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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SOMMARIO
TACCUINO
SEZIONE SCIENTIFICA
La nefrologia in rete, L. Gabutti
461
Dialisi negli ultraottantenni?, C. Solcà, C. Ferrier-Guerra
463
Uno strano infetto urinario, C. Ferrier-Guerra, C. Solcà
465
Quando le urine parlano, L. Berwert, L. Leoncini-Franscini
469
Insufficienza renale acuta di origine pre-renale in paziente con
471
funzione ventricolare sinistra nella norma: la congestione venosa
quale nuovo meccanismo patogenetico, S. Pianca, J.C. Lozano Becerra
Journal Club, O. Giannini, M.G. Bianchetti, S.A.G. Lava, G.D. Simonetti, 477
L. Gabutti, S. Pianca, D. Garzoni, C. Marone, H. Zwahlen
(Ospedale Regionale Beata Vergine, Mendrisio)
Patologia in pillole, L. Mazzucchelli, G. Venzi, F. Jermini
489
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
Date da ricordare
Offerte e domande d’impiego
Presentazione casi clinici Medicina e Chirurgia,
Ospedale Regionale di Locarno
Persone
Corso di aggiornamento regionale
Formazione del Reparto di Medicina Interna dell’OBV 2011/2012
Simposio ticinese di immunologia clinica 2012
Update in medicina interna, Lugano 2012
RASSEGNA DELLA STAMPA
493
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494
494
494
495
Abbonamento annuale
Fr. 144.– (11 numeri)
Medici Assistenti Fr. 48.–
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TACCUINO
2011 gradini per
una scala
Si conclude un anno che per OMCT è
facile paragonare a una scala a pioli:
l’abbiamo salita insieme, grazie al supporto dell’Ufficio presidenziale, del
Consiglio direttivo, dei membri delle diverse Commissioni, dei nostri consulenti esterni e di tutti i membri che ci hanno incoraggiato e sostenuto nelle decisioni, nelle strategie e, soprattutto, con
una dimostrazione di autorevolezza e
unità che ci ha permesso di raggiungere non pochi traguardi, come quello
che ad aprile ha visto 6 medici eletti o
rieletti nel Parlamento ticinese fra i
quali anch’io, con una brillante elezione e una “première” per un Presidente
di OMCT.
Il contributo di OMCT alla realtà cantonale e nazionale, si è concentrato su temi dai risvolti tecnici e socio-politici come quelli evidenziati nello studio sui
Morosi e sui Premi delle casse malati, le
conseguenze della fine della Moratoria,
l’istituzione di un picchetto di Medicina
Forense, l’organizzazione di una Notfallpraxis pilota, l’analisi del controprogetto all’iniziativa popolare “Sì alla Medicina di Famiglia”, il lancio dell’iniziativa per la “Trasparenza delle casse malati”, il sostegno al Referendum sul Managed Care, l’analisi critica del nuovo
sistema SWISS-DRG e la battaglia per il
Valore del Punto.
Su tutte queste problematiche vi abbiamo costantemente aggiornati nel corso
dell’anno e le rammenterò ora con poche righe, perché nell’ultimo taccuino
dell’anno è bene staccarsi un po’ dalla
quotidianità e lasciarsi andare al piacere che le imminenti Festività suscitano
in noi.
Con studi come quello sui Morosi e sui
Premi delle Casse Malati in Ticino abbiamo portato al mondo politico un decisivo supporto nell’analisi di due fenomeni maggiori, e all’elaborazione di
strategie atte alla soluzione di queste
problematiche. Con il primo disegnando un profilo concreto degli insolventi e
offrendo il supporto dei medici sul territorio per contenere il fenomeno in
stretta collaborazione con i Comuni e
gli uffici cantonali. Con il secondo “scoperchiando il calderone” nel quale gli
assicuratori fanno confluire i soldi prelevati direttamente (con premi più alti del
dovuto) e indirettamente (attraverso la
fiscalità) dalle tasche dei ticinesi, per
farli confluire verso cantoni che non sono in grado di far fronte alle spese correnti del loro sistema sanitario.
Ci siamo confrontati con i problemi che
potranno nascere con la fine della Moratoria e, poiché vista l’inerzia della
FMH di fronte alle nostre sollecitazioni
relativamente alla fine della Moratoria,
ci siamo attivati nei confronti del Consiglio di Stato con un’interrogazione
volta a conoscere le intenzioni del Governo in merito all’ottenimento di una
delega dal Consiglio Federale per poter
regolare l’afflusso di specialisti dall’estero specialmente in quelle aree dove
il fabbisogno è già coperto.
In stretta collaborazione con la Procura,
il dipartimento degli Interni e la Federazione Ambulanze abbiamo apportato
un contributo decisivo alla messa in atto di una formazione in Medicina Forense che permetterà, con l’inizio del
2012 di attivare un picchetto di medici
specializzati che intervenga per esperire i casi di decesso dubbio.
E poi ancora, convinti della necessità di
organizzare anche in Ticino una “Notfallpraxis”, in collaborazione con EOC
siamo giunti alla realizzazione di questo progetto, che vedrà la luce come
fase Pilota della durata di 6 mesi all’inizio del 2012 al San Giovanni a Bellinzona e che monitoreremo nei dettagli
in un gruppo di lavoro congiunto
OMCT-EOC.
Due iniziative hanno occupato le energie di OMCT, la prima denominata “Sì
alla Medicina di Famiglia” contro la
quale è stato presentato un controprogetto diretto elaborato dall’UFSP.
Sul controprogetto il Consiglio direttivo
di OMCT ha preso una posizione chiara definendolo deludente, privo di incisività e di proposte concrete. Una posizione che è poi stata seguita dal comitato di iniziativa che ha deciso di non ritirarla per cui si andrà in votazione popolare verosimilmente nel 2015.
La seconda, ha visto OMCT farsi promotore con i gli Ordini Romandi dell’i-
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niziativa denominata “Per la trasparenza delle casse malati”, che stenta a decollare, malgrado possa essere ritenuta
un ottimo controprogetto a quella “per
una cassa malati unica”.
Ci siamo pure espressi contro la nuova
legge sul Managed Care illustrando le
nostre motivazioni in Assemblea del
Delegati e alla Camera Medica della
FMH. Stiamo sostenendo attivamente
la raccolta delle firme per il Referendum e, allo scopo di far conoscere concretamente il funzionamento di questo
modello di cure, abbiamo presentato
alla stampa le strutture, i processi lavorativi e le regole che reggono un Managed Care in modo da offrire al pubblico una visione concreta delle problematiche che esso porterà sia ai pazienti che ai medici.
Per quanto attiene l’introduzione dello
Swiss-DRG è di questi giorni la notizia
del fallimento delle trattative tra EOC e
tarifsuisse (un accordo è invece stato siglato con Helsana, Sanitas e CPT): una
situazione che si ripete in tutta la Svizzera e che, sotto parecchi aspetti, è
molto simile alla vertenza sul Valore del
punto tariffale che ci oppone all’associazione mantello delle casse malati (su
questi temi potete trovare ragguagli
dettagliati nei taccuini di settembre, ottobre e novembre).
Siamo però a Natale e questo periodo
dell’anno porta a riflessioni che, a mio
modo di vedere, devono staccarsi dalle
considerazioni di obiettivi da raggiungere e strategie da applicare.
Personalmente mi sento di esprimere
questi momenti di introspezione con la
traduzione libera di un detto tedesco
che recita:
“sopra le stelle c’è sempre una luce che
ci guida, e lo fa meglio di quanto pensiamo”.
Auguro a tutti voi e alle vostre famiglie
un Natale e un 2012 di grande serenità lungo il quale questa luce vi accompagni sempre anche nei momenti dove, come esseri umani, riusciamo solo a
vedere il lato buio.
Buon Natale e Felice 2012
Franco Denti, Presidente Ordine dei Medici
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SEZIONE SCIENTIFICA - EDITORIALE
LA NEFROLOGIA IN RETE
L. Gabutti
Alla fine del 2009 l’Ente Ospedaliero
Cantonale mi ha chiesto di coordinare l’attività dei servizi di nefrologia
degli ospedali regionali. Dopo aver
concordato gli obiettivi, pensando in
particolare alla condivisione delle
competenze e al lavoro in rete, l’attività del “Servizio Cantonale di Nefrologia” si è concretizzata nella primavera del 2010, in un kick off meeting
per videoconferenza; appuntamento
che sarebbe poi diventato bimensile.
Tenuto conto delle valenze formative
(l’incontro è accreditato dalla Società
Svizzera di Nefrologia) e dell’obbiettivo dichiarato di offrire al paziente la
rete di competenze più vasta possibile, alla videoconferenza sono stati invitati a partecipare attivamente anche i colleghi che operano al di fuori
dell’Ente.
L’incontro inizia con un Journal Club
presentato a turno dai partecipanti e
prosegue con la discussione di casi
clinici aperti e se del caso con la condivisione di protocolli di ricerca di interesse comune.
Ed è proprio tra i Journal Club ed i
casi clinici presentati nell’ultimo anno
che sono stati selezionati i riassunti
che vi proponiamo in questo spazio
dedicato alla nefrologia.
Credo fermamente nel potenziale del
lavoro di gruppo “in rete” e questa
introduzione è un’occasione per lanciare un invito a unire le competenze
all’interno e tra le specialità con l’obiettivo di far diventare il proprio
punto di vista ancora di più un elemento di valore nel complesso panorama delle cure.
Buona lettura a tutti.
PD Dr Luca Gabutti
coordinatore del Servizio Cantonale
di Nefrologia dell’EOC
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SEZIONE SCIENTIFICA
DIALISI NEGLI
ULTRAOTTANTENNI?
C. Solcà, C. Ferrier-Guerra
Caso clinico
Un paziente 90enne, noto per insufficienza renale terminale (stadio V secondo NKF) viene inviato presso il nostro servizio di nefrologia per valutare la possibilità di una terapia renale
sostitutiva. Quale comorbidità sono
note un diabete mellito di tipo 2 e un
ateromatosi generalizzata con cardiopatia ischemica, arteriopatia periferica, aneurisma dell'aorta addominale e stenosi dell'arteria renale destra. Un anno fa il paziente presentava una creatinina a 435 umol/l e una
eGFR a 11 ml/min/1.732 e mostrava
sintomi uremici quali un calo ponderale di circa 5 kg negli ultimi 12 mesi, disturbi del sonno e prurito generalizzato. Inoltre era trattato per
complicanze secondarie alla malattia
renale come anemia, osteopatia renale e ipertensione arteriosa. Allora il
paziente aveva rifiutato qualsiasi terapia renale sostitutiva e aveva optato per un trattamento conservativo
presso il medico curante. Attualmente visto l'ulteriore peggioramento
della funzionalità renale, dell'uremia
e delle complicanze della malattia renale si decide di rivalutare la possibilità di una terapia renale sostitutiva.
Tra i sintomi uremici spiccano un calo
ponderale ora di 15kg in 2 anni, l'a-
stenia e la debolezza muscolare che
gli impediscono di percorrere più di
100 m, il prurito trattato con fototerapia e i disturbi del sonno necessitanti un trattamento con benzodiazepine. Il tasso di creatinina è di 709
umol/l, l'eGFR è stimato a 6 ml/min/
1.732, la diuresi si attesta a circa
1000 ml/die. Tra le complicanze della
malattia renale vi è una ipertensione
arteriosa (170/100 mmHg) resistente
alla terapia medicamentosa, un acidosi metabolica con pH 7.30 e bicarbonati a 18 mmol/l e l'osteopatia renale caratterizzata da iperfosfatemia
a 2.42 mmol/l e ipocalcemia a 2.09
mmol/l. L'emoglobina sotto trattamento sostitutivo con eritropoietina
è elevata a 13 g/dl. Dopo aver discusso con il paziente le possibili opzioni terapeutiche comprendenti una
terapia renale sostitutiva (trapianto
renale, emodialisi e dialisi peritoneale) e/o conservativa/palliativa si sceglie semplicemente di ottimizzare
l'attuale terapia delle complicanze
della malattia renale proseguendo il
trattamento conservativo. Il paziente
decide inoltre di discutere con i familiari ed il medico curante eventuali
disposizioni di fine vita.
Discussione
Nei prossimi decenni è previsto un
importante incremento della popolazione al di sopra degli 80 anni. L'aumento della prevalenza dei pazienti
dializzati soprattutto per le classi di
età superiori ai 75 anni sembra essere inarrestabile1. Discussioni riguardanti una terapia renale sostitutiva
e/o conservativa in pazienti al di sopra degli 80 anni sono quindi destinate a crescere.
La terapia renale sostitutiva comprende il trapianto renale, l’emodialisi a casa o in un centro e la dialisi peritoneale. Nonostante non esista nessuna ragione teorica per escludere
dalle liste di trapianto pazienti ultraottantenni attualmente la loro
iscrizione semplicemente non avvie-
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ne. L’emodialisi in casa è una possibilità offerta da pochi centri in Svizzera
e purtroppo i criteri richiesti per accedervi (partner che assista durante
le sessioni, capacità e conoscenze
necessarie per usare la macchina di
dialisi, dialisi precedenti prive di complicazioni, spazio a casa, ecc.) la rendono spesso impraticabile. Alcuni
studi suggeriscono che un approccio
multidisciplinare possa permettere al
50% dei pazienti anziani di scegliere
la dialisi peritoneale e nonostante vi
siano studi che suggeriscono una migliore qualità di vita nel paziente dializzato per via peritoneale rispetto all’emodialisi come sappiamo la realtà
europea e/o americana è ben diversa1-3. La scelta più frequente quindi
risulta essere l’emodialisi in un centro, dove soggettivamente i pazienti
si sentono più sorvegliati.
La sopravvivenza del paziente dializzato ultraottantenne si aggira sull’
anno/anno e mezzo ed è fortemente
condizionata dalle comorbidità, tant'è che la terapia dialitica è spesso assocciata ad un incremento della sopravvivenza di qualche mese al massimo. Dall’inizio della dialisi si osserva,
in particolare nei pazienti istituzionalizzati (case anziani), un crollo della
qualità di vita ed autonomia, in parte
legato alla dialisi stessa4-6. Purtroppo
l'assenza di studi specifici controllati
randomizzati rende estremamente
difficile effettuare scelte terapeutiche
su questi pazienti. Gli studi osservazionali a nostra disposizione lasciano
comunque intendere la necessità di
individualizzare le cure basandoci sui
sintomi, i dati clinici, le comorbidità, il
grado di istituzionalizzazione e non
da ultimo i desideri e le aspettattive
del paziente. Per coloro che scelgono
un trattamento conservativo, ma non
solo, il nostro compito è oltre ad alleviare le complicazioni della malattia
renale, il coordinamento del supporto
psicosociale e spirituale. In tal senso
diventa fondamentale discutere apertamente con il paziente ed il suo me-
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SEZIONE SCIENTIFICA
dico curante eventuali disposizioni di
fine vita.
Conclusioni
L'età avanzata non è una controindicazione ad una terapia renale sostitutiva ma le comorbidità possono esserlo. Tra le terapie renali sostitutive
trapianto e dialisi peritoneale sono
delle valide alternative. La scelta di
un trattamento conservativo/palliativo della malattia renale terminale è
spesso implica una personalizzazione
delle terapie al fine di mitigare le
complicanze della malattia renale,
ma altrettanto importanti sono il
supporto psicosociale, spirituale e
una franca discussione sulle disposizioni di fine vita.
Curzio Solcà, Claudia Ferrier-Guerra,
Ambulatorio di Nefrologia e Centro Dialisi,
Clinica Luganese Moncucco e
San Rocco, Lugano
Bibliografia
1 Stel VS, Kramer A, Zoccali C, Jager KJ. The
2006 ERA-EDTA Registry annual report: a
precis. Journal of nephrology 2009;22:1-12.
2 Brown EA, Johansson L, Farrington K, et al.
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in the Elderly (BOLDE): differences in quality
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haemodialysis for older patients. Nephrology, dialysis, transplantation: official publication of the European Dialysis and Transplant Association-European Renal Association 2010;25:3755-63.
3 Oliver MJ, Quinn RR, Richardson EP, Kiss AJ,
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Kidney international 2007;71:673-8.
4 Chandna SM, Da Silva-Gane M, Marshall C,
Warwicker P, Greenwood RN, Farrington K.
Survival of elderly patients with stage 5
CKD: comparison of conservative management and renal replacement therapy. Nephrology, dialysis, transplantation: official publication of the European Dialysis and Transplant Association-European Renal Association 2011;26:1608-14.
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80 years of age or older. The New England
journal of medicine 2009;361:1612-3.
6 Kurella Tamura M, Covinsky KE, Chertow
GM, Yaffe K, Landefeld CS, McCulloch CE.
Functional status of elderly adults before and
after initiation of dialysis. The New England
journal of medicine 2009;361:1539-47.
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA
UNA STRANA
INFEZIONE URINARIA
C. Ferrier-Guerra, C. Solcà
Caso clinico
Un paziente 79enne, con un’anamensi di pregressa pielonefrite acuta
destra un anno fa, si presenta al
Pronto Soccorso della Clinica Luganese nel giugno 2011 in seguito a
dispnea, febbre e getto urinario debole. Il paziente è sotto trattamento
antibiotico con moxifloxacina da cinque giorni per una polmonite. Nega
disuria, dolori ai fianchi e/o urine maleodoranti. La sua terapia medicamentosa consiste in Avalox, Aspirina
Cardio, Concor, Pravastatin, Temesta
e Pradif da 2 giorni. All’esame clinico
il paziente è affebbrile, normoteso,
senza segni di scompenso cardio-polmonare, assenza di edemi periferici,
Giordano negativo.
