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Dispensa Master MySolution | 2016-2017 Seconda giornata La quotidianità in studio: gli errori da evitare per non incorrere in responsabilità professionali Dispensa chiusa in redazione il 11 novembre 2016 www.mysolution.it Sommario Sommario Programma della giornata *** 1. L’editoriale 1 2. Slides della giornata 3. Approfondimenti d’Autore 63 3.1 La responsbilità civile del commercialista nello svolgimento del mandato professionale 64 3.2 La responsbilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale 71 3.3 Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari 75 3.4 Aspetti tributari inerenti le problematiche assicurative 83 3.5 L’incarico al professionista non solleva il contribuente dalla responsabilità penale 86 3.6 Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi 89 Dispensa | Master MySolution II Dettaglio del programma Dettaglio del programma ▶ Il ravvedimento operoso alla luce dei più recenti chiarimenti: spunti pratici per l’applicazione ▶ Le dichiarazioni integrative e la correzione degli errori contabili in Unico ▶ Le sanzioni amministrative e penali alla luce della riforma ▶ Le istanze di rimborso ▶ La responsabilità connessa all’attività del libero professionista ▶ Responsabilità per colpa grave o dolo ▶ Errori commessi da sostituti o collaboratori del professionista ▶ Responsabilità del professionista nelle società professionali ▶ Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale verso il cliente e verso terzi ▶ Responsabilità connesse alle cariche sociali ▶ Responsabilità connesse agli incarichi giudiziari ▶ Profili penali e sanzionatori Dispensa | Master MySolution ... 1. Editoriale a cura di Mauro Nicola 1 – Editoriale – 2° Giornata Master MySolution 2016-2017 1. L’editoriale a cura di Mauro Nicola La scelta del legislatore dalla riforma degli anni Settanta del secolo scorso è stata quella di improntare il rapporto tributario sull’adempimento diretto e spontaneo del soggetto passivo d’imposta; il procedimento dell’accertamento tributario che ne è scaturito si apre, pertanto, con la presentazione della dichiarazione da parte del contribuente e si sviluppa attraverso i vari adempimenti finalizzati all’autotassazione. Nella fase successiva entra in gioco il ruolo dell’Agenzia delle Entrate, nei cui compiti precipui rientra il controllo delle dichiarazioni presenti a sistema, in via automatizzata, mediante incrocio dei dati dichiarati con quelli disponibili nelle specifiche banche dati, alimentate anche dalle numerose comunicazioni fiscali oggi previste e domani aumentate! Il controllo successivo può far emergere maggiori imposte da versare per effetto di errori od omissioni dichiarative, che vengono segnalati al contribuente mediante specifiche comunicazioni, i cosiddetti “avvisi bonari”, con invito a pagare le somme indicate e con l’avvertenza che, in caso di inottemperanza nei termini prescritti, le medesime somme sono iscritte a ruolo. Inoltre, sulla base di apposite direttive interne annualmente stabilite dall’Autorità di governo, alcune posizioni fiscali vengono selezionate per un controllo più approfondito: in tal caso si entra nella cd. “fase tecnica dell’accertamento”, che l’ufficio può condurre “a tavolino” sulla base degli elementi di cui già dispone, ovvero invitando il contribuente ad esibire documenti e fornire informazioni, instaurando così un vero e proprio contraddittorio. In tutto questo processo importante, oseremmo dire indispensabile, appare l’intervento dell’operatore tributario con le responsabilità consequenziali che ne discendono per lo stesso. Proprio per queste ragioni nel corso della seconda giornata del nostro master intitolata: LA QUOTIDIANITÀ IN STUDIO: GLI ERRORI DA EVITARE PER NON IN INCORRERE IN RESPONSABILITÀ PROFESSIONALI verranno affrontati temi quali il ravvedimento operoso alla luce dei più recenti chiarimenti forniti dalla circolare numero 42/E/2016 che ha fornito spunti pratici per l’applicazione corretta delle disposizioni contenute nell’articolo 13 del D. Lgs. n. 472/97. Non verrà però dimenticata l’analisi delle dichiarazioni integrative e la correzione degli errori contabili in Unico anche e soprattutto per le modifiche intervenute alla regolamentazione delle stesse in forza del contenuto del recentissimo D.L. n. 193 del 2016, ma verrà concentrata l’attenzione pure sulla formalizzazione delle istanze di rimborso. In particolare analizzando il contenuto della circolare n. 33/E/2016 che fa il punto sulla situazione e chiarisce alcuni aspetti resisi di dubbia interpretazione alla luce delle novità introdotte dai decreti legislativi attuativi della legge delega per la revisione del sistema fiscale n. 23/2014. Peraltro non più tardi di un anno fa il decreto legislativo numero 158 del 2015 ha profondamente innovato la disciplina delle sanzioni amministrative e penali contenenti alcune brutte notizie per il contribuente quali quella dell’allungamento del periodo di prescrizione dell’accertamento tributario di un anno. Infatti la seconda fase della riforma fiscale è stata attuata con l’approvazione di una serie di decreti legislativi, tutti in data 24 settembre 2015, che hanno introdotto una revisione sostanziale alle seguenti aree di interesse tributario: − sistema sanzionatorio tributario, sia sotto il profilo penale che amministrativo (D.Lgs. n. 158/2015); − interpelli in materia fiscale e contenzioso tributario (D.Lgs. n. 156/2016); Dispensa | Master MySolution 3 1 – Editoriale – 2° Giornata Master MySolution 2016-2017 − razionalizzazione del sistema di riscossione dei tributi (D.Lgs. n. 159/2015). Successivamente, la legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) è intervenuta in materia di accertamento con due disposizioni importanti; da un lato, è stata prevista una sostanziale modifica dei termini ordinari di cui dispone l’Amministrazione finanziaria per procedere all’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva, con la contestuale eliminazione del raddoppio dei termini accertativi in presenza di responsabilità penali tributarie; dall’altro è stata introdotta una norma procedurale rivolta agli organi inquirenti i quali, nell’accertare reati di ogni genere, da cui possano derivare in capo al reo proventi illeciti, dovranno notiziare tempestivamente l’Agenzia delle Entrate, per consentire alla stessa di attivare le ordinarie procedure accertative. In relazione al primo intervento della legge di stabilità 2016, va evidenziato come lo stesso avvenga a soli pochi mesi dalla compiuta revisione del regime di decadenza dal potere accertativo, disposta dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, creando una serie di problemi interpretativi che stanno tuttora assiduamente impegnando le aule delle Commissioni tributarie, con particolare riferimento all’operatività del raddoppio dei termini per l’accertamento tributario. Quanto alla responsabilità connessa all’attività del libero professionista questa sarà analizzata per le eventuali omissioni, o errori commessi dai sostituti, o dai collaboratori del professionista, suddivisi, e affrontati, sia in ambito di responsabilità per colpa grave, sia in ambito di responsabilità per dolo. Ma il nostro master analizzerà anche le responsabilità del professionista quando opera sotto la conformazione giuridica delle società professionali, ovvero nello svolgimento delle funzioni sue proprie nel corso degli incarichi di natura giudiziaria, o in qualità di componente di organi sociali, amministrativi o di controllo, che siano. Non verranno poi dimenticati i profili penali e sanzionatori extracontrattuali verso i clienti e verso terzi. legati alle responsabilità contrattuali ed In sintesi si parlerà di Noi e dei Nostri problemi quotidiani di studio! Vi aspetto in aula! 4 Dispensa | Master MySolution 2. Slides della giornata a cura dei relatori Master MySolution 2016-2017 II GIORNATA La quotidianità in studio: gli errori da evitare per non incorrere in responsabilità professionali PRIMA PARTE Il ravvedimento operoso alla luce dei più recenti chiarimenti: spunti pratici per l’applicazione Le sanzioni amministrative e penali alla luce della riforma Le dichiarazioni integrative e la correzione degli errori contabili in Unico Le istanze di rimborso SECONDA PARTE La responsabilità connessa all’attività del libero professionista Responsabilità per colpa grave o dolo Errori commessi da sostituti o collaboratori del professionista Responsabilità del professionista nelle società professionali Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale verso il cliente e verso terzi Responsabilità connesse alle cariche sociali Responsabilità connesse agli incarichi giudiziari Profili penali e sanzionatori Il ravvedimento operoso alla luce dei più recenti chiarimenti: spunti pratici per l’applicazione Distinzione fondamentale Nuove sanzioni dal 01.01.2016 Liquidazione automatica o controllo formale 15% / 30% Infedeltà dichiarativa 60% - 90% - 135% Calcolo sanzione in funzione dell’errore commesso Le condizioni SONO CAUSE OSTATIVE Avvisi di accertamento Liquidazione automatica Controllo formale NON SONO CAUSE OSTATIVE Accessi Ispezioni Verifiche e altre attività di accertamento Le riduzioni della sanzione Tutti i tributi 1/10 Mancato versamento tributo sanato entro 30 giorni 1/9 Ravvedimento di qualsiasi errore entro 90 giorni dall’errore o, in caso di errori commessi in dichiarazione, da termine di presentazione della stessa 1/8 Ravvedimento di qualsiasi errore entro termine presentazione dichiarazione anno in cui si è commesso errore Tutti i tributi Tutti i tributi 1/7 Ravvedimento di qualsiasi errore entro termine presentazione dichiarazione anno successivo a quello in cui si è commesso errore Tributi ADE 1/6 Ravvedimento di qualsiasi errore oltre termine presentazione dichiarazione anno successivo a quello in cui si è commesso errore Tributi ADE 1/5 Ravvedimento di qualsiasi errore in caso di avvenuta notifica di un PVC 1/10 Per presentazione dichiarazione con ritardo non superiore a 90 giorni da originaria scadenza La CM 23/E del 09.06.2015 • Tra i tributi amministrati dall’Agenzia rientrano, oltre alle imposte dirette, l’IVA, le imposte / entrate erariali, anche l’IRAP e le addizionali comunale e regionale all’IRPEF. • La riduzione delle sanzioni nella misura di 1/5 (PVC), pur in assenza di un’espressa previsione normativa in tal senso, è possibile esclusivamente nel caso di contestazione su tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, analogamente a quanto previsto per il ravvedimento di cui alle lett. b-bis) e b-ter). Tributi ADE Tutti i tributi La CM 6/E del 19.02.2015 Domanda Si chiede di sapere se nella nuova disciplina del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13, D.lgs n. 472/97, come modificata dalla Legge di Stabilità 2015, con particolare riguardo alla definizione delle violazioni già constatate, debba ritenersi confermato l’orientamento delle Circolari n. 180 e n. 192 del 1998, circa l’onere di regolarizzare distintamente le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione). Risposta La Legge di Stabilità 2015 pone l’obiettivo di incidere significativamente sulle modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti. (…) Ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate si applicano le novità in materia di ravvedimento, comprese quelle relative alla eliminazione della preclusione secondo la quale l’istituto del ravvedimento può essere adottato a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento. Le novelle normative, però, non modificano, per il resto, l’assetto generale dell’istituto del ravvedimento. Pertanto, anche con riguardo alla definizione delle violazioni già constatate, si ritiene che debba ritenersi confermato l’orientamento delle Circolari n. 180 e 192 del 1998 circa l’onere di regolarizzare distintamente le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione). Addio vecchie definizioni Dal 01.01.2016 DEFINIZIONE INVITI A COMPARIRE DEFINIZIONE PVC RAVVEDIMENTO OPEROSO ACQUIESCENZA RAFFORZATA CUMULO GIURIDICO RATEAZIONE NO CUMULO GIURIDICO NO RATEAZIONE Il ravvedimento «breve» (1 di 2) Art.23, co.31 DL 98/2011 Per i versamenti effettuati con ritardo NON superiore a 15 giorni, riduzione di 1/15 per ogni giorni di ritardo, della sanzione ordinaria del 30% Dal 01.01.2016, per i versamenti con ritardo NON superiore a 90 giorni, si applica la sanzione ridotta alla metà (15%) (CM 41/E del 2011): Si ricorda infine che, come chiarito dalla circolare n. 138/E del 5 luglio 2000, la diminuzione in esame spetta “indipendentemente dal verificarsi delle condizioni richieste per il ravvedimento”. Ciò significa che anche nei casi in cui non opera il ravvedimento operoso l’ufficio applicherà la sanzione di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 tenendo conto, al verificarsi dei presupposti, della riduzione ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo Il ravvedimento «breve» (2 di 2) Debito 1.000 euro GIORNI DI RITARDO SANZIONE IRROGABILE RIDUZIONE 1/10 RAVVVEDIMENTO 1 10 euro 1 euro 10 100 euro 10 euro 14 140 euro 14 euro 15 150 euro 15 euro Sanzione ordinaria Il ravvedimento «frazionato» RM 67/E DEL 2011 Il ravvedimento operoso dell’intero importo omesso non è valido qualora: - preveda solo il pagamento della “prima rata” entro i termini normativamente previsti (mentre i versamenti delle rate successive sono effettuati oltre tali termini); - tra un versamento e l’altro vengono posti in essere controlli fiscali. In tali due ipotesi il beneficio del ravvedimento operoso trova applicazione solo per le rate pagate (unitamente ai relativi interessi e sanzioni) nei termini previsti e prima di eventuali controlli fiscali (in senso contrario, Cass. 19017/2015). RAVVEDIMENTO ≠ RATEAZIONE Errori sul ravvedimento Ravvedimento perfetto: IMPOSTA SANZIONI CM 27/E del 2013 Piccoli errori non ostacolano il fatto che una parte del versamento sia correttamente sanato OCCORRE CODICE SANZIONE SU F24 INTERESSI CM 42/E del 2016 Tributo, interessi e sanzioni possono non essere contestuali ma che il perfezionamento del ravvedimento avviene esclusivamente al momento del versamento della sanzione Errori sui versamenti da definizione Definizione sanzioni art. 17 • MANCA AUTOMATISMO SUGLI ERRORI • LIEVI RITARDI SONO SCUSABILI • VERSAMENTI CARENTI SONO SCUSABILI SOLO OVE LA DIFFERENZA SIA ASSOLUTAMENTE MODESTA Accertamento con adesione CM 65/E DEL 2001: VALUTAZIONE RIMESSA ALL’UFFICIO Definizione integrale art. 15 Il lieve inadempimento L’art. 15 ter del D.P.R. 602/73, inserito dall’art. 3 bis del D. Lgs. 159/2015, prevede l’istituto del “lieve inadempimento” che esclude la decadenza dalla dilazione in caso di lieve inadempimento dovuto a: • insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000 euro; • tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni. La norma si applica anche con riguardo a: • versamento in unica soluzione delle somme dovute ai sensi dell'art. 2, co.2, e dell'art. 3, co. 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462 (36bis/36ter); • versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute ai sensi dell'articolo 8, co.1, del D.Lgs.19 giugno 1997, n. 218 (acc.to con adesione). Le sanzioni amministrative e penali alla luce della riforma Violazioni dichiarative: le sanzioni amministrative dal 2016 (1 di 2) La riforma incide sulla «forbice» tra minimo edittale e massimo irrogabile. Dichiarazione Dichiarazione INFEDELE OMESSA Se presentata Condotte FRAUDOLENTE Condotte di scarso PROFILO ENTRO I TERMINI PER L’INVIO DI QUELLA DELL’ANNO SUCCESSIVO Aumento della metà Riduzione di un terzo Riduzione della metà Decorrenza? Violazioni dichiarative: le sanzioni amministrative dal 2016 (2 di 2) Dichiarazione Dichiarazione INFEDELE OMESSA Fino al 31.12.2015: dal 100% al 200% Fino al 31.12.2015: dal 120% al 240%, min. € 258 Dal 01.01.2016: dal 90% al 180% Dal 01.01.2016: dal 120% al 240%. Min. € 200 Condotte FRAUDOLENTE di scarso PROFILO Presentazione entro termine invio dich. anno successivo Aumento della metà (dal 135% al 180%) Riduzione di un terzo (dal 60% al 90%) Riduzione della metà (dal 60% al 120%) Non risultano imposte dovute Non risultano imposte dovute Presentazione entro termine invio dich. anno successivo Prima 258/1.032 Oggi 250/1.000 Prima 258/1.032 Oggi 150/500 Sanzioni per indebite compensazioni Per credito inesistente si intende quello «in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e 54-bis del DPR 633/72». Credito INESISTENTE DAL 100% AL 200% (da dl 185/08) Viene meno l’aggravante originariamente prevista per le indebite compensazioni superiori a 50.000 euro per la quale la pena era del 200% Credito ESISTENTE MA IN MISURA INFERIORE A QUELLO SPETTANTE 30% Sanzioni penal-tributarie: principali modifiche (1 di 3) Con il D.Lgs. 158/2015, le sanzioni penal-tributarie sono state fortemente riformate, con decorrenza 22.10.2015, andando a modificare il D.Lgs. 74/2000. PRIMA ORA Art.2 Dichiarazione fraudolenta mediante fatture false Da 1 anno e 6 mesi a 6 anni Riferimento alle dichiarazioni annuali Da 1 anno e 6 mesi a 6 anni Riferimento alle dichiarazioni annuali Art.3 Dichiarazione fraudolenta mediante altri artefici Da 1 anno e 6 mesi a 6 anni Riferimento «mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento> Da 1 anno e 6 mesi a 6 anni Riferimento «operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente>. Nuove soglie di non punibilità Sanzioni penal-tributarie: principali modifiche (2 di 3) PRIMA ORA Art.4 Dichiarazione infedele Da 1 a 3 anni Riferimento a elementi passivi «fittizi» Per essere punibili, congiuntamente: Imposta evasa > € 50.000 Elementi sottratti a tassazione > 10% dei complessivi e comunque > 2 milioni Da 1 a 3 anni Riferimento a elementi passivi «fittizi» Per essere punibili, congiuntamente: Imposta evasa > € 150.000 Elementi sottratti a tassazione > 10% dei complessivi e comunque > 3 milioni Art.5 Omessa dichiarazione Da 1 a 3 anni Riferimento dichiarazioni redditi ed IVA Da 1 anno e 6 mesi a 4 anni Riferimento a dichiarazione redditi, IVA e sostituti di imposta Sanzioni penal-tributarie: principali modifiche (3 di 3) Art. 10 bis Omesso versamento ritenute dovute o certificate Art. 10 ter Omesso versamento IVA Art. 10 quater Indebita compensazione PRIMA ORA Da 6 mesi a 2 anni Da 6 mesi a 2 anni Soglia di non punibilità: € 50.000 Soglia di non punibilità: € 150.000 Da 6 mesi a 2 anni Da 6 mesi a 2 anni Soglia di non punibilità: € 50.000 Soglia di non punibilità: € 250.000 Da 6 mesi a 2 anni Soglia di non punibilità: € 50.000 Da 6 mesi a 2 anni per compensazione crediti «non spettanti» Soglia di non punibilità: € 50.000 Da 1 anno e 6 mesi a 6 anni per compensazione crediti «inesistenti» Soglia di non punibilità: € 50.000 Sanzioni 2016 ed effetti sul ravvedimento RIDUZIONE DAL 30% AL 15% DELLA SANZIONI PER VERSAMENTI EFFETTUATI ENTRO I 90 GIORNI Dal 1° al 14° giorno Dal 1% al 14%, in base al giorno di pagamento Ravvedibile a 1/10 Dal 15° al 30° giorno 15% Ravvedibile a 1/10 Dal 31° al 90° giorno 15% Ravvedibile a 1/9 Oltre il 90° giorno 30% Ravvedibile violazione versamento / dichiarativa Assonime Circ. 15 dell’11.05.2015 • «In primis, ci si chiede come mai l’adozione di tale istituto, che intende invogliare la compliance, assuma rilevanza in sede penale esclusivamente quale attenuante. In altri termini, proprio alla luce dell’intenzione del legislatore di ottenere “il massimo adempimento spontaneo degli obblighi tributari da parte dei contribuenti”, sarebbe opportuno forse estendere gli effetti del ravvedimento in ambito penale». • «Sott’altro profilo, permangono talune rilevanti criticità dell’istituto concernenti, per esempio, l’impossibilità anche nel nuovo assetto dell’istituto di avvalersene in caso di omessa dichiarazione oltre il termine previsto per la c.d. dichiarazione tardiva; aspetto questo che andrebbe preso attentamente in esame, come meglio vedremo in seguito, per evitare inique e poco giustificate differenziazioni». Le dichiarazioni integrative e la correzione degli errori contabili in Unico Decadenza dei termini per l’accertamento QUANDO SI PRESENTA INTEGRATIVA TERMINE PER ACCERTAMENTI DECORRE, PER LE POSTE MODIFICATE, DA PRESENTAZIONE NUOVO MODELLO TERMINE PER NOTIFICA CARTELLE DECORRE DA ANNO SUCCESSIVO A PRESENTAZIONE NUOVO MODELLO Distinzione fondamentale A favore Dichiarazione integrativa A sfavore Analoghi effetti sulla decorrenza dei termini L’emendabilità della dichiarazione La dichiarazione correttiva nei termini Modalità per rettificare o integrare – entro la scadenza del termine di presentazione una dichiarazione già presentata. Nel frontespizio occorre barrare la casella «Correttiva nei termini». Non è soggetta a sanzioni, salva la necessità di ravvedere le maggiori imposte, ove dovute (in tal caso, la sanzione per omesso/insufficiente versamento sarà ridotta in ragione del tempo trascorso dalla violazione). L’eventuale maggiore eccedenza a credito, potrà essere utilizzata secondo gli ordinari criteri. L’integrativa «a favore» Art. 2 DPR 322/1998 Co. 8.: integrazione per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti dall'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. a SFAVORE Nuovo ravvedimento art. 13 D. Lgs. 471/97 Co. 8-bis.: Integrazione per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito (…), non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. Confermato da Cass. SSUU Sent. 30.06.2016 n.13378 Disallineamento cancellato con DL 193/2016 a FAVORE Correzioni contabili CM 31/E del 2013 Ravvedimento: i chiarimenti del 2015 Dichiarazione «integrativa»: comunicato stampa 18.12.2015 Laddove il contribuente intenda regolarizzare errori od omissioni commessi nella dichiarazione presentata e che rilevano sulla determinazione e sul pagamento del tributo, entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, avvalendosi del ravvedimento operoso, dovrà: - presentare una dichiarazione corretta (c.d. integrativa) entro il termine di novanta giorni, versando la corrispondente sanzione pari a 28 euro, ossia la sanzione in misura fissa di 258 euro prevista per l’ipotesi di irregolare dichiarazione, ridotta a 1/9, ai sensi della lettera a)-bis), salvo che per la violazione sia prevista una più specifica misura sanzionatoria; (dal 2016, € 250 x 1/9 = € 28) - se risulta un versamento del tributo in misura inferiore al dovuto, o l’utilizzo di un credito in misura superiore, il contribuente deve versare anche la relativa differenza e gli interessi, calcolati al tasso legale, con maturazione giorno per giorno, dalla scadenza del versamento originario. È dovuta, altresì, la relativa sanzione per omesso versamento (pari al 30%), ridotta secondo le misure previste dall’articolo 13 del Dlgs n.472/1997, in ragione del momento in cui interviene il versamento. Ravvedimento: i chiarimenti del 2015 Dichiarazione «tardiva»: comunicato stampa 18.12.2015 Nel caso in cui, invece, il contribuente, per errore, non abbia presentato la dichiarazione e intenda provvedere, può farlo entro i successivi 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario (oltre il quale la dichiarazione si considera omessa), avvalendosi del ravvedimento operoso. A tale fine, dovrà: - - presentare la dichiarazione, versando la corrispondente sanzione per la tardività, pari a 25 euro, ossia la sanzione in misura fissa di 258 euro, ridotta a un 1/10, ai sensi della lettera c); (dal 2016, € 250 x 1/10 = € 25) se risulta anche un tardivo od omesso versamento del tributo, procedere al pagamento del tributo e degli interessi, calcolati al tasso legale, con maturazione giorno per giorno, dalla scadenza del versamento originario. È dovuta, altresì, la relativa sanzione per omesso versamento (pari al 30%), ridotta secondo le misure dell’articolo 13 del Dlgs n. 472/1997, in ragione del momento in cui interviene il versamento. Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 La CM 42/E/2016 e le violazioni dichiarative Richiama il Comunicato stampa del 18.12.2015, avente ad oggetto le modalità di ravvedimento della dichiarazione integrativa presentata entro i 90 giorni dall’ordinaria scadenza. Conferma la non cumulabilità delle sanzioni per infedeltà dichiarativa e per omesso/insufficiente versamento. Fornisce chiarimenti sul ravvedimento del modello 730. Evidenzia le regola per l’utilizzabilità del credito IVA derivante da dichiarazione, in caso di omesso versamento nelle liquidazioni periodiche. Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 Integrativa entro i 90 gg (1 di 2) Sotto il profilo sanzionatorio, viene equiparata alla tardiva presentazione della dichiarazione (sanzione sul versamento e non violazione dichiarativa) NON configura ipotesi di dichiarazione infedele Correzione errori NON rilevabili in sede di controllo automatizzato e formale Sanzione 30% di quanto non versato, ravvedibile in ragione del momento in cui avviene la regolarizzazione Inoltre: Sanzione € 250, ravvedibile a 1/9 In caso di Omessa indicazione reddito locazione Sanzione 10% valore non indicato, ravvedibile a 1/9 In caso di Omessa/incompleta indicazione dividendi, plusvalenze black list Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 Integrativa entro i 90 gg (2 di 2) Sotto il profilo sanzionatorio, viene equiparata alla tardiva presentazione della dichiarazione (sanzione sul versamento e non violazione dichiarativa) NON configura ipotesi di dichiarazione infedele Correzione errori rilevabili in sede di controllo automatizzato e formale Sanzione 30% di quanto non versato, ravvedibile in ragione del momento in cui avviene la regolarizzazione NON si applica la sanzione per tardiva presentazione (€ 250) Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 Integrativa oltre i 90 gg (1 di 2) Si applicano le relative sanzioni (generalmente dal 90% al 180%) Configura ipotesi di dichiarazione infedele Correzione errori NON rilevabili in sede di controllo automatizzato e formale Applicazione sanzione ex art.8 D. Lgs. 471/97 (€ 250, ravvedibile) In caso di Mera irregolarità dichiarativa (es: generalità) 90% - che assorbe le violazioni sui versamenti, ravvedibile In caso di Omessa indicazione di redditi NO sanzione sugli acconti, salvo integrare il secondo se dichiarazione viene presentata prima Occorre ravvedere anche le violazioni prodromiche (es: omessa fatturazione in campo IVA) Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 Integrativa oltre i 90 gg (2 di 2) Si applicano le relative sanzioni (generalmente dal 90% al 180%) Configura ipotesi di dichiarazione infedele Correzione errori rilevabili in sede di controllo automatizzato e formale NON si applica la sanzione per tardiva presentazione (€ 250) Si applica la sanzione prevista per omessi versamenti (30%), ravvedibile Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 La dichiarazione tardiva E’ la dichiarazione che viene presentata per la prima volta entro 90 giorni dall’ordinaria scadenza SI NO Sanzione 30% di quanto non versato, ravvedibile in ragione del momento in cui avviene la regolarizzazione Sanzione € 150 / € 500 prevista per omessa dichiarazione, in assenza di imposte dovute, presentata entro il termine di quella successiva e comunque prima dell’inizio di attività di accertamento Sanzione € 250, ravvedibile a 1/10 (misura specificatamente prevista da art.13 c.1 lett.c) D.Lgs. 472/97) Riduzione della sanzione della metà, in caso di presentazione entro 30 giorni (art.7 co.4 bis D.Lgs. 472/97, aggiunto da D.lgs 158/2015) Il «nuovo» ravvedimento operoso: la CM 42/E/2016 La dichiarazione omessa Continua ad essere ipotesi non rientrante nell’art.13 D.Lgs. 472/1997 anche dopo la Legge di Stabilità 2015 Sanzione dal 120% al 240% (min. € 250 se dovute imposte) Presentazione entro termine invio dich. anno successivo Non risultano imposte dovute Non risultano imposte dovute Presentazione entro termine invio dich. anno successivo Da € 250 a € 1.000 Da € 150 a €500 Riduzione della metà (dal 60% al 120%), Min. € 200 L’integrativa da «errori contabili» (CM 31/E/2013) A sfavore Errori contabili SI A favore Cambiamenti di stime NO ADE NO ASSONIME SI Errori non contabili Emendabilità ultima dichiarazione presentata Ravvedimento Compensazione > eccedenza Nuova decorrenza dei termini per l’accertamento Le istanze di rimborso L’emendabilità della dichiarazione L’istanza di rimborso Decorso il termine per la presentazione dell’integrativa a favore (SALVE LE NOVITA’ DEL DL 193/2016), le eccedenza a credito possono essere richiesta tramite istanza di rimborso, da presentarsi entro il termine di decadenza di 48 mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di (i) errore materiale (ii) duplicazione di imposta (iii) inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria. 3 ipotesi: Accoglimento Carichi pendenti (CM 19/1993 e CM 45/E/2004) Provvedimento di sospensione Insussistenza dei requisiti per procedere al rimborso Provvedimento di rigetto o silenzio rifiuto decorsi 90 giorni Lite da rimborso (prescrizione decennale) La responsabilità connessa al ruolo del professionista Il principio di base (in giurisprudenza) La giurisprudenza afferma che il professionista deve esercitare la propria attività in modo corretto utilizzando la diligenza di un professionista sufficientemente preparato e accorto, che adotti una competenza media, necessaria all’esercizio dell’attività. Egli è responsabile verso il suo cliente in caso d’incuria e ignoranza di normative di legge o nei casi in cui, per sua negligenza od imperizia, comprometta il buon andamento del rapporto professionale. Nel caso, invece, d’interpretazione personale di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità nei confronti del cliente, a meno che non venga provato il dolo o la colpa grave. La colpa e il dolo DIRITTO FRANCESCE Colpa «lievissima» Quando non si usa la diligenza propria delle persone eccezionalmente prudenti e caute Colpa «lieve» Quanto non si usa la diligenza propria alle persone di media capacità Colpa «grave» Quanto non si usa la diligenza che è propria della assoluta maggioranza degli uomini, sicché chi ha tenuto una tale condotta non ha fatto ciò che tutti gli uomini fanno comunemente, anche quelli dotati di scarsa abilità DIRITTO ITALIANO Principio del «buon padre di famiglia», da adattare alla singola fattispecie, in ragione della natura dell’attività lesiva, del bene colpito e le qualità personali dell’agente Colpa «ordinaria» Colpa «grave» - Indiscutibile imperizia o negligenza di comportamento. - Macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. Le coperture assicurative del commercialista La responsabilità del consulente fiscale Responsabilità Mediata (Art. 10, D.Lgs. 472/1997) Chi, inducendo altri in errore inconsapevole, determina la commissione di una violazione ne risponde in luogo del suo autore materiale Il professionista è tenuto al pagamento della sanzioni in luogo dell’autore apparente (cioè il cliente) Ma il cliente non deve essere consapevole dell’errore e non deve aver indotto in errore il consulente Le coperture assicurative del commercialista La responsabilità nei pareri professionali D.Lgs. n. 472 del 1997 (Relazione ministeriale) "per quanto specificamente riguarda il professionista, non è prospettabile responsabilità per i pareri resi e le indicazioni date nell'ambito della sua attività, se non nei casi di colpa grave". Successivamente D.Lgs. 05.06.1998, n. 203, modifica il decreto n. 472 "Le violazioni commesse nell'esercizio dell'attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave". Le coperture assicurative del commercialista "Problemi di speciale difficoltà" • Argomenti e questioni non disciplinate chiaramente, o espressamente, dalla norma di legge; • Privi di interpretazioni ufficiali dell'Amministrazione finanziaria; • Mancanti di univoci orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, • Nonché le "novità" legislative per cui manca una sicura e sufficiente impostazione dottrinale. Come tutelarsi? (1 di 4) Per evitare ogni tipo di responsabilità, il commercialista deve sempre osservare la diligenza richiesta dalle specifiche disposizioni normative e dalla deontologia professionale e in particolare rispettare quanto segue (Codice Deontologico approvato dal CNDCEC il 17/12/2015). Art.5 INTERESSE PUBBLICO Il professionista ha il dovere e la responsabilità di agire nell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. Soltanto nel rispetto di tale interesse egli potrà soddisfare le necessità del proprio cliente. Art.6 INTEGRITA’ Il professionista deve rispettare e osservare leggi, norme e regolamenti e deve agire con integrità, onestà e correttezza in tutte le sue attività e relazioni, sia di natura professionale, sia di natura personale, senza fare discriminazioni di religione, razza, etnia, nazionalità, ideologia politica, sesso o classe sociale. Il professionista non deve essere in alcun modo associato con dichiarazioni, comunicazioni o informative, a chiunque indirizzate, che non rispondano a verità, ovvero che contengano informazioni fuorvianti, ovvero che omettano informazioni fondamentali al fine di evitare di fuorviare il destinatario delle suddette comunicazioni. Il professionista deve evitare di perseguire utilità non dovute e deve adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte nei confronti del cliente o di terzi in genere. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina. Come tutelarsi? (2 di 4) Art.7 OBIETTIVITA’ Il professionista deve agire in assenza di pregiudizi, conflitti di interessi o indebite pressioni di altri che possano influenzare il suo giudizio o la sua attività professionale. Il professionista deve fornire i suoi pareri senza essere influenzato dalle aspettative del cliente e si deve pronunciare con sincerità, in totale obiettività, evidenziando, se del caso, le riserve necessarie sul valore delle ipotesi formulate e delle conclusioni raggiunte. Il professionista è tenuto a mantenere la sua competenza e capacità professionale al livello richiesto per assicurare ai suoi clienti l’erogazione di prestazioni professionali di livello qualitativamente elevato, con diligenza e secondo le correnti prassi e tecniche professionali e disposizioni normative. Art.8 COMPETENZA DILIGENZA E QUALITA’ DELLE PRESTAZIONI Il professionista non deve accettare incarichi professionali in materie nelle quali non ha un’adeguata competenza, tenuto conto della complessità della pratica e di ogni altro elemento utile alla suddetta valutazione. L’adempimento degli obblighi di formazione professionale continua, secondo quanto previsto dai regolamenti emanati dal Consiglio Nazionale e dagli Ordini locali, costituisce obbligo del professionista per il mantenimento della sua competenza professionale, ma non lo esonera dalle ulteriori attività formative (…) Come tutelarsi? (3 di 4) Il professionista deve agire nel rispetto delle norme sull’indipendenza, imparzialità e sulle incompatibilità previste in relazione alla natura dell’incarico affidatogli e non deve operare in situazioni di conflitto di interesse. I requisiti di indipendenza e le incompatibilità sono stabiliti dalla legge; il professionista è tenuto ad ottemperare alle interpretazioni in materia di indipendenza ed incompatibilità approvate dal Consiglio Nazionale. Art.9 INDIPENDENZA In relazione a specifiche funzioni professionali, si applicano le regole di indipendenza ed incompatibilità maggiormente rigorose previste dal vigente Code of Ethics for Professional Accountants emanato dall’IFAC. In ogni caso, il professionista non deve mai porsi in una situazione che possa diminuire il suo libero arbitrio o essere di ostacolo all’adempimento dei suoi doveri, così come deve evitare qualsiasi situazione in cui egli si trovi in conflitto di interessi. Il professionista eviterà parimenti che dalle circostanze un terzo possa presumere la mancanza di indipendenza; a tal fine, il professionista dovrà essere libero da qualsiasi legame di ordine personale, professionale o economico che possa essere interpretato come suscettibile di influenzare la sua integrità o la sua obiettività Come tutelarsi? (4 di 4) Art.10 RISERVATEZZA Art.11 COMPORTAMENTO PROFESSIONALE Art.14 RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE Il professionista, fermi restando gli obblighi del segreto professionale e di tutela dei dati personali, previsti dalla legislazione vigente, deve mantenere l’assoluto riserbo e la riservatezza delle informazioni acquisite nell’esercizio della professione e non deve diffondere tali informazioni ad alcuno, salvo che egli abbia il diritto o il dovere di comunicarle in conformità alla legge. Il comportamento del professionista deve essere consono alla dignità, all’onore, al decoro e all’immagine della professione, anche al di fuori dell’esercizio della stessa. Esso deve essere altresì conforme al dovere di lealtà nello svolgimento dell’attività professionale. Il professionista deve adempiere alle disposizioni dell’ordinamento giuridico di volta in volta applicabili ed astenersi da qualsiasi azione che possa arrecare discredito al prestigio della professione e dell’Ordine al quale appartiene. Il professionista ha l’obbligo di rispondere tempestivamente alle comunicazioni a lui inviate dall’Ordine e dal Consiglio di Disciplina. Il professionista deve rendere noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa per la responsabilità professionale, nonché i relativi massimali ai sensi dell’art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137. Deontologia e giurisprudenza Recentemente, la Corte di Cassazione (Sent.15107/2016) ha delineato il perimetro della responsabilità, cogliendo i principi contenuti nel codice deontologico. Il professionista, infatti, per tutelarsi, dovrà: Rispettare le leggi, i regolamenti ed il codice deontologico dell’ordine di appartenenza Art.6 Verificare la propria competenza Verificare la propria idoneità all’accettazione dell’incarico Art.8 Curare l’aggiornamento professionale Essere coperto da idonea polizza assicurativa Art.14 Date tempestiva informazione al cliente in ordine ai rischi ed alla difficoltà dell’incarico Art.22 Il codice civile Art.2232 ESECUZIONE DELL’OPERA Il prestatore d'opera deve eseguire personalmente l'incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l'oggetto della prestazione. Le prestazioni svolte personalmente dal professionista, in quanto richiedono particolari conoscenze tecniche, determinano per il professionista un obbligo di diligenza e di fedeltà nei confronti del cliente, la cui violazione può dar luogo a responsabilità per il professionista stesso. NEL CONCRETO?? Se ad esempio un commercialista assume l’impegno di predisporre e trasmettere una dichiarazione fiscale, e non adempie per tempo a tale obbligo, egli potrà venir meno alla responsabilità soltanto dimostrando che l’omissione o il ritardo sono dipesi da cause a lui non imputabili. La giurisprudenza La Corte di Cassazione, con varie sentenze, ha stabilito che: «l’inadempimento del professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attività esercitata. Ragion per cui l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine - positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l’onere di fornire - circa il sicuro e chiaro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo». Esempio 1: il business plan Un commercialista riceve l’incarico di provvedere alla redazione di un business plan, che il cliente dovrà presentare per ottenere un finanziamento bancario. Il finanziamento però viene rigettato dalla banca. Il professionista non potrà essere considerato responsabile se la documentazione da lui prodotta è stata correttamente redatta sulla base delle informazioni ricevute dal cliente. Esempio 2: il ricorso in CTP Un commercialista riceve l’incarico di provvedere alla predisposizione di un ricorso contro un avviso d’accertamento, e vince il ricorso disertando l’udienza dinnanzi alla Commissione tributaria. In questo caso il comportamento negligente del professionista non origina alcuna responsabilità, non essendosi verificato alcun danno per il cliente. Esempio 3: la dichiarazione dei redditi Il commercialista incaricato della trasmissione telematica, invia oltre il termine previsto la dichiarazione tempestivamente consegnatagli dal contribuente. In questo caso incorre sicuramente in sanzioni di legge. Nell’ipotesi in cui il cliente non gli fornisca per tempo tutta la documentazione necessaria per elaborare la dichiarazione, non si ravvisano responsabilità ed obblighi particolari in capo al professionista se non quello di procedere all’invio quando tutta la documentazione viene resa disponibile. In sostanza L’inadempimento o l’eventuale colpa vanno valutati a seconda della natura dell’attività esercitata, considerando il tipo dell’incarico e le circostanze in cui la prestazione viene effettuata. Il codice civile Art.2236 RESPONSABILITÀ DEL PRESTATORE D’OPERA Se la prestazione d’opera implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave. GIURISPRIDENZA Ritiene inapplicabile l’art. 2236 c.c. nelle ipotesi in cui si rinvengano, in capo al professionista «palesi imprudenze o comportamenti di incuria: il prestatore d’opera intellettuale dovrà essere comunque obbligato al risarcimento del danno laddove sia incorso in errori che non sono scusabili per la loro grossolanità ovvero laddove si riscontrino ignoranze incompatibili con il grado di addestramento o di preparazione (...) che la reputazione di un professionista dà motivo di ritenere esistenti», nonché nelle ipotesi di «temerarietà sperimentale ed ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari che il cliente affida alle cure d’un prestatore d’opera intellettuale». I connotati della colpa Secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, nel concetto di colpa sono racchiuse: L’IMPRUDENZA per superficialità o leggerezza di comportamento LA NEGLIGENZA consistente in disattenzione o mancanza di dovuta attenzione o sollecitudine L’IMPERIZIA in ragione dell’incarico accettato L’INNOSSERVANZA di leggi o altre disposizioni normative L’INOTTEMPERANZA alle disposizioni impartite dal cliente Esempi pratici L’IMPRUDENZA Il professionista, nell’analisi di un caso che presenta un ventaglio di soluzioni possibili, decide di optare per quella più rischiosa e che ha la più alta probabilità d’insuccesso LA NEGLIGENZA Il professionista, che dimentica di inviare la dichiarazione Unico entro il termine di presentazione in via telematica, pur avendo avuto dal cliente tutta la documentazione per tempo, viene condannato a risarcire il cliente dei danni subiti in conseguenza alla negligente omissione A proposito di imperizia Il professionista ha il dovere di mantenersi costantemente dotato di una buona perizia, ovvero di un livello di conoscenza (aggiornamento costante sancito anche dal codice di deontologia) che lo ponga nelle condizioni di fornire una prestazione caratterizzata da un adeguato livello di conoscenza Per evitare L’INOSSERVANZA DI LEGGI ED ALTRE DISPOSIZIONI NORMATIVE L’errore professionale Ricorre quando la condotta adottata dal professionista, sebbene abbia agito diligentemente, non risulta idonea a risolvere il caso. Riguarda, quindi, tutte quelle ipotesi in cui il comportamento adottato dal professionista si riveli insufficiente, inadatto o addirittura controproducente in relazione all’incarico conferito SCUSABILE NON SCUSABILE derivante da situazione inconoscibile o confusa derivante da colpa per negligenza, imperizia, ecc L’errore scusabile: esempio Il commercialista consegna al cliente un Modello F24 da versare entro una determinata scadenza. Se viene stabilita una proroga del pagamento e la relativa notizia viene resa pubblica di domenica, potrebbe accadere che il professionista non ne venga a conoscenza in tempo utile e non avverta il cliente della possibilità di posticipare il versamento. Se a causa di ciò il cliente esegue il pagamento entro la data di scadenza originaria, può subire un danno per essersi privato in anticipo di tali somme. In tal caso l’errore è scusabile poiché non genera alcuna responsabilità professionale del medesimo. La responsabilità per errori del collaboratore (1 di 2) L’ausilio di collaboratori «non comporta mai che costoro diventino parti del rapporto di clientela, restando invece la loro attività giuridicamente assorbita da quella del prestatore d’opera che ha concluso il contratto con il cliente” e pertanto “il sostituto non è legittimato ad agire contro il cliente medesimo per la corresponsione del compenso, il cui obbligo resta a carico del professionista che si sia avvalso della collaborazione». La responsabilità per errori del collaboratore (2 di 2) La scelta di farsi sostituire da un collaboratore, in mancanza di una precisa convenzione con il cliente oppure senza che gli usi lo consentano, fa si che il professionista risponderà, a causa del proprio inadempimento contrattuale, degli eventuali danni causati dal sostituto o ausiliare, prescindendo dall’indagine circa la colpa o il dolo di questi. Tipologie di responsabilità CONTRATTUALE EXTRA CONTRATTUALE Deriva dall'inadempimento, dall'inesatto adempimento e dall'adempimento tardivo di una preesistente obbligazione qualunque