Massimo Barzagli Grandezza naturale

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Massimo Barzagli Grandezza naturale
Massimo Barzagli Grandezza naturale
Massimo Barzagli
Grandezza naturale
SilvanaEditoriale
Massimo Barzagli
Grandezza naturale
Immagine di copertina / Cover
Impronte di fiori su lastre di vetro (Fiorile), 1993
Photo Carlo Gianni
Massimo Barzagli
Grandezza naturale
A cura di / Edited by
Marco Bazzini
SilvanaEditoriale
Silvana Editoriale
Progetto e realizzazione / Produced by
Arti Grafiche Amilcare Pizzi Spa
Direzione editoriale / Direction
Dario Cimorelli
Art Director
Giacomo Merli
Traduzioni / Translation
NTL, Firenze
Progetto grafico e impaginazione / Design
and Layout
Fabiana Bonucci Studio, Firenze
Coordinamento organizzativo /Production
Coordinator
Michela Bramati
Segreteria di redazione / Editorial Assistant
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Ufficio iconografico / Iconographic office
Alessandra Olivari, Silvia Sala
Ufficio stampa / Press office
Lidia Masolini, [email protected]
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta
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© 2012 Silvana Editoriale Spa
Cinisello Balsamo, Milano
© 2012 Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci, Prato
© 2012 Massimo Barzagli per le opere
for his works
© 2012 gli autori per i testi
the authors for their texts
Massimo Barzagli
Grandezza naturale
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
30 settembre - 2 dicembre 2012
30 september - 2 december 2012
Mostra promossa da / Exhibition promoted by
Mostra a cura di / Exhibition curated by
Marco Bazzini
Coordinamento / Coordination
Stefano Pezzato, Responsabile /Head
Raffaele Di Vaia
Antonio Bindi
Donatella Sermattei
Uffico Stampa / Press Office
Silvia Bacci
Ivan Aiazzi
Crediti fotografici / Photo Credits
Serge Domingie
Carlo Fei
Carlo Gianni
Prestatori / Lenders
Galleria L’Attico, Roma
Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
Galleria Gentili, Montecatini Terme (PT)
Galleria Farsetti Arte, Firenze
Collezione Carlo Palli, Prato
Collezione Osvaldo Baroncelli, Prato
Siamo profondamente riconoscenti a Massimo
Barzagli per l’adesione e il coninvolgimento
a questo progetto / We are deeply grateful to
Massimo Barzagli for the enthusiasm and for his
involvement in this project
Desideriamo inoltre ringraziare tutti coloro
i quali, a vario titolo, hanno reso possibile la
riuscita dell’evento espositivo e la pubblicazione
di questo libro / Our thanks also go to all those who,
in different ways, have made possible the current show
and the publication of this book
in particolare / in particular to
Alessandro Bagnai, Sonia Farsetti,
Leonardo Farsetti e Carlo Palli, per l’appassionato
e indispensabile aiuto / for the passionate
and indispensible help
Lignum, per il prezioso contributo alla
realizzazione della mostra / for the invaluble
expertise donated in show’s realization
Un ringraziamento particolare a / With special
thanks to
Fabio Sargentini, Galleria L’Attico, Roma
Massimo Barzagli desidera ringraziare / Massimo
Barzagli wishes to thank
Barbara Bertozzi Castelli, Alberto Boatto,
Maurizio Calvesi, Saretto Cincinelli,
Lòrànd Hegyi, Demetrio Paparoni, Sergio Risaliti,
Roberto Vidali
Fabio Sargentini, Annette Lagler,
Alessandro Bagnai, Antonella Villanova,
Paolo Gentili e Giulietta Innocenti
Uno speciale ringraziamento a / With special
thanks to
Elena Pecci Cangioli, Sonia Farsetti, Leonardo
Farsetti, Laura Guastalla, Alessandro Cosimi
Luisa Cortesi, Maurizia Settembri di Fabbrica
Europa, Luca Dini di Pontedera Teatro
Media Partners
Un saluto alla compositrice / A kind regard
to the composer Eve Beglarian
alla filmmaker / to the filmmaker
Fabiana Sargentini
all’artista / to the artist Toxic
e alla fumettista / and to the cartoonist
Shila Barzagli
Roberto Cenni
Chairman of the Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
The solo exhibition by Massimo Barzagli at the Centro per
l’arte contemporanea Luigi Pecci (Luigi Pecci Centre for
contemporary art) provides a new opportunity to understand and appreciate the best artistic research produced in
Prato, something we have already been able to do in recent
years with the work of Loris Cecchini and Andrea Martinelli. This research has had significant results and gained
wide recognition both nationally and internationally, and
the museum is paying tribute to them by making them part
of the broader context through the sponsoring of a generation of artists, which also includes recent solo exhibitions
by Paolo Canevari and Michael Lin.
Barzagli is originally from Marradi but has been, by choice,
a resident in Prato for decades. He now returns to the museum twenty years after his youthful experience with Carta
bianca (White paper) (October-November 1991), when the
artist exhibited his work accompanied by a critical contribution from Saretto Cincinelli, another Tuscan author who
has lived and worked in our city for many years.
Barzagli has also participated in important group exhibitions at the museum, devoted respectively to the new Italian
art at the dawn of the third millennium (“Futurama. Arte
in Italia” from 2000) and the spread of Italian art from the
Venice Biennale to the regions, from global to local (“Padiglione Italia – Regione Toscana” in 2011).
The new exhibition, with the emphasis on its high quality,
focuses on showing Barzagli’s development from the time
of his first exhibition in 1991 to today, during which he has
developed a personal attitude toward experimentation and
a unique multidisciplinary practice, with painting and installation, photography and sculpture, impressing directly
onto canvas, glass, photo paper or bronze the traces of a
natural reality, human bodies, animals or plants that are
immortalized in his works.
The images produced by the artist appear as epiphanies,
reveal a fusion that is indistinguishable from reality and
appearance, vision and imagination, life and death. His
“imprints” go beyond the spatial dimension of representation and extend into the temporal dimension of being, expressed through the association of design, form, structure,
movement and gesture that Barzagli’s art magically restores
to us, like a natural condition of every existence.
With this new exhibition the museum confirms its role as
a “sensor”, actively working toward a more extensive reflection on contemporary life, in which art can be an expression of a direct, exciting and engaging confrontation with
the world around us and belonging to us.
Roberto Cenni
Presidente del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
La mostra personale di Massimo Barzagli al Centro per
l’arte contemporanea Luigi Pecci rappresenta una nuova
occasione per cogliere e apprezzare le migliori ricerche
artistiche prodotte a Prato, come già avvenuto negli anni
scorsi con Loris Cecchini e Andrea Martinelli. Si tratta di
ricerche che hanno avuto esiti significativi e ottenuto riconoscimenti ampi sia a livello nazionale sia internazionale,
a cui il museo rende omaggio inserendole nel contesto allargato della promozione di una generazione di artisti, di
cui fanno parte anche le recenti mostre personali di Paolo
Canevari e Michael Lin.
Per Barzagli, originario di Marradi e da decenni pratese
d’elezione, si tratta di un ritorno al museo ventuno anni
dopo l’esperienza giovanile di Carta bianca (ottobre-novembre 1991), quando l’artista propose il proprio lavoro accompagnato da un contributo critico di Saretto Cincinelli,
altro autore toscano da molti anni presente e attivo nella
nostra città.
Al museo Barzagli ha partecipato inoltre a importanti mostre collettive, dedicate rispettivamente al nuovo panorama
artistico italiano all’alba del terzo millennio (“Futurama.
Arte in Italia” del 2000) e alla diffusione dell’arte italiana
dalla Biennale di Venezia ai territori regionali, dal globale
al locale (“Padiglione Italia - Regione Toscana” nel 2011).
La nuova mostra intende fare il punto, sottolineandone
l’alta qualità, sugli sviluppi dell’arte di Barzagli da quella
prima presentazione nel 1991 fino a oggi, in cui egli ha maturato una personale attitudine sperimentale e un’originale pratica multidisciplinare, con la pittura e l’installazione,
la fotografia e la scultura, imprimendo direttamente sulla
tela, il vetro, la carta fotografica o con il bronzo le tracce
della realtà naturale, i corpi umani, animali o vegetali immortalati nelle sue opere.
Le immagini prodotte dall’artista ci appaiono come epifanie, ci rivelano la fusione indistinguibile della realtà e
dell’apparenza, della visione e dell’immaginazione, della
vita e della morte. Le sue “impronte” superano la dimensione spaziale della rappresentazione e investono quella
temporale dell’essere, espressa nell’associazione di disegno, forma, struttura, movimento e gesto che l’arte di Barzagli ci restituisce magicamente, come condizione naturale
di ogni esistenza.
Attraverso questa nuova proposta espositiva il museo conferma il proprio ruolo di “sensore” attivo nell’ambito di una
più vasta riflessione sulla contemporaneità, in cui l’arte può
essere espressione di un confronto diretto, emozionante e
coinvolgente, con il mondo che ci circonda e ci appartiene.
Sommario
Contents
Ciò che si spera, se visto, non è più speranza
Marco Bazzini
11
For in hope we have been saved, but hope
that is seen is not hope
Marco Bazzini
35
Portfolio
59
Biobibliografia
Biobibliography
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Ciò che si spera, se visto, non è più speranza *
Marco Bazzini
Massimo Barzagli da oltre vent’anni procede per impronte. Lascia colorate tracce per contatto diretto su
una superficie, risultato meccanico di un’impressione esercitata su corpi reali. Corpi la cui primaria evidenza è la loro grandezza naturale.
L’impronta dal punto di vista dimensionale è una denuncia di verità e produce immagini tanto sincere
che è facile darle certa identità, vale a dire ricondurle
a una precisa categoria.
Che si tratti di fiori, rami d’albero o animali, oggetti
di arredo o esseri umani, questi sono i corpi che genericamente costituiscono l’immaginario di Barzagli,
sono soggetti da chiunque facilmente riconoscibili
perché appartenenti a uno scenario di prossimità,
non solo vissuto dall’artista ma anche da ciascuno di
noi, sebbene, in un mondo dominato dalla tecnologia e vissuto in ambienti urbani, qualcuno di loro appaia sempre più lontano dalla nostra esperienza quotidiana. Non sono comunque da interpretare come
immagini di una memoria, né testimoni nostalgiche
di un civiltà passata, sono più semplicemente parte
di un’iconografia che non ha bisogno di spiegazioni,
un’iconografia che sta davanti ai nostri occhi come
una cruda e non ingannevole presenza anche quando
non ne siamo direttamente circondati. Ricondurre,
quindi, l’impronta nella famiglia dei mezzi che sanno
ripetere meccanicamente il mondo, e conseguentemente a un loro non essere originale a prescendire,
è fin troppo facile e diffuso. L’impronta, con tutto il
suo portato che ci arriva dalla notte dei tempi, per
il senso comune non appartiene alle “arti liberali”
ma piuttosto a quelle “meccaniche”; è così almeno
dal Rinascimento e da quando Vasari l’ha confinata
tra le tecniche a tutto vantaggio di quell’incondizionato elogio della mimesis pittorica di cui la natura è
indiscussa maestra. Da qui nasce l’idea, purtroppo
ancora oggi assai diffusa, che nell’impronta non è
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- Marco Bazzini -
riscontrabile nessuna abilità di tecnica artistica, nessuna invenzione formale, nessuna idealizzazione del
soggetto, perché ciò che viene impresso è stato semplicemente prelevato dal mondo. Da chiunque è infatti innegabile che il segno lasciato sul supporto sia
stato prodotto da un referente fisicamente reale. In
questo lo statuto dell’impronta condivide lo stesso destino della fotografia dove non è credibile affermare
che una scena o un oggetto che appare sul display (a
sostituzione del traguardare dal mirino) non esista. E
citare la fotografia con tutto il suo bagaglio di obiettività, realismo, riporta alla cogente questione mossa
negli anni trenta da Walter Benjamin con il suo celebre saggio L’opera d’arte all’epoca della sua riproducibilità tecnica, in cui lo studioso tedesco postula la perdita
di aura, e quindi dell’autenticità. Una condizione che
sembra coinvolgere la stessa impronta.
Fin qui, provocatoriamente, abbiamo ragionato con
un punto di vista esclusivo, sia nella definizione di
ritenere unicamente valida un’opinione, sia in quella
che mira a escludere, e quindi a definire in negativo
un qualcosa, che nel nostro caso vuol dire associare
all’impronta il valore di non-opera.
In realtà la questione è più articolata e complessa di
quanto finora descritta, altrimenti non si spiegherebbe la sua attuale diffusa presenza tra gli artisti contemporanei, dove la loro esplicita dichiarazione per
averla utilizzata al fine della realizzazione dell’opera,
o come opera stessa, appare meno infamante. Condizione ben diversa da quella in cui Donatello realizzò,
tramite calco di cose reali, il mantello o le gambe
della sua celebre Giuditta e Oloferne, 1457-1464. Un’operazione spesso dimenticata in tutta la letteratura
che parla di lui e, ancora oggi, in parte stigmatizzata
dagli storici dell’arte.
La questione che l’impronta apre da sempre, ben da
prima che quest’idea si radicasse e radicalizzasse, è
nella sua possibilità dialettica proprio per il suo essere duplice: perdita di un’origine e origine di una
perdita. Ma procediamo con calma, e soprattutto attraversiamo il lavoro di Massimo Barzagli che come
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- Ciò che si spera... -
detto fin dai suoi esordi procede per impronta in un
ampio spazio di operatività che è partito dalla pittura
per sconfinare nella scultura, passando per l’installazione, la performance, la fotografia e il video.
La preposizione per indica la maniera in cui un’azione si compie, al contrario della sorella con che, invece, introduce soltanto una determinazione di mezzo
e di strumento. Non è differenza da poco, perché
indica il diverso stato della relazione che intendiamo
attivare. Barzagli non sembra tanto interessato al raggiungimento dell’impronta nel suo esito formale, che
comunque mai trascura nelle sue opere, quanto al
processo che questa può mettere di volta in volta in
atto assumendola come un metodo continuamente
da verificare. Il suo lavoro, infatti, si svolge più su una
scena, in uno spazio fisico e reale, in cui tutte le volte
partire da una precisa drammaturgia senza saperne
prevedere il finale. È un operare che è molto più simile
a un incidente, una collisione, che non a un pic nic.
Barzagli, infatti, è come se tutte le volte facesse una
prova di car crash, non solo per vedere qual è il limite
di resistenza della scocca dell’auto ma anche la capacità di sformarsi del corpo alla guida. L’impronta che
interessa di più a Barzagli è quella lasciata sull’airbag
da chi ha condotto la macchina, con la fortuna di
poterla anche guardare, e dagli eventuali passeggeri,
più che quella prodotta dalla macchina stessa, perché
quest’ultima è solo lo strumento per arrivare all’impatto. È come se dietro al sensuoso cromatismo presente nel suo lavoro che si risolve in forme di grande
eleganza ci fosse annidiata una ghiandola di veleno,
un’infezione di origine, e questo indipendentemente
dall’uso delle carcasse di animali che usa, un fin troppo didascalico riferimento alla morte.
Ma per arrivare a comprendere meglio questo parallellismo bisogna descrivere il suo modo di operare a
partire dalla realizzazione delle immagini pittoriche
che lo fecero conoscere.
