L`elemento francese

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L`elemento francese
L’ ELEMENTO FRANCESE
A v a lu ta re con sufficiente e sa tte z z a le tra c c e francesi con­
s e rv a te dai n o stri canti 1 ed a in v e stig a re le ragioni del loro
m a n te n im e n to sarebbe utilissim o un lungo lavoro p re p a ra to rio
volto a r itr o v a r e , se non il modello diretto, alm eno il filone
francese donde ciascuna canzone ebbe origine. O ra n a tu r a lm e n te
il m a te ria le di cui si può d isporre è r e la tiv a m e n te troppo scarso
perché si possa, anche nei casi più favorevoli, giu n g e re a ta n to 2:
accanto a consonanze di versi e di strofe in te re si tro vano p e r
ogni canzone delle continue deviazioni senza che si possa giu ng ere
a stab ilire se esse siano u na p a rtic o la rità so ltanto piemontese.
A nche la sem plice determ in azion e a p p ro s sim a ta d e ll’origine non
è facile, perch é m olte volte la canzone è e n t r a t a a più rip rese e
1 II m ateriale per questo lavoro fu fornito dallo sp oglio delle tre prin­
cip ali raccolte di canti popolari p iem on tesi che noi possediam o : C.
N
ig r a ,
Canti popolari del Piemonte. Torino, 1889; G. F erraro, Canti p o p o la ri Motife rrin i. Torino, Firenze, 1870; Id., Canti p o p o la ri del basso M onferrato. P a ­
lerm o, MDCCCLXXXV11I (indicato con Febraro B.).
2 Cfr., p. es., le vaghe conclu sioni cui arriva il N igra dopo l ’am pia com ­
parazione di tu tte le versioni del “ Moro Saracino
pp. 223-43.
-
6 —
da p a rti diverse in Piem onte x; non è n e pp ur possibile, non ­
o sta n te l ’aiuto degli schemi metrici e delle p a rtic o la rità lingui­
stich e 2, a c c e r ta r e se le canzoni d ’origine provenzale ci sian
g iu nte d ire tta m e n te dalla Prov enza;
in certi casi anzi si vede
assai c h ia ra m e n te che non è cosi. T u tte le versioni piemontesi del
“ Moro Saracino , contengono ad es. u na p a rtic o la rità 3. che si
tr o v a s oltanto in una versione della Savoia, di qui dunque passò
la canzone p rim a di giu n g e re dalla p a t r i a P ro v en z a sino a noi.
E d un raffronto sistem atico con le raccolte delfinesi o savoiarde
1
V. un probabile esem pio in
D o n c i e i j x , o. c .,
p. 29. Un altro è dato dallo
stesso “ Moro Saracino „, i particolari delle versioni italian e (p. es. la dif­
ferenza tra S a ra zi d elle varianti A, C e S arazin di D, E, F, G, H) coincidendo
ora con qu elle d ella Francia m eridionale d e ll’est, ora con quelle d e ll’ovest
(v.
Rom ania, XV, p.
Ili
sgg.). Così ancora n e lla
“
Sorella vendicata „
N
igha,
2, al ciam blera di A, 21 e C, 27, si risponde in B, 19 con serven ta; si sa ­
rebbe ten tati di vedervi una sem plice traduzione della parola esotica, ma
am bedue le varianti sono francesi, cfr.
D
o n c ieu x ,
p. 188, n a al v. 14.
2 Una distin zione tra m etri d’origine provenzale e francese tentò, per
quanto du bitosam ente, il
N
igra,
p. xxxiv, che dà come più proprio della
Provenza il “ tetrastico setten ario
e ottonario con
alternazione di asso­
nanze talora m onorim e, e di versi non rim ati e di term inazioni ossitone e
parossitone „ e anzi si potrebbe dire di assonanze quasi sem pre monorim e.
V. del resto
le riserve del
P
aris,
Journal des savants, 1889, p. 672. Ma
qu esti indizi non hanno valore nel caso nostro, perché essi ci possono es­
sere conservati anche attraverso ad un filone interm ediario francese. Quanto
a p articolarità lin gu istich e di origine sch iettam en te provenzale, per le quali
in generale vale la stessa riserva, esse sono rarissim e, come si vedrà nel.
seguito del lavoro.
3 N elle versioni piem ., v.
N ig ra ,
p. 234, m anca un tratto che e partico­
lare a qu elle francesi: il m arito, saputo d alla madre che la giovane m oglie
e stata rapita dal Moro Saracino, chiede una barca per andarla a cercare ;
n e lla piem . si ha soltanto la rich iesta di una spada o anche di una ca­
m icia; ora in una canzone savoiarda è proprio soltanto di una “ chem ise
bianche „ che si p arla, v.
T
iersot,
Chansons popu laires recueillies dans les
A lpes françaises ( Savoie et D auphiné). Grenoble, MCMIII, p. 98. Dunque la
canzone è ultim am en te pervenuta in Italia d alla Savoia.
condurrebbe probabilm ente a s ta b ilire che un
certo num ero di
canti è p erv en uto t r a noi, non tra sm e sso da
re m o te province
della F rancia, come in qualche caso può essere,
ma e m igrato
dalle regioni di confine senza soluzione di con tin u ità geografica.
Di ciò alm eno non m anca qualche indizio. L a racco lta m a n o sc ritta
della Valle d ’A osta, m essa a profitto dal T ie rso t e dal Doncieux x.
m o stra un g ra n num ero di canti p r e tta m e n te francesi e identici
a quelli della zona sa v o ia rd a c ontigua; così a Casteldelfino 2 fu
raccolto un Noel in dialetto, estraneo al p atrim o nio popolare
piem ontese e p e rv e n u to certo là dal limitrofo Delfinato ; in un
canto si tro v a l’espressione “ le m u n ta g n e dal P ia m u n t 3 „ che
m o stra di p e r sé d ’essere
n a ta al di là delle Alpi, presso la
frontiera. Ma forse la via
pili ra p id a p er
la
tra sm issio n e dei
ca n ti fu quella del Moncenisio. che univa Lione e C ham béry a
Torino. Nei canti piem ontesi la menzione di Lione è fre q u e n ­
tissim a 1 e non è forse un caso se t r a le piccole c ittà del P ie ­
m o nte rito rn a a b b a sta n z a sovente il nome di Susa 5: la tr a v e r ­
s a ta del Moncenisio pare a v e r colpita la fa n ta s ia popolare e due
volte nei canti savoiardi si tro v a t u t t a la descrizione del fa ­
moso passo 6. U n gruppo di canti poi e v id e n te m e n te comune
1 Cfr.
“
F
T
ie r s o t ,
erraro,
o. c.,
p. xv.
Canti p o p o la ri in Casteldelfino. Nozze B on an n o-P itré,
p . 5.
3 N ig r a , 7 5 , 2.
4 N igra,
6 B, 10; C, 6; 10 B, 28; 84 A, 6; A'. 6 ; 48 A, 17; B, 17; C, 12;
D, 19; E, 13; F, 12; G, 17; 92 A, 1.
5 E non par trattarsi di attribuzioni di origin e locale :
N
ig r a ,
37 A, 4
(canzone proven ien te da T orino); B, 6 (V illa C asteln u ovo); C, 2 (La Morra);
E, 4 (M oncalvo); 43 0 , 1 (Cuneo); 75, 18 (P in erolo); I, 8 (La Morra). La m en­
zione di Susa com pare anche al di là d elle A lp i:
6
T
ier sot ,
T
ierso t,
o. c., p. 410.
L e m ariage de la princesse de Savoie, o. c., p. 62 ; L e départ des
soldats piém ontais, o. c., p. 79. Cfr. Rev. des T rad. pop., IV, p. 657.
alle due regioni dell’ antico regno è quello che si riferisce ad
av v e n im e n ti storici specialm ente del secolo X V III l.
P a r im e n te sarem o c o s tre tti a p rescind ere da a ltre questioni
prelim inari, persino da quella m e tric a che sarebbe la più im ­
p o r ta n te di t u t t e : i canti piem ontesi non sono sem pre rim a sti
fedeli agli schemi francesi 2 ; m a le trasform azioni da essi subite
sono trop po in tim a m e n te connesse a questioni d ’ordine musicale
perch é possano essere qui t r a t t a t e .
L a soluzione di tali problem i sareb be certo necessaria, se do­
vessim o p a rtic o la rm e n te stu d ia re le canzoni francesi nel primo
sta d io della loro em igrazione in P iem o n te; m a essa non è un p r e ­
supposto indispensabile nel caso nostro in cui per solito avrem o
da fare con tra c ce francesi che da secoli sono e n t r a te a fa r
1 G ià il
T ierso t
notò com e i canti p iem on tesi per nozze di princip esse
di casa Savoia abbiano in Savoia un buon parallelo, o. c., p. 60. La can­
zone su ll’assedio di Torino,
N ig ra,
141 A T u riti j ’è Un bel gia rd in , Re d i
F ra n sa a i voi gran bin, non risponde alle canzoni savoiarde sullo stesso
soggetto,
T ierso t,
o.
c ..
p. 40, 52; ma è certo stata originariam en te scritta
in francese e n e ll’ironia ricorda i com ponim enti d ella raccolta
T ierso t,
p. 59,
su lla b a tta g lia d e ll’A ssietta : R e tire z vous, F ra n ça is, d’alentour de Vassiette:
Renoncez au ragoût. Infine la fam osa “ Marcia del P rincipe Tom aso „
N
igk a ,
137 A P rinse Tomà ven da M ilan cnn na brigada de scaitssacan. Scaussavo
d ’ sà, scaussavo d ’ ià, Viva la brigada d ’ P rin se Tomà è, per lo spirito, l ’an­
dam ento, il ritm o e la rim a, da confrontarsi co lla satirica “ Chanson du
D uc de Savoie „ : N outron bon dite de Savoay - E l e ben tant bon in fa n t! E l a
fa f a r ona arm ay De quatre-vingts pa ysa n s!... T oz p o rta de bon corazo Pé
b a tailli L ouis le-G rand. E -z-aviont pe capitanile V g ra n d Thomas de Carignan,
T i e r s o t , o. c .,
p. 43; su lla fortuna di qu esta canzone, cfr. Revue Savoisienne,
1910, p. 110. Il ritornello ritorna in una canzone savoiarda contro un prin­
cipe di casa Savoia: ram onez-cy, ram onez-là, e il
T ierso t,
o.
c .,
p. 46, nota
che questo è il ritornello degli spazzacam ini savoiardi. La Savoia adottò
ad epoca più tarda l’antica canzone p iem on tese ? o non piu ttosto anche
questo canto piem ontese ha avuto origine o ltra lp e ?
2 Su queste m utazioni e su lla loro im portanza, v. spec.
N
igra ,
p. 223.
intim a p a r te della loro nuova lingua. L ’av ere u n a semplice idea
generale sulla loro origine ci basta, ta n to più che, ove occorra
scendere a più dire tti e minuti raffronti, il g ra n num ero di for­
inole tradizionali, le quali n a tu r a lm e n te si conservano più fedeli
del resto alle loro origini, non m a n c h e rà di fornirci, a ll’infuori
di ogni singola canzone, un m a te ria le sufficiente.
