Torino, lì novembre 2008 Restructura 2008 Relazione: “IL PUNTO

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Torino, lì novembre 2008 Restructura 2008 Relazione: “IL PUNTO
STUDIO LEGALE LA PLACA
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Torino, lì novembre 2008
Restructura 2008
Relazione: “IL PUNTO SULLA RESPONSABILITA’ SOLIDALE TRA APPALTANTE,
APPALTATORE E SUBAPPALTATORE”
1. - Premessa. La solidarieta’ (art. 1292 e ss. c.c.).
Atteso che l’uditorio non è composto da giuristi mi pare opportuno premettere alcune
nozioni sulla solidarietà, essendo questa la fattispecie sottesa ad ogni successiva illustrazione.
Occorre prendere le mosse dall’art. 1292 c.c. che detta la nozione di solidarietà:
“L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima
prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e
l’adempimento da parte di uno di loro libera gli altri; oppure quando tra più creditori
ciascuno ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione e l’adempimento
conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.”
La norma in questione, pertanto, regola due tipi di solidarietà: la passiva, cioè quella
tra debitori, e l’attiva, cioè quella tra creditori. A noi, oggi, interessa prendere in esame la
passiva.
studio La Placa - 1
La solidarietà passiva secondo la dottrina ha la funzione di fornire una maggiore
garanzia al creditore, onde rende più sicura ed agevole l’attuazione del suo diritto.
Dall’articolo sopra riportato si devono evidenziare alcuni punti di attenzione:
i)
i debitori (ovviamente) sono plurimi,
ii)
la prestazione invece è la medesima,
iii)
l’adempimento può essere prestato da anche un solo dei debitori ed infine,
iv)
l’adempimento, da chiunque reso, libera gli altri coobligati in solido.
Non viene, di contro, previsto che il fatto giuridico dal quale nasca l’obbligazione
solidale debba essere unico. Ne discende che si ha solidarietà passiva quand’anche il titolo
della responsabilità dei coobligati sia diverso, per esempio contrattuale ed extra contrattuale.
Val la pena pure di rimarcare che i rapporti che legano i debitori al creditore sono
rapporti distinti ed autonomi, dal ché deriva la possibilità di quest’ultimo di richiedere a
ciascun debitore l’intero; il debitore medesimo dovrà soddisfare il proprio debito con il
proprio patrimonio, nella stessa maniera di quando è debitore unico (la questione ha una certa
rilevanza in materia di esperibilità dell’azione revocatoria). D’altro canto, il creditore è libero
di richiedere l’adempimento solo pro quota ad ogni singolo debitore, ovvero agire unicamente
nei confronti di alcuni di essi, essendo nella sua disponibilità decidere come esercitare il
proprio diritto.
La solidarietà passiva non dà luogo ad un litisconsorzio necessario e pertanto il
debitore solidale può essere chiamato giudizialmente a rispondere dell’obbligazione da solo,
fatte salve ovviamente, le sue presumibili contro mosse processuali e sostanziali.
Giova anche ricordare che la solidarietà passiva nel nostro ordinamento non è
un’eccezione, essendo invece -a contrario- prevista come regola dall’art. 1294 c.c.: se più
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debitori sono tenuti ad una determinata prestazione si presume che la loro obbligazione sia in
solido (e quindi non pro quota) se non risulti diversamente dalla legge o dal titolo.
Quindi, da quanto sopra e nel concreto, per esempio e sinteticamente:
-
l’avvenuto pagamento da parte di un debitore in solido determina ipso iure
l’estinzione dell’obbligo (Cass. 2 luglio 2004, n. 12174),
-
l’accertamento del debito nei confronti di un solo condebitore non fa stato anche nei
confronti dell’altro ( Cass. 14 novembre 2006, n. 24269),
-
non è necessario citare in giudizio tutti i debitori solidali ( Cass. 6 aprile 2006, n.
8105),
-
il fatto che il creditore citi solo alcuni debitori e non tutti non significa però che per ciò
solo abbia rinunciato nei confronti degli esclusi al proprio diritto ( Cass. 14 luglio
2006, n. 16125).
