Massimo Barzagli Grandezza naturale
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Massimo Barzagli Grandezza naturale
Massimo Barzagli Grandezza naturale Massimo Barzagli Grandezza naturale SilvanaEditoriale Massimo Barzagli Grandezza naturale Immagine di copertina / Cover Impronte di fiori su lastre di vetro (Fiorile), 1993 Photo Carlo Gianni Massimo Barzagli Grandezza naturale A cura di / Edited by Marco Bazzini SilvanaEditoriale Silvana Editoriale Progetto e realizzazione / Produced by Arti Grafiche Amilcare Pizzi Spa Direzione editoriale / Direction Dario Cimorelli Art Director Giacomo Merli Traduzioni / Translation NTL, Firenze Progetto grafico e impaginazione / Design and Layout Fabiana Bonucci Studio, Firenze Coordinamento organizzativo /Production Coordinator Michela Bramati Segreteria di redazione / Editorial Assistant Emma Altomare Ufficio iconografico / Iconographic office Alessandra Olivari, Silvia Sala Ufficio stampa / Press office Lidia Masolini, [email protected] Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. L’editore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile rintracciare All rights reserved. No part of this publication may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopy, recording or any other information storage and retrieval system, without prior permission in writing from the publisher. The publisher apologizes for any omissions that inadvertently may have been made © 2012 Silvana Editoriale Spa Cinisello Balsamo, Milano © 2012 Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato © 2012 Massimo Barzagli per le opere for his works © 2012 gli autori per i testi the authors for their texts Massimo Barzagli Grandezza naturale Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci 30 settembre - 2 dicembre 2012 30 september - 2 december 2012 Mostra promossa da / Exhibition promoted by Mostra a cura di / Exhibition curated by Marco Bazzini Coordinamento / Coordination Stefano Pezzato, Responsabile /Head Raffaele Di Vaia Antonio Bindi Donatella Sermattei Uffico Stampa / Press Office Silvia Bacci Ivan Aiazzi Crediti fotografici / Photo Credits Serge Domingie Carlo Fei Carlo Gianni Prestatori / Lenders Galleria L’Attico, Roma Galleria Alessandro Bagnai, Firenze Galleria Gentili, Montecatini Terme (PT) Galleria Farsetti Arte, Firenze Collezione Carlo Palli, Prato Collezione Osvaldo Baroncelli, Prato Siamo profondamente riconoscenti a Massimo Barzagli per l’adesione e il coninvolgimento a questo progetto / We are deeply grateful to Massimo Barzagli for the enthusiasm and for his involvement in this project Desideriamo inoltre ringraziare tutti coloro i quali, a vario titolo, hanno reso possibile la riuscita dell’evento espositivo e la pubblicazione di questo libro / Our thanks also go to all those who, in different ways, have made possible the current show and the publication of this book in particolare / in particular to Alessandro Bagnai, Sonia Farsetti, Leonardo Farsetti e Carlo Palli, per l’appassionato e indispensabile aiuto / for the passionate and indispensible help Lignum, per il prezioso contributo alla realizzazione della mostra / for the invaluble expertise donated in show’s realization Un ringraziamento particolare a / With special thanks to Fabio Sargentini, Galleria L’Attico, Roma Massimo Barzagli desidera ringraziare / Massimo Barzagli wishes to thank Barbara Bertozzi Castelli, Alberto Boatto, Maurizio Calvesi, Saretto Cincinelli, Lòrànd Hegyi, Demetrio Paparoni, Sergio Risaliti, Roberto Vidali Fabio Sargentini, Annette Lagler, Alessandro Bagnai, Antonella Villanova, Paolo Gentili e Giulietta Innocenti Uno speciale ringraziamento a / With special thanks to Elena Pecci Cangioli, Sonia Farsetti, Leonardo Farsetti, Laura Guastalla, Alessandro Cosimi Luisa Cortesi, Maurizia Settembri di Fabbrica Europa, Luca Dini di Pontedera Teatro Media Partners Un saluto alla compositrice / A kind regard to the composer Eve Beglarian alla filmmaker / to the filmmaker Fabiana Sargentini all’artista / to the artist Toxic e alla fumettista / and to the cartoonist Shila Barzagli Roberto Cenni Chairman of the Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci The solo exhibition by Massimo Barzagli at the Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci (Luigi Pecci Centre for contemporary art) provides a new opportunity to understand and appreciate the best artistic research produced in Prato, something we have already been able to do in recent years with the work of Loris Cecchini and Andrea Martinelli. This research has had significant results and gained wide recognition both nationally and internationally, and the museum is paying tribute to them by making them part of the broader context through the sponsoring of a generation of artists, which also includes recent solo exhibitions by Paolo Canevari and Michael Lin. Barzagli is originally from Marradi but has been, by choice, a resident in Prato for decades. He now returns to the museum twenty years after his youthful experience with Carta bianca (White paper) (October-November 1991), when the artist exhibited his work accompanied by a critical contribution from Saretto Cincinelli, another Tuscan author who has lived and worked in our city for many years. Barzagli has also participated in important group exhibitions at the museum, devoted respectively to the new Italian art at the dawn of the third millennium (“Futurama. Arte in Italia” from 2000) and the spread of Italian art from the Venice Biennale to the regions, from global to local (“Padiglione Italia – Regione Toscana” in 2011). The new exhibition, with the emphasis on its high quality, focuses on showing Barzagli’s development from the time of his first exhibition in 1991 to today, during which he has developed a personal attitude toward experimentation and a unique multidisciplinary practice, with painting and installation, photography and sculpture, impressing directly onto canvas, glass, photo paper or bronze the traces of a natural reality, human bodies, animals or plants that are immortalized in his works. The images produced by the artist appear as epiphanies, reveal a fusion that is indistinguishable from reality and appearance, vision and imagination, life and death. His “imprints” go beyond the spatial dimension of representation and extend into the temporal dimension of being, expressed through the association of design, form, structure, movement and gesture that Barzagli’s art magically restores to us, like a natural condition of every existence. With this new exhibition the museum confirms its role as a “sensor”, actively working toward a more extensive reflection on contemporary life, in which art can be an expression of a direct, exciting and engaging confrontation with the world around us and belonging to us. Roberto Cenni Presidente del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci La mostra personale di Massimo Barzagli al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci rappresenta una nuova occasione per cogliere e apprezzare le migliori ricerche artistiche prodotte a Prato, come già avvenuto negli anni scorsi con Loris Cecchini e Andrea Martinelli. Si tratta di ricerche che hanno avuto esiti significativi e ottenuto riconoscimenti ampi sia a livello nazionale sia internazionale, a cui il museo rende omaggio inserendole nel contesto allargato della promozione di una generazione di artisti, di cui fanno parte anche le recenti mostre personali di Paolo Canevari e Michael Lin. Per Barzagli, originario di Marradi e da decenni pratese d’elezione, si tratta di un ritorno al museo ventuno anni dopo l’esperienza giovanile di Carta bianca (ottobre-novembre 1991), quando l’artista propose il proprio lavoro accompagnato da un contributo critico di Saretto Cincinelli, altro autore toscano da molti anni presente e attivo nella nostra città. Al museo Barzagli ha partecipato inoltre a importanti mostre collettive, dedicate rispettivamente al nuovo panorama artistico italiano all’alba del terzo millennio (“Futurama. Arte in Italia” del 2000) e alla diffusione dell’arte italiana dalla Biennale di Venezia ai territori regionali, dal globale al locale (“Padiglione Italia - Regione Toscana” nel 2011). La nuova mostra intende fare il punto, sottolineandone l’alta qualità, sugli sviluppi dell’arte di Barzagli da quella prima presentazione nel 1991 fino a oggi, in cui egli ha maturato una personale attitudine sperimentale e un’originale pratica multidisciplinare, con la pittura e l’installazione, la fotografia e la scultura, imprimendo direttamente sulla tela, il vetro, la carta fotografica o con il bronzo le tracce della realtà naturale, i corpi umani, animali o vegetali immortalati nelle sue opere. Le immagini prodotte dall’artista ci appaiono come epifanie, ci rivelano la fusione indistinguibile della realtà e dell’apparenza, della visione e dell’immaginazione, della vita e della morte. Le sue “impronte” superano la dimensione spaziale della rappresentazione e investono quella temporale dell’essere, espressa nell’associazione di disegno, forma, struttura, movimento e gesto che l’arte di Barzagli ci restituisce magicamente, come condizione naturale di ogni esistenza. Attraverso questa nuova proposta espositiva il museo conferma il proprio ruolo di “sensore” attivo nell’ambito di una più vasta riflessione sulla contemporaneità, in cui l’arte può essere espressione di un confronto diretto, emozionante e coinvolgente, con il mondo che ci circonda e ci appartiene. Sommario Contents Ciò che si spera, se visto, non è più speranza Marco Bazzini 11 For in hope we have been saved, but hope that is seen is not hope Marco Bazzini 35 Portfolio 59 Biobibliografia Biobibliography 153 Ciò che si spera, se visto, non è più speranza * Marco Bazzini Massimo Barzagli da oltre vent’anni procede per impronte. Lascia colorate tracce per contatto diretto su una superficie, risultato meccanico di un’impressione esercitata su corpi reali. Corpi la cui primaria evidenza è la loro grandezza naturale. L’impronta dal punto di vista dimensionale è una denuncia di verità e produce immagini tanto sincere che è facile darle certa identità, vale a dire ricondurle a una precisa categoria. Che si tratti di fiori, rami d’albero o animali, oggetti di arredo o esseri umani, questi sono i corpi che genericamente costituiscono l’immaginario di Barzagli, sono soggetti da chiunque facilmente riconoscibili perché appartenenti a uno scenario di prossimità, non solo vissuto dall’artista ma anche da ciascuno di noi, sebbene, in un mondo dominato dalla tecnologia e vissuto in ambienti urbani, qualcuno di loro appaia sempre più lontano dalla nostra esperienza quotidiana. Non sono comunque da interpretare come immagini di una memoria, né testimoni nostalgiche di un civiltà passata, sono più semplicemente parte di un’iconografia che non ha bisogno di spiegazioni, un’iconografia che sta davanti ai nostri occhi come una cruda e non ingannevole presenza anche quando non ne siamo direttamente circondati. Ricondurre, quindi, l’impronta nella famiglia dei mezzi che sanno ripetere meccanicamente il mondo, e conseguentemente a un loro non essere originale a prescendire, è fin troppo facile e diffuso. L’impronta, con tutto il suo portato che ci arriva dalla notte dei tempi, per il senso comune non appartiene alle “arti liberali” ma piuttosto a quelle “meccaniche”; è così almeno dal Rinascimento e da quando Vasari l’ha confinata tra le tecniche a tutto vantaggio di quell’incondizionato elogio della mimesis pittorica di cui la natura è indiscussa maestra. Da qui nasce l’idea, purtroppo ancora oggi assai diffusa, che nell’impronta non è 11 - Marco Bazzini - riscontrabile nessuna abilità di tecnica artistica, nessuna invenzione formale, nessuna idealizzazione del soggetto, perché ciò che viene impresso è stato semplicemente prelevato dal mondo. Da chiunque è infatti innegabile che il segno lasciato sul supporto sia stato prodotto da un referente fisicamente reale. In questo lo statuto dell’impronta condivide lo stesso destino della fotografia dove non è credibile affermare che una scena o un oggetto che appare sul display (a sostituzione del traguardare dal mirino) non esista. E citare la fotografia con tutto il suo bagaglio di obiettività, realismo, riporta alla cogente questione mossa negli anni trenta da Walter Benjamin con il suo celebre saggio L’opera d’arte all’epoca della sua riproducibilità tecnica, in cui lo studioso tedesco postula la perdita di aura, e quindi dell’autenticità. Una condizione che sembra coinvolgere la stessa impronta. Fin qui, provocatoriamente, abbiamo ragionato con un punto di vista esclusivo, sia nella definizione di ritenere unicamente valida un’opinione, sia in quella che mira a escludere, e quindi a definire in negativo un qualcosa, che nel nostro caso vuol dire associare all’impronta il valore di non-opera. In realtà la questione è più articolata e complessa di quanto finora descritta, altrimenti non si spiegherebbe la sua attuale diffusa presenza tra gli artisti contemporanei, dove la loro esplicita dichiarazione per averla utilizzata al fine della realizzazione dell’opera, o come opera stessa, appare meno infamante. Condizione ben diversa da quella in cui Donatello realizzò, tramite calco di cose reali, il mantello o le gambe della sua celebre Giuditta e Oloferne, 1457-1464. Un’operazione spesso dimenticata in tutta la letteratura che parla di lui e, ancora oggi, in parte stigmatizzata dagli storici dell’arte. La questione che l’impronta apre da sempre, ben da prima che quest’idea si radicasse e radicalizzasse, è nella sua possibilità dialettica proprio per il suo essere duplice: perdita di un’origine e origine di una perdita. Ma procediamo con calma, e soprattutto attraversiamo il lavoro di Massimo Barzagli che come 12 - Ciò che si spera... - detto fin dai suoi esordi procede per impronta in un ampio spazio di operatività che è partito dalla pittura per sconfinare nella scultura, passando per l’installazione, la performance, la fotografia e il video. La preposizione per indica la maniera in cui un’azione si compie, al contrario della sorella con che, invece, introduce soltanto una determinazione di mezzo e di strumento. Non è differenza da poco, perché indica il diverso stato della relazione che intendiamo attivare. Barzagli non sembra tanto interessato al raggiungimento dell’impronta nel suo esito formale, che comunque mai trascura nelle sue opere, quanto al processo che questa può mettere di volta in volta in atto assumendola come un metodo continuamente da verificare. Il suo lavoro, infatti, si svolge più su una scena, in uno spazio fisico e reale, in cui tutte le volte partire da una precisa drammaturgia senza saperne prevedere il finale. È un operare che è molto più simile a un incidente, una collisione, che non a un pic nic. Barzagli, infatti, è come se tutte le volte facesse una prova di car crash, non solo per vedere qual è il limite di resistenza della scocca dell’auto ma anche la capacità di sformarsi del corpo alla guida. L’impronta che interessa di più a Barzagli è quella lasciata sull’airbag da chi ha condotto la macchina, con la fortuna di poterla anche guardare, e dagli eventuali passeggeri, più che quella prodotta dalla macchina stessa, perché quest’ultima è solo lo strumento per arrivare all’impatto. È come se dietro al sensuoso cromatismo presente nel suo lavoro che si risolve in forme di grande eleganza ci fosse annidiata una ghiandola di veleno, un’infezione di origine, e questo