la donna dalla preistoria ad oggi - Istituto Comprensivo n. 3
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la donna dalla preistoria ad oggi - Istituto Comprensivo n. 3
Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia ISTITUTO COMPRENSIVO N. 3 P.zza XXV Aprile, 1 - 98066 Patti (ME) Tel. 094121408 - Fax 0941243051 – email: [email protected] - www.icradicebellini.gov.it CODICE FISCALE : 86000830835 - CODICE MECCANOGRAFICO : MEIC849001 [email protected] PROGETTO: LA DONNA DALLA PREISTORIA AD OGGI 8 MARZO GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA comunemente detta FESTA DELLA DONNA UN GIORNO PER RIFLETTERE SULLE CONQUISTE SOCIALI, POLITICHE D ECONOMICHE DELLE DONNE, MA ANCHE SULLE DISCRIMINAZIONI E LE VIOLENZE CHE SUBISCE ANCORA OGGI IN OGNI PARTE DEL MONDO. PERCHE’ PROPRIO L’8 MARZO? Perché proprio l’8 marzo del 1908 a New York 129 operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento. Ci fu un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere all’interno dello stabilimento morirono arse dalle fiamme. Da allora l’8 marzo è stata proposta come giornata di lotta internazionale a favore delle donne. Fu CLARA ZETKIN a prendere la decisione nel 1910 a Copenaghen di celebrare la giornata internazionale della donna. PERCHE’ LA MIMOSA? La scelta di utilizzare la mimosa come simbolo della festa risale al 1946 quando l’U.D.I. ( Unione Donne Romane )romana che organizzava le celebrazioni cercava un fiore di stagione a buon prezzo.Scelse la mimosa come fiore perfetto per simboleggiare la festa della donna: infatti cresce spontaneamente in molte parti d’Italia, è economico ed è facile avere un rametto piccolo da appuntare alla camicetta o alla giacca. Secondo gli Indiani d’America i fiori della mimosa significano forza e femminilità. Non è quindi un caso che sia stato eletto fiore simbolo della festa della donna: non solo infatti fiorisce proprio in concomitanza dell’8 marzo, ma ha unsignificato in linea con la festa DONNA NEL PALEOLITICO Nel Paleolitico i gruppi sociali erano nomadi, si procuravano il necessario per vivere attraverso la caccia e la raccolta e si spostavano alla ricerca di cibo. La caccia ai grandi animali era prerogativa degli uomini, più dotati fisicamente, ma non costituiva una fonte di cibo sicura. La sopravvivenza della comunità era dunque assicurata dalle donne: oltre che alla cura dei figli, esse si dedicavano anche alla raccolta di erbe, radici e frutti, e alla cattura di piccoli animali. Le donne preistoriche riconoscevano le parti commestibili o le proprietà medicinali di ogni pianta. Impararono che alcune di esse possedevano fibre robuste ed elastiche e che altre potevano fornire tinture naturali. Conoscevano molto bene i cicli vitali delle piante ed i luoghi in cui, a seconda della specie, esse crescevano più abbondanti, conoscevano il tempo di maturazione dei frutti ed impararono i meccanismi della riproduzione. Tutte queste conoscenze portarono alla scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento. Gli archeologi hanno ritrovato molte statuette femminili risalenti al periodo paleolitico. Si pensa che esse rappresentassero la capacità della donna di generare la vita e che avessero un valore magico. Per tutti questi motivi, le comunità paleolitiche riconoscevano alle donna un ruolo molto importante. Quando le tribù da nomadi divennero stanziali le donne ebbero più figli da allevare e dovettero lasciare agli uomini il lavoro dei campi. Mentre gli uomini si dedicavano dunque alla produzione del cibo e di manufatti, le donne badavano ai figli e svolgevano attività all’interno della casa: cucinavano, tessevano, lavoravano l’argilla. L'allontanamento dalle attività produttive e di interesse pubblico portò ad escludere le donne anche dai luoghi o dalle situazioni in cui venivano prese decisioni che riguardavano tutta la collettività. DONNA IN