2. - Recenti novità e relative abrogazioni (D.L. 3/6/2008, n. 97 conv. L. 2/8/2008, n.129;
D.L. 4/7/2006, n. 223 (decreto Bersani) conv. L. 4/8/2006, n. 248; D.M. 25/2/2008, n. 74).
Il legislatore nel giugno 2008 aveva abrogato con il D.L. n. 97 le novità in tema di
responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore in materia di versamento delle ritenute
fiscali e dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori nei contratti di appalto di
opere, forniture e servizi. Il D.L. 3/6/2008, n. 97, poi convertito con la legge 2/8/2008, n. 129,
all’art. 3, comma 8, ha previsto che “ I commi da 29 a 34 dell’art. 35 del decreto legge
4/7/2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4/8/2006, n. 248 nonchè il decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze 25/2/2008, n. 74, sono abrogati.”
Parrebbe quindi che sia stato dato un colpo di spugna alla nuova disciplina in materia,
ed essenzialmente al decreto recentissimo n. 74/08, che dettava il regolamento alla Legge del
2006 e che sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 giugno di quest’anno.
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In realtà, come spesso accade, le cose non sono così semplici.
Come abbiamo visto i commi abrogati sono quelli che vanno dal 29 al 34 dell’art. 35
cit.; resta quindi in vigore il comma 28 che recita: “ L'appaltatore risponde in solido con il
subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro
dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi
obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto
il subappaltatore”.
Cosa è stato abrogato è invece la disciplina di tale responsabilità in solido e soprattutto
il suo regolamento di attuazione. Ciò crea non poche perplessità, in quanto l’abrogato comma
34 prevedeva: “Le disposizioni di cui ai commi da 28 a 33 si applicano, successivamente
all'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che stabilisca la
documentazione attestante l'assolvimento degli adempimenti di cui al comma 28, in relazione
ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che
stipulano i predetti contratti nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore
aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, con
esclusione dei committenti non esercenti attività commerciale, e, in ogni caso, dai soggetti di
cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Resta fermo quanto previsto
dall'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, che deve intendersi esteso anche per la responsabilità solidale per
l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente”.
studio La Placa - 4
Pertanto credo di poter dire che il comma 28, pur non abrogato, può trovare difficile
applicazione in assenza dell’adozione del decreto ministeriale (nella specie l’abrogato n.
74/08) che stabilisca la documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi per evitare la
solidarietà passiva. In effetti, l’abrogato regolamento ministeriale prevedeva le modalità
operative per il rilascio della documentazione attestante il versamento delle ritenute fiscali,
riferite al singolo appalto, e l’avvenuto versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi.
Viene meno, dunque, una responsabilità per l’appaltatore non di poco momento (ed in
effetti l’abrogazione è stata salutata con favore dall’ANCE), in quanto era prevista una
sanzione amministrativa pecuniaria sino a 200.000,00 Euro in caso di violazione degli
obblighi imposti all’appaltatore, per così dire, di accertamento preventivo di regolarità fiscale
e contributiva, secondo i quali l’appaltatore avrebbe dovuto pagare il corrispettivo ai propri
subappaltatori solo dopo avere verificato che questi ultimi avessero effettuato nei confronti
dei propri dipendenti una serie di adempimenti. La disciplina aveva pure effetti sui pagamenti
che il committente doveva eseguire a favore del proprio appaltatore.
Resta il fatto che il comma 28 dell’art. 35 cit. vorrebbe mirare a garantire il
versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente ed il versamento dei
contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, riguardanti i dipendenti del proprio subappaltatore attraverso la
creazione di un obbligo solidale di versamento.
3. – Le altre (rimanenti) ipotesi di solidarietà passiva.
3.1. – Art. 29 D.Lgs n. 276/03 (L. Biagi).
La norma da commentare è in particolare il secondo comma dell’art. 29 del D. lgs.