Agli esami di laboratorio si riscontra
una creatinina a 500 µmol/l di nuova
insorgenza, con un’urea di 27 mmol/l
e elettroliti normali. La proteina Creattiva è elevata a 125 mg/l, i leucociti sono al limite superiore della norma con spostamento a sininstra.
All’esame dell’urina spontanea si riscontra una leucocituria (Lc da 1120/campo), assenza di eritrocituria,
proteine e chetoni sono negativi. Le
emoculture e l’urinocultura sono risultate negative sotto terapia antibiotica.
La raccolta delle urine delle 24 ore evi-
denzia una diuresi conservata di 3L.
Gli ulteriori esami di laboratorio effettuati sono risultati negativi per ANA,
ANCA e il complemento C3 e C4 sono normali. Pure negative le sierologie
virali. All’ecografia renale assenza di
ostruzione, ma iperecogenità a carico
del rene sinistro. Presumendo una nefrite interstiziale acuta su Moxifloxacina (Avalox) l’antibiotico viene sostituito con la Ceftriaxon (Rocephin). Nei
giorni successivi si assiste però ad un
peggioramento della funzionalità renale obbligandoci ad iniziare un trattamento emodialitico e ad effettuare
una biopsia renale diagnostica, che ha
mostrato un quadro istologico compatibile con una pielonefrite acuta (Figura 1 e Figura 2). Sulla base della diagnosi bioptica si sostituisce la terapia
antibiotica con Imipeneme (Tienam). A
causa però di una risposta tardiva della funzionalità renale si introduce un
trattamento empirico con corticosteroidi sistemici nell’ipotesi di una componente di nefrite interstiziale. Con que-
Fig.1:
sta terapia si ottiene una lenta ripresa
della funzionalità renale con progressivo calo della creatinina, permettendo
la sospensione dell’emodialisi.
Discussione
Nel paziente anziano gli infetti urinari
sono un evento frequente, spesso
asintomatico e con un’evoluzione benigna1. Raramente l’infezione può
avere un decorso complesso presentandosi con un’insufficienza renale
grave, quale prima manifestazione di
una pielonefrite acuta, in assenza di
sintomi urinari classici o di ostruzione
delle vie urinarie2,3,4. In questi casi la
diagnosi immediata e il trattamento
specifico possono evitare l’evoluzione
verso l’insufficienza renale cronica, in
particolare nei pazienti più a rischio.
Infatti, nell’anziano, il rialzo della temperatura può essere assente, poiché in
età avanzata la misurazione sottolinguale o ascellare, può essere inadeguata, infatti alcuni studi suggeriscono
il controllo rettale della temperatura5.
L’interstizio mostra un infiltrato infiammatorio con granulociti, plasmacellule, pochi
eosinofili, linfociti e macrofagi e tubuli ostruiti da “Pus”.
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SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 2:
Iinfiltrato interstiziale infiammatorio con granulociti, tubuli ostruiti da “Pus” e perdita
dell’epitelio tubolare.
La pielonefrite è più frequente nelle
donne, in particolare in gravidanza,
dove l’incidenza aumenta fino al 2030%6. Nella donna con l’avanzare
dell’età, i cambiamenti del pH e l’atrofia epiteliale vaginale sono alla base
della variabilità della flora batterica,
che favorisce gli infetti. Negli uomini,
le ostruzioni delle vie urinarie sono il
fattore di rischio più preponderante.
In generale, gli infetti urinari sono più
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
frequenti nell’anziano, in particolare
se vi è presenza di demenza.
Nel nostro paziente la diagnosi tardiva
di pielonefrite, probabilmente bilaterale da insorgenza ematogena, è stata causata dall’assenza di sintomi classici per infezione urinaria. Inoltre, l’apparizione di un’insufficienza renale
acuta sotto trattamento antibiotico ha
in parte mascherato la diagnosi infettiva primaria.
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Anche se la pielonefrite acuta si manifesta normalmente con dolori ai fianchi o lombari, disuria, nausea, brividi,
febbre e leucocitosi, nelle persone anziane questi sintomi possono essere
assenti, rallentando così il processo
diagnostico e terapeutico1.
L’infezione pielonefritica avviene tramite invasione batterica del parenchima renale sia in modo ascendente
sia per via ematogena e dipende dalle proprietà batteriche e dalle predisposizioni dell’ospite. La pielonefrite
acuta si complica nei pazienti immunocompromessi, in presenza di disturbi metabolici o di anomalie anatomiche che favoriscono la crescita di
batteri patogeni rari o resistenti agli
antibiotici.
La pielonefrite acuta è un’infezione
potenzialmente pericolosa per la vita,
che caratteristicamente causa dei
danni cicatriziali renali. Ogni episodio
infettivo può essere complicato da
ascessi nefritici, perinefritici, o da insufficienza renale acuta. Se ricorrenti
le pielonefriti possono causare dei
danni renali permanenti, sia anatomici sia funzionali. Nella diagnosi differenziale dell’insufficienza renale
acuta raramente è considerata la pielonefrite e, infatti, vi sono poche
pubblicazioni nella letteratura. Woodrow et al.7 ha descritto tre casi clinici d’insufficienza renale acuta su
pielonefrite nell’anziano manifestatasi con sintomi atipici e senza reperti
istologici per necrosi tubulare (Tabella 1).
Conclusione
In presenza di un’insufficienza renale
acuta senza sintomi urinari e/o stato
febbrile la pielonefrite deve essere
considerata nella diagnosi differenziale, in particolare nelle persone anziane. La misura adeguata della temperatura è di primaria importanza,
mentre la cultura delle urine e del
sangue sono essenziali per la diagnosi. Inoltre, si raccomanda estrema
cautela nella somministrazione di far-
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SEZIONE SCIENTIFICA
maci antiinfiammatori non steroidali
e si consiglia l’invio del paziente ad
un’unità nefrologica.
Pielonefrite & Insufficienza Renale Acuta
Età
Claudia Ferrier-Guerra, Curzio Solcà,
Ambulatorio di Nefrologia e Centro Dialisi,
Clinica Luganese Moncucco e
San Rocco, Lugano
Bibliografia
1 Berman P, Hogan BD, Fox RA. The atypicalpresentation of infection in oldage. Age
Ageing 1987; 16:201-207
Sintomi
T0
PCr1
U-Stick2
Sonografia
renale
Reperto Bx3
69M Dispnea
-
665
Lc
Norma
“Pus”
78F
Vomito
-
761
Ec
Ascesso
Non eseguita
79F
Dispnea
-
820
Ec
Norma
Infiltrato di
granulociti
Tabella 1: adattata da: Woodrow G et al. Asymptomatic acute pyelonephritis as a cause of acute
renal failure in the elderly. Postgrad Med J 1993, 69:211-13
1) Creatinina plasmatica, 2) Urina spontanea, 3) Biopsia renale
2 Woolley PD, Wyman A, NicholsAJ,ShortlandJR,Brown CB. Acute renalfailure due to
bacterialpyelonephritis. Br J Urol1986; 58:
733
3 Thompson C, Verani R, EvanoffG, Weimann
E. Supporativebacterialpyelonephritisas a
cause of acute renalfailure. Am J KidneyDis
1986, 8:271-273
4 Lorentz WB, Iskandar S, Browning MC, Reynolds GD. Acute renalfailure due to pyelonephritis. Nephron 1990; 19:83-104
5 DowtonJHAndrews K, Puxty JAH. ‘Silent’
pyrexiain the elderly. Age Ageing 1987; 16:
41-44
6 Cunningham FG, Lukas MJ: Urinarytractinfectionscomplicatingpregnancy. Bailliere’sClinObstetGynecol 8:353-373, 1994
7 Woodrow G, Patel S, Berman P, Morgan AG,
Burden RP. Asymptomatic acute pyelonephritisas a cause of acute renalfailure in the elderly. Postgradmed J 1993; 69:211-213
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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Quando le urine:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 13.12.11 15:33 Pagina 469
SEZIONE SCIENTIFICA
QUANDO LE URINE
PARLANO
L. Berwert, L. Leoncini-Franscini
Trattasi di un paziente 65enne, noto
per una leucemia acuta bifenotipica
diagnosticata 3 anni prima, in remissione completa dopo trapianto allogenico non apparentato di cellule staminali periferiche. Il trattamento della
malattia ematologica si è complicato di
un Aspergilloma necrotizzante polmonare necessitante la resezione del lobo
polmonare inferiore, e da un’insufficienza renale cronica stadio III, caratterizzata da una clearance stimata a 51
ml/min/1.73m2 secondo MDRD (stima
urine normale). Il trattamento abituale
comprende essenzialmente un’immunosuppressione con ciclosporina e
prednisone, ed una profilassi infettiva
con fluconazolo, valaciclovir e trimetoprim/sulfametazolo. Da mesi il paziente presenta un’epatopatia associata ad
iperferritinemia, con valori fino a
17'000 µg/L, sospetti per una sindrome da attivazione macrofagocitaria
d’origine non chiara. Viene quindi posta l’indicazione ad un trattamento
con immunoglobuline, ed in tale ottica
si organizza un’opedalizzazione elettiva. All’entrata il paziente è in buone
condizioni generali e nutrizionali, compensato sul piano cardio-polmonare, la
sua pressione è misurata a 140/80
mmHg. A livello biologico ritroviamo
una creatinina stabile a 130 µmo/L,
una discreta epatopatia mista con
ASAT 225 U/L, ALAT 376 U/L, jGT 101
U/L, ed una ferritina elevata a 8'022
µg/L; la formula sanguigna mostra
un’emoglobina a 12 g/L, dei leucociti a
7.2 G/L, e dei trombociti a 162 G/L. Si
procede alla somministrazione di immunoglobuline e.v., 1mg/kg al giorno
per 3 giorni consecutivi. Al quarto
giorno il bilancio biologico mostra una
creatinina in aumento a 199 µmol/L,
con ulteriore incremento a 323 µmol/L
al quinto giorno. Confrontati con
un’insufficienza renale acuta, dopo
aver escluso una causa pre- e post-renale, si procede all’analisi delle urine
tramite stix, sedimento e spot (cf. Tabella). Impone una certa discordanza
sul “sangue” tra lo stix fortemente positivo (+++), ed il sedimento con presenza fisiologica di 0-2 eritrociti per
campo. In parallelo si osserva una discordanza sulle “proteine” tra lo stix
(+), e lo spot con 300 mg/mmol creatinina (ossia quasi 3 g/24H). In assenza
di eritrocituria, le analisi urinarie fanno
sospettare un’emolisi o una rabdomiolisi. Un complemento d’indagine mostra delle CK a 611 U/L, delle LDH elevate 5'515 U/L, un’aptoglobina indosabile, un’emoglobina in calo a 8.5
g/L, e dei reticulociti aumentati a
140'490 G/L. L’ipotesi di un’emolisi si
trova dunque confermata, e la presenza di un Coombs positivo rivela la sua
origine autoimmune. Dopo aver escluso altre cause, la cronologia degli
eventi lascia fortemente sospettare le
immunoglobuline all’origine dell’emolisi. La sospensione del medicamento,
seguita da una buona idratazione e
dalla somministrazione di steroidi altodosati per arrestare il fenomeno d’e-
molisi autoimmune, hanno fortunatamente permesso il lento recupero della funzione renale ai valori abituali.
Discussione
Interesse dell’analisi urinaria
Il caso viene presentato in un’ottica
puramente nefrologica, omettendo
volutamente dei dati in realtà già noti, quali l’evoluzione della formula
sanguigna con sviluppo di un’anemia. L’analisi delle urine è infatti una
tappa fondamentale della valutazione nefrologica, che permette spesso
di emettere le prime ipotesi, e di
orientare in conseguenza gli ulteriori
accertamenti. Anche l’indicazione ad
un’eventuale biopsia renale poggia
in buona parte sulla valutazione urinaria, come ad esempio in presenza
di una proteinuria di tipo glomerulare. Nel caso illustrato, la buona correlazione tra l’analisi urinaria ed i segni ematochimici di emolisi hanno
permesso di porre una diagnosi sicura, senza l’ausilio di una biopsia. È
bene ricordare che lo stix urinario
permette unicamente un’analisi semi-quantitativa. Lo stix rivela la presenza di “sangue” non solo in caso
di eritrocituria, ma anche di emoglobinuria (emolisi) e di mioglobinuria
(rabdomiolisi). In caso di forte consumo di vitamina C, la reazione dello
stix viene invece bloccata, dando luogo a dei falsi negativi. La capacità
dello stix a rivelare delle proteine rimane limitatata esclusivamente alle
albumine, con positività a partire da
300 mg/24H, risp. 50-100 mg/L. Inversamente, il dosaggio quantitativo
su spot urinario delle proteine (rapporto proteinuria/creatininuria in
Stix: leuco neg, sangue +++, prot +
Sedimento: leuco 0-2/campo, eri 0-2/campo
Spot: crea 4.5 mmol/L, prot 1’347 mg/L, prot/crea 300 mg/mmol
Tabella: analisi urinarie
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Quando le urine:LA CORONOGRAFIA copia.qxd 13.12.11 15:33 Pagina 470
SEZIONE SCIENTIFICA
mg/mmol, dove approssimativamente mg/mmol x 8.84 = mg/24H) rivela
oltre alle albumine, le proteine d’origine tubulare, le paraproteine di Bence-Jones, l’emoglobina libera e la
mioglobina.
Immunoglobuline ed
insufficienza renale
Classicamente l’insufficienza renale
acuta è stata descritta dopo somministrazione di immunoglobuline contenenti alte dosi di saccarosio o maltosio quale agente stabilizzante. A
seguito dell’accumulo di questi zuccheri a forte potere osmotico all’interno delle cellule tubulari prossimali,
queste assumono una forma bombata che va ad ostruirne il lume. I fattori predisponenti allo sviluppo di questa nefrosi osmotica sono: una funzione renale già alterata, il diabete
mellito, l’età superiore a 65 anni, la
contrazione volemica, la sepsi, la
paraproteinemia, la somministrazione concomitante di medicamenti nefrotossici, ed una rapida velocità di
perfusione delle immunoglobuline
stesse. Questo fenomeno ha quindi
spinto l’industria a sviluppare delle
immunoglobuline con agenti stabilizzanti diversi, prive di zuccheri, quale
quella utilizzata nel caso sopra descritto.
In letteratura si trovano poi numerosi
casi di anemia emolitica autoimmune
e/o di emoglobinuria indotti dalla
somministrazione di immunoglobuline, indipendentemente dal tipo di
agente stabilizzante, di regola non
complicati da insufficienza renale
acuta. Il primo caso di emoglobinuria
complicata da IRA dopo somministrazione di immunoglobuline e necessitante un trattamento dialitico è
stato pubblicato nel gennaio 2’010.
Si trattava di un paziente con stato
dopo trapianto autologo di cellule
staminali per un linfoma mantellare,
a cui veniva somministrata un’immunoglobulina esente da zuccheri, con
sviluppo di un’anemia autoimmune
470
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Coombs positiva, di un emoglobinuria e di un successivo danno renale
permanente. Anche se sicuramente
non tutti riportati in letteratura, tali
casi sembrano rimanere estremamente rari, non è pertanto possibile
stabilire dei fattori di rischio.
Lorenzo Berwert, Leda Leoncini-Franscini,
Ospedale S.Giovanni, Bellinzona
Bibliografia
Welles CC, Tambra S, Lafayette RA. Am J Kidney Dis 55(1):148-51, 2010
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SEZIONE SCIENTIFICA
INSUFFICIENZA RENALE
ACUTA DI ORIGINE
PRE-RENALE
IN PAZIENTE CON
FUNZIONE
VENTRICOLARE
SINISTRA NELLA
NORMA:
LA CONGESTIONE
VENOSA QUALE NUOVO
MECCANISMO
PATOGENETICO
S. Pianca, J.C. Lozano Becerra
Introduzione
Siamo frequentemente confrontati a
pazienti che presentano un’insufficienza renale cronica associata ad
un’insufficienza cardiaca. La coesistenza di queste condizioni patologiche incrementa sia la mortalità che la
complessità ed il costo della cura.
L’ADQI (Acute Dyalisis Quality Initiative) in una conferenza di consenso avvenuta nel 2010 definiva le sindromi
cardio renali come l’insieme delle interazioni per le quali una disfunzione
cardiaca o renale, acuta o cronica, induce una disfunzione acuta o cronica
dell’altro organo1. La pressa a carico
di questi pazienti è complessa e necessita sovente dell’intervento di un
team interdisciplinare. Presentiamo il
caso di un paziente recentemente ricoverato nel nostro servizio di nefrologia.