MESOPOTAMIA La situazione delle donne in Mesopotamia, variava da città a città: in genere avevano una posizione di sostanziale parità con l’uomo: potevano occupare alte cariche e diventare anche sacerdotesse e regine. Le donne di alto ceto, come le sacerdotesse e coloro che facevano parte delle famiglie reali, sapevano leggere e scrivere. Anche le donne delle classi meno elevate erano libere di andare nei mercati dove potevano comprare e vendere, si occupavano delle faccende legali in assenza degli uomini, potevano possedere proprietà, chiedere dei prestiti, occuparsi di affari in proprio. Il potere e la libertà femminile diminuirono fortemente durante la dominazione assira. Risale proprio a questo periodo un documento che impone alle donne delle classi più elevate di portare il velo in pubblico. Ecco alcune leggi del codice di Hammurabi che riguardano le donne: "Se una signora sposata mostra la sua faccia fuori dalla porta e insiste nel comportarsi stupidamente, gettando discredito sulla sua famiglia, verrà giudicata, e se suo marito decide di divorziare da lei, può divorziare senza darle nulla come risarcimento per il divorzio". DONNA EGIZIA La donna egizia era considerata pari all'uomo, tuttavia, erano gli uomini a ricoprire quasi tutte le cariche pubbliche, in ogni caso una certa uguaglianza tra uomini e donne si trovava solo nelle classi elevate della società. Solo cinque o sei donne diventarono faraone, ma molte regine collaborarono attivamente con i loro mariti nel governo del regno. Anche le figlie dei faraoni godevano di una posizione invidiabile: una di loro divenne addirittura “grande sacerdotessa”. Quando si sposavano le donne, continuavano a disporre dei loro beni, e li mantenevano in caso di divorzio. Anche davanti alla legge godevano degli stessi diritti e doveri degli uomini: erano responsabili delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e punite come gli uomini. Le principali fonti indicano che nell'Egitto antico, tra le classi meno elevate, esisteva una divisione del lavoro in base al sesso. I servitori maschi si occupavano degli uomini, le donne, invece, erano a servizio delle signore. I servitori occupati nelle grandi tenute dei nobili o nei templi partecipavano alla lavorazione del pane e della birra, ma le donne erano specializzate nella filatura e nella tessitura. Un altro compito esclusivo delle donne era quello della balia, la donna che allattava figli non suoi; nel caso dei figli del re, soltanto donne appartenenti alla classe nobile potevano esercitare questa funzione. Nelle campagne, le contadine non partecipavano alla maggior parte delle attività agricole e pastorizie, ma collaboravano alla raccolta del grano. LA DONNA EBREA La Legge contenuta nella Torah sosteneva l’inferiorità della donna all'uomo sotto ogni aspetto. Per questa ragione la donne ebree non potevano partecipare alla vita pubblica, né testimoniare ai processi. L’occupazione della donna consisteva quindi nel disbrigo dei lavori domestici. Le donne non erano neanche tenute allo studio della Bibbia, che invece era richiesto agli uomini. Quando entravano nel Tempio non potevano oltrepassare il vestibolo, e nelle sinagoghe non partecipavano né alla lettura della Torah, né alle preghiere. I padri potevano decidere se vendere le figlie come schiave oppure stipulare un contratto di matrimonio. Le ragazze di solito si sposavano assai giovani, fra i 12 e i 14 anni. Il fatto di rimanere senza figli, era considerato una grande sventura, addirittura un castigo di Dio, per questo se dopo dieci anni di matrimonio non erano ancora nati figli, il marito poteva ripudiare la moglie. Le donne accusate di tradimento venivano condannate a morte per lapidazione, venivano cioè giustiziate scagliando contro di loro pietre fino a provocarne la morte. DONNA CRETESE La donna cretese era tra le donne più libere del mondo