Va in onda
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inchiesta Va in onda l’integrazione Anna Casanova uando parte uno straniero, parte solo il corpo. La sua anima arriverà solo quando si sentirà integrato». Con questa frase Ejaz Ahmad, caporedattore del mensile Azad, sintetizza lo stato d’animo dei migranti presenti in Italia. Fino a quando uno straniero dovrà pensare in modo assillante a documenti, casa, regolarizzazione del lavoro, difficilmente quest’anima migrerà nel Paese che lo ospita. Un modo che gli stranieri hanno per promuovere il processo d’integrazione e per aumentare il senso di partecipazione individuale e collettiva è sviluppare un’informazione mirata, pulita, attenta, su se stessi, sulla propria patria e sulla nazione che è divenuta la loro nuova casa. «Q 32 POPOLI MARZO FEBBRAIO 2007 2007 Le comunità immigrate si stanno guadagnando spazi crescenti nel mondo dell’informazione e dell’intrattenimento. Un modo per non perdere i contatti con le proprie origini e per farsi conoscere dagli italiani. Viaggio nel mondo (sempre meno sommerso) delle televisioni, delle radio e dei giornali stranieri nel nostro Paese Una recente indagine dell’Ong Cospe (Multiculturalità e media. L’offerta multiculturale nella radio, tv e stampa in Italia) ha fatto luce su questo nuovo fermento. Nel settore dei media multiculturali sono state censite 137 realtà (vedi tabella): si tratta di trasmissioni radiofoniche, televisive, giornali a cadenza mensile, settimanale, quindicinale, prodotti da stranieri e rivolti alla comunità straniera. La quale, secondo il Dossier Caritas-Migrantes 2006, conta ormai 3.035.000 im- migrati regolari, con un’incidenza del 5,2% sulla popolazione italiana. Il rapporto Cospe evidenzia come, su 137 realtà, il Sud Italia sia ancora penalizzato in quanto i media multiculturali si producono soprattutto al Nord e al Centro (122 su 137), anche se nel Sud, in particolare a Cosenza, si sta verificando una piccola rivoluzione. A confermare la forte crescita del settore è soprattutto il mercato della carta stampata: nel 2001 registrava 31 testate, nel 2006 è quasi ASSOCIATED PRESS identità - differenza raddoppiato, salendo a quota 59. A seguire le trasmissioni radiofoniche, che hanno visto un leggero ribasso (70 nel 2001, 57 nel 2006), e quelle televisive, in leggera crescita (16 nel 2001, 21 nel 2006). Le produzioni radiofoniche e televisive tendono a essere multilingue, quelle cartacee nella lingua straniera di riferimento. Se poi si deve scegliere una sola lingua, l’italiano è la prima scelta. RADIO, IL PRIMO AMORE La radio è stata storicamente il primo mezzo utilizzato dagli stranieri perché meno costoso e più duttile. Tutt’oggi continua a essere privilegiato e, pur in un panorama spesso caratterizzato da iniziative piccole e poco strutturate, ci sono programmi di qualità. A dare una mano a leggere il panora- ma dei media, c’è l’analisi di Anna della seconda generazione capoverMeli, una delle curatrici della ricerca diana che parlano italiano e gestiscodel Cospe. «La radio - spiega - conti- no lo Spazio giovani. Per loro s’imponua a essere il mezzo più accessibile ne la presa di coscienza della «doppia agli stranieri, anche se poi in termini integrazione»: «È giusto che sappiano strettamente numerici, è più o meno quali sono le loro origini, ma ciò non stabile. Sicuramente il più difficile da toglie che devono inserirsi in Italia. mappare perché spesso le trasmissioni Devono integrarsi qui e là». esistono per periodi brevi. È un mezzo frastagliato e altalenante: in termi- EXPLOIT ROMANIA ni di “contenuti” abbiamo ritrovato Se radio e tv adottano più facilmente poche trasmissioni