Caso clinico
Si tratta di un paziente portatore di
una grave cardiopatia ischemico-ipertensiva-valvolare e aritmica in esiti 18
anni dopo quadruplo bypass aortocoronarico e 16 anni dopo posa di
PM per FA permanente tachi-bradicardica complicata da un’aritmia ventricolare complessa con TV non so-
stenute asintomatiche, in passato
trattata con amiodarone. Il paziente
è inoltre noto per una insufficienza
renale cronica di grado medio-grave
nell’ambito di una nefropatia cronica
stadio CKD 3-4 su base nefroangiosclerotica. Dal profilo terapeutico è
anticoagulato, antiaggregato, ed in
terapia con Inspra, Beta bloccanti e
diuretici. Per quanto riguarda la problematica attuale segnaliamo il ricovero del paziente nel reparto di chirurgia, 4 giorni prima del trasferimento nel nostro servizio, per una
frattura traumatica del sacro a seguito di una caduta in circostanze poco
chiare. Durante la degenza viene instaurata un’idratazione parenterale
con NaCl 0.9% 1000 ml/die. Il decorso è caratterizzato dal peggioramento della funzione renale con incremento della creatinina da 157 fino
a 356 umol/l, e da un aumento ponderale di almeno 5 Kg rispetto al peso abituale del paziente. Durante il ricovero in chirurgia i dolori sono stati
tratti con Novalgina. Il paziente non
ha ricevuto FANS. All’ammissione nel
nostro reparto di nefrologia, troviamo un paziente in condizioni generali diminuite, con peso 64.100 Kg, PA
110/60 mmHg, FC 64 bpm, SatO2
91% in aa. L’auscultazione polmonare evidenzia un MVU. L’auscultazione
cardiaca rileva toni validi e la presenza di un soffio sistolico 2/6 sul focolaio mitralico. Sono presenti edemi
declivi bilateralmente associati ad
una dermite da stasi. Gli esami di laboratorio eseguiti all’arrivo del paziente nel nostro reparto confermano
il peggioramento della nota insufficienza renale cronica con rialzo della
creatinina a 365 umol/l (all’entrata
152 umol/l) e dell’urea a 39.6 mmol/l
(all’entrata 35.2 mmol/l). Il sedimento urinario risulta normale. Rileviamo
una proteinuria ai limiti superiori della norma di 150 mg/die. Non osserviamo anomalie maggiori degli elettroliti. Il quadro ematologico mostra
un’anemia con emoglobina a 9.0
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g/dl (valori di base attorno a 11.0
g/dl), leucociti al limite inferiore della
norma 3.9x10E9/l e lieve trombocitopenia a 105x10E9/l. La radiografia
del torace evidenzia rispetto all’esame d’entrata lo sviluppo di versamenti pleurici bilaterali e un quadro
di cardiomegalia nel contesto di una
stasi congestizia. Il riscontro all’esame degli elettroliti nelle urine, di un
sodio nettamente basso (<10
mmol/l) e di frazioni di escrezione del
sodio e dell’urea chiaramente ridotte
(rispettivamente: FENa 0.25% e FEUrea 10%) evocano uno scompenso
della funzione renale di origine prerenale su base emodinamica. Il bilancio nefrologico viene completato con
una sonografia renale che non documenta segni di idroureteronefrosi.
Completiamo la valutazione eziologica con l’esecuzione di un ecocardiogramma transtoracico che documenta come già in precedenza gravi anomalie strutturali con riscontro di una
dilatazione del ventricolo destro, una
dilatazione biatriale nettamente più
marcata a destra, una insufficienza
mitralica di grado lieve e una grave
insufficienza tricuspidale. Dal profilo
funzionale il ventricolo sinistro mostra una funzione sistolica al limite
inferiore della norma (FE 55%), la
funzione del ventricolo destro risulta
compromessa con movimento paradosso del setto e si riconferma l’aumento della pressione polmonare
(PAP 45-50 mmHg). Indaghiamo l’ipertensione polmonare con una scintigrafia polmonare che non evidenzia
nessun elemento a favore di una malattia tromboembolica cronica. L’esame del PM permette di documetare
l’insorgenza di episodi di TV compatibili con la conduzione ventricolare
di una FA ad alta frequenza. Dal profilo terapeutico abbiamo potenziato
il dosaggio del beta-bloccante ed iniziato una terapia con diuretici dell’ansa associati a Metolazone. Il decorso risulta favorevole caratterizzato
da un progressivo miglioramento
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SEZIONE SCIENTIFICA
della funzione renale con graduale ritorno dei valori di creatinina ai valori
precedenti il ricovero. La curva ponderale mostra un calo del peso corporeo di circa 4 Kg. All’esame clinico
assistiamo alla scomparsa dei segni di
sovraccarico idrico. L’ecocardiografia
eseguita dopo la normalizzazione
della volemia conferma un miglioramento della funzione cardiaca destra
con scomparsa del movimento paradosso del setto interventricolare, una
sensibile riduzione dell’insufficienza
tricuspidale e dell’ipertensione polmonare. Durante il ricovero il paziente ha inoltre sviluppato un calo emoglobinico fino a 7.2 g/dl. In considerazione dell’anticoagulazione e dell’antiaggregazione e degli antecedenti di ulcera duodenale, abbiamo
effettuato un esame endoscopico del
tratto digestivo superiore che ha permesso di oggettivare la presenza di 3
ulcere sanguinanti in sede bulbare.
Abbiamo impostato un trattamento
con IPP altodossati e a seguito di un
ulteriore calo dell’emoglobina eseguito anche la somministrazione di 2
concentrati eritrocitari. Parallelamente abbiamo iniziato una terapia sostitutiva dell’anemia renale con eritropoietina e completato il trattamento
con la somministrazione di un carico
marziale con Ferinject 1g iv.
Radiografia del torace del 22 aprile 2011
Polmoni discretamente espansi in un quadro di broncopatia cronica, cardiomegalia e minime note di stasi congestizia con inversione agli apici.
PM pettorale destro con doppio elettro catetere regolarmente in sede
Discussione
Il caso di questo paziente illustra la
complessità delle interazioni tra funzione renale e sistema cardiovascolare. L’interazione è mediata da plurimi
fattori emodinamici, neuro-ormonali,
immunologici, ematologici e metabolici. Un dato interessante che permette di allargare lo spettro dei processi patogenetici è rappresentato
dagli effetti nefasti della congestione
venosa sulla funzione renale. La congestione venosa produce una diminuzione della filtrazione glomerulare
tramite una riduzione del flusso sanguineo renale. Si tratta di un concetto emergente che permette di spie-
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SEZIONE SCIENTIFICA
Radiografia del toprace del 26 aprile 2011
Rispetto alla precedente del 22.04.2011 si osserva, in posizione eretta, l’obliterazione bilaterale
completa dei seni costofrenici su base di versamento pleurico concomitante, disventilazione bilaterale della regione sovrabasale, quadro di cardiomegalia con stasi congestizia
gare un’insufficienza renale su base
emodinamica in assenza di scompenso cardiaco sinistro. Nel nostro paziente l’ipertensione polmonare, la
grave compromissione della funzione
del ventricolo destro con movimento
paradosso del setto, la grave insufficienza tricuspidale e la dilatazione
della vena cava inferiore, evidenziate
dall’esame ecocardiografico, documentano la presenza di una marcata
congestione venosa. Il fattore scatenante è rappresentato dall’idratazione endovenosa somministrata durante i primi giorni del ricovero.
Nella review di Sarraf et al. viene segnalato l’importante ruolo che esercita la precarica nell’aumento della
pressione venosa renale e nella diminuzione del flusso venoso renale, sia
per quanto riguarda l’origine della riduzione della filtrazione glomerulare
e sia per quanto riguarda la ritenzio-
ne di sodio e acqua tramite l’attivazione del sistema renina angiotensina aldosterone (RAAS)2. In questo
contesto clinico i diuretici determinano un miglioramento dei valori di
funzionalità renale, mediante una riduzione della pressione venosa centrale. Nel nostro paziente l’intensificazione della terapia diuretica ha
permesso di ottenere un miglioramento della funzione renale con conferma ecocardiografica del miglioramento della funzione cardiaca destra
dopo normalizzazione della volemia.
L’ESCAPE trial, disegnato per valutare
l’utilità del cateterismo polmonare
nella gestione dei pazienti ricoverati
per scompenso cardiaco congestizio3
ha permesso di fornire una base di
dati per questa nuova interpretazione del peggioramento della funzione
renale nei pazienti affetti da uno
scompenso cardiaco congestizio acu-
76 DICEMBRE 2011
to. L’analisi effettuata dal gruppo di
Nohria et al. ha mostrato che il miglioramento nel cardiac index non
porta necessariamente ad un miglioramento della funzione renale. Questo dato risulta in contrasto con le
previsioni basate sull’interpretazione
tradizionale dove viene attribuito alla
bassa gittata il ruolo predominante
all’origine del peggioramento della
funzione renale durante lo scompenso cardiaco acuto3. La possibilità di
spiegare il cambiamento della funzione renale nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia non solo
sulla base della low-flow-state hypothesis è stato suggerito anche da altri studi simili3,4.
Successivamente a partire dalla metà
degli anni 2000 sono stati pubblicati
diversi articoli nelle riviste di cardiologia e di medicina intensiva che hanno ripreso la nozione di congestione
venosa come un meccanismo alternativo per spiegare il peggioramento
dei valori di funzionalità renale. Il
meccanismo non è completamente
nuovo, alcuni studi eseguiti all’inizio
del XX secolo su dei cani, avevano
mostrato una correlazione fra l’aumento della pressione venosa e la riduzione del flusso sanguineo nelle
arteriole afferenti ed efferenti2,3.
Gli studi recentemente pubblicati su
questa tematica sono di qualità molto diversa ed in generale comprendono un numero di pazienti inferiore a
200 unità. Il peggioramento della
funzione renale viene generalmente
confrontato con variabili di tipo emodinamico e correlato a parametri
ecocardiografici.
Mullens et al. hanno studiato 145 pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, caratterizzata da una FE
<30%, un Cardiac index (Ci) >2.4
ml/min, una pulmonary capillary wedge pressure (PCWP) >18 mm Hg e/o
una pressione venosa centrale (CVP)
>8 mm Hg 5. Lo studio ha evidenziato che nei pazienti il peggioramento
della funzione renale era correlato ad
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SEZIONE SCIENTIFICA
un aumento della CVP >8 mm (p
<0.001) Hg e non ad una aumento
del CI o della PCWP. Risultati simili
sono stai pubblicati da Guglin et al.
dove in uno studio retrospettivo 178
pazienti con insufficienza cardiaca
sono stati valutati tramite cateterismo destro con riscontro di una correlazione fra bassi valori di GFR e alti
valori di CVP (p<0.001). Anche in
questo studio non è stata osservata
una correlazione fra CI e valori di
funzionalità renale6.
In un altro studio pubblicato da Mullens e collaboratori, dove sono stati
analizzati 40 pazienti con un’insufficienza cardiaca congestizia con FE
<30%, pulmonary capillary wedge
pressure (PCWP) >18 mm Hg e/o pressione venosa centrale CVP >8 mm Hg
7, è risultato che la pressione intra addominale (IAP) rappresenta il parametro che correla nel modo più adeguato
con i valori di funzionalità renale (p
<0.009), e questo rispetto ad altri
parametri come il CI, la CVP o la
PCWP. In questo gruppo di pazienti ad
una riduzione dell’IAP corrisponde un
miglioramento dei valori di creatinina.
Nell’analisi di Damman et al. dello studio multicentrico e randomizzato “The
Cardiac Insufficiency Bisoprolol Study
II”8, disegnato per verificare l’utilità dei
beta bloccanti nella terapia dell’insufficienza cardiaca e che ha incluso 2647
pazienti con insufficienza cardiaca
NYHA classe III/IV, è stata dimostrata
una correlazione significativa tra congestione cronica, riduzione della GFR
(p <0.0012) e aumento della mortalità
(p <0.0001).
Testani et al. hanno analizzato retrospettivamente 141 pazienti ricoverati
con scompenso cardiaco congestizio e
disfunzione sistolica destra. La loro
analisi ha evidenziato che il 34% dei
pazienti presentava un peggioramento
della funzione renale9. In questo gruppo di pazienti la somministrazione di
diuretici ha permesso di ottenere il miglioramento della funzione renale. Il
miglioramento della filtrazione glome-
474
TRIBUNA MEDICA TICINESE
rulare (>25% della GFR) è risultato
correlato in modo statisticamente significativo con la disfunzione ventricolare destra (p <0.001).
In un altro studio pubblicato da Dammal et al. è stato analizzato il rapporto fra filtrazione glomerulare e congestione venosa nei pazienti affetti
da ipertensione polmonare primaria
e secondaria10. In questo studio 51
pazienti con ipertensione polmonare
sono stati indagati tramite cateterismo destro. L’output cardiaca è stata
calcolata mediante termo diluizione
e la funzionalità renale mediante infusione continua di un tracciante radio marcato. Lo studio ha evidenziato un rapporto inverso fra la filtrazione glomerulare e la pressione dell’atrio destro (RAP) (p<0.02).
Maeder et al., hanno analizzato 196
pazienti con insufficienza tricuspidale. In questo studio è stata evidenziata una correlazione tra il valore dell’urea sierica, la gravità del rigurgito
valvolare ed il peggioramento della
funzione renale (p<0.04)11.
Nel loro insieme questi studi forniscono nuove aree di indagine per la
valutazione dei pazienti con scompenso cardiaco congestizio ed insufficienza renale. Nell’iter diagnostico
la valutazione clinica dello stato idrico del paziente rappresenta il momento essenziale mentre l’ecocardiografia costituisce la base strumentale
per la correlazione anatomoclinica.
L’approccio terapeutico si basa principalmente sull’intensificazione della
terapia diuretica per trattare aggressivamente la congestione.
Testani et al. hanno dimostrato che
questa strategia permette di ridurre
la mortalità globale12. Tale strategia
può complicarsi con uno squilibrio
elettrolitico ormonale correlato alla
somministrazione di importanti dosi
di diuretici per via endovenosa13.
Nell’ambito dell’applicazione delle
tecniche di epurazione ematica continua, l’ultrafiltrazione isolata rappre-
76 DICEMBRE 2011
senta un’alternativa alla terapia con
diuretici dell’ansa. Essa permette la
rimozione di grossi volumi di acqua e
sodio con una maggiore tollerabilità
emodinamica. Lo studio UNLOAD,
che ha confrontato l’ultrafiltrazione
continua con l’uso dei diuretici dell’ansa in 200 pazienti con scompenso cardiaco congestizio, ha dimostrato nel ramo sottoposto ad ultrafiltrazione isolata continua, una maggior
perdita di peso nelle prime 48 ore, un
minor uso di inotropici ed una riduzione della durata e del numero di ricoveri14. Malgrado queste esperienze
positive il ruolo dell’ultrafiltrazione
continua deve ancora essere meglio
definito.
Pianca Silvio, Lozano Becerra Juan Carlos,
Servizio di Nefrologia,
Ospedale Regionale di Lugano
Autore per corrispondenza
Pianca Silvio
Ospedale Regionale di Lugano
Via Tessere 46, 6900 Lugano
[email protected]
Nessun conflitto d’interesse
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
475
Journal club:Journal club GIUGNO.qxd 13.12.11 15:36 Pagina 477
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Il Journal Club di questo mese è stato curato dall’Ospedale Regionale di
Mendrisio
LA CONTROVERSIA SUL
CONSUMO DEL SALE...
CUM GRANO SALIS
Riassunto/Adattamento:
Olivier Giannini, Mendrisio
La “Montagna del sale” di Mimmo Paladino in
Piazza del Duomo a Milano, installazione del diametro di 30 metri, alta 20 (foto M.Leuenberger,
2010)
Uno studio pubblicato recentemente
sia nella Cochrane Library1 che nell’American Journal of Hypertension2 conclude che la riduzione dell’apporto di
sale nella dieta non diminuisce il rischio
di malattia cardiovascolare e non ha alcun impatto sulla mortalità. Questi risultati hanno scatenato una serie di
commenti e di editoriali su autorevoli
riviste come il Lancet3. Proprio quest’ultimo ha criticato aspramente la
metodologia, l’analisi condotta ed i risultati pubblicati che hanno quale
grosso rischio quello di inviare un messaggio opposto a quanto invece raccomandato dall’OMS che ha identificato
nella riduzione del sale una delle strategie principali nell’affrontare la crisi
globale delle così dette “non-communicable disease”, le malattie croniche
in genere. Secondo l’OMS la riduzione
del consumo del sale nella popolazione
rimane una priorità di salute pubblica4.
La metanalisi della Cochrane ha considerato 7 studi (n = 6250) i quali, in ma-
niera randomizzata, hanno paragonato interventi di riduzione del consumo
di sale rispetto ad un gruppo di popolazione che invece non ha variato le
proprie abitudini alimentari. Gli studiprevedevano un follow up di almeno 6
mesi e dovevano descrivere sia le morbidità che la mortalità cardiovascolare
o altre cause di mortalità. Nella metanalisi, 3 studi sono stati condotti in pazienti normotesi, 2 in pazienti ipertesi
ed in uno studio vi erano sia pazienti
con valori pressori normali che elevati;
un ultimo studio includeva pazienti
con insufficienza cardiaca.
