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Xxxx Xxx La zootecnia fa un uso massiccio di antibiotici, con ripercussioni significative sulla salute e sull’ambiente Antibiotici in zootecnia: abuso e farmacoresistenza di Carmen C. Piras Quando si usano antibiotici per il trattamento dei malattie infettive, la maggior parte dei batteri viene uccisa, ma una piccola percentuale di microrganismi può sopravvivere essendo divenuta resistente all’antibiotico utilizzato. Si tratta di un fenomeno in crescente espansione, a seguito del quale farmaci considerati in passato di prima scelta per il trattamento di specifiche infezioni attualmente non sono più efficaci e la farmacoresistenza è diventato un problema di estrema importanza nella tutela della salute pubblica. Nonostante la principale causa sia l’utilizzo umano (o meglio l’abuso), la metà circa degli antibiotici oggi prodotti è destinata alla zootecnia, con importanti implicazioni di tipo sanitario e ambientale. 42 n.28 | Dicembre 2012 Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza Un po’ di storia Usi zootecnici L’impiego di antibiotici in agricoltura è cominciato a partire dagli anni Quaranta in via del tutto sperimentale. Infatti, studi condotti in Gran Bretagna e Stati Uniti mostrarono che basse dosi di penicillina e tetraciclina fossero in grado di facilitare la crescita di suini e polli e che, in generale, la somministrazione di questi farmaci agli animali permettesse di renderli più produttivi. Proprio per questo motivo, a partire dagli anni Cinquanta, fu consentito in Gran Bretagna l’utilizzo di questi farmaci come promotori di crescita. Da allora, grazie alla possibilità di controllare la diffusione di infezioni negli allevamenti e di stimolare la crescita e la produttività, l’utilizzo degli antibiotici in zootecnia si espanse rapidamente, raggiungendo quantitativi elevatissimi. Nel 1995, oltre il 90% dei siti degli In zootecnia gli antimicrobici trovano diverse applicazioni. Il principale impiego è rappresentato dal trattamento terapeutico di patologie o infezioni, che richiede dosi alte di farmaci per periodi di tempo relativamente brevi. Gli antibatterici, però, possono anche essere utilizzati a scopo preventivo per evitare la diffusione di malattie tra gli animali; in questo caso vengono somministrati a basse dosi e per periodi di tempo prolungati. Infine, possono essere utilizzati come promotori di crescita e, in quest’ultimo caso, la somministrazione avviene a dosi bassissime e per periodi di tempo molto lunghi, che spesso durano per gran parte della vita dell’animale. L’impiego di tali farmaci in zootecnia presenta, di conseguenza, numerosi vantaggi per i produttori. Infatti, permette il mantenimento degli animali in buona salute, grazie alla prevenzione della diffusione delle infezioni. In secondo luogo, garantisce qualità ed efficienza nella crescita degli animali e nella produzione, costi contenuti grazie alla riduzione delle spese sostenute per curare comuni malattie di natura batterica e la possibilità di offrire ai consumatori prodotti ad un prezzo vantaggioso e competitivo. Tuttavia, l’utilizzo non terapeutico di questi farmaci, spesso attuato con dosi inferiori rispetto a quelle che sarebbero necessarie in terapia, è correlato alla diffusione di ceppi batterici resistenti, non soltanto tra gli animali, ma anche tra gli umani, che possono venire direttamente in contatto con queste specie microbiche attraverso capi infetti (una categoria a rischio è quella degli allevatori stessi), l’ambiente (acqua, suolo contaminati dalle deiezioni degli animali) o l’assunzione di cibo contaminato. Diversi studi hanno dimostrato che gli allevamenti intensivi potrebbero essere la causa dominante della proliferazione di ceppi batterici resistenti alla terapia antibiotica. Infatti, le condizioni in cui vengono tenuti gli animali in questo tipo di allevamenti, durante tutto il corso della loro vita, conducono ad uno stato di salute precario e facilitano la diffusione di malattie e infezioni, che richiedono un tale trattamento terapeutico. Negli allevamenti intensivi di polli e suini, ad