sia la fonte (ad esclusione del fatto illecito) OBBLIGAZIONI DI MEZZI Ricorsi, business plan, elaborazione dati, etc OBBLIGAZIONI DI RISULTATO Trasmissione dichiarazioni, deposito bilanci, etc Deriva dalla violazione del generico obbligo di non ledere alcuno senza che prima della violazione sia possibile l'individuazione di una obbligazione (un soggetto cagiona ad altri un danno ingiusto senza essere legato da alcun rapporto) La distinzione porta con sé alcune differenze riconducibili a tre aspetti: 1) la ripartizione dell’onere della prova 2) i termini di prescrizione dell’azione 3) gli effetti giuridici relativi al risarcimento del danno La ripartizione dell’onere della prova Nelle ipotesi di illecito contrattuale, vige una presunzione di colpa per inadempimento: al cliente creditore si richiede unicamente di dimostrare il proprio diritto a ricevere la prestazione, laddove il debitore dovrà provare che l’inadempimento o il ritardo non sono a lui riferibili per impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Cass. 15107/2016 ha affermato che il cliente deve: - dimostrare il danno subito in ragione dell’obbligazione assunta dal professionista (contratto) la colpa del professionista (anche in forma lieve) In nesso di causa tra colpa e danno La ripartizione dell’onere della prova Nell’illecito extracontrattuale permane invece l’ordinaria regola: per cui l’onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa spetta a colui che l’avanza, sicché sarà il cliente creditore a dover provare che il comportamento del prestatore gli ha provocato un danno e che tale comportamento è stato caratterizzato da dolo o colpa. I termini di prescrizione dell’azione L’azione di responsabilità per l’illecito extracontrattuale si prescrive in 5 anni, mentre quella per l’inadempimento dell’obbligazione (illecito contrattuale), nell’ordinario termine di 10 anni. Prescrizione e azione di responsabilità L’istituto della prescrizione è disciplinato dagli artt. 2934 del c.c. e seguenti e disciplina il momento iniziale dal quale far decorrere i termini di prescrizione per esercitare l’azione di responsabilità professionale. Sulla base di un’interpretazione restrittiva della norma, ai sensi dell’ art 12 Disp. Prel. c.c., il dies a quo andrebbe individuato nel momento in cui è stata posta in essere la condotta lesiva, anche nel caso in cui il danno sia stato scoperto dal danneggiato in epoca successiva in modo incolpevole (salvo il dolo della controparte come desumibile dell’art 2941 n. 8 del c.c.). In tal senso: Cass. Sent del 27/07/2007 n. 16658; Corte di Cassazione, Sez. I Civile 25 luglio 2008, n. 20476; Cass. Sent del 22/11/2004 n. 23817; Cass. del 11/12/2001 n. 15622; Cass. Sent. del 3/05/1999 n. 4389. Le coperture assicurative del commercialista L’impossibilità di assicurarsi (1 di 2) ISVAP CIRCOLARE N. 246 DEL 22 MAGGIO 1995 ISVAP COMUNICAZIONE Prot. 67335 DEL 24 LUGLIO 2000 “il contratto di assicurazione che sollevi l’assicurato dal pregiudizio economico costituito dall’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie è da considerare … (omissis) … una funzione economico-sociale illecita per contrarietà all’ordine pubblico ex. art. .C. … (omissis) … In tal modo risulterebbero violati i principi di personalità ed afflittività … (omissis) … in relazione al potere deterrente delle sanzioni amministrative riguardo ai comportamenti futuri dei soggetti interessati”. Domanda - Qualora in forza di provvedimenti legislativi, venissero intestate e inflitte al professionista anziché al cliente, sanzioni, ammende o multe di natura fiscale per l’attività professionale svolta dall’assicurato, per prestazioni professionali svolte dall’assicurato stesso nei confronti del cliente, la garanzia s’intende estesa anche nei confronti del professionista con le stesse modalità e gli stessi limiti in cui sarebbe stata applicabile verso il cliente? Risposta - il predetto rischio non è assicurabile. Ciò in virtù dell’introduzione del principio della personalità della responsabilità in base al quale in ogni caso chiamato a rispondere della condotta posta in essere, è l’autore della violazione, cioè il professionista, invece del contribuente Le coperture assicurative del commercialista L’impossibilità di assicurarsi (2 di 2) Dolo o Colpa grave Colpa lieve Consulenza fiscale Normale attività Problemi speciale di Consulenza difficoltà È Punibile È Punibile Non è assicurabile Non è assicurabile Non è Punibile È Assicurabile Non è Punibile È Assicurabile La polizza professionale copre il risarcimento dovuto al cliente Le coperture assicurative del commercialista L’indeducibilità delle sanzioni comminate al consulente (1 di 2) CM 55/E DEL 20.06.2002 L’eventuale sanzione amministrativa comminata dal Ministero del Tesoro a un sindaco di un’azienda di credito sarebbe indeducibile dal reddito di lavoro autonomo RM 89 DEL 12.06.2001 Il rapporto di correlazione tra costo e reddito non è riscontrabile, in linea di principio, con riferimento a quei costi che siano rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente Le coperture assicurative del commercialista L’indeducibilità delle sanzioni comminate al consulente (2 di 2) DOTTRINA FAVOREVOLE ALLA DEDUCIBILITA’ Sanzione Antitrust Assonime (Circ. n. 39/2000); Associazione DDCC (norma di comportamento n. 138); Fondazione Studi (CDL) (parere n. 1 del 19/01/2010) INDEDUCIBILE Cass. Sent. n. 5050/2010 del 3 marzo 2010 Agenzia Entrate: circolare n. 98/2000, risoluzione n. 89/2001, circolare n. 42/2005 Le coperture assicurative del commercialista Premi assicurativi e deducibilità delle sanzioni rimborsate al cliente I premi assicurativi pagati dal professionista sono deducibili per cassa. Su ciò non sembrano esserci dubbi posto la totale inerenza degli stessi all’attività professionale la quale richiede, come visto, addirittura l’obbligo di una copertura assicurativa Il consulente rimborsa al cliente la sanzione da questo subita L’assicurazione rimborsa il consulente Il consulente deduce Il consulente è tassato 77 Responsabilità ai fini fiscali Accanto alla disciplina civilistica si deve tenere conto anche della normativa tributaria, stabilita dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che determina l’attribuzione di sanzioni amministrative a carico del professionista qualora si riscontrino violazioni di disposizioni di carattere fiscale. Esempio: visto di conformità Esempio: il rilascio del visto di conformità (1 di 2) Il legislatore ha previsto, per determinate categorie di soggetti, la possibilità di rilasciare tre certificazioni ai fini fiscali che attestano il regolare adempimento degli obblighi tributari da parte del contribuente: 1) il visto di conformità formale (o visto leggero); 2) l’asseverazione degli studi di settore; 3) la certificazione tributaria (o visto pesante), per contribuenti aventi impresa in regime di contabilità ordinaria. Esempio: il rilascio del visto di conformità (2 di 2) Sotto il profilo sanzionatorio, ex art. 39 del D.lgs. n. 241/1997: • • • per il rilascio di un visto leggero o di una asseverazione infedeli si applica la sanzione amministrativa da € 258 ad € 2.582; per il rilascio di un visto pesante infedele si applica la sanzione amministrativa da € 516 ad € 5.164. in caso di ripetute violazioni, è prevista l’inibizione della facoltà di rilascio del visto leggero o della asseverazione, o la sospensione da 1 a 3 anni della facoltà di rilascio del “visto pesante Resta ferma la possibilità di irrogazione di specifiche sanzioni per la violazione di norma tributarie Art. 7-bis D.lgs. n. 241/1997 E’ prevista una sanzione per le violazioni delle norme relative alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali. Ed in caso di gravi e ripetute violazioni, l’Amministrazione finanziaria può disporre la revoca dell’abilitazione al servizio telematico (art. 3, comma 4, d.P.R. n. 322/1998). Esempio Il professionista riceve da un contribuente l’incarico di procedere alla trasmissione telematica di una dichiarazione ma non vi provvede entro i termini previsti dalla legge. Egli è così responsabile della violazione di omessa o tardiva trasmissione ed è soggetto ad una sanzione amministrativa da € 516 ad € 5.164. Responsabilità derivante da cariche societarie I professionisti che detengono cariche a livello societario sono solidalmente responsabili per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. Rimangono esonerati dalla responsabilità coloro che si dimostrino esenti da colpa. AMMINISTRATORI SINDACI Incarichi sindacali I componenti dell’organo di controllo sono responsabili della violazione dei propri doveri sia nei confronti della società, che dei creditori, dei singoli soci e dei terzi. Essi rispondono della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto professionale, le notizie ed i documenti di cui hanno conoscenza in ragione della loro attività di controllo. I sindaci rispondono, in solido con gli amministratori, per i fatti o le omissioni di questi ultimi, quando il danno non si sarebbe cagionato se essi avessero operato in conformità ai propri doveri. Responsabilità derivanti da incarichi giudiziari Il curatore fallimentare, risponde degli atti compiuti nell’esercizio del proprio incarico. Egli è tenuto ad adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio (art. 38, legge fall.). E’ responsabile delle conseguenze degli atti compiuti anche se per gli stessi necessita l’autorizzazione del giudice. Egli risponde sia nelle ipotesi di dolo o colpa grave sia in presenza di colpa lieve. La responsabilità del consulente tecnico Il consulente tecnico è tenuto a svolgere il proprio incarico con la diligenza che, in dottrina, è definita “del buon tecnico medio”. Se incorre in colpa grave nell’ambito dello svolgimenti dei servizi che gli sono richiesti, ai sensi dell’art. 64 del c.p.c. è punito con l’arresto fino ad un anno o con una multa fino ad € 10.329,14, oltre all’applicazione dell’art. 35, c.p. (pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione da 15 giorni a 2 anni). Egli è tenuto “in ogni caso” al risarcimento dei danni causati alle parti per via della violazione dei propri doveri. Responsabilità derivante dalla funzione di revisore di Enti pubblici I revisori di Enti Pubblici, «rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione dei loro ufficio», secondo quanto disposto dall’art. 240 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali o Tuel). Ad essi è richiesta una diligenza di «avveduto revisore contabile esterno indipendente» il quale «pur non dovendo assicurare il risultato della corretta e veritiera rappresentazione contabile dei fatti gestionali, deve tendere alla migliore realizzazione possibile dell’incarico»; ciò che presuppone «una diligenza particolarmente qualificata dalla perizia e dall’impiego degli strumenti tecnici adeguati al tipo di attività dovuta» Responsabilità in materia di privacy La violazione dei principi che regolano la tutela dei dati personali (D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196), si estrinsecano nel seguente principio «chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del codice civile». Il trattamento dati personali è dunque un’attività molto delicata in quanto è complicato, per il professionista, poter fornire prove a sua discolpa in caso di presunte violazioni in materia Il professionista che non assolve ai doveri imposti dalla normativa sulla privacy incorre nel pagamento di una multa: da € 3.000 a € 18.000 per i dati personali; da € 5.000 fino ad € 30.000 nei casi di dati sensibili o giudiziari o di trattamenti Responsabilità in materia di antiriciclaggio In Virtù dell’art. 41, D.Lgs. 231/2007, i commercialisti hanno l’obbligo di SEGNALARE ALL’UIF qualsiasi operazione conosciuta o sospettata che possa ritenersi collegata ad operazioni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo. Le segnalazioni non comportano violazione del segreto professionale e vanno inoltrate anche se l’operazione sospetta non abbia avuto luogo per sospetti o rifiuto. Il professionista che sospetti la sussistenza di operazioni di riciclaggio, ha l’obbligo di astenersi dal compiere la prestazione professionale, finché non abbia effettuato la segnalazione Egli ha il divieto di comunicare al cliente o a terzi interessati che farà o ha fatto la segnalazione all’UIF. In violazione di tale divieto è prevista una sanzione penale dell’arresto da sei mesi a un anno o l’ammenda da € 5.000 a € 50.000 Il professionista ha solo la facoltà di dissuadere il proprio cliente dal mettere in atto un’attività criminosa. Entro 30 giorni dalla data in cui ha preso notizia, deve segnalare le operazioni relative al trasferimento di denaro contante, libretti di deposito bancari o postali al portatore, titoli al portatore in euro o in valuta estera, per un importo pari o superiore a € 3.000 Sanzioni penali in capo ai professionisti che non rispettano gli obblighi antiriciclaggio Il Decreto Legislativo 15/01/2016 n. 8 ha depenalizzato i reati puniti con la sola pena pecuniaria della multa o dell’ammenda e nello specifico, in ambito antiriciclaggio i reati di cui ai commi 1, 4, 6 e 7 dell’art. 55 del D.Lgs. 231/2007, dal 06 febbraio 2016 non integrano più reato ma solo illecito amministrativo. In base al combinato disposto degli articoli 4 e 5 del D.Lgs. N. 8/2016 viene disposto che l’istituto dell’oblazione di cui all’art. 16 della Legge 869/81 non possa essere applicato oltre la prima violazione effettuata, rendendolo inapplicabile in caso di reiterazione dell’illecito depenalizzato. La depenalizzazione si applica anche alle violazioni commesse prima del 06/02/2016, a meno che non vi sia stata già sentenza di condanna. VIOLAZIONE COMMESSA Inosservanza dell’obbligo di identificazione della clientela (Art. 55, comma 1 D.Lgs. 231/2007) Omessa, tardiva, incompleta registrazione negli archivi informatici e cartacei. (Art. 55, comma 4 D.Lgs. 231/2007) Le due precedenti violazioni se attuate con mezzi fraudolenti SANZIONE PENALE Multa da € 2.600 a € 13.000 Depenalizzato dal 06/02/2016 Multa da € 2.600 a € 13.000 Depenalizzato dal 06/02/2016 Raddoppio della sanzione prevista nelle precedenti violazioni. Depenalizzato dal 06/02/2016 il raddoppio per le sole violazioni di cui al comma uno e quattro Sanzioni amministrative in capo ai professionisti che non rispettano gli obblighi antiriciclaggio VIOLAZIONE COMMESSA Inosservanza dell’obbligo di identificazione della clientela. (Art. 55, comma 1 D.Lgs.231/2007) Omessa, tardiva, incompleta registrazione negli archivi informatici e cartacei. (Art. 55, comma 4 D.Lgs.231/2007) Le due precedenti violazioni se attuate con mezzi fraudolenti. (Art. 56, comma 6 D.Lgs.231/2007) SANZIONE AMMINISTRATIVA Fino al 05/02/2016 delitto con multa; dal 06/02/2016: Sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 30.000 (Possibilità di oblazione art. 16 L. 689/81 per la prima violazione) Fino al 05/02/2016 delitto con multa; dal 06/02/2016: Sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 30.000 (Possibilità di oblazione art. 16 L. 689/81 per la prima violazione) Fino al 05/02/2016 delitto con multa; dal 06/02/2016: Sanzione pecuniaria da € 10.000 a € 50.000. (Possibilità di oblazione art. 16 L. 689/81 per la prima violazione) Mancato rispetto del provvedimento di sospensione dell’operazione sospetta emesso dall’UIF (Art. 57, comma 1 D.Lgs. 231/2007) Omessa istituzione del registro della clientela (si ritiene stendibile la sanzione anche all’omessa istituzione dell’archivio formato e gestito a mezzo di strumenti informatici) (Art. 57, comma 3 D.Lgs. 231/2007) Omessa segnalazione di operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) (salvo il concorso nel reato: sanzione penale) (Art. 57, comma 4 D.Lgs. 231/2007) Mancato rispetto degli obblighi informativi nei confronti dell’UIF Sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 200.000 Sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 50.000 Sanzione pecuniaria all’1% al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata. Nei casi più gravi è prevista anche la pubblicazione del decreto sanzionatorio su 2 quotidiani di cui 1 economico a spese del sanzionato. Sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 50.000 (Art. 57, comma 5 D.Lgs.231/2007) Trasferimento di denaro contante, emissione, incasso o trasferimento assegni bancari o postali, libretti di deposito bancari o postali o titoli a portatore tra soggetti diversi, con valore dell’operazione , anche se frazionata, > a € 3.000 * *(nuovo limite dal 01/01/2016 prima € 1.000) Sanzione pecuniaria dall’1% al 40% dell’importo trasferito. Minimo € 3.000 Per importi > € 50.000 minimo 5 volte (Possibilità di oblazione art. 16 Legge 689/81 per importi fino a € 250.000) Trasferimento e presentazione per l’incasso Sanzione pecuniaria dall’1% al 40% a banche o Poste Italiane da soggetti diversi dell’importo trasferito. dall’emittente, di assegni bancari o postali Minimo € 3.000 emessi a favore del traente. Per importi > € 50.000 minimo 5 volte (Non oblabile) Sanzione pecuniaria dall’1% al 40% dell’importo trasferito. Emissione, nonché trasferimento o presentazione all’incasso, di assegni circolari, Minimo € 3.000 vaglia postali o cambiari senza l’indicazione Per importi > € 50.000 minimo 5 volte del beneficiario o la clausola di non (Possibilità di oblazione art. 16 Legge 689/81 trasferibilità se obbligatoria. per importi fino a € 250.000) Sanzione pecuniaria dall’1% al 40% Trasferimento di denaro contante per dell’importo trasferito. importi > a € 1.000 effettuato tramite Money Minimo € 3.000 Transfer Per importi > € 50.000 minimo 5 volte (Abrogata la precedente norma derogatoria Legge 148/2011) Possesso di libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo > a € 1.000 (Possibilità di oblazione art. 16 Legge 689/81 per importi fino a € 250.000) Sanzione pecuniaria dal 30% al 40% del saldo. Minimo € 3.000 Per importi > € 50.000 min. e max. +50% Sanzione pecuniaria dal 30% al 40% del Mancata estinzione o riduzione del saldo saldo. entro il 31/03/2012, dei libretti bancari o Minimo € 3.000 postali al portatore posseduti al 06/12/2011 Per importi > € 50.000 min. e max. +50% con saldo > a 1.000 Euro (se il saldo è inferiore ad Euro 3.000 la sanzione è pari al saldo) Mancata comunicazione alla banca o a Poste Italiane Spa dei dati identificativi del cessionario e della data di trasferimento dei libretti al portatore nei 30 giorni. Apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma o con intestazione fittizia. Sanzione pecuniaria dal 30% al 40% del saldo. Minimo € 3.000 Per importi > € 50.000 min. e max. +50% (se il saldo è inferiore ad Euro 3.000 la sanzione è pari al saldo) Sanzione pecuniaria dal 20% al 40% del saldo con un minimo di € 3.000 Utilizzo in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia aperti presso Stati esteri. Sanzione pecuniaria dal 10% al 40% del saldo con un minimo di € 3.000. Omessa comunicazione al MEF delle infrazioni all’uso del denaro contante, di titoli al portatore e di libretti, se conosciute (obbligatoria per le dieci precedenti violazioni) Sanzione pecuniaria dal 3% al 30% dell’importo dell’operazione, del saldo del libretto ovvero del conto con un minimo di € 3.000. (Non oblabile) Inosservanza dell’obbligo di fornire al cliente l’informativa sulla privacy (Art. 13, D.lgs. 196/ 2003) Sanzione pecuniaria da € 3.000 a € 18.000, aumentata dei 2/3, da € 5.000 a € 30.000, in caso di dati sensibili o giudiziari. Può essere aumentata fino al triplo in ragione delle condizioni economiche del contravventore. Le sanzioni irrogabili dal Consiglio di disciplina Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità degli atti compiuti e sono: CENSURA dichiarazione formale di biasimo, non si cancella mai SOSPENSIONE DALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE Fino a 2 anni RADIAZIONE DALL’ORDINE reiscrizione non prima di 6 anni Profili di responsabilità penale (1 di 3) Il tema della responsabilità penale dei professionisti esercenti attività di consulenza per conto di imprese o società proprie clienti, è divenuto di grande attualità a seguito, non soltanto di talune pronunce giurisprudenziali, ma anche, di recenti provvedimenti legislativi che hanno sensibilmente ampliato l'area di rischio penale di tali soggetti. Profili di responsabilità penale (2 di 3) L'art. 110 c.p. prevede che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”. Sotto il profilo psicologico, l'elemento soggettivo del concorso richiede, da un lato, la coscienza e volontà dello specifico reato e, dall'altro, la volontà di concorrere con altri alla realizzazione del reato comune. Benché la maggior parte dei reati fallimentari, societari e tributari sia di tipo "proprio", è pacificamente ammesso che possa concorrere alla commissione degli stessi anche un soggetto privo della qualità personale richiesta ("extraneus"). Profili di responsabilità penale (3 di 3) Secondo i principi generali in tema di concorso, la responsabilità del concorrente in reato doloso (quali sono quelli menzionati) presuppone, però, la consapevolezza di concorrere in un reato e, quindi, la conoscenza della qualifica del soggetto destinatario della norma incriminatrice ("intraneus"). Reati fallimentari: giurisprudenza (1 di 3) Sentenza Cass. Sez. V, 13.1.2009 n. 9299 “In tema di concorso in bancarotta fraudolenta, il dolo dell'extraneus consiste nella volontarietà dell'apporto alla condotta dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, senza che sia necessaria la specifica conoscenza del dissesto della società" Reati fallimentari: giurisprudenza (2 di 3) Sentenza Cass. Sez. V, 15.2.2008 n. 10742 "integra il concorso dell'extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell'amministratore della società, concorra all'attività distrattiva posta in essere dal medesimo, progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti (nella specie affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori”. Reati fallimentari: giurisprudenza (3 di 3) Sentenza Cass. Sez. V, 9.10.2012 n. 39988 "i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli dei propositi distrattivi dell'imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolgano attività dirette a garantire l'impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l'altrui proposito criminoso". Reati societari: giurisprudenza (1 di 3) Sentenza Cass. Sez. II, 13.1.1995 "al commercialista non è consentito seguire direttive illecite del cliente“ "di fronte a queste egli può (e deve) declinare l'incarico e, qualora ciò non faccia, sarà comunque penalmente responsabile in concorso con