antico, partecipava alle feste e alle cerimonie pubbliche, era sacerdotessa e aveva un ruolo sociale di tutto rilievo. Era considerata al pari degli uomini, godeva di una certa libertà, era libera di uscire quando voleva e di lavorare ""alla pari"" con gli uomini nei campi o nelle fabbriche di ceramica, guidava con le redini il carro tirato dai buoi, girava liberamente nella città e poteva conversare in pubblico. Assisteva agli spettacoli sportivi e teatrali praticava la caccia e Assisteva diversi sport ( perfino il pugilato e la corrida). DONNA GRECA In tutte le città greche le donne occupavano una posizione inferiore rispetto a quella degli uomini. Esse dovevano massimo rispetto ed obbedienza, prima al padre e poi al marito, non potevano permettersi di interessarsi di questioni al di fuori della famiglia, né possedere alcun bene o proprietà. Le donne non avevano la cittadinanza, quindi non godevano dei diritti politici: non potevano partecipare alle assemblee, né votare, né candidarsi alle cariche pubbliche. Erano escluse anche dai giochi olimpici che non potevano neppure seguire come spettatrici. . Le donne sposate delle classi più elevate, vivevano relegate nei ginecei, le stanze destinate alle donne. Erano autorizzate a lasciare l’abitazione solo per partecipare a nozze, processioni o funerali. In questi casi erano sempre accompagnate da un parente maschio (il padre, il marito, il fratello o il figlio) o in via del tutto eccezionale da uno schiavo. Quando erano in pubblico dovevano tenere il capo e il volto coperti da un velo. Le fanciulle di condizione elevata trascorrevano la loro infanzia rinchiuse tra le mura del gineceo giocando con bambole o con altri giochi, come la palla, la trottola, l’altalena o il cerchio, ma crescevano completamente ignoranti poiché non si riteneva necessario dare loro un’istruzione regolare come si faceva con i figli maschi. Le bambine venivano promesse in sposa dai padri fin dalla più tenera età. La promessa di matrimonio consisteva generalmente in uno scambio di doni: spesso veniva scelto come sposo chi offriva doni di maggiore valore, ma il consorte poteva anche essere scelto in base al prestigio sociale di cui godeva. In cambio il padre concedeva una dote. Le nozze, poi, si celebravano quando le fanciulle avevano tra i 14 e i 16 anni. Il marito, invece era sempre molto più anziano, l'uomo greco, infatti, si sposava all'età di circa trent'anni. I due sposi spesso si incontravano per la prima volta il giorno stesso delle nozze. Se restava vedova, la donna doveva dipendere dai figli, se erano adulti, o doveva tornare sotto la protezione del padre o del parente più prossimo.Il primo compito della moglie era quello di assicurare al marito una discendenza, cioè di mettere al mondo dei figli. Il secondo compito era quello di prendersi cura della casa. L’uomo infatti era spesso assente: andava in campagna per sorvegliare i lavori, se possedeva dei campi, oppure al porto, se era un commerciante, oppure si recava nell’agorà per partecipare alla vita politica o per fare spese, mansione che le donne non potevano svolgere. Durante il giorno la donna, insieme alle serve, si recava alla fontana ad attingere l’acqua, si occupava del bucato, ricamava, filava o tesseva al telaio e preparava il pranzo. Infine, nei momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle momenti di ozio poteva far visita alle amiche che abitavano nelle vicinanze della casa. DONNA ETRUSCA Per gli Etruschi la donna aveva diritti pari a quelli degli uomini, poteva partecipare ai banchetti conviviali sdraiata sulla stessa kline del suo uomo, assistere ai giochi sportivi, ed agli spettacoli , vestire in modo spregiudicato ed era istruita. Fu, quindi, la prima donna trattata con dignità, in un periodo in cui altre culture la consideravano inferiore. Per i Romani questa eguaglianza era quasi scandalosa e, per