Se l’oggetto impresso, come è stato detto, dev’essere
reale è proprio dal reale che va prelevato. Un gesto
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- Marco Bazzini -
ormai assunto nelle pratiche dell’arte contemporanea dal dopo Duchamp, ma che va contestualizzato
anche nel tempo allargato della storia dell’uomo perché insito nel metodo dell’impronta. Seguendo poi le
norme di una mimesis pittorica consolidata, Barzagli
dipinge con grande definizione quanto ha tratto dal
mondo, ne riproduce le sfumature e le ombre, ne evidenzia i particolari, lavora con la pittura quasi per farne un trompe-l’œil, se non fosse che questa operazione
avviene direttamente sull’oggetto e non sul supporto.
Dettagli che permettono di mantenere una tensione
dentro la pittura anche se il suo campo di azione si allarga uscendo dalla tela per seguire le tracce di quanto
ha fatto Jasper Johns in Painted Bronze (Savarin Can),
1960 o, in maniera più sistematica, Bertrand Lavier
(vedi anche Cincinelli, 1990).
Ma Barzagli sposta ancora più avanti il limite perché,
come ha già evidenziato Saretto Cincinelli in un testo
di fine anni novanta – sovverte “il tradizionale rapporto tra modello e pittura, per lui quest’ultimo è, potremmo dire, supporto originario, luogo della messa
in riserva del gesto pittorico.” (Cincinelli, 1990)
Una messa in riserva da interdersi, almeno all’interno del contesto operativo così come lo stiamo descrivendo, come riservato a uno scopo determinato,
ovvero a rendere disponibile l’oggetto al momento
del contatto. Dopo queste fasi, quanto fin qui preparato scende insieme al nostro nell’arena dell’azione.
È qui che si consuma l’incidente, che avviene lo scontro, non prima però di aver stabilito la materia del
supporto in cui provocare l’urto, nonché le sue dimensioni. Oltre alla comune tela di lino e alla carta,
Barzagli ha adoperato la plastica trasparente, teloni
come quelli delle coperture per camion, superfici rigide come la formica e il vetro, o soffici come cuscini.
Abbandonato il pennello, Barzagli non può che ripartire dalla lezione di Pollock e dalla sua conquista
del piano orizzontale in cui l’atto del dipingere si tasforma in performance, in movimento nello spazio.
Un’orizzontalità necessaria all’atto dell’imprimere,
all’esercitare quella forza affinché il corpo dipinto
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- Ciò che si spera... -
Impressione di fiori, 1993
15
- Marco Bazzini -
aderisca al supporto e su questo avvenga il passaggio
del colore. Una situazione orgiastica in cui la pittura
ha ceduto il posto al corpo, come avvenne negli anni
sessanta sulla scena viennese o nelle performance di
Vito Acconci.
Questione di tempo, un attimo più o meno lungo,
e la “macchina” preparata da Barzagli si è andata a
schiantare, l’incidente è avvenuto. E con l’impatto
arriva anche il momento di buio, quella perdita di
controllo che inevitabilmente ha chi la macchina ha
guidato. Un ritorno parziale e momentaneo alla cecità, perché dell’occhio ne è stato fatto dita, alla vista
subentra il tatto. L’impronta nasce nel momento in
cui l’occhio non vede, un operare che può apparire
come mancanza di autorialità soltanto se crediamo
al fattore retinico della produzione di un’immagine.
Idea, ormai, abbondantemente superata nell’arte del
Novecento. Un lavoro prodotto “con la benda sugli
occhi”, in linea con quanto fatto da Miró, Matisse,
Twombly, e tra i molti altri, Robert Morris soprattutto nei suoi Blind Time Drawings.
E dal sommerso dell’oscurità emerge l’impronta, la
sola a essere presentata alla pubblica vista di tutto
questo articolato processo. Chi guarda conosce solo
l’esito di uno svolgersi che invece abbiamo visto assomigliare allo sfogliare, come minimo, un manuale di
storia dell’arte contemporanea, ma sarebbe possibile
spostare diversamente l’asta del tempo e retrodatare
ancor di più i riferimenti.
L’impronta procede per fasi e ogni tappa assume importanza per il momento in cui è svolta e per quello
che è stato, altrimenti sarebbe una procedura. Per
questo non siamo più nel tempo del qui e ora, ma
in quello dell’adesso e del già fatto. È per il suo stare
dentro a questa disciplina che Barzagli ha deciso di
declinare l’impronta in tutte le sue forme possibili,
ne ha saggiato le varianti con la fotografia, l’ha accostata con il video, l’ha nuovamente verificata con la
scultura o esaltata nello spazio teatrale con i tableaux
vivant e le performance. Tutti campi di azione che
per Barzagli diventano strumenti per andare avanti
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- Ciò che si spera... -
nella sua ricerca, proprio come è stata strumentale la
pittura ai suoi inizi. Questo continuo scandagliare un
processo che vive simultaneamente di tempi diversi,
presente e passato, è quello che l’ha portato a procedere per, a isituire un processo per guardarci dentro
fino in fondo, proprio perché il già fatto assume sempre la stessa importanza del fare ora. Come abbiamo
detto l’impronta è duplice e vive in un tempo doppio.
Recentemente Barzagli ha impresso una mosca su
carta. Un’impronta sottile, quasi una macchia, dove
ancora è riconoscibile pur essendo, forse, uno dei
corpi più piccoli con cui operare. La musca depicta è
un elemento importante nella storia dell’arte a partire dall’aneddoto raccontato dal Vasari a testimonianza dei poteri della mimesis: “Dicesi che stando Giotto
ancor giovinetto con Cimabue, dipinse una volta in
sul naso d’una figura che esso Cimabue avea fatta
una mosca tanto naturale, che tornando il maestro
per seguitare il lavoro, si rimise più d’una volta a cacciarla con mano pensando che fusse vera, prima che
s’accorgesse dell’errore”.
Ma la mosca appartiene anche al mondo di George
Bataille che nell’ultimo numero della sua rivista
“Documents” ha pubblicato la fotografia di JacquesAndré Boiffard con un gruppo di questi ditteri dai
corpi schiacciati e intrappolati nella carta moschicida. Un’immagine di una trappola in cui, a sua volta, rimane catturato anche lo sguardo. La mosca è,
per l’autore della Storia dell’occhio, anche sinonimo di
quelle “apparizioni sconcertanti” che devono capovolgere l’ordine costituito, tanto sconcertanti “quanto quella di una mosca sul naso di un oratore”.
Quella che per Vasari era stata la più alta prova di un
realismo idealizzato per Bataille diventa elemento di
disturbo, incarnazione del disordine e della putrefazione. Perché la mosca rimanda inevitabilmente alla
sporcizia, ai corpi in decomposizione, a tutto ciò che
in arte si contrappone alla forma. A partire da questa visione di Bataille è stato letto l’informe che tanta
parte ha avuto nel lavoro di molti artisti nella seconda
17
- Marco Bazzini -
parte del secolo. E al quale anche l’impronta non si
sottrae se non altro perché trascina la somiglianza verso la morte. Ma se ci limitiamo a questo movimento
ricadiamo in un topos, e allora forse ancora una volta
è meglio ritornare nei confini del lavoro di Barzagli
per vedere come questo tenda all’entropia e all’orizzontalità, due delle voci individuate per restituire funzione all’informe.
Prendiamo Impronte di fiori su lastre di vetro, 1993,
poi conosciuta anche come Fiorile, presentata in occasione della mostra “Les Fleurs du mal” presso la
Galleria L’Attico. Sono fisiche e materiche impronte
di fiori dove, come scrive Boatto, è evidente “l’attrito cromatico con la scheggia di vetro”, metafora del
loro ingresso nel regno del malsano avvenuto con la
poesia baudeleriana (Boatto, 1994).
Anche in questo caso le immagini più poetiche, come
quelle di un gladiolo, iris o sterlizia, si declassano, termine caro a Bataille, a qualcosa di velenoso, di infettante. Ma non basta perché dobbiamo individuare il
suo carattere entropico, ovvero quel senso di accumulo, di spreco irrecuperabile, oltre che quell’orizzontalità che deriva dal ribaltamento del piano verticale.
Della seconda abbiamo già detto, è integrata al processo (vedi anche Risaliti, 2005), mentre per quanto
riguarda la prima dobbiamo rilevare che è “sempre
residuo di qualcosa – come scrive Sergio Risaliti in
occasione della mostra “La casa assente”, 2002 – e
l’eccedenza di qualcos’altro: residuo di una figura (...)
o di colore, residuo sovrabbondante (...) Inoltre si
consegna sempre un’eccedenza di materia, di colore
e di forma; da cui si produce una sorta di cedimento
figurativo, una disfatta compositiva” (Risaliti, 2002).
Ancora una volta procedere per impronta vuol dire
calamitare gli opposti.
Gli anni novanta in Barzagli potrebbero essere sintetizzati come quelli dei corpi dipinti su monocromo
sul fronte della natura. Sembra prendere alla lettera
il monito di Cennino Cennini per raggiungere grazia
e eleganza in un dipinto, “Pare a me niuna più atta e
18
- Ciò che si spera... -
La mosca, 2012
19
- Marco Bazzini -
certa via che di torla dalla natura”; infatti, davanti a
un opera del nostro sembra “di stare di fronte a una
pittura che non disdegna la decorazione ricca” (Auregli, 1993).
I suoi soggetti sono rami di alloro, olmo, tralci d’edera o liane, prati e fiori, animali di diverse taglie, dalla
lepre al capriolo, uccelli come passerotti, fagiani e
merli, per finire ai pesci, nomi che tautologicamente
si ripetono anche nei titoli. “Barzagli – scrive Alberto
Boatto – pratica la natura come uno spazio per una
sortita, come un luogo di sottrazione e di salvamento” (Boatto, Bochum, 1990). Ma la natura non è data
in sé stessa, ovvero sulla scia degli artisti dell’Arte povera, ma in immagini “quale risultato di una piena
attività di pittura e scultura” (Boatto, Roma, 1990).
Fin da subito, quindi, si crea una cesura con Giuseppe Penone, per esempio, che dell’impronta ha fatto
uso e, in particolare, con una sua opera come Verde
del bosco, 1986.
Il primo a sottolineare questo fronte e a metterlo in
relazione con quanto avviene con il resto della scena
contemporanea è Maurizio Calvesi, il primo anche a
scrivere un testo organico e monografico in occasione della prima mostra personale presso la Galleria
L’Attico di Fabio Sargentini: “Massimo Barzagli – scrive lo storico – opera apparentemente all’interno di
una categoria – il naturalismo – che nuova certamente non è, anzi potrebbe giudicarsi desueta; ma lo fa
con un’invezione di tecnica e di stile che si sottrae al
deprimente quadro generale dei riciclaggi linguistici”
(Calvesi, 1990).
Come per molti altri artisti italiani della sua generazione anche per Barzagli si tratta di partire, nella
costruzione dell’opera, da un punto di vista basso,
il piano del calpestio, per muoversi nella fragilità e
nell’intimo di uno spazio familiare. Presentate poi
nella verticalità più tipica del modello espositivo,
possono acquistare valore di testimonianza di un attimo privato, di un tempo tutto personale, in cui è
necessario fissare, con un modello rilevato dall’arte
concettuale, anche tutti i dati dell’incontro/scontro
20
- Ciò che si spera... -
25° Km. S.S. 302 ore 14,45 a 50 Km.h, 1989-1990
21
- Marco Bazzini -
fornendoci il luogo, l’ora e la velocità d’impatto della
sua auto: 25° Km. S.S. 302 ore 14,45 a 50 Km.h.
Allo stesso tempo questo carattere di certificazione svanisce per la strategia messa in atto dall’artista che la
rende nomade perché trasferisce “la documentazione
‘in loco’ in qualsiasi luogo prescelto”, come scrive Amnon Barzel in occasione di Carta Bianca 1, la sua prima
presentazione presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci a Prato nel 1991 (Barzel, 1991).
Questa mostra coincide con il definitivo annullamento tra arte e vita attraverso la pratica dell’installazione. All’esterno l’impronta di una lunga “siepe” di
rami riprodotti in giallo e verde su fondo azzurro,
dal titolo Buona visione, viene usata nella sua qualità
di trompe-l’œil per sottolineare e smaterializzare quel
confine tra ambienti diversi, l’architettura e la natura,
all’estremità superiore del grande teatro all’aperto.
All’interno, nelle sale della biblioteca, con Interno occidentale, i suoi dipinti di rami su carta sostituiscono
nelle stesse cornici i materiali genericamente esposti,
e in questo modo si integrano all’ambiente e ai suoi
arredi. È un modo di operare alla ricerca dell’unità tra l’opera e lo spazio domestico preesistente in
cui viene accolta, una tipologia che ripeterà qualche
anno dopo con Impressione di rovo, 1992, e che poi
arriverà a nuovi esiti negli anni duemila.
L’en plein air, non più soltanto come spazio operativo
di lavoro ma anche come luogo in cui far tornare a
vivere i suoi soggetti, viene testato da Barzagli anche in occasione della mostra collettiva “Ritorno al
mare”, 1992, un omaggio a Pino Pascali nella sua terra pugliese, Polignano a Mare. Come ci racconta lo
stesso artista è l’inizio del tema Birdwatching che poi
troverà diverse declinazioni: “In un balconcino del
paese attaccai, vicino ai fiori sui vasi, piccoli uccellini
dipinti su cartoncini colorati, in diverse gradazioni
di rossi, verdi, gialli, bruni, neri. Sui muretti della costa invece feci un incollaggio di un volantino, fondo
azzurro e ali spiegate. Alla mostra ‘The Last Garden’
presso Villa delle Rose a Bologna installai due sale
di Birdwatching rifoderate con cartoncini gialli con
22
- Ciò che si spera... -
impronte di uccelli. L’unica differenza tra una sala e
l’altra era quella della grandezza dei corpi degli uccelli impressi sui cartoncini. Nelle due sale trasmisi
l’audio di una lezione di birdwatching, come se ognuna fosse una grande cassa armonica”. L’impronta che
nasce da uno spazio di vita a questa deve tornare,
l’uccello dovrebbe poter tornare a volare, cosa ipotizzata da Barzagli vent’anni dopo con un progetto mai
realizzato per la Biennale di Venezia 2011, o almeno
a cantare, come è successo con l’ausilio della tecnologia. Sebbene i suoi animali prendano origine da
carcasse, da corpi morti, così come i fiori sono recisi,
possono tornare a vivere nella realtà dei colori e nelle
possibilità che la tecnica dell’arte concede, proprio
come avviene alla lepre di La corsa, 1994, dove l’animale, secondo quella frammentazione del movimento in molteplici scatti sperimentata da Muybridge in
fotografia, sembra nuovamente scappare sotto i nostri occhi.
Con la mostra “Process Painting”, 1992, presso la
Galleria L’Attico, il suo lavoro trova le connessioni
con quanto succede in Europa e in modo particolare
con il lavoro di Ian Davenport e Callum Innes, oltre
a loro sono presenti Paolo Fabiani e Nicholas May.
Non una mostra manifesto per la formazione di un
nuovo gruppo, ma comunque importante per testimoniare una temperie culturale che Achille Bonito
Oliva, nel suo testo in catalogo, rintraccia nel portare a “conclusione una strategia liberatoria della soggettività che trova un suo equilibrio espressivo fuori
da ogni edonismo gestuale e ogni spersonalizzazione
formale. Un metodo regge il lavoro dei pittori attuali, governato da una tensione giocata tra casualità e
controllo. (...) Questi artisti italiani e inglesi lavorano
su un metodo basato sull’impromtu, l’introduzione di
una temporalità attiva che svolge una funzione formalizzante autonoma rispetto al gesto iniziale dell’artista” (Achille Bonito Oliva, 1992). Poco dopo Damien
Hirst inizia la produzione dei suoi Spin Painting.