uguali alle prece- il plurilinguismo, per la carta stampadenti censite nel 2001. La «mortalità» ta la scelta ricade sulla lingua della è molto alta, anche perché gran parte comunità, elemento che premia e rendelle trasmissioni è basata sul volon- de la carta stampata vincente. Nonotariato e alla lunga il lavoro volontario stante gli elevati costi di produzione, i è pesante». È raro trovare nell’organi- periodici hanno finora avuto una co delle redazioni personale straniero, buona tenuta nel mercato e alcune tele poche eccezioni sono la Rai, il cir- state ormai si sono consolidate, come cuito di Radio Popolare (il cui capore- quelle edite dal gruppo Stranieri in dattore esteri di Milano è algerino), il Italia. circuito cattolico RadioInblu e Radio «Le pubblicazioni che sinora hanno Vaticana. funzionato meglio sono quelle in linUno dei programmi storici, nato nel gua perché c’è interazione con il pub1999 a Roma, è Radio B.leze, in onda blico di riferimento - puntualizza la ogni domenica dalle 13 alle 15 su Ra- ricercatrice Anna Meli -. Esistono andio Città Aperta, in cui si alternano che quelle multilingue, ma non rieservizi a dibattiti con ospiti in studio. scono a caratterizzarsi e a stare sul Radio B.leze (che utilizza tre lingue: mercato». La ricercatrice esclude il ricreolo capoverdiano, portoghese e ita- schio di ghettizzazione perché il conliano) è nata per volontà dell’Associa- sumo mediatico è multiplo, lo straniezione di donne capoverdiane. ro adotta più canali e la stampa non è «L’obiettivo - spiega la responsabile il mezzo esclusivo, ma un mezzo Dulce Arujo - è quello di informare la identitario. Un caso a sé è rappresencomunità sul nostro Paese d’origine in tato da Metropoli, che «cerca di dialoquanto noi immigrati (i capoverdiani gare con tutti gli stranieri e dunque ha in Italia sono quattromila, ndr) votia- scelto l’italiano come lingua commo per le legislative e per le presiden- prensibile da tutti». ziali. Seguiamo poi le tematiche sulla Un caso emblematico è quello di migrazione in Italia e nel mondo». E i Azad, il mensile delle comunità pakifrutti positivi, secondo Arujo, non si stana, edito da Stranieri in Italia: cinsono fatti attendere: «La trasmissione quemila copie distribuite soprattutto ha creato maggiore unità e partecipa- nel Nord Italia, dove risiede il grosso zione della comunità. Anche noi in della comunità. Si chiama Azad, cioè redazione siamo cresciuti professio- libero, in nome di quella libertà di stampa negata in Pakinalmente». Oltre a lei, restan, ma possibile in Itadattrice di Radio Vaticana, Secondo lia. Pubblica in hurdu, partecipa anche Maria De il Cospe lingua che si parla in InLourdes, giornalista Rai le pubblicazioni dia e in Inghilterra (dove del programma Permesso che funzionano è addirittura il secondo di soggiorno, insieme a meglio sono idioma, per la forte prediversi collaboratori tra quelle nella senza di immigrati), ma cui spiccano i giovani lingua di origine, ma i ricercatori escludono il rischio di ghettizzazione MARZO 2007 POPOLI 33 inchiesta Akosua Adu Biney, ghanese, e Claudia Petcu, romena, si preparano a trasmettere il Tg multietnico di ReteBrescia. Sotto, Carlos Leonel, il caporedattore brasiliano. sta morendo in Pakistan. Utilizzandola, il mensile l’aiuta a sopravvivere. Il caporedattore Ejaz Ahmad motiva la scelta: «Le prime generazioni di immigrati non parlano italiano o, meglio, parlano solo l’italiano che serve. È importante comunicare con la prima generazione perché è quella che trasmette alle successive. Con Azad spieghiamo, anzitutto, le leggi italiane: dobbiamo trasmettere quello che è differente perché capiscano come inserirsi. Poi, nel