comprese tra due aree, quella toscana e quella
campana, ben caratterizzate dal punto di vista della comunità fitoplanctonica presente, sono a tutt’oggi scarsi e frammentari gli studi volti ad analizzare la struttura
e la distribuzione spazio-temporale delle microalghe nelle acque costiere laziali. La
collaborazione con Arpalazio nell’ambito dei programmi regionali di monitoraggio
delle acque marine costiere ha offerto l’opportunità di analizzare la struttura e la
dinamica annuale della comunità fitoplanctonica in sei stazioni della costa laziale
dal 1997 a oggi. I patterns spazio-temporali relativi ai grandi gruppi algali quali
diatomee, dinoflagellati e “altro fitoplancton” registrati durante questo studio rappresentano un primo contributo alla conoscenza delle successioni del fitoplancton
nelle acque laziali e un aggiornamento rispetto ai risultati ottenuti in passato per
le aree interessate dal fiume Tevere (Puddu et al., 1983), quelle del litorale pontino (Massera Bottazzi et al., 1980) e quelle prospicienti Civitavecchia (Tognetto
et al., 1995). L’emergenza imposta da fenomeni di fioritura ricorrenti lungo tutto
il tratto di costa ha inoltre promosso approfondimenti tassonomici sulle popolazioni responsabili dei bloom al fine di accertarne l’identità e stabilire l’eventuale
rischio sanitario, ambientale ed economico connesso alla loro potenziale tossicità.
Materiali e metodi
Campioni di acqua superficiale sono stati prelevati con bottiglia Niskin presso
6 stazioni costiere poste a 500 m dalla costa, alla batimetrica dei 7 m (Foce Marta,
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VTA; Ladispoli e Fiumicino, RMB e RMC; Rio Martino, LTD, Monte d’Argento
LTE e Zannone, LTF, Fig. 1) con cadenza quindicinale nel periodo agosto 2001
- dicembre 2004.
Fig. 1 - Mappa delle 6 stazioni di campionamento lungo la costa laziale.
Sampling locations along the Latium coast.
In precedenza, presso le suddette stazioni, ad esclusione di quella situata a
Zannone, la frequenza di campionamento era mensile. Aliquote dei campioni
fissati in soluzione di Lugol sono state successivamente poste a sedimentare in
camere combinate e analizzate secondo il metodo di Utermhöl (1958). Campioni
di retino (porosità 20 mm) venivano inoltre raccolti nelle stesse stazioni e fissati in
glutaraldeide al 2,5%. Tecniche di microscopia in epifluorescenza accoppiate alla
colorazione con Calcofluor White M2 consentivano l’osservazione della tabulazione dei dinoflagellati tecati. La pulizia in acidi dei frustuli delle diatomee ha
permesso l’osservazione dei caratteri ultrastrutturali dignostici in microscopia
ottica ed elettronica. Campioni sottoposti a post-fissazione in OsO4, disidratazione seriale in alcoli e “critical point drying” sono stati osservati al microscopio
elettronico a scansione per l’identificazione a livello di specie dei dinoflagellati.
L’indice di Sanders (Belin et al.,1995; Sanders, 1960) è stato applicato ai dati
relativi alla distribuzione delle abbondanze numeriche dei diversi taxa al fine di
individuare le forme dominanti e caratteristiche di ciascuna stazione.
Risultati
Lungo la fascia costiera indagata, che si estende sul mar Tirreno per circa 300
km, con coste di natura prevalentemente sabbiosa e alluvionale per la presenza di
fiumi, dune e stagni costieri, ad eccezione di promontori emergenti come quello
del Circeo (LT), è stata osservata una notevole variabilità inter- e intra-annuale
della comunità fitoplanctonica di acque superficiali, sia in termini di composizione che di abbondanza numerica.
L’andamento annuale del fitoplancton totale lungo tutta la costa mostrava
fluttuazioni ampie, con massimi di densità media, anche superiori a 107 cell/l,
generalmente nei mesi estivi. Il confronto tra i dati di abbondanza fitoplanctonica
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bianco,
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rilevati nei diversi anni indicavano un incremento dei valori con il tempo. In particolare, nell’estate 2003, a giugno, si è registrato il valore medio “regionale” più
alto di densità fitoplanctonica, mentre a novembre 2002 si osservava quello più
basso (3×105 cell/l) (Fig. 2).
Fig. 2 - Fluttuazioni annuali delle medie mensili regionali dell’abbondanza fitoplanctonica.
Temporal fluctuations of average regional abundances of total phytoplankton.