L’autonomia del gesto dell’impronta appare in tutta
la sua fragranza fisica in una mostra di autoritratti
23
- Marco Bazzini -
del 1996. L’unica possibilità, per non trasfigurare
il proprio volto in maschera è quella di imprimersi
per profilo. Seppur realizzati con le proprie mani e
sentiti nella pelle del volto, i risultati si dimostrano
sfuggenti, inaccessibili, “fluttuano in uno spazio e in
una durata loro propri, emergono oppure si allontanano; rientrano nell’attualità oppure sprofondano in
un tempo remoto” (Boatto, 1996).
Negli anni successivi le figure umane prenderanno
sempre maggior frequenza nelle sue opere e il decennio si chiude con una mostra presso la Galleria
Bagnai di Firenze, autunno 1999, dal titolo “Figure
senza posa”. Visto con un tempo a ritroso è anche
l’ultimo capitolo in cui l’impronta appare esclusivamente per pittura su monocromo, e viene accompagnata da una testo di Saretto Cincinelli, il critico che
forse più di tutti gli è stato vicino, in cui si ritrova la
perfetta sintesi della sua arte di questi anni: “l’uscita
dalla tela è ossessionata dal suo ritorno: l’abbandono
della tecnica tradizionale e l’interrogazione diretta
del sensibile non implicano, qui, irrealizzazione della pittura ma, paradossalmente, del suo referente e
quest’ultimo la realizzazione della pittura”. Per poi
concludere: “Assenza che afferma la presenza, presenza che afferma l’assenza, distanza contemporaneamente posta e abolita, l’impronta sfugge sia al
modello dell’astrazione sia a quello dell’imitazione,
inaugurando uno spazio in cui ogni purezza appare possibile poiché la contaminazione si rivela, in un
certo senso, originaria” (Cincinelli, 1999).
L’impronta mantiene il suo carattere dialettico, anche se realizzata per pittura.
Ora che il processo è stato finemente messo a punto
si può andare a guardarci dentro.
Gli anni Duemila, almeno criticamente, si aprono
ancora in compagnia di Cincinelli che, in un’intervista pubblicata in occasione della nuova mostra alla
Galleria L’Attico, chiede conto all’artista della grande
novità introdotta nel suo lavoro: il fondo delle tele
è infatti interamente occupato da una realistica im-
24
- Ciò che si spera... -
Autoritratto femminile, 1994
25
- Marco Bazzini -
magine fotografica che rappresenta fondali marini,
paesaggi e altro. Barzagli risponde barthianamente,
evocando una soggettività di fruizione dell’immagine
che fino a quel momento era stata soffocata: “La scelta poi delle immagini di base ha a che vedere con il
lato emozionale o emotivo, e allora è qualcosa che ha
a che fare con la mia esperienza di uomo, è qualcosa
di mio a livello visivo, ma è anche qualcosa di tutti gli
uomini, come se queste immagini fossero state fissate
come una sorta di ritratti, come dire, ritratti di cieli,
ritratti di mari, ritratti di fiori” (Cincinelli, 2000).
L’impronta, negli anni Duemila, che nasce meccanicamente ora si scontra con altre tecniche di riproduzione, a partire dalla fotografia, la sorella che per
tutto il precedente decennio è stata più volte evocata
ma sempre come porto su cui non andare a ormeggiare. Era necessario rimanere nel mare aperto della
pittura.
Il mondo marino con la sua fauna è sempre stato
molto presente nella sua immaginazione a partire
dalla prima mostra di “Fishwatching” nel 1993 presso la Galleria Gentili di Firenze. Più volte ripetuto
come tema sembra però monopolizzare l’inizio degli
Anni Zero e non solo nelle tele esposte a Roma ma
anche in quelle che sono le prime performance in
cui delle danzatrici sono realmente presenti come in
occasione dell’inaugurazione delle mostra “La casa di
Marea”, presso la Galleria Peccolo di Livorno, 2001,
o nel tableau vivant Sunnyfountain, pose e posture per
quattro danzatori, un pesce spada, due tonnetti, otto polipi
e quattro murene presso la Galleria Farsetti Arte a Forte dei Marmi, 2001.
Oltre alla fotografia entra direttamente nel suo lavoro anche il teatro e l’azione teatrale, che fino a quel
momento era stata fase strumentale alla realizzazione
dell’impronta. E l’opera conosce un rapporto con il
tempo e la vita inedito, anche perché direttamente
messa a confronto con il movimento nella presenza
reale di chi presta un corpo o in quella mediata da
un video come nell’opera La casa assente, 2003. In
questi primi anni del nuovo millennio arriva anche
26
- Ciò che si spera... -
Fiorile, 2005
27
- Marco Bazzini -
la prima occasione per uno sguardo retrospettivo di
quanto fatto fino ad allora, il lavoro aquista anche
il tempo della storia in una prima antologica, “The
History of the He art”, 2002, con l’invito di Sergio
Risaliti a esporre presso Palazzo Strozzi a Firenze. E
fin dal titolo Barzagli gioca con una doppia temporalità, heart – he art, quella personale e quella più lunga
della storia dell’arte evocata anche dal luogo oltre
che contenuta nel termine inglese.
La mostra diventa per Barzagli un gioco di riallestimento di molte delle sue precedenti installazioni
e l’occasione pe presentare gli ultimi suoi lavori in
stretta relazione con i suntuosi ambienti arredati del
palazzo. Quella che era stata un primo tentativo nei
primi anni novanta comincia ad assumere nuove possibilità e a diventare una delle epidermidi delle opere. Sempre in quello stesso anno, a Milano presso la
Galleria Farsetti, propone la “La casa assente”, 2002,
in cui come sfondo sono presenti “degli interni di
salotti, camere, soggiorni, dentro ai quali galleggia
– come scrive Sergio Risaliti nel catalogo che accompagna la mostra – una figura, fluttuante come una
medusa nel suo liquido, un corpo senza gravità, un
cadavere deposto dalla croce (Cristo) o immerso in
uno stagno (Ofelia). La prima immagine, quella retrostante, è ottenuta dalla fotografia, l’altra scaturisce dal contatto del corpo, spalmato di colore, con la
tela. Le immagini d’interno sono state prelevate da
diverse fonti (spesso usa riviste specializzate d’architettura e di design)” (Risaliti, 2002).
Sono presenti due dimensioni apparentemente distanti, contrastanti tra loro, ma che nascono da una
stessa radice, da un’omologia nel saper catturare il
mondo e che sottendono al principio del prelevamento di qualcosa di reale. Per ambedue vale quello
che i francesi dicono essere chasseur d’images: fotografo, ma più letterariamente cacciatore d’immagini. Barzagli lo sa, e non esita a fare il grande passo
restando comunque nel mare aperto della sperimentazione. Adotta sulla scia di William Henry Fox Talbot, Man Ray, Luigi Veronesi ma ancora di più di
28
- Ciò che si spera... -
Robert Rauschenberg insieme a Susan Weil o David
Hammons, l’immagine negativa, ovvero l’impressione direttamente su carta sensibile di un corpo reale.
L’esito di questa ricerca sorprendente, almeno agli
occhi di chi conosce il suo lavoro, viene presentato
presso la Galleria Bagnai nella mostra “Mai Home”
nel 2005. A stupire sono le carte di grande dimensione in cui oggetti di arredo, lampade, lampadari,
mobiletti, sedie e quadri, acquistano la bianca inconsistenza del vuoto, mentre lo spazio intorno a loro
la gelatinosa presenza di colore. “Il grosso del lavoro – scrive Risaliti – è tuttavia incentrato sulla preparazione della messa in scena. Dove gli oggetti, tra
poco, funzioneranno al buio come muti attori di una
performance. I vari oggetti sono stati selezionati con
tempi affettivi” (Risaliti, 2005).
Ma questa volta a interessare il nostro più che l’impronta lasciata dagli oggetti è l’impressione cromatica che si produce sulla carta durante l’esposizone,
quello che in fotografia si chiama la temperatura cromatica quando la chimica è sottoposta alle diverse
fonti luminose che danno reazioni difformi e indifferenti per la nostra retina. Se c’è un’affinità non è
con le Delocazioni di Claudio Parmiggiani ma piuttosto con la ricerca sul colore nella fotografia di James
Williams.
Ancora una volta è quello che non si vede e che nasce
dall’operare “al buio”. Un modo diverso e inverso di
esperire la “pittura” per impronta.
Siamo così arrivati ai lavori più recenti in cui anche
la parte emozionale sembra non giocare più un ruolo secondario, di semplice sfondo. Un’impressione
realmente provata diventa la forza con cui andare a
impremere una nuova scena, ma non va confusa con
l’arrivo dell’ispirazione quanto piuttosto circoscritta
con alcuni momenti di una biografia, di un diario
che come sappiamo è genere letterario ibrido, in cui
si accolgono più strutture narrative e appunti presi
nel tempo. Uno dei modi migliori per continuare la
propria ricerca.
29
- Marco Bazzini -
Balzano immediatamente all’attenzione il ritorno
su alcuni “luoghi di incidenti”, come in Cielo!, 2012,
grandi quadri monocromi, neri e bianchi, in cui
compaiono nuovamente le impronte di uccelli rispettivamente dello stesso colore del fondo, questa
volta, però, impresse sia in positivo sia in negativo.
Un modo per togliere o aggiungere matericità guardando anche ai grandi quadri neri dei primi anni
cinquanta di Rauschenberg. Così come la visione dal
vivo di un piccolo quadro di Van Gogh, Rain, 1889,
presso il Philadelphia Museum of Art, lo porta a cimentarsi nuovamente con quella che vent’anni prima Boatto aveva definito “tecnicamente, la cosa più
eccentrica” (Boatto, Bochum, 1990) proprio perché
propedeutica a tutto il suo modo di lavorare, in quanto unici quadri privi di oggetto reale da imprimere.
Infatti le gocce non sono riprodotte nel loro impatto con il suolo ma nelle linee verticali della caduta,
momento impossibile da fermare su un supporto,
tanto più se lavorato in orizzontale. Opere importanti queste perché, le prime in maniera sorniona
quest’ultime esplicitamente, mostrano l’altra faccia
dell’impronta per pittura, quella più menzognera. In
questi ultimi anni Barzagli ritorna anche nel bosco,
questa volta non per prendere materiale ma per materialmente riprenderlo direttamente per contatto su
carta fotografica nei diversi momenti delle quattro
stagioni: Conto le foglie del bosco, 2011-2012. Un titolo
altrettanto menzognero perché provocatoriamente
enfatizza un’impossibilità di calcolo che certamente
non era possibile in pittura ma non lo è nemmeno
in fotografia. Tra realtà e finzione, anche se di tipo
diverso, si gioca un altro lavoro fotografico, Leila’s
Cast Bronze, 2010, presentato presso la Galleria Bagnai di Firenze. Prende origine da Cast Lead, piombo
fuso, termini che evocano il lavoro di Richard Serra
ma che invece nominano l’operazione dell’esercito
israeliano nell’operazione contro Hamas consumatasi sulla striscia di Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18
gennaio dell’anno successivo. È il suo lavoro politico,
proprio come il piccolo libro Quattro ore a Chatila per
30
- Ciò che si spera... -
Jean Genet in cui racconta la sua visita al campo di
Sabra e di Chatila nel 1982 dopo un’incursione israeliana accompagnato da Leila Shahid. Per Barzagli
sono luoghi familiari, e ne ricostruisce un interno di
abitazione apparentemente asettico, fondo bianco e
oggetti, arredi restituiti in trasparenza per contatto
su dodici fogli di carta fotografica positiva. Ma tutto
è fuori “piombo” qualcosa di sconvolgente è passato,
non c’è presenza umana se non in due calchi di piedi
in bronzo. Questa volta la scultura per contatto gioca
il suo peso come lutto.
“Sono dovuto andare a Chatila – scrive Genet – per
percepire l’oscenità dell’amore e l’oscenità della morte. I corpi, nei due casi, non hanno più nulla da nascondere: posture, contorsioni, gesti, segni, i silenzi
stessi appartengono all’uno e all’altro mondo”.
Un silenzio che si ritrova anche nella serie di piccole
carte fotografiche positive Un vaso di fiori a New York,
2006-2012, di cui fa parte anche una piccola fusione in alluminio ottenuta per orma. Un’iconografia
difficile con cui confrontarsi per quanti prima di lui
l’hanno affrontata come tema nella pittura. Ritratti
in trasparenza, sono presenze fragili, diafane, sospese in uno spazio neutro sottratto alla realtà. Come
Genet anche Barzagli parte da una sua visita in città,
osservando l’ampia presenza e varietà di tipologie
presenti, per poi registarne visivamente quel legame
osceno tra eros e thanatos che da Tina Modotti, Robert
Mapplethorpe o Araki questi elementi hanno saputo
evocare.
Ancora dagli Stati Uniti ha riportato la figura umana
nel suo lavoro questa volta per frottage e calco, ma non
è più di persone reali; la sua rappresentazione avviene
attraverso l’impronta di quelle piccole statuette contemporanee che sono gli action figure, da qui anche
il titolo. L’esito comune di questa doppia azione di
riproduzione per contatto è nella raggiunta tridimensionalità, sono bassorilievi: ironici quelli prodotti con
il frottage su carta, drammatici quelli realizzati con il
calco. Segni franti sul grinzoso foglio A4, continuità
di superficie sullo squartato blocco di creta.
31
- Marco Bazzini -
Alla persona, quella reale in carne e ossa, oggi Barzagli ha invece donato libertà di azione, come nella performance Action Figure Monumental Sculpture,
2010, in cui è la stessa danzatrice a vivere il momento del buio all’origine dell’impronta, o come in Save
Our Flowers, per la prima volta realizzato con bambini
siriani a Dynamo Camp, 2010, e riproposto in occasione di questa mostra, dove è il singolo a lasciare la
“propria” impronta di un fiore.
In fin dei conti a Barzagli ha sempre interessato il
procedere per impronta oltre che lasciare una traccia
con l’impronta. Perdere un’origine e originare una
perdita. Fare arte e procedere nella storia dell’arte.
Ora che il processo è dato in chiaro, portato in pubblico, a lui, solitario non resta che il muro dell’impatto, consapevole però che, come dice san Paolo continuando il suo passo della Lettera ai Romani dato per
titolo a questo scritto, “ciò che uno già vede, come
potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello
che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”.
* Il titolo di questo saggio prende origine da un passo di
san Paolo, Lettera ai Romani, 8, 25. Riferimenti bibliografici: Georges Didi-Huberman, La somiglianza per contatto,
Bollati Boringhieri, Milano 2009; Yves Alain Bois, Rosalind
Krauss, L’informe. Istruzioni per l’uso, Bruno Mondadori,
Milano 2003.
Per i riferimenti ai testi scritti da altri autori e citati nel
presente scritto si rimanda alla bibliografia negli apparati.
32
- Ciò che si spera... -
Un vaso di fiori a New York, 2006-2008
33
For in hope we have been saved, but hope
that is seen is not hope *
Marco Bazzini
For over twenty years Massimo Barzagli has been
making imprints. He makes direct contact, leaving
coloured traces on surfaces, the mechanical result of
an imprint made on real bodies. Bodies whose primary evidence is their natural size.
The imprint, from the point of view of size, reports
the truth, producing images that are so sincere that it
is easy to give them a certain identity, in other words,
assign them to a specific category.