P rim a di e n tra r e nel nostro te m a bisogna infine che tocchiam o
bre v e m e n te la questione ge n e ra le della rim a l . E ssa, sia che si
dilunghi in tira te , sia che unisca semplici coppie di versi, è in
g en erale se m pre re go la rm e nte o s s e rv a ta ; t u tt a v ia non m ancano
segni ch ’essa qua e là dov ette
soffrire nel passaggio da una
lingua a ll’a l t r a : cosi abbiamo, se non di freq uen te, n e p p u r r a ­
ram e n te , esempi di versi senza rim a e, in qualche caso, è facile
re s titu ir e l ’a n tic a asso nan za i n t e r r o tta 2. Ma esem pi di ta l g e ­
nere sono assai meno num erosi
di
quanto ci si aspetterebbe,,
perché, r o t t a o m u t a ta una rim a per una qu alunque ragione, si
p rovvide quasi sem pre a dare alla nuo va finale una com pagna
ed a fo rm a re così un a serie n uova e indigen a di assonanze 3;
1 È ovvio avvertire che qui, con qu esta parola, si ind ica anche sem p li­
cem ente l ’assonanza. Sulla rim a d elle canzoni popolari v.
D o n cie u x ,
o.
c .,
p. x m sgg.
2 N
igra,
57 A, 12 sgg. giojuzam ent, am ant, convent, amcmt ; 69 B,
8
pena,
lana ; 105 A, 5 prudentu, pianta ; 4 A, 19 sgg., temp, lent pendent.....germ an,
anfan, grand-,
F erraro,
versi iso la ti, v.
N
ig u a ,
24, 15 sg., argent, am ant] per tirate interrotte da
40 C, 7 ; 46 B, 14; 50 A, 9; 52 B, 1. Su casi d en o­
tanti in vece la forza d ella rim a, v. Parte II.
3 P. es. n e lla “ Sposa porcaia „ al francese: les pourceaux g a rd e r essen ­
dosi so stitu iti: larghe i pors, ogni volta che q u est’espressione com pare in
fin di verso, segu e o precede un verso assonan te che spesso è una sem ­
plice aggiun ta, v.
N
ig ra ,
55 A, 5-6: 9-10; 19-20. Scelgo q u est’esem pio tra
cento altri perché esso ci m ostra, al primo stadio, il processo per cui si
formano tirate com p letam en te
in d ig e n e ;
sorti dapprim a d istici o brevi
gruppi di versi assonanti, l ’uno richiam ando l’altro, essi possono man m ano
—
10
—
anche la r im a insom m a ha g ià da molto tem p o ac q u ista to in questi
ca n ti una v ita p ropria l . D a tu tto ciò si deduce che in questa,
come in q ualunque a ltro g e n e re di poesia popolare tr a s m ig ra ta ,
la rim a può certo agire da elem ento co n se rv a to re e m oderatore,
m a è ben lo n ta n a da c ostituire un fermo arg in e contro il p a s ­
saggio alla n uo v a lingua.
L a ling ua francese di questi canti, nelle linee generali della
sua sintassi, è tale che
essa potè tr a s m u t a r s i in piem ontese
senza g ra v i cam biam enti, periin la collocazione delle parole potè
e ssere p e r solito m a n te n u ta tal qu a le ; u n a delle più notevoli
t r a le differenze s in ta ttic h e d ’ordine g e n e ra le è forse la com pleta
p e r d ita del p e rfe tto che t u t t a v i a non portò g ra v e scompiglio.
Q uanto alle p e c u lia rità della lingua po etica francese, ad es. l’omm issione di pronomi ed articoli, l ’uso di si e di <>n, ecc...., esse
non solo sono p a ssa te in Piem onte, m a si sono cosi com pene­
t r a t e nella nuo va ling ua che s a r à o pportuno s tu d ia rle solo più
ta r d i assiem e agli elem enti p r o p ria m e n te indigeni. U n a p a r ­
tic o la r ità sola non si potè com p le ta m e n te a c c lim a ta re : l’in v e r­
sione del com plem ento e del verbo, specie all'infinito, del tipo :
allargarsi sino a riunirsi. Tra le assonanze in d ig en e, le più frequenti sono
natu ralm ente q u elle in -c; un b e ll’esem pio in
D
o n c iec x ,
1
N
ig r a ,
4
A, B cfr. p.
56
e
o. c., p. 207 sgg.
Una caratteristica sono g ià di per sé le assonanze in terrotte; un’altra
pare il ten tativo di formare d elle assonanze pure a ll’interno del verso, sotto
la cesura ossiton a, o forse anche parossiton a: p. es. rè, è, M u rai, cà, d), di.
N
igra,
42 B, 1-6; cfr. 44 B, dove, su d ieci em istich i, si ha otto volte la
finale in «;
52 B. 3 sgg. disfidò, tire, costei..... spassegè, cadet, passe, qui
anzi la rim a è cosi forte da richiedere, anche sotto sem plice cesura, dei
participi di l a con. in -é (v. sotto). N otevole infine la frequente formazione
d elle assonanze piane in é -a , cfr. tu tte le versioni del 77 e m olte del 40.
Più avanzata forse è anche la tendenza di rip etere un verso a modo di ri­
tornello, cfr. sp ecialm en te 41 D, 1-15.
—
Il
—
“ pour son honneur ¡/arder „ ; il p iem o ntese non resping e t o t a l­
m e nte siffatta costruzione, anzi l ’h a m a n te n u ta in qualche caso
isolato e là dove la cadenza e la rim a s ’im ponevano, ma in
fondo vi rip u g n a e la lascia cadere volentieri *, il che conduce
n a tu r a lm e n te a notevoli m u ta m e n ti.
*
* *
T r a la ling ua delle canzoni piemontesi raccolte sinora e quella
dei loro modelli francesi vi è in n e g ab ilm en te un grosso salto.
In esse, n o n o sta n te ta n te condizioni favorevoli al suo m a n te n i­
m ento, tr a n n e pochissim e eccezioni, l ’elem ento francese è r i ­
dotto a v ag h e sp a rse tra c c e ; gli è che in g e n e ra le si t r a t t a di
can ti raccolti dopo che già hanno avu to presso di noi un a v ita
secolare ed
una la rg a
diffusione, cosicché essi ci
offrono un
a sp e tto ben diverso da quello che dovevano a v e re nel p rim is­
simo tem po della loro im portazione. N on ci m a n c a t u t t a v i a il
modo di farci u n ’idea di questo primo stadio. Già da Gaston
P a r is vennero, tem po fa, scoperti due inizi di canzoni popolari,
inseriti nella “ Passione di Revello „ 2: Cristo viene p e r scherno
in v ita to a c a n ta re :
1 Parecchi esem pi di inversion e m antenu ta
contien e
N ig ra,
59 A pì'r
da l’am ur scapè, per d rìn t ai bosch vulè, ecc. dove la cadenza richiede che
ogni verso term ini con un infinito. A ltrove si m odifica la costruzione fran­
cese con l ’introduzione di un pronom e: Vomir e in’lo sun salvò, 53 A, 30;
m a più sotto si ha già: p e r salvè-se 7 so onur. Un esem pio di una tirata
interrotta per la risoluzione di una di qu este in version i, abbiam o visto or
ora n e lla “ Sposa porcaia
Cfr. 6 A, 13 (e varian ti) P rin si R aim und l'è
m unta a cavai, che corrisponde al tipo francese su r son chevai il remonta
(D o n c ieu x ,
o. c.,
p.
211).
2 Journal des Savants, 1888, p. 518, n. 3.
-
808
12 -
Or di, Christo, quella che a bon aijre.
Ma tredoza sor debonayre.
Fo rse q u e sta ancor più t’agrea
Obrime l’usso, m a.bella desirea?
T roppo breve t e s t im o n ia n z a 1, la quale però, q uanto alla lingua,
assum e un sing oiar valore, perché p r e s e n ta forti analogie con
quella di due a ltri canti, m oderni si, m a che mi fu dato di co­
gliere nei prim ordi della loro v ita piem ontese.
Il prim o è uno dei soliti la m en ti di u n a r a g az z a a b b a n d o n a ta
d a ll’a m a n te soldato. Esso mi provien e da u n a vecchia di U sseglio 2, un paese, cioè, che h a continui c o n ta tti colla F ra n c ia ,
non ta n to per la sua im m e d ia ta vicinanza al confine q uanto a
cagione della periodica, reg olare em igrazione dei suoi a b ita n ti.
L a vecchia me lo cantò come un a canzone di nozze, dicendomi
esp re ssa m e n te, e non senza u n a c e rta compiacenza, che esso era
in fran cese; glie
l’a v e v a in segn ato un suo zio, il quale a sua
v o lta l ’a v e v a udito c a n ta r e d u r a n te uno de’ suoi soggiorni in
F r a n c ia ; è dunque un esempio che può dirsi p iu tto sto di canto
francese raccolto in P ie m o n te che di canto piem ontese, p o rta to
forse a p p e n a un mezzo secolo fa in uno s p e rd u to villaggio m on­
ta n o donde non potè av e re a lc u na diffusione:
1
Daii lef ta b i de saù Deifi
si e tr e [be]le fil’e;
1 L ’A
lio n e
n ella “ Farsa del franzoso a logiato a l ’osteria del Lombardo *
introduce un servo a cantare una canzonetta : L on tre iour cheuauchoye \ De
P a ris ii L ion, m a la lin gu a vi è prettam en te francese. L 'O pera piacevole di
G eo rgio A
lio n e .
Torino, 1628, p. 212.
2 M argherita Costa (anni 78'. U sseglio è l ’ ultim o paese della valle di
Viti (A lpi Graie, provincia di Torino).
— 13 -
0 si n ’e lina soleta
ki s'aii prone le sos amaii.
5
“ Por tu li fu ki la vau veir
sem pe ti kfer sospira, „
“ Ki s n ’avé da sospiro,
N ’avé-vo pa l ’a m itjé ? „
9
E ia sospira “ ’il verité,
Ke vu si bieii la kofa, „
“ Sis (ke) mué portu tu lu g u r
k a r g ’aii sui s a n tu da vu. „ —
13
— ‘‘ Se vuf a sue s a n tu da
muà.
si l ’e pa na g ra n cofa; „
“ Ma le ke m uà t ’a p a r tié n pa,
k a r lu muii inagrir ne vo pa „ —
17
•
— “ 0 se lo to m a g ó r ne vo pa,
mi fo doné k a ik cofe, „
“ Mi fo dune sink o si se n t fra n k
p u r n u rir la m er e l’anfan. „ —
21
— “ Povr sul dà ki g ’aii sui
muà
ke m a l es ki i aii pasu,
“ Sis ke m un p e re n ’e prua di muà,
k a r i f a n sui servisi du ruà „
25
“ Adicé, adioe; mon Marnóii,
Adice, se muà f a n p a rtu , „
“ Si m uà f a ii p a rtu ou b a t a l ’óii,
Adice, adicé, mon M a ril’óii. „ 1
1
N ella m ancanza di un
m odello
diretto
non è p ossib ile rettificare il
testo, che in qualche punto è assai m alconcio. La canzone par com posta di
quaternari col prim o, terzo e quarto verso tronco e i due u ltim i rim anti
tra di loro. V. 1 l e / tabi = les étables'ì, 3 verso oscurissim o sp ecialm en te per
l ’u ltim a parola che dovrebbe portare una rim a tronca in d, 5 fo = f o i s ?,
— 14 —
L a m edesim a fonte mi cantò ancora, dandom ela, se la m e­
m oria non m ’inganna, pu re p er francese \ la s egu en te canzone,
m a non mi disse come e quando l ’avesse a p p re s a :
1
[Dedáñ] París a i e il rik m a r k à n t
k ’al a d ’or e d ’arzáñ,
O s ’al a na g an til d aim a
k ’a s na va tu bieii bil’é;
3
U n a b ugressa l’e d ’iina fama,
fa l’a m u r añseina n'iifisié.