questo motivo consideravano le donne etrusche poco serie. LA DONNA ROMANA Nei primi secoli della storia di Roma e durante tutta l’epoca repubblicana, l’uomo fu il capo indiscusso della famiglia, con un potere di vita e di morte sulla moglie, sui figli e sulla servitù. Soltanto l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, intraprendere la carriera politica), la donna ne era del tutto esclusa. Anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un uomo: prima il padre, poi il marito e, se restava vedova, il parente maschio più prossimo. Le donne romane non avevano neppure diritto ad un vero nome proprio. Mentre ai maschi venivano assegnati tre nomi, alle femmine veniva attribuito solo il cognomen, cioè il titolo della famiglia a cui appartenevano, usato al femminile. Se le figlie erano più di una, ricevevano nomi come Prima, Secunda, Tertia, Maxima, Maior, Minor (cioè Prima, Seconda, Terza, La più grande, Maggiore, Minore) Il nome proprio di una donna, comunque, non doveva essere conosciuto se non dai più stretti familiari, non doveva mai essere pronunciato in pubblico e non veniva scritto neppure sulla sua tomba. Le fanciulle ricevevano in casa una sommaria istruzione, che riguardava per lo più l'economia domestica, fino all'età di 12-14 anni circa, quando venivano considerate adulte e pronte per il matrimonio, che veniva contrattato dal padre con il futuro marito. Durante la cerimonia nuziale, alla domanda “Qual è il tuo nome?” la sposa rispondeva con il cognomen dello sposo, che sostituiva o si aggiungeva al precedente cognomen paterno. Il dovere della donna sposata era quello di essere fedele al marito, di dirigere la casa, di partorire figli, di curarli e di istruirli fino all'età di sette anni, da quel momento essi passavano sotto la tutela del padre e la madre non aveva più nessuna influenza su di essi. In età imperiale le donne cominciarono ad acquisire maggiori diritti anche se continuavano ad essere ritenute inferiori agli uomini. Potevano muoversi e agire con maggiore libertà, uscivano per fare spese o per andare a trovare le amiche, potevano partecipare ai banchetti, agli spettacoli oppure recarsi ai bagni pubblici e godevano di maggiore rispetto anche da parte dei figli. Le donne di classe più elevata seguivano attivamente la carriera politica del marito. Numerose donne si dedicarono alla letteratura e alla grammatica, riuscendo in alcuni casi a superare in bravura e prestigio alcuni fra i più illustri letterati dell'epoca. DONNA NEL MEDIOEVO La società medievale fu decisamente una società maschile, la donna era considerata un essere inferiore, cosa che era confermata e ribadita dalla Chiesa. La nascita di una bambina era vista come una disgrazia, e provocava nei padri l'angoscia per la dote, che le avrebbero dovuto fornire. Accolta male, nutrita male e vestita peggio dei suoi fratelli, la sua vita era vista come votata a due sole attività: le cure casalinghe e la procreazione. L'educazione femminile era quasi totalmente trascurata e le ragazze vivevano sempre chiuse in casa, fatta eccezione per i momenti in cui accompagnavano la madre nella chiesa parrocchiale. Si cercava di non lasciare mai del tempo libero alle ragazze, poiché l'ozio era ritenuto un cattivo consigliere. Giunte all'età giusta, se non erano inviate in convento, le ragazze venivano date in sposa ad un uomo prescelto dal loro genitore . Una volta sposate, uscivano dalla tutela paterna per passare a quella del coniuge e si spostavano a casa con il marito. Le più fortunate divenivano le padrone del focolare domestico ma nella maggior parte dei casi si spostavano a casa dei suoceri, dove potevano essere sorvegliate in assenza del marito. La vita pubblica delle donne medievali era assai limitata. Alle donne era vietato esprimersi in pubblico, tanto che, anche nelle cause legali, queste dovevano farsi rappresentare da