10/9/2003, n. 276 che nella sua attuale vigenza così recita: “In caso di appalto di opere o di
servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore,
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nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla
cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi
previdenziali dovuti”.
Il campo di applicazione della riportata norma è l’appalto di opere o servizi ( vi è una
sentenza del Tribunale di Pavia, 29/4/2006, che afferma l’applicabilità della norma in
questione anche agli appalti conferiti dalla P.A.) ed in tale contratto l’obbligo di solidarietà
del committente è stato esteso alla durata di due anni dalla cessazione dell’appalto, senza – di
contro – avere alcuna limitazione in ordine all’importo del debito solidale a titolo di
trattamenti retributivi e previdenziali.
Con le ultime modifiche, il committente (imprenditore e non il semplice soggetto
privato) risponde solidalmente per i debiti predetti sia dell’appaltatore che del subappaltatore.
Ora, occorre osservare che l’abrogazione delle disposizioni previste nella legge
Bersani e del relativo regolamento, a mio avviso, può risolversi in un aggravio di disciplina
per il committente. Spiego il perché: il comma 32 della Bersani prevedeva che il committente
poteva procedere al pagamento del dovuto all’appaltatore dopo aver ottenuto l’esibizione di
data documentazione comprovante l’assolvimento degli obblighi del suo creditore verso il
subappaltatore. Tale norma, in uno con il decreto regolamentare, costituiva dunque una norma
di riferimento anche per il committente, alla quale richiamarsi per tipologia per tutte le
obbligazioni a lui facenti capo.
L’accertamento, ora, dell’adempimento relativo alla retribuzioni ed ai contributi
previdenziali deve pertanto essere rimesso alla capacità organizzativa e tutto sommato,
coercitiva, del committente, che verosimilmente dovrà espletarsi attraverso lo strumento
contrattuale, anche se la circostanza che l’art. 29 non preveda un tetto massimo di importo di
debito solidale potrebbe importare alcune difficoltà nel redigere clausole contrattuali.
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In effetti la prassi dei contratti di appalto sempre più spesso prevede l’inserimento di
clausole a tutela del committente che stabiliscano l’obbligo a carico dell’appaltatore (o
traslando del sub appaltatore) di esibire la documentazione comprovante la corresponsione
delle retribuzioni, secondo i CCNL applicabili, e del versamento dei contributi previdenziali,
con quindi l’intenzione di eccepire l’inadempimento quando ciò non accada e, pertanto, di
non corrispondere il SAL successivo a tale inadempimento. Anzi, non di rado si possono
rinvenire clausole con le quali espressamente si subordina e condiziona il pagamento proprio
all’esibizione della documentazione comprovante gli adempimenti di cui sopra.
Tale prassi contrattuale è stata ritenuta lecita dal Tribunale di Firenze con una sentenza
del 5/5/2006. Resta il fatto che se è più facilmente configurabile un obbligo contrattuale per
quanto riguarda la prova del pagamento delle retribuzioni può essere meno agevole
configurarne uno per i contributi, poichè non di rado le maestranze impiegate nell’appalto
possono mutare di numero e di nominativo, possono essere quindi contestualmente impiegate
in appalti differenti, con magari contributi versati solo parzialmente. Ciò in assenza di una
disciplina legale degli adempimenti necessari per raggiungere la prova legale del pagamento
può portare, se non altro, ad una serie di eccezioni processuali, di merito ed istruttorie, che
caso per caso dovranno essere esaminate con attenzione dal giudicante.
3.2. – Art. 26 D.Lgs. n. 81/08.
La norma in tema di sicurezza che dettava una disciplina rilevante per l’argomento qui
trattato era l’art. 7 del D. lgs. 19/9/1994, n. 626, articolo ora abrogato e di fatto replicato
nell’art. 26 del D. lgs. 9/4/2008, n. 81 che ha dato attuazione alla delega contenuta nell’art. 1
della L. 3/8/2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In particolare occorre porre attenzione al quarto comma: “Ferme restando le disposizioni di
legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle
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retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde
in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i
danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti
indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici
propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”.
