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INTERNATIONAL
AFRICAITALIA
BUSINESS
Fashion & Luxury
Dicembre 2013
Da Lagos a Johannesburg
va di moda il lusso
Da Casablanca a Luanda, da Lagos a Johannesburg, dilagano i super mall dove i marchi italiani
sono al centro delle attenzioni dei nuovi ricchi. Ma non tutti scelgono questa strada per vendere...
di Martina Mazzotti
C’
Ferruccio Ferragamo,
presidente della società, e,
sotto, una creazione della
maison fiorentina cucita
e lavorata
a mano
da donne
africane, per
l’iniziativa
Bags for
Africa
era una volta un castello incantato di 6
mila metri quadri, si
affacciava sull’oceano, appena fuori
Casablanca, e al suo interno dicono ci fosse una fontana musicale, la
terza più grande del mondo, un acquario cilindrico da un milione di
litri con più di 40 specie diverse di
pesci, un’immensa pista da pattinaggio e un cinema imax da mille
metri quadri… l’unica cosa falsa è
che non si tratta di una fiaba incantata ma della più attuale delle realtà, il
Morocco Mall, terzo shopping center più grande del mondo. In Africa,
come in buona parte delle economie emergenti, sono questi i nuovi
regni del lusso e della moda, sorve-
Secondo Bain & Company, nel
mercato globale dei beni di lusso
molti brand considerano il Sud
Africa uno dei paesi con le migliori
possibilità di espansione. Il mercato
vale oltre 500 milioni di euro
gliati 24/24, protetti, condizionati.
Anche se tutto questo si può rivelare un incantesimo effimero, come i
recenti fatti di Nairobi hanno drammaticamente dimostrato. Ma tant’è.
Al Morocco Mall ha aperto il primo
Galerie Lafayette Store dell’Africa,
accanto ai brand del made in Italy,
Fendi, Gucci, Ermenegildo Zegna,
Miu Miu e Prada, che a Casablanca
ha esordito nel continente aprendo
due negozi, uomo e donna. I maggiori fruitori del Marocco Mall
sono, oltre ai turisti affascinati più
dal contenitore che dal contenuto,
i giovani marocchini benestanti e
Pietro Negra, presidente e
fondatore di Pinko e alcune
delle creazioni di Marina
Spadafora. Sopra una delle
soluzioni di marketing del
brand di Parma per fare
conoscere la collezione
50
in carriera che considerano questo
castello dello shopping un monumento all’orgoglio nazionale. «Un
simbolo dell’abilità della loro terra di assorbire le mode e i trend a
livello globale senza perdere la loro identità», ha spiegato Davide
Padoa, ad dello studio di architettura Design International che ha
eseguito il maestoso progetto. Al
Cairo valgono circa le stesse
misure da concorso per il Mall of
Arabia, scelto per
entrare nel continente dall’italiano
Gruppo Teddy, multinazionale a gestione
familiare fondata a
Rimini nel 1961 da
Vittorio Tadei, che oggi con i sui tre brand,
Calliope, Terranova e
Rinascimento, compete a livello internazionale con i colossi del fast
fashion. I tre brand sono presenti in 45 paesi con oltre 571 negozi.
Il fatturato consolidato della multinazionale ha raggiunto nel 2013
quota 484,8 milioni di euro grazie a
69,9 milioni di capi venduti. Teddy
ha portato in Nord Africa Terranova
e Calliope, aprendo fra Marocco,
Libia ed Egitto 19 punti vendita,
di cui 12 solo in Egitto. Nel 2013
fra il Cairo e Alessandria ha inaugurato ben quattro negozi, oltre al
punto vendita in Marocco «per noi
uno dei nuovi mercati più promettenti dell’anno».
In Egitto, Ferragamo sta proseguendo la sua espansione commerciale:
un anno apriva il suo secondo punto vendita al Cairo Down Town, nel
Katameya Mall, lo shopping center
più esclusivo della città. E la stessa
location, il Katameya Mall, è stata scelta anche da un altro italiano
che guarda al continente africano
con grande interesse: Paul & Shark,
brand sportivo di lusso, fondato nel
1921 a Masnago, Varese.