Whether these are flowers, tree branches or animals,
ornaments or human beings, these bodies are part of
Barzagli’s world of imagery. They are easily recognizable by anyone because they belong to a scenario of
proximity, not only experienced by the artist but also
by everyone of us. Although in a world dominated by
technology and life in an urban environment, some of
them appear increasingly distant from our everyday
experience. However, they are not to be interpreted
as images of a memory, or nostalgic testimonials of a
lost civilization. More simply, they are part of an iconography that needs no explanation, an iconography
that stands before our eyes like a raw and undeceiving
presence even when we are not directly surrounded
by it. Therefore to ascribe the imprint to the family
of media which mechanically reproduces the world,
and consequently to their not being original, is far
too easy and common. The imprint, with all it brings
to us since the dawn of time, due to common sense
does not belong to the “liberal arts” but rather to the
“mechanical” arts, or at least since the Renaissance,
and since Vasari confined it to those techniques for
the benefit of that unconditional praise for pictorial
mimesis of which nature is the undisputed master. It
is from here that the idea comes, unfortunately still
widespread today, that in the imprint no artistic technical ability has been found, no formal invention, no
idealization of the subject, because what has been im-
35
- Marco Bazzini -
printed has simply been taken from the world. No
one would deny that the mark left on a surface is
produced by a physically real representative. In this,
the status of the imprint shares the same fate as photography, where it is not credible to say that a scene
or an object that appears on the display (replacing a
look the viewfinder) does not exist.
And to mention the photograph with all its baggage
of objectivity, realism, goes back to the cogent question raised in the thirties by Walter Benjamin with
his famous essay The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction, in which the German student postulates the loss of aura, and therefore authenticity. A
condition that seems to involve the imprint as well.
So far, provocatively, we reasoned from an exclusive
point of view, both in the definition for believing an
opinion to be uniquely valid, and in that which aims
to exclude, and therefore defining something in the
negative, which in our case means to associate the
imprint with the value of a non-work of art.
In reality, the issue is more detailed and complex than
described above, otherwise it would be hard to explain
its current widespread presence in the work of contemporary artists, where their explicit declaration for
having used it to make a work of art, or as the work
itself, appears less shameful. The condition is very different from the one in which Donatello made a cast of
real things, the mantle or the legs of his famous Giuditta e Oloferne, 1457 to 1464. An operation that is often
forgotten in all the literature that mentions him and,
even today, is partially stigmatized by art historians.
The question that the imprint has always raised from
well before this idea took root and became radicalized, is in its own dialectic possibility of having a dual
nature: the loss of an origin and the origin of a loss.
But let us proceed calmly, and in particular, let us go
back over the work of Massimo Barzagli who, as we
have said, since the beginning, proceeds by imprint
in a broad working area that started with painting,
moved into sculpture, passed through installation,
into performance art, photography and video.
36
- For in hope... -
Impronta di scoiattolo, 1995
37
- Marco Bazzini -
The preposition by indicates how an action is accomplished, as opposed to its sister preposition with,
which instead introduces only a determination of the
media and tools. It is no small difference, because
it indicates the different status of the relationship
that we intend to activate. Barzagli does not seem
particularly interested in the formal outcome of the
imprint, although he never neglects it in his work,
as much as he is interested in the process that takes
place each time, that becomes like a continuous verification method. His work, in fact, more often takes
place in a setting, in a physical and real space, starting each time from a precise script without being
able to predict the finale. The work is much more
like an accident, a collision, certainly not a picnic. It
is in fact as if Barzagli, each time, were doing a driving crash test, not only to see what the limit of the
cars body’s resistance is but also the ability to transform the body of the driver. The imprint that is most
interesting to Barzagli is the one left on the air bag
by the driver, who was also lucky enough to be able
to watch, and those of the passengers, more than the
one produced by the car itself, because it is merely
the tool for achieving the impact. It is as if behind the
sensuous chromaticism in his very elegant work there
were a poison gland nesting there, an infection in the
origin, regardless of the animal carcasses he uses in
an all-too-didactic reference to death.
But to get a better understanding of this parallelism
we must describe his working method starting with
making of the painted images that made his early
reputation.
If the imprinted object, as has been said, must be
real, it is precisely from reality that it should be taken. This gesture is now part of contemporary art
practices since Duchamp, but also needs to be contextualized in the broader time of the history of man
that is inherent in the imprinting method. So following the rules of an established pictorial mimesis,
Barzagli paints what he has taken from the world
with great definition, reproducing the nuances and
38
- For in hope... -
L’incidente, 1999
39
- Marco Bazzini -
shadows, highlighting the details, working with paint
to almost make a trompe-l’œil, except for the fact that
this operation is performed directly on the object
and not the medium. These details help maintain a
tension in the painting even if its scope extends beyond the canvas to follow in the path of what Jasper
Johns did with Painted Bronze (Savarin Can), 1960, or,
in a more systematic way, Bertrand Lavier (also see
Cincinelli, 1990).
But Barzagli moves even further beyond the limit because, as Saretto Cincinelli already pointed out in a
text at the end of the nineties—he subverts “the traditional relationship between the model and the painting; for him the painting is, we could say, the original
surface, the reserve location for the act of painting”
(Cincinelli, 1990).
A reserve location that is understood, at least within the operational context as we are describing it,
as reserved for a specific purpose, namely to make
the object available at the moment of contact. After
these phases, that which has been prepared up until
now goes into the arena of action with the artist. It
is here that the accident takes place, the crash, but
not before having established the medium in which
the crash is caused, as well as its dimension. In addition to common linen canvas and paper, Barzagli has
used clear plastic sheets, like those used as covers on
trucks, hard surfaces like Formica and glass, or soft
surfaces like pillows.
Having abandoned the paintbrush Barzagli can only
follow the lesson of Pollock and his conquest of the
horizontal plane where the act of painting is transformed into performance, into movement in space.
A horizontal quality required for imprinting, for exercising that strength until the painted body adheres
to the surface and the colour is transmitted. An orgiastic situation where painting gave way to the body,
as it did in the sixties in the Viennese scene or the
performance art of Vito Acconci.
It was a matter of time, a minute more or a minute
less, and the “car” prepared by Barzagli was going to
40
- For in hope... -
crash, the accident happened. And with the impact
comes the moment of darkness, the loss of control
that the person driving inevitably has. A partial and
temporary return to blindness, because an eye has become fingers, sight is replaced by touch. The imprint
is born in the moment when the eye does not see, a
work that can appear as lacking authorship only if we
believe in the retinal factor in the production of an
image. This idea is abundantly surpassed by the art
of the twentieth century. A work produced “with a
blindfold,” in line with what has been done by Miró,
Matisse, Twombly, and among many others, Robert
Morris, particularly in his Blind Time Drawings.
The imprint emerges from the darkness, the only
one presented for public viewing from the whole of
the complex process. Whoever looks at it only knows
the outcome of a happening that we, on the other
hand, saw as something resembling the turning of
pages, at the least, a handbook on the history of contemporary art. But it would be possible to move the
hand of time and backdate even more references.
The imprint proceeds by stages and each stage assumes importance for the moment in which it is made
and for what it was, otherwise it would be a procedure. For this reason we are no longer in the here and
now, but in the moment of the now and already made.
It is to stay within this discipline that Barzagli has
decided to make the imprint in all its possible forms,
and has tried variants with photography, approached
it with video, and again tried it with the sculpture
or in the theatrical space with the tableaux vivants
and performance. All fields of action for Barzagli become tools for moving forward in the research, just
as painting was instrumental in his early work. This
continuous fathoming of a process that lives simultaneously in different times, past and present, is what
led him to proceed by, to establish such a process to
look into its furthest depths, precisely because what
has already been done assumes the same importance
as what he is doing now. As we said, the imprint has
a dual nature and lives in a dual time period.
41
- Marco Bazzini -
Recently Barzagli imprinted a fly on paper. The imprint is subtle, almost a spot, where it is still recognizable despite being perhaps one of the smallest bodies
he has worked with. The musca depicta is an important element in the history of art since the anecdote
told by Vasari for witnessing the powers of mimesis:
“It is said that a still young Giotto with Cimabue,
once painted on the nose of a figure that Cimabue
had made, a fly so natural, that when the teacher
returned to continue the work, he went back to flick
it off with his hand more than once thinking that it
was real, before realizing his mistake.”
But the fly still belongs to the world of George Bataille,
who in the last issue of his magazine “Documents,”
published a photograph by Jacques-André Boiffard
with a group of flies whose bodies were crushed and
trapped in flypaper. An image of a trap where, in turn,
the eye is also caught. The fly is, for the author of the
Storia dell’occhio (History of the Eye), also synonymous
with those “disconcerting apparitions” that must overturn the established order, as disconcerting, “as that
of a fly on the nose of a speaker.”
That which for Vasari was the highest proof of an
idealized realism, for Bataille becomes an element
of disorder, the embodiment of disorder and decay.
Because the fly inevitably refers to filth, the decomposing bodies, everything that in art is opposed to
form. It was with this view of Bataille’s that formlessness began to play such a large part in the work of so
many artists in the second half of the century. And
the imprint does not escape it either, if only because
it is dragging the similarity to its death. But if we
limit ourselves to this movement, we fall into a topos,
and so perhaps again it is better to return to the confines of Barzagli’s work to see how this tends towards
entropy and the horizontal, two of the items identified as restoring function to formlessness.
Take Impronte di fiori su lastre di vetro (Imprints of flowers on glass plates), 1993, then also known as Fiorile,
presented at the exhibition “Les Fleurs du mal” at
the Galleria L’Attico. These are physical and material
42
- For in hope... -
Les fleurs du mal, 1994
43
- Marco Bazzini -
imprints of flowers where, as Boatto writes, “the chromatic friction with the shard of glass” is clear, a metaphor for their entrance into the kingdom of the unhealthy place of Baudelairian poetry (Boatto, 1994).
In this case too the more poetic images such as those
of gladiolus, iris or strelizia, are downgraded, a term
dear to Bataille, to something poisonous, infectious.
But it is not enough, because we have to find the entropic nature, or the sense of accumulation, of unrecoverable waste, as well as that horizontal quality that
comes from the overturning of the vertical plane. Regarding the latter, as we have already said, it is integrated into the process (also see Risaliti, 2005), while
regarding the first, we have noted that it is “always
the residue of something—as Sergio Risaliti wrote of
the exhibition “La casa assente (The absent house),”
2002—and the excess of something else: the remains
of a figure (...) or a colour, overabundant residue (...)
Moreover he always delivers an excess of material,
colour and form; which produces a sort of figurative
yielding, a compositional defeat” (Risaliti, 2002).
Once again proceeding by imprint means magnetizing the opposites.
The nineties in Barzagli’s work could be summarized
as those of the bodies painted on monochrome set
against nature. He seems to take Cennino Cennini’s
admonition literally to achieve grace and elegance
in a painting, “It seems to me that there is no better way than to take it from nature”; in fact, before
a work by our artist, one seems “to stand in front
of a painting that does not disdain rich decoration”
(Auregli, 1993).
His subjects are branches of laurel, elm, ivy creepers
or vines, meadows and flowers, animals of different
sizes, hare, deer, birds such as sparrows, blackbirds
and pheasants, and finally fish, names that are tautologically repeated in the titles as well. “Barzagli—
writes Alberto Boatto—uses nature as a space for a
sortie, as a place for abduction and rescue” (Boatto,
Bochum, 1990).
44
- For in hope... -
But nature is not rendered as itself, or in the wake
of the Arte Povera artists, but as images that are “the
result of a full activity of painting and sculpture”
(Boatto, Rome, 1990).
From the start, therefore, he breaks with Giuseppe
Penone, for example, who has used the imprint and,
in particular, with such work as Verde del Bosco (Forest
greenery), 1986.
The first to emphasize this front and to relate it to
what happens with the rest of the contemporary
scene is Maurizio Calvesi, also the first to write an
organic text and monograph for the first solo exhibition at the Galleria L’Attico of Fabio Sargentini:
“Massimo Barzagli—writes the historian—apparently
works within a category—naturalism—that is certainly
not new, that in fact could be judged as obsolete, but
he does so with such invention in technique and style
that it eludes the depressing framework of recycled
idioms” (Calvesi, 1990).
As with many other Italian artists of his generation,
for Barzagli too it is a case of beginning, in creating a
work, from a low point of view, ground level, to move
into the fragility and intimacy of a familiar space.
Presented later in the most typical vertical exhibition
model, his work takes on the value of a witness to a
private moment, a very personal time, in which it is
necessary to establish, through a model revealed by
conceptual art, all the data of the encounter/crash by
providing it with the place, the time and impact velocity of his car: 25° Km S.S. 302 time 2:45 pm a 50 Km.h.
At the same time this quality of certification dissolves
into the strategy put in place by the artist who makes
it nomadic, because he moves “the documentation
‘on site’ to any chosen place,” as Amnon Barzel wrote
about Carta Bianca 1 (White Paper 1), his first presentation at the Centro per l’arte contemporanea Luigi
Pecci (Luigi Pecci Centre for Contemporary Art) in
Prato in 1991 (Barzel, 1991).
This exhibition coincides with the definitive annulment between art and life through the practice
of the installation. Outside the imprint of a long
45
- Marco Bazzini -
“hedge” of branches reproduced in yellow and green
on a blue background, entitled Buona visione (Happy
watching), it is used in its capacity as trompe-l’œil to
highlight and dematerialize the boundary between
different environments, architecture and nature, at
the upper end of the great open-air theatre. Inside,
in the rooms of the library, with Interno occidentale
(Western interior), his paintings of branches on paper
replace, in the same frames, the generically exhibited materials, and thus integrate the environment
and its furnishings. It is a mode of researching the
unity between the work and the pre-existing domestic space in which it is hosted, a type that he repeated a few years later with Impressione di rovo (Imprint of
blackberry), 1992, to then arrive at new results in the
year two thousand.
L’en plein air (The outdoors), not only as an operative
working space but also as a place to make his subjects live again, is also tested again by Barzagli at the
group exhibition “Ritorno al mare” (Return to the
sea), 1992, a tribute to Pino Pascali in his native town
in Puglia, Polignano a Mare. As the artist himself tells
us, it was the beginning of the birdwatching theme
which then found different variations: “On a balcony
in the town, I attached, near the flower vases, small
painted birds onto a coloured board, in different
shades of reds, greens, yellows, browns, blacks. On
the sea walls instead, I glued a flyer, blue background
and wings spread. At the exhibition ‘The Last Garden’ at the Villa delle Rose in Bologna, I installed
two Birdwatching rooms, lined with yellow cards with
imprints of birds. The only difference between one
room and the other was that the size of the bodies of
the birds imprinted on the cards. In the two rooms
I broadcast the audio of a bird watching lecture, as
if each were a great sounding box.” The imprint that
comes from a living space must return to it, the bird
should be able to fly again, something suggested by
Barzagli twenty years later with an unrealized project
for the Venice Biennale in 2011, or at least to sing, as
has happened with the aid of technology. Although
46
- For in hope... -
his animals originate with carcasses, from dead bodies, just as his flowers are cut, they can return to live
in the reality of the colours and the possibilities that
the technique grants, just like the hare in La corsa
(The race), 1994, where the animal, according to the
fragmentation of the movement in multiple shots,
experimented with by Muybridge in photography,
seems to run again before our eyes.