un uomo, ossia dal padre, dal marito o dal parente maschio più vicino. Come abbiamo detto, le ragazze che non venivano date in moglie a nessuno, se non erano messe a servizio, venivano mandate nei conventi. La clausura ha rappresentato, per lungo tempo, l'unica possibilità, per una donna, di accedere alla cultura. I conventi servivano anche da ricovero per le donne bisognose. A partire dagli inizi del XIII secolo, comparvero molte fondazioni di ordini e di monasteri per donne. Queste comunità femminili di religiose vivevano soprattutto grazie ai compensi ricavati dall'artigianato e dalla cura dei malati. DONNA NEL RINASCIMENTO Con il Rinascimento assistiamo ad un profondo cambiamento della posizione delle donne negli eventi politici e storici. Le donne iniziano ad occupare anche spazi diversi, che le vedono protagoniste degli eventi storici, ed in alcuni casi anche di guerre, entrano "in politica": sono duchesse, marchese, principesse o regine. Il loro ruolo è ancora spesso marginale, e l'educazione femminile è più modesta di quella degli uomini, ma le figure femminili dominano il panorama politico e culturale di questo periodo. Diventano sovrane rispettate, contesse temute o ideali letterari a come ad esempio Caterina de' Medici, La maternità era ancora considerata come la funzione principale delle donne. In questo periodo era più gioiosa la nascita di un figlio maschio perché perpetuava il nome della famiglia. Si afferma come novità storica la figura della donna come artista: pittrice, disegnatrice, scultrice. . 1700, 1800 E 1900 IL CAMMINO CONTINUA Nel Settecento la donna acquisì una libertà maggiore rispetto alle epoche precedenti. Pur restando fortemente soggetta alle leggi paterne, una volta sposata era libera di esercitare una sorta di dominio. Andava ai ricevimenti e ai concerti dove poteva incontrare il futuro marito. Continuò a non godere degli stessi diritti dell’uomo, poteva essere solo “figlia” o “moglie”di un uomo e non una persona autonoma e indipendente. Verso la fine del secolo, però, le cose iniziarono lentamente a cambiare: stanca di subire, stanca di vivere al di sotto dell’uomo, del marito, stanca di essere considerata inferiore, stanca di non avere diritti sociali e politici pari a quelli del “sesso forte”, la donna ha cercato di liberarsi gradualmente ma in modo determinato della sua subordinazione, ha cercato un’emancipazione sessuale e un’indipendenza sociale. Presso le famiglie aristocratiche si diffuse l’idea che era importante garantire alla donna una certa istruzione anche se inferiore a quella dei maschi, perché una buona moglie doveva non solo fare figli, ma fare anche bella figura in società e intrattenere gli ospiti con una conversazione colta e brillante. Tra le classi più povere e soprattutto in città la donna iniziò a fare dei lavori fuori casa: lavandaia, serva, cucitrice ecc. In questo modo iniziava ad avere una vita autonoma al di fuori della famiglia. . La lotta delle donne non è stata una lotta facile, non è stata una lotta breve, né tantomeno inutile. Spicca in questo secolo la figura di Olympe de Gouges ((Montauban, 7 maggio 1748 – Parigi, 3 novembre 1793) una drammaturga francese nel 1791 pubblicò la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina in cui dichiarava l'uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna. Si trattava di chiedere dei diritti, che erano negati, di modo che le donne potessero diventare delle cittadine sotto ogni aspetto. Essere dunque cittadine a pari titolo degli uomini. Olympe dedicò la Dichiarazione a Maria Antonietta, regina di Francia, sostenendo che la regina era una donna oppressa come le altre. Il XIX fu il secolo che vide il sorgere dei movimenti di emancipazione della donna, per la rivendicazione dei diritti sociali e politici. Numerose furono le battaglie civili tra cui quella delle "suffragette" , che