La metanalisi evidenzia che nei gruppi
d’intervento (riduzione del sale) vi è
una modesta ma significativa riduzione della pressione sistolica da 1 a 4
mmHg. Nei 2 studi che includevano
pazienti normotesi, la riduzione del sale si associava ad una riduzione del rischio relativo (RR) di morbidità cardiovascolare (infarto miocardico, stroke,
angioplastica o bypass aorto-coronarico) di 0.71 (95% CI 0.42-1.20, p =
0.10). Tra gli studi con pazienti ipertesi, il rischio relativo era di 0.84 (95% CI
0.57-1.23). Il rischio relativo per la
mortalità cardiovascolare era rilevabile
solo in 2 studi con pazienti ipertesi ed
era di 0.69 nel gruppo a basso consumo di sale se comparato con il gruppo
normale (95% CI 0.45-1.05, p = 0.26).
Il risultato della metanalisi che più ha
destato perplessità è quello che associa
ad una riduzione del sale, un aumentato rischio di mortalità nei pazienti
con insufficienza cardiaca (RR 2.59,
1.04-6.44). La critica sollevata dal Lancet si basa sul fatto che, includendo
nell’analisi e riesaminando i dati dei
pazienti sia normotesi che ipertesi, la
riduzione del consumo di sale diminuisce gli eventi cardiovascolari del 20%
senza però effettivamente alterarne il
tasso di mortalità3. Sempre secondo gli
autori del Lancet, studi come quello
della Cochrane possono essere forvianti e, proprio recentemente, un giornale inglese come il Daily Express ha pubblicato sulla sua prima pagina che “ora
76 DICEMBRE 2011
il sale è sano e i fascisti della sanità dovranno ricredersi dopo averci indottrinati per anni”. Analisi di questo tipo
possono inviare segnali in contraddizione con le strategie di sanità pubblica, soprattutto ora che, a fatica, i responsabili dei governi hanno persuaso
alcuni responsabili dell’industria alimentare a ridurre l’apporto di sale negli alimenti.
Questa discussione evidenzia ancora
una volta che in medicina la verità è
spesso ostaggio di analisi statistiche e
non solo di dinamiche commerciali.
Abbiamo oggi a disposizione innumerevoli studi, per altro già pubblicati dall’inizio degli anni ‘50, che evidenziano
come una riduzione dell’apporto di sodio sia efficace sulla riduzione dei valori pressori e indirettamente sulla riduzione degli eventi cardiovascolari. Non
da ultimo riconosciamo l’importanza
della riduzione del sale nei pazienti
“salt sensitive” come gli anziani, i diabetici, gli ipertesi, le persone di origine
afro-americana o con insufficienza renale cronica.
Personalmente ritengo che per il momento sia saggio non abbandonarci a
inutili crociate pro o contro il sale ma
continuare sulla giusta via tracciata
dall’OMS basandoci su esperienze più
vaste e studi che hanno già dimostrato
una certa “tossicità” del sale e comunque, come spesso in medicina… cum
grano salis.
Bibliografia
1 Taylor RS, Ashton KE, Moxham T, Hooper L,
Ebrahim S. Reduced dietary salt for the prevention of cardiovascular disease: Cochrane
Database Syst Rev 2011;7:CD009217.
2 Taylor RS, Ashton KE, Moxham T, Hooper L,
Ebrahim S. Reduced dietary salt for the prevention of cardiovascular disease: a metaanalysis of randomized controlled trials
(Cochrane Review). Am J Hypertens
2011;24:843-853.
3 He FJ, MacGregor GA. Salt reduction lowers
cardiovascular risk: meta-analysis of outcome
trials. Lancet 2011;378:380-382.
4 Beaglehole R, Bonita R, Horton R et al. Priority actions for the non-communicable disease crisis. Lancet 2011;377:1438-1447.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
CAUSA E PREVENZIONE
DEL DANNO RENALE
ASSOCIATO
AL REFLUSSO
VESCICO-URETERALE
PRIMITIVO:
È TUTTO CHIARO?
Riassunto/Adattamento:
M. G. Bianchetti, S. A. G. Lava, G. D. Simonetti
Come nel passato si sospetta un reflusso vescico-ureterale primitivo
quando un bambino ha infezioni delle vie urinarie. Oggi, grazie all’ecografia, è talvolta possibile sospettare
il reflusso vescico-ureterale già nel
corso della gravidanza. D’altra parte,
in considerazione del significativo rischio di ricorrenza nei familiari, il sospetto viene talvolta emesso anche in
assenza di infezioni1.
La rilevanza clinica del reflusso vescico-ureterale primitivo è doppia. Da
una parte il reflusso causa infezioni
ricorrenti delle vie urinarie. D’altra
parte il reflusso si associa ad alterazioni del parenchima renale tradizionalmente considerate la conseguenza di una distruzione del parenchima
renale causata dalle infezioni. In realtà esistono due varietà di danno renale associato al reflusso vescico-ureterale primitivo1:
a) la nefropatia da reflusso acquisita,
detta anche nefropatia da reflusso
post-infettiva o nefropatia da reflusso classica, che colpisce prevalentemente il sesso femminile. È
costituita da cicatrici, l’esito dell’azione destruente delle infezioni.
478
TRIBUNA MEDICA TICINESE
b) la nefropatia da reflusso congenita, detta anche nefropatia da reflusso primitiva, che colpisce prevalentemente il sesso maschile. In
questo caso il reflusso vescico-ureterale si associa ad un’ipoplasia
oppure una displasia renale. Per
questa entità si usa oggi l’acronimo CAKUT, che sta per congenital
anomalies of the kidney and urinary tract. Questa situazione,
spesso famigliare, è da ricondurre
alla disfunzione di uno o più geni
coinvolti contemporaneamente
nella maturazione del parenchima
renale e in quella della giunzione
uretero-vescicale.
Studi eseguiti già diversi anni fa hanno confrontato la terapia chirurgica
del reflusso con una costante profilassi antimicrobica in bambini con reflusso vescico-ureterale di gravità cospicua (≥3° grado).
a) L’intervento chirurgico porta alla
scomparsa definitiva del reflusso
in ≥95% dei casi. Il trattamento
medico con antimicrobici a basso
dosaggio si associa alla scomparsa
del reflusso nella metà dei casi dopo 5 anni di osservazione.
b) Nel 15-20% dei pazienti compaiono nuove cicatrici renali. Questa tendenza è simile nei pazienti
trattati chirurgicamente e in quelli trattati conservativamente.
c) Le infezioni urinarie sono leggermente più frequenti nei pazienti
trattati conservativamente rispetto a quelli curati chirurgicamente.
d) L’intervento chirurgico non previene il degradamento della funzione renale né in caso di nefropatia da reflusso acquisita né in
caso di nefropatia da reflusso
congenita.
In caso di reflusso di gravità cospicua,
dunque, il trattamento chirurgico e la
profilassi antimicrobica sono equivalenti1.
Studi più recenti hanno confrontato
la profilassi costante con antimicrobici e il placebo in bambini con infezio-
76 DICEMBRE 2011
ni urinarie ricorrenti senza e con reflusso vescico-ureterale2,3. I risultati
di questi studi sono interessanti:
a) la profilassi anti-microbica non riduce la frequenza di infezioni delle vie urinarie in bambini con infezioni ricorrenti in cui non è presente un reflusso oppure è presente solo un reflusso non cospicuo
(≤2° grado).
b) Anche nei bambini con reflusso
cospicuo la profilassi anti-microbica non riduce significativamente la
frequenza di infezioni delle vie urinarie (questo risultato deve tuttavia essere letto con prudenza perché il numero totale dei bambini
con reflusso cospicuo studiati è
piccolo).
c) L’uso di antimicrobici favorisce lo
sviluppo di resistenze batteriche.
Le recidive occorse nei bambini
randomizzati a profilassi sono, infatti, frequentemente dovute a
germi resistenti all’antibiotico utilizzato.
In tempi recenti molti studi sono stati
consacrati al trattamento endoscopico, normalmente in regime di day-hospital, del reflusso vescico-ureterale4,5. Il trattamento endoscopico consiste nell’iniezione di una sostanza nel
tessuto mucoso della vescica lì dove
sbocca l’uretere: si forma così un piccolo rigonfiamento che riduce l’apertura degli sbocchi ureterali in modo
tale da consentire senza difficoltà il
normale passaggio dell’urina dal rene
alla vescica ma non il suo reflusso. Tre
mesi dopo l’iniezione il reflusso scompare nel 75-80% dei casi (più raramente se il reflusso è cospicuo, più
frequentemente se il reflusso non è
cospicuo). Purtroppo non raramente il
reflusso ricompare più tardi. D’altra
parte l’iniezione nel tessuto sottomucoso può essere ripetuta.
In conclusione la più recente letteratura non permette la formulazione di
raccomandazioni valide per ogni caso. Un recentissimo articolo del New
England Journal of Medicine6 e
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
un’inchiesta tra i suoi lettori7 documentano adeguatamente questa ambiguità. È stato chiesto a tre esperti di
schizzare il trattamento migliore per
una bambina di 6 anni con infezioni
urinarie ricorrenti e un reflusso vescico-ureterale cospicuo:
- Un’urologa di Stanford (e il 43%
dei lettori della rivista) ha proposto
la correzione del reflusso con un intervento di reimpianto ureterale
(preferibile, secondo lei, all’intervento endoscopico);
- Un nefrologo pediatra (e il 7% dei
lettori) di Pittsburgh ha raccomandato un trattamento profilattico
con un antimicrobico;
- Infine, un nefrologo pediatra di
Kansas City (e il 50% dei lettori) ha
raccomandato la rinuncia a una
profilassi farmacologia e il trattamento farmacologico immediato
con un antibiotico di ogni infezione
sintomatica (“watchful waiting without antibiotics”).
L’attitudine consigliata dal nefrologo
di Kansas City e dal 50% dei lettori è
quella che gli autori di questo commento raccomandano molto spesso.
Bibliografia
1 Santoro L, Ferrarini A, Crosazzo L, Bianchetti MG. Primary vesicoureteric reflux and reflux nephropathy – new insights. Curr Pediatr Rev 2006; 2: 173-176
2 Montini G, Hewitt I. Urinary tract infections:
to prophylaxis or not to prophylaxis? Pediatr
Nephrol 2009; 24: 1605-1609
3 Dai B, Liu Y, Jia J, Mei C. Long-term antibiotics for the prevention of recurrent urinary
tract infection in children: a systematic review and meta-analysis. Arch Dis Child
2010; 95: 499-508
4 Routh JC, Inman BA, Reinberg Y. Dextranomer/hyaluronic acid for pediatric vesicoureteral reflux: systematic review. Pediatrics
2010; 125: 1010-1019
5 Chertin B, Puri P. Endoscopic management
of vesicoureteral reflux: does it stand the
test of time? Eur Urol 2002; 42: 598-606
6 Alon US, Hobermann A, Dairiki Shortliffe
LM. Clinical decisions. Treatment of a 6year-old girl with vesicoureteral reflux. N
Engl J Med 2011; 365: 266-270
7 Lamas DJ, Ingelfinger JR, Rosenbaum LS.
Treatment of a 6-year-old girl with vesicoureteral reflux - polling results. N Engl J Med
2011; 365: e17
Mario G. Bianchetti1,
Sebastiano A. G. Lava1,2,
Giacomo D. Simonetti2
1 Servizio integrato di pediatria, Ospedali di
Mendrisio/Bellinzona e Università di Berna
2 Nefrologia pediatrica, Clinica pediatrica di
Berna e Università di Berna
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
INDIVIDUALIZING
ANAEMIA THERAPY
“INDIVIDUALIZZARE
LA TERAPIA
DELL’ANEMIA RENALE”
Angel L.M. de Francisco. NDT Plus 2010; 3(6):
519-526
Riassunto/Adattamento:
Luca Gabutti, Servizio di nefrologia,
Ospedale Regionale di Locarno
I pazienti con insufficienza renale cronica sviluppano di regola un’anemia
secondaria che il più delle volte è
multifattoriale. La compromissione
del sistema di controllo della secrezione dell’eritropoietina, il malassorbimento del ferro, la diminuzione
della durata di vita degli eritrociti e le
co-morbidità ne sono i principali responsabili. L’anemia nell’insufficienza
renale è un fattore indipendente di
morbidità e mortalità (studi osservazionali). Dalla loro introduzione nel
1989 le eritropoietine hanno mostrato la loro efficacia nell’aumentare l’emoglobina, riducendo in particolare il
bisogno di trasfusioni, e nel migliorare la qualità di vita. Incoraggiati dai
dati degli studi osservazionali che
avevano dimostrato che la prognosi
sia in pre-dialisi sia in dialisi correla direttamente con la severità dell’anemia, negli ultimi anni si è cercato ripetutamente, ma purtroppo senza
successo, di dimostrare che aumentare l’emoglobina al di la del limite di
12 g/dl inizialmente proposto dalle linee guida, si accompagna di un effetto favorevole su morbidità e mortalità. Il “Normal haematocrit study”
480
TRIBUNA MEDICA TICINESE
(Eprex; Htc 30 versus 42%); il CHOIR
(Eprex, Hb 11.3 versus 13.5 g/dl); il
CREATE (Recormon, Hb 10.5-11.5
versus 13-15 g/dl) e il TREAT (Aranesp, trattamento se Hb<9.0 versus
target di 13 g/dl) hanno infatti tutti
documentato o inefficacia o un aumento della morbidità pensando in
particolare al rischio di ictus nei pazienti diabetici. Parallelamente, per
quanto riguarda i pazienti che richiedono dosi di eritropoietina elevate e
che potrebbero incorrere in un rischio
aggiuntivo, uno studio clinico destinato a rispondere alla domanda “le
dosi alte di eritropoietina rappresentano oppure no un fattore di rischio
indipendente?” è in corso dal 2009 e
dovrebbe concludersi nel 2012. Fino
ad allora, tenuto conto dei dati disponibili, si propone di non superare
l’equivalente di 20’000 unità settimanali che definiscono il concetto di
“resistenza” alla terapia. Alla luce
dell’esito degli studi prospettivi le linee guida europee si sono adattate
proponendo in generale di mantenere l’emoglobina tra 11 e 12 g/dl evitando di superare intenzionalmente
13 g/dl. Fanno però eccezione i pazienti diabetici o con stato dopo ictus
nei quali il target suggerito è 10-12
g/dl evitando di superare intenzionalmente 12 g/dl. I limiti sempre più sottili richiedono una sorveglianza stretta del decorso dell’emoglobina e prudenza nella somministrazione, mentre i rischi legati alla terapia impongono un’informazione adeguata ed
un coinvolgimento del paziente nella
scelta della strategia terapeutica.
Alla luce dei nuovi dati l’autore propone 7 “comandamenti” nella prescrizione delle eritropoietine:
1 Rispettare i target proposti dalle linee guida (in generale 11-12 g/dl;
10-12 g/dl nei diabetici o in stato
dopo ictus)
2 Rispettare i bisogni individuali (in
un giovane paziente sportivo o in
un paziente sintomatico si potrà
discutere un target più alto)
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3 Discutere apertamente con il paziente rischi e obiettivi terapeutici
4 Somministrare la dose di eritropoietina più piccola possibile per
mantenere l’emoglobina nel target
5 Minimizzare le fluttuazioni dell’emoglobina durante il trattamento
ponendo particolare attenzione alle derive verso l’alto
6 Selezionare il tipo di eritropoietina
che meglio risponde ai bisogni del
paziente (in predialisi preferire delle eritropoietine a durata d’azione
lunga che permettono intervalli tra
le singole somministrazioni fino a
4 settimane come l’Aranesp e il
Mircera e la somministrazione sottocute)
7 Iniziare la terapia con eritropoietina con una piccola dose e solo in
pazienti con riserve di ferro adeguate (ferritina al limite superiore
della norma; se necessario somministrando il ferro parenterale)
In conclusione l’autore nella sua eccellente Review propone di affrontare la prescrizione dell’eritropoietina
nei pazienti con insufficienza renale
cronica con maggiore prudenza e rispettando le peculiarità e le esigenze
del singolo. In alcuni casi il rischio
giustifica l’astensione terapeutica.
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
LA DENERVAZIONE
RENALE MEDIANTE
RADIOFREQUENZA:
UN NUOVO
PROCEDIMENTO PER IL
TRATTAMENTO
DELL’IPERTENSIONE
ARTERIOSA GRAVE E
REFRATTARIA ALLA
TERAPIA
FARMACOLOGICA
Riassunto/Adattamento:
Silvio Pianca, Lugano
li severe. I nervi del simpatico renale,
principali responsabili dell’ipertensione arteriosa primaria, nascono a livelli
di D10-L1 e decorrono principalmente
lungo l’avventizia dell’arteria renale.
Attualmente la procedura di denervazione simpatica renale può essere effettuata per via endovascolare. È stato
recentemente introdotto in commercio un catetere a radiofrequenza collegato ad un generatore di energia
(“Symplicity Cathter System, Ardian,
Inc., Palo Alto, CA, USA) in grado di
determinare la denervazione del simpatico renale, in modo da ridurre selettivamente sia il patologico azionamento centrale del simpatico renale
(simpatico efferente), sia il contributo
delle afferenze renali sul centro Ipotalamico di iperattività simpatica (simpatico afferente).
avanzando fino alle arterie renali. Successivamente si applicano sulle pareti
del vaso piccole scariche a radiofrequenza simili a quelle usate per curare
alcune aritmie. Le scariche elettriche
interrompono le vie nervose che decorrono nelle pareti vascolari realizzando una denervazione simpatica renale
selettiva.
