Serena Cavuoto - Liceo Galilei Ancona
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Serena Cavuoto - Liceo Galilei Ancona
LAVORO PREMIATO PER IL CONCORSO “SCRITTURA D‟AUTORE ANNO SCOLASTICO 2010- 2011 Recensione del libro “Parole e Immagini” di Aldo Grasso e Massimo Scaglioni “Parole e Immagini” è un libro scritto da Aldo Grasso e Massimo Scaglioni con lo scopo di informare dettagliatamente il lettore riguardo alle basi della comunicazione approfondendo le nozioni comuni a tutti, come i concetti di mittente, messaggio, mezzo o destinatario e quelli più complessi, in modo anche fin troppo didattico. La seconda sezione spiega dettagliatamente la storia e l‟evoluzioni di stampa, telefono, radio e televisione scegliendo eventi e informazioni molto interessanti e significative; inoltre non tralascia il contemporaneo mondo del web in continua evoluzione, soffermandosi in troppe spiegazione tecniche non utili allo scopo della lettura. Il libro chiude con un approfondimento più psicologico e una riflessione sulla morale e gli effetti dei media, questa è la parte che più mi ha interessato e avrei voluto fosse più argomentata. Lo stile è distaccato e usa un lessico specifico, a volte troppo marcato. Nel complesso, il voto che darei a questo libro è 8. “Se c‟è una cosa di cui un pesce è inconsapevole è l‟acqua nella quale nuota” disse Marshall Mc Luhan, uno dei più grandi studiosi di media e comunicazione del „900. Allo stesso modo l‟uomo moderno nasce e cresce sommerso da stimoli visivi, uditivi e audiovisivi, poi sta a lui il compito di decodificarli e farli propri. Per esempio la comunicazione più insidiosa è la pubblicità, poiché, secondo Ugo Volli, professore di “Semiotica del testo" e "Filosofia della comunicazione" all‟università di Torino, nasce con la funzione emotiva e fatica in modo da innescare un circuito seduttivo, di cui spesso i bambini sono le prime vittime. Il libro “Parole e Immagini” di Aldo Grasso, professore di Storia della radio e della televisione e Massimo Scaglioni, dottore di ricerca in Storie e forme della rappresentazione e del consumo mediale, affronta un dettagliato percorso sulla comunicazione. Tra quella “faccia a faccia”, quella mediata e quella di massa, quest‟ultima è la più problematica poiché limita gli indizi simbolici, non è dialogica e nasce per essere consumata da un pubblico in modo unidirezionale; questa fa inoltre uso di un linguaggio comune, che arriva persino a abbassare il livello culturale, nel momento in cui lo scopo diventa attirare più audience per ricavarne profitti. A tal proposito è interessante segnalare quanto evidenziato nel saggio “La manomissione delle parole”dal magistrato Gianrico Carofiglio. Egli ha analizzato come Berlusconi usi poche parole nel suo lessico. In questo modo, cioè cercando una semplicità a volte estrema per essere capito nei suoi messaggi, egli guadagna il consenso della popolazione media. Già nell‟utilizzo della stampa, dopo la sua fase sperimentale possiamo individuare un processo di commercializzazione di questo mezzo di informazione. Emblematico il film di Orson Welles del 1941, “Quarto Potere”; con la figura di Charles Foster Kane incapace di amare e sempre più preso dalla smania di soldi, consenso e potere, voleva ispirarsi alla figura reale di Hearst. Il giornalista, vedendo svelata una realtà scomoda, boicottò la pellicola, confermando ancor più ciò che lì veniva mostrato. Più recentemente padroni potenti come Rupert Murdach, Robert Maxwell e Conrad Black hanno utilizzato i quotidiani per promuovere i propri interessi economici e le proprie idee. Nel 2007 il documentario statunitense, “Zeidgeist”, testimonia come le banche si siano servite dei media per persuadere il paese a condurre la campagna militare in Vietnam, in modo che lo stato dovesse chiedere loro grossi prestiti. Anche la radio si rivelò un buon mezzo di propaganda nelle mani dei potenti, sebbene durante la seconda guerra mondiale, grazie alle frequenze segrete, divenisse anche un mezzo di contropotere. Molti italiani, francesi, inglesi e polacchi si sintonizzavano su Radio Mosca per apprendere gli avvenimenti sul fronte, con la speranza che la guerra potesse finire. Al termine del conflitto, assistiamo alla nascita delle radio libere, che per la loro voglia di raccontare senza censure diverranno specchio dei cambiamenti sociali e culturali della metà del ‟900. Ne è un esempio il film londinese di Richard Curtis del 2009, “I love radio rock”. È ambientato negli anni sessanta in cui le radio inglesi trasmettevano solo musica leggera, deludendo le aspettative di molti giovani. Questi, di rimando, diedero vita al fenomeno delle radio pirata, trasmettendo illegalmente musica pop e rock; una di questa è Radio Caroline, a cui si è ispirato il film. Contemporaneamente in Italia, il programma radiofonico “Bandiera Gialla” diede più d‟ogni altro una testimonianza fresca e spontanea dell‟esplosione del rock, dei Beatles e dei Rolling