Lu so m ari s ’al e ù mef a riv e
e lu picít añfáñ si l’a k u n té :
5
“ 0 peri de muñ peri,
prene-vu g a r d a d ’esi tr u m p é :
K uela crudeli de m a meri
a fa l ’a m u r aiisem a n'üfisjié. „
7
Lo so m a r i da mali al bastiíñ,
Faje la v ita n e ira ku m e ñ carbiíñ.
T u ta la g e n t de k u la villa,
t u t a la g e n t a su[n] riiva li:
9
“ M’è bili pi k a r de l ’an im a al diable
k ’esi fedele de lu me m a r i „
Lo so m a ri e mef a siirti
e lu picít [añfáñ] l’a falu riisti
11 santu = enceintc, 22 p rtià — p riv a V, 25 se m uà f ’an = si moi j ’en, o
forse c'est moi (que) j'eir, del resto la fonte stessa non capiva certam en te
tu tto quanto andava cantando.
1
D el resto, sebbene non
U sseglio
(rancesi
mi sia stato
udii anche da altri dire che in
possibile raccoglierne altre, a
paese si conoscono “ canzoni
-
11
15 —
L ’a pimin, l’a sk u a rta lu ,
l'a bütalu ’n te k u a t k w a r té .
E l’a biitalu sü la taula
de so m ari per lo soñ ben siné.
13
L so m a ri le mef a rii ve :
“ E In picit aiifaii dnv e-lu an dò? „ —
— “ Picit aiifaii e daii la cefa
ke n ’añ p r e g a Idiu per nu ; „
15
“ Me m arito , biitevi a taula,
e mangé, bei ve saii ku vuli „
Lu so m a r i prend eri kutó,
s ’a n ’a tafani iin po tr o :
17
“ 0 peri de mun peri,
tu mi tru m p i k ru delem áñ , „
“ Sevu, n ’a m angi de la vianda,
de la viand a de vost picit
19
aiifaii. „
Lu so pari da maii au kutó,
a la m alurofa \ a dune la m ort.
T u ta la geiit de k u la vila,
tiita la geiit a suñ k u rii:
21
'* M’e bili pi k a r de l’a n m a al
diable
ke m ü rí ñ t ’i b ra s de lu buñ Gestì „
An bel fa fá n t kusti p a r i emáñ,
i ’e rii va ’ii g ra n diable v e s ti da g a lá n ;
23
L ’a piiá la g e n til d aim a
d’a ù t ’n b ra s de lu so mari,
S’al a p u r ta l a a lu perfùii d l’iiiferno,
a lu peritili, p e r so ben servi.
Il
prim o com ponim ento offre, t r a l’altro, il g r a n v a n ta g g io di
a p p a rte n e re ad un gen ere che nel P ie m o n te non p a re abbia av u to
— 16 —
diffusione, donde la g r a n d e scarsezza 1 di espressioni famigliari
al ca ntore che sin dal primo rison a re del canto fuori di F ra n c ia
potevan o venire im m e d ia ta m e n te tr a d o tte . In co m p le sso , dal
francese siamo già assai distanti, poiché, se la mia fonte con­
s e r v a alcuni vocaboli, forse ta lv o lta in g ra z ia della loro poca
c o m p re n sib ilità — come suole accadere agli alpigiani incolti,
i quali con g r a n d e facilità possono illudersi di esprim ersi in
francese, lingua cosi affine al loro d ialetto — essa tr a sfo rm a
im m e d ia ta m e n te nel p a r la re paesano tu tt o quanto costituisce
la
p a r te
a vv e rb i,
più
e
intim a
desinenze
e sp o n ta n e a
con
v alore
del
linguaggio:
morfologico
assai
pronomi,
spiccato.
Qui, anzi, le cose si spingono più lo n ta n o : non solo le forme
verbali più comuni, i pronomi, le particelle vanno quasi t o t a l­
m e n te p e r d u t i 2, alcuni anzi con modificazioni assai n o t e v o l i 3,
non solo le desinenze, sp ecialm ente quelle a to n e , si reggono
assa i male (l’uscita del fem m inile è, p er esempio, sem pre -a 4,
1 Dopo un esam e, per vero som m ario, delle raccolte francesi, non saprei
ind icare altro caso di una rich iesta così palese di danaro che in
R o llan d ,
Ree. de Chuns. popul. Paris, II. 157. D el resto la canzoncina ribocca di
sp u n ti e di espressioni com uni a questo genere di com ponim enti per i quali
vedi sp ecialm en te
T ierso t,
o. e., p. 280, sgg., 387 sgg. ; Revue des trad.
pop., Ili, p. 13; X, p. 347; XII, p. 60; XXV, p. 47. Quanto al tratto men
frequente : P ur n itrir la m er
e
Vanfàù, cfr.
aideron t à n o u rrir Tous vos p e tits bé (bés) ;
T ierso t,
B la d é ,
o.
c .,
p. 405 : Il vous
Poésies popul. en langue
fran çaise ree. dans VArm agnac et l'Agénais. Paris, 1879, p. 41 faut n o u rrir
la femme et l'enfant.
2 Non restano che p o r 5, bien 9, che è dotato
per la sua frequenza di
una certa resistenza, car 10, s u i 10.
3 Sos = franc, ses, piem . so ; 10 sis — franc, sa is, piem . sas ; 10 niué —
franc, moi, piem . me-,
13 sue è il piem . se stropp iato sotto l ’ influsso del
s%i che precede.
4 co/e (17), poiché lo consente la sin tassi locale, d ev’essere interp retato
com e un plurale, com e proverebbe, fino ad un certo punto, kaik (qualche)
in vece di karlc.
-
il
—
cfr. inoltre pasti (passent), servisi), m a anche t r a le serie dei vo­
caboli più le n ta m e n te assimilabili si m a n ife sta assai c h ia ra m e n te
l ’inizio di un a d a tta m e n to fonetico 1, per poco che risulti palese
la corrispondenza colle voci indigene. E in mezzo a questo p r i­
m itivo e n a tu ra le a d a tta m e n to , è poi molto facile cogliere in
ge rm e alcuni t r a t t i che dovremo risc o n tra re pili la rg a m e n te in
seguito e definire come peculiari di questo idioma poetico. Cosi
t r a le preposizioni si salv a clan, t r a le desinenze -é, di cui no ­
tere m o anche a ltro v e la p a rtico la re re siste n z a e, t r a i pronomi,
muti, certo g razie alle esigenze della rim a. Si è conservato, les
e que sono resi con li e ki, cioè, le forme piem ontesi po rtand o
un e troppo incline al dileguo, vi si so stitu ì la vocale più p ro s­
sim a perché il ritm o non ne soffrisse. Si osservi infine come,
nelle sue inconsce trasform azioni, la c a n ta tr ic e scivoli non nel
dialetto nativo 2, m a ben sì nel linguaggio piem ontese in cui è
solita a c a n ta r e gli altri canti del suo repertorio.
Di t u t t ’a ltro genere è l’altro canto. Mi m ancano notizie sulla
sua origine im m ed iata, m a la sua coloritura francese, più forte
dell’ordinario e il non essere finora s ta to raccolto in a ltr a p a r te
del P iem onte, provano che la sua v ita al di qua delle Alpi non
deve essere
stata
molto lu n g a ; alla su a tra sfo rm a z ion e assai
più a v a n z a t a d o v e tte p o te n te m e n te concorrere la circostanza che
esso, e n tran d o p e r alcuni t r a t t i nel solito g en e re di canti popo­
1 1 San, 2 tre, 5 rati veir, 6 sospira, 17 kaik, 18 sih k sent frahlc... 21 p o rr ;
infine toujours (10) conservato per la rim a e non certo capito, fu in terp re­
tato : tutto il giorno.
2 Di propriam ente n ssegliese non scorgo che 22 es, est, e 5 vau reir (vado
a vedere); eh è reso con c; la parlata locale può avere per altro con tri­
buito a conservare
più a lungo qualche elem en to ; p. es., 14 vo. 10 rns,
25 moh, ma sono tracce di nessun conto di fronte a lla
piem ontese.
generale patina
— 18 —
la ri n a rra tiv i, ribocca di luoghi comuni per q u esta s o rta di poesia \
peccato che manchi u n a fonte d ir e tta francese che p e r m e tta di
v edere se essi furono aggiu nti di san a p ia n ta oppure, come è
più probabile, se furono so ltanto più ra p id a m e n te a d a tta ti del
resto. Qui delle form e avverbiali non si salva che tu bieh * e il
noto dah, dcdcih ; le desinenze sono com pletam ente piemontesi,
i so stan tiv i si conservano a b b a sta n z a bene in fin di verso, ma
a ll'in te rn o 3, so ltan to quando siano l ’eco im m e d ia ta di una p a ­
rola che ric o rra anche in r i m a 4. Sem pre meglio si delineano
anche a ltri t r a t t i che im p a re re m o a conoscere come peculiari di
1
Se ci lim itiam o ai canti francesi, il m otivo del bim bo squartato, o co­
m unque ucciso e dato in pasto, che al m om ento di essere m angiato rivela
Tesser suo, si ritrova, sebbene con particolari e forme assolu tam en te d i­
versi, in un canto provenzale: “ Lou pastis
D ’Abbaud, Chants populaires
de la Provence. Paris. 1892, II, p. 69. Questo m otivo ha m olti punti di con­
tatto
con qu ello
quello
del
della “ B ianche biche r da una parte, e d all’altra con
lattan te che. o da m orto, com e nella 11 Nourrice du roi r o da
vivo, come in alcune versioni della “ Donna Lombarda 5. m iracolosam ente
parla per salvare qualcuno da un pericolo.
Ma il nostro tem a, che ebbe
un particolare sviluppo nell'agiografia, torna ancora nella poesia popolare
sotto forma di un m iracolo di S. N iccolò, cfr. Doncieux,
o . c ., p .
76: “ S. N i­
colas et les enfants au saloir ,. Ed un’im pronta religiosa ha anche il nostro
canto nella pittura d ella donna feroce e n e ll’apparizione del diavolo, per la
quale si hanno an alogie e perfino consonanze con " L ’Inferno . N igra, 152.
cioè con un canto che fu raccolto solo in P iem onte, m a che potrebbe essere
di origine francese.
Quanto a raffronti
particolari, oltre ad alcuni ovvii, come, per es., il
distico iniziale, cfr. v. 6 Kuela crudela ile ma m eri con culla cridela della
m ioi marna,
F
kkraro,
1, 25 — v. 11 il prim o em istichio corrisponde al dif­
fusissim o l ’an p ia la , l'un lign iti, per il
quarte,
F
erraro,
secondo, cfr. r'hu faja
15, 55 — pei vv. 9, 21, cfr. il g ià citato “ Inferno
an trei
6 se
ti vole p i nen servi Dìo, 0 va s e r v ì ’l g ran diable ; 16 an fazem l sti parlam en t
lo g ra n diable ariva.