esempio, gli animali vengono cresciuti in condizioni di sovraffollamento, di solito senza possibilità di muoversi liberamente allo scopo di ottenere il maggior rendimento possibile, per farli crescere rapidamente o produrre più carne, latte o uova. Chiaramente in queste condizioni, la loro salute e il sistema immunitario sono Contaminazione da antibiotici. Stati Uniti destinati alla produzione di pol[Immagine: Ministero della Sa- lame aveva impiegato mangimi contenenti lute] antibatterici. Nel 1999 il 70% degli alimen- ti della dieta dei suini da allevamento conteneva antibiotici. Nel 2001, The Union of Concerned Scientists ha stimato che circa il 70% della quantità totale di farmaci antibatterici degli Usa fosse destinata al trattamento non terapeutico del bestiame, un utilizzo circa otto volte superiore rispetto a quello osservato nella medicina umana. 43 n.28 | Dicembre 2012 Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza Gli allevamenti intensivi Gli allevamenti intensivi sono nati negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale allo scopo di garantire cibo alla popolazione nel periodo postbellico. Così, i produttori avevano la possibilità di allevare gli animali a costi contenuti e di vendere carne e derivati a prezzi bassi, in tempi brevi e in grosse quantità. Tutto questo a spese delle povere bestie, che negli allevamenti di questo tipo vivevano, e vivono ancor’oggi, in condizioni di sovraffollamento (basti pensare alle galline ovaiole che dentro alle loro gabbie non possono neanche aprire le ali), respirano le esalazioni dei loro stessi escrementi, contenenti elevati residui di ammoniaca nel caso delle galline e metano nel caso dei bovini, possono compiere soltanto movimenti limitatissimi, con conseguente indebolimento di ossa e muscoli, e sono esposti per periodi di tempo prolungati durante tutto l’arco della giornata alla luce artificiale. Questi animali, sottoposti a delle condizioni di vita completamente diverse da quelle che avrebbero in natura, sono fortemente predisposti all’insorgenza di patologie, spesso di origine batterica. L’utilizzo di antibiotici negli allevamenti, quindi è divenuto necessario per evitare la trasmissione di malattie e l’insorgenza di infezioni, che in condizioni naturali avrebbero un’incidenza molto più bassa. Il rapporto “Rischio sanitario degli allevamenti intensivi - Resistenza agli antibiotici e nuove malattie”, realizzato dalla LAV (Lega AntiVivisezione) nel 2010, ha messo in evidenza le condizioni degli animali in questo tipo di allevamenti. Dal rapporto è emerso che ogni gallina ovaiola vive in uno spazio medio di 550 cm2, dove gli è impossibile compiere qualunque tipo di movimento, con conseguente fragilità delle ossa, che possono facilmente rompersi. I polli da carne, invece, devono sopravvivere in uno spazio addirittura inferiore. Basti pensare che ogni metro quadrato è occupato da circa venti polli, che durante i mesi estivi rischiano di perdere la vita a causa del surriscaldamento e dello stress provocato dal caldo. I vitelli, dopo essere stati prematuramente allontanati dalle mamme per essere trasferiti in stalle dove possono compiere solo movimenti molto limitati, vengono alimentati con una dieta povera di ferro, per far sì che la carne resti bianca e tenera. Le condizioni igieniche sono molto precarie e, spesso, si ammalano a causa dell’ammoniaca che esala dagli escrementi accumulati sui pavimenti. Le bovine lattifere vengono costrette a produrre quantità sproporzionate di latte rispetto a quelle che produrrebbero in condizioni normali (fino a 40 litri di latte al giorno) e questo porta spesso alla comparsa di mastiti, che richiedono trattamenti terapeutici farmacologici. Costrette anch’esse a vivere in spazi ridottissimi, sviluppano fragilità muscolare e, sottoposte a forti condizioni di stress per tutta la vita, queste bestie, che in natura vivrebbero fino a 40 anni, sopravvivono solo per 7/8 anni, dopodiché vengono avviate al macello. Queste condizioni di vita fortemente stressanti per gli animali portano necessariamente ad un cattivo stato di salute e fanno sì che per la sopravvivenza