La succitata previsione va inserita nel più ampio quadro, che qui per evidenti ragioni
di tempo non può essere esaminato, dipinto dal D.lgs. n. 81/08 in forza del quale si fa sempre
più stretta la necessaria collaborazione che si deve avere tra committente e appaltatore o sub
appaltatore nell’evidenziare i rischi specifici esistenti nel luogo di lavoro, financo con la
redazione di appositi documenti informativi e valutativi.
Tale obbligo di informazione e collaborazione ha poi, come contraltare la previsione di
un obbligo solidale tra appaltante ed appaltatore.
Dunque, anche in questo caso il committente risponde in solido sia con l’appaltatore
sia con sia con il sub appaltatore per i danni che il lavoratore ha subito e che non siano stati
indennizzati dagli enti a ciò preposti.
Per cui la norma trova applicazione:
i)
in tutti gli eventuali casi residuali in cui non opera tout court l’assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro,
ii)
nel caso in cui vi sia un danno biologico di percentuale tale da non essere risarcito
dall’INAIL, il cd. danno differenziale,
iii)
il danno morale ed esistenziale laddove risarcibile,
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mentre escluderei l’obbligo solidale per il caso di azione di regresso esercitata dall’INAIL nei
confronti del datore di lavoro.
Il committente deve essere un imprenditore, per cui la norma – a meno di
interpretazione estensive ed analogiche - non troverà applicazione nel caso in cui l’appaltante
non sia imprenditore ( P.A. ed organizzazione non imprenditoriali).
L’appaltatore ed il sub appaltatore devono essere tali a norma del codice civile, e per la
loro individuazione soccorrerà quell’amplissima giurisprudenza e dottrina che traccia i confini
del contratto di appalto rispetto alle figure limitrofe (vendita con posa in opera, prestazione
d’opera, somministrazione ecc.).
Il lavoratore, infine, deve essere quello che concretamente e direttamente presta la
propria attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato. L’individuazione di tale
soggetto, a mio parere come prima cennato, rischia di essere il problema interpretativo più
spinoso per i giudici. Inoltre l’amministrazione finanziaria potrebbe avere dei problemi
nell’individuare il soggetto passivo obbligato in solido con il datore di lavoro allorquando il
lavoratore infortunato non sia facilmente e direttamente riferibile ad un determinato appalto di
opera o servizio.
Infine è prevista un’esclusione dell’obbligo solidale di risarcire il danno nell’ipotesi di
danni specifici derivanti dall’attività dell’appaltatore o sub appaltatore, dove cioè non è
operativo quell’obbligo di cooperazione tra i diversi soggetti per individuare ed eludere dove è
possibile il rischio di infortunio (per cui sicuramente non quello preesistente all’intervento
dell’appaltatore sul luogo di lavoro).
3.3. – Art. 1676 c.c.
L’art. 1676 c.c., norma cardine in materia, così recita : “Coloro che, alle dipendenze
dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio
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possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto,
fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui
essi propongono la domanda”.
In buona sostanza, il committente sino a che non ha saldato il prezzo dell’appalto ( o
nella misura in cui non lo ha ancora saldato) è tenuto in solido con l’appaltatore (e solo con
costui) a corrispondere il dovuto ai dipendenti del secondo. Tale risultato, per la verità, seppur
in maniera più difficoltosa, si può ottenere anche per le vie generali di tutela del credito,
allorquando il lavoratore, munito di titolo esecutivo ottenga un pignoramento presso terzi del
credito che il suo datore di lavoro vanta nei confronti dell’appaltante.
Se pertanto il principio è generale, ciò che è peculiare è la sua applicazione. Anche e
soprattutto in forza della applicazione che ne fa la giurisprudenza, secondo la quale il
committente, sin dal momento di una richiesta stragiudiziale, diviene obbligato in solido con
l’appaltatore e non può più corrispondere a questo il prezzo poichè il pagamento non lo libera
(Cass. 19/4/2006, n. 9048 anche se il Tribunale di Torino, con una sentenza del 2004, ha
ritenuto che il momento a cui far riferimento per cristallizzare il debito del committente è
quello della proposizione della domanda giudiziale). E’ dunque evidente la maggior tutela
concessa al lavoratore, il quale molto più rapidamente di un qualsiasi altro creditore
dell’appaltatore potrà giungere a bloccare le somme ancora dovute al proprio datore di lavoro.