L’efficacia di questa tecnica è stata accertata da un preliminare studio multicentrico Australiano-Europeo (45 Pazienti trattati, Krum et al 2009), mentre lo scorso anno è stato pubblicato il
primo studio internazionale multicentrico, randomizzato e controllato, condotto per valutare la sicurezza e l'efficacia della procedura di denervazione
renale in soggetti con ipertensione non
controllata. Si tratta dello studio
Symplicity HTN-2 (Esler et al. Lancet.
La denervazione simpatica renale selettiva è un intervento endovascolare di
modesta entità. Consiste nell'inserire
un catetere in un'arteria superficiale,
2010 Dec 4;376(9756):1903-9). Questa tecnica innovativa si è dimostrata
sicura ed efficace per ridurre in modo
significativo i valori pressori nei pazien-
L’iperattivazione cronica del sistema
nervoso simpatico, in particolar modo
dei nervi del simpatico renale, svolge
un importante contributo nella fisiopatologia dell'ipertensione arteriosa, dello scompenso cardiaco e dell’insufficienza renale cronica. Attualmente il
trattamento dell’ipertensione arteriosa
si basa sull’impiego di terapie farmacologiche efficaci e sicure. Tra i farmaci a
nostra disposizione troviamo anche sostanze che sono in grado di ridurre l’iperattività del simpatico. In realtà ad
oggi solo il 50%-80% circa della popolazione di pazienti trattata con terapia medica, ottiene un adeguato controllo della pressione arteriosa.
I metodi chirurgici di simpatectomia radicale (simpatico toracico, addominale
e pelvico) venivano praticati come intervento salvavita in pazienti con Ipertensione Maligna. Essi risultano efficaci nel ridurre la pressione arteriosa ma
gravati da elevati tassi di morbidità e
mortalità nel peri-operatorio nonché
determinano spesso l’insorgenza di
complicanze a lungo-termine tra cui:
disfunzioni intestinali e vescicali, disfunzioni erettili ed ipotensioni postura-
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era pari a 33/11 mmHg (p<0.0001).
Gli effetti favorevoli sul controllo pressorio si sono mantenuti durante il follow-up a 24 mesi consentendo la riduzione della terapia farmacologica. La
procedura è risultata ben tollerata e
non gravata da effetti secondari rilevanti o da gravi complicanze correlate
all’intervento.
Nel mondo sono stati al momento trattati più di 500 pazienti con un risultato
clinico positivo in oltre l'80% dei casi.
La simpatectomia renale mediante radiofrequenza va pertanto ad aggiungersi alle già varie procedure di radiologia interventistica e rappresenta un
metodo innovativo non farmacologico
da considerare per migliorare il controllo dell'ipertensione arteriosa nei pazienti ipertesi che risultano resistenti alle terapie convenzionali.
Bibliografia
1 Henry Krum, Markus Schlaich, Rob Whitbourn, Paul A Sobotka, Jerzy Sadowski,
Krzysztof Bartus, Boguslaw Kapelak, Anthony
Walton, Horst Sievert, Suku Thambar, William
T Abraham, Murray Esler. Catheter-based renal sympathetic denervation for resistant
hypertension: a multicentre safety and proofof-principle cohort study. Lancet 2009; 373:
1275–81
ti con ipertensione arteriosa refrattaria
ai trattamenti farmacologici. Lo studio
ha visto l'arruolamento di 106 pazienti provenienti da 24 centri di sperimentazione in Europa, Australia e Nuova
Zelanda. I soggetti, randomizzati in un
gruppo di trattamento e in un gruppo
di controllo, erano accomunati da valori pressori elevati, rispettivamente
178/97 mmHg e 178/98 mmHg, benché tutti seguissero un regime terapeutico giornaliero composto in media
da cinque farmaci antipertensivi.
L'endpoint primario dello studio era la
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
variazione della pressione arteriosa sistolica a 6 mesi. Il 94% (n=49) dei pazienti sottoposti all'intervento di denervazione renale e il 94% (n=51) dei
pazienti del gruppo di controllo sono
stati valutati per l'endpoint primario a
6 mesi. Alla fine dello studio, i pazienti trattati mediante denervazione renale hanno presentato una riduzione della pressione arteriosa pari a 32/12
mmHg (p<0.0001), rispetto a nessuna
variazione significativa rispetto ai pazienti del gruppo di controllo. La differenza di pressione arteriosa a 6 mesi
76 DICEMBRE 2011
2 Symplicity HTN-1 Investigators. Catheter-based renal sympathetic denervation for resistant hypertension: durability of blood pressure reduction out to 24 months. Hypertension.
2011 May;57(5):9113 Symplicity HTN-2 Investigators, Esler MD,
Krum H, Sobotka PA, Schlaich MP, Schmieder
RE, Böhm M. Renal sympathetic denervation
in patients with treatment-resistant hypertension (The Symplicity HTN-2 Trial): a randomised controlled trial. Lancet. 2010 Dec
4;376(9756):1903-9. Epub 2010 Nov 17.
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Immagine angiografica che mostra la vascolarizzazione del rene e la presenza del catetere inserito nella porzione distale dell’arteria renale
Immagine angiografica che mostra il catetere retratto fino in prossimità dell’ostio dove viene
eseguita l’ultima ablazione del simpatico renale.
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
POST-NEPHRECTOMY
DEVELOPMENT OF
RENAL FUNCTION IN
LIVING KIDNEY
DONORS:
A CROSS-SECTIONAL
RETROSPECTIVE STUDY
“SVILUPPO DELLA
FUNZIONE RENALE
IN DONATORI DI RENE
VIVENTI: UNO STUDIO
RETROSPETTIVO
TRASVERSALE”
Ingela Fehrman-Ekholm et al. Nephrol Dial
Transplant 2011; 26: 2377-2381
Riassunto/Adattamento:
Daniela Garzoni e Claudio Marone,
Centro di Nefrologia e Dialisi Dialago, Minusio
1. Considerazioni preliminari
“Perché madre natura ci ha fornito di
due reni?“ è la domanda posta da J.
Steiger nel suo editoriale1 a commento della pubblicazione di I. FehrmanEkholm, che si è chinata sugli esiti
dopo donazione di rene ed in particolare sulla funzione renale residua. Il
trapianto renale dovrebbe essere la
terapia sostitutiva di prima scelta in
caso di insufficienza renale in stadio
terminale. La carenza di donatori da
cadavere viene in parte compensata
da donatori viventi: la forbice tra pazienti in lista d’attesa (1171 in Svizzera nel 2010) e trapianti renali effettuati si allarga però costantemente
(294 trapianti renali in Svizzera nel
2010, di cui 114 da donatori viventi)2. L’opzione di una donazione da
vivente dovrebbe essere presa in considerazione in ogni valutazione per il
484
TRIBUNA MEDICA TICINESE
trapianto e discussa con i pazienti, i
loro parenti e conoscenti. Non possiamo però proporre una tale alternativa senza la conoscenza dei possibili
rischi per il donatore.
2. Quesito clinico
Valutazione del decorso e dei rischi a
lungo termine dopo nefrectomia per
donazione di rene.
3. Metodologia
L’autrice svedese, attiva in una nazione che ha dato molto impulso al trapianto renale da donatore vivente,
analizza una coorte di donatori, operati tra il 1965 ed il 2005 all’Ospedale Universitario di Sahlgrenska, Gothenburg. In questo lungo periodo,
1110 persone hanno donato un rene. Per lo studio, effettuato tra il
2007 ed il 2009, 823 donatori hanno
potuto essere contattati e 573 hanno
acconsentito a parteciparvi.
Si tratta di un lavoro retrospettivo trasversale, che analizza la funzione renale, usando la velocità di filtrazione
glomerulare misurata (mGFR) e quella stimata (eGFR), la microalbuminuria, la pressione arteriosa, l’emoglobina ed il paratormone.
4. Risultati principali
Tra la quantità di dati, ci limitiamo ad
evidenziare quelli più significativi.
Età media al momento della donazione: 47 anni (variante tra 20-74). Età
media al momento dello studio: 61
anni (variante tra 24-92). 59% dei
donatori erano donne. Il tempo di osservazione varia dai 2 ai 43 anni. Al
momento dell’indagine un solo donatore era in dialisi, altri 2 erano trapiantati renali; causa dell’insufficienza renale erano una glomerulonefrite, rispettivamente una nefrosclerosi
ed un carcinoma renale. La funzione
renale migliora per diversi anni dopo
la donazione (durante circa 15 anni),
fenomeno osservato in tutti i donatori, indipendentemente dal sesso e
dall’età di donazione. Segue poi una
76 DICEMBRE 2011
fase di stabilità (circa 8 anni) ed in seguito un progressivo declino della
funzione renale, più pronunciato con
l’avanzare dell’età (Figura 2 del lavoro originale).
La medesima Fehrman descrive in
una sua precedente pubblicazione, in
una popolazione di individui sani, un
declino „fisiologico“ della funzione
renale di 1 ml/minuto/anno, a partire
dai 50 anni di età, dato confermato
anche da altri autori3.
In 21% dei partecipanti allo studio è
stata riscontrata una microalbuminuria (100/471).Il 23% dei partecipanti
(126/546) si trovava sotto trattamento antiipertensivo. In un ulteriore
22% (117/543) è stata diagnosticata
un’ipertensione non ancora trattata.
Microalbuminuria ed ipertensione
hanno una stretta correlazione con il
tempo trascorso dalla donazione.
5. Conclusioni
La funzione renale migliora nell’arco
dei primi anni dopo donazione, per
poi lentamente deteriorarsi. Con più
ci si allontana dalla data di donazione, con più aumenta il rischio di sviluppare una microalbuminuria ed
un’ipertensione. Gli autori concludono che, se si procede ad una severa
selezione dei candidati ad una donazione, il rischio di complicazioni è
basso; un controllo regolare dei donatori – quale offre ad esempio il Registro Svizzero dei donatori4 – risulta
superfluo. È lasciato ai medici di famiglia il compito di sorvegliare e trattare la pressione arteriosa.
6. Commento
La rimozione di un rene porta – secondo i principi studiati in patofisiologia – ad un’iperperfusione ed iperfiltrazione del rene rimanente. Bock
ha riscontrato questo fenomeno anche in donatori di rene, misurando la
clearance dell’inulina e del paraamminoippurato una settimana ed un
anno dopo nefrectomia5.
In contrasto all’ipotesi che l’iperfiltra-
Journal club:Journal club GIUGNO.qxd 13.12.11 15:36 Pagina 485
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Bibliografia
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us with two kidney? Nephrol Dial Transplant
2011; 26: 2076-2079
2 Statistica annuale 2010 di Swisstransplant
(www.swisstransplant.org)
3 Fehrman-Ekholm I,Skeppholm L. Renal
function in the elderly (>70 years old) measured by means of iohexol clearance,serum
creatinine and estimated clearance. Scand J
Urol Nephrol 2004; 38: 73-77
4 Thiel GT,Nolte C,Tsinalis D. Das Schweizer
Lebendspender-Gesundheitsregister (SOLDHR).Ther Umsch 2005; 62:449-457
5 Bock HA,Bachhofen M, Landmann J et al.
Glomerlar hyperfiltration after unilateraly
nephrectomy in living kidney donors.Transplant Int 1992 (5 Suppl1): S 156-S159
zione porti ad un danno glomerulare,
con perdita di funzione, i dati di Fehrman-Ekholm mostrano un miglioramento della GFR. Già Thiel ha riportato risultati simili4. La forza di questo
studio è l‘ampiezza della coorte, il
lungo periodo di osservazione ed i
criteri di selezione dei candidati alla
donazione, molto omogenei e più severi che in Svizzera (ad esempio, l’ipertensione, anche la più moderata,
rappresenta in Svezia una contraindicazione per la donazione). Il punto
debole è nella metodologia; si tratta
di uno studio trasversale: molti risultati provengono non dall’osservazione diretta ma da un calcolo. Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi
studi – purtroppo retrospettivi – su
questo tema, senza gruppi di controllo veramente validi. Tutti presentano
dati confortanti per i donatori. Sembra che disponiamo per così dire di
una funzione renale in esuberanza,
forse una riserva di madre natura in
caso di danno ad un rene e che potrebbe incoraggiarci ad un atto di generosità. Aspettiamo nel frattempo
ulteriori pubblicazioni di Thiel dal Registro Svizzero, unico a raccogliere
dati prospettivi da quasi 20 anni.
Non condividiamo la conclusione degli autori: i donatori hanno diritto ad
un Registro Nazionale, che verifichi
regolarmente, in modo semplice ma
efficace, il loro stato di salute, che intervenga in caso di patologie e che
sia in grado di fornire valide informazioni a chi sta maturando una decisione di non poco conto.
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
485
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SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
HAEMODIALYSIS
CATHETERS INCREASE
MORTALITY AS
COMPARED TO
ARTERIOVENOUS
ACCESSES ESPECIALLY
IN ELDERLY PATIENTS
“AUMENTATA
MORTALITÀ IN PAZIENTI
ANZIANI PORTATORI DI
CATETERE DI EMODIALISI
PIUTTOSTO CHE FISTOLA
ARTERIOVENOSA”
Gürbey Ocak et al. Nephrol Dial Transplant
(2011) 26: 2611 - 2617
Riassunto/Adattamento:
Hugo Zwahlen, Capo Servizio Nefrologia,
Ospedale S. Giovanni, Bellinzona
1. Considerazioni preliminari e
quesito clinico
I pazienti in dialisi hanno bisogno di
un accesso vascolare, che permetta
un flusso ematico alto tra 200 ml/min
e 500 ml/min. Classicamente la dialisi viene effettuata tramite una fistola
arterio-venosa, spesso con l’aiuto di
una protesi. In alternativa esiste la
possibilità di mettere un catetere centrale permanente, nella maggior parte dei casi tunnellizzato, per eseguire
una dialisi di successo. C’è comunque evidenza da studi randomizzati e
controllati, che l’accesso tramite una
fistola arterio-venosa, sia essa nativa
o con materiale protesico, è superiore al catetere, dato che quest’ultimi
sono associati ad un rischio elevato di
486
TRIBUNA MEDICA TICINESE
trombosi, infezioni e corta sopravvivenza. Le raccomandazioni delle linee guide europee favoriscono chiaramente l’uso di un accesso tramite
fistola arterio-venosa. Problemi vascolari nei pazienti in trattamento
con emodialisi sono responsabili del
25-50% delle ospedalizzazioni.
Lo scopo di questo studio di coorte
svolto in Olanda era di investigare
l’associazione tra l’uso di un accesso
arterio-venoso rispetto all’uso di un
catetere in relazione al rischio di mortalità per ogni causa e per cause specifiche (infezione, cause cardiovascolari) in pazienti più anziani (>65 anni
d’età) e in pazienti più giovani (<65
anni).
2. Metodologia
Si tratta di uno studio prospettico di
coorte multicentrico, che arruolava
pazienti adulti (>18 anni) che iniziavano il trattamento dialitico tra gennaio 1997 e aprile 2004. Lo studio
viene diretto dal gruppo di studio
olandese sull’adeguatezza della dialisi “Cooperative” (NECOSAD) e include 38 centri di dialisi. I criteri di base
venivano definiti a 3 mesi dall’inizio
della dialisi e il follow-up era di 2 anni, fino alla morte o ad un termine
dovuto per esempio al trasferimento
in un altro centro non partecipante
allo studio o ad un trapianto renale.
I criteri di base contenevano dati demografici, la malattia renale primaria
(glomerulonefrite, diabete mellito,
malattia nefroangiosclerotica e altri),
comorbidità, cura pre-dialitica, diabete e malattia cardiovascolare (angina
pectoris, infarto del miocardio, scompenso cardiaco, ictus ischemico e
claudicatio). La comorbidità viene
classificata in 3 categorie secondo i
criteri di Davies: zero, moderato o severa. Vengono attribuiti punti per
cardiopatia ischemica, disfunzione
del ventricolo sinistro, arteriopatia
periferica e cerebrale, tumore maligno, diabete, collagenosi e altri disturbi significativi (per esempio
76 DICEMBRE 2011
COPD). La comorbidità è un fattore
importante per evitare dei Bias nel
calcolo del rischio di mortalità. I pazienti studiati venivano così corretti
secondo il grado di co-morbidità calcolato in base allo score di Davies.
Infatti i criteri di base a 3 mesi dall’inizio dello studio mostrano criteri simili in entrambi i gruppi, per quanto
concerne i dati demografici, la malattia renale primaria, la malattia cardiovascolare, diabete e comorbidità secondo score di Davies. C’era invece
una differenza significativa tra i due
gruppi per la cura pre-dialitica, l’albumina sierica, PCR e GFR, sempre in
sfavore dei pazienti che utilizzavano
un catetere quale accesso per la dialisi. Il Kt/V, fattore di qualità per la
dialisi, non mostra invece nessuna
differenza significativa tra i due gruppi di pazienti.
L’end point primario di questo studio
era la mortalità entro i primi 2 anni di
dialsi. I casi di decesso venivano classificati in tre gruppi distinti: in relazione ad un’infezione, in relazione ad
un evento cardiovascolare o per altra
causa.