degli animali, farmaci come gli antibiotici, che in condizioni migliori di allevamento sarebbero inutili, divengano assolutamente indispensabili. Un allevamento intensivo di polli in Florida, Usa. 44 n.28 | Dicembre 2012 compromessi, questo favorisce lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive e, di conseguenza, senza l’aiuto dei farmaci somministrati a scopo preventivo, non sarebbe possibile mantenere la produttività dell’allevamento. Il nostro Ministero della Salute riporta le seguenti raccomandazione in merito all’uso zootecnico corretto degli antibiotici (dal manuale “ Biosicurezza e uso corretto e razionale degli antibiotici in zootecnia”): • l’antibiotico dovrebbe essere scelto in base alla sensibilità della specie batterica bersaglio e somministrato a dosi e per le vie indicate nel foglietto illustrativo, come da registrazione; • la scelta dei farmaci e delle vie di somministrazione dovrebbero essere basate su diagnosi certa, antibiogramma e sulle indicazioni fornite nel foglietto illustrativo, nonché da eventuali ulteriori informazioni disponibili aggiornate in relazione a farmacocinetica e farmacodinamica; • gli antibiotici dovrebbero essere usati in funzione dell’esito previsto come ad esempio l’eliminazione di un agente infettivo; • monitorare periodicamente la sensibilità in vitro e la risposta terapeutica, specialmente per la terapia di routine; • usare l’antibiotico a spettro più stretto e con la più alta efficacia in vitro nei confronti della specifica specie batterica; • gli antibiotici dovrebbero essere usati nella posologia più appropriata e per il tempo necessario affinché il sistema immunitario possa eliminare il patogeno; • gli antibiotici che non vengono utilizzati in medicina umana dovrebbero essere quelli di prima scelta in medicina veterinaria, rispetto a molecole della stessa classe di quelle usate in medicina umana; • utilizzare sempre prodotti registrati per il trattamento della malattia specifica; • la contemporanea somministrazione empirica di farmaci diversi e in particolare dei “cocktail di antibiotici” dovrebbe essere evitata; • l’uso locale dell’antibiotico deve essere generalmente preferito a quello sistemico ogni volta che ciò è terapeuticamente appropriato; • il trattamento di casi cronici dovrebbe essere evitato, qualora si prevedano scarse possibilità di successo; • evitare l’uso di antibiotici quando non Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza è necessario (es. malattie non infettive, infezioni virali, infezioni autolimitanti); • i protocolli chirurgici dovrebbero enfatizzare l’utilizzo di rigide procedure di asepsi in luogo della profilassi medica basata sull’impiego degli antibiotici. Residui nell’ambiente Il problema della gestione dei reflui zootecnici contaminati da residui di farmaci è di fondamentale importanza nella conduzione di un allevamento ed esistono delle specifiche normative in materia. In particolare, le disposizioni nazionali sono dettate nel D. Lgs. 152 del 1999 sulla tutela delle acque dall’inquinamento e dalle direttive comunitarie 91/271/CEE e 91/676/CEE. Di notevole importanza è anche il D. Lgs. 372 del 1999, che prevede l’adozione di misure aventi lo scopo di ridurre le emissioni nell’ambiente e nelle acque da parte di impianti adibiti ad allevamenti intensivi di suini e pollame. Questo decreto legislativo prescrive anche l’acquisizione di apposita autorizzazione da parte dell’organo competente per gli impianti destinati al trattamento dei reflui. Per un corretto smaltimento, è fondamentale per l’allevatore conoscere la quantità di letame prodotta dalla propria azienda; in questo modo può ottimizzare le proprie capacità di stoccaggio e trattamento ai sensi della normativa vigente. È necessario quantificare la produzione dell’allevamento a seconda della sua tipologia e della stabulazione a cui sono sottoposti gli animali. In secondo luogo, è importante determinare le caratteristiche chimiche dei liquami e del letame al fine di scegliere le tecnologie più adatte. I fattori che influenzano la composizione dei reflui sono rappresentati principalmente da alimentazione, condizioni fisiologiche dell’animale e razza. Esistono diverse tecniche di trattamento, tra cui: 1. Stoccaggio. Questa tecnica richiede un periodo di tempo di 180 giorni (il tempo di permanenza dei liquami nei contenitori deve essere almeno di 90 giorni) ed è molto utile per gli allevatori, tenendo conto dell’impossibilità di effettuare lo spandimento in certi periodi dell’anno per impraticabilità del terreno o presenza di colture. Se i tempi sono rispettati, lo stoccaggio comporta un abbassamento della carica patogena dei liquami. 