- E anzi una variante della stessa fonte mi dà : tu biii.
3 Non resiste più che Ingressa 3.
4 P eri 5 (cfr. in fatti: p u r i 19), viandu 18.
— 19 -
q u esta lin gu a : l'esistenza di forme d a ll’aspetto p r e tta m e n te ita ­
liano, la conservazione di parole tradizionali anfuii, cliable, la
conservazione dei participii di La con. in -é, nella quale è indizio
d ’arcaism o l ’esistenza d ’un caso a ll’intern o del verso
Q uanto
poi al v e rso : o peri de muh peri, tu mi trum pi crudeleman, a b ­
biamo un esempio di quanto, più del significato, p ossa in questi
canti il semplice suono di una p aro la; il testo francese doveva
avere qualche cosa come tranches, o tronques, p a ro la non ca­
p ita che fu s o stitu ita da tru m pi, sug gerito dal verso preced ente :
o peri de mon p e ri prene-vu yctrda d ’esi trunipé.
T r a le raccolte edite non v ’è alcuna canzone così poco assi­
m ila ta ; le due che più si avvicinano: una di Torino ed una
monferrina, non conservano, di tracce francesi, che alcune p a ­
role in fine di v e rso :
Si si, me prinsi, si c b ’i la can terò
2
La v o stra gentil dàima Tavu ’n zolì funtò —
La m ia m am a, m a n d è ’je la m ia sor,
10
Cula ch’a mi risambla a n t la buca e a n t j öj —
L ’è lo bel prinsi da luns l’à vista vnì :
11
— Cula l’e pa la da m a ch ’me cör a l’a mpromi
15
La mia m am a, vnVme giiité abigliè, 2
Q uesta differenza ra p p re se n ta l’u lterio re conseguente svolgi­
m ento delle ten den ze che furono n o ta te sino ra e d e v ’essere se m ­
1 V. sotto p. 29.
2 N ig ra,
“ La fidanzata in fed ele
34 A; cfr.
preseja 15, Rena 19. V. anche alcune varianti di
F erraro,
N ig ra,
50 “ La R egina
72.
— 20 —
plicem ente a t tr ib u ita al periodo assai più lungo di soggiorno
t r a noi ed alla m ag g io r diffusione di q uesti canti tradizionali.
L ’orien ta m e n to secolare di Usseglio verso il Piem onte impedisce
in fa tti
di giudicare la cosa a ltr im e n te ; del resto noi abbiamo
due canti che provengono da u n a regione che ancor oggi è r e a l­
m e n te
sotto
l ’influsso francese: le valli valdesi; orbene là le
traccie francesi appaiono proprio dove a Usseglio sono p rim a ­
m e n te scom parse, fuori di rim a o negli a v v e r b i x, sia il canto
p erv e n u to colà di Piem on te o di F ran c ia , queste tra c c e vanno,
in questo specialissimo caso, g iu dicate sem plicem ente come se­
condarie sfu m a tu re del d ialetto locale.
*
* *
N e lla m agg io ranza degli a ltri canti l’elem ento francese si
riduce a tracce di ¡§imil genere, m a f a tte ancor più r a r e e per
solito isolate ; non è certo possibile sp iegarle una per una, si
può t u tta v ia c om pren dere a b b a sta n z a facilm ente p e r quali cir­
costanze generali esse siano p otute sfuggire a ir a s so rb im e n to .
Vi è un primo gruppo, il più num eroso 2, il quale s o tto s tà a due
1 L’uno di Val di Luserna,
gli z a ; 12 la dedan, l ’altro,
N ig r a ,
N ig ra,
143 B, 4 puen, 9 ; anterro (v. sotto) 12;
75, 3 proviene da P in erolo, e non ha indi­
cazione di fonte ; nessun altro canto p roven ien te da Pinerolo presenta si­
m ili tracce francesi, sicché è assai verosim ile ch’esso risalga ad una fonte
vald ese: d'abord 4; p e tit 8; ferm a (chiuso) 18; d e 14. E per la V alle d’Aosta,
il
D o n c i e u x , o . c .,
p. 16 parla d’una
qu’une piém on taise francisée
„.
versione
d ella P ernette “ qui n ’est
P arim ente a C asteldelfino,
F erraro,
o.
c .,
p. 4, le canzoni sono cantate “ quasi tu tte in pretto francese e poche in
piem on tese
2 N ig ra,
31 A, 8 ciam bairola (cam eriera); 10 A, 6 sumbla (camera); 46 B, 26
abiliè (vestito); 28 C, 6 sitpè (cena); 7 A, 9 alim è (accesi); 51 B, 16 fuà
(volte); 52 A, 16 supeja.
— 21 —
condizioni : si t r a t t a an z itu tto di parole la cui sostituzione, per
una differenza troppo g ra n d e del te m a non dov eva p re sen ta rsi
im m e d ia ta m e n te allo spirito. Q uesta circostanza non costituisce
c e rta m e n te un ostacolo insorm ontabile, perché a lt r e parole che
si trovano nelle stesse condizioni, e queste medesime, in a ltre
lezioni,
furono
t u t ta v ia
trad o tte;
è
sufficiente
però
perché
q u e sta traduzione possa essere d ’alq u an to r i t a r d a t a . In oltre tu tt e
queste voci compaiono sem p re d av a n ti ad una pausa, in alcuni
casi infa tti esse do v e tte ro essere s a lv a te dalla r im a ; si veda
p er es. kutò, tro , m a
p e r solito q u e sta spiegazione non vale,
perché le p arole sono c on servate so tto semplice cesu ra : Dì-m e
ampò, ti ciambairola, Lucréssia bela a j ’e-lo p a ? o perché, q uanto
a ll’assonanza, la voce indigena sarebb e s t a t a p e r f e tta m e n te equi­
v a le n te : Quand i flambò saran alimè (pieni, anvisclié) , viti fari
forsa per intr'e l . Qui vero sim ilm ente a g i come elem ento r i t a r d a ­
to re la forza del ritm o che in u n a traduzio ne sa re b b e potuto
a n d a re sconvolto 2 e, più in generale, il fa tto che la p a r te del
verso prossim a ad u n a pau sa è quella che più facilm ente e t e ­
nac e m en te si conserva nella m em oria di chi r ip e te il canto.
U n a ltro piccolo gru pp o di voci riuscì, almeno parzialm ente,
a s a lv a rsi p erc h é si t r a t t a di parole che sogliono rico rrere in
espressioni tradizionali e per il loro valore più esorn ativ o che
significativo e s o p r a ttu tto per il loro fre quentissim o ripetersi,
si m an teng on o come fisse nella m e n te del c a n to re ; ad es. non
è
un caso se antere 3 (so tterrato ), che po te va cosi facilm ente
1 N
ig ra ,
7
A,
2 P. es. a fnà
9.
corrispondendo volta, la parola non si adattava ad un
verso ossitono ; cf'r. la variante in vertita
di
N
ig r a ,
51 A, 20 tre volte a
Va bazà.
3 Cfr.
N ig ra ,
28 B, 24; D 18. N atu ralm en te in fa tti di questo genere si
tratta di sem p lici tracce che non hanno alcun valore assolu to, cfr. m ort «
suterè 136 C, 10.
-
22 —
e ssere sostituito da suterè, lascia l’u ltim a tra c c ia di sé n e ll’espres­
sione mort e antere, e se di pére, fuor di rim a, si h a l’ ultimo
esempio proprio nella diffusissima espressione lu re mun per e se
diable ricorre solo nella forinola gran diable l . A n co ra: il dittongo
uè (oi), oltre che in fransuè 2, non si conserva che nel frequente
dan li òuè (nei boschi) e nel frequentissim o ruè che com pare p e r ­
sino fuor di finale. N otevole infine dan, dedan resiste nte, perché
suole ric o rre re nella forinola di esordio di moltissimi canti.
U n ultimo gruppo è costituito da parole che si conservarono,
e in questo caso n a tu r a lm e n te senza rig u a rd o alla posizione nel
verso, p erché esistevano nel dialetto con form a uguale o simile,
sebbene con significato diverso : si h a cosi: si dmanda (si chiama,
pieni. ‘ d o m an dare ’) p artiru m a (divideremo, piem. ‘ p a r tir e ’) antandù (udito, piem. ‘ capire ’) 3. Sono da agg iu n g e re a
questo
b rev e quadro la mar e l’am iir mia 4.
Ho n a tu ra lm e n te lasciato da p a rte la lista a b b a sta n z a lunga
di p a te n ti gallicismi che hanno od avev ano riscontro nella lingua
viva 5. P o tre b b e t u tta v ia d arsi che alcuno di essi sia
nella lingua comune app unto p e r la trafila dei
pa ssato
canti
1 F
erraro,
35, 7 Re mon per, per diable v. g li esem pi più sopra.
2 F
erraro,
4, 58 fran su è;
N
ig ra,
101 A, 6; 71
F,
popolari :
2 dan li bue-, 22, 4 lo
ruè dia Spagna-, 142 B lo ruè l ’à sentu di; 73 pass. rità.
3 F
erraro,
33, 8 2 ;
N
igra
8, 11 p a rtiru m a ;
,
ma 28 B 30 il
com posto
proprio del piem . d isp a rtir urna ; A ntan du 20 C, 12, per vila poi (confronta
N
igra,
52) non si può precisare se non sia stato sem pre interpretato com e
“ v illa „.
4
N
igra,
9,
20 anver la
m a r;
73 D ,
16 su la
m ar eo lia ;
73 H , 4
am ur mia.
5 M etressa, sacò, zabb, borzuà, cengia, m aloroza, curò, quefa; e, sebbene
non registrati dai diversi dizionari, si possono ritenere com e usuali alcuni
term ini in d ican ti o g g e tti di
baga ; infine può vivere
(casa).
vestiario o di ornam ento : cotillion , sulié,
ancora in qualche angolo d«l P iem onte mezun
-
23 —
è questo forse, come ne fa fede l ’a sp e tto fonetico, il caso di
ijiolifrada (garofano).
A lla c ateg oria di parole salvatesi p er il loro valore tradizio­
nale, ap p a rtie n e un gruppo speciale di voci che rito rn an o nei
canti cosi frequenti, cosi in sistenti e so vente leg a te in frasi cosi
c a ra tte ris tic h e che esse ebbero la forza di m an te n ersi anche
fuori di ogni speciale condizione di rim a e di ritm o. Esse sono
le sole parole francesi che passarono v e ra m e n te a far p a r te del
vocabolario poetico piem ontese e vissero di v ita propria, a ssu ­
mendo nella nuova p a tr ia forme
e significati affatto speciali,
come si può vedere dal se g uente elenco :
Arzcm. — La voce n a tu r a lm e n te non ha potu to conservarsi
là dove a v e v a c h ia ra m e n te il senso fo ndam entale d ’ “ a rg e n to
pel quale il d ialetto possiede l ’eq uiv a le n te fonetico; si m an ten n e
invece dove significava “ dan aro
accezione che m anca alla
voce d ia le tta le ; nel primo caso però la tra d iz ion ale espressione
or e arzcm riuscì a s a lv a rsi un certo num ero di volte l.