With the exhibition “Process Painting”, 1992, at the
Galleria L’Attico, his work is the connection with
what is happening in Europe and in particular with
the work of Ian Davenport and Callum Innes, as well
as Paolo Fabiani and Nicholas May. Not a manifesto
for the formation of a new group, but still important
in terms of bearing witness to a cultural climate that
Achille Bonito Oliva, in his catalogue text, traces
in the bringing “to an end a liberating strategy of
subjectivity that finds its expressive balance outside
of any gestural hedonism and every formal depersonalization. A method holds up the work of today’s
painters, governed by a tension that plays between
randomness and control (...) These Italian and English artists are working on a method based on the impromtu, the introduction of a temporality that plays
an active formalizing role, independent of the initial
gesture of the artist” (Achille Bonito Oliva, 1992).
Shortly after, Damien Hirst began to produce his
Spin Painting.
The autonomy of the imprint action appears in all
its natural fragrance in an exhibition of self-portraits
from 1996. The only possible way for him not to
transform his face into a mask is to imprint his profile. Although made with his own hands and felt in
the skin of the face, the results prove elusive, inaccessible, “they float in space and in a life of their own,
emerge or move away; come back into reality or sink
into a remote time” (Boatto, 1996).
In subsequent years, the human figures became ever
more frequent in his works and the decade ended with
an exhibition at the Galleria Bagnai in Florence, fall
of 1999, entitled “Figure senza posa” (Figures without
47
- Marco Bazzini -
a pose). Looking at it with hindsight, is also the last
chapter in which the painted imprint on monochrome
appears, and is accompanied by a text by Saretto Cincinelli, the critic who perhaps supported him the most,
where a perfect synthesis of his art in those years is
found; “the going beyond the canvas is obsessed with
the return: the abandonment of traditional technique
and the direct interrogation of the senses do not imply, here, derealisation of painting but, paradoxically, of its references and the latter, the realization of
painting.” It concluded: “An absence that confirms
presence, a presence that confirms absence, distance
posed and abolished at the same time, the imprint
eludes both the model of abstraction and that of imitation, opening a space in which every kind of purity
is possible since the contamination reveals itself, in a
sense, to be original” (Cincinelli, 1999).
The imprint maintains its dialectical character, even
if it is created through painting.
Now that the process has been finely tuned we can
look into it more deeply.
The first years of the twenty-first century, at least critically, again began in the company of Cincinelli, who,
in an interview published for the new exhibition at
Galleria L’Attico, asked the artist about the great innovation in his work: the bottom of the canvas is in
fact entirely occupied by a realistic photographic image that represents the seabed, landscapes and more.
Barzagli gives a Barthian answer, evoking a subjectivity in the use of the image that until then had been
suppressed: “The selection of the basic images has
to do with the emotive or emotional side, so then
it’s something to do with my experience as a man,
is something personally mine on the visual level, but
it’s also something belonging to all men, as if these
images had been immortalized as portraits of sorts, I
mean, portraits of skies, portraits of seas, portraits of
flowers” (Cincinelli, 2000).
The imprint, in the twenty-first century, that is now
created mechanically clashes with other reproduc-
48
- For in hope... -
tion techniques, starting with the photograph, the
sister that for the entire previous decade has been
mentioned many times but always as a port where
one should not moor. It was necessary to stay in the
open sea of ​​painting.
The marine world with its wildlife has always been
very present in his images since the first exhibition of
“Fishwatching” in 1993 at the Galleria Gentili in Florence. A theme that has been repeated several times,
it seems to monopolize the beginning of the year
2000 and not only on canvases exhibited in Rome,
but also in those of his first performance piece, in
which there are live dancers at the inauguration of
the exhibition “La casa di Marea” (The house of the
tide) at the Galleria Peccolo in Livorno, 2001, or in
the tableau vivant Sunnyfountain, poses and postures
for four dancers, a swordfish, two skipjack, eight octopi
and four eels at the Galleria Farsetti Arte in Forte dei
Marmi, 2001.
In addition to photography, theatre and theatrical
action also goes directly into his work, which until
then had been an instrumental stage in making imprints. And his work begins to show a new relationship with time and life, also because there is a direct
confrontation with movement in the real presence
of those who provide a body or in the mediated
presence, with a video such as the work La casa assente (The absent house), 2003. In these early years of
the new millennium came the first opportunity to
look back at what had been done so far. His work
also took its place in history with his first retrospective, “The History of the He art,” 2002, on invitation by Sergio Risaliti to exhibit at Palazzo Strozzi in
Florence. And since that title, Barzagli plays with a
double temporality, heart - he art, his personal temporality and the longest in the history of art, also
evoked by the place as well as the idea contained in
the English term.
The exhibition for Barzagli becomes a game of redeveloping many of his previous installations and the
opportunity to present many of his latest works in
49
- Marco Bazzini -
close relationship with the sumptuously decorated
rooms of the palace. What had been a first attempt
in the early nineties begins to take on new possibilities and becomes one of the epidermises of his
work. Also in that year, at the Galleria Farsetti in
Milan, he exhibits La casa assente (The absent house),
2002, where the background for the work are the
“interiors of living rooms, bedrooms, sitting rooms,
in which floats—as Sergio Risaliti writes in the catalogue accompanying the exhibition—a figure, like a
jellyfish floating in its own liquid, a body without
gravity, a body brought down from the cross (Christ)
or submerged in a pond (Ophelia). The first image,
the one behind it, is obtained through photography,
and the other comes from the contact of the body
smeared with colour, with the canvas. The images
of interior were taken from different sources (he often uses specialized architecture and design publications)” (Risaliti, 2002).
There are two seemingly distant dimensions, conflicting with each other, but that are born from the
same roots, from a homology that comes from being able to capture the world and that underlie the
principle of the removal of something real. For both
of these we could validly use the French term chasseur d’images: photographer, but more literally, hunter of images. Barzagli knows, and does not hesitate
to take the plunge while remaining in the open sea
of experimentation. He adopts, on the wake of William Henry Fox Talbot, Man Ray, Luigi Veronesi, but
even more, Robert Rauschenberg, along with Susan
Weil or David Hammons, the negative image, in the
form of the imprint of a real body made directly on
light-sensitive paper. The surprising outcome of this
research, at least in the eyes of those who know his
work, was presented at the Galleria Bagnai at the exhibition “Mai Home” in 2005. Most astounding were
the huge prints in which furnishings, lamps, chandeliers, cabinets, chairs and paintings, acquire the white
inconsistency of the void, while in the space around
them is the gelatinous presence of colour. “The bulk
50
- For in hope... -
La casa assente, 2003
51
- Marco Bazzini -
of the work—writes Risaliti—is, however, focused on
the preparation of the staging. Where soon the objects will function in the dark like mute actors in a
performance. The various objects were selected affectively” (Risaliti, 2005).
But this time what interests our artist more than
the traces left by the object, is the coloured imprint
produced on the paper during the exhibitions, that
which photography calls colour temperature, when
the chemical is subject to the different light sources
that create various reactions that are indifferent to
our retina. If there is an affinity, it is not with Delocazioni
by Claudio Parmiggiani but rather with the study of
colour in the photography of James Williams.
Again, it is that which you do not see and that comes
from working “in the dark.” A diverse and inverse
way of experiencing “painting” by imprint.
So we come to the most recent works, in which the
most emotional part no longer seems to play a secondary role, a simple background. A truly tested imprint becomes the force with which to go ahead and
imprint a new scene—not to be confused with the arrival of inspiration circumscribed by a few moments
of a biography—a diary which, as we know is a hybrid
literary genre, where numerous more narrative structures and notes taken over time are the case. One of
the best ways to continue the research.
Immediately grabbing attention was the return of
some “accident sites” like Cielo! (Sky!), 2012, large
monochrome paintings, blacks and whites, where
the imprints of birds respectively of the same colour as the background appear again, this time,
however, imprinted both positively and negatively.
One way of removing or adding a material quality also reminiscent of the large black paintings
of the early fifties by Rauschenberg, as well as the
live viewing of a small painting by Van Gogh, Rain,
1889, at the Philadelphia Museum of Art, leads him
to try again with what Boatto, twenty years earlier,
had called “technically, the most eccentric thing”
52
- For in hope... -
(Boatto, Bochum, 1990) precisely because it is the
preparation to his whole way of working, inasmuch
as these are the only paintings devoid of real objects to be imprinted. In fact, the drops are not reproduced in their impact with the ground but in
the vertical lines of their falling, a moment that is
impossible to capture in this medium, even more
so if tried horizontally. These are important works
because, the first ones in a sly way, the later ones
more explicitly, show the other face of making imprints with paint, the most mendacious face. In recent years Barzagli also returns to the woods, this
time not to take material but to materially capture
it directly on photo paper at different times of the
four seasons: Conto le foglie del bosco (I count the leaves
in the forest), from 2011 to 2012. A title that is just
as mendacious because it provocatively emphasizes
an impossibility in calculation that certainly was not
possible in painting, but nor is it possible in photography either. Between reality and fiction, even if
they are different types, he plays with another photographic work, Leila’s Cast Bronze, 2010, exhibited
at the Galleria Bagnai in Florence. It takes its inspiration from Cast Lead, evoking the work of Richard
Serra but instead referring to the operation by the
Israeli army against Hamas in the Gaza Strip that
took place between 27 December 2008 and 18 January of the following year. It is a political work, just
like the little book Quattro ore a Chatila (Four hours
in Shatila) by Jean Genet, inasmuch as it is an account of his visit to the camps of Sabra and Shatila
in 1982 after an Israeli incursion, accompanied by
Leila Shahid. For Barzagli, these are familiar places,
and he reconstructs the interior of an apparently
aseptic house, white background and objects, transparent furniture made with contact on 12 sheets
of positive photo paper. But everything is “leaden,”
something shocking has happened, there is no human presence except in two casts of feet in bronze.
This time, the sculpture by contact uses its weight
as a form of mourning.
53
- Marco Bazzini -
“I had to go to Shatila—Genet writes—to feel the obscenity of love and the obscenity of death. The bodies, in both cases, have nothing more to hide: postures, contortions, gestures, signs, the silences themselves belong to both worlds.”
A silence that is also found in the series on small
scale positive photo paper Un vaso di fiori a New York
(A vase of flowers in New York), 2006–12, of which a
small aluminium casting obtained by imprint is also
a part. It is difficult iconography for comparison
in light of how many before him have faced it as a
theme in painting. These transparent portraits are
fragile, diaphanous, suspended in a neutral space
removed from the reality. Like Genet, Barzagli also
begins with his visit to the city, observing the many
and varied types present, then visually recording that
obscene bond between eros and thanatos that, from
Tina Modotti to Robert Mapplethorpe and Araki,
these elements have been able to evoke.
Again from the United States, he has brought the human figure into his work, this time with frottage and
casting, but his representation is no longer of real
people. It is done with the imprinting of those little
figurines, modern action figures, also the title. The
common outcome of this dual action of reproducing
by contact is in the three dimensions achieved, basreliefs: ironic ones produced with rubbings on paper,
dramatic ones made with castings. Crushed marks on
the wrinkled sheet of A4 paper, surface continuity on
the quartered block of clay.
Today the person, the real one in flesh and blood,
has been given freedom of action by Barzagli. In the
performance piece Action Figure Monumental Sculpture, 2010, the dancer herself lives in the dark moment of the imprint’s origin, or as in Save Our ​​Flowers, first performed ​with Syrian children at Dynamo
Camp, 2010, and repeated at this exhibition, where
individuals leave “their own” imprint of a flower.
Ultimately Barzagli has always been interested in
progress by imprint as well as leaving a trace with
the imprint. Losing an origin and originating a loss.
54
- For in hope... -
Making art and proceeding through the history of art.
Now that the process is clear, has been taken to the
public, for him, alone, nothing remains but the wall
of impact, with the awareness however, that as St.
Paul says in the passage from the Letter to the Romans
which gave this piece its title, “for what a man seeth,
why doth he yet hope for? But if we hope for that we
see not, then do we with patience wait for it.” * The title of this essay stems from a passage by St. Paul,
Letter to the Romans, 8, 25. References: Georges Didi-Huberman, La somiglianza per contatto, Bollati Boringhieri, Milan
2009; Yves Alain Bois, Rosalind Krauss, L’informe. Istruzioni
per l’uso, Bruno Mondadori, Milan 2003.
For references to the texts written by other authors and
cited in this essay, refer to the bibliography in the notes.
55
Massimo Barzagli
Questo è un racconto, un possibile soggetto per la mostra.
L’intento è quello di presentare il lavoro dal 2007 a oggi, con la complicazione di
due installazioni di inizio anni novanta, Fiorile e Impressione di alloro, quest’ultima
presentata a L’Attico in occasione della mostra “Process Painting” nel 1993.
Le due installazioni si confronteranno con due opere recenti, Vasi di fiori a New York,
e Conto le foglie del bosco.
Tutta la mostra, tra le righe, dovrebbe avere un tempo commemorativo, le immagini
sono incessantemente “ripetute”... ma tutto il mio lavoro è così, toccando ripeto
l’immagine...
Fiorile e Vasi di fiori, sono due “framment’azioni”, la prima si distribuisce nello spazio con le sue schegge di vetro, l’altra accumula fotogrammi su carta Ilfochrome di
vasi di fiori di vetro colorato.
Poi c’è Leila’s Cast Bronz, la casa di Leila, otto grandi fotogrammi, che ripetono un
interno passato sotto la luce. In una delle tavole appare una finestra, dalla finestra
della casa si scorge un bosco, e proprio nell’altra sala c’è un bosco, una trentina di
grandi tavole montate dentro cavalletti di legno naturale. Anche il bosco è stato passato sotto la luce nel corso di un intero anno. Si notano le quattro stagioni, ho fatto
i fotogrammi del bosco nel bosco, il bosco è stato la camera oscura.
Dal bosco si intravede su un muro del museo un gruppo di quadri neri, i fondi sono
opachi, sui fondi luccicano impronte di uccelli neri, gli uccelli sono stati dipinti con
oli neri, i piumaggi degli uccelli intinti di olio nero hanno dipinto le ali, i voli di
questi uccelli neri…
Sempre dal bosco appaiono quattro piogge verdastre, sono le piogge di Philadelphia.
Non conoscevo quel piccolo quadro di Van Gogh quando dipingevo piogge e avevo
trent’anni. L’ho visto a Philadelphia e così ho dipinto le nuove piogge...…
Sempre in un angolo del museo si intravede una piccola luce, è il fiorellino di neon
che ho fatto tre anni fa con un vecchio artigiano cinese in Allen Street a New York.
Lasciando le sale, un grande monocromo azzurro insieme a tanti fiori freschi, un
giovane pittore con la sua attrezzatura che inviterà per tutta la durata della mostra a
dipingere fiori. Chi tra il pubblico vorrà potrà dipingere questa stanza azzurra, come
hanno fatto con me i bimbi siriani a Dynamo Camp... ma anche come non ho fatto
a Gerusalemme... e a Fulton Street...