lungo periodo, inseriremo anche articoli in italiano Questi giornali perché le seconde rappresentano generazioni non un laboratorio parlano hurdu, ma italiano». per le comunità Questi giornali stesse, che rappresentano un affrontano per la prima volta laboratorio di confronto per le temi in cui è comunità stesse, in gioco che affrontano la transizione per la prima volta identitaria temi in cui è in gioco la transizione identitaria e culturale, come fa notare Marcello Maneri, docente di Sociologia dei media all’Università Milano-Bicocca. «È un dialogare con la cultura d’origine che non è omogenea, ma sfaccettata - aggiunge -. Sono laboratori culturali che fungono da ponte». Ne sa qualcosa Ejaz, che si sente ormai cittadino del mondo e che quando ha iniziato, tre anni fa, ha ricevuto intimidazioni dalla sua comunità per aver coinvolto cinque donne tra i collaboratori e aver messo in discussione il sistema delle caste. Se Azad, durante l’estate scorsa, è stato costretto a chiudere per tre mesi per mancanza di pubblicità, difficilmente questo si verificherà per il settimanale Gazeta Romaneasca, il più venduto tra i giornali del gruppo, forte del fatto di rivolgersi alla più consistente comunità straniera, quella romena (circa 360mila soggiornanti, cioè l’12% della popolazione straniera). È tra l’altro il primo giornale edito da Stranieri in Italia ad avere aperto una redazione anche nel Paese di origine, redazione 34 POPOLI MARZO 2007 che conta tre redattori, a cui si aggiungono quelli della redazione romana e vari corrispondenti. Una scelta dettata anche dall’ingresso della Romania nell’Unione europea il 1° gennaio 2007. «Ci siamo resi conto che c’era bisogno di più persone e non è facile trovare qui romeni che sappiano fare un giornale - racconta Sorin Cehan, direttore di Gazeta -. Inoltre servivano corrispondenti sul posto che capissero l’importanza e il peso delle informazioni. Cosa che, stando in Italia, non sempre si coglie». IN CERCA DI FINANZIAMENTI Accanto a Stranieri in Italia ci sono ovviamente altre esperienze: da Mondo Brasil (dal 2000 mensile della comunità brasiliana, la cui responsabile si è fatta promotrice di una federazione tra i media) a Nue, giornale in arabo edito a Roma che ha pubblicato anche guide turistiche multilingue. Ma la testata forse più conosciuta è Bota Squiptare, quindicinale albanese nato nel 1999, due anni prima di Stranieri in Italia (che peraltro è socio di minoranza nella casa editrice del giornale albanese). «Il nostro giornale - puntualizza orgoglioso il direttore Roland Seyko - è tra l’altro uno dei pochi pre- senti in edicola, dove si vende il 6070% del tirato». Il giornale, come la maggior parte dei periodici, non riceve alcun finanziamento da enti pubblici e la fonte principale di introiti è la pubblicità. Se, infatti, svariati investitori privati, già presenti nel media mainstream (il mercato dei media principali), hanno iniziato a prestare attenzione alla nuova fetta di mercato rappresentata dallo straniero-consumatore, gli enti pubblici (dai comuni allo Stato) sono assenti o sono discontinui nell’erogazione di finanziamenti. L’Emilia Romagna, ad esempio, è sinora l’unica regione che ha creato un bando per l’editoria multiculturale. Questa situazione ha spinto il direttore di Bota Squiptare a farsi portavoce di un’iniziativa da estendere a tutti i giornali stranieri editi in Italia. «Attraverso la Consulta - spiega Seyko - abbiamo chiesto di estendere l’accesso ai contributi, stanziati dalla legge sull’editoria (n. 254/83), anche ai giornali multiculturali riconoscendo loro “l’alto valore culturale”. Questi contributi vengono concessi, ogni anno, da una apposita