Anfon. — Fre q u e n tissim o nel senso di “ figlio piccolino „ o di
1
Secondo g li esem pi che ho raccolto, tirzan = ‘ d a n a ro ’ si conserva quasi
sem pre :
N
ig r a ,
24 A, 12 viti, bela, tire Varzan (ma la var. C. ha urgent)
43 D, 6 la lim ozna la fa d'arzan. V. inoltre 51 B, 13; L 15. Per orzati =
‘ a r g en to ’ , su innum erevoli casi di urgent, non avrei che un solo esem pio,
che del resto poteva essere facilm en te frainteso: Tnt, viti bela la m androla, E
fazi-ve un cotiliun-cun Varzan eh'a j è d i stira — I pagn otta la fassun, 74 A, 37.
La d ivisione è così n etta che essa potrebbe servire nei casi dubbi a d eter­
m inare in qu ale significato era presa la parola, p. es., 142, 15 o j a fa-je
vede d'arzan , de dnè, ma
10 B, 22 Vài nen d l’argent c gnianca d i monedu.
Invece in or e arzan , arzan resiste in cinque casi (28 A, 6;
74, A, 13;
73 D, 18; 78 A, 25; 143 A, 10) contro sette e di questi se tte, tre (Fehraro,
24, 16; 57, 13; 82, 12) sono dati dai canti m onferrini i quali appunto si
trovano ta lv o lta in uno stadio di assim ilazione più avanzata. Sarebbe poi
assai facile provare, a lla stregu a d egli esem pi citati, che in queste trasfor­
m azioni la rim a ha un’im portanza affatto secondaria.
-
“ la t t a n t e
24 —
lo è assai meno in quello, più generico, di “ figlio „
o di “ bimbo
in cui è sostitu ito dai co rrispondenti indigeni l.
A lla conservazione di q u e sta parola, d ’a ltro n d e assai frequente,
e alla pa rtic o la r s fu m a tu r a del suo significato, ha c erta m e n te
contribuito il suo continuo ric o rre re nell’espressione: p c it anfan ,
v a lg a il seguente esempio :
Ven al co de li nov inéis, la bela biita n a maznà al mundo.
Pcit anfan, bel pcit anfan ;
...........................................................
S ’a l’an pia cnst pcit anfan.
R iviera. — È questo il caso di un vocabolo che compare,
tra n n e una volta 2, sem p re in fin di verso, condizionato alla rim a ;
del resto la sua esistenza p re c a ria è affidata a ll’espressione a v ­
verbiale sii la riviera, e q u e sta non ha più che un semplice valore
e sornativo il cui significato e sa tto non e r a so vente afferrato 3.
Dam a-daim a. — N ella lingua viv a la voce oggi ha solo più
l ’accezione ita lia n a ed è prob abilm en te un italianism o ; qui in­
vece ha tu tti i significati della voce fra n c e se; daima è una sem ­
1 Su una qu indicin a di casi, per una buona m età si tratta di pcit anfan
(N ig r a ,
4 A, 27; 9, 5 (è l ’es. citato
nel testo); 24 A, 6; 28 A. 14 e var. ;
216, 3; 50 A 16; F erraro, 85, 33; 30, 18). A nfan, n el senso preciso di ‘ fig lio ’,
ricorre in
N
igra,
73 H, 13, meno chiaram ente, trattandosi di figli ancora
bam bini, in 8, 11.
2 N
igra,
3 N
igra,
69 C, 1 an sii la riviera del m ar.
70 C, 1 pei bosc a la riviera ; A B, 1 al l-ung de la riviera ;
77 E F, 4 ; 10 C, 26 sii la riviera . Quanto radicata fosse la tradizione di
qu esta espressione fossile e quanto
poco fosse capita ci dice il fatto che
in essa non compare m ai la voce ind igena, esattam en te
equivalen te per
senso, rim a e ritm o, bialera ; cfr., in altra posizione sin tattica, tra v e rsi la
bialera 100 A, 6.
plice v a ria n te fonetica che conserva nel ditton go p a la ta le la
tra c c ia dell’a n tic a nasalizzazione di a l ; p a r tu t t a v i a che essa,
proba b ilm e nte più an tic a e certo più arcaica d e ll’a l t r a forma,
si conservi di p referenza nelle due espressioni a i e na daim a
e iina gentil, Una bela daim a, e a ssu m a di conseguenza un sig ni­
ficato assai più ris tr e tto di quello co nservato da dama -.
Zoli. — In rim a corrisponde e s a tta m e n te a ll’uso francese; la
p arola e ra forse in tesa re tta m e n te , ma e ra rid o tta ad un valore
essenzialm ente esornativo, in fa tti a ll’ in terno del verso ricorre
soltanto nella combinazione fissa zoli fransè, zoli soldci 3.
Fama, fema. — E divenuto 4 scarsissim o e r is tr e t to al senso
di ‘ moglie ' probabilm ente in gra z ia alla form ola mia, vostra fema.
A ll’ infuori di queste rim anenze palesi, la pai te g i à ’ comple­
ta m e n te tr a s f o r m a ta in piem ontese non è sc e vra di t r a t t i che
ci fanno meglio conoscere come sia a v v e n u to il processo di t r a ­
duzione. Già s ’è visto, p e r molti esempi, come una p a ro la possa,
secondo le nuove circostanze in cui viene a tro v a rs i, modificare
o per solito molto lim ita re il proprio significato. D a a ltri casi
poi, diviene m anifesto che là dove in r e a ltà non v ’e ra corrispon­
denza fonetica t r a la voce francese da s o s titu ire e la piem on­
1 D oppioni com e m adam a l'osta 28 D, 4, m adaim a l'osta 28 A, 8 provano
che si tratta di una sem plice variante fon etica ; questo
dinanzi ad una n asale, non è proprio soltan to d ella
residuo
p alatale
lin gu a p o e tic a , una
traccia n e lla parlata viva sopravvive in oimo (uomo).
2 N ig ra,
62 A, 1 S ’a i sun tre sule dàim e ; 143 A, 1 a j
dàim e\ 16 G, 1 j
è
è
d ij cunt
na daim a cita ri incanta ; 102, 2 na tati bela daim a
e de le
a dio
ch’a l'è; l ’esem p io più caratteristico si ha al 34 A, 4 la vostra gentil daim a,
ma più sotto (26): m i l'di m assà la dam a.
3
N
ig ra ,
27 B, 21, p. 384, Tre zo li suldà ; 75, 6 zolì garsun , zolì tam bnr ;
zolì diam an ; zolì fran sè; una sola eccezione : 50 B, 4 el p i zoli d i cui tre,
ma tu tte le altre varian ti l ’hanno perduto e del resto p i zolì è in finale
abbastanza freq u en te; cfr. 73 B, 18; 52 B, 13; 20 B, 20.
4
N
igra,
18 A C, 4 i la voi p e r m ia fema-, 21 A, 1 vostra fema.
— 26 —
tese,
se il contesto stesso non sug g e riv a la p a ro la e s a tta ,
si
c e d e tte m olte volte a ll’ a ttra z io n e di consonanze fo rtu ite che
condussero a m u ta r e c o m p letam en te il senso : cosi pera polia
divenne pera zolia l, la riviera si m utò nella riva del mare 2. In
u n a delle canzoni dell’infanticida, al g a la n te che vuol vedere in
prigione la ragazza cond an nata, si risponde :
Gentil g a la n t i tu rn e re i dum an
I turnerei dum an sii la riv ie r a ;
’L boia sr a ’1 prim e chila la derniera.
In t u t t e le versioni francesi non si dice al g a la n te di to rn a re
a ll’ indomani, m a che a l l’ indomani av re b b e veduto p assa re la
c o n d a n n a ta col carnefice.
Le versioni francesi continuano so­
v e n te aggiungendo :
Quand elle y fû t su r l’echafaud
Elle to urn e la tê te en a rr iè r e 3.
Questo tr a t t o m anca in Piem onte, dove tourner probabilm ente
non fu inteso e provocò una contam inazione di questi versi coi
preced enti e uno scompiglio in t u t t a la chiusa 4.
D a questi sparsi indizi si può n a tu r a lm e n te a rg u ire che, se
in qualche caso le versioni piem ontesi si m anifestano p a r tic o ­
la rm e n te corrotte, ciò av v iene non solo pel fa tto che nel giu n ­
1 Cfr. 51 A, 16 e B, 18.
2 N
ig k a ,
70 D, 1 an sii p e r la riva del mar-, 77 C, 4 sii la riveta.
3 B o u je au d ,
ma i g r e ,
li, p. 241. Cfr.
B la d k ,
o . c .,
p. 52; Rom ania, X, p. 202; Puy-
Chants pop. recueillis dans le p a y s Messin. Paris, 1881, I,
p.
112.
4 È questo in fondo un episodio particolare dei casi di tipo p a rtiru m a
visti più su. Su queste difficoltà di traduzione, v. anche
N
ig r a ,
p. 279.
— 27 —
gere sino a noi esse d o v e tte ro p e rc o rre re più lun ga via, m a
anche
perché
la
trasm issione
incontrò difficoltà d ’ordine lin­
guistico.
*
* *
P rofondam ente diversa a p p a re l’influenza francese in quelle
parole, e sono la g r a n m aggioranza, dove la corrispondenza fra
i suoni stra n ie ri ed indigeni e ra c h ia ra m e n te ed im m e d ia ta m e n te
s e n tita ; in questo caso si so stitu ì senz’a ltro la voce piem ontese.
Le tra c ce di voci non anco ra assim ilate sono assai r a r e e tu tte
in rim a ; è molto se si può citare capitine 1 c on serv ato da una
sola delle
un a
v a ria n ti della “ Cecilia
tirata
con
asso nan za
mare (madre), lena entro
assai ben m a n te n u ta e agreja (ag ­
gra da ) 2. Le p a rtic o la r ità di q u e sta
assim ilazione non offrono
g ra n che di in te re s s a n te ; il suono eh francese, o meglio, i suoi
e quivalenti provinciali, sono resi dai due suoni piemontesi più
prossim i c e s ciambrera (c a m e riera ), m a anche
sambra (ca­
mera), sìvalìé (cavaliere); j fu a ssim ilato a g argent, m a nelle
parole r im a s te francesi fu im p e r f e tta m e n te rip ro d o tto con z:
a rza n , zolf, d a ll’ e sistenza di q u e sta doppia c orrispondenza di­
pende qualche ra ris s im a eccezione nella p rim a c a te g o ria berzera.
bim zur 3. Ma vi sono dei casi in cui. p er l’in te r v e n to di un m o­
tiv o estrinseco, q u e s ta assim ilazione si a r re s tò e la form a f r a n ­
1 N ig r a , 8 B,
13 questa particolare traccia francese ha qualche im por­
tanza non conoscendosi il canto fuor d’Italia che per lezioni catalane.
2 N
ig r a ,
73 C, 13; 69 A, 10 e sgg.; 70 A, 4 cfr. agrea nel citato fram­
m ento di R evello.
3 N i g r a , 51 E, 11; 69 E, 1. Q uesta osservazione vale per il P iem onte pro­
priam ente detto, perchè in varie regioni del M onferrato
reale pronuncia.