45 n.28 | Dicembre 2012 2. Vagliatura + Stoccaggio. Anche in questo caso è necessario un periodo di tempo di 180 giorni, ma il processo di stoccaggio è preceduto da una fase di vagliatura, che permette di separare le frazioni solide grossolane. Esistono tre tipi di vagli: i vagli rotativi, che permettono di avere una rimozione del 20-25% della frazione solida; i vibrovagli, che hanno un’efficienza simile ai vagli rotativi; i vagli statici, che consumano una minor quantità di energia, ma sono più lenti e spesso soggetti ad occlusione delle fessure della griglia. 3. Vagliatura + Sedimentazione + Stoccaggio. In questa tecnica di trattamento, in seguito alla vagliatura viene effettuato un processo di separazione delle particelle fini per sedimentazione, che permette di ottenere una frazione densa sotto forma di fango. Possono facilitare la sedimentazione prodotti chimici come calce, cloruro ferrico e di alluminio e polielettroliti organici. 4. Centrifugazione + Stoccaggio. In questo caso lo stoccaggio è preceduto da una separazione meccanica delle frazioni solide per centrifugazione, che presentano un tenore di sostanza secca del 20-28%, che contiene il 20-35% dell’azoto e il 60-70% del fosforo presenti nel liquame di partenza. 5. Centrifugazione + ossigenazione + stoccaggio. Questa tecnica prevede, invece, che sul residuo della centrifugazione venga effettuata un’ossigenazione discontinua della durata di 4-8 ore al giorno per la deodorazione e la parziale stabilizzazione del liquame. 6. Vagliatura + Sedimentazione + Ossigenazione + Stoccaggio. In questo caso è previsto un processo di sedimentazione dopo la vagliatura. 7. Centrifugazione + Depurazione + Stoccaggio. Sul liquame chiarificato viene effettuato un trattamento depurativo caratterizzato da una serie di reazioni di ossidazione, nitrificazione, denitrificazione e fosfatazione, per ridurre il carico di carbonio, di azoto e fosforo. Segue un periodo di stoccaggio di 180 giorni, seguito da fertirrigazione. 8. Compostaggio dei solidi. Questa tecnica permette il recupero produttivo dei residui di natura organica, che vengono trasformati in un prodotto stabilizzato. Questo avviene grazie alla decomposizione ossidativa della sostanza organica ad opera di microrganismi aerobi a carico di un substrato Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza di partenza, ottenuto con l’aggiunta di residui cellulosici detti coformulanti, come paglia, segatura, trucioli, residui legnosi, che permettono di aumentare il contenuto di sostanza secca e di carbonio. Questo processo è composto da due fasi. La prima è definita fase biossidativa o termofila ed è caratterizzata da un attacco da parte dei microbi alle molecole più facilmente degradabili. Questo causa un aumento della temperatura interna della massa fino a 60-70 °C e permette così l’igienizzazione del prodotto. La seconda fase è definita, invece, di maturazione o stabilizzazione e procede più lentamente. La farmacoresistenza Tutto questo ha delle conseguenze sulla salute umana. La diffusione della resistenza ai farmaci antibatterici, infatti, può portare, nel caso in cui, ad esempio, venga contratta un’infezione, al fallimento della terapia antibiotica iniziale e ad una più limitata disponibilità di farmaci efficaci e, quindi, a infezioni che risultano più gravi e difficili da trattare. Inoltre, questo comporta una maggiore probabilità di contrarre malattie infettive, che vengono trattate con farmaci meno mirati, più costosi e con effetti collaterali potenzialmente gravi per il paziente. Particolarmente a rischio sono i bambini