Commissione di esperti, sulla base di un fondo, appositamente istituito, che nel 2005 era pari a 1.456.000 euro». I MEDIA MULTICULTURALI IN ITALIA STAMPA RADIO Val d’Aosta Piemonte Lombardia Trentino Alto-Adige Veneto Friuli-Venezia-Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Marche Lazio Campania Puglia Calabria Sicilia Totale 1 3 8 1 2 1 7 3 1 27 1 2 3 13 1 8 3 5 5 14 1 TV 4 1 1 1 1 1 6 2 3 1 4 2 59 57 Fonte: Cospe, Multiculturalità e media (2006) 21 TOTALE 1 6 25 3 11 4 2 13 14 1 43 5 3 4 2 137 Va in onda A. CASANOVA l’integrazione Televisione a colori breve lanceranno anche un sito che sarà simile a un blog, con un forum in cui discutere. LA TERZA VIA BRESCIANA Il panorama di format tv, anche se in minoranza (20 realtà censite) visti i costi proibitivi, dimostra sempre più professionalità e dinamismo soprattutto sulle reti locali. Un tg multietnico storico è quello di Brescia, nato nel 2000 per iniziativa di Idriss Sanneh e A. CASANOVA utti chiedono agli italiani che cosa quelli radiofonici. «L’idea iniziale pensano degli immigrati, ma qual- spiega Charles - era di fare un procuno ha mai chiesto agli stranieri che gramma d’intrattenimento musicale cosa pensano degli italiani? Se lo chie- come in Senegal, dove si fanno in tv dediche ai propri cari: la deva spesso Charles Leon Daniel Ndiaye, giovane «In trasmissione - canzone per noi ha un forte senso amicale. Nel senegalese di etnia serer, raccontano tempo il programma si è operatore televisivo di Re- a ReteBrescia teBrescia. La sua risposta lanciamo sviluppato: ora lanciamo è arrivata nel maggio un tema un tema sull’integrazione, 2005: insieme alla moglie sull’integrazione che viene discusso a miMaria Uberti, ha dato vita che si discute crofono aperto, in diretta a un format televisivo si- a microfono tra un video musicale e nora unico nel suo gene- aperto, l’altro». Questa formula re, che si è guadagnato la tra un video innovativa è trasmessa menzione speciale della musicale e l’altro sul satellite e raccoglie tegiuria del Premio «Mostalespettatori in tutta Eurofà Souhir» 2006 per la pa. In ogni puntata arrimulticulturalità dei mevano dal pubblico circa dia, promosso da Comune di Firenze, 300 sms. «Vorremmo far crescere il Cospe e Controradio. Il Premio è giun- programma, realizzare più reportage to alla terza edizione e vi hanno par- sociali, facilitare un dialogo tra le ditecipato 22 format tv e 31 video. verse comunità e gli italiani. Bisogna Black Emotion, in onda ogni sabato e conoscersi perché se una persona si domenica sera in diretta su ReteBre- sente messa al muro reagisce, sempre». scia e su ReteBrescia International, Charles e Maria sostengono che intemescola i linguaggi televisivi con grazione equivale a interazione e a T A. CASANOVA inchiesta Virgilio Baresi, presidente di ReteBrescia. «Il tg allora si concentrava solo sulle notizie dall’estero - ricorda Carlos Leonel, brasiliano, caporedattore . Si prendevano immagini dal satellite e si costruivano i testi, soltanto nelle lingue straniere. È stata una fase importante perché è servita all’acquisizione di telespettatori stranieri» (che appena possono, ricordiamolo, si procurano la parabola per vedere la tv del Paese di origine). Gli italiani e il territorio locale restavano quindi esclusi, ma nel 2002 con l’arrivo di Carlos e di Ligiane Ciola, anche lei brasiliana, è nata una nuova linea editoriale. El Noticiero «Ci siamo dedica(Telegenova) ti di più alla realè stato premiato tà locale: abbiaper la sua capacità mo cominciato a realizzare servizi di esprimere «l’identità a Brescia e in provincia. Poi il delle comunità tg è diventato biimmigrate come lingue: ogni giorricchezza