il cliente". Reati societari: giurisprudenza (2 di 3) Sentenza Cass. Sez. V, 21.10.1998 "qualora il commercialista indichi in concreto la via per adottare un espediente illecito o, addirittura, lo adotti di persona, quale mezzo fraudolento diretto a celare le reali condizioni economiche del cliente, si pone l'elemento obiettivo di incriminazione per concorso, in quanto il contributo morale cosi configurato è dato dal fatto che la condotta esula dall'ambito professionale". Reati societari: giurisprudenza (3 di 3) Sentenza Cass. Sez. V, 21.1.1998 "chi contribuisca a realizzare complessi artifici contabili, idonei a un'efficace dissimulazione della realtà, nella prospettiva della futura dissimulazione di una riserva occulta nel bilancio di esercizio di una società, offra un contributo causale determinante alla condotta criminosa punita dall'art. 2621 cod. civ., soprattutto quando le sue capacità tecniche professionali siano tali da rassicurare l'amministratore sull'efficacia del risultato dissimulatorio". I reati tributari In questo tipo di reati, che hanno natura delittuosa, l’elemento soggettivo è costituito dal dolo generico, che consiste nella mera coscienza e volontà di contravvenire alle prescrizioni in materia. Per aversi concorso di persone nel reato è necessario che ricorrano i seguenti elementi indispensabili: - pluralità di agenti; - realizzazione di un fatto di reato; - contributo causale di ciascun soggetto alla realizzazione di esso; - la volontà di cooperare alla commissione del reato. I reati tributari: il concorso del professionista (1 di 2) In questo caso, pertanto, la responsabilità del professionista a titolo di concorso può esservi solo qualora il commercialista agisca con dolo. Non si ha invece concorso di persone se il professionista si trovi a operare su elementi forniti esclusivamente dal cliente, o si limiti a un semplice atteggiamento passivo, sussistendo la sola scienza del fatto che altri stiano per commettere reato Il professionista può essere chiamato a rispondere di un reato tributario non soltanto a titolo di "dolo diretto" (qualora venga provato che lo stesso abbia dato intenzionalmente un qualsiasi contributo causale materiale o morale alla realizzazione del fatto delittuoso del cliente), ma anche a titolo di "dolo eventuale" allorché si sia rappresentato in concreto la possibile realizzazione del fatto criminoso e, nonostante tale previsione, abbia agito ugualmente prestando il proprio contributo I reati tributari: il concorso del professionista (2 di 2) Il commercialista, in base alle prove, deve risultare di essere attivamente coinvolto e di aver pianificato e realizzato un progetto di evasione fiscale di ampie dimensioni e protratto nel tempo, che può vedere coinvolte società e persone alle quali il professionista fornisce consigli e direttive sulle false fatturazioni, andando così a sottrarre nel tempo ingenti capitali destinati all’Erario. L’imputazione a carico del commercialista può inoltre prevedere che, in attesa del processo, venga applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari dal momento che la sua qualifica e il livello professionale potrebbe implicare una pericolosità sociale. Il professionista in tali fattispecie potrebbe essere passibile di sequestro cautelativo per il reato di “corruzione attiva” (ex articolo 322-ter del codice penale). Esempi di concorso del professionista DICHIARAZIONE Il consulente che, coadiuvando il contribuente nella predisposizione di una dichiarazione infedele o fraudolenta, utilizzi documenti della cui falsità sia a conoscenza. OPERAZIONI SOCIETARIE Il consulente suggerisce al cliente particolari espedienti - quali l'approntamento di artificiose costruzioni societarie - idonei a fargli conseguire un'evasione d'imposta o un indebito rimborso ovvero il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta. FALSA FATTURAZIONE il consulente si è attivato, per conto del cliente, per reperire nel mercato delle società "cartiere", fatture per operazioni oggettivamente inesistenti da inserire in contabilità (Cass. Sez. III, 9.6.2011 n. 29899). SIMULAZIONE il consulente assiste il contribuente nell'approntamento e realizzazione di atti simulati fraudolenti per sottrarsi al pagamento delle imposte dovute, cosi integrando il delitto di cui all'art. 11 del DLgs. 74/2000. Il fondo patrimoniale Sentenze Cass. Sez. III, 10.6.2009 n. 38925 (in senso conforme. Cass. Sez. III. 5.5.2011. n. 23986. Cass. Sez. III. 4.4.2012 n. 21013) "la costituzione di un fondo patrimoniale, avente ad oggetto i beni mobili e immobili del contribuente, benché anteriore all'attività di riscossione (nella specie, effettuata in coincidenza con i primi accertamenti o comunque con le prime verifiche da parte della polizia tributaria) è atto idoneo a limitare le ragioni del fisco e può, quindi, integrare gli estremi del delitto di cui all'art. 11 del DLgs. n. 74/2000”. Reati societari: giurisprudenza Sentenza Corte di Cassazione n. 23522 del 5 giugno 2014 Il commercialista che ha presentato per via telematica la dichiarazione dei redditi nella quale sono stati riportati costi fittizi e fatture false rischia la condanna penale per frode fiscale. La complicità del commercialista deve essere provata. Ad esempio, nel caso in esame, sono stati tenuti in cono elementi come le intercettazioni telefoniche, il possesso di determinati documenti relativi alle operazioni fittizie, l’occultamento e la distruzione di documenti contabili. Falso in attestazioni e relazioni Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli arti 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182 bis, 182 quinquies e 186 bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti è punito con la pena della reclusione da 2 a 5 anni e della multa da € 50.000 a € 100.000. Responsabilità penale dei componenti collegio sindacale o del sindaco unico del Sentenza Cass. Pen., n. 20515/2012 “in capo al collegio sindacale grava un vero e proprio potere-dovere di impedire la realizzazione dell'evento criminoso”. Responsabilità penale dei componenti collegio sindacale o del sindaco unico del Sentenza Cass. Pen. n. 20515/2012 “ I sindaci saranno punibili, a titolo di concorso omissivo nel reato commesso dall'amministratore di una spa qualora abbiano consapevolmente e costantemente omesso i poteri – doveri di controllo attribuiti loro dalla Legge” Il Risk management nell’attività del commercialista Alla luce delle numerose responsabilità di natura civilistica, amministrativa e penale del commercialista per diminuire i rischi connessi all’esercizio dell’attività professionale vi è la necessità di dotarsi nello studio di strumenti di gestione di verifica e controllo. È fondamentale istituire un sistema probatorio per dimostrare il diligente adempimento dell’obbligazione assunta nei confronti del cliente (schede dalle quali risulta la data di consegna dei documenti controfirmata dal cliente, verbali d’incontro, dichiarazioni, ecc.) Sottoscrizione di una polizza assicurativa professionale che preveda la più ampia copertura assicurativa Tra gli obblighi fondamentali del libero professionista, la giurisprudenza, con riferimento al commercialista, recentemente ha assegnato un ruolo primario all’obbligo d’informazione Secondo l’Art 2: “il professionista deve tempestivamente, illustrare al cliente, con semplicità e chiarezza, gli elementi essenziali e gli eventuali rischi connessi alla pratica affidatagli. Nel corso del mandato deve ragguagliare il cliente sugli avvenimenti essenziali” Tale obbligo si concretizza nel dovere di informare, sollecitare e dissuadere il cliente 3. Approfondimenti d’Autore 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale 3. Approfondimenti d’Autore ▶ 3.1 La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento del mandato professionale di Armando Urbano ▶ 3.1.1 Premessa Il commercialista svolge una professione di natura intellettuale e l’oggetto della sua attività professionale è delineato dall’art. 1 del D.lgs. 28 giugno 2005, n. 139 il quale disciplina che: “agli iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, è riconosciuta competenza specifica in economia aziendale e diritto d’impresa e, comunque, nelle materie economiche, finanziarie, tributarie, societarie ed amministrative”. Per questo motivo la sua attività professionale è caratterizzata dalla varietà, molteplicità e complessità degli incarichi e dalle diverse funzioni svolte. Infatti, sempre il D.lgs. n. 139/2005 elenca una serie di attività che formano oggetto dell’attività del commercialista e dell’esperto contabile precisando che tale elencazione non è tassativa, in quanto l’ampiezza del campo delle funzioni del professionista contabile si completa con altre attività introdotte da ulteriori interventi legislativi. È proprio in virtù di questa varietà di tipologie d’incarichi che deve ricondursi la diversità dei possibili profili di responsabilità civile applicabili al commercialista e all’esperto contabile che derivano dallo svolgimento dell’attività professionale e, a titolo esemplificativo e non esaustivo: dall’attività di tenuta e redazione delle scritture contabili, dalla consulenza contabile, societaria, fiscale, dalla redazione e trasmissione delle dichiarazioni fiscali, dalla perdita, distruzione e deterioramento di atti e documenti ricevuti per le esecuzioni di incarichi professionali, dal trattamento dei dati personali, dagli adempimenti previsti dalla normativa antiriciclaggio, e da tutte le attività che possono formare oggetto di un mandato professionale per tale tipologia di professionista intellettuale. La responsabilità del commercialista può configurarsi anche nei casi di assistenza per: amministrazione e liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni; perizie e consulenze tecniche; ispezioni e revisioni amministrative; verifica ed ogni altra indagine in merito alla attendibilità di bilanci, di conti, di scritture e di ogni altro documento contabile delle imprese ed enti pubblici e privati; regolamenti e liquidazioni di avarie; funzioni di sindaco e di revisore nelle società commerciali, enti non commerciali ed enti pubblici. Secondo il Codice Civile (art. 1176) e in base alla costante giurisprudenza di legittimità che si è formata (Cass. Civ., Sez. II, 21 luglio 1989, n. 3476 - Cass. Civ., SS. UU., 28 luglio 2005, n. 15781 - Cass. Civ., Sez. III, 9 ottobre 2012, n. 17143 - Cass. Civ., Sez. III, 20 ottobre 2014, n. 22222 - Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16993), l’incarico professionale ricevuto dal commercialista e dall’esperto contabile deve essere svolto correttamente utilizzando la diligenza che un professionista di preparazione ed attenzione media pone nell’esercizio della propria attività. Tale diligenza, secondo autorevoli autori (C. M. Bianca, Diritto Civile, vol. IV: L’obbligazione, Giuffrè, Milano, 1995), ricomprende numerosi aspetti peculiari che possono essere così definiti: ◾ attenzione volta al soddisfacimento dell’interesse creditorio (diligenza); ◾ osservanza delle misure di cautela idonee ad evitare che sia impedito il soddisfacimento dell’interesse che l’obbligazione è diretta a soddisfare e che siano pregiudicati altri interessi del creditore giuridicamente tutelati (prudenza); ◾ impiego di adeguate nozioni e di strumenti tecnici, che implicano la conoscenza e l’attuazione delle regole proprie di una determinata arte e professione (perizia); ◾ osservanza delle norme giuridiche rilevanti al fine del soddisfacimento dell’interesse del creditore e del rispetto della sua sfera giuridica. Sempre più numerosi sono i casi sottoposti alle aule giudiziarie ove il commercialista o l’esperto contabile (o, più in generale, il consulente tributario) è chiamato in causa dal proprio cliente per asserita inadeguatezza della prestazione professionale. 64 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale Questo accade perché il professionista è responsabile verso il suo cliente in caso d’incuria, non corretta conoscenza o disapplicazione di normative di legge, o nei casi in cui, per negligenza o imperizia, comprometta il buon andamento del rapporto professionale. Di contro deve ritenersi esclusa la sua responsabilità nei confronti del cliente nel caso in cui venga richiesta l’interpretazione personale di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, a meno che non venga provato il dolo o la colpa grave nell’esercizio dell’incarico professionale ricevuto. Pertanto, per evitare ogni tipo di responsabilità, il commercialista deve sempre osservare la diligenza richiesta dalle specifiche disposizioni normative e dalla deontologia professionale e in particolare rispettare quanto disciplinato dal Codice Deontologico della professione. Il professionista dovrà ottemperare a una serie di direttive, pertanto: avrà il dovere e la responsabilità di agire nell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione (avendo riguardo agli interessi legittimi dei clienti e degli altri stakeholder); dovrà agire con integrità, onestà e correttezza in tutte le sue attività e relazioni, sia di natura professionale che personale, osservando e rispettando norme, leggi e regolamenti. Il professionista non dovrà essere in alcun modo associato con dichiarazioni, comunicazioni o informative, a chiunque indirizzate, che non rispondano a verità, ovvero che contengano informazioni fuorvianti, ovvero che omettano informazioni fondamentali ad evitare di fuorviare il destinatario delle suddette comunicazioni. Egli dovrà evitare di perseguire utilità non dovute e adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte nei confronti del cliente o di terzi in genere; si adopererà in assenza di pregiudizi, conflitti di interessi o indebite pressioni di altri che possano influenzare il suo giudizio o la sua attività professionale; manterrà la sua competenza e capacità professionale al livello richiesto per assicurare ai suoi clienti l’erogazione di prestazioni professionali di livello qualitativamente elevato, secondo le correnti prassi e tecniche professionali e disposizioni normative. In base alla conoscenza sollecitata dalla natura della prestazione, dovrà avere un’allocazione adeguata di risorse (umane e temporali), non sarà costretto ad accettare incarichi in materie in cui non è competente, e se necessario deve avvalersi della collaborazione di altri professionisti. Al professionista, in aggiunta, spetterà adempiere all’obbligo di formazione professionale continua agendo nel rispetto delle norme sull’indipendenza e sulle incompatibilità previste in relazione alla natura dell’incarico affidatogli. Sarà tenuto a rispettare le interpretazioni in materia di indipendenza ed incompatibilità approvate dal Consiglio Nazionale, in quanto i requisiti di indipendenza e le incompatibilità risulteranno stabiliti dalla legge. In assenza di interpretazioni approvate dal Consiglio Nazionale in relazione a specifiche funzioni professionali, si applicheranno le regole di indipendenza ed incompatibilità maggiormente rigorose tra quelle previste dalla legge e quelle previste dal vigente Code of Ethics for Professional Accountants emanato dall’IFAC. In ogni caso, il professionista non dovrà mai porsi in una situazione che possa diminuire il suo libero arbitrio o essere di ostacolo all’adempimento dei suoi doveri, così come deve evitare qualsiasi situazione in cui egli si trovi in conflitto di interessi. A tal fine il professionista sarà libero da qualsiasi legame di ordine personale, professionale o economico che possa essere interpretato come suscettibile di influenzare negativamente la sua integrità o la sua obiettività, oltre ciò, fermi restando gli obblighi del segreto professionale e di tutela dei dati personali, previsti dalla legislazione vigente, sarà vincolato a rispettare la riservatezza delle informazioni acquisite nell’esercizio della professione e non deve diffondere tali informazioni ad alcuno, salvo che egli abbia il diritto o il dovere di comunicarle in conformità alla legge. Il comportamento assunto dovrà essere consono alla dignità, all’onore, al decoro e all’immagine della professione, anche al di fuori dell’esercizio della stessa e altresì conforme al dovere di lealtà nei confronti dei clienti e dei colleghi. Avrà l’obbligo di adempiere le disposizioni dell’ordinamento giuridico di volta in volta applicabili e astenersi da qualsiasi azione che possa arrecare discredito al prestigio della professione e dell’Ordine al quale appartiene assumendo sempre un comportamento cortese e rispettoso nei confronti di tutti coloro con i quali verranno in contatto nell’esercizio della professione ponendosi nella condizione di poter risarcire gli eventuali danni causati, anche mediante adeguata copertura assicurativa. Ai sensi dell’art. 2232 del Codice Civile il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto ma può avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione. Dispensa | Master MySolution 65 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale Le prestazioni svolte personalmente dal professionista, perché richiedono particolari conoscenze tecniche, determinano per il professionista un obbligo di diligenza e di fedeltà nei confronti del cliente, la cui violazione può dar luogo a responsabilità per il professionista stesso. Qualora il professionista decida di far eseguire, in toto o in parte, la prestazione a un suo collaboratore potrebbe incorrere nella responsabilità per errori del collaboratore; in questo caso, l’ausilio di collaboratori «non comporta mai che costoro diventino parti del rapporto di clientela, restando invece la loro attività giuridicamente assorbita da quella del prestatore d’opera che ha finito il contratto con il cliente” e pertanto qualora il professionista non corrisponda i compensi pattuiti al collaboratore “il sostituto non è legittimato ad agire contro il cliente medesimo per la corresponsione del compenso, il cui obbligo resta a carico del professionista che si sia avvalso della collaborazione». Attenzione La scelta di farsi sostituire da un collaboratore, in mancanza di una precisa convenzione con il cliente oppure senza che gli usi lo consentano, fa si che il professionista risponderà, a causa del proprio inadempimento contrattuale, degli eventuali danni causati dal sostituto o ausiliare, prescindendo dall’indagine circa la colpa o il dolo di questi. La giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. II, 27 agosto 1986, n. 5248 - Cass. Civ., Sez. I, 7 luglio 1993, n. 7462 - Cass. Civ., Sez. II, 30 gennaio 2006, n. 1847) ha più volte affermato che: “La facoltà per il professionista di servirsi della collaborazione di sostituti o ausiliari “non comporta mai che costoro diventino parte del rapporto di clientela, restando invece la loro attività assorbita da quella del prestatore d’opera che ha concluso il contratto con il cliente”. La responsabilità del professionista, nei confronti del cliente, scaturisce principalmente dal mandato professionale sottoscritto fra le parti dalle quali si desume la tipologia di obbligazione assunta dal prestatore d’opera intellettuale. Al fine di determinare l’effettivo contenuto dell’obbligazione assunta dal professionista, la dottrina italiana, sulla scorta di quella francese, ha fatto per lungo tempo ricorso alla distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato; nella prima, quella di mezzi, il debitore mette a disposizione del creditore esclusivamente i propri mezzi e capacità, senza essere obbligato a garantire il raggiungimento di un determinato risultato, mentre nella seconda il debitore si obbliga nei confronti del creditore al raggiungimento del risultato oggetto del contratto, il mancato conseguimento del quale comporta inadempimento del debitore. L’obbligazione contrattuale di natura professionale si qualifica principalmente come obbligazione “di mezzi” perché il professionista per essere considerato adempiente, è soltanto tenuto a un comportamento idoneo a realizzare il risultato economico che il creditore si attende e il compenso ha comunque dovuto, indipendentemente dal risultato ottenuto. Per quanto concerne l’obbligazione di risultato questa si manifesta più raramente e, nel caso del commercialista può essere rappresentata dalla trasmissione della dichiarazione dei redditi, entro la scadenza prevista dalla normativa, a seguito dell’impegno assunto con il cliente. La Corte di Cassazione, con varie sentenze, ha stabilito che: «l’inadempimento del professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell’attività esercitata. Ragion per cui l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine - positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l’onere di fornire - circa il sicuro e chiaro fondamento dell’azione che sarebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una sua diversa attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo». La responsabilità professionale del commercialista può essere ravvisata in caso d’inesatta esecuzione dell’obbligazione assunta, oppure qualora nell’eseguire una prestazione il professionista non abbia rispettato i requisiti di diligenza, esattezza o puntualità; in questi casi si può parlare di colpa “lieve” del professionista. Diversamente si applica l’art. 2236 del Codice Civile il quale prevede che: “Se la prestazione d’opera implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave”. La diligenza richiesta al professionista è una diligenza qualificata, superiore a quella che viene richiesta a una persona comune (c.d. diligenza del buon padre di famiglia), ed è commisurata alla prestazione che lo stesso deve eseguire. 