Al massimo di abbondanza media osservato nel corso della presente ricerca
contribuivano in modo significativo le diatomee, in particolare i valori registrati
nella stazione di Fiumicino, a sottolineare una tendenza generale della struttura del
fitoplancton costiero nell’area di studio: le stazioni situate nella provincia di Roma
e interessate dagli apporti del fiume Tevere hanno mostrato negli anni le abbondanze delle diatomee più alte, fino a 9×106 cell/l, mentre negli altri siti monitorati
i picchi di densità erano spesso sostenuti dalla componente “altro fitoplancton”,
principalmente rappresentata da fitoflagellati compresi tra 5 e 20 mm come criptofite, prasinoficee, coccolitoforidi e euglenofite a cui si affiancavano in alcuni mesi
anche cianobatteri coccali e filamentosi e cloroficee coccali coloniali, soprattutto
nelle stazioni maggiormente interessate dagli apporti di acqua dolce. Va comunque sottolineato, se pure la serie di dati a disposizione consenta appena la possibilità di tracciare tendenze e periodicità nella dinamica della comunità indagata,
l’incremento negli ultimi tre anni delle densità della componente “altro fitoplancton” lungo tutta la costa, con una inversione dei contributi relativi di diatomee e
“altro fitoplancton” a favore di quest’ultima frazione nelle stazioni di foce Marta e
Monte d’Argento. Infatti, dal 2001 in poi si è evidenziata l’incidenza quantitativa
della frazione “altro fitoplancton” sull’intera comunità, con andamenti annuali di
quest’ultima pressoché sovrapponibili a quelli della biomassa fitoplanctonica totale,
in particolare in corrispondenza delle stazioni situate nella provincia di Latina.
La componente a dinoflagellati risultava sempre moderatamente rappresentata;
in generale le densità maggiori si osservavano nei mesi estivi e nella stazione di
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Monte d’Argento. Pertanto, le condizioni idrologiche, come la vicinanza a input di
acqua dolce, la stagione e la disponibilità dei nutrienti sono apparsi critici per la
complessità del sistema costiero indagato. Le fluttuazioni di biomassa e le variazioni nella composizione del fitoplancton nelle acque superficiali sono apparse
riconducibili alle dinamiche caratteristiche di ambienti costieri fortemente influenzati dalle attività umane e dalla terraferma, dove si assiste piuttosto regolarmente,
ormai, alla prevalenza di forme di piccola taglia e a picchi di abbondanza numerica estivi affiancati, in alcuni casi, a massimi secondari primaverili. In ogni caso
va anche ricordato l’effetto delle forzanti biotiche sui patterns rilevati, le relazioni
di competizione, predazione e la stessa ecofisiologia delle diverse specie fitoplanctoniche che giocano anch’essi un ruolo essenziale nel regolare la distribuzione
spazio-temporale degli organismi esaminati.
L’analisi quali-quantitativa a livello di specie dei campioni ha inoltre consentito
una ulteriore e più fine caratterizzazione della struttura del popolamento e delle
sue variazioni spazio-temporali, nonché il confronto tra le diverse stazioni di prelievo, che ha incluso anche i dati relativi alla stazione di controllo situata presso
l’Isola di Zannone. Il set di dati così ottenuto è stato pertanto analizzato statisticamente mediante l’applicazione dell’indice di Sanders, che prevede, in breve,
l’attribuzione di un rango discendente ai primi 10 taxa più abbondanti rilevati in
ciascun campione, e alla elaborazione finale di tali valori di rango mediante una
somma aritmetica. Quest’analisi, condotta in via preliminare per il periodo giugno
2002 - giugno 2003, ha evidenziato risultati piuttosto omogenei per tutta l’area di
studio confermando l’importanza numerica della componente “altro fitoplancton”,
in particolare di alcune criptofite, come la forma tentativamente identificata come
Plagioselmis prolonga (tali alghe sono molto sensibili ai fissativi comunemente
usati durante i monitoraggi), che è risultata essere la specie dominante in tutte
le stazioni, e Teleaulax acuta anch’essa comune a tutte le stazioni anche se con
rango minore. Presso tutte le stazioni, il taxon con indice di Sanders immediatamente successivo al più alto, di P. prolonga, è stato attribuito al gruppo di dinoflagellati nudi, definito Gymnodiniales spp.. Sebbene comparativamente i dinoflagellati mostrassero densità basse, questo gruppo era molto frequente e spesso unico
rappresentante della componente a dinoflagellati nell’intera comunità esaminata.