indipendentemente dall’uso delle carcasse di animali che usa, un fin troppo didascalico riferimento alla morte. Ma per arrivare a comprendere meglio questo parallellismo bisogna descrivere il suo modo di operare a partire dalla realizzazione delle immagini pittoriche che lo fecero conoscere. Se l’oggetto impresso, come è stato detto, dev’essere reale è proprio dal reale che va prelevato. Un gesto 13 - Marco Bazzini - ormai assunto nelle pratiche dell’arte contemporanea dal dopo Duchamp, ma che va contestualizzato anche nel tempo allargato della storia dell’uomo perché insito nel metodo dell’impronta. Seguendo poi le norme di una mimesis pittorica consolidata, Barzagli dipinge con grande definizione quanto ha tratto dal mondo, ne riproduce le sfumature e le ombre, ne evidenzia i particolari, lavora con la pittura quasi per farne un trompe-l’œil, se non fosse che questa operazione avviene direttamente sull’oggetto e non sul supporto. Dettagli che permettono di mantenere una tensione dentro la pittura anche se il suo campo di azione si allarga uscendo dalla tela per seguire le tracce di quanto ha fatto Jasper Johns in Painted Bronze (Savarin Can), 1960 o, in maniera più sistematica, Bertrand Lavier (vedi anche Cincinelli, 1990). Ma Barzagli sposta ancora più avanti il limite perché, come ha già evidenziato Saretto Cincinelli in un testo di fine anni novanta – sovverte “il tradizionale rapporto tra modello e pittura, per lui quest’ultimo è, potremmo dire, supporto originario, luogo della messa in riserva del gesto pittorico.” (Cincinelli, 1990) Una messa in riserva da interdersi, almeno all’interno del contesto operativo così come lo stiamo descrivendo, come riservato a uno scopo determinato, ovvero a rendere disponibile l’oggetto al momento del contatto. Dopo queste fasi, quanto fin qui preparato scende insieme al nostro nell’arena dell’azione. È qui che si consuma l’incidente, che avviene lo scontro, non prima però di aver stabilito la materia del supporto in cui provocare l’urto, nonché le sue dimensioni. Oltre alla comune tela di lino e alla carta, Barzagli ha adoperato la plastica trasparente, teloni come quelli delle coperture per camion, superfici rigide come la formica e il vetro, o soffici come cuscini. Abbandonato il pennello, Barzagli non può che ripartire dalla lezione di Pollock e dalla sua conquista del piano orizzontale in cui l’atto del dipingere si tasforma in performance, in movimento nello spazio. Un’orizzontalità necessaria all’atto dell’imprimere, all’esercitare quella forza affinché il corpo dipinto 14 - Ciò che si spera... - Impressione di fiori, 1993 15 - Marco Bazzini - aderisca al supporto e su questo avvenga il passaggio del colore. Una situazione orgiastica in cui la pittura ha ceduto il posto al corpo, come avvenne negli anni sessanta sulla scena viennese o nelle performance di Vito Acconci. Questione di tempo, un attimo più o meno lungo, e la “macchina” preparata da Barzagli si è andata a schiantare, l’incidente è avvenuto. E con l’impatto arriva anche il momento di buio, quella perdita di controllo che inevitabilmente ha chi la macchina ha guidato. Un ritorno parziale e momentaneo alla cecità, perché dell’occhio ne è stato fatto dita, alla vista subentra il tatto. L’impronta nasce nel momento in cui l’occhio non vede, un operare che può apparire come mancanza di autorialità soltanto se crediamo al fattore retinico della produzione di un’immagine. Idea, ormai, abbondantemente superata nell’arte del Novecento. Un lavoro prodotto “con la benda sugli occhi”, in linea con quanto fatto da Miró, Matisse, Twombly, e tra i molti altri, Robert Morris soprattutto nei suoi Blind Time Drawings. E dal sommerso dell’oscurità emerge l’impronta, la sola a essere presentata alla pubblica vista di tutto questo articolato processo. Chi guarda conosce solo l’esito di uno svolgersi che invece abbiamo visto assomigliare allo sfogliare, come minimo, un manuale di storia dell’arte contemporanea, ma sarebbe possibile spostare diversamente l’asta del tempo e retrodatare ancor di più i riferimenti. L’impronta procede per fasi e ogni tappa assume importanza per il momento in cui è svolta e per quello che è stato, altrimenti sarebbe una procedura. Per questo non siamo più nel tempo del qui e ora, ma in quello dell’adesso e del già fatto. È per il suo stare dentro a questa disciplina che Barzagli ha deciso di declinare l’impronta in tutte le sue forme possibili, ne ha saggiato le varianti con la fotografia, l’ha accostata con il video, l’ha nuovamente verificata con la scultura o esaltata nello spazio teatrale con i tableaux vivant e le performance. Tutti campi di azione che per Barzagli diventano strumenti per andare avanti 16 - Ciò che si spera... - nella sua ricerca, proprio come è stata strumentale la pittura ai suoi inizi. Questo continuo scandagliare un processo che vive simultaneamente di tempi diversi, presente e passato, è quello che l’ha portato a procedere per, a isituire un processo per guardarci dentro fino in fondo, proprio perché il già fatto assume sempre la stessa importanza del fare ora. Come abbiamo detto l’impronta è duplice e vive in un tempo doppio. Recentemente Barzagli ha impresso una mosca su carta. Un’impronta sottile, quasi una macchia, dove ancora è riconoscibile pur essendo, forse, uno dei corpi più piccoli con cui operare. La musca depicta è un elemento importante nella storia dell’arte a partire dall’aneddoto raccontato dal Vasari a testimonianza dei poteri della mimesis: “Dicesi che stando Giotto ancor giovinetto con Cimabue, dipinse una volta in sul naso d’una figura che esso Cimabue avea fatta una mosca tanto naturale, che tornando il maestro per seguitare il lavoro, si rimise più d’una volta a cacciarla con mano pensando che fusse vera, prima che s’accorgesse dell’errore”. Ma la mosca appartiene anche al mondo di George Bataille che nell’ultimo numero della sua rivista “Documents” ha pubblicato la fotografia di JacquesAndré Boiffard con un gruppo di questi ditteri dai corpi schiacciati e intrappolati nella carta moschicida. Un’immagine di una trappola in cui, a sua volta, rimane catturato anche lo sguardo. La mosca è, per l’autore della Storia dell’occhio, anche sinonimo di quelle “apparizioni sconcertanti” che devono capovolgere l’ordine costituito, tanto sconcertanti “quanto quella di una mosca sul naso di un oratore”. Quella che per Vasari era stata la più alta prova di un realismo idealizzato per Bataille diventa elemento di disturbo, incarnazione del disordine e della putrefazione. Perché la mosca rimanda inevitabilmente alla sporcizia, ai corpi in decomposizione, a tutto ciò che in arte si contrappone alla forma. A partire da questa visione di Bataille è stato letto l’informe che tanta parte ha avuto nel lavoro di molti artisti nella seconda 17 - Marco Bazzini - parte del secolo. E al quale anche l’impronta non si sottrae se non altro perché trascina la somiglianza verso la morte. Ma se ci limitiamo a questo movimento ricadiamo in un topos, e allora forse ancora una volta è meglio ritornare nei confini del lavoro di Barzagli per vedere come questo tenda all’entropia e all’orizzontalità, due delle voci individuate per restituire funzione all’informe. Prendiamo Impronte di fiori su lastre di vetro, 1993, poi conosciuta anche come Fiorile, presentata in occasione della mostra “Les Fleurs du mal” presso la Galleria L’Attico. Sono fisiche e materiche impronte di fiori dove, come scrive Boatto, è evidente “l’attrito cromatico con la scheggia di vetro”, metafora del loro ingresso nel regno del malsano avvenuto con la poesia baudeleriana (Boatto, 1994). Anche in questo caso le immagini più poetiche, come quelle di un gladiolo, iris o sterlizia, si declassano, termine caro a Bataille, a qualcosa di velenoso, di infettante. Ma non basta perché dobbiamo individuare il suo carattere entropico, ovvero quel senso di accumulo, di spreco irrecuperabile, oltre che quell’orizzontalità che deriva dal ribaltamento del piano verticale. Della seconda abbiamo già detto, è integrata al processo (vedi anche Risaliti, 2005), mentre per quanto riguarda la prima dobbiamo rilevare che è “sempre residuo di qualcosa – come scrive Sergio Risaliti in occasione della mostra “La casa assente”, 2002 – e l’eccedenza di qualcos’altro: residuo di una figura (...) o di colore, residuo sovrabbondante (...) Inoltre si consegna sempre un’eccedenza di materia, di colore e di forma; da cui si produce una sorta di cedimento figurativo, una disfatta compositiva” (Risaliti, 2002). Ancora una volta procedere per impronta vuol dire calamitare gli opposti. Gli anni novanta in Barzagli potrebbero essere sintetizzati come quelli dei corpi dipinti su monocromo sul fronte della natura. Sembra prendere alla lettera il monito di Cennino Cennini per raggiungere grazia e eleganza in un dipinto, “Pare a me niuna più atta e 18 - Ciò che si spera... - La mosca, 2012 19 - Marco Bazzini - certa via che di torla dalla natura”; infatti, davanti a un opera del nostro sembra “di stare di fronte a una pittura che non disdegna la decorazione ricca” (Auregli, 1993). I suoi soggetti sono rami di alloro, olmo, tralci d’edera o liane, prati e fiori, animali di diverse taglie, dalla lepre al capriolo, uccelli come passerotti, fagiani e merli, per finire ai pesci, nomi che tautologicamente si ripetono anche nei titoli. “Barzagli – scrive Alberto Boatto – pratica la natura come uno spazio per una sortita, come un luogo di sottrazione e di salvamento” (Boatto, Bochum, 1990). Ma la natura non è data in sé stessa, ovvero sulla scia degli artisti dell’Arte povera, ma in immagini “quale risultato di una piena attività di pittura e scultura” (Boatto, Roma, 1990). Fin da subito, quindi, si crea una cesura con Giuseppe Penone, per esempio, che dell’impronta ha fatto uso e, in particolare, con una sua opera come Verde del bosco, 1986. Il primo a sottolineare questo fronte e a metterlo in relazione con quanto avviene con il resto della scena contemporanea è Maurizio Calvesi, il primo anche a scrivere un testo organico e monografico in occasione della prima mostra personale presso la Galleria L’Attico di Fabio Sargentini: “Massimo Barzagli – scrive lo storico – opera apparentemente all’interno di una categoria – il naturalismo – che nuova certamente non è, anzi potrebbe giudicarsi desueta; ma lo fa con un’invezione di tecnica e di stile che si sottrae al deprimente quadro generale dei riciclaggi linguistici” (Calvesi, 1990). Come per molti altri artisti italiani della sua generazione anche per Barzagli si tratta di partire, nella costruzione dell’opera, da un punto di vista basso, il piano del calpestio, per muoversi nella fragilità e nell’intimo di uno spazio familiare. Presentate poi nella verticalità più tipica del modello espositivo, possono acquistare valore di testimonianza di un attimo privato, di un tempo tutto personale, in cui è necessario fissare, con un modello rilevato dall’arte concettuale, anche tutti i dati dell’incontro/scontro 20 - Ciò che si spera... - 25° Km. S.S. 302 ore 14,45 a 50 Km.h, 1989-1990 21 - Marco Bazzini - fornendoci il luogo, l’ora e la velocità d’impatto della sua auto: 25° Km. S.S. 302 ore 14,45 a 50 Km.h. Allo stesso tempo questo carattere di certificazione svanisce per la strategia messa in atto dall’artista che la rende nomade perché trasferisce “la documentazione ‘in loco’ in qualsiasi luogo prescelto”, come scrive Amnon Barzel in occasione di Carta Bianca 1, la sua prima presentazione presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci a Prato nel 1991 (Barzel, 1991). Questa mostra coincide con il definitivo annullamento tra arte e vita attraverso la pratica dell’installazione. All’esterno l’impronta di una lunga “siepe” di rami riprodotti in giallo e verde su fondo azzurro, dal titolo Buona visione, viene usata nella sua qualità di trompe-l’œil per sottolineare e smaterializzare quel confine tra ambienti diversi, l’architettura e la natura, all’estremità superiore del grande teatro all’aperto. All’interno, nelle sale della biblioteca, con Interno occidentale, i suoi dipinti di rami su carta sostituiscono nelle stesse cornici i materiali genericamente esposti, e in questo modo si integrano all’ambiente e ai suoi arredi. È un modo di operare alla ricerca dell’unità tra l’opera e lo spazio domestico preesistente in cui viene accolta, una tipologia che ripeterà qualche anno dopo con Impressione di rovo, 1992, e che poi arriverà a nuovi esiti negli anni duemila. L’en plein air, non più soltanto come spazio operativo di lavoro ma anche come luogo in cui far tornare a vivere i suoi soggetti, viene testato da Barzagli anche in occasione della mostra collettiva “Ritorno al mare”, 1992, un omaggio a Pino Pascali nella sua terra pugliese, Polignano a Mare. Come ci racconta lo stesso artista è l’inizio del tema Birdwatching che poi troverà diverse declinazioni: “In un balconcino del paese attaccai, vicino ai fiori sui vasi, piccoli uccellini dipinti su cartoncini colorati, in diverse gradazioni di rossi, verdi, gialli, bruni, neri. Sui muretti della costa invece feci un incollaggio di un volantino, fondo azzurro e ali spiegate. Alla mostra ‘The Last Garden’ presso Villa delle Rose a Bologna installai due sale di Birdwatching rifoderate con cartoncini gialli con 22 - Ciò che si spera... - impronte di uccelli. L’unica differenza tra una sala e l’altra era quella della grandezza dei corpi degli uccelli impressi sui cartoncini. Nelle due sale trasmisi l’audio di una lezione di birdwatching, come se ognuna fosse una grande cassa armonica”. L’impronta che nasce da uno spazio di vita a questa deve tornare, l’uccello dovrebbe poter tornare a volare, cosa ipotizzata da Barzagli vent’anni dopo con un progetto mai realizzato per la Biennale di Venezia 2011, o almeno a cantare, come è successo con l’ausilio della tecnologia. Sebbene i suoi animali prendano origine da carcasse, da corpi morti, così come i fiori sono recisi, possono tornare a vivere nella realtà dei colori e nelle possibilità che la tecnica dell’arte concede, proprio come avviene alla lepre di La corsa, 1994, dove l’animale, secondo quella frammentazione del movimento in molteplici scatti sperimentata da Muybridge in fotografia, sembra nuovamente scappare sotto i nostri occhi. Con la mostra “Process Painting”, 1992, presso la Galleria L’Attico, il suo lavoro trova le connessioni con quanto succede in Europa e in modo particolare con il lavoro di Ian Davenport e Callum Innes, oltre a loro sono presenti Paolo Fabiani e Nicholas May. Non una mostra manifesto per la formazione di un nuovo gruppo, ma comunque importante per testimoniare una temperie culturale che Achille Bonito Oliva, nel suo testo in catalogo, rintraccia nel portare a “conclusione una strategia liberatoria della soggettività che trova un suo equilibrio espressivo fuori da ogni edonismo gestuale e ogni spersonalizzazione formale. Un metodo regge il lavoro dei pittori attuali, governato da una tensione giocata tra casualità e controllo. (...) Questi artisti italiani e inglesi lavorano su un metodo basato sull’impromtu, l’introduzione di una temporalità attiva che svolge una funzione formalizzante autonoma rispetto al gesto iniziale dell’artista” (Achille Bonito Oliva, 1992). Poco dopo Damien Hirst inizia la produzione dei suoi Spin Painting. L’autonomia del gesto dell’impronta appare in tutta la sua fragranza fisica in una mostra di autoritratti 23 - Marco Bazzini - del 1996. L’unica possibilità, per non trasfigurare il proprio volto in maschera è quella