#
2
corrisponde alla
— 28 —
cese rim ase, a d a tta n d o si più o men bene alle condizioni della
su a nu ov a p a tr ia . Ad es. impronti si salvò in gra zia a ll’analogia
dei num erosi participi della IY coniug. 1 ; ma i due esempi più
im p o rta n ti di questo fatto, quelli che contribuiscono m a g g io r­
m en te a d are u n ’im p ro n ta francese ai nostri canti, ci son forniti
dai participi della I coniug. Come è noto, la I coniugazione pie­
montese te rm in a gli infiniti in -è, m a il participio d ’ambi i g e ­
neri in -a : mahgé (mangiare), manga (m a n g ia to -a); ora, in questi
canti i participi maschili assumono di freq u e n te essi pu re l ’uscita
in -è, la quale non ha il più lontano riscon tro nella lingua p a r ­
lata. Questi participi compaiono per solito alla fine del verso,
ora in lunghe tira te , ora in semplici distici 2, ma, sia in un caso
che nell’altro, sono per lo più condizionati da u n ’a ltr a rim a in -è,
la quale è sov en te u n a form a di infinito. I casi in cui questi
p articipi
1
N
igra ,
compaiono soli, sono ra ri 3, p a rim e n te rarissim i gli
3 A, 21 pronti, 34 A, 13, 18 ’m prom ì ; 148 B, 11 p r o m is ;
P
in o l i,
Nozze R enier Cam postrini. Torino, p. 9, ’m prom i. E vero che la forma p ie ­
m ontese non soccorreva forse prontam ente il pensiero ; v. per altro
N
igk a ,
148 A, 8 prom etti.
2 Le tirate in -é più o m eno lunghe, più o m eno rotte da altre assonanze
sono freq uentissim e, cfr., ad es.,
N
igra,
46 e 55; per casi di un verso solo,
cfr. 12 A, 21 e 25; 21 A, 23; 142 A, 6. ecc.
3 Y. p. es.
N
igk a ,
136 C, 10 s ’a l’è m ort e sutere
an terra m orta a Ve
tiirnbe. Si tratta di due versi tradizionali ; del resto non possono dirsi com ­
pletam en te isolati perchè sono sosten u ti dalla u scita in -é dei vv. 2-4, 6,
ma, se anche in origine vi si riattaccavano, è ad ogni modo n otevole la
loro conservazione. Lo stesso si dica di altri casi : 12 B, 3 E quand che lu r
a Vati 'vii gire , sii Verbeta a sua sitè (cfr. 5 : site (part.) passe (part.), qui il
prim o
-è
risale direttam ente a ll’originale francese, cfr.
A rbaud,
o . c .,
I, p. 120
Quando agueroun p ro u n cam inat, P arleron de se respau sar; e in una lezione
francese: Nen furen t pas au bord du bois. Ici fa llu t se reposer, Rom ania, X,
p. 205). —
N ig ra,
36, 17 Quand custa letra a Ve arivè, sua m are an ter a Ve
tumbè, sosten uta dai num erosi distici in -¿ sp a rsi n e lla canzone (vv. 9, 13, 15).
F in alm ente a 31 D, 10 e sgg. ci si presenta una lun ga tirata di soli par-
— 29 —
esempi di -è a ll’interno del verso 1 ; essi a tte s ta n o la g ra n d e v i­
ta lità a c q u ista ta da q u e sta form a la quale, s o r ta in origine per
diretto influsso dei singoli esempi francesi, prese poi
1111
largo
sviluppo co m p le ta m e n te indipendente 2.
L a conservazione di q ue sta uscita in -é è essenzialm ente do­
v u ta alla sua consonanza coll'infinito. Ma non so ltan to p er m o­
tivo della rim a, se fosse cosi, noi dovrem m o anche t ro v a re dei
sostantivi conservati come: pré, mèr, poiché, come si vede più
volte nel corso di questo studio, i so sta n tiv i sono assai meno
restii d ’una serie verb ale a conservare l’im p ro n ta str a n ie r a .
In q u e sta insolita docilità del participio e n tra n o altri fa tto ri:
la serie dei participi essendo, di tu tte , la rim a più frequente
che si potesse offrire ad un infinito, era g r a n d is sim a la p r o b a ­
b ilità che proprio t r a i participi si m anifestasse freq u e n te l’oc­
casione di c o nservare l’uscita in -é, e questi casi, p a rtic o la rm e n te
favorevoli, contribuirono, grazie alla coesione morfologica, a so­
ste n e re -é in t u t t a i n te r a la serie. Inoltre, in seguito a ll’u g u a ­
glianza d e ll’uscita -é t r a francese e piem ontese n e ll’infinito, il
senso di co rrispondenza t r a -é del francese e -à del piem ontese
ticipi, sorretta soltanto da Lilcreastifì bela duv’a Vè (v. 8). Ma il confronto
colle altre lezion i m ostra che qui m anca il distico corrispondente ad A 10-11,
che presenta, in tutte le altre varianti, degli infiniti.
1 Cfr. Ferraro, 24, 3, m a il m etro è qui assai corrotto e potrebbe darsi
che in origine la parola si trovasse in finale: N igra, 12 C, 21 l ’un ciapè, 0
s'è Vati lighè
in cui si volle conservare la rim a 111 mezzo
tradizionale,
che per solito è in -à.
di questo verso
2 Infatti esse ricorrono anche in tirate che sono nate sicuram ente in P ie ­
m onte. Alludo qui non soltanto ai canti
riferentisi a storia
piem ontese
(cfr. 140, 6; 141, 4-6; 143 B, 2 ecc.), ma anche tirate in -é con ten u te n elle
sole versioni
piem ontesi di canzoni tradizionali, com e, ad es., q u ella degli
“ Scolari di
Tolosa „ e del “ Moro Saracino „, cfr.
D o n cieu x ,
0. c., pp. 125, 207.
N
igra,
pp. 56,
228 ;
— 30 —
che avrebbe dovuto sa lv a re la forma indigena del participio,
do ve tte essere fortem ente indebolito.
D e ll’in te rv e n to dell’infinito si possono poi dare delle riprov e
n e g a tiv e d ’un qualche valore: p ren diam o un gruppo di canti
raccolto in regioni a p p a rte n e n ti o lim itrofe al Piem o nte dove
anche l’infinito esca in -a : ad es. quelli di N ov a ra , del Canavese,
del basso M onferrato e di C arbo nara (Voghera) ; qui le forme
in -è sia d ’infiniti sia di participi, furono a c c e tta te in fin di verso;
si t r a t t a del resto di te r r e che dovevano av e re assai fam igliare
il dialetto della capitale. Ma queste forme, n o n o sta n te la loro
enorm e frequenza, sono qui in piena r o tta ; esse tendono m a n i­
festam en te, con v a ria forza, a m an ten e rsi solo là dove una pa­
rola d ’a ltro genere le sosteng a colla rima. Pel basso M onferrato,
ad esempio, e N o v a ra l . questo tra p a ss o è anzi in te ra m e n te com­
piuto, vi è già perfino esempio di una lunga tir a ta uscente in ­
te r a m e n te in
-fi,
dove il so sta n tiv o che nelle v a r ia n ti p r e t t a ­
m e n te piemontesi sostiene l'u sc ita in -h. a nel. com pare solam ente
a ll’ interno del v e r s o 2. E perfino C arbonara, che pure m antiene
più volentieri che gli altri di questi paesi l ’uscita verbale in -é,
anche non ac c o m p a g n a ta dalla rima, m o stra un caso in cui due
coppie di infiniti e di participi preceduti da un verso te r m i­
n a n te in prn e seg uiti da uno uscente ili gnent s ’accordano col
primo 3.
1 Per le altre regioni v. Parte 11.
2 A Novara,
N ig ra,
34 B, 13
le tt, a n d v \
77 G, 11
liv e ,
d iz n è ...
c a v a lie r .
In 66 F. quasi tutta la canzone è costitu ita da una tirata di forme verbali
in
-à
anel
e si ha v. 5
lo m i o a n e l l o
voi p e sca r,
m entre le altre varianti hanno
in fine del verso. E se anche la canzone è d’origine italian a (v. P. II),
il caso non perde il suo significato.
P el basso
B 39, 18-15; 43, 6 sgg.; 18. 18-20; 20, 23; 2, 10;
(N igra,
M onferrato, cfr.
N
igra,
F
erraro,
148 D, 1. M ilano
113 C) conserva una lunga tirata in -é, ma evitando gli infiniti che
in vece sono num erosi n elle varianti piem ontesi.
3 N ig ra,
65 G 1 sgg.
p r ù , r iv o lta , d iz n à , r iv ù , d iz n ù , g n e n t.
— 31 —
Per le canzoni provenienti dalla P rovenza le condizioni erano
in v e rtite ; a diversi infiniti: prov. -(/, piem. -é, si opponevano
uguali p a rtic ip i: pieni, -d, prov. -ó. INIa, o perch é la serie del
participio non fosse cosi forte da influire su quella dell’ infinito,
o, più probabilm ente, perché la corrente e le formo francesi e se r­
citarono su questo punto un influsso decisivo, non saprei cita re
che due soli casi d ’infinito in -à, che ricorrono nello stesso canto
e sono del resto s tr e tta m e n te condizionati dalla rim a l.
Il
p a rt. fe n im . della l a coniugazione -a (manyà), quando si
tro v a v a in rim a femminile e dove lo richiedesse l ’assonanza, fu
sostituito da -eja (mamjejci) 2. In sé ste ssa la fo rm a non a p p a r ­
tiene e sclusivam ente al linguaggio poetico; essa vive ancor oggi
in lea (o leja) “ allée „, m a solo nei canti fu a p p lic a ta con qualche
la rgh ezza e da a n tic a da ta , come m ostrano i versi citati della
“ P assione di Revello „. Di questo -eja si può dire a n z itu tto che
e ra od è 3 per solito s t r e tta m e n te condizionato a ll’assonanza e,
in secondo luogo, che non acquistò mai quel g ra do di indipen­
denza per cui si distingue la conservazione di -é al maschile, si
che nel m a g g io r num ero dei casi
è
facile vedere come non solo le
lunghe serie, ma ta lv o lta anche esem pi isolati, risalgano d ire t­
ta m e n te ad un d ete rm in a to modello francese i . Più stabile, più
1
N ig ra,
2
B, 1
:
m aridà, m ar e
p iù
so tto :
ritu rn à
; cfr. D o n c ie u x , o .
c.,
p. 187.
2 L’u scita in -eie c del resto, come ognun sa, frequente n elle canzoni fran­
cesi. Affine e finitim a alla nostra era poi la forma savoiarda, cfr. emmeneia,
T
ik r s o t ,
o. c., p. 124.
3 P er casi isolati
v. arsiisstea 53 A 22, e 53 B 7, 16, dove c ’ è però
qualche barlum e d’un’assonanza fem m in ile in -é-a; 16 F, 3 m arideja d iv e­
nuto m a rid a ja n ella vers. B, m entre in A è sosten uto da fem a; non ho cal­
colato iso la ti g li esem pi di rim a con noiteja e speja.