3. Risultati principali
1'109 pazienti sono stati inclusi tra
gennaio 1997 e aprile 2004 e sono
stati trattati con emodialisi. 190 pazienti (17.1%) avevano un catetere
venoso centrale e 919 pazienti
(82.9%) un accesso arterio-venoso
(fistola o protesi). Le caratteristiche di
base erano simili. Una differenza significativa si trovava nella cura predialitica, nell’albumina sierica, nella
PCR, nella GFR e nel colesterolo,
sempre a sfavore dei pazienti che utilizzavano un catetere.
Mortalità globale per ogni causa
Al termine dei 2 anni previsti dallo
studio, nel gruppo costituito dai 190
pazienti con catetere si sono registrati 72 decessi (37.8%), mentre nel
gruppo costituito dai 918 pazienti
con accesso vascolare arterio-venoso
Journal club:Journal club GIUGNO.qxd 13.12.11 15:36 Pagina 487
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
i decessi sono stati 217 (23.6%). Il
tasso di mortalità più basso è stato
registrato nei pazienti giovani con accesso arterio-venoso, mentre quello
più alto è stato registrato nei pazienti anziani che utilizzavano un catetere. Per quanto riguarda la hazard ratio della mortalità a 2 anni, si notava
un rischio di mortalità di 1.54 sia nei
pazienti anziani con catetere (intervallo di confidenza 95%: 1.13-2.12),
sia nei pazienti giovani con catetere
(intervallo di confidenza 95%: 0.872.74) e (solo per quest’ultimo gruppo) dopo correzione per età, sesso,
malattia renale primaria, score di Davies, comorbidità, angina pectoris, infarto del miocardio, scompenso cardiaco, ictus ischemico, claudicatio,
cura pre-dialitica, GFR, CRP, colesterolo, BMI e albumina sierica. I pazienti anziani dializzati tramite catetere
avevano un rischio di mortalità corretto persino 3 volte più elevato rispetto ai pazienti giovani con accesso
arterio-venoso.
Mortalità per causa specifica
Nel gruppo costituito dai 72 pazienti
portatori di catetere deceduti entro 2
anni, 7 sono morti a causa di un’infezione (1 nel gruppo dei giovani; 6 nel
gruppo degli anziani), 34 sono morti
per cause cardiovascolari (6 nel gruppo dei giovani, 25 nel gruppo degli
anziani). Nel gruppo costituito dai
217 pazienti con accesso arterio-venoso deceduti entro 2 anni, 27 sono
morti per infezione (17 nel gruppo
dei giovani, 78 nel gruppo degli anziani), 103 sono morti per cause cardiovascolari (25 nel gruppo dei giovani, 78 nel gruppo degli anziani). Nel
gruppo dei 43 pazienti al di sopra dei
75 anni e portatori di catetere, si sono registrati 26 decessi (3 per infezione, 11 per cause cardiovascolari). Nel
gruppo costituito da 203 pazienti
molto anziani con accesso arterio-venoso, sono deceduti 72 pazienti (8 a
causa di infezioni, 32 per cause cardiovascolari). Quindi il tasso di morta-
lità nei pazienti molto anziani
(espresso in decessi/1000 anni x paziente) era pari a 244 per il gruppo
dei pazienti con acesso arterio-venoso e 505 per il gruppo portatore di
catetere.
4. Conclusioni, discussione
Questo studio di coorte prospetticoosservazionale, comprendente 1'109
pazienti che iniziano il trattamento
emodialitico, mostra che l’uso di cateteri è associato ad un rischio di
mortalità elevato per ogni causa di
mortalità in paragone ai pazienti che
usano un accesso arterio-venoso. Pazienti anziani (>65 anni) con il catetere hanno un rischio di mortalità aumentata al 50% in paragone ai pazienti con fistola arterio-venosa e
persino un rischio di mortalità aumentata 3 volte rispetto ai pazienti
<65 anni dializzati tramite un accesso arterio-venoso. Nei pazienti anziani che utilizzano un catetere si è riscontrato un aumento del rischio di
mortalità anche per la specifica causa
delle infezioni e degli eventi cardiovascolari in paragone ai paziente della
stessa fascia d’età, che utilizzano un
accesso arterio-venoso. Interessante
è l’osservazione che in seguito ad
una setticemia o batteriemia si riscontra poi un aumento della morbidità e/o mortalità per cause cardiovascolari. Questi risultati sostengono
quanto contenuto nelle linee guida
europee, che scoraggiano l’uso di cateteri per la dialisi specialmente negli
anziani.
I risultati di questo studio sono paragonabili a tre studi di Coorte eseguiti
negli Stati Uniti. Esistono degli studi
che hanno riportato un’associazione
tra l’uso del catetere e setticemie o
batteriemie, diminuzione della dose
di dialisi a causa del flusso ematico
diminuito e aumento dei parametri
infiammatori. Lo studio attuale è comunque il primo che ha investigato la
mortalità in relazione a delle infezioni o ad eventi cardiovascolari in pa-
76 DICEMBRE 2011
zienti anziani che utilizzano un catetere da dialisi. Il rischio relativo di
mortalità arriva fino a 60% a causa di
infezioni e fino a 67% per cause cardiovascolari rispetto alla fascia dei
pazienti anziani dializzati tramite accesso arterio-venoso.
5. Commento
Questo studio Coorte osservazionaleprospettico ha mostrato che l’uso del
catetere in confronto all’uso di un accesso arterio-venoso aumenta la
mortalità soprattutto nel paziente
anziano. Mostra inoltre che anche la
mortalità per cause specifiche, come
l’infezione o gli eventi cardiovascolari, è aumentata. È uno studio ben fatto, con un numero elevato di pazienti che hanno iniziato la dialisi, e con
delle conclusioni abbastanza chiare.
Le caratteristiche di base erano uguali per quanto concerne la malattia renale primaria e le co-morbidità. C’erano invece differenze significative riguardo la cura pre-dialitica, l’albumina sierica, la GFR e la proteina C-reattiva. Questi fattori venivano comunque corretti, evitando almeno in parte di falsare i risultati. D’altra parte
ciò resta un punto debole di questo
studio osservazionale, e ci si può effettivamente chiedere perché questi
parametri mancassero soprattutto
nei pazienti per cui era previsto l’uso
di un catetere. Dallo studio non
emergono inoltre quali fossero i criteri in base ai quali si era deciso di applicare un catetere, piuttosto che
confezionare una fistola arterio-venosa. Bisogna infine sottolineare che
anche nei pazienti giovani (<65 anni)
si poteva dimostrare un aumento della mortalità (sia per tutte le cause, sia
per le cause specifiche quali l’infezione e gli eventi cardiovascolari) nel
gruppo di pazienti con catetere in
paragone a quello con accessso arterio-venoso. I risultati ottenuti sostengono le linee guide europee, che
consigliano di rinunciare se possibile
ad un catetere da dialisi soprattutto
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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Journal club:Journal club GIUGNO.qxd 13.12.11 15:36 Pagina 488
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
nei pazienti anziani. A questo proposito va però pur rilevato, che la popolazione dei pazienti che inizia la dialisi è sempre più anziana e che diventa
sempre più difficile confezionare un
accesso arterio-venoso classico a causa di motivi anatomici. La scelta di un
catetere permanente tunnellizzato risulta quindi spesso inevitabile. In
queste situazioni si dovrebbe riflettere alla possibilità di una dialisi peritoneale cronica ambulatoriale, modalità che è applicabile anche ai pazienti
residenti in casa per anziani o in casa
di cura. Ai tempi l’impossibilità di confezionare un accesso arterio-venoso
classico era proprio un’indicazione alla dialisi peritoneale, che genera anche costi minori, persino se si usa la
dialisi peritoneale automatizzata con
l’aiuto di una piccola macchina.
488
TRIBUNA MEDICA TICINESE
76 DICEMBRE 2011
Patologia 66:Patologia 4.qxd 13.12.11 15:38 Pagina 489
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 66
L. Mazzucchelli, G. Venzi, F. Jermini
Storia clinica
Un uomo di 64 anni, ricoverato per
problemi neurologici, viene sottoposto a TC toraco-addominale. Questa
rivela inaspettatamente una massa
della parete vescicale del diametro di
circa 5 cm (Figure 1 e 2) nonché
diverticolosi del colon sigmoideo.
Viene eseguita resezione transuretrale
a scopo diagnostico. L’esame istologico mostra la presenza di strutture cistiche in connessione con l’epitelio di
superficie, rivestite in parte da epitelio
di aspetto cilindrico (Figure 3-6).
Nessuna atipica significativa. Presenza
di flogosi cronica.
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Indica la diagnosi corretta:
a
b
c
d
e
Cistite ghiandolare
Cistite interstiziale
Adenoma nefrogenico
Adenocarcinoma
Carcinoma uroteliale
con metaplasia ghiandolare
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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Patologia 66:Patologia 4.qxd 13.12.11 15:38 Pagina 490
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Diagnosi
Cistite ghiandolare
Commento
La cistite ghiandolare rappresenta un
quadro clinico-patologico infiammatorio aspecifico che prende origine
da particolari strutture dell’urotelio
vescicale chiamate nidi di Von Brunn.
Questi sono costituiti da noduli ben
delimitati di cellule uroteliali nel tessuto connettivo sottoepiteliale, i quali
possono mostrare connessione con
l’urotelio stesso o esserne completamente separati. Spesso presentano
cavitazione cistica e sono visibili all’esame endoscopico come piccole
lesioni translucide, reperto corrispondente quindi a una cistite cistica. Il
rivestimento epiteliale è costituito da
cellule uroteliali senza atipie significative. In caso di prolungata infiammazione cronica, si possono tuttavia
osservare quadri di cistite ghiandolare ossia alterazioni metaplastiche
caratterizzate dalla comparsa di epiteli cilindrici ghiandolari che a loro
volta vengono circondati da cellule
uroteliali senza atipie. La cistite cistica
e la cistite ghiandolare rappresentano
pertanto alterazioni di tipo reattivoflogistico di carattere aspecifico che,
per esempio, possono essere osservate in pazienti portatori di catetere
vescicale oppure affetti da litiasi.
Clinicamente e radiologicamnete le
alterazioni flogistiche possono presentarsi come pseudotumori infiammatori e quindi evocare il sospetto di
una neoplasia maligna. Istologicamente la diagnosi differenziale deve
considerare lesioni benigne con
aspetti ghiandolari o neoplasie maligne. Tra le prime vanno citati l’adenoma nefrogenico, un processo proliferativo benigno che insorge soprattutto in pazienti con storia di interventi chirurgici, oppure, nelle donne,
focolai di endometriosi o endosalpingiosi. Tra le lesioni maligne, la diagnosi differenziale si pone con particolari varianti del carcinoma urotelia-
490
TRIBUNA MEDICA TICINESE
le quale la variante microcistica e la
variante con crescita a nidi, oppure
con adenocarcinomi primitivi della
vescica urinaria.
Bibliografia
In alcuni pazienti, le alterazioni metaplastiche della cistite ghiandolare
possono assumere aspetti indistinguibili da epiteli ghiandolari del tratto
gastrointestinale con tanto di cellule
caliciformi. Non è chiaro se queste
alterazioni rappresentino lesioni premaligne capaci di esitare in adenocarcinomi vescicali. La concomitanza
di adenocarcinoma vescicale e metaplasia ghiandolare ed intestinale dell’urotelio adiacente suggerisce tuttavia una relazione diretta con potenziale di evoluzione maligna di alterazioni metaplastiche.
Young RH. Tumor-like lesions of the urinary
bladder. Modern Pathology 2009, 22:S37-S52
Il significato clinico di una cistite cistica oppure ghiandolare risiede nella
diagnosi differenziale che si pone
sulla base di esami radiologici e
endoscopici. Istologicamente, particolare attenzione deve essere riservata a non sottostimare una neoplasia
maligna. La terapia mirata al controllo della infiammazione locale e all’eliminazione del fattore irritante, porta
alla regressione della cistite ghiandolare/cistica. In presenza di metaplasia
intestinale è consigliabile l’asportazione chirurgica completa della lesione alla luce della potenziale malignità e della scarsa propensione alla
regressione.
L. Mazzucchelli,
Istituto cantonale di Patologia, Locarno
G. Venzi, Servizio di Urologia,
Ospedale Regionale di Lugano
F. Jermini, Servizio di Urologia,
Ospedale Regionale di Lugano
76 DICEMBRE 2011
Williammson SR et al. Gladular lesions of the
urinary bladder: clinical significance and differential diagnosis. Histopathology 2011, 58:811
attività :attività 13.12.11 15:38 Pagina 491
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76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
491
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Presentazione casi clinici medicina e chirurgia
OSPEDALE REGIONALE DI LOCARNO
dalle 18.30 - 19.30, Ospedale Ala Est, Aula 2, 2° piano
Giovedì 26 gennaio 2012
Giovedì 16 febbraio 2012
Info: Signora Pia Gafner, Ospedale Regionale di Locarno
Tel. +41 91 811 47 16 - [email protected]
attività :attività 13.12.11 15:38 Pagina 493
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
CORSO DI AGGIORNAMENTO REGIONALE TICINESE
ORGANIZZATO DALL’OMCT – Semestre invernale 2011/2012
Diabetologia
Data:
Ore:
Luogo:
Giovedì, 19 gennaio 2012
14.00
Sala Aragonite di Manno
PROGRAMMA
Moderatori:
Dott. Med. Fabio Cattaneo
Dott.ssa med. Beatrice Neuffer
14.00 - 14.05 Introduzione e benvenuto
14.05 - 14.45 Médecine prédictive et personnalisée:
peut-on anticiper la survenue d’un diabète
par un score clinique et/ou génétique?
Prof. Gerard Waeber, CHUV, Losanna
14.45 - 15.25 Chirurgia bariatrica nei pazienti diabetici
Dott. Med. Alfred Kuhrmeier, OIL, Lugano
15.25 - 15.55 Pausa
15.55 - 16.35 Hypoglycemia: prevention, causes, and
consequences (in everyday life and survival)
Prof. Roger Lehmann, UniSpital, Zurigo
16.35 - 17.15 “Nella buona e nella cattiva sorte”…
gli anniversari da non dimenticare quando si
cura un paziente diabetico
Dr.ssa Elisabetta Andreani Safwan, Bellinzona
17.15
Note conclusive
Accreditamenti per aggiornamento continuo:
– AMITI, Label Q SGAM, chirurgia, endocrinologia-diabetologia:
3 credits
PERSONE
In questa rubrica si dà spazio a notizie, profili, nomine, onorificenze, inizio e cessazione di attività, nonché a volti noti e meno
noti di medici attivi nella Svizzera italiana. Gli interessati alla
pubblicazione sono invitati a scrivere alla Redazione di TMT.
APERTURA NUOVI STUDI
SI RINGRAZIANO LE SEGUENTI DITTE:
Abbott AG
Adropharm AG
AstraZeneca Pharmaceutical AG
A. Valentini, Viganello
S. Moser, Lugano
G. Spinelli, Taverne
P. van der Harg, Gordola
Axis-Shield AG
M. Scali, Mendrisio
Axon Lab
E. Stampone, Viganello
Biomed AG
D. Mattai del Moro, Maroggia
Cassa dei Medici
M. Togninalli, Manno
Daiichi Sankyo
A. Bardyguine, Agno
Doetsch Grether AG
C. Herby, Basel
G. Vasquez, Montagnola
Galderma AG
J. Richina, Horw
GlaxoSmithKline AG
D. Binda, Ligornetto
I. Carcano, Sessa
D. Pedrazzini, Sessa
Gebro Pharma AG
M. Oesch, Sessa
GFP Mediconsul Ticino SA
V. Belloni, Massagno
G. Solari, Massagno
IBSA
C. Borioli, Pambio Noranco
Janssen AG
L. Ruggieri, Paradiso
Labor Team W AG
D. Isgrò, Mendrisio
Laboratorio Bioanalitico SA
P. Guglielmetti, Locarno
Lagap SA
M. Blanc, Magliaso
Leo Pharmaceuticals Products
R. Kaiser, Vacallo
Mepha Pharma AG
E. Croci-Torti, Taverne
MSD
R. Sestito, Caslano
B. Salmina, Minusio
L. Ceruti, Moghegno
Mundipharma Medical Company L. Gentile, Comano
Novartis Pharma Schweiz AG
G. Ricciardi, Arbedo
T. Schoos, Savosa
Norgine AG
U. Bolliger, Brusino Arsizio
Permamed AG
E. Spinelli, Giubiasco
Robapharm AG
T. Günther, Castel San Pietro
Roche-Diagnostics (Schweiz) AG G. Iafelice, Lamone
E. Togni, Gordola
C. Zingg, Minusio
Sanofi Pasteur MSD AG
S. Giangrasso, Baar
Servier (Suisse) SA
C. Torrente, Porza
M. Malinverno, Coldrerio
Spirig Pharma AG
A. Keller, Chiasso
Takeda Pharma AG
S. Pietroni, Lugano
Unilabs Ticino
S. Maggi, Breganzona
B. Mamet-Saladin, Brione s/Minusio
Viollier AG
Zambon Svizzera SA
E. Santoro, Cresciano
che hanno dato un generoso contributo per l’organizzazione dei
nostri corsi di aggiornamento professionale. A nome di tutti i
medici partecipanti, il Consiglio Direttivo dell’OMCT esprime loro
i più vivi ringraziamenti.