di imprimersi per profilo. Seppur realizzati con le proprie mani e sentiti nella pelle del volto, i risultati si dimostrano sfuggenti, inaccessibili, “fluttuano in uno spazio e in una durata loro propri, emergono oppure si allontanano; rientrano nell’attualità oppure sprofondano in un tempo remoto” (Boatto, 1996). Negli anni successivi le figure umane prenderanno sempre maggior frequenza nelle sue opere e il decennio si chiude con una mostra presso la Galleria Bagnai di Firenze, autunno 1999, dal titolo “Figure senza posa”. Visto con un tempo a ritroso è anche l’ultimo capitolo in cui l’impronta appare esclusivamente per pittura su monocromo, e viene accompagnata da una testo di Saretto Cincinelli, il critico che forse più di tutti gli è stato vicino, in cui si ritrova la perfetta sintesi della sua arte di questi anni: “l’uscita dalla tela è ossessionata dal suo ritorno: l’abbandono della tecnica tradizionale e l’interrogazione diretta del sensibile non implicano, qui, irrealizzazione della pittura ma, paradossalmente, del suo referente e quest’ultimo la realizzazione della pittura”. Per poi concludere: “Assenza che afferma la presenza, presenza che afferma l’assenza, distanza contemporaneamente posta e abolita, l’impronta sfugge sia al modello dell’astrazione sia a quello dell’imitazione, inaugurando uno spazio in cui ogni purezza appare possibile poiché la contaminazione si rivela, in un certo senso, originaria” (Cincinelli, 1999). L’impronta mantiene il suo carattere dialettico, anche se realizzata per pittura. Ora che il processo è stato finemente messo a punto si può andare a guardarci dentro. Gli anni Duemila, almeno criticamente, si aprono ancora in compagnia di Cincinelli che, in un’intervista pubblicata in occasione della nuova mostra alla Galleria L’Attico, chiede conto all’artista della grande novità introdotta nel suo lavoro: il fondo delle tele è infatti interamente occupato da una realistica im- 24 - Ciò che si spera... - Autoritratto femminile, 1994 25 - Marco Bazzini - magine fotografica che rappresenta fondali marini, paesaggi e altro. Barzagli risponde barthianamente, evocando una soggettività di fruizione dell’immagine che fino a quel momento era stata soffocata: “La scelta poi delle immagini di base ha a che vedere con il lato emozionale o emotivo, e allora è qualcosa che ha a che fare con la mia esperienza di uomo, è qualcosa di mio a livello visivo, ma è anche qualcosa di tutti gli uomini, come se queste immagini fossero state fissate come una sorta di ritratti, come dire, ritratti di cieli, ritratti di mari, ritratti di fiori” (Cincinelli, 2000). L’impronta, negli anni Duemila, che nasce meccanicamente ora si scontra con altre tecniche di riproduzione, a partire dalla fotografia, la sorella che per tutto il precedente decennio è stata più volte evocata ma sempre come porto su cui non andare a ormeggiare. Era necessario rimanere nel mare aperto della pittura. Il mondo marino con la sua fauna è sempre stato molto presente nella sua immaginazione a partire dalla prima mostra di “Fishwatching” nel 1993 presso la Galleria Gentili di Firenze. Più volte ripetuto come tema sembra però monopolizzare l’inizio degli Anni Zero e non solo nelle tele esposte a Roma ma anche in quelle che sono le prime performance in cui delle danzatrici sono realmente presenti come in occasione dell’inaugurazione delle mostra “La casa di Marea”, presso la Galleria Peccolo di Livorno, 2001, o nel tableau vivant Sunnyfountain, pose e posture per quattro danzatori, un pesce spada, due tonnetti, otto polipi e quattro murene presso la Galleria Farsetti Arte a Forte dei Marmi, 2001. Oltre alla fotografia entra direttamente nel suo lavoro anche il teatro e l’azione teatrale, che fino a quel momento era stata fase strumentale alla realizzazione dell’impronta. E l’opera conosce un rapporto con il tempo e la vita inedito, anche perché direttamente messa a confronto con il movimento nella presenza reale di chi presta un corpo o in quella mediata da un video come nell’opera La casa assente, 2003. In questi primi anni del nuovo millennio arriva anche 26 - Ciò che si spera... - Fiorile, 2005 27 - Marco Bazzini - la prima occasione per uno sguardo retrospettivo di quanto fatto fino ad allora, il lavoro aquista anche il tempo della storia in una prima antologica, “The History of the He art”, 2002, con l’invito di Sergio Risaliti a esporre presso Palazzo Strozzi a Firenze. E fin dal titolo Barzagli gioca con una doppia temporalità, heart – he art, quella personale e quella più lunga della storia dell’arte evocata anche dal luogo oltre che contenuta nel termine inglese. La mostra diventa per Barzagli un gioco di riallestimento di molte delle sue precedenti installazioni e l’occasione pe presentare gli ultimi suoi lavori in stretta relazione con i suntuosi ambienti arredati del palazzo. Quella che era stata un primo tentativo nei primi anni novanta comincia ad assumere nuove possibilità e a diventare una delle epidermidi delle opere. Sempre in quello stesso anno, a Milano presso la Galleria Farsetti, propone la “La casa assente”, 2002, in cui come sfondo sono presenti “degli interni di salotti, camere, soggiorni, dentro ai quali galleggia – come scrive Sergio Risaliti nel catalogo che accompagna la mostra – una figura, fluttuante come una medusa nel suo liquido, un corpo senza gravità, un cadavere deposto dalla croce (Cristo) o immerso in uno stagno (Ofelia). La prima immagine, quella retrostante, è ottenuta dalla fotografia, l’altra scaturisce dal contatto del corpo, spalmato di colore, con la tela. Le immagini d’interno sono state prelevate da diverse fonti (spesso usa riviste specializzate d’architettura e di design)” (Risaliti, 2002). Sono presenti due dimensioni apparentemente distanti, contrastanti tra loro, ma che nascono da una stessa radice, da un’omologia nel saper catturare il mondo e che sottendono al principio del prelevamento di qualcosa di reale. Per ambedue vale quello che i francesi dicono essere chasseur d’images: fotografo, ma più letterariamente cacciatore d’immagini. Barzagli lo sa, e non esita a fare il grande passo restando comunque nel mare aperto della sperimentazione. Adotta sulla scia di William Henry Fox Talbot, Man Ray, Luigi Veronesi ma ancora di più di 28 - Ciò che si spera... - Robert Rauschenberg insieme a Susan Weil o David Hammons, l’immagine negativa, ovvero l’impressione direttamente su carta sensibile di un corpo reale. L’esito di questa ricerca sorprendente, almeno agli occhi di chi conosce il suo lavoro, viene presentato presso la Galleria Bagnai nella mostra “Mai Home” nel 2005. A stupire sono le carte di grande dimensione in cui oggetti di arredo, lampade, lampadari, mobiletti, sedie e quadri, acquistano la bianca inconsistenza del vuoto, mentre lo spazio intorno a loro la gelatinosa presenza di colore. “Il grosso del lavoro – scrive Risaliti – è tuttavia incentrato sulla preparazione della messa in scena. Dove gli oggetti, tra poco, funzioneranno al buio come muti attori di una performance. I vari oggetti sono stati selezionati con tempi affettivi” (Risaliti, 2005). Ma questa volta a interessare il nostro più che l’impronta lasciata dagli oggetti è l’impressione cromatica che si produce sulla carta durante l’esposizone, quello che in fotografia si chiama la temperatura cromatica quando la chimica è sottoposta alle diverse fonti luminose che danno reazioni difformi e indifferenti per la nostra retina. Se c’è un’affinità non è con le Delocazioni di Claudio Parmiggiani ma piuttosto con la ricerca sul colore nella fotografia di James Williams. Ancora una volta è quello che non si vede e che nasce dall’operare “al buio”. Un modo diverso e inverso di esperire la “pittura” per impronta. Siamo così arrivati ai lavori più recenti in cui anche la parte emozionale sembra non giocare più un ruolo secondario, di semplice sfondo. Un’impressione realmente provata diventa la forza con cui andare a impremere una nuova scena, ma non va confusa con l’arrivo dell’ispirazione quanto piuttosto circoscritta con alcuni momenti di una biografia, di un diario che come sappiamo è genere letterario ibrido, in cui si accolgono più strutture narrative e appunti presi nel tempo. Uno dei modi migliori per continuare la propria ricerca. 29 - Marco Bazzini - Balzano immediatamente all’attenzione il ritorno su alcuni “luoghi di incidenti”, come in Cielo!, 2012, grandi quadri monocromi, neri e bianchi, in cui compaiono nuovamente le impronte di uccelli rispettivamente dello stesso colore del fondo, questa volta, però, impresse sia in positivo sia in negativo. Un modo per togliere o aggiungere matericità guardando anche ai grandi quadri neri dei primi anni cinquanta di Rauschenberg. Così come la visione dal vivo di un piccolo quadro di Van Gogh, Rain, 1889, presso il Philadelphia Museum of Art, lo porta a cimentarsi nuovamente con quella che vent’anni prima Boatto aveva definito “tecnicamente, la cosa più eccentrica” (Boatto, Bochum, 1990) proprio perché propedeutica a tutto il suo modo di lavorare, in quanto unici quadri privi di oggetto reale da imprimere. Infatti le gocce non sono riprodotte nel loro impatto con il suolo ma nelle linee verticali della caduta, momento impossibile da fermare su un supporto, tanto più se lavorato in orizzontale. Opere importanti queste perché, le prime in maniera sorniona quest’ultime esplicitamente, mostrano l’altra faccia dell’impronta per pittura, quella più menzognera. In questi ultimi anni Barzagli ritorna anche nel bosco, questa volta non per prendere materiale ma per materialmente riprenderlo direttamente per contatto su carta fotografica nei diversi momenti delle quattro stagioni: Conto le foglie del bosco, 2011-2012. Un titolo altrettanto menzognero perché provocatoriamente enfatizza un’impossibilità di calcolo che certamente non era possibile in pittura ma non lo è nemmeno in fotografia. Tra realtà e finzione, anche se di tipo diverso, si gioca un altro lavoro fotografico, Leila’s Cast Bronze, 2010, presentato presso la Galleria Bagnai di Firenze. Prende origine da Cast Lead, piombo fuso, termini che evocano il lavoro di Richard Serra ma che invece nominano l’operazione dell’esercito israeliano nell’operazione contro Hamas consumatasi sulla striscia di Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio dell’anno successivo. È il suo lavoro politico, proprio come il piccolo libro Quattro ore a Chatila per 30 - Ciò che si spera... - Jean Genet in cui racconta la sua visita al campo di Sabra e di Chatila nel 1982 dopo un’incursione israeliana accompagnato da Leila Shahid. Per Barzagli sono luoghi familiari, e ne ricostruisce un interno di abitazione apparentemente asettico, fondo bianco e oggetti, arredi restituiti in trasparenza per contatto su dodici fogli di carta fotografica positiva. Ma tutto è fuori “piombo” qualcosa di sconvolgente è passato, non c’è presenza umana se non in due calchi di piedi in bronzo. Questa volta la scultura per contatto gioca il suo peso come lutto. “Sono dovuto andare a Chatila – scrive Genet – per percepire l’oscenità dell’amore e l’oscenità della morte. I corpi, nei due casi, non hanno più nulla da nascondere: posture, contorsioni, gesti, segni, i silenzi stessi appartengono all’uno e all’altro mondo”. Un silenzio che si ritrova anche nella serie di piccole carte fotografiche positive Un vaso di fiori a New York, 2006-2012, di cui fa parte anche una piccola fusione in alluminio ottenuta per orma. Un’iconografia difficile con cui confrontarsi per quanti prima di lui l’hanno affrontata come tema nella pittura. Ritratti in trasparenza, sono presenze fragili, diafane, sospese in uno spazio neutro sottratto alla realtà. Come Genet anche Barzagli parte da una sua visita in città, osservando l’ampia presenza e varietà di tipologie presenti, per poi registarne visivamente quel legame osceno tra eros e thanatos che da Tina Modotti, Robert Mapplethorpe o Araki questi elementi hanno saputo evocare. Ancora dagli Stati Uniti ha riportato la figura umana nel suo lavoro questa volta per frottage e calco, ma non è più di persone reali; la sua rappresentazione avviene attraverso l’impronta di quelle piccole statuette contemporanee che sono gli action figure, da qui anche il titolo. L’esito comune di questa doppia azione di riproduzione per contatto è nella raggiunta tridimensionalità, sono bassorilievi: ironici quelli prodotti con il frottage su carta, drammatici quelli realizzati con il calco. Segni franti sul grinzoso foglio A4, continuità di superficie sullo squartato blocco di creta. 31 - Marco Bazzini - Alla persona, quella reale in carne e ossa, oggi Barzagli ha invece donato libertà di azione, come nella performance Action Figure Monumental Sculpture, 2010, in cui è la stessa danzatrice a vivere il momento del buio all’origine dell’impronta, o come in Save Our Flowers, per la prima volta realizzato con bambini siriani a Dynamo Camp, 2010, e riproposto in occasione di questa mostra, dove è il singolo a lasciare la “propria” impronta di un fiore. In fin dei conti a Barzagli ha sempre interessato il procedere per impronta oltre che lasciare una traccia con l’impronta. Perdere un’origine e originare una perdita. Fare arte e procedere nella storia dell’arte. Ora che il processo è dato in chiaro, portato in pubblico, a lui, solitario non resta che il muro dell’impatto, consapevole però che, come dice san Paolo continuando il suo passo della Lettera ai Romani dato per titolo a questo scritto, “ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”. * Il titolo di questo saggio prende origine da un passo di san Paolo, Lettera ai Romani, 8, 25. Riferimenti bibliografici: Georges Didi-Huberman, La somiglianza per contatto, Bollati Boringhieri, Milano 2009; Yves Alain Bois, Rosalind Krauss, L’informe. Istruzioni per l’uso, Bruno Mondadori, Milano 2003. Per i riferimenti ai testi scritti da altri autori e citati nel presente scritto si rimanda alla bibliografia negli apparati. 