Una capitale emergente del lusso
è Lagos, Nigeria, secondo centro
urbano africano con 11 milioni
di abitanti, dove ha preso piede la
Lagos Fashion Design Week, even-
Dicembre 2013
to che ha l’ambizione di diventare
un punto di riferimento per la moda a livello continentale. A Victoria
Island, il quartiere degli affari, ha
aperto in aprile il flagship store di
Ermenegildo Zegna, progettato dagli architetti dello Studio Beretta di
Milano, 155 metri quadrati. Vende
la collezione Couture, fatta a mano, l’esclusivo servizio Su Misura,
con un’apposita area dedicata, la linea Sartoria, con il tradizionale stile
italiano rivisitato in silhouette contemporanee, e la collezione Zegna
Sport. A spingere Gildo Zegna,
ceo del gruppo, ad aprire a Victoria
Island, vicino alle showroom di
Porsche e Bentley, è stata la verifica sugli scontrini, circa 2 mila,
rilasciati ai clienti nigeriani, nei negozi di Lisbona, Londra, Parigi e
Milano. «Il 50% superiori a quello
medio», hanno spiegato da Zegna.
Adiacente a Victoria Island, a Lagos,
sorgerà entro il 2020 Eko Atlantic,
un altro unicum. Sarà il quartiere
per milionari appoggiato su una striscia di sabbia artificiale, così grande
da essere come una città nella città
in grado di ospitare più di 250 mila residenti. «Il mercato del lusso
in questa parte dell’Africa per ora
è molto ristretto», ha avvertito, tuttavia, Claudia D’Arpizio, partner
della società di consulenza Bain &
Co. Gli shopper arrivano dall’Angola, dalla Nigeria e dal Mozambico,
in genere viaggiano per business,
fanno acquisti di lusso all’estero, e
per lo più sono uomini. Gli angolani ad esempio comprano molto
in Portogallo e Spagna, i nigeriani a Dubai. Quindi il target di chi
entra in questi mercati interessa so-
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prattutto marchi di moda maschile e
di orologi. Un marchio italiano che
ha puntato sul businessman africano è Neracamicie. Fondata nel 1984
dall’imprenditore milanese Walter
Annaratone, Neracamicie, specializzata nel capo col colletto, vende
2 milioni di pezzi all’anno ai quattro
angoli del pianeta ed è già attivo in
Mozambico e a Lagos con due punti
vendita: la scorsa estate ha inaugurato il suo quarto negozio africano,
debuttando in Marocco, nella capitale, al Rabat Mega Mall.
L’altra capitale nel mirino dei grandi marchi del fashion di lusso è
Luanda, Angola, la città con il più
alto costo della vita del mondo, secondo l’affidabile Mercer’s Cost of
Living Rankings Report 2013. Il
dato, riferito, ovviamente, a non residenti e turisti, spinge in alto i valori
di mercato: l’affitto corrente di una
casa di lusso con tre camere da letto è di un po’ più di 11 mila euro al
mese. Le persone di nazionalità cinese che vivono in Angola sono più
di 260.000, rendendo di fatto questa
la più numerosa comunità straniera
del paese. Per cui la linea aerea di
bandiera Taag ha già annunciato che
aumenterà entro il prossimo anno
da due a tre i voli diretti settimanali con Pechino. Vicino a Luanda,
a Kilamba Kiaxi, sta sorgendo una
new town, interamente finanziata
da capitali cinesi, con appartamenti per 120 mila persone. Tutti dati
che fanno prevedere un indotto per il
mercato del retail e della moda. Per
questo motivo anche Prada ha inserito Luanda tra le nuove aperture in
calendario nel 2014. Johannesburg,
Sud Africa, è invece una meta affer-
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Alessandro Benetton,
presidente del gruppo
omonimo, uno dei
brand più distribuiti in
Africa. Sotto, il negozio
di Zegna aperto
recentemente a Lagos
in Nigeria e, più in
basso, l’interno della
boutique di Prada a
Casablanca. La borsa,
qui sotto, è di Roger
Vivier, un marchio del
gruppo Tod’s
mata e consolidata,
ma non per questo meno appetibile
per Diesel, Superga,
Ferragamo, Fendi,
Roberto Botticelli,
Armani, presenti nello shopping center
più antico del continente, Sandton City,
aperto nel 1973, che
oggi punta a moltiplicare per cinque la
superficie di vendita,
da 30 a 160 mila metri quadrati. Secondo
Bain & Company,
nel mercato globale dei beni di lusso
molti brand considerano il Sud Africa
uno dei paesi con le
migliori possibilità di espansione. Il
mercato vale oltre
500 milioni di euro,
e gode di un tasso di
urbanizzazione elevato, che nel 2011
ha raggiunto il 62%,
rispetto al 47% della Cina. Questa
popolazione urbana in crescita aumenta la densità dei consumatori
e delle attività retail, stimolando i
consumi. Il 60% dei miliardari africani, 71 mila persone, vive in Sud
Africa, ha rilevato ancora Bain, con
un numero di grandi ricchi superiore a quello dell’Arabia Saudita
e degli Emirati arabi.