57
Save Our Flowers Prato, 2012
impronta di fiori dipinti a olio su
fotografia / imprint of flowers painted
with oils on photograph, 79 × 108 cm
Collezione privata / Private collection
p. 59
Save Our Flowers Siria, 2010
performance con bambini siriani e impronte
di colore su due tele presso / performance
with Syrian children and colour imprints on
two canvases at the Dynamo Camp, San Marcello
Pistoiese (Pistoia)
Courtesy Dinamo Camp
p. 60 particolare di un’impronta / detail
of an imprint
p. 61 documentazione fotografica
della performance / photographic record
of the performance
Action Figure Monumental Sculpture, 2010
performance, in collaborazione con
Luisa Cortesi, presso il / performance, in
collaboration with Luisa Cortesi at the
Festival Internazionale Fabbrica Europa 2010,
Stazione Leopolda, Firenze
p. 62 documentazione della performance,
still da video / record of the performance,
stills from video
p. 63 calco in gesso della performance,
gesso e ferro / plaster cast of the performance,
plaster and iron, 200 × 220 × 35 cm
58
59
60
61
62
63
Ho deviato il corso del fiume, 1990
documentazione fotografica della realizzazione
dell’opera, fase precedente all’impronta /
photographic record of the execution of the work,
stage preceding the impression
colori a olio su prato / coloured oils on grass,
90 × 140 cm
p. 65
Impressione di prato, 1990
impronta di prato dipinto a olio su
tela / imprint of meadow painted with oils
on canvas, 300 × 600 cm
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
p. 71 documentazione fotografica nello
studio / photographic record of work in studio
p. 72 particolare / detail
Laura Palmer, 1990
impronta di ramo dipinto a olio avvolto
in un polimero trasparente, dimensioni
ambiente / imprint of branch painted with
oils, wrapped in transparent polythene,
size of the space
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
p. 66
Impressione di acacia, 1990
impronta di rami di acacia dipinti a olio su
monocromo acrilico dipinto su tela / imprint of
acacia branches painted with oils on monochrome
acrylic painted on canvas, 200 × 200 cm
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
p. 73
Impronte di fiori su lastre di vetro (Fiorile), 1993
impronte a olio, colori da vetro e smalti su
lastre di vetro, dimensione ambiente / imprints
in oils, glass paints and enamels on sheets of glass,
size of the space
Courtesy Collezione Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci - Prato
Comodato a lungo termine di / On long-term
loan from Fabio Sargentini - Galleria L’Attico, Roma
pp. 74-77 particolari / details
Impressione di olmo, 1990
impronta di ramo dipinto a olio su polimero
trasparente / imprint of branch painted
with oils, on transparent polythene,
160 × 240 cm
Collezione privata / Private collection
p. 67
Buona visione, 1991
installazione nel teatro del Centro Pecci
in occasione della mostra / installation
at the Centro Pecci theatre on the occasion
of the exhibition “Carta Bianca 1”, 1991
impronte di rami dipinti a olio retroimpressi
su fibra di vetro / imprints of branches
painted with oils, on the back of fibreglass,
100 × 4000 cm
pp. 68-69
Conto le foglie del bosco, 2009-2010
photograms, impressione luminosa di rami
su carta fotografica Ilfochrome, strutture in legno
di castagno, noce, frassino, ciliegio, dimensioni
varie / photograms, luminous impression
of branches on Ilfochrome photographic paper,
structures in chestnut, walnut, ash and cherry
wood, various sizes
pp. 78-79, 82-83 documentazione
dell’installazione / record of the installation
pp. 80-81, 84-85 particolari / details
Collezione privata / Private collection
Trasporti eccezionali, 1990
documentazione dell’installazione nello
studio / record of installation in studio,
Da sinistra / From left:
Impressione di edera, 1991, impronta dipinta
a smalto su plastica / imprint in enamel
on plastic, 800 × 200 cm;
Trasporti eccezionali, s.d., 77 cassette
da ortolano contenenti rametti veri e di plastica
dipinti / undated, 77 fruit crates containing
painted real and plastic twigs;
Impressione di edera, s.d., impronta dipinta
a acrilico su formica / undated, imprint in acrylic
on formica, 300 × 130 cm
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
p. 70
Philadelphia’s rain, 1990-2010
olio su acrilico su tela / oil on acrylic on canvas,
200 × 300 cm cad. / each,
4 pezzi unici / individual pieces
pp. 86-87 veduta della serie / the series
pp. 88-89 veduta di una tela / individual canvases
Collezione privata / Private collection
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Interno occidentale, 1991
installazione composta da un’impronta di ramo
di acacia dipinto a olio su tela / installation
composed of the imprint of an acacia branch
painted with oils on canvas, 50 × 60 cm
e divano, dimensioni ambiente / and sofa,
size of the space
Courtesy Collezione Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci - Prato
Donazione / Donation Valdemaro Beccaglia
p. 91
Leila’s Cast Bronze, 2008
installazione presso / installation at the Galleria
Alessandro Bagnai, Firenze, 2010
photograms, impressione luminosa di oggetti e
arredi su carta fotografica Ilfochrome, 2 fusioni in
bronzo, dimensioni varie / photograms, luminous
impression of objects and furniture on Ilfochrome
photographic paper, 2 bronze casts, various sizes
Courtesy Galleria Bagnai, Firenze
pp. 98-99 documentazione fotografica della
mostra / photographic record of the exhibition
pp. 100-105 particolari / details
Impressione di rovo, 1992
installazione composta da un’impronta a olio
su carta intelata / installation composed of
an imprint in oils on paper mounted on canvas,
100 × 420 cm, poltrone, tavolino, vaso di vetro
rosso con rose rosse / armchairs, occasional table
and red vase with red roses
Collezione privata / Private collection
p. 92
Un vaso di fiori a New York, 2006-2012
photograms, impressione luminosa di fiori e vasi
su carta Ilfochrome / photograms, luminous
impression of flowers and vases on Ilfochrome
paper, 28 × 35,5 cm e / and 61 × 50,6 cm, serie
di 60 pezzi unici / series of 60 individual pieces
Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
pp. 106-107, 110-115
Estasi di Costanza, 2002
installazione presso Palazzo Strozzi in occasione
della mostra personale / installation at Palazzo
Strozzi on the occasion of the artist’s solo
exhibition in 2002
impronta di corpo femminile vestito e dipinto a
acrilici su tela areografata / imprint of clothed
female body painted with acrylic on airbrushed
canvas, 200 × 250 cm, e arredi / and furniture
Courtesy Galleria Farsetti, Prato
p. 93
Two roses in a yellow vase, 2006-2012
pezzo unico dalla serie Un vaso di fiori
a New York / individual piece from the A Vase
of Flowers in New York series
photogram, impressione luminosa di fiori e vaso
su carta fotografica Ilfochrome / photogram,
luminous impression of flowers and vase
on Ilfochrome photographic paper, 28 × 35,5 cm
Collezione privata / Private collection
p. 108
Four roses in a red vase, 2006-2012
pezzo unico dalla serie Un vaso di fiori
a New York / individual piece from the A Vase
of Flowers in New York series
photogram, impressione luminosa di fiori e vaso
su carta fotografica Ilfochrome / photogram,
luminous impression of flowers and vase
on Ilfochrome photographic paper, 28 × 35,5 cm
Collezione privata / Private collection
p. 109
Maybe one night, 2005
documentazione fotografica della mostra
“Mai Home” presso / photographic record
of “Mai Home” exhibition at the Galleria
Alessandro Bagnai, Firenze, 2005
photograms, impressione luminosa
di oggetti e arredi su carta fotografica
Fujicolor / photograms, luminous impression
of objects and furniture on Fujicolor
photographic paper, 260 × 375 cm cad. / each
Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
pp. 94-95
Broken Room, 2007
photograms, impressione luminosa di oggetti e
arredi su carta colore Kodacolor / photograms,
luminous impression of objects and furniture
on Kodacolor paper, 180 × 220 cm cad. / each,
2 pezzi unici / individual pieces
Courtesy Galleria Farsetti, Prato
pp. 96-97
90
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114
115
Volantino, 1992
documentazione fotografica dell’installazione
in occasione della mostra / photographic record
of the installation created for the exhibition
“Omaggio a Pascali”, Polignano a Mare, 1992
fotocopie di impronte di passerotto dipinto
a china su cartoncini colorati incollati a
parete / photocopies of imprints of sparrow
painted with Indian ink on coloured card glued
to the wall
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
p. 117
Birdwatching, 1993
installazione per la mostra “The Last Garden”
presso / installation for the exhibition “The Last
Garden” at Villa delle Rose, Bologna, 1993
impronte di colombi e fagiani su cartoncini
colorati incollati a parte, audio con lezione di
birdwatching / imprints of doves and pheasants
on coloured card glued to the walls, audio with
lesson on bird-watching
Courtesy Galleria L’Attico, Roma
pp. 118-119
Fishwatching, 2002
installazione in occasione della mostra
personale presso / installation for the artist’s
solo exhibition at Palazzo Strozzi, 2002
Da sinistra / From left:
Fishwatching, 1993, impronte di pesci
di mare dipinti a olio su tela di cotone
retroilluminata, light box / imprints of sea
fish painted with oils on backlit cotton canvas,
light box, 450 × 150 × 40 cm;
Sunnyfountain, 2001, vasconi in plastica tubi
acqua e pesci rossi / large plastic tanks, rubber
tubing, water and goldfish;
Tentacoli, 1999, lustrazione di polpi dipinti su
tela /octopuses painted on canvas, 200 × 200 cm
Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
p. 120
Fishwatching, 1993
installazione presso la / installation
at the Galleria Gentili, Firenze, 1993
impronta di pescespada dipinto a smalto
su tela plastificata termosaldata, dimensioni
ambiente / imprint of swordfish painted
with enamel on plastic-coated, welded canvas,
size of the space
Courtesy Galleria Gentili, Firenze
p. 121
La spinta di Marea, 2002
installazione in occasione di “Open Studio”
presso la / installation for the “Open Studio”
at the Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
impronta di pescespada dipinto a smalto su tela
plastificata / imprint of swordfish painted with
enamel on plastic-coated canvas, 800 × 800 cm
Courtesy Galleria Bagnai, Firenze
p. 122 documentazione dell’installazione / record
of the installation
p. 123 particolare / detail
Il salto, 1993
installazione presso il Museo Archeologico
di Firenze in occasione della mostra / installation
at the Museo Archeologico in Florence for the
exhibition “Turbare il tempo”, 1994
impronte di capriolo dipinto a olio su
tela / imprints of deer painted with oils
on canvas, 220 × 250 cm
Courtesy Galleria Gentili, Firenze
p. 124
Il salto, 1994
impronte di capriolo dipinto ad olio
su tela / imprints of deer painted with oils
on canvas, 130 × 160 cm
Courtesy Galleria Gentili, Firenze
p. 125
La corsa, 1994
installazione presso la / installation
at the Galleria Schema, Firenze, 1994
impronte di lepre dipinta a olio su cartoncini
colorati montati su tavole / imprints of hare
painted with oils on coloured card mounted
on panels, 100 × 70 cm cad. /each,
10 pezzi unici / individual pieces
Courtesy Galleria Gentili, Firenze
p. 126
Il salto, 1994
impronte di lepre dipinte a olio su carta
intelata / imprints of hare painted with oils
on paper mounted on canvas, 100 × 150 cm
Cortesy Galleria Gentili, Firenze
p. 127
Beth Chreder and Max, 2010
impronte di peluches dipinti a olio
su tela / imprints of cuddly toys painted with oils
on canvas, 120 × 120 cm cad. / each,
4 pezzi unici / individual pieces
Collezione privata / Private collection
pp. 128-131
116
Action figures, 2011-2012
impronte di action figures su carta A4, disegni
a matita, grafite, matite colorate / imprints of
action figures on A4 paper, drawings in pencil,
graphite and coloured pencils, 21 × 29,7 cm
cad. / each, pezzi unici / individual pieces
Collezione privata / Private collection
p. 136
Sulle orme, 2012
orma di storno su argilla senza
cottura / starling track on non-firing clay,
16 × 11 × 3 cm
Collezione privata / Private collection
p. 137
Benvenuto, 2010
impronta di corpo maschile vestito e dipinto
a olio e acrilico su tela / imprint of clothed male
body painted with oils and acrylic on canvas,
200 × 280 cm
Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
p. 132
27.8.2010, 2010
impronte di corpo femminile vestito e dipinto
con colori vinilici su tela / imprint of clothed
female body painted with vinyl colours
on canvas, 200 × 300 cm
Collezione privata / Private collection
p. 133
Figure senza posa, 1999
documentazione fotografica della mostra
presso la / photographic record of the exhibition
at the Galleria Alessandro Bagnai, Siena, 1999
impronta di corpo femminile vestito e dipinto
con colori vinilici e olii su tela / imprint of
clothed female body painted with vinyl colours
and oils on canvas, 200 × 200 cm cad./ each,
4 pezzi unici / individual pieces
Courtesy Galleria Alessandro Bagnai, Firenze
pp. 134-135
Cielo!, 2012
impronte di storni dipinti a olio su acrilico
su tela di lino, piume, dimensioni varie / imprints
of starlings painted with oils on acrylic on linen
canvas, feathers, various sizes
pp. 138-139 impronte su fondo bianco / imprints
on white ground, 130 × 160 cm cad. / each,
2 pezzi unici / individual pieces
pp. 140-141, 144-145 impronte su fondo
nero / imprints on black ground, 200 × 300 cm
cad. / each, 4 pezzi unici / individual pieces
pp. 142-143, 146-147 veduta di due tele / two
canvases, 200 × 300 cm cad. / each
Courtesy Galleria Farsetti, Prato
Action Figures Monumental Sculptures, 2008
installazione presso il / installation at the
Festival Internazionale Fabbrica Europa, Stazione
Leopolda, Firenze, 2010
p. 148 veduta dell’installazione / view of the
installation
p. 149 orme di “action figures” su argilla, fusione
positiva in gesso, fusioni in bronzo patinato
nero / imprints of “action figures” in clay, positive
plaster cast, bronze casts with black patina,
39 × 23 × 24,5 cm e / and 20,5 × 23 × 19,5 cm
2 pezzi unici (edizione di 6) / individual pieces
(edition of 6)
Collezione privata / Private collection
Solitario, 2012
frottage a grafite su carta di facciata in pietra
di una casa costruita in un bosco alla fine
dell’800 / graphite frottage on paper of the stone
façade of a house built in a wood at the end
of the 19th century, 100 × 150 cm cad. / each,
2 pezzi unici / individual pieces
Collezione privata / Private collection
p. 150
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da
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150
Massimo Barzagli
This is a tale, a possible subject for the exhibition.
The intention is to present the work from 2007 to the present, with the complication
of two installations from the early nineties, Fiorile (Floral) and Impressione di alloro
(Impression of bay laurel), the latter presented at L’Attico for the exhibition “Process
Painting” in 1993.
The two installations will be compared with two recent works, Vasi di fiori a New York
(Vases of Flowers in New York), and Conto le foglie del bosco (I count the leaves in the forest).
The entire exhibition, between the lines, should have a memorial tempo. The images
are constantly “repeated”... but all my work is like this, touching, repeating the image...
Fiorile and Vasi di fiori are two “framment’azioni” (fragmentations+actions). The first
is distributed in space with its shards of glass, and the other accumulates frames of
coloured glass vases of flowers on Ilfochrome paper.
Then there is Leila’s Cast Bronz, Leila’s house, eight large frames, that repeat an
interior exposed to the light. In one of the panels a window appears. From the
window of the house you can glimpse a forest, and precisely in the other room is
a forest, about thirty large plates mounted on natural wood easels. The forest too
was exposed to light over the course of an entire year. You can see the four seasons.
I made the frames of the forest right in the forest. The forest was the darkroom.
From the forest you can see a group of black paintings on the wall of the museum.
The backgrounds are opaque. On the backgrounds glimmer the footprints of blacks
birds. The birds were painted with black oils. The plummage of birds dipped in
black oil was used to paint the wings, the flight of these black birds...
Again from the forest are four greenish rainfalls. They are the rains in Philadelphia.
I didn’t know that little painting by Van Gogh where he painted rain and I was thirty.
I saw it in Philadelphia, and so I painted the new rains over again...
Again in a corner of the museum you can see a little light. It’s the little neon flower
I did three years ago with an old Chinese craftsman in Allen Street in New York City.