*
Ciò dipende anche dal fatto che la rim a fem m in ile non si confà al p ie ­
m ontese cosi bene com e l ’ossitona. “ La b ella e il lupo „ conteneva g ià in
-
32 -
spo ntanea, più in dipendente d a ll’assonanza diviene l ’uscita in -eja
delle paro le che sono fuori del sistem a ve rba le come m atìneja,
giurneja 1 e specialm ente speja, noiteja; q ueste u ltim e anzi rie ­
scono a m a n te n e rsi anche a ll’interno del verso 2.
Ora avviene che in tu tto il M onferrato e nella zona limitrofa,
dove i participi fomminili nella ling ua p a r la ta term in an o in -aia
(mangaia),
q u esta u sc ita , che è e quivalente p e r ritm o ad -eja,
le si sia s o s titu ita i n te r a m e n te 3; in qualche luogo è facile ve­
dere come essa sia una n uo v a v e n u ta in mezzo ad u n ’assonanza
in é-a in cui p o rta lo scompiglio 4. Il Monferrino a speja so sti­
tuisce poi n a tu ra lm e n te spaja 5, m a
ove lo richieda il ritm o
Francia assonanza in é-a con participi (cfr. g li esem p i c itati in
p . 367);
N ig ra ,
la m edesim a assonanza è, com e da noi, la caratteristica d elle canzoni francesi
sull'infanticida, cfr. la versione del
p. 58;
R o llax d ,
o. c.,
1, LXY;
l. c., II, p. 240;
p. 112 e le tracce pili o m eno isolate di -eja in
“ R epliche di Marion „ ;
N ig b a,
85
IV, p. 112; B l a d b ,
F o r e z , R o m a n ia
B o u ja o d ,
A B,
N ig ra,
P u y m aig re,
o. c.,
l. c., I,
9, 10. Lo speja d elle
4 trova preciso riscontro in
A rhaud,
0. c., II, p. 112 ; R ee. des tr a d it. p o p . 1, p. 72 ; B o u . t a u d , o. c., Il, p. 65. Ancora,
ru b e ja , che com pare, solo o con sp e za , in tu tte le versioni del “ Moro Sa­
racino
„ N ig ra,
40
A
12,
è
certo nato oltr’alpe, cfr.
parim ente n ella “ Sposa porcaia „
sione provenzale, cfr.
1, p . 3 5 8 ; c f r . i n f i n e
1
N ig ra,
A rbaud,
le n o te
N ig ra,
A rb au d ,
o.
c
.,
1, p. 74;
55 C, lo sp e ja risponde a lla ver­
o. c., 1, p. 91, e a qu ella lorenese R o m a n ia ,
del
N
igra,
p. 299, s u lla
65 C. 2 g iu rn e je , 77 F 12, m a tin e ja
tirata
d e l 50.
(cfr. però re ch ia rela v. 6),
isolato in questa variante non lo sarebbe n elle altre che m antengono l ’as­
sonanza in e sino negli ultim i versi; c ita i 16 F, 16.
'
N ig ra,
54 A, 10 cim la sp e ja a la siti d ir a ;
cfr. 14 A, 13; 34 A, 24;
76 B, 4 n a n o iteja d iir m i cuti r iti; cfr. 14 A, 9, 31 A, 5.
3 In
Ferrar«.»,
50, 15, 17, ricorre un gruppo di e ja : p r e s e ja , n o iteja , jm s-
se ja . ma si tratta d ella canzone che avem m o g ià
occasione di esam inare
com e più delle altre im pregnata di francese.
4 V.
(cfr.
F erii a ro ,
61, 6 n ib a ja , a rn ia d a , in rim a con bela, u a r d e r a , fn e s tr a
N ig r a , 50).
5 Che ricorre anche in regioni lim itrofe: p. es. a La Morra,
13; D, 14.
.
N
igra,
13 C,
-
33 -
ricorre anche a spadinha, cosi come a noiteja fa corrispondere
sem pre noitinha. l'ali dim inutivi non devono certo la loro o ri­
gine a q u e sta circostanza p artic o la re : essi non sono che duo
semplici term in i di u na serie a b b a s ta n z a n u m e ro sa che si dovrà
stu d iare pili ta rd i 1 e noitinn si tro v a in t u t t o il Piem o nte col
significato vezzeggiativo di “ n o tte d ’am ore
m a il leggero p re ­
valere di q ueste due voci in M onferrato fa tu tta v ia p e n sa re che
qui a ragion i ritm ic h e debbano la loro p a rtic o la r fo rtu n a 2.
D a questo insiem e si può forse t r a r r e qualche conclusione: -eja
è sottom esso a ll’assonanza, però la sostituzione di -aja ad -eja
nel M onferrato, m o stra in d ir e tta m e n te come la ra gion e profonda
della conservazione di -eja non sia la r im a ; m a l ’esigenza del
ritm o : la sta b ilità di -eja, m aggiore, a quel che pare, nei so­
sta n tiv i che nei participi, si può sp iegare pensando che in una
serie m orfologica la facoltà di tr a d u r r e , cioè di assim ilare le
forme
s tra n ie re , è p a rtic o la rm e n te
forte ; la fo rtu n a speciale
di speja e di noiteja è poi in fondo un caso analogo a quello di
ahfan. arzan , la loro forza proviene dalla loro e s tr e m a frequenza
che ne fa come delle voci fossilizzate.
Il M onferrato, col suo
-aja al femm inile, non d im o stra in fondo a ltro se non di avere
rag g iu n to , come in ta n ti a ltri casi, uno s ta to più a v a n z a to di
assim ilazione : si noti però che al maschile il p a rt. in -é vi si
conserva, essendo form a ta n to più vita le e s o ste n u ta c o n tin u a­
m e n te d a ll’ infinito.
Del re sto -aja ebbe p e r un m om ento un
concorrente in aita : m aridajta, desfortunajta, restajia : la lingua
p a r la ta di quasi t u tto il P ie m o n te ha foggiato : daita, staita
su faita (fatta) ; la lingua poetica del M onferrato 3 diede se m ­
1 V. più sotto Parte II.
2 A nalogo adattam ento di un dim inu tivo s’ha in m atinela
F
erraro,
34, 45
per il com une matineja.
3 Cfr.
F
erraro,
B
5, 3;
12,
12; 40, 23
inam uraita, restaita, desfortunaita.
3
— 34 —
plicem ente a q u esta formazione pili largo ambito. La fo rtu n a di
ta le form a che toccò a pp e na il confine del Piem on te p ro p ria ­
m e n te detto 1 non fu g r a n d e ;
e si capisce:
-eja, nonché -ajci,
a v e v a in fondo u n ’a ria di fam iglia, offrendo un buon parallelo
colla desinenza della IY coniugazione -ija, o ltre al van ta g g io in­
negabile di m a n te n ere l ’assonanza ; m a se davvero questo m a n ­
te n im e n to ha u n ’ im p o rta n z a secondaria,
ci si può d o m an dare
perché la form a indigen a -aita è n a ta
c o m b attere -eja non
a
in P iem onte, m a proprio nel M onferrato che in -aja possedeva
un ta n to m iglior so stituto della desinenza francese. L a facile
soluzione di questo quesito r is u lte r à d a ll’esam e d’u n 'a lt r a p a r ­
tic o la rità linguistica di questi canti.
*
* *
C’ è un punto in cui la fonetica francese diverge pro fon da­
m ente dalla piem ontese: il destino delle vocali a to n e ; a q u esta
d iv ergen za si
d o v e tte
in vario modo r ip a r a r e perché l 'a n d a ­
m ento ritm ico dei canti fosse salvo. A n z itu tto , in finale di p a ­
rola, il piem ontese non conserva che a (p era ) e pochi esempi di
e(p a re ) e s o p r a ttu tto non ha nulla di simile a ll’e m u ta e mobile
che p e rm e tte alla poesia popolare francese di do ta re d ’u n ’usc ita
fem m inile irrazionale di tipo ore (oro) 2 quelle parole che ne
av essero bisogno. O ra p er sopp erire a questo caso il dia le tto
ricorse n a tu r a lm e n te a ll’ unico modello che gli
soccorresse e
dotò le sue parole della c orrispondente a to n a finale ita lia n a 3.
1 A La Morra, al confine del M onferrato,
N ig r a ,
16 C, 3 e 16 E, 2 : ma-
riii aita.
2 Cfr.
D o n c ik u x ,
o. c.,
p.
xxx.
:t S tra d a e caza sono freq uentissim e (si noti invece che, in grazia della
grande diffusione di speja, scarseggia spada). Frequenti i plurali in-*, estranei
35
—
_
•
.
-
#
F a tto questo primo passo, si andò subito oltre : in finale di
verso, nella libera versione dei canti, questo procedim ento venne
ad essere assai pili di freq uente applicato di ciò che i modelli
francesi a v rebb ero richiesto ; inoltre, la finale ita lia n a servendo
di richiam o,
sovente si introdussero,
in c om pagnia della desi­
nenza *, in te re forme e pai ole italiane. A ll’in te rn o l’a d a tta m e n to
pro ce d e tte in modo diverso,
m a giunse a ris u lta ti analoghi :
qui le esigenze del ritm o erano minori, perché, tr a tta n d o s i di
poesia c a n ta ta , la m a n ie ra della melodia può, fino ad un certo
punto,
in te g ra re le ir r e g o la r ità del verso ; a ll’ intern o infatti
l ’aggiunzione di u n ’a to n a finale italianeggiali te è cosa ra rissim a
e, in canti p r e tta m e n te piemontesi, una v era eccezione 2. Ma solo
a ll’intern o si svolge invece un a ltro fatto di simil ge ne re : il
piem ontese p a rla to ha soppresso V e in protonia : due (denaro),
sutré (so tte rra to ) ; q ue sta sparizione non
è certo molto antica
e in questi canti per solito non ha luogo ; qui dunque il f r a n ­
cese h a sem plicem ente rafforzato un tr a t t o arcaico non ancora
del t u t t o o b litera to del d ia letto denè, su terè; ma, nelle p a r t i ­
celle, n e ll’articolo, nei pronomi, forme come le, me, te, se d o v e t­
te r o spesso su on are come troppo re m o te da quelle dell’uso ai,
am, at e furono so stitu ite da li, mi, ti, si. È probabile che al-
a s s o l u t a m e n t e al p i e m . : cfr. p. es. N
66 A, 8
o n itr e
scudi
; 65 A, 5
; 63 A, 5
41 A, 7
a m u re e
s ia d u r i, e
igra,
37 C, 21
f r a t e li-,
il
sin g o la re
in
-e
ed
core, p a s s i m ;
13 A, 23
fr a d e lin o
48 A, 10
in
-o
; 41 A, 19
A. 43
c a v a je r ó )
3
p r e g ia n e -,
; 69 D, 5
16 F, 15
a p e r ta ,
a ltr o
(ma, E, 17
a u t r o );
77 A, 3
N igra,
c u v a lie r o
fr a d e lin o
(per
ecc....
A lcune volte si può trattare di parole forti d ella loro frequenza,
23 A, 3
b a io ,
p a s s o (pozzo), ecc.
1 Già n e g li esem pi precedenti se ne nota qualche caso, cfr. p. es.
3
s o ld a ti:
: 3 A, 22
; 12 B, 20
b u n g iu r n o ;
18 B, 5
m a r ito -,
vocale piena si evitan o incontri in so liti di consonanti: 43, 1
tu tte le varianti); in oltre 14 B, 5
s in c s e n to m ia .