no della settimaper la nostra na alla lingua società italiana si affianca una diversa lingua straniera, dal portoghese al francese, dal cinese al romeno. Siamo gli unici a farlo». In questo modo Carlos e Ligiane, che coordinano una redazione di cinque stranieri, sperano di realizzare un vero tg multiculturale e di aver trovato la «terza via»: «C’è una corrente di pensiero che propone tg che si rivol- Leon, autore di Black Emotion (in onda su ReteBrescia), con la moglie Maria Laura, seduti alla loro postazione di lavoro, uno studio di produzione casalingo. gono solo a una comunità, sono redatti nelle lingue madri, ma gli italiani non li capiscono e, secondo noi, non si stabilisce realmente un dialogo. C’è poi una seconda linea che comunica solo in italiano, ma così si escludono gli stranieri arrivati da poco. C’è infine una terza via, la nostra, una terra di mezzo: il nostro tg ritiene che la società muticulturale comprenda pure gli italiani». «IL TG DEI CLANDESTINI» A contrapporsi a un sistema televisivo spesso ansiogeno e procede per stereotipi, ci pensa anche un altro tg: El Noticiero, in onda ogni venerdì per 20 minuti su Telegenova e Telecittà, che ha scelto di riferirsi alla comunità latinoamericana. Nato nel 2002, L’EDITORE La scommessa free press H a all’attivo giornali-radio, radio in metrò, un sito web, 15 giornali (ciascuno con una tiratura media intorno alle diecimila copie, distribuite in tutta Italia e in sei edizioni europee): Stranieri in Italia è certamente il principale editore nel settore dei media multiculturali. Con un segreto: l’85% dei mensili viene distribuito come free press (giornali gratuiti) nei 1.400 punti della Western Union (la società che cura la spedizione di denaro dall’Europa ai Paesi del Sud del mondo), il restante 15% è venduto nelle edicole. «La nostra forza è la capillarità della distribuzione, grazie alla Western Union, che compra i giornali e li offre gratis nei suoi punti vendita - spiega Gianluca Luciano, amministratore unico di Stranieri in Italia -. Quindi si tratta di free press, ma per avere una copia bisogna entrare in un negozio. Nel giro di una settimana la tiratura si esaurisce». Oltre a questo, la casa editrice mantiene un rapporto diretto e stretto con tutti i negozi e luoghi di passaggio più frequentati dagli stranieri, in modo da non far mai mancare copie. Quanto costa l’operazione editoriale? «Un milione di euro l’anno tra stampa e risorse umane. I dipendenti sono 35, alcuni a tempo pieno, altri a tempo parziale. Ci sono poi molti corrispondenti, pagati in media 20 euro a pezzo. Con la pubblicità si raccolgono 500-700mila euro». inizialmente è stato tacciato di essere il «tg dei clandestini». «Una produzione di nicchia - osserva la direttrice Elisabetta Sivo, che da 25 anni scrive testi per la televisione -, un esperimento che poteva meritare, al massimo, da parte delle istituzioni, un’osservazione paternalistica». La redazione è formata da cinque persone, giornalisti non professionisti e tutti volontari «salvo quando la Provincia ci ha chiesto tre redazionali sui Centri per l’impiego e abbiamo avuto un finanziamento minimo». Con gli anni il tg è cresciuto, tanto da ricevere il Premio «Mostafà Souhir» 2006 come miglior format tv, per la sua capacità di non temere approfondimenti e di esprimere «l’identità delle comunità immigrate come elemento di ricchezza della nostra società». Va in onda in spagnolo, ma a breve introdurrà i sottotitoli in italiano «perché ci seguono molti italiani sottolinea la direttrice -. Il notiziario punta su reportage, inchieste, ma anche su storie di successo. Chiudiamo poi con uno spazio per il divertimento, con un servizio