Leaving the rooms, there is a large blue monochrome along with many fresh flowers,
a young painter with his equipment who will invite everyone to paint flowers for the
duration of the exhibition. Who among the public will want to paint this blue room,
as the Syrian children did with me at the Dynamo Camp... but also that I did not do
in Jerusalem... and Fulton Street ...
151
Massimo Barzagli
Marradi (Firenze) 1960 / Born in Marradi (Florence) in 1960
Vive a lavora a Prato / He lives and works in Prato
Mostre personali (selezione)
Solo exhibitions (selection)
1990
Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
Impressionen von Wasser, Baum und Pflanze,
Bochum, Museum Bochum.
1991
Carta bianca 1, Saretto Cincinelli presenta
Massimo Barzagli, Prato, Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci.
1992
Prima che il giallo canti, Siena, Galleria
Alessandro Bagnai.
Volato, Savelletri di Fasano (Brindisi), Museo
archeologico di Egnazia.
1993
Fishwatching, Siena, Galleria Bagnai; Firenze,
Galleria Gentili.
1994
Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Juliet.
1995
Massimo Barzagli, Trieste, Acquario marino.
Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Arte 3.
Massimo Barzagli, Trieste, Galleria Juliet.
Il salto, Reggio Emilia, Civici Musei.
1996
Barzagli, Prato, Galleria Pier Giuseppe Carini.
Martiri e Santi, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
1997
Massimo Barzagli, Milano, Arte 3.
Massimo Barzagli. One Man Show, Salzburg, ACP
Galerie Peter Schuengel.
1998
Massimo Barzagli, Milano, Galleria Arte 92.
Il salto, Genova, Orto Botanico dell’Università.
Il salto, Genova, Studio d’arte Andrea Ciani.
1999
Figure senza posa, Siena, Galleria Alessandro Bagnai.
2000
Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
2001
La Casa di Marea, Livorno, Galleria Peccolo.
2002
The Diary of Sunnyday, Art Miami, Convention
Center, Miami.
The History of the Heart, Firenze, Palazzo Strozzi.
2003
La casa assente, Milano, Farsettiarte.
2004
Beautiful Paintings, Livorno, Guastalla
Centro Arte.
2005
Imperturbabilità, Firenze, Quarter, Centro
produzione arte.
Mai Home, Firenze e Siena, Galleria Alessandro
Bagnai.
2007
Save Our Flowers, installazione site specific,
Festival internazionale Fabbrica Europa, Firenze,
Stazione Leopolda.
2008
15x15. 15 gallerie 15 artisti, Firenze, Forte
di Belvedere.
2010
Photograms, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai.
Action Figures Monumental Sculptures,
Festival internazionale Fabbrica Europa, Firenze,
Stazione Leopolda.
2011
Barzagli - Toxic, Four Hand, The Human Functions,
Firenze, Galleria Frediano Farsetti.
Performances (selezione) / (selection)
1998
Concerto per pianoforte e tentacoli, pianista Pape
Gurioli, Parigi, FIAC.
1999
Sarabanda per mercato e disastro, tastiere Pape
Gurioli, batteria Giulio Capiozzo, danzatrice
Arianna Gurioli, Colonia, Kunstmesse.
Concerto per pianoforte e tentacoli e Sarabanda per
mercato e disastro, pianoforte Pape Gurioli, batteria
Giulio Capiozzo, campionamenti Francesco
Sardella, danzatrice Luisa Cortesi, Ancona,
Teatro Sperimentale.
2001
La Casa di Marea, danzatrice Cinzia Cascianini,
Livorno, Galleria Peccolo.
Domestichome, concerto per flauti ed armadi,
flautista Stefano Agostini, Forte dei Marmi,
Farsetti Arte.
Sunnyfountain, pose e posture per quattro
danzatori, un pescespada, due tonnetti, otto polipi
e quattro murene, danzatori Cinzia Cascianini,
Luisa Cortesi, Marina Giovannini e Samuele
Cardini, Forte dei Marmi, Farsetti Arte.
2005
Di stanze, con Luisa Cortesi, 35° Festival
Santarcangelo dei Teatri, Santarcangelo.
La casa sssente, Prato, Contemporanea Festival.
Di stanze, con Luisa Cortesi, Inequilibrio Festival,
Castiglioncello (Livorno), Castello Pasquini.
Fiorile, De Artes Mediterràneo, SESC, Sao Paulo.
2006
Residences, Prato, Cantieri Culturali ex Macelli.
153
2007
Save Our Flowers, Festival Internazionale Fabbrica
Europa, Firenze, Stazione Leopolda.
2010
Action Figure Monumental Sculpture, Festival
Internazionale Fabbrica Europa, Firenze,
Stazione Leopolda.
Conferenza iconoclasta, Massimo Barzagli, Firenze,
Santa Maria del Fiore.
Per vedere, con Luisa Cortesi, Festival Internazionale
Fabbrica Europa, Firenze, Stazione Leopolda.
2011
Eskaton, con Luisa Cortesi, Museum Lubiana;
Les Rencontres coreograpiques de Seine-Saint
Denis, Paris.
2012
Eskaton, con Luisa Cortesi, Spaf Seoul
Performing Arts Festival, Seoul.
Mostre collettive (selezione)
Group exhibitions (selection)
1988
Vedute forme, presenze d’arte contemporanea in
Toscana, San Giovanni Valdarno, Casa Masaccio.
1989
Su fondamenti invisibili, Montevarchi, Palestra ex Gil.
1990
L’erba voglio, due realtà nell’arte contemporanea,
Rocca di Umbertide, Centro per l’Arte
Contemporanea.
Maledetti toscani, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
Maledetti toscani, Spoleto, XXXIII Festival dei
due Mondi.
1991
L’arte di fine secolo. Magico primario, una revisione,
Cento, Galleria d’arte moderna Aroldo Bonzagni
e Auditorium di San Lorenzo.
Anni Novanta, Bologna, Galleria d’Arte Moderna.
Natural:. Massimo Barzagli, Vittorio Corsini, Judith
Ten Bosch: two italians in Amsterdam and Judith,
Amsterdam, EuropArt, Vondelkerk.
Riassunto, la stagione artistica 90/91 in una mostra
riepilogo, Roma, Fabio Sargentini, Associazione
Culturale L’Attico.
Centro per l’arte contemporanea, la collezione, Rocca
di Umbertide.
1992
La Collezione, acquisizioni 1991-1992, Prato, Centro
per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
Process Painting, pittura e procedimento, Roma, Fabio
Sargentini, Associazione Culturale L’Attico.
Retablo, Piacenza, Palazzo Gotico.
Ritorno al mare, dieci artisti a Polignano, Polignano
a Mare, Palazzo San Giuseppe e Cala Paura.
1993
Arte in classe, trenta artisti e un edificio scolastico,
Roma, Scuola Giosuè Carducci.
Territoriale II, Castel San Giovanni, Villa Brughieri.
The Last Garden, Bologna, Galleria d’arte
moderna, Villa delle Rose.
1994
Come dire, splendori, Comeana (Carmignano),
Fattoria Le Farete.
Del disegno contemporaneo in Toscana, Montecatini,
Villa Forini-Lippi.
Di carta e d’altro, libri d’artista, Prato, Centro
per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Centro
di Informazione e Documentazione/Arti Visive.
Les fleurs du mal, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
Paesaggio di confine, a cura di Saretto Cincinelli,
Firenze, Galleria Schema, (mostra tenuta nell’ambito
del progetto Orizzonti, a cura di Pier Luigi Tazzi).
Turbare il tempo, a cura di Saretto Cincinelli,
Firenze, Museo Archeologico Nazionale.
Natura Morta, Trieste, Arte 3.
1995
Magazzino, Roma, Fabio Sargentini, Associazione
Culturale L’Attico.
Vetro, Torino, Galleria Eva Menzio.
Ferro e legno, a cura di Roberto Lambarelli, Ozieri
(Sassari).
18. Premio nazionale arti visive Città di Gallarate,
Gallarate, Civica galleria d’arte moderna.
1996
Il fascino dell’oggetto, Prato, Dopotutto centro
culturale.
Il nibbio di Leonardo, Carpi, Palazzo del Comune.
Transfer, scambio di artisti e di arte. Austausch
Bildender Künstler und Kunst, Bologna, Galleria
d’arte moderna; Bergamo, ex Chiesa di
Sant’Agostino; Rivara, Castello di Rivara; Münster,
Städtische Ausstellungshalle am Hawerkamp;
Aachen, Ludwig Forum; Düsseldorf, Museum
Kunst Palast.
Ultime generazioni, 12. Quadriennale, Italia
1950-1990, Roma, Palazzo delle Esposizioni,
Stazione Termini-Ala Mazzoniana.
1997
Arte italiana, ultimi quarant’anni, materiali anomali,
Bologna, Galleria d’arte moderna.
Cartarte ’97, Fabriano, Museo della carta.
Casa mia è casa tua, Arezzo, Galleria Margiacchi.
Giro d’Italia, Roma, Fabio Sargentini, Associazione
Culturale L’Attico.
Exelixis, Atene, Pneumatik Kentro, Fondazione
Melina Mercuri.
1998
Carte d’artista, Fabriano, Museo della carta.
154
Collezione Permanente, Prato, Centro per l’arte
Contemporanea Luigi Pecci.
Il fantastico nell’arte contemporanea, Siracusa,
Museo d’Arte Contemporanea.
Islamabad, Castiglioncello (Livorno), Castello
Pasquini.
1999
Diadi, Roma, Galleria Il segno.
Opere in forma di libro, Virgilio, Museo Virgiliano.
Paesaggi italiani, Virgilio, Museo Virgiliano.
2000
Futurama, arte in Italia, frequenze e segnali
dalle ultime generazioni, Prato, Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci.
Primo Piano. Su la testa, a cura di Sergio Risaliti,
Siena, Palazzo delle Papesse.
2001
Abitanti, arte in relazione, Pistoia, Palazzo Fabroni.
2002
Six Eyes, Three Views, New York, Michelle
Rosenfeld Gallery.
Vis à vis, autoritrarsi d’artista, Nuoro, MAN-Museo
d’Arte Provincia di Nuoro.
2003
Moto a luogo, Cantiere d’Arte Alberto Moretti,
Rocca di Carmignano.
2004
Bambini nel tempo, a cura di Sergio Risaliti, Mantova,
Palazzo Te.
Nuove acquisizioni, Prato, Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci.
Sonde, Pistoia, Palazzo Fabroni.
2005
Doppio triplo quadruplo, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
2006
The Age of Metamorphosis, a cura di Marco Bazzini
e Felix Shöber, Moca, Shanghai.
Massimo Barzagli - Luisa Cortesi. Grand Hotel, Prato,
ex Macelli - Officina giovani.
ManifesTO, Torino, Piazza Vittorio Veneto.
Walk-In, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai.
2007
Arte italiana 1968-2007, pittura, Milano, Palazzo
Reale.
Italian Genius Now, Hanoi, Vietnam national
fine arts museum; Singapore, Emily Hill.
L’evento immobile (contrattempi), MAN-Museo
d’Arte Provincia di Nuoro, Festival L’isola delle
storie, Gavoi.
2009
Fiori/Flowers, percorsi nel contemporaneo, Bari,
Fiera del Levante.
Italian Genius Now, (back to Rome), Roma,
Macro Future.
2010
Brucia Babilonia, Private Flat#6, Firenze.
Verrà la Primavera?, Milano, Galleria Milano.
2011
54. Biennale d’arte di Venezia. Padiglione Italia.
Toscana, Prato, Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci.
Filo rosso, Livorno, Guastalla Centro Arte.
Italia, Italie. Noi, gli altri e il Belpaese nell’arte
contemporanea, Castelvetro di Modena, Centro
Espositivo Pake.
Live! l’arte incontra il rock, Prato, Centro per
l’arte contemporanea Luigi Pecci.
Regali. Opere del Museo Pecci nel cuore di Prato,
Palazzo Banci Buonamici (promossa
dall’Assessorato alla Cultura della Provincia
di Prato; realizzazione del Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci).
The wall (archives) #3, Bologna, Nosadella due.
2012
Italian Genius Now-Brasil, Porto Alegre, Santander
Cultural.
25th, Firenze, Galleria Alessandro Bagnai.
Bibliografia / Bibliography
Cataloghi di mostre personali / Catalogues
of solo exhibitions
1990
Massimo Barzagli, testo di Maurizio Calvesi, Roma,
Associazione Culturale L’Attico.
Impressionen von Wasser, Baum und Pflanze, Museum
Bochum, Bochum, testi di Alberto Boatto e Enrico
Mascelloni, Ravenna, Essegi.
1991
Carta bianca 1, testi di Saretto Cincinelli e Ammon
Barzel, Prato, Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci.
1993
Fishwatching, Siena, Galleria Bagnai; Firenze,
Galleria Gentili.
1995
Barzagli, testo di Roberto Vidali, Trieste, Arte 3.
Il salto, a cura di Dede Auregli, Reggio Emilia,
Civici Musei.
1996
Barzagli, testo di Alberto Boatto, Prato, Galleria
Pier Giuseppe Carini.
Martiri e Santi, a cura di Fabiana Sargentini, Roma,
Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico.
1998
Barzagli, saggio critico di Flaminio Gualdoni,
Milano, Galleria Arte 92.
1999
Massimo Barzagli, testi di Saretto Cincinelli
155
e Alessandro Sarri, Siena, Galleria Alessandro
Bagnai.
2000
Massimo Barzagli, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
2001
Barzagli, testo di Demetrio Paparoni, Livorno,
Edizioni Peccolo.
Massimo Barzagli. House Garden, Bologna, Spazia
galleria d’arte.
2002
The History of the He art, a cura di Sergio Risaliti,
Pistoia, Maschietto Editore.
2003
La casa assente, testo critico di Sergio Risaliti,
Milano, Farsetti arte.
2004
Beautiful Paintings, antologia critica di Alberto
Boatto, Achille Bonito Oliva, Amnon Barzel,
Maurizio Calvesi, Flaminio Gualdoni, Sergio
Risaliti, Livorno, Graphis Arte.
2005
Mai Home, a cura di Sergio Risaliti; testi di
Lóránd Hegyi, Ludovico Pratesi, Sergio Risaliti,
Padova-Empoli, Petra.
2011
Barzagli - Toxic. Four Hand, The Human Functions,
a cura di Luca Beatrice, Firenze, Galleria
Frediano Farsetti.
Cataloghi di mostre collettive / Catalogues
of group exhibitions
1988
Vedute forme, presenze d’arte contemporanea in
Toscana, a cura di Saretto Cincinelli e Rita
Selvaggio, San Giovanni Valdarno, Casa Masaccio.
1989
Su fondamenti invisibili, a cura di Saretto
Cincinelli, Montevarchi, Comune di Montevarchi.
1990
L’erba voglio, due realtà nell’arte contemporanea,
a cura di Corrado Levi, Enrico Mascelloni, Fabio
Sargentini, Milano, Electa.
Maledetti toscani. Massimo Barzagli, Vittorio Corsini,
Paolo Fabiani, testi di Alberto Boatto, Maria Luisa
Frisa, Roma, Fabio Sargentini, Associazione
Culturale L’Attico.
1991
L’arte di fine secolo, magico primario, una revisione,
a cura di Flavio Caroli, Ravenna, Essegi.
Anni Novanta, a cura di Renato Barilli; testi
di Renato Barilli, Jan Avgikos, José Lebrero Stals,
Françoise-Claire Prodhon, Dede Auregli, Roberto
Daolio, Milano, Mondadori Arte.