Non è detto, tuttavia, che la strada
della crescita in Africa passi inevitabilmente per la caccia al milionario.
C’è anche, per esempio, chi ha scelto di venire a produrre. Pioniere
di questo approccio sono due big
della moda internazionale come
Vivienne Westwood e
Stella McCartney,
impegnate da
anni nella cooperazione per la
produzione di
collezioni di accessori in vendita
nelle rispettive
boutique, il cui
motto, in linea
con una sempre
Bags for Africa
È L’ANNO DEL VINTAGE
U
n progetto fashion tutto in chiave africana è Bags for Africa, giunto
alla sua quarta edizione. Quarantacinque aziende, italiane e non,
hanno donato una borsa in stile vintage, questo il tema dell’anno,
per l’asta benefica che si è tenuta, in grande stile, nel Salone
d’Onore della Triennale di Milano il 26 novembre (a partire dalle 19).
L’evento è realizzato da Coopi (www.coopi.org) in collaborazione
con la Camera Nazionale della Moda Italiana, Christie’s Italia, che
ha battuto all’asta le esclusive borse, Morino Studio e Vanity Fair. Fra i
fashion designer italiani presenti Moschino, Alberta Ferretti, Roberto
Cavalli, Balestra, Trussardi, Tod’s e Salvatore Ferragamo, che
per l’occasione propone, già da due anni, un prodotto
unico interamente cucito e lavorato a mano da donne
africane. Marina Spadafora, creativa pioniera del
design for Africa e ambasciatrice della moda
etica in Italia, ha, invece, disegnato la linea Pinko
Bags for Ethiopia. Le borse sono tutte in cotone
100% africano, prodotte in una fabbrica di Adis
Abeba a regime ecologico e sostenibile in cui
lavorano solo donne. «Spero di contagiare altri
colleghi e brand a intraprendere questa strada
che può rendere la moda un catalizzatore di
cambiamento e rinnovamento nella società», ha
spiegato la designer.
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più diffusa critica al charity tradizionale, è Trade Not Aid. Per l’Italia
in prima linea c’è Diesel (vedere intervista a pagina 33). «La promessa
del mercato africano, sia in termini di produzione di beni di lusso
che di consumo degli stessi, non
è più un miraggio di buon augurio
bensì una realtà che va affrontata,
capita e sfruttata», aveva ricordato Suzy Menkes, firma autorevole
dell’International Herald Tribune,
ora al New York Times, a Roma in
novembre, un anno fa, presentando
l’iniziativa The Promise of Africa.
Da qui è nato il progetto Fashion 4
Development per favorire l’accesso di giovani designer e produttori
africani e di altri paesi emergenti ai
mercati internazionali e alle catene
di distribuzione della moda. In linea
con la posizione del segretario delle
nazioni Unite, Ban Ki-moon, che intervistato da Carla Sozzani al Palazzo
di Vetro ha ricordato: «L’Africa non
ha bisogno di beneficenza, ma di investimenti e partnership anche in
settori non convenzionali come quello della moda».