N
ig ra,
in altri casi colla
b oschi d i
(in
— 36 —
♦
l’origine queste forme non fossero che un im perfetto, m a diretto
a d a tta m e n to di quelle francesi
ma, p rim a o poi, esse furono
se n tite come forme italiane e per q u e sta via si venne foggiando
un articolo singolare lo, plurale li, i pronomi mi, ti, vi, si, inoltre
del, dela, d e li; le quali forme provocarono colla lor presenza la
introduzione di altre,
anche
quando quelle piemontesi fossero
r itm ic a m e n te equivalenti : quel, questo. mio. mìei. Si t r a t t a , n a ­
tu ra lm e n te . di una semplice te n d en z a ; approfondire la cosa non
è possibile, mancandoci l’e s a tta conoscenza delle condizioni r i ­
tm ic he cui ciascun caso obbedisce. Ciò che più im p o rta è l ’a v e r
a sso d a to
che p er una ra g io n e ritm ic a e p e r una p a rtic o la rità
delle vocali ato ne francesi,
il piem ontese è s ta to fa ta lm e n te ,
quasi direi a u to m a tic a m e n te, t r a t t o a d a re una p a tin a ita lia n a
ai suoi canti. E non certo solo p er ragioni ritm iche. Ad un a
fo r tu ita consonanza del francese coll’ italian o si deve, p e r es.,
se furono con se rv a te voci come: rigioir (gioire), rissa mòla (sem­
brare). altrim e n ti ignote al d ialetto, o, se il suffisso -ier, iera ,
in bandoliera, d a m ie ra , prim ier, vulintier 2 e riviera 3, riuscì spesso
vitto rioso sulla form a indigena -era. Q uesta te n den za italianegg ia n te , pure r i s t r e t t a e n tro d e te rm in a te condizioni, assum e un
a s p e tto cosi vistoso e c a ra tte ris tic o da d e s ta r m e ra v ig lia che,
p e r p u ra forza di analogia,
non si sia sp in ta assai più oltre.
Invece app ena, a p p e n a scivola qua e là u n a piccola frase i t a ­
lia n a : a volta gli ojcìii al cielo, con la spada nuda 4 ; se si t r a t t a
poi di serie morfologiche, tr a n n e il caso speciale dei pronomi, la
lin gu a è an c o ra re s tìa ad in tro d u rle an ch e in finale di verso ;
1 V. sopra, g li esem pi dati nel prim o canto
2 N ig ra ,
50
u ssegliese.
A, 14; 10 C, 27; 13 A, 16.
3 Cfr. però N i g r a , 77 F, 4 rivera.
4 E ancora
N
igra,
rito del mio m arito.
79 B, 6 con un buon letto (la
riposare ; 96 B, 11, m a­
— 37 —
nel corpo delle coniugazioni non saprei c ita re che un passe­
ranno 1 ; nei p a rtic ip i m aridata 2, an ch e gli infiniti in are sono
assai r a r i 3 e, a q u a nto sem bra, sem p re condizionati d a ll’asso ­
nanza. Simili ulteriori infiltrazioni riuscirono bensì a trion fa re ,
m a solam ente là dove le condizioni furono loro p a rtic o la rm e n te
favorevoli.
F o r ti tra c c e ita lia ne ricorrono in t u t t o il gru ppo dei canti
dell’alto e del basso M o nferrato ; qui la voce finale d ’appoggio
anche a ll ’in terno del verso è f r e q u e n tis s im a 4, qui più abbon­
da n ti
form e
come fraticin , aucilìn, penna e non r a r i
fra m m e n ti ita li a n iz z a n ti5. Qui assai
piccoli
più n um erosi i verbi con
desinenza a ll’ i t a l i a n a 0 e, apparizione c a r a tte ri s ti c a , num erosi
participi in -atu, i t o 7. A nalog he tra c c e di m a g g io r ita lia n ità
16 D, 10, in fin di rerso. Quanto a 17 B, 2
1 N ig ra,
te r è ?
la p o r t e r a n n o a s u -
si tra tta di una sem p lice deform azione d e ll’interrogativo d ialettale
con pronom e en clitico :
18 D, 2;
2 N ig ra,
3 Per es.,
in s e g n a -ìn e ;
N
ig r a ,
5 P. es.
16 A, 6
6-5 C, 15,
4 Cfr., p. es.,
F
p u r te r a n -n e .
in n a m o r a ti
senza assonanza; 127 B, 6,
ta ju r e ,
erraro
97, 17.
s a m b l a , b a ll a r e - , r i t i r a r e , u n i r e ;
fila r e ,
2 5 ,1 7 ; 2 0 ,8 9 ; 4 2 ,6 2 ; 4 3 ,1 5 ; 79, 28, e c c ....
la r g o d i s p a lle s tr e tto
d is p ia c e r s o la s o la in
79 A, 2d,
m e d ic a r , m a r .
m o n u ste r
m a r n a , q u a l c h e p u r e r e la
d i q n a r tie r
F
erraro,
m i darà
N
ig r a ,
F
erraro,
B 17 ;
77
50, 10;
a ndrem o
mi
u caza
la s s a
d e la
in
m ia
8 (M oncalvo).
F,
8 La differenza dal caso precedente è, s’intende, relativa; si tratta so l­
tanto di un
m aggior num ero di esem p i :
(M oncalvo);
F
F
erraro,
erraro.
B 3, 18-20
anche a ll’interno
fa r e m
rim a
fe s s à r ,
7
78, 14
3, 24
F
27, 3
a s p ittir e m o
roberem ,
N
ig ra ,
; 29, 17
p o r te r e m -,
8, 11
77
F
da rem u,
b a s ir e m
t u fa i- ,
; infiniti in
86, 12. Al confine del M onferrato
erraro,
a n drem o
56, 8
p a ssa ra n n h u ;
N
ig ra ,
-a re ,
90 B, 6
(La Morra) e casi più num erosi d’infinito tronco in -à, dovuti alla
N
ig r a ,
53 A, 24
ta b u s s à
(Bra) ;
m a r id à -la ,
37 C, 4 (La Morra);
cnn-
13 E, 26 (La Morra).
F erraro,
sgg.
16, 19
v in ito ,
sp a rfo n d ò .
r id ito
v in ito ,
(interno); 3 2 ,4 7
p a r tito ,
c u n d u tta -,
p r u v id ita -, F e r r a r o ,
29, 7, 57, 29
B 1, 43
d u n a tu ;
m a le d e tto ;
— 38 —
trov iam o, oltre che nel M onferrato, anche in qualche canto di
G raglia (Biella) e di Sale e Villa Castelnuovo, nel Canavese
Lo s ta to della lingua p a r la ta in t u t t e q ueste te r r e non ha
nulla che giustifichi simili tracce : ne posson far fede, in m a n ­
c anza di m eglio, i vari saggi del Biondelli e del P a p a n t i 2.
Invece im p o rta assai o sserv are che il loro dominio coincide p e r­
f e tta m e n te con quella p a r te del Piem onte che è a p e rta a ll’in v a ­
sione degli stra m b o tti di origine ita lia n a 3. La m assa di questi
diede luogo n a tu r a lm e n te ad una ling ua speciale; di essa v e r a ­
m e n te abbiam o esempio in t u tt o il P ie m o n te in ogni provincia
del quale giunsero canti italian i di v a rio genere, m a nel Mon­
fe rra to e Canavese. che sono a ll’a v a n g u a r d ia di ta le invasione,
q u e sta assu m e in g e n e ra le
1 Sale e V illa Castelnuovo
in te rn i:
23
A,
4
padre-,
23
A,
15
B,
41
-
19
In
fradelin o;
N ig r a ,
G,
6
16
G-,
a n tu rn o ;
63
B,
13
am ante ;
più c r u d i 4; è dunque
fu m e re m o -, proparossitoni
11
135, 1
lo mio sangue l'è coz) dolce.
mio caro padre ;
P a pa n t i,
16
t r a t t i assai
castello;
Per Graglia
B,
69
11
F erraro
C,
B,
il mio
4
marito-,
3
v i tenìrò segreta.
I p a r la r i d ’Ita lia in C ertaldo; Livorno,
q u ello di Carpeneto, p. 69, dove il
76
1
1875,
sp ecialm ente
raccolse tutti i canti che mandò
sotto il nom e di m onferrini.
3
Entro i confini delle parlate piem ontesi, furono raccolti stram botti prin­
cip alm en te
n e ll’alto e nel basso M onferrato
dal
F erraro,
e dal
N ig ra
a
R occa d’Arazzo e V alfenera (Asti) e quindi in numero più o meno grande
a G raglia, a Rocca di Corio e V illa C astelnuovo (Canavese); da Rocca di
Corio e d a ll’alessandrino provengono qu elli del
M a r c o a ld i,
L ig u ri, Piceni, Piemontesi, L om bardi, G enova,
n ella raccolta del
1855;
Canti Umbri,
N ig r a ,
di stram botti p rovenien ti dalla co llin a di Torino, non ce n ’è che uno.
4) Su canti italian i tradizionali giu n ti in tu tto il P iem onte, v.
l. c. Ad es„ il “ T estam en to
raccolto
cfr.
N
in un testo
igra,
p.
162.
R o n f ig l i,
d e ll’avvelenato , solo a Lanzo (Canavese) fu
non ancora assim ilato e ciò nonostante popolare,
Un caso sim ile offre G raglia
(N igra, p. 41 5
e cfr. n.
77
B,
66 B), terra del resto direttam en te aperta ai canti p roven ien ti dal contiguo
novarese. Ma di fram m enti e di canti interi
m ente ricco il basso M onferrato.
ita lia n eg g ia n ti 'e particolar­
-
n a tu r a le
degli
39 -
elio so ltan to qui, ove è alim e n ta to
s tra m b o tti, l’idioma italo-p iem o ntese
uscire dal suo
dalla
ab b ia
tradizione
la forza di
am b ito e di a c c elerare col suo influsso anche
l’italianizzazione del più vasto e vecchio grup po di canti franco ­
piem ontesi. E o ra facile capire perchè i participi di tipo m aridaita sian proprio nati nel M o nferrato : essi sono forme a n a lo ­
giche, f a tte si di m a te r ia indigena, m a prom osse da un a im p e rf e tta
im itazione dei p articipi in -ata ben noti, p er via dell’italiano,
alla lingua poetica di queste regioni.
Avviene cosi che, i n d ir e tta m e n te a g e v o lata dalle condizioni
del s o s tra to francese, q uesta più forte tend enza ita lia n e g g ia n te
della lin gu a poetica popolare, percorra, dal M onferrato e dalle
regioni adiacenti fino al Canavese, dietro alla m a rc ia degli s t r a m ­
botti, la ste ssa via seguita, in ben più antiche età, da num erose
innovazioni p u ram e n te linguistiche 1 per le quali qu este p a r ti
del Piem onte sono più s tr e t t a m e n t e le g a te alle p a r la te
della
m edia p ia n u ra padana.
1 Canavese e M onferrato hanno com une: lat.
ct
>
c
; basso M onferrato e
tu tto il Canavese l ’inf. di prim a coniugazione -a; basso C anavese e M on­
ferrato -i postonico finale in lu ogo di -e.