Natural: Massimo Barzagli, Vittorio Corsini, Judith
Ten Bosch: two italians in Amsterdam and Judith,
Amsterdam, EuropArt.
Riassunto, la stagione artistica 90/91 in una mostra
riepilogo, testo di Achille Bonito Oliva, Roma,
Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico.
Rocca di Umbertide. Centro per l’arte contemporanea,
la collezione, a cura di Enrico Mascelloni, Perugia,
Electa Editori Umbri.
1992
La Collezione: acquisizioni 1991-1992, Museo d’arte
contemporanea Prato, Prato, Centro per l’arte
contemporanea Luigi Pecci.
Process Painting, pittura e procedimento, testi
di Achille Bonito Oliva, Saretto Cincinelli, Roma,
Fabio Sargentini, Associazione Culturale L’Attico.
Ritorno al mare, dieci artisti a Polignano, Roma,
Associazione Culturale L’Attico; Bari, Zelig.
1993
Arte in classe, trenta artisti e un edificio scolastico,
a cura di Ludovico Pratesi, Maria Semeraro,
Roma, Joyce & Co.
Territoriale II, a cura di Eugenio Gazzola, Castel
San Giovanni, Comune di Castel San Giovanni.
Villa delle rose, The Last Garden, a cura di Dede
Auregli, Firenze, Hopefulmonster.
1994
Come dire, splendori, a cura di Paola Ballerini,
Carmignano, Comune di Carmignano.
Del disegno contemporaneo in Toscana, a cura
di Mauro Pratesi, Firenze, Biblioteca del Ponte.
Di carta e d’altro, libri d’artista, testi di Silvana Barni,
Antonella Soldaini e Luciano Caruso, Prato,
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
Les fleurs du mal, a cura di Fabio Sargentini,
testo di Alberto Boatto, Roma, Fabio Sargentini,
Associazione Culturale L’Attico.
1995
Magazzino, presentazione di Fabio Sargentini,
Roma, Fabio Sargentini, Associazione Culturale
L’Attico.
18. Premio nazionale arti visive Città di Gallarate,
Gallarate, Civica galleria d’arte moderna.
1996
Il fascino dell’oggetto, testo di Enrico Mascelloni,
Prato, Dopotutto centro culturale.
Il nibbio di Leonardo, a cura di Demetrio Paparoni,
Carpi, Comune; Milano, Tema celeste.
Transfer, scambio di artisti e di arte, Austausch
Bildender Künstler und Kunst, Wuppertal,
Sekretariat für gemeinsame Kulturarbeit in
Nordrhein-Westfalen.
Ultime generazioni. 12. Quadriennale, Italia
1950-1990, Roma, De Luca.
1997
Arte italiana, ultimi quarant’anni, materiali anomali,
156
a cura di Danilo Eccher, Dede Auregli, Torino,
Hopefulmonster.
Cartarte ‘97. Museo della carta e della filigrana di
Fabriano, 28 giugno-13 luglio 1997, biennale a cura
di Mario Falessi e Roberto Vidali; testi di Mario
Falessi, Roberto Vidali, Valerio Dehò, Dario
Giugliano, Ivana Mulatero, Trieste, Juliet.
1999
Opere in forma di libro, a cura di Aldo Iori,
Mantova, Corraini.
Paesaggi italiani, a cura di Carlo Alberto Bucci,
Mantova, Corraini.
2000
Futurama, arte in Italia, frequenze e segnali dalle
ultime generazioni, a cura di Bruno Corà, Raffaele
Gavarro, Marco Meneguzzo, Prato, Gli Ori.
2001
Abitanti, arte in relazione, a cura di Bruno Corà,
Marco Bazzini e Mauro Panzera, Pistoia, Gli Ori.
2002
Sheila Elias, Paul Critchley, Massimo Barzagli. Six
Eyes, Three Views, New York, Michelle Rosenfeld
Gallery.
Vis à vis, autoritrarsi d’artista, a cura di Saretto
Cincinelli, Cristiana Collu; testi di Saretto
Cincinelli, Cristiana Collu, Maria Perosino,
Nuoro, MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro.
2003
Moto a luogo, a cura di Saretto Cincinelli, Prato,
Gli Ori.
2005
10X10, dieci gallerie dieci artisti, Firenze, Palazzo
Strozzi.
2007
Arte italiana 1968-2007, pittura, a cura di Vittorio
Sgarbi e Maurizio Sciaccaluga, Milano, Skira.
Italian Genius Now, a cura di Marco Bazzini, Prato,
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
L’evento immobile (contrattempi), a cura di Saretto
Cincinelli, Cristiana Collu; testi di Saretto
Cincinelli, Cristiana Collu, Alessandro Sarri,
Nuoro, MAN-Museo d’Arte Provincia di Nuoro.
2009
Italian Genius Now, (Back to Rome), a cura di
Marco Bazzini; testi di Marco Bazzini, Luca
Beatrice, Prato, Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci.
2011
Italia, Italie. Noi, gli altri e il Belpaese nell’arte
contemporanea, a cura di Valerio Dehò, Modena,
Artestampa.
Live! l’arte incontra il rock, a cura di Marco Bazzini,
Luca Beatrice, Milano, Rizzoli.
2012
Italian Genius Now-Brasil, a cura di Marco
Bazzini, Prato, Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci.
Articoli da giornali / Magazine articles
1986
G. Di Pietrantonio, Interfirenze-interferenze,
Firenze 70/80, in “Flash art”, n. 136
(dicembre-gennaio1986-1987), pp. 38-42.
1989
A. Mugnaini, Su fondamenti invisibili. Montevarchi
(Arezzo) ex Gil, settembre 1989, in “Artinumbria”,
n. 22 (inverno 1989-1990), p. 39.
1990
S. Cincinelli, Massimo Barzagli, acrobazie naturali,
in “Next”, n. 17 (marzo-maggio), pp. 10-11.
S. Cincinelli, Maledetti toscani. Spoleto, Galleria
comunale di arte moderna, luglio 1990, in “Titolo”,
n. 2 (autunno), pp. 55-56.
M. De Candia, Quei Maledetti toscani che espongono
all’Attico, in “la Repubblica”, 25 gennaio.
1991
M. Barzagli, e V. Chierici, Quattro parole sul bosco,
ovvero scambi di idee sull’arte e sul proprio lavoro,
in “Slam”, n. 4 (luglio), pp. 22-27.
B. Bertozzi, From Roma, in “Bijutsu Techo”, n. 8
(agosto), p. 128.
S. Cincinelli, Massimo Barzagli, in “Titolo”, n. 5
(estate), pp. 22-23.
P. Ferri, Massimo Barzagli, L’Attico, Roma, in
“Flash art”, n. 160 (febbraio-marzo), p. 160.
M. Gerlach, Natural, Amsterdam, Vondelkerk,
9.3-7.4.1991, in “Artefactum”, n. 38 (maggio),
p. 43.
R. Scuteri, Aspettando gli anni ‘90, in “Il Manifesto”,
22 giugno.
1993
D. Auregli, Massimo Barzagli, in “Tema celeste”,
n. 40 (primavera), pp. 64-65.
D. Auregli, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 63
(giugno), p. 47.
R. Barilli, A colpi di natura, in “L’Espresso”,
2 febbraio.
S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Gentili/Bagnai,
Siena, in “Flash art”, n. 173 (marzo), p. 86.
S. Cincinelli, The Last Garden, Bologna, Villa
delle Rose, gennaio-marzo 1993, in “Titolo”, n. 12
(primavera-estate), p. 94.
V. Coen, The Last Garden, Villa delle Rose, Bologna,
in “Flash art”, n. 173 (marzo), p. 103.
D. De Dominicis, Arte in classe, scuola Giosuè
Carducci, Roma , in “Flash art”, n. 178 (ottobre),
p. 63.
E. Luca, Profondità marine, in “Il Piccolo”,
27 novembre.
S. Lucchesi, Massimo Barzagli, Fishwatching,
157
Firenze, Galleria Gentili; Siena, Galleria Bagnai,
febbraio-marzo 1993, in “Titolo”, n. 12
(primavera-estate), p. 95.
C. Perrella, Roma. Arte in classe , in “Tema
celeste”, n. 42-43 (autunno), p. 94.
K. Shulman, Massimo Barzagli, Florence, Galleria
Gentili, in “Art News”, n. 5 (maggio), p. 150.
1994
G. Gabrielli, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 66
(febbraio), pp. 42-43.
R. Vidali, Massimo Barzagli, in “Juliet”, n. 68
(giugno), pp. 42-43.
R. Vidali, Una partita a scacchii, in “La Cronaca”,
n. 10-11.
1995
S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Musei civici, Reggio
Emilia, in “Flash art”, n. 193 (estate), p. 94.
M. Damianovic, A. Giulivi, S. Spada (a cura di),
Il fantastico in arte, in “Tema celeste”, n. 55
(inverno), pp. 76-99.
1996
S. Cincinelli, Massimo Barzagli, Carini, Prato,
in “Flash art”, n. 199 (estate), p. 93.
1997
S. Cincinelli, Casa mia e casa tua, Margiacchi,
Arezzo, in “Flash art”, n. 206 (ottobre-novembre),
p. 114.
M. Sciaccaluga, Massimo Barzagli, Arte 3, Milano,
in “Tema celeste”, n. 63-64 (luglio-ottobre), p. 83.
1998
T. Conti, S. Chiodi, M. Sciaccaluga (a cura di),
Tendenze dell’arte giovane in Italia, in “Tema
celeste”, n. 68 (maggio-giugno), pp. 48-79.
2001
D. Ardizzone, Massimo Barzagli, Galleria
Peccolo, Livorno, in “Tema celeste”, n. 86
(luglio-settembre), p. 108.
2004
A. Capitano, Massimo Barzagli, in “Il Tirreno”,
6 maggio.
2005
G. Manzella, Di stanze, in “Il Manifesto”,
10 luglio.
2006
D. Ventroni, Massimo Barzagli, Galleria Alessandro
Bagnai, Firenze e Siena, in “Tema celeste”, n. 113
(gennaio-febbraio), p. 131.
2010
P. Bortolotti, Fotogrammi e bronzi di Massimo
Barzagli alla Galleria Bagnai, in “Arte e critica”,
n. 64 (settembre-novembre), p. 117.
158
museo associato
Soci fondatori / Founder Members
Comune di Prato, Unione Industriale Pratese, Cassa di Risparmio di Prato
Albini & Pitigliani Spa; Arci; Arpel-Manifattura Pellicce Artificiali Spa; Banca Mercantile, Firenze; Bartolomei &
Manetti Spa; Consorzio Pratotrade; E.T.S. Spa; Fibretex Sas di O. de Renzis Sonnino & C.; Galleria d’Arte Moderna
Farsetti Snc; Galli Spa; Geas Assicurazioni Spa; Gommatex Jersey Spa; Imex Lane Spa; Lanificio Mario Bellucci Spa;
Lanificio Cangioli di Carlo Cangioli & C. Sas; Lanificio Ciatti e Baroncelli Spa; Lanificio Martin Spa; Lanificio T.O.
Nesi & Figli Spa; Lanificio dell’Olivo; Lavatura e Pettinatura Lane Spa; Lineapiù Spa; Mariplast Spa; Finanziaria
Ernesto Breda, Milano; Mnemo Computers, Firenze; Monte dei Paschi di Siena; E. Pecci & C. Sas; Snia Fibre Spa;
Tessilfibre Spa; Toscana Infissi
Fabrizio Baldini; Stefano Balestri; Luigia Benelli; Loriano Bertini; Arnolfo Biagioli; Bruno Bigagli; Marco Bigagli;
Gianna Briganti; Caroline Burton; Edo Cafissi; Luigia Canovai Sbraci; Pier Giuseppe Carini; Sergio Chiostri; Luciana
Chiostri Corsi; Ornella Dolci Franchi; Elda Franchi Pecci; Mauro Giovannelli; Alessandro Gori; Claudio Gori; Giuliano
Gori; Foresto Guarducci; Giannetto Guarducci; Nicoletta Kellner Ongaro Pecci; Romano Lenzi; Antonio Lucchesi;
Giuliano Magni; Franco Mantellassi; Massimo Marchi; Anna Marchi Mazzini; Fiorenzo Narducci; Alessandra Pandolfini
Marchi; Piera Panzeri; Alberto Pecci; Elena Pecci Cangioli; Enrico Pecci; Giovanna Pecci; Laura Pecci; Adriana Pecci
Querci; Margherita Pecci Querci; Piero Picchi; Enrica Pieri Querci; Anna Querci; Maurizio Querci; Sergio Querci;
Tebaldo Raffaelli; Anna Rasponi Dalle Teste; Alberto Risaliti; Giuseppe Risaliti; Fosco Rosi; Daniela Salvadori Guidi;
Roberto Sarti; Riccardo Tempestini; Luciano Toti
Soci onorari / Honorary Members Consiag Spa, Carlo Alberto Palli, Marco Romagnoli, Paolo Targetti
Presidente / President Roberto Cenni
Consiglio direttivo / Executive Board Roberto Badiani, Elena Pecci Cangioli, Luca Tassi
Collegio Sindaci revisori / Board of Auditors Luca Ciardi, Presidente/President, Stefano Barni, Riccardo Narducci
Comitato scientifico / Scientific Committe Carlo Sisi, Presidente/President, Maria Grazia Messina,
Giacinto Di Pietrantonio
Direttore artistico / Artistic Director
Marco Bazzini
Direttore amministrativo / Administration Director
Elisabetta Dimundo
Area artistica / Art Department
Stefano Pezzato, Responsabile d’area
e conservatore/Department Head and Conservator
Raffaele Di Vaia, Coordinamento mostre
e collezione/Exhibition and Collection Coordinator
Antonio Bindi, Coordinamento allestimenti
e manutenzione/Set Up Coordinator and Maintenance
Donatella Sermattei, Segreteria
e amministrazione/Secretariat and Administration
Area amministrativa / Administration Department
Marco Bini, Coordinamento manutenzione/Maintainance
Coordinator and Set Up e allestimenti
Carlo Chessari, Amministrazione/Administration
Pamela Masi, Amministrazione/Administration
Silvia Oltremari, Amministrazione/Administration
Lucia Zanardi, Segreteria generale/Administration
Restauratrice / Restorer
Rachel Morellet
Ufficio stampa e comunicazione / Press Office
and Communication
Ivan Aiazzi
Silvia Bacci
Area culturale, servizi al pubblico e al territorio
Cultural Department, Public and Territorial Services
Piero Cantini, Responsabile d’area/Department Head
Riccardo Farinelli, Coordinamento Area culturale/Cultural
Department Coordinator
Barbara Conti, Coordinamento Sezione didattica /Education
Coordinator
Anna Elisa Benedetti, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives
and Library
Erminia Lo Castro, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives
and Library
Emanuela Porta Casucci, Bibliotecaria CID Arti visive/Archives
and Library
Luca Ficini, Accoglienza/Reception
Giovanni Biancalani, Ricezione e custodia/Museum Attendant
Gionata Cati, Ricezione e custodia/Museum Attendant
Roberto Innocenti, Ricezione e custodia/Museum Attendant
Simona Bilenchi, Segreteria e amministrazione/Secretariat
and Administration
Crediti fotografici
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Carlo Fei
Carlo Gianni
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fax 02 61 72 464
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Le riproduzioni, la stampa e la rilegatura
sono state eseguite presso lo stabilimento
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Cinisello Balsamo, Milano
Finito di stampare nel mese di settembre 2012
Printed in September 2012