Stones. Se la radio allena la fantasia e richiede più attenzione, la televisione offre un‟attività rilassante e disimpegnata. Ai suoi albori, nel 1991, il comico statunitense Garrison Keillor, nostalgicamente a favore della radio, dirà “Stanno inventando qualcosa che avrà lo stesso effetto del whisky ma non ti lascerà con il mal di testa e non ti disturberà lo stomaco, potrà essere usato anche dai mocciosi. E guadagnerà fantastiliardi.” L‟immagine è riprodotta all‟istante e mostra un universo verosimile, la televisione stupisce per l‟immediatezza dei personaggi e nello schermo si alternano realtà e sogno. Nel 1976 Sidney Lumet gira il film “Quinto potere” in cui il commentatore televisivo Howard Beale , licenziato con preavviso di due settimane perché l‟indice di gradimento della sua trasmissione era sceso troppo, declama in diretta tv “Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere!”. Non c‟è smentita a queste parole, tanto che nel 1977 la neotelevisione Telemilano manda in onda programmi finalizzati a trattenere indefinitivamente lo spettatore nell‟attività di visione. È interessante scoprire grazie alla lettura del saggio di Grasso e Scaglioni, quanto vecchi siano i meccanismi della televisione che, come una vecchia signora dal trucco pesante, copre le sue rughe con i suoi ritmi irrazionali e strillanti per apparire sempre nuova. Non hanno mai lasciato lo schermo personaggi come Mike Bongiorno, Maurizio Costanzo, Gerry Scotti e si ripetono ancora oggi programmi a quiz in fascia serale e varietà con le vallette, la trasmissione “Uomini e donne” odierna non è altro che il “M‟ama o non m‟ama” del 1983 e in altri retroscena troviamo ancora Antonio Ricci. I reality show si propongono ancora l‟idea di raccontare al telespettatore “la realtà con la realtà”, citando Pasolini. Ma se considerassimo il racconto“Uno, nessuno, centomila” di Pirandello scopriremmo che così come davanti agli occhi degli altri fingiamo, è inevitabile che davanti ad una videocamera mentiremo. In questo tipo di programma, infatti, non mancano esuberanti atteggiamenti di esibizionismo da parte dei partecipanti. Gli stessi che incontriamo nei video che, una volta messi in rete attraverso You Tube, acquistano ampia visibilità. L‟ultimo reality della Mediaset “Human take control”, in cui ex protagonisti di reality si sottoponevano ad ogni richiesta del pubblico a casa, in un laboratorio appositamente adibito, è stato sospeso dopo poche messe in onda; non perché la figura umana fosse stata denigrata a cavia di laboratorio, ma bensì perché non ha raccolto l‟ascolto che si erano prefissati. Riguardo a questo frangente non è da escludere che, a causa della ricerca ossessiva di share, si possa arrivare a ideare un programma simile a quello del film “Live!-Ascolti record al primo colpo”, nel quale si offrono 5 milioni di dollari ai partecipanti che sopravvivranno ad una roulette russa fatta in diretta, sapendo che uno di loro morirà sicuramente. E‟ evidente che la soglia di scandalo dell‟audience si sta abbassando sempre più e la televisione è pronta a varcare ogni limite per ritrovare consenso. Gli effetti positivi della televisione sono sicuramente l‟unificazione linguistica e culturale italiana e di conseguenza il senso di appartenenza ad una comunità. Nello stesso tempo, però, la pubblicità che attraverso lo schermo entra in casa di ognuno, ha portato al consumismo di massa. Infatti attraverso la manipolazione dell‟audiovisivo, per volere della classe dominante, l‟opinione pubblica può essere soggetta a controllo politico economico e sociale, poiché l‟individuo è propenso a conformarsi alle idee dominanti che circolano nella società, essendo questo un processo di integrazione sociale. Con il passare del tempo, l‟uso abitudinario della televisione ha portato ad un annichilimento dell‟uomo moderno che preferisce il divertimento passivo alla cultura, ma nel contempo comprende questo e lo accetta perché gli è stata tolta la volontà di spegnere la televisione. Le dettagliate e chiare informazioni e considerazioni di Grasso e Scaglioni, portano il lettore a sostenere con forza la tesi secondo cui la società è incapace di fruire della cultura fine a se stessa perché i privati hanno scelto la via più semplice e redditizia dell‟intrattenimento; ma questo meccanismo si sta pian piano sgretolando con l‟assuefazione del pubblico a questo tipo di programmi, che pur cercando disperatamente di rinnovarsi , rimangono di per sé banali. Il lettore non può che concordare con le parole che riassumono la concezione della tv di Antonello Falqui, regista di programmi televisivi degli anni ‟60: “Odio tutto ciò che è casuale, fortuitamente lasciato agli eventi, fuori dall‟orbita del pensiero. Accanto all‟esigenza di accontentare il pubblico nei suoi desideri, ci deve essere anche una volontà di stimolo al buon gusto, a un minimo di senso critico”. E sicuramente la lettura di questo saggio potrà aiutare a farlo. Serena Cavuoto