Le specie “gregarie” variavano con le stazioni, in particolare le diatomee contribuivano a connotare i diversi siti: Cerataulina pelagica aveva rango molto basso
solo a Viterbo, mentre solo in questa stazione Dactyliosolen blavyanus presentava un indice alto. Anche per le specie di Pseudo-nitzschia si è osservata una
certa variabilità, P. galaxiae dominava a Ladispoli, P. delicatissima a Rio Martino
mentre quest’ultima specie e la congenerica P. pseudodelicatissima avevano ranghi
alti a Monte d’Argento soltanto. Infine cianobatteri coccali mostravano indici alti
a Fiumicino. L’omogeneità osservata mediante questa trattazione statistica mostrerebbe preliminarmente come, nei sistemi costieri, il processo di antropizzazione si
accompagni a variazioni unidirezionali nella diversità e abbondanza degli organismi
fitoplanctonici, risultando nella dominanza di un numero molto basso di specie.
Inoltre, le osservazioni compiute al microscopio ottico sui campioni prelevati
con retino nei siti di monitoraggio durante le crociere hanno permesso di completare preliminarmente un elenco floristico dei taxa fitoplanctonici del litorale
laziale. Sono stati distinti 277 taxa, di cui 161 diatomee, 118 dinoflagellati e 98
ascrivibili al gruppo “altro fitoplancton” Questi valori risultano maggiori rispetto
a quelli forniti in precedenza per il litorale pontino (Massera Bottazzi et al., 1980)
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e per le coste interessate dagli apporti del Tevere (Puddu et al., 1983). Dai dati
ottenuti con i soli conteggi la stazione più ricca in specie è risultata quella di
Monte d’Argento con 207 taxa così ripartiti: 95 diatomee, 55 dinoflagellati e 57
“altro fitoplancton”; il sito con minore diversità tassonomica era invece Zannone
con 155 taxa (71 diatomee, 55 dinoflagellati e 29 “altro fitoplancton”).
Infine, il verificarsi di un’estesa fioritura nel periodo primaverile-estivo del 1999
della rafidoficea ittiotossica Fibrocapsa japonica lungo il litorale pontino (Congestri et al., 2000) ha consolidato la collaborazione con l’Agenzia Regionale per la
Protezione Ambientale del Lazio per la caratterizzazione tassonomica delle componenti fitoplanctoniche potenzialmente tossiche e responsabili di bloom mediante
tecniche di microscopia elettronica a scansione (SEM) e a trasmissione (TEM).
Tali approfondimenti tassonomici hanno anche permesso l’analisi degli andamenti
stagionali delle specie critiche al fine di stabilire la ricorrenza e la frequenza delle
fioriture. È stata, pertanto, analizzata dettagliatamente la composizione in specie
dei dinoflagellati del litorale pontino. L’identificazione certa di queste microalghe,
che annoverano il numero più alto di specie produttrici di tossine e in grado di
dar luogo a bloom, necessita infatti in molti casi dell’ausilio del SEM.
Sono state osservate almeno nove specie potenziali produttrici di tossine come
Alexandrium minutum, Dinophysis caudata, Dinophysis fortii, Dinophysis sacculus,
Lingulodinium polyedrum, Phalacroma rotundatum e Prorocentrum minimum, ed è
stata segnalata per la prima volta lungo le coste italiane la specie Alexandrium
insuetum (Congestri et al., 2001; 2004a), la cui presenza nel acque mediterranee
era stata precedentemente riportata solo per le coste tunisine (Daly Yahia-Kefi
et al., 2000). A tali specie di dinoflagellati tossici provvisti di teca si affiancano
le forme “nude” osservate in microscopia ottica durante le attività di monitoraggio come Akashiwo sanguinea, Karenia brevis e K. cf. mikimotoi. La distribuzione
temporale di tali dinoflagellati tossici è risultata tipicamente estiva, con massimi
anche superiori a 105 cell/l.
Più recentemente, uno studio condotto al TEM sulle diatomee del litorale laziale
appartenenti al genere Pseudo-nitzschia, responsabile della produzione della tossina
acido domoico, ha portato alla distinzione di almeno otto morfospecie, tra cui cinque
sono ritenute tossiche, P. calliantha, P. delicatissima, P. fraudulenta P. galaxiae e P.
multistriata (Congestri et al., 2004b). Ad eccezione di P. multistriata, che presentava
un pattern autunnale, tali diatomee hanno mostrato una distribuzione piuttosto
ampia nel periodo primaverile ed estivo, con picchi di densità a marzo e a giugno.