66 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale Il professionista, infatti, risponde per negligenza, imprudenza e colpa lieve, atteso il maggior grado professionale che si presume in capo allo stesso. Il cliente che intenda agire per ottenere il risarcimento ha l’onere di provare il danno subito, la colpa del prestatore d’opera intellettuale, nonché il nesso di causalità tra colpa e danno. La giurisprudenza ritiene inapplicabile l’art. 2236 c.c. nelle ipotesi in cui si rinvengano: «palesi imprudenze o comportamenti d’incuria: il prestatore d’opera intellettuale dovrà essere comunque obbligato al risarcimento del danno laddove sia incorso in errori che non sono scusabili per la loro grossolanità ovvero laddove si riscontrino ignoranze incompatibili con il grado di addestramento o di preparazione (...) che la reputazione di un professionista dà motivo di ritenere esistenti», nonché nelle ipotesi di «temerarietà sperimentale e ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari che il cliente affida alle cure d’un prestatore d’opera intellettuale». Per quanto concerne il significato di “soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà” la Corte di Cassazione sezione Civile con le sentenze della Sez. III, del 31 luglio 2015, n. 16275, e del 1 febbraio 2011, n. 2334 ha statuito che “essa è riscontrabile in prestazioni coinvolgenti problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, per i quali è richiesto un impegno intellettuale superiore a quello professionale medio, con conseguente presupposizione di preparazione e dispendio di attività anch’esse superiori alla media, oppure non ancora adeguatamente studiati dalla scienza”. Secondo dottrina e giurisprudenza consolidata, nel concetto di colpa sono racchiuse: l’imprudenza, la negligenza, l’imperizia, l’inosservanza di leggi o altre disposizioni normative e l’inottemperanza alle disposizioni impartite dal cliente. Per quanto concerne la responsabilità contrattuale del professionista questa si distingue in: ◾ responsabilità contrattuale: intesa come la responsabilità che deriva dall’inadempimento, dall’inesatto adempimento e dall’adempimento tardivo di una preesistente obbligazione qualunque sia la fonte (ad esclusione del fatto illecito); ◾ responsabilità extracontrattuale o aquiliana: (neminem laedere) prevista dall’art. 2043 c.c. che dispone: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.. Secondo la Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. Lav., 7 agosto 1982, n. 4437) “la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale possono concorrere allorché un unico comportamento risalente al medesimo autore e quindi un evento dannoso unico nella sua genesi soggettiva, appaia di per sé lesivo non solo di specifici diritti derivanti al contraente dalle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano di non subire pregiudizi all’onore, alla propria incolumità personale ed alla proprietà di cui è titolare” La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nell’ipotesi di inadempimento di un’obbligazione nascente dal contratto d’opera professionale, è legata alla ripartizione dell’onere della prova, ai termini di prescrizione dell’azione e agli effetti giuridici relativi al risarcimento del danno. Nella ripartizione dell’onere della prova al cliente creditore si richiede di dimostrare: ◾ L’esistenza del fatto storico da cui è sorta l’obbligazione (ossia di aver affidato l’incarico al professionista); ◾ L’inadempimento del professionista (che può consistere nel mancato adempimento ovvero nella non corrispondenza della prestazione eseguita rispetto all’oggetto dell’incarico, o ancora nell’inadeguatezza della prestazione eseguita); ◾ La sussistenza dell’elemento soggettivo (ovvero che tale prestazione inadempiente è imputabile al professionista per colpa o dolo); ◾ L’effettivo danno subito; ◾ Il nesso di causalità sussistente tra la difettosa e inadeguata prestazione professionale e il danno subito dal cliente. ◾ Il professionista che si oppone al cliente deve dimostrare: ◾ l’impossibilità dell’istanza avanzata dal cliente; ◾ che il fatto che ha reso impossibile la prestazione non sia a lui imputabile e, quindi, di aver agito secondo il criterio della diligenza professionale ex art. 1176, 2° comma c.c., oppure di aver agito in presenza delle particolari difficoltà tecniche, di cui all’art. 2236 c.c., le quali non gli avrebbero consentito, nonostante un’attenta condotta, di eseguire in maniera adeguata la propria prestazione professionale (Cass. Civ., Sez. III, 31 luglio 2015, n. 16281). Dispensa | Master MySolution 67 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale Nei termini di prescrizione, l’azione di responsabilità aquiliana, in virtù dell’art. 2947 del Codice Civile, si prescrive in 5 anni, mentre quella per l’inadempimento dell’obbligazione ex contractu, ai sensi dell’art. 2946 del Codice Civile, ha un termine di dieci anni. Il momento iniziale dal quale far decorrere i termini di prescrizione, per esercitare l’azione di responsabilità professionale, sulla base di un’interpretazione restrittiva della norma, andrebbe individuato nel momento in cui è stata attuata la condotta lesiva. ▶ 3.1.2 Le responsabilità ai fini fiscali Sono previste sanzioni amministrative a carico del professionista qualora si riscontrino violazioni di disposizioni di carattere fiscale legate al rilascio del visto di conformità. Il legislatore ha previsto, per i professionisti abilitati a tale servizio, la possibilità di rilasciare tre certificazioni ai fini fiscali che attestano il regolare adempimento degli obblighi tributari da parte del contribuente: il visto di conformità formale (o visto leggero); l’asseverazione degli studi di settore; la certificazione tributaria (o visto pesante), per contribuenti aventi impresa in regime di contabilità ordinaria. Per essere abilitati a tale servizio i professionisti devono avere i seguenti requisiti: ◾ siano abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni; ◾ abbiano predisposto la dichiarazione e tenuto la contabilità a cui il visto e l’asseverazione. ◾ si riferiscono; ◾ effettuino un’apposita comunicazione, in carta libera, alla Direzione Regionale delle Entrate, territorialmente competente, in relazione al domicilio del professionista; ◾ stipulino una polizza assicurativa a garanzia dei contribuenti per i danni che potrebbero ◾ derivare dal rilascio del visto o dell’asseverazione. Sotto il profilo sanzionatorio, ex art. 39 del D.lgs. n. 241/1997 resta ferma la possibilità di irrogazione di specifiche sanzioni per la violazione di norma tributarie per il rilascio di: 1. per un visto leggero o di un’asseverazione infedele si applicano le modifiche apportate dall’articolo sei del D. Lgs. N. 175/2014, all’art. 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 che stabiliscono, in caso di visto infedele, che i Caf e i professionisti abilitati siano tenuti, nei confronti dello Stato o del diverso ente impositore, al pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della sanzione, nella misura del 30 per cento, che sarebbe stata richiesta al contribuente ai sensi dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973. Come chiarito dalla Circolare n. 34/E/2015, non è punibile il visto di conformità infedele sulla dichiarazione se risulta un importo dovuto complessivo inferiore ai 30 euro. Se entro il 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa il CAF o il professionista trasmette una dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, trasmette una comunicazione dei dati relativi alla rettifica (il cui contenuto sarà definito con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate), la somma dovuta è pari all’importo della sola sanzione. Nel caso di presentazione di dichiarazione rettificativa, il contribuente è tenuto al versamento della maggiore imposta dovuta e dei relativi interessi. Inoltre, se anche il versamento è effettuato entro la stessa data del 10 novembre, tra l’altro, la sanzione è ridotta nella misura del 3,75% (1/8 del minimo, prevista dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 472/1997 per il ravvedimento operoso). 2. Per un visto pesante infedele si applica la sanzione amministrativa da € 516,46 a € 5.164,57. 3. in caso di ripetute violazioni, è prevista l’inibizione della facoltà di rilascio del visto leggero o dell’asseverazione, o la sospensione da 1 a 3 anni della facoltà di rilascio del “visto pesante”. ▶ 3.1.3 La responsabilità derivante da cariche societarie Secondo quanto previsto dal Codice Civile i professionisti che detengono cariche a livello societario sono solidalmente responsabili per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. Infatti, l’art. 2392 c.c. stabilisce espressamente: “Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. 68 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori. In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”. Pertanto, rimangono esonerati dalla responsabilità coloro che si dimostrino esenti da colpa. I componenti dell’organo di controllo rispondono di eventuali danni che siano stati cagionati alla società e ai soci o ai creditori sociali se l’evento dannoso si è verificato a causa dell’omesso controllo o del controllo non diligente in conformità degli obblighi della loro carica. I sindaci rispondono, in solido con gli amministratori, per i fatti o le omissioni di questi ultimi, quando il danno non si sarebbe cagionato se essi avessero operato in conformità ai propri doveri. ▶ 3.1.4 La responsabilità derivante da incarichi giudiziari Il curatore fallimentare, in base a quanto previsto dall’art. 38 della legge fallimentare adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Durante il fallimento l’azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori. Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell’art. 116”. È responsabile delle conseguenze degli atti compiuti, anche se per gli stessi necessita l’autorizzazione del giudice, e risponde sia nelle ipotesi di dolo o colpa grave sia in presenza di colpa lieve nei seguenti casi: violazione delle direttive del giudice delegato, di commissione di atti svantaggiosi per la procedura, di esperimento di azioni giudiziarie disastrose e di trascuratezza nell’esperire liti necessarie, nonché di difettosa compilazione dell’inventario, di deficienza della relazione al giudice delegato o falsità o inesattezza del suo contenuto, di omissione o manchevolezze nell’esposizione periodica dell’amministrazione, di mancato adempimento alla richiesta di esibizione dei documenti giustificativi, di intempestiva, negligente o irregolare vendita dei beni, di omessa sorveglianza sull’esercizio provvisorio, di incompleto o falso rendiconto della Gestione. Il consulente tecnico è tenuto a svolgere il proprio incarico con la diligenza “del buon tecnico medio”. Qualora dovesse incorrere in colpa grave nell’ambito del suo ufficio è punito con l’arresto fino ad un anno o con una multa fino ad € 10.329,14, oltre all’applicazione dell’art. 35, c.p.. Egli è tenuto “in ogni caso” al risarcimento dei danni causati alle parti per via della violazione dei propri doveri. ▶ 3.1.5 La responsabilità derivante dalla funzione di revisore di Enti pubblici I revisori di Enti Pubblici, «rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono i loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione dei loro uffici», secondo quanto disposto dal Testo unico degli enti locali. Ad essi è richiesta una diligenza di «avveduto revisore contabile esterno indipendente» il quale «pur non dovendo assicurare il risultato della corretta e veritiera rappresentazione contabile dei fatti gestionali, deve tendere alla migliore realizzazione possibile dell’incarico»; ciò che presuppone «una diligenza particolarmente qualificata dalla perizia e dall’impiego degli strumenti tecnici adeguati al tipo di attività dovuta». Dispensa | Master MySolution 69 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità civile del commercialista nello svolgimento dell’incarico professionale ▶ 3.1.6 La responsabilità in materia di privacy Per quanto concerne la tutela dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196), «chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del codice civile». Il professionista che non assolve i doveri imposti dalla normativa sulla privacy incorre nel pagamento di una multa: da € 3.000 a € 18.000 per i dati personali e da € 5.000 fino a € 30.000 nei casi di dati sensibili o giudiziari o di trattamenti che presentano rischi specifici. ▶ 3.1.7 La responsabilità in materia di antiriciclaggio In virtù dell’art. 41, D.Lgs. 231/2007, i commercialisti hanno l’obbligo di segnalare all’UIF qualsiasi operazione conosciuta o sospettata che possa ritenersi collegata ad operazioni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo. Le segnalazioni non comportano violazione del segreto professionale e vanno inoltrate, anche se l’operazione sospetta non abbia avuto luogo per sospetti o rifiuto. Il professionista che sospetti la sussistenza di operazioni di riciclaggio, ha l’obbligo di astenersi dal compiere la prestazione professionale, finché non abbia effettuato la segnalazione. Egli ha il divieto di comunicare al cliente o a terzi interessati che farà o ha fatto la segnalazione all’UIF. In violazione di tale divieto è prevista una sanzione penale dell’arresto da sei mesi a un anno o l’ammenda da € 5.000 a € 50.000. Il professionista ha solo la facoltà di dissuadere il proprio cliente dal mettere in atto un’attività criminosa. Ai sensi dell’art. 49. D.Lgs. 231/2007 il commercialista ha l’obbligo di segnalare le operazioni in contanti e titoli al portatore d’importo singolo o frazionato superiore ad Euro 3.000,00. In virtù di tale normativa il commercialista, entro trenta giorni dalla data in cui ha preso notizia, deve segnalare le operazioni relative al trasferimento di denaro contante, libretti di deposito bancari o postali al portatore, titoli al portatore in euro o in valuta estera, per un importo pari o superiore a € 3.000. L’omissione della segnalazione darà luogo all’irrogazione, nei confronti del professionista, di una distinta sanzione, rispetto a quella a carico del cliente, il cui importo è variabile dal 3% al 30% dell’importo non segnalato, con un minimo di € 3.000,00. La sanzione comminata al professionista è da qualificarsi quale sanzione diretta non soggetta a copertura attraverso polizze di responsabilità civile. 70 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale ▶ 3.2 La responsabilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale di Armando Urbano ▶ 3.2.1 Premessa La responsabilità penale dei commercialisti e degli esperti contabili, nell’esercizio dell’attività di consulenza, è un tema molto dibattuto a seguito di alcune pronunce giurisprudenziali e di recenti provvedimenti legislativi, quali l’art. 12 del D.Lgs. n. 158/2015, attuativo della delega fiscale per la riforma del sistema sanzionatorio; tali modifiche a livello dottrinario e giurisprudenziale hanno ampliato l’area di rischio penale del consulente o dell’intermediario che compartecipa alla commissione del reato nell’esercizio dell’attività di consulenza. ▶ 3.2.2 Responsabilità del professionista per concorso nei reati I profili di responsabilità del commercialista assumono rilievo in campo penale, con particolare riferimento alla responsabilità del professionista per concorso nei reati. L’art. 110 c.p. prevede che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”. Sotto il profilo psicologico, l’elemento soggettivo del concorso richiede, da un lato, la coscienza e volontà dello specifico reato e, dall’altro, la volontà di concorrere con altri alla realizzazione del reato comune. In particolare, la normativa penale italiana prevede che, per aversi concorso di persone nel reato, devono sussistere le seguenti condizioni: ◾ la pluralità di soggetti agenti; ◾ la realizzazione di un fatto illecito; ◾ la partecipazione di ciascun concorrente alla determinazione dell’evento(oltre alla coscienza e volontà del fatto criminoso, è richiesta la consapevolezza che il reato sia commesso con altre persone); ◾ la volontà di cooperare alla commissione del reato. La pluralità di agenti prevede che vi siano almeno due persone per potersi ravvisare la partecipazione criminosa; soggetti individuabili, nella specie, nel contribuente e nel suo consulente i quali, in ordine alla condotta censurata penalmente, devono consumare un reato realizzando un fatto illecito. Per quel che concerne il contributo illecito del professionista, è prospettabile sia il concorso materiale (partecipazione fattiva), sia quello morale (partecipazione psichica, cioè comportamento teso ad agevolare l’illecito del contribuente). Si ipotizzi, per esempio, il caso in cui il commercialista predisponga una dichiarazione fraudolenta per far ottenere al cliente dei benefici. La giurisprudenza di legittimità in genere ritiene responsabile in concorso il commercialista, per la violazione commessa dal cliente (fatture false, indebite compensazioni), quando sia l’ispiratore della frode anche se poi solo il cliente abbia beneficiato della frode. Pertanto, la responsabilità penale del commercialista a titolo di concorso di persone nel reato sussiste solo in caso di dolo. La condotta dolosa da parte del consulente, consiste nell’essere consapevole e cosciente del fatto che sta ponendo in essere una frode fiscale. Per esempio commette dolo il professionista che, oltre a consigliare il cliente sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori, lo assiste nella stipulazione dei relativi negozi simulati. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17418 del 2016, ha sancito che “la configurabilità del concorso nel reato di frode fiscale di coloro che, pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società cui si riferisce l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito alle utilizzatrici […] di potersi procurare fatture passive da inserire in dichiarazione per abbattere l’imponibile societario […]”. Sempre la Suprema Corte con la sentenza n. 39873 del 2013 aveva statuito la responsabilità di un commercialista per aver redatto la dichiarazione fiscale del cliente sulla base di fatture contabilizzate e poi ritenute false. Il professionista è stato condannato sia perchè ‘‘ben consapevole’’ del ruolo di mere ‘‘cartiere’’ delle emittenti le fatture su cui si era basata la fraudolenza della dichiarazione, ma anche perchè le fatture, ‘‘già in se stesse, Dispensa | Master MySolution 71 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale erano oggettivamente tali da indurre sospetto in un commercialista appena avveduto’’; infatti secondo la Consulta un professionista avveduto dovrebbe quantomeno insospettirsi dinanzi a fatture di importi considerevoli recanti però descrizioni troppo generiche o poco coerenti con la prestazione resa. La Corte di Cassazione con la sentenza 9916/2010 ha affermato la responsabilità del commercialista per aver appostato costi privi di documentazione o non inerenti nella dichiarazione, senza avere riscontrato la presenza della relativa documentazione. Viceversa, non si può parlare di concorso di persone nel reato se il commercialista ha agito esclusivamente su elementi forniti dal cliente; in questo caso le inesattezze e le falsità dei dati non devono essere conosciuti o riconoscibili dal professionista e, in tal caso, sarà solo il cliente a rispondere del reato penale. Con la sentenza n. 49570/15 la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha assolto, “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, il commercialista che ha registrato le fatture false per conto dei clienti ma non le ha inserite nelle varie dichiarazioni fiscali presentate. In merito all’ipotesi di reato per omessa presentazione della dichiarazione, da parte del professionista negligente incaricato alla trasmissione telematica dei dati reddituali, si è espressa la Suprema Corte, con la sentenza n. 18845/2016, sancendo che la semplice circostanza che il contribuente si avvalga dell’ausilio del professionista per la predisposizione e la trasmissione della dichiarazione “non vale a trasferire su quest’ultimo l’obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente”. Secondo i principi generali vi è concorso quando un soggetto fornisce un contributo (di qualsiasi genere, anche omissivo) all’effettuazione del fatto costitutivo di reato; pertanto, la responsabilità del concorrente in reato doloso presuppone la consapevolezza di concorrere in un reato. È opportuno ricordare che in base a quanto previsto dall’art. 5 del Codice Penale “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale” (Ignorantia legis non excusat). I reati di natura penale per i commercialisti possono configurarsi soprattutto in campo fallimentare, societario e tributario. I reati fallimentari si manifestano in presenza di una procedura concorsuale e le ipotesi criminose più importanti sono rappresentate dalla bancarotta fraudolenta. La Suprema Corte si è più volte espressa in tema di concorso in bancarotta fraudolenta dei professionisti che, consapevoli dell’intento dell’imprenditore o dell’amministratore di voler sottrarre ai creditori i beni della società in crisi, forniscono consigli o suggerimenti sulle possibili strade da percorrere o svolgono attività volte a favorire tale intento o garantire l’impunità del management e di seguito si riportano alcune sentenze. Con la Sentenza n. 39988/2012 è stato statuito che: “nel caso in cui i professionisti forniscano consigli deprecabili o agevolino l’operato distrattivo dell’imprenditore in crisi, è configurabile in capo agli stessi consulenti il reato di concorso in bancarotta fraudolenta”. Nello specifico i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso. La Sentenza n. 8349/2016 ha sancito che ”risponde di concorso in bancarotta il consulente che supporta i manager nella distrazione dei beni societari con la sua attività. I fatti riguardano un avvocato fiorentino che aveva contribuito al dissesto finanziario di una società cliente mediante la redazione di un contratto estimatorio.”. I reati societari, nel nostro ordinamento, sono disciplinati in due corpi normativi. La gran parte delle norme sono previste dal codice civile, in particolare all’interno del Libro V, libro del lavoro, nella quale vi è tutta la disciplina delle società commerciali. Tra le disposizioni penali in materia di società e di consorzi (Titolo 11) sono previsti i reati societari, dall’art. 2621 all’art. 2642 del codice civile. A questa si accompagnano alcune previsioni disciplinate dal decreto legislativo 58/1998 - Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. La Cassazione si è pronunciata sovente sui reati di false comunicazioni sociali e di seguito si richiamano alcune sentenze. Corte di Cassazione, Sezione V penale Sentenza 12 gennaio 2016, n. 890: “Nell’attuale formulazione dell’art. 2621 c.c., il riferimento ai “fatti materiali” oggetto di falsa rappresentazione non esclude la rilevanza 72 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale penale degli enunciati valutativi, anch’essi idonei ad assolvere una funzione informativa laddove intervengano in contesti che implichino l’accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o tecnicamente indiscussi. Ne consegue che integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria “da reato societario”, la omessa svalutazione dei crediti in sofferenza, attuata nella consapevolezza della impossibilità o estrema difficoltà della loro riscossione, trattandosi di condotta dotata di capacità decettiva, che consente una mendace rappresentazione di solidità patrimoniale e finanziaria della società e la prosecuzione di ingiustificati prelievi dalle casse sociali.”