32 - Ciò che si spera... - Un vaso di fiori a New York, 2006-2008 33 For in hope we have been saved, but hope that is seen is not hope * Marco Bazzini For over twenty years Massimo Barzagli has been making imprints. He makes direct contact, leaving coloured traces on surfaces, the mechanical result of an imprint made on real bodies. Bodies whose primary evidence is their natural size. The imprint, from the point of view of size, reports the truth, producing images that are so sincere that it is easy to give them a certain identity, in other words, assign them to a specific category. Whether these are flowers, tree branches or animals, ornaments or human beings, these bodies are part of Barzagli’s world of imagery. They are easily recognizable by anyone because they belong to a scenario of proximity, not only experienced by the artist but also by everyone of us. Although in a world dominated by technology and life in an urban environment, some of them appear increasingly distant from our everyday experience. However, they are not to be interpreted as images of a memory, or nostalgic testimonials of a lost civilization. More simply, they are part of an iconography that needs no explanation, an iconography that stands before our eyes like a raw and undeceiving presence even when we are not directly surrounded by it. Therefore to ascribe the imprint to the family of media which mechanically reproduces the world, and consequently to their not being original, is far too easy and common. The imprint, with all it brings to us since the dawn of time, due to common sense does not belong to the “liberal arts” but rather to the “mechanical” arts, or at least since the Renaissance, and since Vasari confined it to those techniques for the benefit of that unconditional praise for pictorial mimesis of which nature is the undisputed master. It is from here that the idea comes, unfortunately still widespread today, that in the imprint no artistic technical ability has been found, no formal invention, no idealization of the subject, because what has been im- 35 - Marco Bazzini - printed has simply been taken from the world. No one would deny that the mark left on a surface is produced by a physically real representative. In this, the status of the imprint shares the same fate as photography, where it is not credible to say that a scene or an object that appears on the display (replacing a look the viewfinder) does not exist. And to mention the photograph with all its baggage of objectivity, realism, goes back to the cogent question raised in the thirties by Walter Benjamin with his famous essay The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction, in which the German student postulates the loss of aura, and therefore authenticity. A condition that seems to involve the imprint as well. So far, provocatively, we reasoned from an exclusive point of view, both in the definition for believing an opinion to be uniquely valid, and in that which aims to exclude, and therefore defining something in the negative, which in our case means to associate the imprint with the value of a non-work of art. In reality, the issue is more detailed and complex than described above, otherwise it would be hard to explain its current widespread presence in the work of contemporary artists, where their explicit declaration for having used it to make a work of art, or as the work itself, appears less shameful. The condition is very different from the one in which Donatello made a cast of real things, the mantle or the legs of his famous Giuditta e Oloferne, 1457 to 1464. An operation that is often forgotten in all the literature that mentions him and, even today, is partially stigmatized by art historians. The question that the imprint has always raised from well before this idea took root and became radicalized, is in its own dialectic possibility of having a dual nature: the loss of an origin and the origin of a loss. But let us proceed calmly, and in particular, let us go back over the work of Massimo Barzagli who, as we have said, since the beginning, proceeds by imprint in a broad working area that started with painting, moved into sculpture, passed through installation, into performance art, photography and video. 36 - For in hope... - Impronta di scoiattolo, 1995 37 - Marco Bazzini - The preposition by indicates how an action is accomplished, as opposed to its sister preposition with, which instead introduces only a determination of the media and tools. It is no small difference, because it indicates the different status of the relationship that we intend to activate. Barzagli does not seem particularly interested in the formal outcome of the imprint, although he never neglects it in his work, as much as he is interested in the process that takes place each time, that becomes like a continuous verification method. His work, in fact, more often takes place in a setting, in a physical and real space, starting each time from a precise script without being able to predict the finale. The work is much more like an accident, a collision, certainly not a picnic. It is in fact as if Barzagli, each time, were doing a driving crash test, not only to see what the limit of the cars body’s resistance is but also the ability to transform the body of the driver. The imprint that is most interesting to Barzagli is the one left on the air bag by the driver, who was also lucky enough to be able to watch, and those of the passengers, more than the one produced by the car itself, because it is merely the tool for achieving the impact. It is as if behind the sensuous chromaticism in his very elegant work there were a poison gland nesting there, an infection in the origin, regardless of the animal carcasses he uses in an all-too-didactic reference to death. But to get a better understanding of this parallelism we must describe his working method starting with making of the painted images that made his early reputation. If the imprinted object, as has been said, must be real, it is precisely from reality that it should be taken. This gesture is now part of contemporary art practices since Duchamp, but also needs to be contextualized in the broader time of the history of man that is inherent in the imprinting method. So following the rules of an established pictorial mimesis, Barzagli paints what he has taken from the world with great definition, reproducing the nuances and 38 - For in hope... - L’incidente, 1999 39 - Marco Bazzini - shadows, highlighting the details, working with paint to almost make a trompe-l’œil, except for the fact that this operation is performed directly on the object and not the medium. These details help maintain a tension in the painting even if its scope extends beyond the canvas to follow in the path of what Jasper Johns did with Painted Bronze (Savarin Can), 1960, or, in a more systematic way, Bertrand Lavier (also see Cincinelli, 1990). But Barzagli moves even further beyond the limit because, as Saretto Cincinelli already pointed out in a text at the end of the nineties—he subverts “the traditional relationship between the model and the painting; for him the painting is, we could say, the original surface, the reserve location for the act of painting” (Cincinelli, 1990). A reserve location that is understood, at least within the operational context as we are describing it, as reserved for a specific purpose, namely to make the object available at the moment of contact. After these phases, that which has been prepared up until now goes into the arena of action with the artist. It is here that the accident takes place, the crash, but not before having established the medium in which the crash is caused, as well as its dimension. In addition to common linen canvas and paper, Barzagli has used clear plastic sheets, like those used as covers on trucks, hard surfaces like Formica and glass, or soft surfaces like pillows. Having abandoned the paintbrush Barzagli can only follow the lesson of Pollock and his conquest of the horizontal plane where the act of painting is transformed into performance, into movement in space. A horizontal quality required for imprinting, for exercising that strength until the painted body adheres to the surface and the colour is transmitted. An orgiastic situation where painting gave way to the body, as it did in the sixties in the Viennese scene or the performance art of Vito Acconci. It was a matter of time, a minute more or a minute less, and the “car” prepared by Barzagli was going to 40 - For in hope... - crash, the accident happened. And with the impact comes the moment of darkness, the loss of control that the person driving inevitably has. A partial and temporary return to blindness, because an eye has become fingers, sight is replaced by touch. The imprint is born in the moment when the eye does not see, a work that can appear as lacking authorship only if we believe in the retinal factor in the production of an image. This idea is abundantly surpassed by the art of the twentieth century. A work produced “with a blindfold,” in line with what has been done by Miró, Matisse, Twombly, and among many others, Robert Morris, particularly in his Blind Time Drawings. The imprint emerges from the darkness, the only one presented for public viewing from the whole of the complex process. Whoever looks at it only knows the outcome of a happening that we, on the other hand, saw as something resembling the turning of pages, at the least, a handbook on the history of contemporary art. But it would be possible to move the hand of time and backdate even more references. The imprint proceeds by stages and each stage assumes importance for the moment in which it is made and for what it was, otherwise it would be a procedure. For this reason we are no longer in the here and now, but in the moment of the now and already made. It is to stay within this discipline that Barzagli has decided to make the imprint in all its possible forms, and has tried variants with photography, approached it with video, and again tried it with the sculpture or in the theatrical space with the tableaux vivants and performance. All fields of action for Barzagli become tools for moving forward in the research, just as painting was instrumental in his early work. This continuous fathoming of a process that lives simultaneously in different times, past and present, is what led him to proceed by, to establish such a process to look into its furthest depths, precisely because what has already been done assumes the same importance as what he is doing now. As we said, the imprint has a dual nature and lives in a dual time period. 41 - Marco Bazzini - Recently Barzagli imprinted a fly on paper. The imprint is subtle, almost a spot, where it is still recognizable despite being perhaps one of the smallest bodies he has worked with. The musca depicta is an important element in the history of art since the anecdote told by Vasari for witnessing the powers of mimesis: “It is said that a still young Giotto with Cimabue, once painted on the nose of a figure that Cimabue had made, a fly so natural, that when the teacher returned to continue the work, he went back to flick it off with his hand more than once thinking that it was real, before realizing his mistake.” But the fly still belongs to the world of George Bataille, who in the last issue of his magazine “Documents,” published a photograph by Jacques-André Boiffard with a group of flies whose bodies were crushed and trapped in flypaper. An image of a trap where, in turn, the eye is also caught. The fly is, for the author of the Storia dell’occhio (History of the Eye), also synonymous with those “disconcerting apparitions” that must overturn the established order, as disconcerting, “as that of a fly on the nose of a speaker.” That which for Vasari was the highest proof of an idealized realism, for Bataille becomes an element of disorder, the embodiment of disorder and decay. Because the fly inevitably refers to filth, the decomposing bodies, everything that in art is opposed to form. It was with this view of Bataille’s that formlessness began to play such a large part in the work of so many artists in the second half of the century. And the imprint does not escape it either, if only because it is dragging the similarity to its death. But if we limit ourselves to this movement, we fall into a topos, and so perhaps again it is better to return to the confines of Barzagli’s work to see how this tends towards entropy and the horizontal, two of the items identified as restoring function to formlessness. Take Impronte di fiori su lastre di vetro (Imprints of flowers on glass plates), 1993, then also known as Fiorile, presented at the exhibition “Les Fleurs du mal” at the Galleria L’Attico. These are physical and material 42 - For in hope... - Les fleurs du mal, 1994 43 - Marco Bazzini - imprints of flowers where, as Boatto writes, “the chromatic friction with the shard of glass” is clear, a metaphor for their entrance into the kingdom of the unhealthy place of Baudelairian poetry (Boatto, 1994). In this case too the more poetic images such as those of gladiolus, iris or strelizia, are downgraded, a term dear to Bataille, to something poisonous, infectious. But it is not enough, because we have to find the entropic nature, or the sense of accumulation, of unrecoverable waste, as well as that horizontal quality that comes from the overturning of the vertical plane. Regarding the latter, as we have already said, it is integrated into the process (also see Risaliti, 2005), while regarding the first, we have noted that it is “always the residue of something—as Sergio Risaliti wrote of the exhibition “La casa assente (The absent house),” 2002—and the excess of something else: the remains of a figure (...) or a colour, overabundant residue (...) Moreover he always delivers an excess of material, colour and form; which produces a sort of figurative yielding, a compositional defeat” (Risaliti, 2002). Once again proceeding by imprint means magnetizing the opposites. The nineties in Barzagli’s work could be summarized as those of the bodies painted on monochrome set against nature. He seems to take Cennino Cennini’s admonition literally to achieve grace and elegance in a painting, “It seems to me that there is no better way than to take it from nature”; in fact, before a work by our artist, one seems “to stand in front of a painting that does not disdain rich decoration” (Auregli, 1993). His subjects are branches of laurel, elm, ivy creepers or vines, meadows and flowers, animals of different sizes, hare, deer, birds such as sparrows, blackbirds and pheasants, and finally fish, names that are tautologically repeated in the titles as well. “Barzagli— writes Alberto Boatto—uses nature as a space for a sortie, as a place for abduction and rescue” (Boatto, Bochum, 1990). 