CONSIGLIO DIRETTIVO OMCT
Lodrino
Il dr. med. Marco Bellezza, medico generico FMH, medico
d’urgenza SGNOR, annuncia la collaborazione presso lo studio del dr. med. Michele Bonato, Via Ponte Vecchio 7, 6527
Lodrino, tel. 091 863 20 20
Bellinzona
Il dr. med. Gionata Marazza, FMH dermatologia e venereologia, annuncia la ripresa dello studio medico del dr.
med. Francois Gilliet a Bellinzona, via Camminata 6, 6500
Bellinzona. Tel. 091 825 63 33
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
493
attività :attività 13.12.11 15:38 Pagina 494
ATTIVITÀ E COMUNICAZIONI DELL’OMCT
FORMAZIONE DEL REPARTO DI MEDICINA INTERNA DELL’OBV - 2011/2012
Sede e orario: Ospedale Beata Vergine; Auditorio -1 dalle 12.30 alle 13.30
Informazioni: Dr B. Balestra, Primario medicina OBV, tel. 091 811 32 27
Martedì 10 gennaio 2012
12.30 - 13.30 Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Martedì 7 febbraio 2012
12.30 - 13.30 Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Martedì 6 marzo 2012
12.30 - 13.30 Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Martedì 3 aprile 2012
12.30 - 13.30 Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Martedì 8 maggio 2012
12.30 - 13.30 Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
Martedì 5 giugno 2012
Discussione di casi clinici
Dr med. B. Balestra e Colleghi
12.30 - 13.30 Formazioni regolari (senza pausa estiva):
• Curriculum in Medicina interna per medici assistenti: ogni martedì (tranne 1° del mese) dalle 13.00 alle 14.00 (auditorio)
• Videoconferenze del Dipartimento di Medicina Interna EOC: ultimo venerdì del mese dalle 12.30 alle 13.30 (Biblioteca)
Simposio ticinese di immunologia clinica 2012
UPDATE IN MEDICINA INTERNA - LUGANO 2012
Mendrisio - Auditorio OBV, mercoledì 28 marzo 2012
Sabato 21 gennaio 2012
ore 8.30-12.30 - Lugano - Palazzo dei Congressi
Programma
Programma
Moderatori:
Dr med. B. Balestra - Dr med. J. P. Lantin
dalle 13.00
Spuntino di benvenuto
13.45
Inizio del corso
13.50 - 14.35 Vaccinazioni e chemioprofilassi nel
paziente immunosoppresso
PD Dr med. P.A. Bart, Losanna
14.35 - 15.05 Caso clinico neurologico
Dr med. C. Gobbi, Lugano
15.05 - 15.15 “Caso Quiz”
Dr med. B. Balestra, Mendrisio
15.15 - 15.30 Pausa caffé
15.30 - 16.15 Gli eosinofili, visti dall’ematologo
PD Dr med. G. Stüssi, Bellinzona
16.15 - 16.45 Caso clinico reumatologico
Dr med. L. Bosia, Locarno
494
8.30 - 9.10
Infezioni da MRSA in comunità e in
ospedale
Prof. Dr. med. Daniel Lew
9.10 - 9.50
Valutazione dello stato di salute nel 2012
(chech-up): novità?
Prof. Dr. med. Arnaud Perrier
9.50 - 10.30
Pausa
10.30 - 11.10 Terapia farmacologica dell’insufficienza
cardiaca
Prof. Dr. med. Francois Mach
11.10 - 11.50 Pro e contra nello screening delle malattie
tumorali
Dr. med. Pierre Chappuis
11.50 -1 2.30 Approccio al paziente con malattia da
reflusso gastro-esofageo
Prof. Dr. med. Jean-Louis Frossard
12.30 - 13.00 Discussione e conclusioni
16.45 - 17.00 Soluzione “Caso Quiz”
Dr med. B. Balestra, Mendrisio
Credits:
17.00
Informazioni: Signora Carla Minetti, tel. 091 811 63 55
[email protected][email protected]
Discussione - Fine corso
TRIBUNA MEDICA TICINESE
76 DICEMBRE 2011
SGIM/SGAM 4 - FPH: 1-1011581-01-2012-P28
stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 495
RASSEGNA DELLA STAMPA
SANITÀ – Nel 2012 ripristinata la copertura per tutti ma...
Occasione storica per i “morosi”
LAMAL
Trasferito al Cantone l’obbligo di coprire l’85% dei premi
scoperti. Previsti nuovi strumenti contro chi farà il furbo.
Sul sito del GdP un video di CaritasInsieme sul tema
Con il 2012 in ambito di assicurazioni malattia ci prospettano cambiamenti importanti. Sulla sorta della recente legislazione federale, dal nuovo anno il Cantone acquisirà la
competenza di sospendere la copertura dell'assicurazione
LAMAL i cosiddetti “morosi”. D'altra parte, lo stesso Cantone assumerà l'obbligo di pagare agli assicuratori l'85%
dei premi non versati dagli stessi morosi. In questo contesto, si procederà anche al ripristino, per tutti gli attuali sospesi, della copertura assicurativa sanitaria: chi finora ne
era stato escluso – pur restando a proprio carico il debito
fino a questo momento contratto – riotterrà la copertura
della LAMAL.
Un'occasione storica
Per Siro Realini, capo ufficio contributi lAS (Istituto Assicurazioni Sociali): “Il messaggio che deve passare è che chi
oggi è escluso dalla copertura della Cassa Malati ha una
chance storica: in effetti, dal 1 gennaio 2012, tutti saranno reintegrati nella copertura”. D'aItra parte, l'invito ai
“morosi” è chiaramente a voler sfruttare l'occasione, pagando in futuro i premi e quindi evitando che il Cantone,
a cui da quella data competerà la decisione, debba risospendere l'assicurato.
Nuovi strumenti legislativi
Alla luce di questi cambiamenti, che rischiano di incidere
per 14-15 milioni sulle casse pubbliche, il Cantone si sta
dotando degli strumenti necessari per diminuire il numero
di morosi, che una volta sospesi, diventano insolventi. Nella fattispecie, il Cantone vuole, con una modifica di legge
in corso di esame da parte della Commissione sanitaria del
Gran Consiglio, creare una rete che coinvolga i Comuni, le
Commissioni tutorie e l'Ufficio Esecuzioni e Fallimenti. Lo
scopo è di riuscire a determinare con precisione se sussista
o meno la capacità, da parte del “moroso” di pagare i premi, il cui costo ricadrebbe sulle casse pubbliche. È fondamentale capire fino a che punto chi non paga la cassa malati abbia o meno i mezzi per far fronte ai propri impegni,
peraltro obbligatori. “In questo i Comuni potranno aiutarci – spiega Realini – a determinare quali siano le cause dell'insolvibilità, distinguendo chi non vuole pagare da chi
non può, come chi riceve una prestazione complementare, permettendo un'estensione delle procedure di riscossione forzata a tutti i casi di cattiva volontà”. E questo
chiaramente a beneficio delle casse pubbliche: già oggi, in
effetti, le attuali procedure esecutive riescono a diminuire
notevolmente i casi di persone dichiarate insolventi (da circa 26mila precetti, concernenti 11mila persone si riesce a
giungere, dopo la messa in vendita dei beni pignorati, a
circa 8mila attestati di carenza beni, concernenti 3'300
persone). II Cantone in questo modo, “potrà redigere una
blacklist di insolventi che verrà diffusa ai Comuni e ai fornitori di prestazioni sanitarie, per accentuare l'efficacia
della pressione sui morosi che fanno i furbi”.
Un discorso da allargare
II discorso sui morosi delle casse malati è pure un'occasione per portare alla luce il problema dell'indebitamento,
che colpisce soprattutto le fasce più fragili della società.
Per Realini, in effetti: “II fenomeno dei morosi è indice della crescente incapacità da parte di molte persone di gestire le proprie finanze, e di saper adeguare le spese alle entrate. È un problema grave, che nei prossimi tempi, la politica dovrà trattare”. Su questo fronte è attiva in prima linea Caritas Ticino, che con le sue strutture aiuta molte
persone afflitte dall'incapacità di gestire i propri debiti a rientrare in un equilibrio sostenibile. Proprio in questo contesto, il tema dei “morosi” delle Casse malati è al centro
dell'odierna edizione di Caritaslnsieme. II video con l'intervista di Dany Noris a Siro Realini sull'argomento disponibile da oggi sul sito del GdP: www.gdp.ch.
Davide Adamoli
(“Giornale del Popolo” 29.10.2011)
Assicuratori malattia e riserve in eccesso
Ristorno dei premi per 114 milioni
Al Ticino, secondo i calcoli fatti, spetterebbero 114 milioni di ristorno dei premi pagati in eccesso dagli assicurati:
4,70 franchi mensili per ognuno. Lo ha precisato il direttore del DSS Paolo Beltraminelli rispondendo a un'interpellanza di Pelin Kandemir Bordoli (PS), dopo l'avvio della
consultazione di Berna per ridurre gli squilibri sulle riserve
accumulate dalle casse. Le eccedenze a consuntivo 2009
sono di 89 milioni, ma col 2010, ha aggiunto Beltraminelli, dovrebbero salire a 207. Ammesso che le Camere diano il via libera, l'avvio della compensazione non avverrebbe prima del 2013. “Ci ridanno delle bricioIe” ha obiettato Bruno Cereghetti (PS).
(“Corriere del Ticino” 08.11.2011)
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
495
stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 496
RASSEGNA DELLA STAMPA
Uno su cinque rinuncia alle terapie
Per l’Ufficio federale la proporzione di chi non si fa curare
per questioni finanziarie non è trascurabile
Berna – Stando a un sondaggio, una persona ammalata su
cinque ha rinunciato in Svizzera, per motivi finanziari, a
una terapia. Per l'Ufficio federale della sanità pubblica
(Ufsp), la proporzione non è trascurabile. La quota è migliore di quella degli Stati Uniti (42%), ma meno buona rispetto a Svezia e Regno Unito. Questi dati emergono da
un'inchiesta internazionale in 11 Paesi dell'Ocse, svolta tra
maggio e giugno, sotto la direzione della fondazione americana di pubblica utilità “The Commonwealth Fund”, che
in Svizzera ha beneficiato della collaborazione dell'Ufsp.
Il sistema sanitario è stato valutato da adulti affetti da malattie gravi o croniche, lesioni o invalidità, oppure che erano appena stati ospedalizzati o si erano sottoposti di recente a un intervento chirurgico. Sono state interrogate
persone a partire dai 18 anni nella Svizzera tedesca, francese e italiana. Secondo i dati dell'Ufsp, nel 2010 il 18%
degli interrogati ha rinunciato a procurarsi medicinali prescritti con ricetta, a recarsi dal medico, a effettuare esami,
a seguire una terapia o a sottoporsi a una visita di controllo. Con tale quota, non certo trascurabile, la Svizzera si
trova a metà classifica dei Paesi partecipanti al sondaggio.
Un altro aspetto trattato nell'indagine sono gli errori sanitari. I medici svizzeri sono tendenzialmente meno restii a
parlarne, rispetto ai colleghi degli altri Paesi. Con una quota che va dal 2% al 5%, la proporzione è di per sé comunque molto elevata, rileva l'Ufsp.
Per quanto concerne l'insorgere di infezioni nosocomiali,
la Svizzera registra un valore (9,8%) che rientra nella media internazionale. Si piazza invece al terzo posto per
quanto riguarda le lacune nelle cure prestate e nelle informazioni fornite dopo gli ultimi ricoveri ospedalieri e gli ultimi interventi operatori: il 48% degli interrogati si lamenta, contro il 29% negli Stati Uniti e il 26% nel Regno Unito. Per colmare queste lacune, l'Ufsp ricorda i vari progetti in corso: promozione delle cure integrate, la creazione
di un istituto nazionale della qualità e l'attuazione di una
strategia della qualità. Inoltre, gli altri progetti di riforma a
medio e lungo termine del Consigilo federale, come la
nuova compensazione dei rischi, il nuovo finanziamento
ospedaliero o la strategia eHealth, dovrebbero sostenere e
completare gli effetti delle suddette misure.
Per il resto, i risuitati dell'inchiesta sono piuttosto soddisfacenti. Il 69,1% degli interpellati ritiene che il sistema
sanitario elvetico sia buono e che occorrano solo piccole
modifiche. Il 51,4% considera relativamente facile l'accesso alle cure mediche nelle ore serali/notturne e durante i
ATS/RED
fine settimana e i giorni festivi.
(“La Regione” 11.11.2011)
496
TRIBUNA MEDICA TICINESE 76 DICEMBRE 2011
Gli svizzeri pagano di tasca propria
un terzo dei costi
Malgrado un alto livello dei premi, gli svizzeri pagano di
tasca propria circa un terzo dei costi sanitari. Si tratta di
una quota molto alta in paragone internazionale. Fra i
Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), solo i messicani e i sudcoreani hanno un tasso più elevato. Stando a uno studio dell'Osservatorio svizzero della salute (Obsan), in Germania la quota è del 13%, in Francia del 7% e nei Paesi Bassi del 6%.
Nel 2009 le spese totali per la sanità nella Confederazione
ammontavano a circa 61 miliardi, di cui quasi 19 a carico
dei privati. Questa somma è costituita dalla partecipazione
ai costi, dalla franchigia, dalle assicurazioni complementari
e dalle prestazioni non coperte da assicurazione.
La parte più consistente da sborsare di tasca propria
(29%) riguarda i costi delle case di cura. Un'altra grossa
fetta (19%) è per le cure dentarie, pagate in gran parte
dei Paesi OCSE dall'assicurazione di base.
Stando a un sondaggio, dal 4 al 15% degli interrogati rinunciano per motivi economici a visite dal dentista, a trattamenti medici e a farmaci.
(“Corriere del Ticino” 27.10.2011)
Reti di cura, altro sì al referendum
Berna – La Federazione svizzera dei medici psichiatri psicoterapeuti (Fmpp) sostiene il referendum contro le reti di
cure integrate (managed care). Lo ha comunicato ieri la
stessa Fmpp, secondo cui il progetto approvato dal parlamento in settembre esige un ampio scambio di dati tra diversi medici e terapeuti di una rete per cui non può garantire la protezione della sfera privata. Già numerose organizzazioni di medici hanno annunciato di sostenere il referendum.
(“La Regione” 08.11.2011)
stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 497
RASSEGNA DELLA STAMPA
I bambela dell’Assicurazione invalidità hanno perso la trebisonda
AI: ve lo diamo noi il medico
frontaliere
Ennesima aberrazione per la quale possiamo ringraziare i
deleteri Accordi bilaterali
Per la serie non c'è limite al peggio, ecco che l'Assicurazione contro l'invalidità (AI) non trova di meglio che collaborare con un medico FRONTALIERE.
Eh sì: i Ticinesi che fanno richiesta di una rendita AI, almeno in seguito a determinate patologie, vengono visitati (si fa per dire, perché i diretti interessati parlano di pseudo visite) da un medico in arrivo da Oltreconfine! Il dottore in questione, infatti, abita a Varese, è iscritto al'albo dei
medici italiani e figura nell'elenco dei medici dell'ospedale del circolo di Varese!
In Ticino, invece, è iscritto all'albo dei medici FMH; risulta
impiegato presso la clinica Humaine di Sementina, che però è stata chiusa nel 2009. Il numero di telefono indicato
non corrisponde più a nessuno, mentre il fax è quello di
un'altra struttura sanitaria.
È anche interessante osservare che fino a due anni fa il
medico frontaliere in questione non figurava iscritto all'ordine dei medici del Canton Ticino e nemmeno tra gli specialisti FMH. Ora, ottenere il titolo FMH in Svizzera è particolarmente ostico, e non vorremmo scoprire che, magari sempre a seguito dei deleteri accordi bilaterali, il medico
frontaliere che lavora per l'AI sia anche meno qualificato
dei colleghi svizzeri, ma sia stato lo stesso parificato!!
Ricapitolando: ci sono cittadini TICINESI, che fanno richiesta
di AI in Svizzera, che vengono visitati da un medico FRONTALIERE DI VARESE, che ha studiato in ITALIA, magari pure
meno qualificato dei colleghi elvetici! Ed è il medico FRONTALIERE DI VARESE a decidere se il cittadino Ticinese di cui
sopra ha o no diritto ad una rendita d'invalidità!!
Uella, qui qualcuno non ha capito bene da che parte sorge il sole!! Ai medici di VARESE fate visitare i pazienti di Varese, ma col cavolo che il dottore FRONTALIERE si mette a
decidere sulle rendite d'invalidità svizzere di cittadini svizzeri!! Chiaro il messaggio? I signori del servizio medico regionale dell'AI facciano il piacere di rimandare il medico
FRONTALIERE a praticare nel Bel Paese, e di sostituirlo, ma
“püssée scvelt che in pressa”, con un medico TICINESE!!
È chiaro il messaggio, besughi, o ci vuole un disegno?
