OS_Rivista_Aprile - Obiettivo Sicurezza
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SERVIZI L’ INTERVENTO Luca Cari Quando a rischiare la vita sono i soccorritori Intervento in elicottero in una forra vicino ad Orvieto Ma chi lo sa che significa? Sì, voglio dire, a par te gli esperti, chi si rende veramente conto di cosa vuol dire reggere in hovering un bestione di quattro tonnellate e mezzo o giù di lì, stretto fra le pareti di una forra, coi cavi dell’alta tensione ad un passo e con un vento di trentacinque nodi che ti scuote con rabbia? Oppure verricellarsi per quasi settanta metri per andare a riprendere un povero Cristo ferito in un torrente: chi lo sa? In effetti credo in pochi e perciò l’unica è raccontarlo. I pericoli per chi fa soccorso sono sempre in agguato, non c’è dubbio, perché ogni inter vento non è mai semplice, lineare, prevedibile; l’otto novembre dell’anno scorso, però, a Prodo, i rischi erano addirittura rovesciati e a rischiare la pelle era di sicuro di più chi por tava aiuto che non chi quell’aiuto lo aveva invocato. Anche qualche giornalista disattento alla fine se n’è reso conto, pure se c’è voluta una precisazione; perché se no, senza quella, mica ce l’aveva ben chiaro com’era andata. Siamo sempre lì, però: se non lo racconti, chi lo capisce quello L’elicottero Drago 63 25 obiettivo sicurezza SERVIZI Quando a rischiare la vita sono i soccorritori A destra: l’arrivo dell’elicottero. Davanti il castello di Prodo. In basso: l’operatore SAF si prepara per l’intervento che fai? “È stato un inter vento di grande abilità quello eseguito dai vigili del fuoco che, con l’aiuto di un elicottero, sono riusciti a salvare la vita di due escursionisti che erano rimasti bloccati in fondo ad un canalone”, ha scritto alla fine La Nazione. E le cose sono davvero andate così. Erano più o meno le undici e mezza quando l’allarme è giunto al distaccamento dei vigili del fuoco di Orvieto, per il soccorso ad una persona rimasta intrappolata in un corso d’acqua in località Prodo, in provincia di Terni. Qualche minuto dopo mezzogiorno la squadra par tita dal distaccamento e quella giunta dalla centrale erano sulla piazza del paese. I componenti, tutti qualificati Saf 1A, ossia al primo livello delle tecniche di derivazione speleo-alpinofluviali, apprendono subito che il malcapitato fa par te di un gruppo di tre escursionisti, che avevano o, molto nota fra gli appassionati di torrentismo. Preparano così l’azione e stavolta un po’ conta l’esperienza già fatta nello stesso punto anni addietro, per il recupero di un cinghiale: la squadra scende infatti a piedi, seguendo il percorso già battuto l’altra volta, cer ta d’arrivare proprio dove ser ve l’aiuto. Con loro anche una squadra del CAI dell’Umbria. In breve raggiungono un punto situato più o meno alla metà della forra, da dove è possibile principiare la discesa fino al letto del torrente, dove sta il ferito. Vengono predisposti gli ancoraggi, poi due operatori si calano, raggiungendo il corso d’acqua. 26 obiettivo sicurezza SERVIZI Quando a rischiare la vita sono i soccorritori Risalgono quindi verso monte, per una cinquantina di metri, fino a raggiungere l’infor tunato. È a terra e si lamenta per il dolore alla spalla sinistra, colpita violentemente dalle rocce durante la discesa in acqua. Con lui ci sono i due colleghi di sventura. In questi casi la salvezza è un fatto di tempi, di rapidità nell’effettuare il soccorso e la cosa più rapida per por tarlo via da lì, non c’è dubbio, è una: l’impiego dell’elicottero, perché a piedi ci vorrebbero troppe ore. Dalla sala operativa del comando di Terni par te allora immediata la richiesta al centro di aviazione dei vigili del fuoco di Ciampino. È Drago sei tre quello che sentono così rombare sopra le loro teste gli uomini a terra appena alle quattordici e trenta, ossia a meno di due ore dall’allarme. A bordo ci sono pure due specialisti Saf 2B, addestrati per essere calati dal velivolo col verricello. La situazione non è facile, questo lo capiscono subito Giuseppe Tagliareni, pilota dell’elicottero, e il suo secondo, Franco Spiridigliozzi. E allora riecco l’istanza dell’inizio: che significa tenere in volo stazionario, in hovering, un elicottero in quelle condizioni? “Il problema più grosso era il vento - dice