44 - For in hope... - But nature is not rendered as itself, or in the wake of the Arte Povera artists, but as images that are “the result of a full activity of painting and sculpture” (Boatto, Rome, 1990). From the start, therefore, he breaks with Giuseppe Penone, for example, who has used the imprint and, in particular, with such work as Verde del Bosco (Forest greenery), 1986. The first to emphasize this front and to relate it to what happens with the rest of the contemporary scene is Maurizio Calvesi, also the first to write an organic text and monograph for the first solo exhibition at the Galleria L’Attico of Fabio Sargentini: “Massimo Barzagli—writes the historian—apparently works within a category—naturalism—that is certainly not new, that in fact could be judged as obsolete, but he does so with such invention in technique and style that it eludes the depressing framework of recycled idioms” (Calvesi, 1990). As with many other Italian artists of his generation, for Barzagli too it is a case of beginning, in creating a work, from a low point of view, ground level, to move into the fragility and intimacy of a familiar space. Presented later in the most typical vertical exhibition model, his work takes on the value of a witness to a private moment, a very personal time, in which it is necessary to establish, through a model revealed by conceptual art, all the data of the encounter/crash by providing it with the place, the time and impact velocity of his car: 25° Km S.S. 302 time 2:45 pm a 50 Km.h. At the same time this quality of certification dissolves into the strategy put in place by the artist who makes it nomadic, because he moves “the documentation ‘on site’ to any chosen place,” as Amnon Barzel wrote about Carta Bianca 1 (White Paper 1), his first presentation at the Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci (Luigi Pecci Centre for Contemporary Art) in Prato in 1991 (Barzel, 1991). This exhibition coincides with the definitive annulment between art and life through the practice of the installation. Outside the imprint of a long 45 - Marco Bazzini - “hedge” of branches reproduced in yellow and green on a blue background, entitled Buona visione (Happy watching), it is used in its capacity as trompe-l’œil to highlight and dematerialize the boundary between different environments, architecture and nature, at the upper end of the great open-air theatre. Inside, in the rooms of the library, with Interno occidentale (Western interior), his paintings of branches on paper replace, in the same frames, the generically exhibited materials, and thus integrate the environment and its furnishings. It is a mode of researching the unity between the work and the pre-existing domestic space in which it is hosted, a type that he repeated a few years later with Impressione di rovo (Imprint of blackberry), 1992, to then arrive at new results in the year two thousand. L’en plein air (The outdoors), not only as an operative working space but also as a place to make his subjects live again, is also tested again by Barzagli at the group exhibition “Ritorno al mare” (Return to the sea), 1992, a tribute to Pino Pascali in his native town in Puglia, Polignano a Mare. As the artist himself tells us, it was the beginning of the birdwatching theme which then found different variations: “On a balcony in the town, I attached, near the flower vases, small painted birds onto a coloured board, in different shades of reds, greens, yellows, browns, blacks. On the sea walls instead, I glued a flyer, blue background and wings spread. At the exhibition ‘The Last Garden’ at the Villa delle Rose in Bologna, I installed two Birdwatching rooms, lined with yellow cards with imprints of birds. The only difference between one room and the other was that the size of the bodies of the birds imprinted on the cards. In the two rooms I broadcast the audio of a bird watching lecture, as if each were a great sounding box.” The imprint that comes from a living space must return to it, the bird should be able to fly again, something suggested by Barzagli twenty years later with an unrealized project for the Venice Biennale in 2011, or at least to sing, as has happened with the aid of technology. Although 46 - For in hope... - his animals originate with carcasses, from dead bodies, just as his flowers are cut, they can return to live in the reality of the colours and the possibilities that the technique grants, just like the hare in La corsa (The race), 1994, where the animal, according to the fragmentation of the movement in multiple shots, experimented with by Muybridge in photography, seems to run again before our eyes. With the exhibition “Process Painting”, 1992, at the Galleria L’Attico, his work is the connection with what is happening in Europe and in particular with the work of Ian Davenport and Callum Innes, as well as Paolo Fabiani and Nicholas May. Not a manifesto for the formation of a new group, but still important in terms of bearing witness to a cultural climate that Achille Bonito Oliva, in his catalogue text, traces in the bringing “to an end a liberating strategy of subjectivity that finds its expressive balance outside of any gestural hedonism and every formal depersonalization. A method holds up the work of today’s painters, governed by a tension that plays between randomness and control (...) These Italian and English artists are working on a method based on the impromtu, the introduction of a temporality that plays an active formalizing role, independent of the initial gesture of the artist” (Achille Bonito Oliva, 1992). Shortly after, Damien Hirst began to produce his Spin Painting. The autonomy of the imprint action appears in all its natural fragrance in an exhibition of self-portraits from 1996. The only possible way for him not to transform his face into a mask is to imprint his profile. Although made with his own hands and felt in the skin of the face, the results prove elusive, inaccessible, “they float in space and in a life of their own, emerge or move away; come back into reality or sink into a remote time” (Boatto, 1996). In subsequent years, the human figures became ever more frequent in his works and the decade ended with an exhibition at the Galleria Bagnai in Florence, fall of 1999, entitled “Figure senza posa” (Figures without 47 - Marco Bazzini - a pose). Looking at it with hindsight, is also the last chapter in which the painted imprint on monochrome appears, and is accompanied by a text by Saretto Cincinelli, the critic who perhaps supported him the most, where a perfect synthesis of his art in those years is found; “the going beyond the canvas is obsessed with the return: the abandonment of traditional technique and the direct interrogation of the senses do not imply, here, derealisation of painting but, paradoxically, of its references and the latter, the realization of painting.” It concluded: “An absence that confirms presence, a presence that confirms absence, distance posed and abolished at the same time, the imprint eludes both the model of abstraction and that of imitation, opening a space in which every kind of purity is possible since the contamination reveals itself, in a sense, to be original” (Cincinelli, 1999). The imprint maintains its dialectical character, even if it is created through painting. Now that the process has been finely tuned we can look into it more deeply. The first years of the twenty-first century, at least critically, again began in the company of Cincinelli, who, in an interview published for the new exhibition at Galleria L’Attico, asked the artist about the great innovation in his work: the bottom of the canvas is in fact entirely occupied by a realistic photographic image that represents the seabed, landscapes and more. Barzagli gives a Barthian answer, evoking a subjectivity in the use of the image that until then had been suppressed: “The selection of the basic images has to do with the emotive or emotional side, so then it’s something to do with my experience as a man, is something personally mine on the visual level, but it’s also something belonging to all men, as if these images had been immortalized as portraits of sorts, I mean, portraits of skies, portraits of seas, portraits of flowers” (Cincinelli, 2000). The imprint, in the twenty-first century, that is now created mechanically clashes with other reproduc- 48 - For in hope... - tion techniques, starting with the photograph, the sister that for the entire previous decade has been mentioned many times but always as a port where one should not moor. It was necessary to stay in the open sea of painting. The marine world with its wildlife has always been very present in his images since the first exhibition of “Fishwatching” in 1993 at the Galleria Gentili in Florence. A theme that has been repeated several times, it seems to monopolize the beginning of the year 2000 and not only on canvases exhibited in Rome, but also in those of his first performance piece, in which there are live dancers at the inauguration of the exhibition “La casa di Marea” (The house of the tide) at the Galleria Peccolo in Livorno, 2001, or in the tableau vivant Sunnyfountain, poses and postures for four dancers, a swordfish, two skipjack, eight octopi and four eels at the Galleria Farsetti Arte in Forte dei Marmi, 2001. In addition to photography, theatre and theatrical action also goes directly into his work, which until then had been an instrumental stage in making imprints. And his work begins to show a new relationship with time and life, also because there is a direct confrontation with movement in the real presence of those who provide a body or in the mediated presence, with a video such as the work La casa assente (The absent house), 2003. In these early years of the new millennium came the first opportunity to look back at what had been done so far. His work also took its place in history with his first retrospective, “The History of the He art,” 2002, on invitation by Sergio Risaliti to exhibit at Palazzo Strozzi in Florence. And since that title, Barzagli plays with a double temporality, heart - he art, his personal temporality and the longest in the history of art, also evoked by the place as well as the idea contained in the English term. The exhibition for Barzagli becomes a game of redeveloping many of his previous installations and the opportunity to present many of his latest works in 49 - Marco Bazzini - close relationship with the sumptuously decorated rooms of the palace. What had been a first attempt in the early nineties begins to take on new possibilities and becomes one of the epidermises of his work. Also in that year, at the Galleria Farsetti in Milan, he exhibits La casa assente (The absent house), 2002, where the background for the work are the “interiors of living rooms, bedrooms, sitting rooms, in which floats—as Sergio Risaliti writes in the catalogue accompanying the exhibition—a figure, like a jellyfish floating in its own liquid, a body without gravity, a body brought down from the cross (Christ) or submerged in a pond (Ophelia). The first image, the one behind it, is obtained through photography, and the other comes from the contact of the body smeared with colour, with the canvas. The images of interior were taken from different sources (he often uses specialized architecture and design publications)” (Risaliti, 2002). There are two seemingly distant dimensions, conflicting with each other, but that are born from the same roots, from a homology that comes from being able to capture the world and that underlie the principle of the removal of something real. For both of these we could validly use the French term chasseur d’images: photographer, but more literally, hunter of images. Barzagli knows, and does not hesitate to take the plunge while remaining in the open sea of experimentation. He adopts, on the wake of William Henry Fox Talbot, Man Ray, Luigi Veronesi, but even more, Robert Rauschenberg, along with Susan Weil or David Hammons, the negative image, in the form of the imprint of a real body made directly on light-sensitive paper. The surprising outcome of this research, at least in the eyes of those who know his work, was presented at the Galleria Bagnai at the exhibition “Mai Home” in 2005. Most astounding were the huge prints in which furnishings, lamps, chandeliers, cabinets, chairs and paintings, acquire the white inconsistency of the void, while in the space around them is the gelatinous presence of colour. “The bulk 50 - For in hope... - La casa assente, 2003 51 - Marco Bazzini - of the work—writes Risaliti—is, however, focused on the preparation of the staging. Where soon the objects will function in the dark like mute actors in a performance. The various objects were selected affectively” (Risaliti, 2005). But this time what interests our artist more than the traces left by the object, is the coloured imprint produced on the paper during the exhibitions, that which photography calls colour temperature, when the chemical is subject to the different light sources that create various reactions that are indifferent to our retina. If there is an affinity, it is not with Delocazioni by Claudio Parmiggiani but rather with the study of colour in the photography of James Williams. Again, it is that which you do not see and that comes from working “in the dark.” A diverse and inverse way of experiencing “painting” by imprint. So we come to the most recent works, in which the most emotional part no longer seems to play a secondary role, a simple background. A truly tested imprint becomes the force with which to go ahead and imprint a new scene—not to be confused with the arrival of inspiration circumscribed by a few moments of a biography—a diary which, as we know is a hybrid literary genre, where numerous more narrative structures and notes taken over time are the case. One of the best ways to continue the research. Immediately grabbing attention was the return of some “accident sites” like Cielo! (Sky!), 2012, large monochrome paintings, blacks and whites, where the imprints of birds respectively of the same colour as the background appear again, this time, however, imprinted both positively and negatively. One way of removing or adding a material quality also reminiscent of the large black paintings of the early fifties by Rauschenberg, as well as the live viewing of a small painting by Van Gogh, Rain, 1889, at the Philadelphia Museum of Art, leads him to try again with what Boatto, twenty years earlier, had called “technically, the most eccentric thing” 52 - For in hope... - (Boatto, Bochum, 1990) precisely because it is the preparation to his whole way of working, inasmuch as these are the only paintings devoid of real objects to be imprinted. In fact, the drops are not reproduced in their impact with the ground but in the vertical lines of their falling, a moment that is impossible to capture in this medium, even more so if tried horizontally. These are important works because, the first ones in a sly way, the later ones more explicitly, show the other face of making imprints with paint, the most mendacious face. In recent years Barzagli also returns to the woods, this time not to take material but to materially capture it directly on photo paper at different times of the four seasons: Conto le foglie del bosco (I count the leaves in the forest), from 2011 to 2012. A title that is just as mendacious because it provocatively emphasizes an impossibility in calculation that certainly was not possible in painting, but nor is it possible in photography either. Between reality and fiction, even if they are different types, he plays with another photographic work, Leila’s Cast Bronze, 2010, exhibited at the Galleria Bagnai in Florence. It takes its inspiration from Cast Lead, evoking the work of Richard Serra but instead referring to the operation by the Israeli army against Hamas in the Gaza Strip that took place between 27 December 2008 and 18 January of the following year. It is a political work, just like the little book Quattro ore a Chatila (Four hours in Shatila) by Jean Genet, inasmuch as it is an account of his visit to the camps of Sabra and Shatila in 1982 after an Israeli incursion, accompanied by Leila Shahid. For Barzagli, these are familiar places, and he reconstructs the interior of an apparently aseptic house, white background and objects, transparent furniture made with contact on 12 sheets of positive photo paper. But everything is “leaden,” something shocking has happened, there is no human presence except in two casts of feet in bronze. This time, the sculpture by contact uses its weight as a form of mourning. 