E non veniteci per favore a raccontare la fregnaccia che in
Ticino non si trovano medici!! Se il medico FRONTALIERE
lavora per l'AI ci sono solo due spiegazioni possibili: o è
per pagarlo meno, o è una questione di “manica”!! MDD
(“Il Mattino della domenica” 30.10.2011)
Ospedali, due nuovi direttori
Nosocomi, nuovi direttori. Il Consiglio di amministrazione
dell'Eoc ha nominato ieri Luca Jelmoni direttore dell'Ospedale Regionale di Lugano e Sandro Foiada direttore dell'Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli. Inizieranno l'attività nel corso dei primi mesi del 2012, comunica l'Ente
ospedaliero cantonale. Jelmoni sostituirà Gianluigi Rossi,
che lascerà la carica per il pensionamento. Foiada subentrerà invece a Michele Morisoli, che ha optato per nuove
sfide professionali.
(“La Regione” 22.10.2011)
Ospedali, due nuovi direttori
Stando al foglio informativo online deI PS, il Partito socialista “prende atto con piacere che sono già state raccolte
100'000 firme in pochi mesi a favore di una cassa malati
unica e pubblica nazionale”. La comunicazione del raggiungimento della soglia minima di firme previste per la
presentazione di un’iniziativa popoIare, la raccolta continua comunque in tutta la Svizzera, arriva dal comitato
promotore. Diverse migliaia di firme sono state raccolte
anche in Ticino dal Ps cantonale a dimostrazione di “come la popolazione ticinese ritenga che ci voglia una cassa
malati unica a livello nazionale, per mettere fine alla pseudoconcorrenza tra 80 casse più interessate ai loro profitti
che alle esigenze degli assicurati”.
(“La Regione” 21.10.2011)
Attenti all’agguato delle
“complementari”
Sono sempre più care le coperture fuori dall’assicurazione
malattia di base
Attenti all’agguato delle complementari. La trappola dei
rincari si nasconde lì. Se tutto sommato il premio di base
della cassa malati s'è mantenuto stabile per il 2012, l’insidia s'annida nelle coperture extra, come ad esempio la camera privata. Per questo per molti pazienti la polizza 2012
sarà decisamente più pesante. Anche del 10 per cento rispetto all'anno in corso.
Ma come, viene da chiedersi, se sino a qualche mese fa le
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
497
stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 498
RASSEGNA DELLA STAMPA
casse malati avevano fatto intravvedere il miraggio di una
corposa diminuzione del premio, promessa ribadita anche
da numerosi politici già seduti sul trampolino di lancio delle elezioni federali. “Le complementari sono un grosso
problema per le tasche dell'assicurato – spiega Bruno Cereghetti, esperto di politica sanitaria –. Il premio di queste
coperture aggiuntive non è controllato perché ricade sotto il diritto privato. E il loro costo aumenta con l'età dell'assicurato”.
Se per l'assicurazione di base l'anno prossimo tutto sommato pagheremo come nel 2011 – pochi comunque coloro che hanno davvero beneficiato di un ribasso – è nelle
complementani che si nasconde il vero business delle casse malati. “Anche cambiare assicurazione serve a ben poco” sottolinea Cereghetti. Inoltre, quei cittadini tenaci che
ci provano devono sottostare a un terzo grado da parte
della cassa malati di turno. E se appena sono attorno agli
“anta” o hanno la sfortuna di avere qualche acciacco da
curare difficilmente troveranno un'altra assicurazione
pronta a sottoscrivere una copertura extra. Ma tentare
non nuoce, visto che in molti hanno visto lievitare pure il
premio di base 2012 di parecchie decine di franchi. Tanto
da chiedersi cosa ne è stato dei ribassi sventolati gli scorsi
mesi. “Si riferivano a una media” dice Olivio Lama, segretario generale Santésuisse Ticino.
Ecco svelato l'arcano. Nella bailamme di cifre e percentuali
propinate questa estate si nascondeva l'inghippo. Bastava
sommare i dati forniti da tutte le casse malati, shakerare,
dividere e la fortuna di non incappare in qualche aumento avrebbe fatto il resto.
“La fortuna non c'entra, cambiate cassa! – consiglia Matteo Cheda, responsabile della rivista per i consumatori
“Scelgo io” –. Ogni anno, sul sito della Confederazione,
“priminfo.ch” , c'è la panoramica dei premi di base di tutte le casse, dalla più conveniente alla più costosa. Online,
senza consulenti di mezzo, il risparmio è assicurato. Ed
evitate le coperture complementari”. Consiglio sottoscritto da Margrit Kessler, presidente dell'Organizzazione Svizzera dei pazienti: “È la soluzione migliore di fronte agli aumenti”.
Ma stando alle previsioni del portale di comparazione
“bonus.ch” saranno pochi gli assicurati (5-8%) a cambiare cassa. Mentre negli ultimi due anni il tasso era di oltre
il 10%.
Intanto, il gruppo di delusi per le promesse mancate di
casse malati e politici s'infoltisce. Soprattutto in Ticino,
dove con la diminuzione delle spese sanitarie e l'aumento
delle riserve delle casse facevano ben sperare. “Ogni polizza è a sè stante – replica Lama –, non si può fare un dipatrizia guenzi
scorso generale”.
(“Il Caffé” 13.11.2011)
498
TRIBUNA MEDICA TICINESE 76 DICEMBRE 2011
Continue riduzioni di prestazioni che pesano sulle tasche
dei pazienti
Tra tagli e terapie costose non pagate
in futuro solo i ricchi potranno curarsi
Un piccolo ripensamento sul rimborso per il trattamento
di malattie rare e molto costose – se ne sta discutendo in
questi giorni a livello nazionale – che non muta però la
tendenza al “risparmio” delle casse malati. Se medici, assicurazioni, rappresentanti del settore farmaceutico e cantoni si son presi la briga di valutare piste alternative all'esosità di certe cure, ciò non vuol dire che i cordoni della
borsa di Santésuisse s'allargheranno. E c'è da prevedere
una sanità a due velocità in cui solo i ricchi si potranno curare. Negli ultimi mesi, infatti, numerosi tagli alle coperture – dagli occhiali ai pannoloni per gli anziani, dalle stampelle alle strisce per la misurazione della glicemia – hanno
colpito le tasche degli assicurati. Costretti, loro malgrado,
a pagare prestazioni un tempo coperte dall'assicurazione
di base. Per i pazienti farsi curare diventa vieppiù dispendioso, tant'è che l'Ufficio federale della sanità ha segnalato qualche giorno fa i risultati di un sondaggio secondo
cui in Svizzera una persona ammalata su cinque ha rinunciato ad una terapia per motivi finanziari.
L'elenco delle prestazioni non più pagate dalle casse malati è lungo e, magari, ci si è già dimenticati della tassa di
15 franchi per ogni giorno d'ospedale per i pasti, entrata
in vigore lo scorso gennaio. Misura decisa da Didier Burkhalter, ministro della sanità, con un risparmio annuale, per
le casse malati, ovviamente, di 115 milioni di franchi. A cui
vanno ad aggiungersi altri 10 milioni non più versati per
occhiali e lenti a contatto, mentre prima venivano versati
180 franchi ogni 5 anni. Per non parlare poi di esami e farmaci antitumorali moderni che le casse rifiutano sempre
più spesso di pagare, adducendo ragioni di risparmio. Un
recente studio del Registro dei tumori ginevrino ha dimostrato, occupandosi del carcinoma della prostata, che la
sopravvivenza media dei pazienti appartenenti alla fascia
sociale più benestante è maggiore rispetto a quella dei pap.g.
zienti meno abbienti.
(“Il Caffé” 13.11.2011)
stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 499
RASSEGNA DELLA STAMPA
CASSE MALATI – Gestione d’accordo con il Governo
Un coefficiente più basso per la
riduzione dei premi
Il 1. gennaio 2012 entrerà in vigore il nuovo sistema per il
calcolo della riduzione dei premi di cassa malati; da quello basato sul reddito disponiblle fiscale si passerà a quello
basato sul suo reddito disponibile semplificato. II nuovo
modello di riduzione dei premi a carico degli assicurati
prevede anche l'adozione del coefficiente cantonale per
finanziare tale riduzione. Quando, nel giugno 2010, il
Gran Consiglio aveva deciso il cambiamento di sistema,
aveva fissato tale coefficiente al 78,5%. Ora però il Goveno propone di scendere al 73,5%, tenuto conto della riduzione media dello 0,9% dei premi dell'assicurazione
malattia per il 2012. D'altra parte la previsione di spesa effettiva 2012 con il coefficiente al 78,5% sarebbe di 169,5
milioni, mentre col sistema in vigore fino alla fine di quest'anno risulterebbe di “appena” 155,3 milioni. Per rispettare il criterio della neutralità dei costi nel passaggio
dall'attuale al nuovo sistema, bisognerebbe perciò ridurre
il coefficiente di almeno 7 punti percentuali. La Commissione della gestione, attraverso il rapporto di Christian Vitta (PLR) sottoscritto ieri, concorda tuttavia col Governo per
una diminuzione prudenziale di soli 5 punti, abbassando
quindi il coefficiente al 73,5%. Nel contempo si chiede se
la fissazione del coefficiente non possa essere demandata
al Governo oppure lasciata al Parlamento, ma nell'ambito
del Preventivo. E soprattutto la Commissione rileva che il
sistema per rendere più equo e sopportabile i premi “sembra avvolgersi su se stesso”.
(“Giornale del Popolo” 16.11.2011)
KOF
I costi sanitari aumenteranno meno
Il raffreddamento congiunturale e le misure di risparmio
rallentano la crescita dei costi della sanità. Il centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo (KOF) ha deciso di correggere verso il basso le sue previsioni: quest'anno la crescita dovrebbe raggiungere il 3,2% al posto
del 3,4% annunciato. Per il 2012 è invece previsto un incremento del 3%.
Le correzioni verso il basso sono principalmente legate all'aumento dei costi salariali che nel 2012 dovrebbe raggiungere lo 0,7%, invece dell'1% preventivato la scorsa
primavera.
Con più di mezzo milione di impiegati nel settore della sanità, quello dei salari è un fattore che ha una grande incidenza sulla spesa complessiva.
Ancora poco chiare sono le conseguenze del nuovo sistema di finanziamento degli ospedali che entrerà in vigore il
1. gennaio del prossimo anno. Il KOF prevede tuttavia che
dal punto di vista dei costi la riforma dovrebbe risultare nel
complesso neutrale.
Il nuovo sistema dovrebbe alleviare di 1,6 miliardi gli oneri a carico delle assicurazioni private. Per i Cantoni la spesa dovrebbe invece aumentare di 1,45 miliardi e per l'assicurazione di base di 145 milioni.
Per il 2013 il KOF prevede un ulteriore aumento del 3,5%
dei costi della sanità, con una spesa complessiva di quasi
69 miliardi. La quota parte delle spese per la sanità pubblica in rapporto al Prodotto interno lordo (PIL) salirebbe
così dall'attuale 11,4% all'11,6%.
(“Corriere del Ticino” 16.11.2011)
ENTE OSPEDALIERO
Conti 2010, la salute non manca
Via libera dal Governo al rapporto 2010 sulla gestione dell'Ente ospedaliero cantonale (EOC), che chiude positivamente con un risultato globale complessivo di 21,7 milioni di franchi: 2,5 milioni per la gestione finanziata con il
contributo globale versato dallo Stato (nel 2010 pari a
169,8 milioni, in crescita del 2,4% rispetto al 2009) e 19,2
milioni per la gestione di pertinenza dell'Ente. Il messaggio licenziato ieri, si legge in una nota, è il penultimo allestito nell'ambito del regime di finanziamento precedente
la modifica della LAMaI che entrerà in vigore dal 2012. I
risultati positivi ottenuti nel 2010 “sono da ascrivere, oltre
che a un'oculata gestione e a maggiori introiti, alla rinuncia, d'intesa con il Consiglio di Stato, a registrare a consuntivo ammortamenti a carico della gestione di pertinenza EOC”. Una decisione che sarà ripetuta anche nel 2011.
Per le degenze, il 2010 ha registrato una lieve diminuzione, soprattutto sul fronte delle riabilitazioni: nei sette istituti dell'EOC i degenti curati sono stati 39.627 contro i
39.801 del 2009. Le giornate di cura corrispondenti sono
state 329.400 (0,2%), il tasso di occupazione dei posti letto si è attestato all'88,9% mentre le visite di pronto soccorso sono state 142.729 (-1,5%). Proposta anche l'approvazione della partecipazione 2010 ai costi delle degenze in camera privata e semiprivata, per un totale di 27 milioni.
(“Corriere del Ticino” 10.11.2011)
76 DICEMBRE 2011
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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stampa:stampa 13.12.11 15:39 Pagina 500
RASSEGNA DELLA STAMPA
Casse malati:
ammalatevi prima del 31.12.2011!!!
Attenti alle franchigie e richieste di sussidi
In questi giorni stanno arrivando i contratti per i premi casse malati per il 2012.
Dopo tanto aver parlato di riduzione dei premi alla fine non
sono molti quanti effettivamente ne hanno beneficiato.
È comunque l'occasione per verificare se c'è ancora copertura medica (chi è insolvente o in procinto di diventarlo trovi un accordo per il pagamento degli arretrati) e se
non è il caso di abbassare la franchigia per chi ce l'ha elevata (fino a CHF 2500.–).
Di solito con l'inizio dell'anno si ricomincia da zero, chi
non ha avuto bisogno di cure mediche continua con i pagamenti, (nessun beneficio però, che ci potrebbe anche
stare visto che non ha causato costi) e chi ha avuto problemi di salute inizia ancora con le franchigie (pagamento
da parte sua prima dell'intervento a copertura dei costi da
parte della cassa malati).
Una verifica da fare è quella relativa alla copertura ospedaliera, (almeno fissarla per tutta la Svizzera) giusto per
evitare sorprese.
Chi è malato ed in procinto di essere sottoposto a cure o
analisi specialistiche si affretti, e non rimandi, appunto per
non dover sopportare i costi dovuti alla franchigia con inizio del nuovo anno.
Quindi senza timore parlate con il vostro medico e senza
rinviare fate gli esami medici o di laboratorio entro quest'anno.
Partecipazioni alle spese mediche
Generalmente chi è assoggettato ad una prestazione
complementare all'AI-AVS oppure chi beneficia di prestazioni assistenziali può farsi rimborsare dalla cassa competente le partecipazioni ai costi (a questo proposito può farsi inviare la distinta costi sostenuti dalla sua cassa malati).
Lo stesso documento può essere utilizzato anche per la dichiarazione delle imposte. Chi è in assistenza o percepisce
prestazioni complementari può anche previo preventivo
chiedere le coperture spese dentarie.
Sussidi cassa matati
Chi non ha ancora richiesto il modulo per il sussidio cassa
malati 2012 può richiederlo allo lAS ufficio sussidi casse
malati.
Una domanda fatta oltre il 31.12.2011 potrà essere rifiutata. Chi per motivi dovuti a disoccupazione o altri guai finanziari ha avuto una sensibile diminuzione delle entrate
finanziarie può chiedere un sussidio documentando la
nuova situazione.
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TRIBUNA MEDICA TICINESE 76 DICEMBRE 2011
Cambio assicuratore cassa matati
Chi volesse cambiare assicuratore di cassa malati deve inviare la disdetta entro dicembre indicando il nuovo assicuratore.
Attenzione a chi ha una situazione di pagamenti arretrati,
non può cambiare cassa malati fin tanto che non ha pareggiato la situazione pagamenti.
Bisogna inoltre stare attenti alle assicurazioni complementari, assicurarsi che le stesse siano disdette e che il nuovo
assicuratore accetti anche le complementari.
In ogni caso per evitare rischi le assicurazioni complementari possono essere lasciate con il precedente assicuratore.
Edera Franco
(“Il Mattino della domenica” 20.11.2011)
Lascia la direzione
Cure integrate, Ignazio Cassis
critico con la FMH
Il consigliere nazionale ticinese Ignazio Cassis (PLR) ha deciso di lasciare Ia direzione della Federazione dei medici
svizzeri (FMH) in seguito alla decisione di questa organizzazione di aiutare finanziariamente il referendum contro il
progetto di promozione delle reti di cura integrate, approvato in settembre dal parlamento.
Cassis ha motivato la decisione con il rifiuto del cosiddetto “managed care” da parte della base della FMH.
“Dopo che la maggioranza dei membri della FMH si è
espressa a favore di un referendum contro il managed care, io, come sostenitore delle cure integrate, non posso
rappresentare gli interessi dei membri e contemporaneamente difendere il progetto parlamentare”, ha dichiarato
il medico ticinese all'ATS. La cosiddetta “gestione integrata delle cure” non fa l'unanimità tra i professionisti della
sanità. Da una parte ci sono i medici di famiglia, favorevoli
a livello svizzero ma contrari a livello ticinese, daIl'altra i
medici specialisti, contrari. Secondo Cassis, i dottori ticinesi sono contrari “perché non conoscono questo modello di organizzazione delle cure, mentre in Svizzera tedesca
c'è già un milione di assicurati in reti di cure integrate. Lì
un medico di famiglia su due lavora già in queste reti.
Quindi loro non hanno paura perché sanno già come funzionano e ne sono contenti. II presidente della FMH, Jacques de Haller, ha lodato Cassis come “un membro del comitato centrale che ha ampiamente segnato la politica
E.G.
della professione medica”.
(“Corriere del Ticino” 28.11.2011)