. Corte di Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 21.1.1998:”chi contribuisca a realizzare complessi artifici contabili, idonei a una dissimulazione della realtà, nella prospettiva della futura dissimulazione di una riserva occulta nel bilancio di esercizio di una società, offra un contributo causale determinante alla condotta criminosa punita dall’art. 2621 cod. civ., soprattutto quando le sue capacità tecniche professionali siano tali da rassicurare l’amministratore sull’efficacia del risultato dissimulatorio”. Per quanto concerne i reati tributari questi hanno natura delittuosa. L’art. 12 del D.Lgs. n. 158/2015 ha novellato il D.Lgs. n. 74/2000 introducendo l’art. 13-bis, rubricato “Circostanze del reato”, che prevede la responsabilità penale del consulente o dell’intermediario che compartecipa alla commissione del reato nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale. Con questa integrazione il legislatore ha aumentato le soglie di punibilità di alcuni reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e ha introdotto nuove fattispecie perseguibili penalmente. La norma in questione si applica esclusivamente ai reati individuati dal titolo II del D. Lgs. 158/2015, e le pene sono aumentate della metà per il concorso nella dichiarazione fraudolenta mediante: ◾ uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; ◾ dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici; ◾ dichiarazione infedele; ◾ omessa dichiarazione; ◾ emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; ◾ occultamento o distruzione di documenti contabili; omesso versamento di ritenute certificate; ◾ omesso versamento dell’IVA; ◾ indebita compensazione; ◾ sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Il professionista può rispondere del reato tributario sia a titolo di “dolo diretto”, sia a titolo di “dolo eventuale”. La giurisprudenza di legittimità si è più volte pronunciata su tipologie di reati tributari che vedono coinvolto il commercialista, ivi comprese anche particolari ipotesi di concorso del professionista nel reato tributario di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, e di seguito si riportano alcune sentenze. Corte di Cassazione, sentenza 17 agosto 2016, n. 34912: “I falsi provvedimenti di sgravio tributario ottenuti con l’aiuto del funzionario infedele della pubblica amministrazione integrano sempre in capo al commercialista il reato di falso materiale in atto pubblico in concorso”. Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale sentenza 5 giugno 2014, n. 23522, dalla quale si evince che rischia una condanna per dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74/2000 il commercialista che suggerisce all’imprenditore come approntare le fatture false e successivamente trasmette per via telematica la dichiarazione dei redditi nella quale sono stati riportati i costi fittizi derivanti dalle fatture false. Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale sentenza 23 settembre 2013, n. 39079: “risponde del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte il commercialista che realizzi comportamenti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace una procedura di riscossione coattiva da parte del Fisco, specie se in presenza di operazioni finanziare complesse poste in essere al solo fine di eludere il pagamento delle imposte; così facendo il contribuente nell’approntamento e realizzazione di atti simulati fraudolenti si sottrarrebbe al pagamento delle imposte dovute, così integrando il delitto di cui all’art. 11 del D.Lgs. 74/2000.”. La Suprema Corte con varie pronunce (Cass. Sez. III Penale, 10.6.2009, n. 38925; Cass. Sez. III Penale, 5.5.2011, n. 23986; Cass. Sez. III Penale, 4.4.2012, n. 21013) ha sancito che: «la costituzione di un fondo patrimoniale, avente ad oggetto i beni mobili e immobili del contribuente, benché anteriore all’attività di riscossione (nella specie, effettuata in coincidenza con i primi accertamenti o comunque con le prime verifiche da parte della polizia tributaria) è atto idoneo a limitare le ragioni del fisco e può, quindi, integrare gli estremi del delitto di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000». Dispensa | Master MySolution 73 3 – Approfondimenti d’Autore – La responsabilità penale del commercialista nello svolgimento dell’attività professionale In ogni caso, per far scattare il reato tributario, la complicità del commercialista con il cliente deve essere provata mediante intercettazioni telefoniche, o mediante il rinvenimento di determinati documenti relativi alle operazioni fittizie presso lo studio del professionista, o provando che vi è stato l’occultamento e la distruzione di documenti contabili. In relazione alle prove raccolte dagli inquirenti, il commercialista deve risultare parte attiva di un progetto di evasione fiscale, da lui pianificato e realizzato, che risulti rilevante e duraturo. Qualora il magistrato riscontrasse che il professionista è effettivamente parte attiva nel reato contestato, potrebbe adottare, in attesa del processo, la misura cautelare degli arresti domiciliari. Proseguendo nella disamina della violazione delle norme che possono far incorrere il commercialista nella responsabilità penale, è opportuno ricordare il reato rubricato come ”falso in attestazioni e relazioni”. Affinchè si configuri la fattispecie criminosa, ai sensi dell’art. 236 bis della L.F., il professionista, nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, comma 3, lettera d), 161, comma 3, 182-bis, 182-quinquies, 182-septies e 186-bis, deve esporre informazioni false ovvero deve omettere di riferire informazioni rilevanti; in tali fattispecie è punito con la reclusione da 2 a 5 anni e con una multa da € 50.000 a € 100.000. Il Legislatore ha, inoltre, previsto due aggravanti alla disposizione penale e nello specifico: se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata; se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà. La “responsabilità penale dei componenti del collegio sindacale o del sindaco unico” si può verificare nell’ambito dei reati societari (come per esempio nel caso delle false comunicazioni sociali), nell’ambito dei reati di natura tributaria, nell’ambito dei reati fallimentari, in tipologie di reati come ad esempio operazioni illecite sulle azioni o quote sociali, restituzione indebita dei conferimenti dei soci, irregolare ripartizione degli utili e/o delle riserve, nonché per riciclaggio e truffa. Diverse sono le sentenze di legittimità che hanno esaminato i reati commessi dal collegio sindacale nell’esercizio dell’attività di controllo e se ne riportano alcune. Corte di Cassazione, Sez. V Penale, Sentenza 10 maggio 2016, n. 19470: “in tema di bancarotta fraudolenta, la responsabilità a carico dei sindaci è, normalmente, ravvisabile a titolo di concorso omissivo, alla stregua dell’art. 40 c.p., comma 2, e cioè sotto il profilo della violazione del dovere giuridico di controllo che, ordinariamente, inerisce alla loro funzione, sub specie dell’equivalenza giuridica, sul piano della causalità, tra il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire ed il cagionarlo”. Corte di Cassazione, Sez. Penale, Sentenza n. 20515/2012: “in capo al collegio sindacale grava un vero e proprio potere-dovere di impedire la realizzazione dell’evento criminoso”. “I sindaci saranno punibili, a titolo di concorso omissivo nel reato commesso dall’amministratore di una spa qualora abbiano consapevolmente e costantemente omesso i poteri - doveri di controllo attribuiti loro dalla Legge”. 74 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari ▶ 3.3 Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari di Mauro Nicola ▶ 3.3.1 Introduzione Il punto di partenza del presente contributo può essere considerato innanzitutto il contenuto dell’art. 14 del codice deontologico della professione di dottore commercialista ed esperto contabile rubricato “Responsabilità professionale”. In tale documento si legge, testualmente, che: “Il professionista deve rendere noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa per la responsabilità professionale, nonché i relativi massimali ai sensi dell’art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137.”. La professione del dottore commercialista è una delle più diffuse professioni liberali italiane, che ha origini antiche quanto l’azienda: il dottore commercialista può, infatti, considerarsi il discendente diretto e più qualificato delle antiche figure di professionista economico-contabile. ▶ 3.3.2 Incarichi e attività del dottore commercialista Gli incarichi odierni attribuiti al dottore commercialista non si limitano più esclusivamente a quelli descritti dall’ordinamento professionale: ◾ amministrazione e liquidazione di aziende, patrimoni e singoli beni; ◾ perizie e consulenze tecniche; ◾ ispezioni e revisioni amministrative; ◾ verifica e indagine sull’attendibilità di bilanci, dei conti, scritture ed ogni altro documento contabile delle imprese; ◾ regolamenti e liquidazioni di avarie; ◾ funzioni di sindaco e di revisore, ma hanno assunto, nel tempo, una ben maggiore complessità in conseguenza della crescente industrializzazione del Paese, ma anche e soprattutto a causa dell’incessante modificazione della normativa tributaria, sia nazionale, che determinata dal recepimento delle direttive comunitarie. Le prestazioni professionali che il dottore commercialista può svolgere per conto dei privati riguardano attività di assistenza e consulenza fiscale, interventi nell’area contrattuale e nell’area economico-finanziaria, nonché assistenza giuridico-commerciale. Le prestazioni che il dottore commercialista può svolgere per conto dell’impresa sono caratterizzate da una crescente specializzazione, soprattutto nell’area finanza e controllo, nell’area amministrativo-contabile, nella revisione e nella consulenza di diritto commerciale, societario e tributario, nonché nel campo delle valutazioni d’azienda e delle operazioni straordinarie. Ma il dottore commercialista interagisce oggi, sempre più frequentemente anche con enti pubblici ed istituzioni. Nei confronti di questi soggetti sono diverse le aree di intervento del dottore commercialista, cui è richiesto un qualificato impegno nell’ambito dell’attività di controllo a supporto della gestione pubblica, nell’area progettuale, nell’area amministrativa, finanziaria, in quella della revisione dei conti e, da ultimo, in quella formativa. Anche la tutela dell’interesse pubblico trova nella categoria professionisti validi e qualificati per le attività relative a consulenze tecniche, civili e penali, in materia economico-aziendale, nonché per le attività di curatore fallimentare, commissario giudiziale e liquidatore. ▶ 3.3.3 Le responsabilità professionali in tema sanzionatorio Circa una ventina di anni fa fece molto scalpore la vicenda della popolare conduttrice televisiva Mara Venier, che si trovò, suo malgrado, e a sua insaputa, “inseguita” dal Fisco non per sue colpe personali, ma per il solo fatto di essere stata truffata dal proprio commercialista. In suo soccorso, e in soccorso di molti altri contribuenti che si trovarono in situazioni analoghe, fu repentinamente emanata la cosiddetta “legge Venier”; questa innovativa normativa stabilì che il contribuente non potesse subire sanzioni tributarie di alcun genere, se in grado di dimostrare che la responsabilità dei fatti contestati fosse a carico di un altro soggetto: si tratta della legge n. 423/1995. Dispensa | Master MySolution 75 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari La Suprema Corte di cassazione è recentemente tornata sull’argomento, con la sent. 30 novembre 2009, n. 25136, della Sezione tributaria. Il caso vedeva contrapposti l’Agenzia delle entrate e un contribuente il quale si era visto sanzionato per non aver presentato la dichiarazione dei redditi né aver versato le relative imposte. Il contribuente si era difeso spiegando che aveva incaricato il suo commercialista di eseguire questi adempimenti, ma il professionista li aveva omessi per semplice dimenticanza, circostanza, peraltro, confermata dallo stesso consulente. Il contribuente aveva denunciato il fatto all’autorità giudiziaria, ma l’Agenzia delle entrate non lo aveva ritenuto sufficiente, poiché non era ancora arrivata una sentenza definitiva a carico del professionista. I giudici del Palazzaccio hanno, però, dato ragione al contribuente. È vero, infatti, che la legge del 1995, fra le righe, lasciava intendere la necessità di una condanna definitiva, ma nel frattempo era intervenuta anche una legge successiva, e più precisamente il D.Lgs. n. 472/1997, che aveva rivisto l’intero sistema delle sanzioni tributarie. L’art. 6 del D.Lgs. n. 472/1997, infatti, parla di semplice denuncia del terzo responsabile, come nel caso analizzato dalla sentenza citata, ed essendo il D.Lgs. n. 472/1997, una normativa successiva, la sua portata è stata considerata prevalente sulla precedente legge n. 423/1995. Il contribuente è stato così esentato da ogni sanzione. Si sa, tra tasse, dichiarazioni, e scadenze varie, è sempre più facile dimenticarsi qualcosa nella giunga fiscale, come dimenticare una data importante o saltare un adempimento. E’ proprio questo il motivo che induce molte persone ad affidarsi ad un commercialista. Per quanto riguarda la responsabilità del professionista nello svolgimento delle attività di consulenza ed assistenza fiscale, il sistema sanzionatorio non penale, introdotto dal D.Lgs. n. 472/1997, ha disposto - all’art. 2 - per le violazioni di norme tributarie il principio della “responsabilità diretta ed esclusiva”, secondo il quale “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”, cioè al soggetto che “ha posto in essere il comportamento trasgressivo rispetto all’obbligo tributario” (vedasi in proposito la C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E). Il decreto stesso pone dei limiti in ordine all’individuazione del trasgressore, disponendo che nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa; pertanto in mancanza di dolo, o di colpa, la violazione non è sanzionabile, e che, fino a prova contraria, si presume autore dell’illecito amministrativo colui il quale ha sottoscritto, o compiuto, il medesimo. Il consulente fiscale, come anche il rappresentante legale, o un amministratore, potrebbe essere sanzionato sia in qualità di autore proprio sia in qualità di autore mediato della violazione stessa. La citata prassi ministeriale n. 180/E del 1998 precisa, inoltre, che, al fine di poter traslare la responsabilità diretta dell’illecito su un soggetto diverso da colui che ha, ad esempio, sottoscritto la dichiarazione dei redditi e per poter spostare la responsabilità sul consulente, “occorre che sia data prova dell’esistenza di una delega di funzioni che abbia il carattere dell’effettività e cioè che attribuisca al delegato un potere decisionale reale insieme ai mezzi necessari per potere svolgere in autonomia la funzione delegata e che, inoltre, la delega risponda ad esigenze reali dell’organizzazione aziendale e venga conferita a soggetto idoneo allo svolgimento delle mansioni”. Attenzione Allorché la responsabilità sia “diretta ed esclusiva” del professionista, la sanzione viene applicata solo se la condotta del soggetto è caratterizzata da dolo o colpa. Mentre, nei casi di responsabilità del professionista in qualità di “autore mediato”, l’art. 10 del D.Lgs. n. 472/1997 sancisce che chi, inducendo altri in errore inconsapevole, determina la commissione di una violazione ne risponde in luogo del suo autore materiale, e che, pertanto, il professionista sarà tenuto al pagamento della sanzione “in luogo” del trasgressore apparente, a patto che sussista la mancanza di consapevolezza del cliente e che il comportamento induca altri in errore, escludendosi, così, la “culpa in eligendo” o “vigilando” del contribuente poiché, se così non fosse, questi non potrebbe essere “liberato” dalla responsabilità, per non aver controllato o scelto opportunamente il proprio consulente. 76 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari Per quanto concerne l’induzione di altri in errore, la relazione ministeriale al citato D.Lgs. n. 472/1997 affermava che “per quanto specificamente riguarda il professionista, non è prospettabile responsabilità per i pareri resi e le indicazioni date nell’ambito della sua attività, se non nei casi di colpa grave”. Successivamente però il legislatore, con il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, modificando il decreto medesimo, ha introdotto nella norma le seguenti parole: “Le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave”, aggravando di fatto la responsabilità del professionista, poiché, al di fuori dei “problemi di speciale difficoltà”, il professionista potrà rispondere in merito a sanzioni tributarie anche in presenza di “colpa non grave”. Va detto che per “problemi di speciale difficoltà” si intendono argomenti e questioni non disciplinati chiaramente, o espressamente, dalla norma di legge, privi di interpretazioni ufficiali dell’Amministrazione finanziaria e di univoci orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, nonché le “novità” legislative per cui manca una sicura e sufficiente impostazione dottrinale. Con il termine “colpa grave” si individuano le ipotesi di indiscutibile imperizia o negligenza di comportamento, e di macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. Se più soggetti concorrono in una violazione, ogni singolo soggetto soggiace alla sanzione per questa disposta, ex art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997, così che, se, per esempio, il professionista avesse concorso con il proprio cliente-trasgressore al compimento della violazione fiscale, entrambi risponderebbero della sanzione prevista, poiché la responsabilità per concorso presuppone che ciascun concorrente apporti un contributo personale alla realizzazione dell’illecito. Avremo, invece, un concorso esclusivamente morale nei casi in cui il dottore commercialista fornisca al cliente-trasgressore un impulso psicologico, attraverso l’istigazione alla realizzazione della violazione fiscale. Il professionista incorrerà, inoltre, in una responsabilità in concorso, nelle ipotesi in cui faccia proprio l’espediente illecito ed indichi concretamente la metodologia per adottarlo, o lo adotti personalmente. Attenzione Trascurando però le suesposte fattispecie delittuose, il professionista potrà incorrere in sanzioni in caso di mancato, o tardivo, versamento delle imposte, relativamente a obblighi tributari del cliente-contribuente: in tal senso, la legge n. 423/1995 prevede che la riscossione delle sanzioni nell’ipotesi in esame sia sospesa nei confronti del contribuente e del sostituto d’imposta, qualora la violazione sia conseguente alla condotta illecita di dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, avvocati, notai e altri professionisti, iscritti nei rispettivi albi, in dipendenza del loro mandato professionale. E, sempre lo stesso D.Lgs. n. 472/1997 dispone, all’art. 6, che il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono sanzionabili, qualora dimostrino che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi. Il consulente fiscale ha, quindi, una precisa responsabilità verso il contribuente e l’Erario: dal semplice errore commesso nella dichiarazione, al parere, il consulente paga anche per l’illecito del cliente ed è coinvolto nel reato, se suggerisce l’espediente fuori legge. Considerando che negli ultimi anni l’attività del consulente fiscale si è sempre più radicata nella vita aziendale dell’imprenditore-cliente, e poichè ormai il consulente partecipa attivamente nella pianificazione dell’attività sotto il profilo fiscale, è il caso delle operazioni straordinarie, della creazione di strutture societarie estere, dei rapporti infragruppo e così via, e fornisce specifici approfondimenti e soluzioni per circostanziate problematiche mediante pareri, non limitandosi a seguire meramente gli adempimenti fiscali classici quali dichiarazione reddituali, versamenti di imposte, ecc., si sono, vieppiù ampliati, stante anche l’accresciuta capacità professionale maturata nella categoria, i profili di responsabilità del consulente verso il cliente e verso l’Erario per l’attività di assistenza e consulenza svolta, si tratti del semplice errore nella compilazione della dichiarazione del contribuente o di un parere su un problema più specifico. La profilatura anche di una responsabilità penale del consulente fiscale, che risponde come concorrente, per fatto del contribuente, nel caso in cui abbia indicato le modalità per adottare l’espediente illecito, o, addirittura, lo abbia adottato di persona, pare essere ormai conclamata. Non si può, invero, professare una generalizzata irresponsabilità dei professionisti, allorché essi con la loro attività condizionino le scelte del cliente; ma è possibile individuare una linea di demarcazione tra la Dispensa | Master MySolution 77 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari responsabilità, non solo penale e l’irresponsabilità del professionista nell’esercizio della sua attività nel fatto di chi in concreto abbia indicato la strada illecita al contribuente. ▶ 3.3.4 La questione della deducibilità delle sanzioni Da un punto di vista poi preminentemente tributario e riferentesi alla metodologia di determinazione del reddito di lavoro autonomo tipico di colui che svolge la professione di dottore commercialista non possiamo dimenticare il contenuto della circolare 20 giugno 2002, n. 55/E, secondo la quale l’eventuale sanzione amministrativa comminata dal Ministero del tesoro a un sindaco di un’azienda di credito sarebbe indeducibile dal reddito di lavoro autonomo. Infatti, secondo tali prassi ministeriale, un costo può essere considerato deducibile dal reddito solo ed in quanto risulti funzionale alla produzione del reddito stesso. Come chiarito con risoluzione 12 giugno 2001, n. 89/E, il rapporto di correlazione tra costo e reddito non è riscontrabile, in linea di principio, con riferimento a quei costi che siano rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente. Di conseguenza, i costi imputabili alle sanzioni irrogate al professionista sono stati ritenuti indeducibili. Tuttavia in argomento vi è stata recentissimamente una importante inversione di rotta da parte della giurisprudenza di merito. Infatti a giudizio della Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sent. n. 427/03/10, e concordemente alle tesi di Assonime e dell’Associazione commercialisti, le sanzioni irrogate dall’Antitrust sono deducibili dal reddito d’impresa, in quanto inerenti ai sensi dell’art. 109 del T.U.I.R. La tesi sostenuta dai giudici di prime cure si basa infatti sul principio che la sanzione ha natura risarcitoria e ha inerenza con i ricavi, ma soprattutto sull’inesistenza nel panorama tributario nazionale di una norma che disponga né la deducibilità né l’indeducibilità delle sanzioni. La pronuncia dei giudici milanesi assume estrema rilevanza in quanto giunge successivamente ad un recente orientamento della Cassazione, che, con la sent. 3 marzo 2010, n. 5050, aveva invece affermato l’indeducibilità di tali sanzioni. Secondo la CTP di Milano, il nodo focale della questione è costituito dal giudizio di correlatività tra costi e ricavi, non tanto verificando la diretta connessione della sanzione ad una determinata componente del reddito, bensì ad una attività «potenzialmente» idonea a produrre reddito, «laddove l’avverbio “potenzialmente” rende ben chiaro il concetto di quelli che sono gli atti illeciti o illegittimi di cui si tratta, ossia quelli che attengono all’abuso di posizione dominante o intese tra le varie compagnie che eludano le norme restrittive della libertà di concorrenza, ossia atti sanzionabili con l’attività dell’Antitrust». Attenzione Sulla base di ciò, il Collegio meneghino afferma che la natura di tali sanzioni non può che essere risarcitoria e non afflittiva. La multa è finalizzata a riportare le condizioni del mercato ad una maggiore equità, sottraendo all’impresa, attraverso la sanzione, i ricavi conseguiti in violazione della concorrenza. Da qui i giudici milanesi ricavano la «correlazione» tra i ricavi tassati e l’onere costituito dalle sanzioni antitrust, riconoscendone la deducibilità e accogliendo quindi il ricorso. Va segnalato che già quindici anni fa la Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sent. n. 370/47/01, aveva ritenuto che le sanzioni antitrust dovessero essere incluse nell’imponibile, e quindi deducibili, in quanto «legate da un nesso di funzionalità» ai ricavi. Pareri favorevoli alla deducibilità erano giunti in passato anche da Assonime (circolare n. 39 del 2000) e dall’Associazione dottori commercialisti (norma di comportamento n. 138). Tuttavia, nel corso degli anni, la giurisprudenza di merito ha fornito prevalentemente interpretazione contraria, fino alla già citata sent. n. 5050 del 2010 della Cassazione. Anche l’Agenzia delle entrate ha mantenuto nel tempo pollice verso alla deducibilità delle sanzioni antitrust (C.M. n. 98/E del 2000, risoluzione n. 89/E del 2001, circolare n. 42/E del 2005). ▶ 3.3.5 Le assicurazioni professionali Ecco allora che torna alla nostra memoria un antico adagio del settore assicurativo britannico: le assicurazioni non servono per quello che accade ma per quello che potrebbe accadere !!! 