53 - Marco Bazzini - “I had to go to Shatila—Genet writes—to feel the obscenity of love and the obscenity of death. The bodies, in both cases, have nothing more to hide: postures, contortions, gestures, signs, the silences themselves belong to both worlds.” A silence that is also found in the series on small scale positive photo paper Un vaso di fiori a New York (A vase of flowers in New York), 2006–12, of which a small aluminium casting obtained by imprint is also a part. It is difficult iconography for comparison in light of how many before him have faced it as a theme in painting. These transparent portraits are fragile, diaphanous, suspended in a neutral space removed from the reality. Like Genet, Barzagli also begins with his visit to the city, observing the many and varied types present, then visually recording that obscene bond between eros and thanatos that, from Tina Modotti to Robert Mapplethorpe and Araki, these elements have been able to evoke. Again from the United States, he has brought the human figure into his work, this time with frottage and casting, but his representation is no longer of real people. It is done with the imprinting of those little figurines, modern action figures, also the title. The common outcome of this dual action of reproducing by contact is in the three dimensions achieved, basreliefs: ironic ones produced with rubbings on paper, dramatic ones made with castings. Crushed marks on the wrinkled sheet of A4 paper, surface continuity on the quartered block of clay. Today the person, the real one in flesh and blood, has been given freedom of action by Barzagli. In the performance piece Action Figure Monumental Sculpture, 2010, the dancer herself lives in the dark moment of the imprint’s origin, or as in Save Our Flowers, first performed with Syrian children at Dynamo Camp, 2010, and repeated at this exhibition, where individuals leave “their own” imprint of a flower. Ultimately Barzagli has always been interested in progress by imprint as well as leaving a trace with the imprint. Losing an origin and originating a loss. 54 - For in hope... - Making art and proceeding through the history of art. Now that the process is clear, has been taken to the public, for him, alone, nothing remains but the wall of impact, with the awareness however, that as St. Paul says in the passage from the Letter to the Romans which gave this piece its title, “for what a man seeth, why doth he yet hope for? But if we hope for that we see not, then do we with patience wait for it.” * The title of this essay stems from a passage by St. Paul, Letter to the Romans, 8, 25. References: Georges Didi-Huberman, La somiglianza per contatto, Bollati Boringhieri, Milan 2009; Yves Alain Bois, Rosalind Krauss, L’informe. Istruzioni per l’uso, Bruno Mondadori, Milan 2003. For references to the texts written by other authors and cited in this essay, refer to the bibliography in the notes. 55 Massimo Barzagli Questo è un racconto, un possibile soggetto per la mostra. L’intento è quello di presentare il lavoro dal 2007 a oggi, con la complicazione di due installazioni di inizio anni novanta, Fiorile e Impressione di alloro, quest’ultima presentata a L’Attico in occasione della mostra “Process Painting” nel 1993. Le due installazioni si confronteranno con due opere recenti, Vasi di fiori a New York, e Conto le foglie del bosco. Tutta la mostra, tra le righe, dovrebbe avere un tempo commemorativo, le immagini sono incessantemente “ripetute”... ma tutto il mio lavoro è così, toccando ripeto l’immagine... Fiorile e Vasi di fiori, sono due “framment’azioni”, la prima si distribuisce nello spazio con le sue schegge di vetro, l’altra accumula fotogrammi su carta Ilfochrome di vasi di fiori di vetro colorato. Poi c’è Leila’s Cast Bronz, la casa di Leila, otto grandi fotogrammi, che ripetono un interno passato sotto la luce. In una delle tavole appare una finestra, dalla finestra della casa si scorge un bosco, e proprio nell’altra sala c’è un bosco, una trentina di grandi tavole montate dentro cavalletti di legno naturale. Anche il bosco è stato passato sotto la luce nel corso di un intero anno. Si notano le quattro stagioni, ho fatto i fotogrammi del bosco nel bosco, il bosco è stato la camera oscura. Dal bosco si intravede su un muro del museo un gruppo di quadri neri, i fondi sono opachi, sui fondi luccicano impronte di uccelli neri, gli uccelli sono stati dipinti con oli neri, i piumaggi degli uccelli intinti di olio nero hanno dipinto le ali, i voli di questi uccelli neri… Sempre dal bosco appaiono quattro piogge verdastre, sono le piogge di Philadelphia. Non conoscevo quel piccolo quadro di Van Gogh quando dipingevo piogge e avevo trent’anni. L’ho visto a Philadelphia e così ho dipinto le nuove piogge... Sempre in un angolo del museo si intravede una piccola luce, è il fiorellino di neon che ho fatto tre anni fa con un vecchio artigiano cinese in Allen Street a New York. Lasciando le sale, un grande monocromo azzurro insieme a tanti fiori freschi, un giovane pittore con la sua attrezzatura che inviterà per tutta la durata della mostra a dipingere fiori. Chi tra il pubblico vorrà potrà dipingere questa stanza azzurra, come hanno fatto con me i bimbi siriani a Dynamo Camp... ma anche come non ho fatto a Gerusalemme... e a Fulton Street... 57 Save Our Flowers Prato, 2012 impronta di fiori dipinti a olio su fotografia / imprint of flowers painted with oils on photograph, 79 × 108 cm Collezione privata / Private collection p. 59 Save Our Flowers Siria, 2010 performance con bambini siriani e impronte di colore su due tele presso / performance with Syrian children and colour imprints on two canvases at the Dynamo Camp, San Marcello Pistoiese (Pistoia) Courtesy Dinamo Camp p. 60 particolare di un’impronta / detail of an imprint p. 61 documentazione fotografica della performance / photographic record of the performance Action Figure Monumental Sculpture, 2010 performance, in collaborazione con Luisa Cortesi, presso il / performance, in collaboration with Luisa Cortesi at the Festival Internazionale Fabbrica Europa 2010, Stazione Leopolda, Firenze p. 62 documentazione della performance, still da video / record of the performance, stills from video p. 63 calco in gesso della performance, gesso e ferro / plaster cast of the performance, plaster and iron, 200 × 220 × 35 cm 58 59 60 61 62 63 Ho deviato il corso del fiume, 1990 documentazione fotografica della realizzazione dell’opera, fase precedente all’impronta / photographic record of the execution of the work, stage preceding the impression colori a olio su prato / coloured oils on grass, 90 × 140 cm p. 65 Impressione di prato, 1990 impronta di prato dipinto a olio su tela / imprint of meadow painted with oils on canvas, 300 × 600 cm Courtesy Galleria L’Attico, Roma p. 71 documentazione fotografica nello studio / photographic record of work in studio p. 72 particolare / detail Laura Palmer, 1990 impronta di ramo dipinto a olio avvolto in un polimero trasparente, dimensioni ambiente / imprint of branch painted with oils, wrapped in transparent polythene, size of the space Courtesy Galleria L’Attico, Roma p. 66 Impressione di acacia, 1990 impronta di rami di acacia dipinti a olio su monocromo acrilico dipinto su tela / imprint of acacia branches painted with oils on monochrome acrylic painted on canvas, 200 × 200 cm Courtesy Galleria L’Attico, Roma p. 73 Impronte di fiori su lastre di vetro (Fiorile), 1993 impronte a olio, colori da vetro e smalti su lastre di vetro, dimensione ambiente / imprints in oils, glass paints and enamels on sheets of glass, size of the space Courtesy Collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato Comodato a lungo termine di / On long-term loan from Fabio Sargentini - Galleria L’Attico, Roma pp. 74-77 particolari / details Impressione di olmo, 1990 impronta di ramo dipinto a olio su polimero trasparente / imprint of branch painted with oils, on transparent polythene, 160 × 240 cm Collezione privata / Private collection p. 67 Buona visione, 1991 installazione nel teatro del Centro Pecci in occasione della mostra / installation at the Centro Pecci theatre on the occasion of the exhibition “Carta Bianca 1”, 1991 impronte di rami dipinti a olio retroimpressi su fibra di vetro / imprints of branches painted with oils, on the back of fibreglass, 100 × 4000 cm pp. 68-69 Conto le foglie del bosco, 2009-2010 photograms, impressione luminosa di rami su carta fotografica Ilfochrome, strutture in legno di castagno, noce, frassino, ciliegio, dimensioni varie / photograms, luminous impression of branches on Ilfochrome photographic paper, structures in chestnut, walnut, ash and cherry wood, various sizes pp. 78-79, 82-83 documentazione dell’installazione / record of the installation pp. 80-81, 84-85 particolari / details Collezione privata / Private collection Trasporti eccezionali, 1990 documentazione dell’installazione nello studio / record of installation in studio, Da sinistra / From left: Impressione di edera, 1991, impronta dipinta a smalto su plastica / imprint in enamel on plastic, 800 × 200 cm; Trasporti eccezionali, s.d., 77 cassette da ortolano contenenti rametti veri e di plastica dipinti / undated, 77 fruit crates containing painted real and plastic twigs; Impressione di edera, s.d., impronta dipinta a acrilico su formica / undated, imprint in acrylic on formica, 300 × 130 cm Courtesy Galleria L’Attico, Roma p. 70 Philadelphia’s rain, 1990-2010 olio su acrilico su tela / oil on acrylic on canvas, 200 × 300 cm cad. / each, 4 pezzi unici / individual pieces pp. 86-87 veduta della serie / the series pp. 88-89 veduta di una tela / individual canvases Collezione privata / Private collection 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 Interno occidentale, 1991 installazione composta da un’impronta di ramo di acacia dipinto a olio su tela / installation composed of the imprint of an acacia branch painted with oils on canvas, 50 × 60 cm e divano, dimensioni ambiente / and sofa, size of the space Courtesy Collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Prato Donazione / Donation Valdemaro Beccaglia p. 91 Leila’s Cast Bronze, 2008 installazione presso / installation at the Galleria Alessandro Bagnai, Firenze, 2010 photograms, impressione luminosa di oggetti e arredi su carta fotografica Ilfochrome, 2 fusioni in bronzo, dimensioni varie / photograms, luminous impression of objects and furniture on Ilfochrome photographic paper, 2 bronze casts, various sizes Courtesy Galleria Bagnai, Firenze pp. 98-99 documentazione fotografica della mostra / photographic record of the exhibition pp. 100-105 particolari / details Impressione di rovo, 1992 installazione composta da un’impronta a olio su carta intelata / installation composed of an imprint in oils on paper mounted on canvas, 100 × 420 cm, poltrone, tavolino, vaso di vetro rosso con rose rosse / armchairs, occasional table and red vase with red roses Collezione privata / Private collection p. 92 Un vaso di fiori a New York, 2006-2012 photograms, impressione luminosa di fiori e vasi su carta Ilfochrome / photograms, luminous impression of flowers and vases on Ilfochrome paper, 28 × 35,5 cm e / and 61 × 50,6 cm, serie di 60 pezzi unici / series of 60 individual pieces Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze pp. 106-107, 110-115 Estasi di Costanza, 2002 installazione presso Palazzo Strozzi in occasione della mostra personale / installation at Palazzo Strozzi on the occasion of the artist’s solo exhibition in 2002 impronta di corpo femminile vestito e dipinto a acrilici su tela areografata / imprint of clothed female body painted with acrylic on airbrushed canvas, 200 × 250 cm, e arredi / and furniture Courtesy Galleria Farsetti, Prato p. 93 Two roses in a yellow vase, 2006-2012 pezzo unico dalla serie Un vaso di fiori a New York / individual piece from the A Vase of Flowers in New York series photogram, impressione luminosa di fiori e vaso su carta fotografica Ilfochrome / photogram, luminous impression of flowers and vase on Ilfochrome photographic paper, 28 × 35,5 cm Collezione privata / Private collection p. 108 Four roses in a red vase, 2006-2012 pezzo unico dalla serie Un vaso di fiori a New York / individual piece from the A Vase of Flowers in New York series photogram, impressione luminosa di fiori e vaso su carta fotografica Ilfochrome / photogram, luminous impression of flowers and vase on Ilfochrome photographic paper, 28 × 35,5 cm Collezione privata / Private collection p. 109 Maybe one night, 2005 documentazione fotografica della mostra “Mai Home” presso / photographic record of “Mai Home” exhibition at the Galleria Alessandro Bagnai, Firenze, 2005 photograms, impressione luminosa di oggetti e arredi su carta fotografica Fujicolor / photograms, luminous impression of objects and furniture on Fujicolor photographic paper, 260 × 375 cm cad. / each Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze pp. 94-95 Broken Room, 2007 photograms, impressione luminosa di oggetti e arredi su carta colore Kodacolor / photograms, luminous impression of objects and furniture on Kodacolor paper, 180 × 220 cm cad. / each, 2 pezzi unici / individual pieces Courtesy Galleria Farsetti, Prato pp. 96-97 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 Volantino, 1992 documentazione fotografica dell’installazione in occasione della mostra / photographic record of the installation created for the exhibition “Omaggio a Pascali”, Polignano a Mare, 1992 fotocopie di impronte di passerotto dipinto a china su cartoncini colorati incollati a parete / photocopies of imprints of sparrow painted with Indian ink on coloured card glued to the wall Courtesy Galleria L’Attico, Roma p. 117 Birdwatching, 1993 installazione per la mostra “The Last Garden” presso / installation for the exhibition “The Last Garden” at Villa delle Rose, Bologna, 1993 impronte di colombi e fagiani su cartoncini colorati incollati a parte, audio con lezione di birdwatching / imprints of doves and pheasants on coloured card glued to the walls, audio with lesson on bird-watching Courtesy Galleria L’Attico, Roma pp. 118-119 Fishwatching, 2002 installazione in occasione della mostra personale presso / installation for the artist’s solo exhibition at Palazzo Strozzi, 2002 Da sinistra / From left: Fishwatching, 1993, impronte di pesci di mare dipinti a olio su tela di cotone retroilluminata, light box / imprints of sea fish painted with oils on backlit cotton canvas, light box, 450 × 150 × 40 cm; Sunnyfountain, 2001, vasconi in plastica tubi acqua e pesci rossi / large plastic tanks, rubber tubing, water and goldfish; Tentacoli, 1999, lustrazione di polpi dipinti su tela /octopuses painted on canvas, 200 × 200 cm Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze p. 120 Fishwatching, 1993 installazione presso la / installation at the Galleria Gentili, Firenze, 1993 impronta di pescespada dipinto a smalto su tela plastificata termosaldata, dimensioni ambiente / imprint of swordfish painted with enamel on plastic-coated, welded canvas, size of the space Courtesy Galleria Gentili, Firenze p. 121 La spinta di Marea, 2002 installazione in occasione di “Open Studio” presso la / installation for the “Open Studio” at the Galleria Alessandro Bagnai, Firenze impronta di pescespada dipinto a smalto su tela plastificata / imprint of swordfish painted with enamel on plastic-coated canvas, 800 × 800 cm Courtesy Galleria Bagnai, Firenze p. 122 documentazione dell’installazione / record of the installation p. 123 particolare / detail Il salto, 1993 installazione presso il Museo Archeologico di Firenze in occasione della mostra / installation at the Museo Archeologico in Florence for the exhibition “Turbare il tempo”, 1994 impronte di capriolo dipinto a olio su tela / imprints of deer painted with oils on canvas, 220 × 250 cm Courtesy Galleria Gentili, Firenze p. 124 Il salto, 1994 impronte di capriolo dipinto ad olio su tela / imprints of deer painted with oils on canvas, 130 × 160 cm Courtesy Galleria Gentili, Firenze p. 125 La corsa, 1994 installazione presso la / installation at the Galleria Schema, Firenze, 1994 impronte di lepre dipinta a olio su cartoncini colorati montati su tavole / imprints of hare painted with oils on coloured card mounted on panels, 100 × 70 cm cad. /each, 10 pezzi unici / individual pieces Courtesy Galleria Gentili, Firenze p. 126 Il salto, 1994 impronte di lepre dipinte a olio su carta intelata / imprints of hare painted with oils on paper mounted on canvas, 100 × 150 cm Cortesy Galleria Gentili, Firenze p. 127 Beth Chreder and Max, 2010 impronte di peluches dipinti a olio su tela / imprints of cuddly toys painted with oils on canvas, 120 × 120 cm cad. / each, 4 pezzi unici / individual pieces Collezione privata / Private collection pp. 128-131 116 Action figures, 2011-2012 impronte di action figures su carta A4, disegni a matita, grafite, matite colorate / imprints of action figures on A4 paper, drawings in pencil, graphite and coloured pencils, 21 × 29,7 cm cad. / each, pezzi unici / individual pieces Collezione privata / Private collection p. 136 Sulle orme, 2012 orma di storno su argilla senza cottura / starling track on non-firing clay, 16 × 11 × 3 cm Collezione privata / Private collection p. 137 Benvenuto, 2010 impronta di corpo maschile vestito e dipinto a olio e acrilico su tela / imprint of clothed male body painted with oils and acrylic on canvas, 200 × 280 cm Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze p. 132 27.8.2010, 2010 impronte di corpo femminile vestito e dipinto con colori vinilici su tela / imprint of clothed female body painted with vinyl colours on canvas, 200 × 300 cm Collezione privata / Private collection p. 133 Figure senza posa, 1999 documentazione fotografica della mostra presso la / photographic record of the exhibition at the Galleria Alessandro Bagnai, Siena, 1999 impronta di corpo femminile vestito e dipinto con colori vinilici e olii su tela / imprint of clothed female body painted with vinyl colours and oils on canvas, 200 × 200 cm cad./ each, 4 pezzi unici / individual pieces Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze pp. 134-135 Cielo!, 2012 impronte di storni dipinti a olio su acrilico su tela di lino, piume, dimensioni varie / imprints of starlings painted with oils on acrylic on linen canvas, feathers, various sizes pp. 138-139 impronte su fondo bianco / imprints on white ground, 130 × 160 cm cad. / each, 2 pezzi unici / individual pieces pp. 140-141, 144-145 impronte su fondo nero / imprints on black ground, 200 × 300 cm cad. / each, 4 pezzi unici / individual pieces pp. 142-143, 146-147 veduta di due tele / two canvases, 200 × 300 cm cad. / each Courtesy Galleria Farsetti, Prato Action Figures Monumental Sculptures, 2008 installazione presso il / installation at the Festival Internazionale Fabbrica Europa, Stazione Leopolda, Firenze, 2010 p. 148 veduta dell’installazione / view of the installation p. 149 orme di “action figures” su argilla, fusione positiva in gesso, fusioni in bronzo patinato nero / imprints of “action figures” in clay, positive plaster cast, bronze casts with black patina, 39 × 23 × 24,5 cm e / and 20,5 × 23 × 19,5 cm 2 pezzi unici (edizione di 6) / individual pieces (edition of 6) Collezione privata / Private collection Solitario, 2012 frottage a grafite su carta di facciata in pietra di una casa costruita in un bosco alla fine dell’800 / graphite frottage on paper of the stone façade of a house built in a wood at the end of the 19th century, 100 × 150 cm cad. / each, 2 pezzi unici / individual pieces Collezione privata / Private collection p. 150 117 118 119 120 121 122 123 124 125 da 27 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 Massimo Barzagli This is a tale, a possible subject for the exhibition. The intention is to present the work from 2007 to the present, with the complication of two installations from the early nineties, Fiorile (Floral) and Impressione di alloro (Impression of bay laurel), the latter presented at L’Attico for the exhibition “Process Painting” in 1993. The two installations will be compared with two recent works, Vasi di fiori a New York (Vases of Flowers in New York), and Conto le foglie del bosco (I count the leaves in the forest). The entire exhibition, between the lines, should have a memorial tempo. The images are constantly “repeated”... but all my work is like this, touching, repeating the image... Fiorile and Vasi di fiori are two “framment’azioni” (fragmentations+actions). The first is distributed in space with its shards of glass, and the other accumulates frames of coloured glass vases of flowers on Ilfochrome paper. Then there is Leila’s Cast Bronz, Leila’s house, eight large frames, that repeat an interior exposed to the light. In one of the panels a window appears. From the window of the house you can glimpse a forest, and precisely in the other room is a forest, about thirty large plates mounted on natural wood easels. The forest too was exposed to light over the course of an entire year. You can see the four seasons. I made the frames of the forest right in the forest. The forest was the darkroom. From the forest you can see a group of black paintings on the wall of the museum. The backgrounds are opaque. On the backgrounds glimmer the footprints of blacks birds. The birds were painted with black oils. The plummage of birds dipped in black oil was used to paint the wings, the flight of these black birds... Again from the forest are four greenish rainfalls. They are the rains in Philadelphia. I didn’t know that little painting by Van Gogh where he painted rain and I was thirty. I saw it in Philadelphia, and so I painted the new rains over again... Again in a corner of the museum you can see a little light. It’s the little neon flower I did three years ago with an old Chinese craftsman in Allen Street in New York City. Leaving the rooms, there is a large blue monochrome along with many fresh flowers, a young painter with his equipment who will invite everyone to paint flowers for the duration of the exhibition. Who among the public will want to paint this blue room, as the Syrian children did with me at the Dynamo Camp... but also that I did not do in Jerusalem... and Fulton Street ... 151 Massimo Barzagli Marradi (Firenze) 1960 / Born in Marradi (Florence) in 1960 Vive a lavora a Prato / He lives and works in Prato Mostre personali (selezione) Solo exhibitions (selection) 1990 Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Impressionen von Wasser, Baum und Pflanze, Bochum, Museum Bochum. 1991 Carta bianca 1, Saretto Cincinelli presenta Massimo Barzagli, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. 1992 Prima che il giallo canti, Siena, Galleria Alessandro Bagnai. Volato, Savelletri di Fasano (Brindisi), Museo archeologico di Egnazia. 1993 Fishwatching, Siena, Galleria Bagnai; Firenze, Galleria Gentili. 1994 Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Juliet. 1995 Massimo Barzagli, Trieste, Acquario marino. Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Arte 3. Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Juliet. Il salto, Reggio Emilia, Civici Musei. 1996 Barzagli, Prato, Galleria Pier Giuseppe Carini. Martiri e Santi, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 1997 Massimo Barzagli, Milano, Arte 3. Massimo Barzagli. One Man Show, Salzburg, ACP Galerie Peter Schuengel. 1998 Massimo Barzagli, Milano, Galleria Arte 92. Il salto, Genova, Orto Botanico dell’Università. Il salto, Genova, Studio d’arte Andrea Ciani. 1999 Figure senza posa, Siena, Galleria Alessandro Bagnai. 2000 Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 2001 La Casa di Marea, Livorno, Galleria Peccolo. 2002 The Diary of Sunnyday, Art Miami, Convention Center, Miami. The History of the Heart, Firenze, Palazzo Strozzi. 2003 La casa assente, Milano, Farsettiarte. 2004 Beautiful Paintings, Livorno, Guastalla Centro Arte. 2005 Imperturbabilità, Firenze, Quarter, Centro produzione arte. Mai Home, Firenze e Siena, Galleria Alessandro Bagnai. 2007 Save Our Flowers, installazione site specific, Festival internazionale Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda. 2008 15x15. 15 gallerie 15 artisti, Firenze, Forte di Belvedere. 2010 Photograms, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai. Action Figures Monumental Sculptures, Festival internazionale Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda. 2011 Barzagli - Toxic, Four Hand, The Human Functions, Firenze, Galleria Frediano Farsetti. Performances (selezione) / (selection) 1998 Concerto per pianoforte e tentacoli, pianista Pape Gurioli, Parigi, FIAC. 1999 Sarabanda per mercato e disastro, tastiere Pape Gurioli, batteria Giulio Capiozzo, danzatrice Arianna Gurioli, Colonia, Kunstmesse. Concerto per pianoforte e tentacoli e Sarabanda per mercato e disastro, pianoforte Pape Gurioli, batteria Giulio Capiozzo, campionamenti Francesco Sardella, danzatrice Luisa Cortesi, Ancona, Teatro Sperimentale. 2001 La Casa di Marea, danzatrice Cinzia Cascianini, Livorno, Galleria Peccolo. Domestichome, concerto per flauti ed armadi, flautista Stefano Agostini, Forte dei Marmi, Farsetti Arte. Sunnyfountain, pose e posture per quattro danzatori, un pescespada, due tonnetti, otto polipi e quattro murene, danzatori Cinzia Cascianini, Luisa Cortesi, Marina Giovannini e Samuele Cardini, Forte dei Marmi, Farsetti Arte. 2005 Di stanze, con Luisa Cortesi, 35° Festival Santarcangelo dei Teatri, Santarcangelo. La casa sssente, Prato, Contemporanea Festival. Di stanze, con Luisa Cortesi, Inequilibrio Festival, Castiglioncello (Livorno), Castello Pasquini. Fiorile, De Artes Mediterràneo, SESC, Sao Paulo. 2006 Residences, Prato, Cantieri Culturali ex Macelli. 153 2007 Save Our Flowers, Festival Internazionale Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda. 2010 Action Figure Monumental Sculpture, Festival Internazionale Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda. Conferenza iconoclasta, Massimo Barzagli, Firenze, Santa Maria del Fiore. Per vedere, con Luisa Cortesi, Festival Internazionale Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda. 2011 Eskaton, con Luisa Cortesi, Museum Lubiana; Les Rencontres coreograpiques de Seine-Saint Denis, Paris. 2012 Eskaton, con Luisa Cortesi, Spaf Seoul Performing Arts Festival, Seoul. Mostre collettive (selezione) Group exhibitions (selection) 1988 Vedute forme, presenze d’arte contemporanea in Toscana, San Giovanni Valdarno, Casa Masaccio. 1989 Su fondamenti invisibili, Montevarchi, Palestra ex Gil. 1990 L’erba voglio, due realtà nell’arte contemporanea, Rocca di Umbertide, Centro per l’Arte Contemporanea. Maledetti toscani, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Maledetti toscani, Spoleto, XXXIII Festival dei due Mondi. 1991 L’arte di fine secolo. Magico primario, una revisione, Cento, Galleria d’arte moderna Aroldo Bonzagni e Auditorium di San Lorenzo. Anni Novanta, Bologna, Galleria d’Arte Moderna. Natural:. Massimo Barzagli, Vittorio Corsini, Judith Ten Bosch: two italians in Amsterdam and Judith, Amsterdam, EuropArt, Vondelkerk. Riassunto, la stagione artistica 90/91 in una mostra riepilogo, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Centro per l’arte contemporanea, la collezione, Rocca di Umbertide. 1992 La Collezione, acquisizioni 1991-1992, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Process Painting, pittura e procedimento, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Retablo, Piacenza, Palazzo Gotico. Ritorno al mare, dieci artisti a Polignano, Polignano a Mare, Palazzo San Giuseppe e Cala Paura. 1993 Arte in classe, trenta artisti e un edificio scolastico, Roma, Scuola Giosuè Carducci. Territoriale II, Castel San Giovanni, Villa Brughieri. The Last Garden, Bologna, Galleria d’arte moderna, Villa delle Rose. 1994 Come dire, splendori, Comeana (Carmignano), Fattoria Le Farete. Del disegno contemporaneo in Toscana, Montecatini, Villa Forini-Lippi. Di carta e d’altro, libri d’artista, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Centro di Informazione e Documentazione/Arti Visive. Les fleurs du mal, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Paesaggio di confine, a cura di Saretto Cincinelli, Firenze, Galleria Schema, (mostra tenuta nell’ambito del progetto Orizzonti, a cura di Pier Luigi Tazzi). Turbare il tempo, a cura di Saretto Cincinelli, Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Natura Morta, Trieste, Arte 3. 1995 Magazzino, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Vetro, Torino, Galleria Eva Menzio. Ferro e legno, a cura di Roberto Lambarelli, Ozieri (Sassari). 18. Premio nazionale arti visive Città di Gallarate, Gallarate, Civica galleria d’arte moderna. 1996 Il fascino dell’oggetto, Prato, Dopotutto centro culturale. Il nibbio di Leonardo, Carpi, Palazzo del Comune. Transfer, scambio di artisti e di arte. Austausch Bildender Künstler und Kunst, Bologna, Galleria d’arte moderna; Bergamo, ex Chiesa di Sant’Agostino; Rivara, Castello di Rivara; Münster, Städtische Ausstellungshalle am Hawerkamp; Aachen, Ludwig Forum; Düsseldorf, Museum Kunst Palast. Ultime generazioni, 12. Quadriennale, Italia 1950-1990, Roma, Palazzo delle Esposizioni, Stazione Termini-Ala Mazzoniana. 1997 Arte italiana, ultimi quarant’anni, materiali anomali, Bologna, Galleria d’arte moderna. Cartarte ’97, Fabriano, Museo della carta. Casa mia è casa tua, Arezzo, Galleria Margiacchi. Giro d’Italia, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Exelixis, Atene, Pneumatik Kentro, Fondazione Melina Mercuri. 1998 Carte d’artista, Fabriano, Museo della carta. 154 Collezione Permanente, Prato, Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci. Il fantastico nell’arte contemporanea, Siracusa, Museo d’Arte Contemporanea. Islamabad, Castiglioncello (Livorno), Castello Pasquini. 1999 Diadi, Roma, Galleria Il segno. Opere in forma di libro, Virgilio, Museo Virgiliano. Paesaggi italiani, Virgilio, Museo Virgiliano. 2000 Futurama, arte in Italia, frequenze e segnali dalle ultime generazioni, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Primo Piano. Su la testa, a cura di Sergio Risaliti, Siena, Palazzo delle Papesse. 2001 Abitanti, arte in relazione, Pistoia, Palazzo Fabroni. 2002 Six Eyes, Three Views, New York, Michelle Rosenfeld Gallery. Vis à vis, autoritrarsi d’artista, Nuoro, MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro. 2003 Moto a luogo, Cantiere d’Arte Alberto Moretti, Rocca di Carmignano. 2004 Bambini nel tempo, a cura di Sergio Risaliti, Mantova, Palazzo Te. Nuove acquisizioni, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Sonde, Pistoia, Palazzo Fabroni. 2005 Doppio triplo quadruplo, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 2006 The Age of Metamorphosis, a cura di Marco Bazzini e Felix Shöber, Moca, Shanghai. Massimo Barzagli - Luisa Cortesi. Grand Hotel, Prato, ex Macelli - Officina giovani. ManifesTO, Torino, Piazza Vittorio Veneto. Walk-In, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai. 2007 Arte italiana 1968-2007, pittura, Milano, Palazzo Reale. Italian Genius Now, Hanoi, Vietnam national fine arts museum; Singapore, Emily Hill. L’evento immobile (contrattempi), MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Festival L’isola delle storie, Gavoi. 2009 Fiori/Flowers, percorsi nel contemporaneo, Bari, Fiera del Levante. Italian Genius Now, (back to Rome), Roma, Macro Future. 2010 Brucia Babilonia, Private Flat#6, Firenze. Verrà la Primavera?, Milano, Galleria Milano. 2011 54. Biennale d’arte di Venezia. Padiglione Italia. Toscana, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Filo rosso, Livorno, Guastalla Centro Arte. Italia, Italie. Noi, gli altri e il Belpaese nell’arte contemporanea, Castelvetro di Modena, Centro Espositivo Pake. Live! l’arte incontra il rock, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Regali. Opere del Museo Pecci nel cuore di Prato, Palazzo Banci Buonamici (promossa dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Prato; realizzazione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci). The wall (archives) #3, Bologna, Nosadella due. 2012 Italian Genius Now-Brasil, Porto Alegre, Santander Cultural. 