È noto che le tossine prodotte dalle specie HAB (Harmful Algal Bloom) possono accumularsi nei molluschi e nei pesci e provocare sindromi acute o croniche
nei consumatori conosciute come Amnesic, Diarrhetic, Neurotoxic, and Paralytic
Shellfish Poisonings e, inoltre, causare gravi danni alle attività economiche connesse con la pesci- e molluschi-coltura. Pertanto, l’identificazione certa a livello
di specie del fitoplancton durante i programmi di monitoraggio è fondamentale
nel dirigere piani di controllo, allerta e contromisure atti a mitigare gli effetti
dannosi ed eventualmente a prevenirne i risvolti più gravi dal punto di vista sanitario, ambientale ed economico. Tuttavia, con la semplice identificazione morfologica dei vari taxa è possibile che vengano prese contromisure anche in presenza di popolazioni non tossiche. La produzione di tossine può, infatti, variare
in relazione a differenze intraspecifiche, fisiologiche e in risposta alle condizioni
ambientali. Nonostante ciò, le indicazioni provenienti dall’identificazione specifica
dei popolamenti fitoplanctonici sono preziose nell’indirizzare indagini di natura
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biochimica e tossicologica, per quanto ancora complesse e impegnative in termini
di tempo e competenze specifiche. Lo sviluppo di strumenti innovativi diventa,
quindi, prioritario in un contesto come quello attuale che vede un aumento globale delle fioriture di fitoplancton e la necessità di determinazioni rapide e sicure
per poter provvedere in modo appropriato alla tutela degli ecosistemi e della
salute umana. Nuovi strumenti per la determinazione delle tossine dovrebbero,
infatti, consentirne l’identificazione e la quantificazione sia in estratti algali sia nei
prodotti ittici, in modo da garantire un pronto sistema di allerta e la tracciabilità
della tossina lungo la catena trofica (Micheli et al., 2003).
In tal senso è stato recentemente eseguito il monitoraggio annuale della produzione di acido domoico da parte delle popolazioni naturali del genere Pseudonitzschia delle coste del Lazio mediante l’utilizzo di immunosensori elettrochimici
“usa e getta” con rivelazione elettrochimica. Tale metodo è stato quindi confrontato
con quello ufficiale in HPLC evidenziando un buon livello di accuratezza della rivelazione e una percentuale pari al 30% di campioni positivi (Polizzano et al., 2003).
Conclusioni
I risultati del presente lavoro, svolto in collaborazione con l’Agenzia Regionale
per la Protezione Ambientale del Lazio, costituiscono un primo contributo alla
conoscenza della comunità pelagica microalgale delle coste laziali. I dati raccolti
in sette anni di studio offrono inoltre un aggiornamento rispetto a studi condotti
circa venti anni fa in tratti di costa limitati. I patterns spazio-temporali osservati
mostrano ampie fluttuazioni intra- ed inter-annuali, un aumento della biomassa
totale negli anni, con massimi estivi a cui contribuiscono principalmente diatomee
e fitoflagellati. I fitoflagellati di piccola taglia risultano dominare la comunità
presso tutte le stazioni monitorate. Le condizioni idrologiche, vicinanza a input
di acqua dolce, la stagione e la disponibilità dei nutrienti appaiono critici per le
variazioni di abbondanza e composizione osservate nelle acque superficiali. Applicazioni statistiche hanno preliminarmente evidenziato un quadro piuttosto omogeneo della struttura della comunità alle sei stazioni campionate. Approfondimenti
tassonomici condotti con l’ausilio della microscopia elettronica hanno consentito
l’identificazione certa di una varietà di dinoflagellati e diatomee tossici nonché
della rafidoficea Fibrocapsa japonica, le densità di queste microalghe hanno raggiunto livelli critici per la salute umana e gli ecosistemi.
Summary
In the framework of a research collaboration between the University of Rome “Tor Vergata” and
the Regional Agency for Environmental Protection of Latium (Arpalazio) on coastal environment assessment and algal surveillance activities, the structure and spatio-temporal dynamics of marine phytoplankton was assessed along six coastal stations since 1997. This allowed a first update on distribution
patterns of planktic communities along these coasts, whose knowledge is still scant and heterogeneous.
Inter- and intra-annual variability of populations was observed, with sharp temporal fluctuations of
total phytoplankton abundance which generally peaked in summer. Diatoms and a non-taxonomic
group comprising phytoflagellates as well as cyanobacteria and coccal green algae largely contributed
to maximal density values, while dinoflagellate densities were comparatively lower. Inland inputs, season
and nutrient concentration appeared to affect the spatio-temporal patterns observed. Statistics, the Sanders’ index, was also applied to species abundance dataset collected since 2002 to better depict planktic
structure at the different locations and to define taxa dominating at each sites. Electron microscope
observations of concentrated samples assisted species identification, particularly of HAB species, leading
R. Congestri, V. Sangiorgi, I.
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bianco,
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to detect at least nine thecate toxic dinoflagellates and five Pseudo-nitzschia species, the latter being
responsible of massive blooms along the study area. Development of novel monitoring tools, as electrochemical immuno-sensors, for fast and reliable toxin detection in natural phytoplankton samples is also
anticipated.
Ringraziamenti
Si ringrazia il SiDiMar per aver reso possibile l’analisi dei dati.
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