Sempre la S.C. ha anche ritenuto che l’articolo in esame si applica anche ai rapporti tra
sub appaltatore e sub appaltante, in quanto il contratto di sub appalto altro non è che un vero e
proprio contratto di appalto derivato da un altro contratto di appalto a monte ( Cass. 9/8/2003,
n. 12048).
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Siccome l’azione del lavoratore verso il committente è diretta e non surrogatoria, ne
deriva che non è necessario citare in giudizio sia il datore di lavoro che il committente
medesimo, in quanto non sussiste un litisconsorzio passivo.
I legittimati attivi sono i lavoratori dipendenti e non per esempio, i fornitori di merci o
materiali, i vettori, gli associati in partecipazione, i professionisti ed i sub appaltatori.
I limiti quantitativi della solidarietà sono, come detto, le somme che ancora il
committente deve all’appaltatore, si ritiene al netto di eventuali cessioni di credito
perfezionatesi in epoca anteriore alla richiesta del lavoratore.
Pertanto il lavoratore, combinando i precetti del codice civile con quelli della legge
Biagi, potrà richiedere entro due anni dalla cessazione dell’appalto tutto quanto il suo credito
al committente, mentre successivamente solo quanto eventualmente coperto dal debito che il
committente dovesse avere ancora nei confronti dell’appaltatore-datore di lavoro.
Si ritiene infine che la norma sia applicabile anche all’appalto pubblico.
3.4. – Art 2112 ultimo comma c.c.
Il D.lgs. n. 276/03 con l’art. 32 come modificato ex art. 9 D. Lgs. 6/10/2004, n. 251 ha
aggiunto il seguente comma all’art. 2112 c.c.: “Nel caso in cui l'alienante stipuli con
l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda
oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui
all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.
La norma che si inserisce nella disciplina dei trasferimenti di azienda, a mio avviso,
altro non è che una caso speciale di una fattispecie generale e quindi, tutto sommato, è
rindondante. Si può richiamare dunque quanto sopra esposto.
3.5. – Ulteriori disposizioni di cui al Codice dei contratti pubblici.
Il Codice dei contratti pubblici (D.lgs 12/4/2006, n. 163 s.m. e i.) prevede:
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- ( art. 118, comma 4 ultima parte) “ L'affidatario è solidalmente responsabile con il
subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza
previsti dalla normativa vigente”.
- (art. 118 comma 6): “ L'affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento
economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il
settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido
dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro
dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto. L'affidatario e, per suo tramite,
i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell'inizio dei lavori la
documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile,
assicurativi e antinfortunistici, nonché copia del piano di cui al comma 7. Ai fini del
pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o dello stato finale dei lavori, l'affidatario e,
suo tramite, i subappaltatori trasmettono all'amministrazione o ente committente il
documento unico di regolarità contributiva, nonchè copia dei versamenti agli organismi
paritetici previsti dalla contrattazione collettiva, ove dovuti”.
In buona sostanza l’imprenditore che risulta essere appaltatore di opera pubblica si
vedrà assoggettato a norme che grosso modo ricalcano quanto sin ora illustrato, con
l’avvertenza che dovrà garantire non solo la retribuzione ai propri dipendenti e a quelli del suo
sub appaltatore, ma anche che questa sia allineata con quanto previsto dai CCNL applicabili.
La norma indica anche la documentazione che attesta la regolarità dei pagamenti e
versamenti che occorre fornire alla stazione appaltante e che quindi deve transitare nelle mani
dell’affidatario – appaltatore, indicando pertanto quale può essere la prassi da adottare anche
negli appalti privati.
avv. Raffaele La Placa.
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