allegro, che magari faccia anche ballare». Una sfida per il futuro? «Vorremmo affrontare problemi che affliggono la nostra comunità in maniera strutturale, come l’alcolismo o l’interruzione volontaria di gravidanza in giovanissima età». WWW.TELSA.IT Va in onda l’integrazione Geneviève Makaping, direttrice de La Provincia cosentina, incontra alcuni studenti calabresi. ropee. Inoltre collaboriamo costantemente con l’ufficio immigrati della Questura: scriviamo notizie utili (dalla salute al lavoro) dedicate agli stranieri. In redazione pensiamo sempre al lettore come cittadino del mondo. Che importanza ha nel vostro lavoro l’attenzione alla parola e alla semantica? È fondamentale. Noi siamo quello che diciamo. Bisogna capire che le parole sono pietre e con le parole si può uccidere. La morte non è solo quella fisica (che, a volte, è meno dolorosa), ma anche quella sociale: quando ti viene sbattuta in faccia la diversità, l’estraneità. Io leggo attentamente tutto quello che scrivono i miei giornalisti. Certe parole, come «extracomunitario» e tutte quelle che connotano gli stranieri in modo «differenzialista», sono bandite. Geneviève, la «guerriera» ma definirsi una «donna africana, camerunese, bamiléké, italiana, calabrese». Geneviève Makaping (cognome che nella sua lingua significa «guerriera»), docente di Antropologia culturale presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università della Calabria e direttrice del quotidiano La Provincia cosentina, lo scorso novembre, ha ricevuto il Premio «Mostafà Souhir» 2006 alla carriera. Un premio che ha una doppia valenza: non solo perché è ancora raro vedere una donna alla direzione di un quotidiano, ma anche perché Geneviève è la prima donna di origine straniera a esserlo. A La Calabria si attesta agli ultimi posti per produzioni mediali multietniche, ma ha messo a capo di un quotidiano una donna camerunese. Una contraddizione? È vero. Ma se si va a guardare la storia del mio editore non ci si stupisce. È un uomo convinto che, in particolare, la sua terra debba cambiare e ha fatto questo gesto, che per molti è rivoluzionario, ma per lui è normale. Mi fa piacere che sia stata proprio la Calabria a fare questa scelta: è una terra bistrattata a livello nazionale, una terra relegata al margine dell’Italia, ma non dimentichiamo che la Calabria è la culla dell’Occidente. La sua redazione è un laboratorio di multiculturalità... Il mio giornale dedica molte pagine alle associazioni locali, delle quali abbiamo fatto un censimento. Siamo poi l’unico periodico locale che produce ogni settimana una pagina, che si chiama «Europa», per fornire informazioni a tutti i cittadini sulle opportunità eu- Come si deve porre oggi il giornalista di fronte alla società multietnica? Un bravo giornalista deve essere anche un po’ antropologo. L’antropologia è la disciplina che fonda il suo sape- «Bisogna capire re sul punto di vi- che le parole sta. I giornalisti sono pietre devono utilizzare e con le parole le metodologie si può uccidere. delle scienze so- La morte è anche ciali: osservazio- sociale: quando ne, partecipazio- ti viene sbattuta ne e ascolto. in faccia L’ascolto è molto la diversità, faticoso. l’estraneità» Che cosa pensa del boom dei progetti editoriali multiculturali? Il boom fa capire che c’è un’esigenza, è un fatto positivo. Però, nel panorama dei media multiculturali periferici, noto una certa frammentazione. Non vorrei che con 30mila piccole «Repubbliche» ci fosse una dispersione di energie. Ci dovrebbe essere una specie di organismo centrale che convogli i lavori e gli sforzi fatti perifericamente, per farne poi una sintesi centrale. MARZO 2007 POPOLI 37