25th, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai. Bibliografia / Bibliography Cataloghi di mostre personali / Catalogues of solo exhibitions 1990 Massimo Barzagli, testo di Maurizio Calvesi, Roma, Associazione Culturale L’Attico. Impressionen von Wasser, Baum und Pflanze, Museum Bochum, Bochum, testi di Alberto Boatto e Enrico Mascelloni, Ravenna, Essegi. 1991 Carta bianca 1, testi di Saretto Cincinelli e Ammon Barzel, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. 1993 Fishwatching, Siena, Galleria Bagnai; Firenze, Galleria Gentili. 1995 Barzagli, testo di Roberto Vidali, Trieste, Arte 3. Il salto, a cura di Dede Auregli, Reggio Emilia, Civici Musei. 1996 Barzagli, testo di Alberto Boatto, Prato, Galleria Pier Giuseppe Carini. Martiri e Santi, a cura di Fabiana Sargentini, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 1998 Barzagli, saggio critico di Flaminio Gualdoni, Milano, Galleria Arte 92. 1999 Massimo Barzagli, testi di Saretto Cincinelli 155 e Alessandro Sarri, Siena, Galleria Alessandro Bagnai. 2000 Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 2001 Barzagli, testo di Demetrio Paparoni, Livorno, Edizioni Peccolo. Massimo Barzagli. House Garden, Bologna, Spazia galleria d’arte. 2002 The History of the He art, a cura di Sergio Risaliti, Pistoia, Maschietto Editore. 2003 La casa assente, testo critico di Sergio Risaliti, Milano, Farsetti arte. 2004 Beautiful Paintings, antologia critica di Alberto Boatto, Achille Bonito Oliva, Amnon Barzel, Maurizio Calvesi, Flaminio Gualdoni, Sergio Risaliti, Livorno, Graphis Arte. 2005 Mai Home, a cura di Sergio Risaliti; testi di Lóránd Hegyi, Ludovico Pratesi, Sergio Risaliti, Padova-Empoli, Petra. 2011 Barzagli - Toxic. Four Hand, The Human Functions, a cura di Luca Beatrice, Firenze, Galleria Frediano Farsetti. Cataloghi di mostre collettive / Catalogues of group exhibitions 1988 Vedute forme, presenze d’arte contemporanea in Toscana, a cura di Saretto Cincinelli e Rita Selvaggio, San Giovanni Valdarno, Casa Masaccio. 1989 Su fondamenti invisibili, a cura di Saretto Cincinelli, Montevarchi, Comune di Montevarchi. 1990 L’erba voglio, due realtà nell’arte contemporanea, a cura di Corrado Levi, Enrico Mascelloni, Fabio Sargentini, Milano, Electa. Maledetti toscani. Massimo Barzagli, Vittorio Corsini, Paolo Fabiani, testi di Alberto Boatto, Maria Luisa Frisa, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 1991 L’arte di fine secolo, magico primario, una revisione, a cura di Flavio Caroli, Ravenna, Essegi. Anni Novanta, a cura di Renato Barilli; testi di Renato Barilli, Jan Avgikos, José Lebrero Stals, Françoise-Claire Prodhon, Dede Auregli, Roberto Daolio, Milano, Mondadori Arte. Natural: Massimo Barzagli, Vittorio Corsini, Judith Ten Bosch: two italians in Amsterdam and Judith, Amsterdam, EuropArt. Riassunto, la stagione artistica 90/91 in una mostra riepilogo, testo di Achille Bonito Oliva, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Rocca di Umbertide. Centro per l’arte contemporanea, la collezione, a cura di Enrico Mascelloni, Perugia, Electa Editori Umbri. 1992 La Collezione: acquisizioni 1991-1992, Museo d’arte contemporanea Prato, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Process Painting, pittura e procedimento, testi di Achille Bonito Oliva, Saretto Cincinelli, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. Ritorno al mare, dieci artisti a Polignano, Roma, Associazione Culturale L’Attico; Bari, Zelig. 1993 Arte in classe, trenta artisti e un edificio scolastico, a cura di Ludovico Pratesi, Maria Semeraro, Roma, Joyce & Co. Territoriale II, a cura di Eugenio Gazzola, Castel San Giovanni, Comune di Castel San Giovanni. Villa delle rose, The Last Garden, a cura di Dede Auregli, Firenze, Hopefulmonster. 1994 Come dire, splendori, a cura di Paola Ballerini, Carmignano, Comune di Carmignano. Del disegno contemporaneo in Toscana, a cura di Mauro Pratesi, Firenze, Biblioteca del Ponte. Di carta e d’altro, libri d’artista, testi di Silvana Barni, Antonella Soldaini e Luciano Caruso, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Les fleurs du mal, a cura di Fabio Sargentini, testo di Alberto Boatto, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 1995 Magazzino, presentazione di Fabio Sargentini, Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico. 18. Premio nazionale arti visive Città di Gallarate, Gallarate, Civica galleria d’arte moderna. 1996 Il fascino dell’oggetto, testo di Enrico Mascelloni, Prato, Dopotutto centro culturale. Il nibbio di Leonardo, a cura di Demetrio Paparoni, Carpi, Comune; Milano, Tema celeste. Transfer, scambio di artisti e di arte, Austausch Bildender Künstler und Kunst, Wuppertal, Sekretariat für gemeinsame Kulturarbeit in Nordrhein-Westfalen. Ultime generazioni. 12. Quadriennale, Italia 1950-1990, Roma, De Luca. 1997 Arte italiana, ultimi quarant’anni, materiali anomali, 156 a cura di Danilo Eccher, Dede Auregli, Torino, Hopefulmonster. Cartarte ‘97. Museo della carta e della filigrana di Fabriano, 28 giugno-13 luglio 1997, biennale a cura di Mario Falessi e Roberto Vidali; testi di Mario Falessi, Roberto Vidali, Valerio Dehò, Dario Giugliano, Ivana Mulatero, Trieste, Juliet. 1999 Opere in forma di libro, a cura di Aldo Iori, Mantova, Corraini. Paesaggi italiani, a cura di Carlo Alberto Bucci, Mantova, Corraini. 2000 Futurama, arte in Italia, frequenze e segnali dalle ultime generazioni, a cura di Bruno Corà, Raffaele Gavarro, Marco Meneguzzo, Prato, Gli Ori. 2001 Abitanti, arte in relazione, a cura di Bruno Corà, Marco Bazzini e Mauro Panzera, Pistoia, Gli Ori. 2002 Sheila Elias, Paul Critchley, Massimo Barzagli. Six Eyes, Three Views, New York, Michelle Rosenfeld Gallery. Vis à vis, autoritrarsi d’artista, a cura di Saretto Cincinelli, Cristiana Collu; testi di Saretto Cincinelli, Cristiana Collu, Maria Perosino, Nuoro, MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro. 2003 Moto a luogo, a cura di Saretto Cincinelli, Prato, Gli Ori. 2005 10X10, dieci gallerie dieci artisti, Firenze, Palazzo Strozzi. 2007 Arte italiana 1968-2007, pittura, a cura di Vittorio Sgarbi e Maurizio Sciaccaluga, Milano, Skira. Italian Genius Now, a cura di Marco Bazzini, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. L’evento immobile (contrattempi), a cura di Saretto Cincinelli, Cristiana Collu; testi di Saretto Cincinelli, Cristiana Collu, Alessandro Sarri, Nuoro, MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro. 2009 Italian Genius Now, (Back to Rome), a cura di Marco Bazzini; testi di Marco Bazzini, Luca Beatrice, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. 2011 Italia, Italie. Noi, gli altri e il Belpaese nell’arte contemporanea, a cura di Valerio Dehò, Modena, Artestampa. Live! l’arte incontra il rock, a cura di Marco Bazzini, Luca Beatrice, Milano, Rizzoli. 2012 Italian Genius Now-Brasil, a cura di Marco Bazzini, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Articoli da giornali / Magazine articles 1986 G. Di Pietrantonio, Interfirenze-interferenze, Firenze 70/80, in “Flash art”, n. 136 (dicembre-gennaio1986-1987), pp. 38-42. 1989 A. Mugnaini, Su fondamenti invisibili. Montevarchi (Arezzo) ex Gil, settembre 1989, in “Artinumbria”, n. 22 (inverno 1989-1990), p. 39. 1990 S. Cincinelli, Massimo Barzagli, acrobazie naturali, in “Next”, n. 17 (marzo-maggio), pp. 10-11. S. Cincinelli, Maledetti toscani. Spoleto, Galleria comunale di arte moderna, luglio 1990, in “Titolo”, n. 2 (autunno), pp. 55-56. M. De Candia, Quei Maledetti toscani che espongono all’Attico, in “la Repubblica”, 25 gennaio. 1991 M. Barzagli, e V. Chierici, Quattro parole sul bosco, ovvero scambi di idee sull’arte e sul proprio lavoro, in “Slam”, n. 4 (luglio), pp. 22-27. B. Bertozzi, From Roma, in “Bijutsu Techo”, n. 8 (agosto), p. 128. S. Cincinelli, Massimo Barzagli, in “Titolo”, n. 5 (estate), pp. 22-23. P. Ferri, Massimo Barzagli, L’Attico, Roma, in “Flash art”, n. 160 (febbraio-marzo), p. 160. M. Gerlach, Natural, Amsterdam, Vondelkerk, 9.3-7.4.1991, in “Artefactum”, n. 38 (maggio), p. 43. R. Scuteri, Aspettando gli anni ‘90, in “Il Manifesto”, 22 giugno. 1993 D. Auregli, Massimo Barzagli, in “Tema celeste”, n. 40 (primavera), pp. 64-65. D. Auregli, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 63 (giugno), p. 47. R. Barilli, A colpi di natura, in “L’Espresso”, 2 febbraio. S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Gentili/Bagnai, Siena, in “Flash art”, n. 173 (marzo), p. 86. S. Cincinelli, The Last Garden, Bologna, Villa delle Rose, gennaio-marzo 1993, in “Titolo”, n. 12 (primavera-estate), p. 94. V. Coen, The Last Garden, Villa delle Rose, Bologna, in “Flash art”, n. 173 (marzo), p. 103. D. De Dominicis, Arte in classe, scuola Giosuè Carducci, Roma , in “Flash art”, n. 178 (ottobre), p. 63. E. Luca, Profondità marine, in “Il Piccolo”, 27 novembre. S. Lucchesi, Massimo Barzagli, Fishwatching, 157 Firenze, Galleria Gentili; Siena, Galleria Bagnai, febbraio-marzo 1993, in “Titolo”, n. 12 (primavera-estate), p. 95. C. Perrella, Roma. Arte in classe , in “Tema celeste”, n. 42-43 (autunno), p. 94. K. Shulman, Massimo Barzagli, Florence, Galleria Gentili, in “Art News”, n. 5 (maggio), p. 150. 1994 G. Gabrielli, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 66 (febbraio), pp. 42-43. R. Vidali, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 68 (giugno), pp. 42-43. R. Vidali, Una partita a scacchii, in “La Cronaca”, n. 10-11. 1995 S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Musei civici, Reggio Emilia, in “Flash art”, n. 193 (estate), p. 94. M. Damianovic, A. Giulivi, S. Spada (a cura di), Il fantastico in arte, in “Tema celeste”, n. 55 (inverno), pp. 76-99. 1996 S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Carini, Prato, in “Flash art”, n. 199 (estate), p. 93. 1997 S. Cincinelli, Casa mia e casa tua, Margiacchi, Arezzo, in “Flash art”, n. 206 (ottobre-novembre), p. 114. M. Sciaccaluga, Massimo Barzagli, Arte 3, Milano, in “Tema celeste”, n. 63-64 (luglio-ottobre), p. 83. 1998 T. Conti, S. Chiodi, M. Sciaccaluga (a cura di), Tendenze dell’arte giovane in Italia, in “Tema celeste”, n. 68 (maggio-giugno), pp. 48-79. 2001 D. Ardizzone, Massimo Barzagli, Galleria Peccolo, Livorno, in “Tema celeste”, n. 86 (luglio-settembre), p. 108. 2004 A. Capitano, Massimo Barzagli, in “Il Tirreno”, 6 maggio. 2005 G. Manzella, Di stanze, in “Il Manifesto”, 10 luglio. 2006 D. Ventroni, Massimo Barzagli, Galleria Alessandro Bagnai, Firenze e Siena, in “Tema celeste”, n. 113 (gennaio-febbraio), p. 131. 2010 P. Bortolotti, Fotogrammi e bronzi di Massimo Barzagli alla Galleria Bagnai, in “Arte e critica”, n. 64 (settembre-novembre), p. 117. 158 museo associato Soci fondatori / Founder Members Comune di Prato, Unione Industriale Pratese, Cassa di Risparmio di Prato Albini & Pitigliani Spa; Arci; Arpel-Manifattura Pellicce Artificiali Spa; Banca Mercantile, Firenze; Bartolomei & Manetti Spa; Consorzio Pratotrade; E.T.S. Spa; Fibretex Sas di O. de Renzis Sonnino & C.; Galleria d’Arte Moderna Farsetti Snc; Galli Spa; Geas Assicurazioni Spa; Gommatex Jersey Spa; Imex Lane Spa; Lanificio Mario Bellucci Spa; Lanificio Cangioli di Carlo Cangioli & C. Sas; Lanificio Ciatti e Baroncelli Spa; Lanificio Martin Spa; Lanificio T.O. Nesi & Figli Spa; Lanificio dell’Olivo; Lavatura e Pettinatura Lane Spa; Lineapiù Spa; Mariplast Spa; Finanziaria Ernesto Breda, Milano; Mnemo Computers, Firenze; Monte dei Paschi di Siena; E. Pecci & C. Sas; Snia Fibre Spa; Tessilfibre Spa; Toscana Infissi Fabrizio Baldini; Stefano Balestri; Luigia Benelli; Loriano Bertini; Arnolfo Biagioli; Bruno Bigagli; Marco Bigagli; Gianna Briganti; Caroline Burton; Edo Cafissi; Luigia Canovai Sbraci; Pier Giuseppe Carini; Sergio Chiostri; Luciana Chiostri Corsi; Ornella Dolci Franchi; Elda Franchi Pecci; Mauro Giovannelli; Alessandro Gori; Claudio Gori; Giuliano Gori; Foresto Guarducci; Giannetto Guarducci; Nicoletta Kellner Ongaro Pecci; Romano Lenzi; Antonio Lucchesi; Giuliano Magni; Franco Mantellassi; Massimo Marchi; Anna Marchi Mazzini; Fiorenzo Narducci; Alessandra Pandolfini Marchi; Piera Panzeri; Alberto Pecci; Elena Pecci Cangioli; Enrico Pecci; Giovanna Pecci; Laura Pecci; Adriana Pecci Querci; Margherita Pecci Querci; Piero Picchi; Enrica Pieri Querci; Anna Querci; Maurizio Querci; Sergio Querci; Tebaldo Raffaelli; Anna Rasponi Dalle Teste; Alberto Risaliti; Giuseppe Risaliti; Fosco Rosi; Daniela Salvadori Guidi; Roberto Sarti; Riccardo Tempestini; Luciano Toti Soci onorari / Honorary Members Consiag Spa, Carlo Alberto Palli, Marco Romagnoli, Paolo Targetti Presidente / President Roberto Cenni Consiglio direttivo / Executive Board Roberto Badiani, Elena Pecci Cangioli, Luca Tassi Collegio Sindaci revisori / Board of Auditors Luca Ciardi, Presidente/President, Stefano Barni, Riccardo Narducci Comitato scientifico / Scientific Committe Carlo Sisi, Presidente/President, Maria Grazia Messina, Giacinto Di Pietrantonio Direttore artistico / Artistic Director Marco Bazzini Direttore amministrativo / Administration Director Elisabetta Dimundo Area artistica / Art Department Stefano Pezzato, Responsabile d’area e conservatore/Department Head and Conservator Raffaele Di Vaia, Coordinamento mostre e collezione/Exhibition and Collection Coordinator Antonio Bindi, Coordinamento allestimenti e manutenzione/Set Up Coordinator and Maintenance Donatella Sermattei, Segreteria e amministrazione/Secretariat and Administration Area amministrativa / Administration Department Marco Bini, Coordinamento manutenzione/Maintainance Coordinator and Set Up e allestimenti Carlo Chessari, Amministrazione/Administration Pamela Masi, Amministrazione/Administration Silvia Oltremari, Amministrazione/Administration Lucia Zanardi, Segreteria generale/Administration Restauratrice / Restorer Rachel Morellet Ufficio stampa e comunicazione / Press Office and Communication Ivan Aiazzi Silvia Bacci Area culturale, servizi al pubblico e al territorio Cultural Department, Public and Territorial Services Piero Cantini, Responsabile d’area/Department Head Riccardo Farinelli, Coordinamento Area culturale/Cultural Department Coordinator Barbara Conti, Coordinamento Sezione didattica /Education Coordinator Anna Elisa Benedetti, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives and Library Erminia Lo Castro, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives and Library Emanuela Porta Casucci, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives and Library Luca Ficini, Accoglienza/Reception Giovanni Biancalani, Ricezione e custodia/Museum Attendant Gionata Cati, Ricezione e custodia/Museum Attendant Roberto Innocenti, Ricezione e custodia/Museum Attendant Simona Bilenchi, Segreteria e amministrazione/Secretariat and Administration Crediti fotografici Photo Credits Serge Domingie Carlo Fei Carlo Gianni Silvana Editoriale Spa via Margherita De Vizzi, 86 20092 Cinisello Balsamo, Milano tel. 02 61 83 63 37 fax 02 61 72 464 www.silvanaeditoriale.it Le riproduzioni, la stampa e la rilegatura sono state eseguite presso lo stabilimento Reproductions, printing and binding by Arti Grafiche Amilcare Pizzi Spa Cinisello Balsamo, Milano Finito di stampare nel mese di settembre 2012 Printed in September 2012