78 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari La copertura assicurativa, da un punto di vista professionale non è quindi solo un obbligo deontologico, ma una vera e propria necessità, quando non un obbligo imposto dalla normativa tributaria per poter adempiere a incarichi professionali ricevuti dalla clientela. Attenzione Il professionista oculato quindi avrà avuto modo di stipulare un’assicurazione di responsabilità civile, che ha il precipuo scopo di tutelarlo dalle richieste di risarcimento da parte del cliente: sanzioni e multe di natura fiscale, perdite patrimoniali per inadempienza ai doveri professionali, negligenza o imperizia durante lo svolgimento dell’attività e così via. Resta inteso che le maggiori imposte richieste dal Fisco resteranno, ovviamente, a carico del cliente: anche se l’errore non fosse stato commesso, infatti, l’interessato avrebbe dovuto comunque pagarle. ▶ 3.3.6 Il divieto di “assicurazione” Ad oggi, stante quanto sopra esposto, risulta praticamente impossibile assicurare i rischi professionali con le cosiddette polizze R.C. professionali, e il problema della inassicurabilità delle sanzioni irrogate sulla base del D.Lgs. n. 472/1997 è del tutto irrisolto ed irrisolvibile. L’ISVAP, con la circolare 22 maggio 1995, n. 246, ha ritenuto “il contratto di assicurazione che sollevi l’assicurato dal pregiudizio economico costituito dall’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie sia da considerare … una funzione economico-sociale illecita per contrarietà all’ordine pubblico ex. art. 1343 c.c. … in tal modo risulterebbero violati i principi di personalità ed afflittività … in relazione al potere deterrente delle sanzioni amministrative riguardo ai comportamenti futuri dei soggetti interessati”. Attenzione L’ISVAP, in conseguenza di quanto sopra scritto, ritiene inassicurabile il rischio rappresentato dall’applicabilità di sanzioni amministrative. Ancora l’ISVAP, in una sua comunicazione del 24 luglio 2000, prot. n. 67335, rispose negativamente ad un quesito di un professionista che domandava se un’eventuale appendice ad una polizza esistente che prevedesse “qualora in forza di provvedimenti legislativi, venissero intestate ed inflitte al professionista anziché al cliente, sanzioni, ammende o multe di natura fiscale per l’attività professionale svolta dall’assicurato, per prestazioni professionali svolte dall’assicurato stesso nei confronti del cliente, la garanzia s’intende estesa anche nei confronti del professionista con le stesse modalità e gli stessi limiti in cui sarebbe stata applicabile verso il cliente”, ovvero si domandava se per una determinata violazione commessa dal contribuente-cliente per la quale fosse prevista una sanzione da € 100, e che in virtù del D.Lgs. n. 472/1997, fosse stata inflitta al professionista, la polizza assicurativa avesse mantenuto indenne quest’ultimo almeno sino alla concorrenza della predetta sanzione. Nel caso specifico l’ISVAP sottolineò l’introduzione del principio della personalità della responsabilità, in base al quale in ogni caso chiamato a rispondere della condotta posta in essere, fosse l’autore della violazione, cioè il professionista, invece del contribuente, come avveniva in passato. Attenzione Con il varo del D.Lgs. n. 472/1997, è stata evidenziata la diretta responsabilità dell’illecito del commercialista, consulente del lavoro, ecc., incaricato di svolgere la propria attività per conto del contribuente, stravolgendo così la regola che riteneva il contribuente come unico responsabile per gli adempimenti fiscali relativi al proprio patrimonio. ▶ 3.3.7 Schema attuale dell’assicurabilità Alla luce di quanto fin qui esposto esemplifichiamo schematicamente lo scenario dei possibili rischi assicurabili o meno. Dispensa | Master MySolution 79 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari Dolo Colpa grave Colpa lieve Consulenza fiscale Problemi di speciale difficoltà Punibilità Punibilità Non assicurabilità Non assicurabilità Non punibilità Assicurabilità Punibilità Assicurabilità Normale attività di consulenza Alla luce di quanto sinora considerato, il professionista si trova, quindi, nell’impossibilità di assicurare il proprio rischio diretto, per le sanzioni tributarie irrogate nei suoi confronti. Il professionista si troverà, pertanto, esposto alla possibilità di rispondere, e garantire, con il proprio patrimonio nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, per l’illecito amministrativo posto in essere, non escludendo la possibilità, ed il rischio, di dover rispondere nei confronti del cliente a titolo di responsabilità contrattuale. Sono, evidentemente, al contrario assicurabili per la responsabilità civile le sanzioni fiscali inflitte al contribuentecliente per un errore imputabile al professionista di cui si è avvalso per curare la propria posizione fiscale. ▶ 3.3.8 L’assicurazione obbligatoria per il rilascio del visto di conformità Sicuramente però l’argomentazione inerente le assicurazioni professionali ha subito un’importante accelerazione in seguito all’introduzione nel panorama tributario italiano delle obbligatorietà previste dell’articolo 10 del D. L n. 78 del 1 luglio 2009, convertito dalla legge n. 102 del 3 agosto 2009, che ha sancito, al comma 7, l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità da parte dei contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui. L’art. 1, comma 574, della legge 27 dicembre 2013 n. 147, ha esteso, poi, l’obbligo di apposizione del visto di conformità di cui all’art. 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 alle compensazioni dei crediti concernenti le imposte sui redditi, le relative addizionali, le ritenute alla fonte di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le imposte sostitutive delle imposte sul reddito e l’imposta regionale sulle attività produttive, qualora gli importi siano superiori ad euro 15.000 annui. In questa sede non va però sottaciuto come il visto di conformità sia stato introdotto nel lontano 1997, nell’alveo del provvedimento normativo con il quale fu istituita l’attività di assistenza fiscale da parte dei centri di assistenza fiscale e professionisti, e come possa essere apposto oggi relativamente alle diverse tipologie di dichiarazioni reddituali, a partire dal modello dichiarativo semplificato per i lavoratori dipendenti e pensionati, il comunemente noto Modello 730. Per poter rilasciare il visto di conformità, i professionisti devono ottenere l’iscrizione all’elenco centralizzato dei professionisti legittimati al rilascio e, a tal fine, devono effettuare una apposita comunicazione alla Direzione Regionale competente in ragione del proprio domicilio fiscale, allegando la documentazione richiesta. Detta comunicazione, disciplinata dall’articolo 21 del D. M. 31 maggio 1999, numero 164 deve contenere le seguenti informazioni: ◾ richiesta di essere inserito nell’Elenco centralizzato, dell’Agenzia delle Entrate, dei soggetti legittimati al rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali; ◾ dati anagrafici, requisiti professionali, numero di codice fiscale e partita IVA; ◾ domicilio e altri luoghi ove viene esercitata la propria attività professionale; ◾ denominazione e dati anagrafici dell’eventuale associazione professione nell’ambito della quale il professionista esercita l’attività di assistenza fiscale; ◾ denominazione o ragione sociale e dati anagrafici dei soci e dei componenti il consiglio di amministrazione e, ove previsto, del collegio sindacale, delle eventuali società di servizi cui il professionista partecipa e delle quali intende avvalersi per lo svolgimento dell’attività di assistenza fiscale, con l’indicazione delle specifiche attività da affidare alle stesse; 80 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari ◾ l’impegno a comunicare eventuali variazioni dei dati, degli elementi e degli altri atti di cui sopra entro 30 giorni dalla data in cui si verificano, ai sensi dell’art. 21, comma 3, D.M. 31 maggio 1999 numero 164. A tale comunicazione dovranno essere allegati: 1. dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. numero 445 del 2000, relativa all’insussistenza di provvedimenti di sospensione dell’ordine di appartenenza; 2. dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. numero 445 del 2000, relativa alla sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 8, comma 1, del D.M. n. 164 del 1999; 3. attestazione del possesso dell’abilitazione, rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali; 4. fotocopia di un documento d’identità del sottoscrittore; 5. copia conforme integrale della polizza assicurativa. ▶ 3.3.9 Le caratteristiche dell’assicurazione L’abilitazione al rilascio del visto di conformità e l’iscrizione all’elenco centralizzato sarà subordinata alla verifica dei requisiti sopra richiamati ed in particolare, con riferimento alla polizza assicurativa, sarà verificato che relativamente all’attività di rilascio del visto di conformità, conformemente a quanto previsto dalla nota prot. 2007/49025 della Direzione Centrale Servizi ai contribuenti: 1. il massimale della polizza, come stabilito dall’art. 22 del D.M. 164 del 1999, sia adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità e, comunque, non sia inferiore a euro 3.000.000,00; 2. la copertura assicurativa non contenga franchigie o scoperti in quanto non garantiscono la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente, salvo il caso in cui la società assicuratrice si impegni espressamente a risarcire il terzo danneggiato, riservandosi la facoltà di rivalersi successivamente sull’assicurato per l’importo rientrante in franchigia; 3. la polizza assicurativa preveda, per gli errori commessi nel periodo di validità della polizza stessa, il totale risarcimento del danno denunciato nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto, indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto assicurativo. La polizza non dovrà contenere la clausola c.d. “claims made” in quanto la stessa non garantisce le richieste di risarcimento avanzate dopo la scadenza del contratto, anche se gli errori contestati fossero intervenute nel periodo in cui il professionista risultava assicurato. Si segnala, inoltre, che la polizza non dovrà contenere, in alcun modo, l’indicazione di un modello di dichiarazione specifico, in quanto, i soggetti in possesso dei prescritti requisiti, che avessero già presentato regolare documentazione, saranno legittimati ad apporre il visto di conformità, ove previsto, su tutte le dichiarazione fiscali. L’eventuale limitazione ad uno specifico modello dovrà essere rimossa. Infine, qualora il professionista svolgesse l’attività nell’ambito di uno studio associato potrà utilizzare, quale garanzia di cui al citato articolo 22 del D.M. n. 164 del 1999, la polizza assicurativa stipulata dallo studio medesimo per i rischi professionali, purché la stessa preveda un’autonoma copertura assicurativa per l’attività di assistenza fiscale, non inferiore a euro 1.032.913,80, a garanzia dell’attività di apposizione del visto di conformità prestata da ogni singolo professionista, e per il quale andranno specificati i dati in polizza, e in linea con le condizioni richiamate, precedentemente ai punti 1), 2), 3). Qualora le suddette caratteristiche non fossero presenti in polizza sarà indispensabile venga effettuata una integrazione della stessa. Nel caso di studio professionale associato nella polizza dovranno essere, poi, elencati i singoli professionisti che la stessa intende garantire, e questi ultimi dovranno presentare autonoma richiesta abilitativa alla competente Direzione Regionale delle Entrate. Al riguardo, si specifica che è il singolo professionista ad essere iscritto nell’elenco informatizzato e conseguentemente abilitato al rilascio del visto di conformità, pertanto ogni altro professionista appartenente Dispensa | Master MySolution 81 3 – Approfondimenti d’Autore – Problematiche professionali e coperture assicurative per i consulenti tributari all’associazione che non sia personalmente iscritto nell’elenco degli abilitati tenuto dalle Direzioni regionali non è autorizzato ad apporre il visto di conformità. L’Agenzia delle Entrate, verificata la completezza della comunicazione e le caratteristiche dell’assicurazione, provvederà all’inserimento nell’Elenco Centralizzato dei soggetti legittimati dandone contestuale comunicazione agli stessi tramite raccomandata. Per mantenere la propria iscrizione nell’elenco informatizzato, il professionista abilitato dovrà provvedere, entro trenta giorni dalla data in cui si verificano, a comunicare alla Direzione Regionale competente ogni variazione dei dati comunicati e far pervenire, periodicamente, il rinnovo della prevista polizza assicurativa o l’attestato di quietanza di pagamento qualora il premio relativo alla polizza sia stato suddiviso in rate. In argomento si ricorda come, recentemente, sia la Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia che la Direzione Regionale delle Entrate del Piemonte abbiano chiarito che, al fine di mantenere, senza soluzione di continuità, la propria iscrizione nell’elenco informatizzato da parte dei soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità, i professionisti periodicamente dovranno far pervenire alla Direzione Regionale competente il rinnovo della prevista polizza assicurativa, o l’attestato di quietanza di pagamento, qualora il premio relativo alla polizza sia stato suddiviso in rate. Il rinnovo e/o la quietanza così presentati consentiranno al professionista di rimanere abilitato e inserito nell’elenco informatizzato dei soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità ex articolo 35 del citato D. Lgs. n. 241 del 1997. Stante il tenore delle comunicazioni operate dalle Direzioni Regionali citate le stesse non daranno riscontro al ricevimento di detta documentazione. Al contrario, comunicheranno la mancanza della stessa ai professionisti con polizza scaduta, invitandoli a regolarizzare la propria situazione, prima di procedere alla loro sospensione dall’elenco informatizzato dei soggetti abilitati. 82 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Aspetti tributari inerenti le problematiche assicurative ▶ 3.4 Aspetti tributari inerenti le problematiche assicurative di Mauro Nicola ▶ 3.4.1 Problematiche assicurative nell’imposizione diretta Nel precedente contributo abbiamo affermato come, nonostante l’ondivaga interpretazione in materia operata dai giudici di legittimità e dai giudici di merito, la posizione assunta in via ufficiale dall’Amministrazione finanziaria in materia di deducibilità dal reddito di lavoro autonomo delle sanzioni irrogate al professionista per fatto proprio risulta assolutamente netta, chiara, precisa, ma soprattutto univoca in relazione all’indeducibilità dal reddito delle stesse. Ristorno di sanzioni Altro discorso invece, almeno a parere dello scrivente, deve essere fatto relativamente alle sanzioni che il dottore commercialista fosse obbligato a ristornare al proprio cliente, al quale fossero state irrogate a causa di una mancanza ovvero a causa di un errore professionale compiuto dallo stesso, in questo caso non essendo la sanzione direttamente imputabile al comportamento del professionista, ma imputabile allo stesso in via mediata, a causa del suo operato. In questa situazione sembra evidente l’inoperatività dell’indeducibilità delle stesse sulla base dell’acclarato principio della correlazione tra costi e ricavi. Attenzione Il professionista, erogando la prestazione professionale, ha ottenuto un compenso dal proprio cliente, regolarmente assoggettato ad imposizione tributaria, e da tale suo operato, in epoca successiva, vi è stata la generazione di una irrogazione di sanzioni in capo al cliente-contribuente che, rivolgendosi al professionista, anche sulla base del codice deontologico dello stesso, ha proceduto al ristorno di tale sanzione, generando, nel contempo, per lo stesso professionista un costo assolutamente deducibile. Rimborsi assicurativi Altra fattispecie di assoluto interesse riguarda invece l’ottenimento da parte del professionista di un rimborso assicurativo a fronte delle sanzioni dapprima irrogate in capo al cliente-contribuente e successivamente ristornate allo stesso da parte del dottore commercialista. Trattasi di argomentazione che, è bene dirlo immediatamente in fase introduttiva della trattazione della medesima, assolutamente scevra di commenti, in quanto a livello sia normativo che interpretativo, nonchè dottrinale, non si rinviene presa di posizione alcuna in argomento, evidentemente, ed esclusivamente, nel comparto della determinazione del reddito di lavoro autonomo, contrariamente alla determinazione del reddito d’impresa. Infatti in questo caso, ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. a), sono considerate sopravvenienze attive “le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da quelli considerati alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 85 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 86”. Taluni definiscono tali sopravvenienze “assimilate”, in quanto non correlate a componenti negative imputate a precedenti esercizi. In questa ipotesi ricadono tutte le casistiche riguardanti le polizze “All Risks” o “Danni indiretti”, che indennizzano l’azienda anche per evenienze diverse dalla perdita di beni materiali, quali, ad esempio, i risarcimenti a terzi danneggiati, i risarcimenti per mancato guadagno o altre ipotesi che si possono variamente configurare nella stesura delle polizze assicurative. Per le sopravvenienze attive di cui sopra, la tassazione avviene nell’esercizio in cui viene contabilizzato il risarcimento assicurativo, come per i ricavi e per le plusvalenze riferite a beni strumentali posseduti da meno di 3 anni. Quest’ultimo tipo di indennizzo potrebbe essere collegato a costi materiali sostenuti dall’impresa, come nel caso di risarcimenti dovuti a terzi, oppure non collegato a costi materialmente sostenuti, come nel caso di risarcimento per perdita di profitto. Dispensa | Master MySolution 83 3 – Approfondimenti d’Autore – Aspetti tributari inerenti le problematiche assicurative Attenzione A personalissimo parere dello scrivente, la soluzione del problema potrebbe essere ricercata non tanto nel tentativo, peraltro opinabile, ma assolutamente gradito al legislatore fiscale, di incastonare nelle metodologie determinative del reddito di lavoro autonomo anche le sopravvenienze attive, quanto nell’ammissione della rilevanza reddituale degli indennizzi percepiti dal professionista in conseguenza del risarcimento assicurativo del danno subito per effetto di errore, o mancanza, professionale commessa. Le ragioni di questa nostra presa di posizione, che comprendiamo possano essere ritenute piuttosto integraliste, sono da ricercarsi da una parte, nuovamente, nella correlazione costo-ricavo, e dall’altra da ragioni di simmetria impositiva. La prassi A supporto di tali nostre tesi portiamo, rispettivamente, il contenuto di due recenti prassi ministeriali: la circolare n. 38/E del 2010 e la risoluzione n. 106/E del 2010. Il caso tratteggiato dalla circolare n. 38/E del 2010 è quello del riaddebito delle spese da parte del professionista. Infatti il reddito professionale «è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro e in natura percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte e della professione» (art. 54, comma 1, del T.U.I.R.). Dunque, i proventi rilevanti per la determinazione del reddito professionale non possono che essere solo quelli tipici e, cioè, quelli ottenuti nello svolgimento dell’attività professionale. Pertanto, è da condividere la posizione dell’Agenzia secondo la quale, ai fini reddituali, le somme incassate per il riaddebito dei costi ad altri professionisti in caso di utilizzo in comune dei locali, quali ad esempio, utenze telefoniche ed elettriche, non costituiscono reddito di lavoro autonomo e, dunque, non rilevano quale componente positivo di reddito per il professionista che le riceve, mentre costituiscono costo inerente all’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, deducibile in base al principio di cassa, per il professionista che materialmente le rimborsa. Va, d’altra parte, tenuto presente che il professionista al quale sono intestate le utenze potrà dedurre solo una parte delle spese e cioè quella riferibile all’attività da lui svolta e non anche quella riaddebitata o da riaddebitare ad altri. Infatti, precisano alle Entrate, la parte di costo riaddebitata o da riaddebitare non è inerente all’attività svolta dal professionista e quindi non assume rilevanza reddituale quale componente negativo. Esempio Si può immaginare il caso di un avvocato al quale sono intestate le bollette che riaddebitano il 30% dei consumi al collega commercialista con il quale condivide lo studio. Se le spese comuni complessivamente sostenute dall’avvocato ammontano a 6.000 euro, questi dedurrà dal proprio reddito professionale soltanto la quota parte di spesa inerente la propria attività pari a 4.200 euro (70% di 6.000); riaddebiterà, invece, al collega la differenza di 1.800 euro (30% di 6.000), emettendo fattura rilevante ai fini IVA, ma non per l’IRPEF, con addebito del contributo integrativo e senza applicazione della ritenuta. Il commercialista dedurrà la spesa riaddebitata in fattura soltanto al momento del pagamento, indicandola nel rigo E14 di Unico. Questo modo di procedere lascia indenne il professionista anche dagli effetti che deriverebbero dall’assunzione totale dei costi e dei pagamenti delle spese riaddebitate in sede di applicazione degli studi di settore. L’ultima osservazione da fare è che il professionista che non include tra i compensi il riaddebito delle spese ha dei benefici anche ai fini previdenziali, in quanto questi pagamenti non risulterebbero mai inclusi nel contributo soggettivo da versare alle casse. A medesime conclusioni si giunge, per questa via, relativamente ai rimborsi operati dall’impresa assicuratrice nei confronti del professionista per indennizzarlo dei sinistri subiti. Il costo della sanzione non è rimasto a suo carico o in via assoluta o in via parziale e quindi non potrà essere spesato completamente. Nella risoluzione n. 106/E del 2010 l’Agenzia delle entrate ha, invece, affermato la rilevanza reddituale delle spese processuali rimborsate ad un professionista in conseguenza del risarcimento del danno consistente nella perdita di compensi. Tale affermazione appare connessa all’orientamento interpretativo in base al quale sarebbero riconducibili alla nozione fiscale di «compenso» i rimborsi, anche da parte dei clienti, delle spese inerenti all’attività professionale. 