Giuseppe - eppoi appena arrivati non riuscivamo a stabilire un contatto con le squadre a terra. Così La discesa con il verricello Il luogo dell’intervento 27 obiettivo sicurezza SERVIZI Quando a rischiare la vita sono i soccorritori Il tecnico di volo controlla la situazione abbiamo iniziato una ricognizione a bassa quota per stabilire un contatto visivo ed è lì che è successo che un piccolo sasso, mosso dalla turbolenza del rotore, è andato a colpire uno dei compagno del ferito, provocandogli una leggera escoriazione ad un braccio. Vista la situazione abbiamo deciso di mandare giù uno di noi, con una radio sintonizzata su una frequenza che potevamo ricevere, attraverso la quale ha potuto riferirci come stavano le cose. A quel punto è sceso anche l’altro operatore che avevamo a bordo, portando con se la barella.” Il problema nella calata a terra era dato dall’altezza, una settantina di metri: “avevamo tutto il verricello sviluppato e la difficoltà maggiore era riuscire a mantenere in trazione la fune, il cosiddetto vento, che ser ve per non mandare in rotazione l’operatore Saf con la barella. Siccome da terra, per via della fitta vegetazione, non riuscivano a mantenere tirato il vento, abbiamo dovuto farlo manovrando l’elicottero.” Il compito di dare indicazioni precise per riuscirci spetta in questi casi al tecnico di volo, che stavolta era Paolo Ortolani. Oltre alla posizione ed alla quota è stato lui ad indicare al pilota gli spostamenti necessari per tenere la fune in tiro. Ma non c’era solo l’altezza a rendere difficili le cose, anche il vento che tirava era infatti un’insidia. Dice ancora Tagliareni: “per svolgere le operazioni avremmo dovuto lavorare muso al vento, ma questo non era possibile, perché in quella posizione avevamo i tralicci 28 obiettivo sicurezza dell’alta tensione proprio in prua. Così abbiamo dovuto mantenerci con un’angolazione di novanta gradi e questo ci ha fatto faticare non poco, perché il vento continuava a spostarci lateralmente. Le correnti dinamiche creavano poi turbolenza, alternando discendenze e ascendenze, per cui era difficile sfruttare le correnti per poterci mantenere in hovering.” Ecco insomma cos’hanno dovuto fare quelli dell’elicottero. Ci sarebbe da ricordare pure quanto sia stata importante per loro la fase della pianificazione, avvenuta a terra, prima del decollo da Ciampino: la scelta del mezzo e del personale, della quantità di carburante in relazione al tipo d’inter vento e alla durata prevista: era indispensabile imbarcare una quantità di carburante che garantisse la necessaria autonomia ma che non appesantisse troppo l’elicottero da renderlo difficilmente governabile in quelle condizioni. Ma a questo punto togliamoli tutti i dubbi e chiariamo pure l’altra par te dell’inter vento, ossia che significa starsene appesi là sotto, a lottare contro le leggi della fisica che vogliono per forza mandare in rotazione te e la tua barella e il tuo ferito. Sono stati Silvio Benedetti e Gianfranco Di Leo a calarsi nel vuoto. “Effettivamente la verricellata era molto alta - racconta Gianfranco - e la difficoltà più grande è stata quella di evitare di andare in rotazione. Ma anche riuscire a toccare terra non è stato facile, perché dovevamo farlo al centro del torrente, su dei sassi piccoli e scivolosi. Il merito della riuscita è stato in questo caso di Paolo Ortolani, il tecnico di volo, che ce l’ha fatta a metterci esattamente nel punto che avevamo individuato.” Ma anche traspor tare l’infor tunato, dopo averlo immobilizzato ed imbarellato, nel punto della risalita non deve essere stato semplice: “per questo sono stati in gamba gli uomini del comando di Terni, che ci hanno aiutato a portarci proprio sotto la verticale dell’elicottero.” È così insomma che l’intervento è stato por tato a termine con successo, grazie alla sincronia di ogni singolo operatore, il pilota, il secondo, il tecnico di volo, i Saf, le squadre a terra. È proprio per via di questo gran lavoro di gruppo che il ferito è stato caricato a bordo dell’elicottero ed è stato por tato direttamente all’ospedale di Orvieto. Dopo qualche giorno li ha pure chiamati i vigili del fuoco che l’hanno salvato, semplicemente per dirgli grazie: perché almeno lui, che pure esper to non è, l’ha capito bene quello che hanno saputo fare.