chiedevano il diritto di voto universale, ossia anche per la donna. Negli ultimi decenni del XIX secolo, tuttavia, il movimento per l'emancipazione della donna, si intrecciò strettamente a quello operaio e socialista e con il congresso delle donne indetto nel 1908 a Roma dal Consiglio nazionale delle donne nacque il suffragismo femminile italiano. Passò però ancora del tempo prima che la donna europea potesse esprimere la sua opinione votando. Il primo paese europeo fu la Svezia, nel 1866, ma per la maggior parte degli altri Paesi europei la donna dovette aspettare il 1945. In Italia si votò il 10 marzo1946 (ricorrono quest'anno i sessant'anni ). Nel 1848 più di cento persone tennero a New York la prima assemblea sui diritti delle donne sostenute dall'abolizionista Lucrezia Mottche si opponeva alla schiavitù, e dalla femminista Elisabeth Cady Stanton, Il Novecento è stato definito “Il secolo delle donne”, i movimenti femministi dilagano in tutta Europa, in Italia nel 1946 le donne vanno per la prima volta a votare. La lotta per la parità dei diritti riprende negli anni 60/70 con i movimenti femministi e dopo il diritto di voto, altri traguardi importanti sono stati la possibilità di divorziare, la legalizzazione dell’aborto e l’indipendenza economica. La donna scopre le gambe grazie all'invenzione della minigonna , diventa più sicura di sé e vuole un riconoscimento maggiore in famiglia e nel mondo lavorativo e politico. LA CONDIZIONE DELLA DONNA NEL MONDO OGGI Indubbiamente la vita della donna oggigiorno è molto diversa da quella immutabile delle sue antenate,oggi è parte fondamentale della nostra società, può svolgere lavori pari a quelli degli uomini, è dirigente di azienda, corre per la presidenza degli Stati Uniti (come Hilary Clinton) ed è finalmente rispettata non solo nell’Occidente sviluppato. Nonostante questi grossi risultati,però, la donna combatte ancora per la difesa della propria dignità soprattutto nel terzo mondo dove viene sottoposta a delle vere mutilazioni e in zone come il Medio Oriente, l’Africa ed il subcontinente indiano la sua condizione è ancora difficile e la parità un sogno. Molte donne cercano di scappare da queste assurde condizioni di vita cercandone altre migliori, ma poche vi riescono. Siamo nel 2016 e si sentono ancora notizie di donne vittime di violenza, abusi sessuali e stalking, non c’è giorno in cui anche in Italia delle donne non vengano uccise da chi fino a poco tempo prima diceva di amarle. Mariti o ex mariti, fidanzati o ex fidanzati che pensano di essere i proprietari delle loro donne e che, non accettando un loro rifiuto le picchiano fino ad ucciderle. C’è dunque molto da fare anche nel nostro bel paese che pure molti passi avanti ha fatto in tema di parità e rispetto dei diritti delle donne. LA DONNA IN AFRICA Oggi in Africa ci sono due livelli di donna: c’è la donna della famiglia tradizionale che ha una condizione a sé, è madre e custode del focolare domestico e il più delle volte non ha avuto la possibilità di studiare, deve combattere contro la siccità, la fame, l’aids e spesso vede morire i propri figli davanti a sé senza poter fare nulla. In alcuni stati la situazione risulta drammatica, come in Niger dove ancora oggi viene praticata la “lapidazione femminile” come condanna a morte per aver commesso adulterio. La donna che vive in città, invece, ha la possibilità di andare a scuola e rivestire in futuro incarichi con maggiori responsabilità nel campo delle cariche istituzionali, del commercio, della giustizia e dell’insegnamento. LA DONNA IN ASIA In molte zone dell’Asia accade ciò che accadeva nell’Antica Roma dove la nascita di una figlia femmina era considerata una disgrazia e spessissimo le bambine appena nate venivano abbandonate senza che la legge punisse chi si macchiava di una tale colpa.Nell’India di oggi nonostante i movimenti femministi degli anni