84 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Aspetti tributari inerenti le problematiche assicurative Attenzione Da ciò si può, pertanto, evincere che i rimborsi assicurativi di cui stiamo trattando possono assumere la qualifica di «compenso», ricomprendendosi per conseguenza nel coacervo dei componenti positivi di reddito assoggettabili ad imposizione tributaria. ▶ 3.4.2 Le assicurazioni professionali nell’imposizione indiretta e riflessi contabili Senza voler indugiare oltre misura su aspetti contabili che non meritano, ovviamente, alcuna attenzione da parte del nostro attento lettore, stante l’evidenza delle stesse, piace comunque ricordare che, ai fini IVA, le operazioni esenti vanno registrate, nel registro IVA acquisti, e conseguentemente riportate nella dichiarazione annuale, solo se risultano da fattura, ossia da un documento avente le caratteristiche di cui all’art. 21 del D.P.R n. 633/1972. In genere, le assicurazioni, come le banche, non emettono ordinariamente fatture per le operazioni esenti e rilasciano, quindi, quietanze relative ai premi assicurativi che non risultano da un documento qualificabile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto come fattura. Pertanto, le medesime quietanze non andranno registrate ai fini IVA, nè dovranno comparire in alcun quadro della dichiarazione annuale redatta ai fini della medesima imposta. Dispensa | Master MySolution 85 3 – Approfondimenti d’Autore – L’incarico al professionista non solleva il contribuente dalla responsabilità penale ▶ 3.5 L’incarico al professionista non solleva il contribuente dalla responsabilità penale Tratto da MySolution – Commento 24 febbraio 2016, n. 868 di Marco Bargagli ▶ 3.5.1 Premessa Molto sovente, nella prassi operativa, il contribuente affida al proprio consulente fiscale una serie di adempimenti quali, ad esempio: ◾ ◾ ◾ ◾ la tenuta delle scritture contabili; la predisposizione e l’invio telematico della dichiarazione annuale dei redditi; il versamento delle imposte per conto del contribuente; il rilascio di pareri, che vengono forniti dal professionista in ordine alla gestione e alla pianificazione degli investimenti da parte dell’impresa. La maggior parte dei reati tributari sono di tipo proprio, in quanto possono essere commessi solo dal soggetto nei cui confronti grava l’obbligazione tributaria, ossia il contribuente. Considerando il prevalente indirizzo dottrinale in materia di delega di funzioni, il soggetto passivo d’imposta non può trasferire ad altri la titolarità di obblighi giuridici personali come quelli, ad esempio, di presentare la dichiarazione dei redditi e/o provvedere al versamento delle imposte. Di conseguenza, da una prima analisi, sembrerebbe destinatario della norma penale soltanto chi è investito di tali doveri per obblighi previsti dalla legge, ossia il contribuente soggetto passivo d’imposta. Tuttavia, chi si trova a svolgere funzioni di consulenza tributaria (ad esempio i commercialisti, i consulenti contabili, gli avvocati, ecc.) potrebbe concorrere, ai sensi dell’art. 110, c.p., nei reati commessi dai propri clienti. Ciò premesso, occorre chiederci quando le attività svolte dal professionista possono configurare, in concorso con il contribuente, una responsabilità penale per i delitti tributari previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74 e, in particolare, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. ▶ 3.5.2 Il reato di omessa presentazione della dichiarazione In base all’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, in vigore in data 22 ottobre 2015, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a 50.000 euro. Inoltre, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 euro. Trattasi quindi di un reato proprio i cui soggetti attivi possono essere coloro i quali sono obbligati alla presentazione di una delle dichiarazioni annuali previste per le imposte sui redditi e per l’imposta sul valore aggiunto. In particolare, la condotta criminosa consiste nell’omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi entro il termine massimo di novanta giorni dalla scadenza prevista dalle norme tributarie. In merito, per la commissione del reato è richiesto il dolo specifico, costituito dal fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, comprensivo anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un credito d’imposta inesistente. 86 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – L’incarico al professionista non solleva il contribuente dalla responsabilità penale ▶ 3.5.3 Il recente orientamento della giurisprudenza I principi di fatto e di diritto espressi dalla suprema Corte di Cassazione, nella sentenza 24 novembre 2015, n. 46500, confermano che l’affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e preparare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il reato di omessa dichiarazione. In particolare, il legale rappresentante di una società di capitali veniva riconosciuto responsabile dalla competente Corte d'Appello del reato previsto dall'art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, in quanto aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per gli anni di imposta 2006 e 2007, con un’imposta evasa superiore alla soglia di punibilità fissata dalla norma (occorre considerare che prima delle modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 158/2015 l’imposta evasa doveva essere superiore a 30.000 euro). Nel caso oggetto della sentenza, la ricostruzione del volume di affari della società era avvenuta su base induttiva da parte dell’Ufficio sulla scorta delle notizie acquisite presso le banche dati in uso all’Amministrazione finanziaria (elenchi dei fornitori) nonché dall’acquisizione, presso soggetti terzi, delle fatture emesse dalla società che non aveva presentato la dichiarazione dei redditi. In particolare, la Corte di Cassazione ha condiviso la decisione della Corte d'Appello, la quale aveva constatato che: ◾ l’accertamento era fondato su dati obiettivi, derivando dalla sommatoria degli importi delle fatture emesse dalla società e non contabilizzate; ◾ non erano state fornite dall’imputato le fatture passive; ◾ era ininfluente la presenza di eventuali operazioni esenti IVA, dal momento che la condotta omissiva in contestazione riguardava esclusivamente l’imposta societaria (IRES); ◾ la base imponibile determinata in sede di accertamento era stata di fatto accettata dallo stesso imputato, il quale aveva provveduto al pagamento della imposte dovute; ◾ la soglia di punibilità prevista dall’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000 risultava superata. Il contribuente proponeva ricorso avverso la decisione del giudice di Appello, rilevando che i rilievi mossi dall’Ufficio non avevano rilevanza penale, per mancanza dell’elemento soggettivo del reato (rectius il dolo specifico). La Corte di Cassazione ha respinto le osservazioni dei difensori dell’imputato/contribuente affermando che, in ordine all'elemento soggettivo, l'affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000. Infatti, a parere della Corte "l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi è un reato omissivo proprio, che la norma tributaria considera come personale e il relativo dovere non risulta delegabile (cfr. Cassazione Penale, sez. III, sent. 8 marzo 2010, n. 9163). Inoltre, il giudice ha rilevato che non è dimostrato che l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi possa attribuirsi alla negligenza del professionista incaricato. Infine, accogliendo le osservazioni della Corte d'Appello con riferimento al fatto che negli anni precedenti le dichiarazioni dei redditi erano state presentate regolarmente, la suprema Corte ha osservato che il dolo specifico a carico del contribuente richiesto dalla norma, oltre che dalla mancata presentazione della dichiarazione, era desumibile "anche dalla mancata esibizione delle fatture emesse dalla società e dall'effettuazione del pagamento delle imposte solo dopo la contestazione". Dispensa | Master MySolution 87 3 – Approfondimenti d’Autore – L’incarico al professionista non solleva il contribuente dalla responsabilità penale 3.5.4 Gli altri precedenti giurisprudenziali Con la sentenza in rassegna, la Corte di Cassazione conferma un consolidato orientamento espresso anche in altre pronunce. Nello specifico, con la sent. 8 maggio 2012, n. 16958, sempre la suprema Corte aveva affermato che l'affidamento a un commercialista del mandato di trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate (ai sensi del D.P.R. n. 322/1988), non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi, che deve comunque vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Sempre sullo stesso argomento, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che la prova del conferimento dell’incarico a un consulente fiscale, che provvede alla tenuta delle scritture contabili e alla presentazione della dichiarazione dei redditi non è condizione sufficiente a tenere il contribuente al riparo dalle sanzioni eventualmente irrogate in seguito alla mancata osservanza del mandato (cfr. Corte di Cassazione, ordinanze 12472/2010 e 12473/2010). In definitiva, il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità porta a concludere che l’affidamento a un intermediario abilitato (ad esempio, il commercialista) a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Conseguentemente, la responsabilità penale ricade sul contribuente soggetto passivo d’imposta. 88 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi ▶ 3.6 Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi Tratto da MySolution - Circolare Monografica 27 giugno 2016, n. 2422 di Marco Bargagli ▶ 3.6.1 Premessa Nella prassi operativa, il contribuente spesso demanda al consulente fiscale il compimento di una serie di adempimenti fiscali quali, ad esempio, la tenuta e conservazione delle scritture contabili, l’effettuazione delle liquidazioni periodiche e dei relativi versamenti, la registrazione delle fatture, la tenuta e l’aggiornamento della contabilità, nonché la presentazione della dichiarazione annuale. La recente sentenza n. 1829/21/2016 emessa dalla commissione tributaria regionale di Roma offre lo spunto per affrontare nuovamente il tema, molto dibattuto tra gli addetti ai lavori, delle responsabilità amministrative a carico del consulente fiscale e/o del cliente in ipotesi, ad esempio, di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e di omesso versamento dei tributi dovuti all’erario. In questo ultimo precedente giurisprudenziale, il giudice tributario ha sottolineato che il soggetto passivo d’imposta (i.e. il contribuente) non è responsabile dell’omesso pagamento dei tributi qualora la medesima omissione sia imputabile all’inerzia, all’imperizia, alla negligenza del professionista incaricato di assolvere agli adempimenti fiscali a lui demandati dal cliente. ▶ 3.6.2 Il caso Nel corso di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza, era stato constatato che la società ispezionata aveva ceduto prodotti oggetto della propria attività (nel settore farmaceutico), senza presentare le prescritte dichiarazioni dei redditi e, simmetricamente, versare le relative imposte risultando, di fatto, un evasore totale. A seguito degli accertamenti fiscali, l’Ufficio emetteva avviso di accertamento irrogando le sanzioni previste a carico del contribuente, senza valutare il comportamento del professionista, tenuto conto che l’obbligazione tributaria incombe sul soggetto passivo d’imposta. Tuttavia, la società intendeva richiedere quantomeno l’annullamento delle sanzioni in quanto le omissioni non erano riferite alla volontà dei soci, bensì al consulente fiscale che non aveva provveduto al versamento delle imposte dovute e alla relativa presentazione della dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate, di contro, non aveva accordato l’istanza di accertamento con adesione presentata dalla società, con contestuale richiesta di annullamento delle sanzioni e, quindi, la stessa società proponeva ricorso al giudice tributario avverso gli avvisi di accertamento notificati. ▶ 3.6.3 La decisione del giudice tributario di primo grado La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso del contribuente, accogliendo la tesi dell’Ufficio sulla base del fatto che, nonostante l’omissione dipendesse dal consulente fiscale, il contribuente (soggetto passivo d’imposta) avrebbe dovuto comunque controllare l’operato del professionista verificando, puntualmente, che tutti gli adempimenti previsti dalla legge fossero stati realmente assolti. ▶ 3.6.4 Responsabilità amministrativa e relative esimenti Se la violazione agli obblighi tributari è conseguenza di un errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore medesimo non è determinato da colpa (cfr. art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997). Inoltre, le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima non danno luogo a violazioni punibili ai fini tributari. Dispensa | Master MySolution 89 3 – Approfondimenti d’Autore – Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi Infine, non è punibile l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento (art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997). Attenzione Nella sentenza emessa in primo grado dalla CTP, il giudice tributario ha rilevato che non può rendersi applicabile l’esimente prevista dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997, in base alla quale: “il contribuente, il sostituto e il responsabile di imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”. Infatti, sullo specifico punto, si evidenzia che il contribuente allorquando è venuto a conoscenza della condotta negligente del professionista aveva tempestivamente sporto, nei suoi confronti, denuncia-querela. ▶ 3.6.5 La sentenza della CTR Lazio accoglie il ricorso del contribuente La CTR di Roma con la richiamata sentenza n. 1829/21/2016, ha, di contro, evidenziato che l’esimente di cui al citato art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 opera pienamente in quanto i contribuenti hanno, con sufficiente grado di attendibilità dimostrato: • • • di avere incaricato un professionista di fiducia, conosciuto da anni, di curare gli adempimenti fiscali relativi all’attività di impresa; che tale professionista, pur avendo incassato i compensi relativi all’incarico conferitogli ha omesso, per sua negligenza, di presentare le pertinenti dichiarazioni dei redditi e i pagamenti concernenti i tributi dovuti; di avere presentato, prontamente, denuncia all’autorità giudiziaria nei confronti del professionista negligente. Schema di sintesi 90 Dispensa | Master MySolution 3 – Approfondimenti d’Autore – Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi Attenzione Il contribuente non si può ritenere responsabile di non aver verificato se il proprio consulente abbia o meno adempiuto agli obblighi tributari a lui demandati. Infatti, il mancato pagamento, come rilevato dalla Corte, non è dipeso da un fatto direttamente imputabile al contribuente, bensì dalla condotta negligente (se non anche artificiosa) del professionista incaricato di curare gli adempimenti fiscali. Inoltre, il “fatto del terzo” che ha determinato il mancato pagamento, è stato regolarmente denunciato all’autorità giudiziaria da parte della compagine societaria. Quindi, non può essere imputata al contribuente la c.d. “culpa in vigilando” per non avere verificato, con la dovuta solerzia e sollecitudine, se il professionista incaricato avesse effettivamente ottemperato ai suoi obblighi deontologici e giuridici. Infatti, come rilevato dal giudice di seconde cure, tale impostazione:“appare fondata su un eccessivo rigorismo formale, che di certo non tiene conto del principio della tutela dell’affidamento incolpevole ... omissis… né del principio secondo cui il professionista è tenuto - proprio in ragione della specificità della sua funzione e della sua preparazione tecnico-scientifica - ad ottemperare ai propri obblighi professionali con estrema puntualità e con una diligenza superiore a quella media”. Di contro, a qualsiasi soggetto passivo d’imposta potrebbe sempre essere attribuita la colpa per l’altrui negligenza, con la conseguenza che “la culpa in vigilando finirebbe per divenire una sorta di grimaldello per introdurre surrettiziamente forme atipiche di responsabilità obiettiva non contemplate dall’ordinamento”. In definitiva, il giudice tributario regionale ha annullato gli avvisi di accertamento, nelle parti in cui applicavano le sanzioni amministrative, ritenendo pienamente operante l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997. ▶ 3.6.6 Le diverse posizioni della giurisprudenza Preso atto delle motivazioni della sentenza emessa dal giudice laziale, corre l’obbligo di evidenziare che non sempre la giurisprudenza, anche di legittimità, ha mantenuto un orientamento univoco nel tempo. Quindi, non è così scontato che l’affidamento al consulente fiscale di adempiere fedelmente agli obblighi tributari possa sempre sollevare dalla responsabilità il cliente (soggetto passivo d’imposta), su cui, comunque, permane l’obbligazione tributaria. Sul punto, la Corte di Cassazione, Sez. VI-5, con ordinanza 9 giugno 2016, n. 11832, ha previsto che si applicano sanzioni al contribuente negligente, anche se il tardivo deposito della dichiarazione IVA è dipeso dal commercialista. Nello specifico, infatti, gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi e di tenuta delle scritture contabili non possono considerarsi assolti con l’affidamento delle incombenze a un professionista, richiedendosi anche un'attività di controllo e vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, superabile solo a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare l’inadempimento dell'incarico ricevuto. Ne consegue che l'affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione fiscale a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Pertanto, rilevando ai fini dell'irrogazione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie la coscienza e volontà, il contribuente ha l'obbligo di presentare correttamente e fedelmente la dichiarazione, di rediDispensa | Master MySolution 91 3 – Approfondimenti d’Autore – Nessuna responsabilità per il cliente che affida al consulente il pagamento dei tributi gerla in modo fedele e di fare i versamenti dovuti in base a essa e quando si rivolga a un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione - ovvero per la sola trasmissione telematica del modello, è suo preciso obbligo quello di far si che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata (conformemente cfr. Cass. n. 13068/2011 e Cassazione n. 27712/2013). Attenzione Secondo l’autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione possiamo concludere che l'affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione, non sempre esonera il soggetto obbligato dal vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Per tale motivo, in conclusione, in aderenza con il principio di ordine generale della “certezza del diritto” che dovrebbe costituire un punto di riferimento assoluto anche in campo tributario, si auspica un intervento da parte del Legislatore che ponga fine alla querelle in corso e risponda, definitivamente alla domanda: in caso di omesso adempimento degli obblighi tributari, nei confronti di chi si rendono applicabili le sanzioni amministrative e penali? 92 Dispensa | Master MySolution