Ottanta, la ratifica nel 1993 della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, Amnesty International denuncia il persistere a tutt'oggi di tali discriminazioni all'interno della famiglia e della società. Anche se per legge la donna è uguale all’uomo da tutti i punti di vista, la realtà è molto diversa. Infatti circa metà delle donne indiane è sottomessa e subisce continuamente violenze fisiche e morali. Secondo le statistiche circa la metà delle donne indiane tra i 10 e i 15 anni sono già sposate e il 10/15% delle adolescenti hanno già figli. Le bambine non vengono nutrite né curate come i figli maschi, le donne vengono sfruttate nelle attività domestiche e percepiscono salari inferiori agli uomini, svolgono lavori durissimi. Le figlie sono considerate come detto un peso per la famiglia. LA DONNA IN AFGANISTAN. La condizione della donna in Afganistan è veramente molto drammatica. Lo stesso termine “donna”viene usato dalle donne come un insulto. Le famiglie festeggiano la nascita di un figlio maschio, ma non quella di una femmina perché la femmina è considerata “stupida dalla nascita”.Ella è una risorsa economica come la terra, la casa o il bestiame e appartiene all’uomo. La donna vive reclusa nella casa, si prende cura dei figli e degli anziani non ha diritto alla proprietà e all’eredità. La società afgana è culturalmente “contro la donna”la quale non ha diritto al “sapere”.Nel 1994 con l’avvento al potere dei Talebani la situazione è precipitata, perché hanno eliminato ogni segno di modernità e di libertà. Hanno privato la donna dei più elementari diritti: diritto all’istruzione (le scuole femminili sono state chiuse) diritto al lavoro (i datori di lavoro sono stati minacciati di atroci conseguenze se avessero assunto una donna) diritto di spostarsi (nessuna donna può uscire da sola ma, solo accompagnata da un membro scelto dalla sua famiglia) diritto alla salute(nessuna donna può essere visitata da un dottore maschio ) diritto di divertirsi (tutti i locali di divertimento sono stati chiusi, le donne cantanti non possono cantare perché la loro voce provoca gli uomini. La donna, quindi, non è considerata un essere umano. Da quando i Talebani sono al potere picchiare e maltrattare le donne è diventato legale, normale. Costrette a vivere con ogni centimetro di pelle coperto da un pesante velo, il burka che le nasconde agli occhi del mondo e permette loro di vedere grazie ad una fitta rete all'altezza degli occhi. Donne fantasma che se scoprono anche solo un centimetro di pelle sono frustate, riempite di botte,lapidate e spesso uccise, che si vedono tagliare le dita delle mani per aver messo lo smalto alle unghie o che sono sfigurate perché troppo belle. Questa foto ritrae il volto deformato di MalalaYousafzai, una ragazzina pakistana che viveva felice nel nord del Pakistan e che voleva studiare pèr diventare medico ma con i Talebani al potere andare a scuola era diventato difficilissimo perché per loro la donna non ha nessun valore. Malala, però ha alzato la voce, ha sfidato il potere, ha lottato per difendere il diritto allo studio suo, di tutte le bambine del Pakistan e di tutte le ragazzine che non possono farlo in molte parti del mondo per l’insensatezza dei grandi. Per questo ha rischiato la vita in un attentato preparato dal capo dei Talebani ma lei, più forte di prima, ha continuato la lotta e piccola tra i grandi ( ha appena 16 anni ) ha gridato il rivendicato il diritto allo studio dalla sede del Parlamento Europeo e dal palazzo delle Nazioni Unite. Da quanto detto si capisce che se è vero che tanto è stato fatto perché la donna sia considerata pari all’uomo e portatrice di diritti tanto altro resta ancora resta da fare in molte parti del mondo per arrivare ad una vera parità tra i sessi e al riconoscimento della donna come entità giuridica. CLASSE V A SCUOLA PRIMARIA PIAZZA XXV APRILE