e pazienti affetti da altre malattie, con un sistema immunitario indebolito. Oltre ciò, l’utilizzo di farmaci antimicrobici negli allevamenti facilita l’insorgenza di infezioni di origine alimentare resistenti al trattamento con antibatterici. Infatti, l’uso eccessivo di antibiotici favorisce la crescita di batteri antibioticoresistenti, tra cui quelli dei generi Campylobacter, Salmonella e alcuni Escherichia che possono provocare gravi intossicazioni alimentari (vedi anche Green n. 24, pagg. 3441). Questo ha anche portato a nuovi ceppi batterici resistenti a più farmaci, che in passato non avevano legami con l’alimentaStafilococchi MRSA visti al microscopio elettronico a scansione zione. A titolo esemplificativo si può citare il caso dello Staphylococcus aureus Metiin falsi colori. cillino-Resistente (MRSA) che può essere trasmesso all’uomo attraverso il contatto con gli animali o l’ingestione di alimenti contaminati. 46 n.28 | Dicembre 2012 Da questo punto di vista, la situazione è più grave di quanto si pensi. La Commissione europea stima che ogni anno circa 25mila pazienti muoiano a causa di infezioni causate da microrganismi resistenti, con costi sanitari che ammontano a più di 1,5 miliardi di euro all’anno. Negli Stati Uniti sono, invece, circa 60mila i decessi annuali dovuti a queste infezioni che solitamente sono più severe, durano più a lungo e hanno maggiori probabilità di portare al ricovero ospedaliero e, in alcuni casi, anche alla morte. Il problema è particolarmente grave nei Paesi più poveri, dove le condizioni igieniche sono precarie e non sono disponibili laboratori di microbiologia che possano effettuare analisi in maniera efficiente e in tempi brevi. Studi condotti in Brasile e Messico hanno dimostrato come bambini che non erano mai stati precedentemente trattati con antibiotici avessero acquisito infezioni di origine alimentare causate da batteri resistenti, molto probabilmente come risultato dei residui di antibiotici presenti nel pollame. Inoltre, ceppi batterici resistenti a farmaci antimicrobici utilizzati esclusivamente negli animali, si sono rivelati in grado di resistere anche a trattamenti terapeutici con antibiotici usati nell’uomo (vedi Green n. 25, pagg. 18-31). Un esempio è rappresentato dai fluorichinoloni. Fa parte di questa famiglia l’enrofloxacin, che viene utilizzato per trattare le infezioni del tratto respiratorio e digestivo nel pollame. La sua somministrazione nei polli a scopo preventivo è responsabile dell’aumento della resistenza batterica ad un altro composto della stessa famiglia, il ciprofloxacin, utilizzato invece nell’uomo per il trattamento di infezioni severe da Campylobacter spp. e Salmonella spp. Un esempio analogo è quello del ceftiofur, una cefalosporina di terza generazione impiegata per combattere le infezioni batteriche nei suini. L’utilizzo di questo farmaco negli animali da allevamento è correlato allo sviluppo di resistenza nei confronti di altri due farmaci appartenenti alle cefalosporine di terza generazione, il cefotaxime e il ceftriaxone, usati come farmaci di prima scelta per il trattamento di infezioni severe causate da Salmonella spp. nei bambini. Altri medicinali che possono essere presi in considerazione a titolo esemplificativo sono la spiramicina e la tilosina, che fanno parte della famiglia dei macrolidi. Questi due antibiotici venivano utilizzati in passato come promotori di crescita e attualmente la tilosina è ancora utilizzata nell’Unione Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza europea per la prevenzione, il controllo e il trattamento delle infezioni nei maiali. La somministrazione di questi farmaci agli animali sembra sia stata responsabile dell’insorgenza di ceppi batterici resistenti all’eritromicina, farmaco che nell’uomo viene utilizzato per il trattamento di infezioni del tratto respiratorio o di intossicazioni alimentari come quelle causate da Campylobacter spp. Misure di contenimento I rischi legati all’utilizzo di farmaci antibatterici negli animali da allevamento sono emersi già a partire dagli anni Sessanta, L’esempio della Svezia Il problema della resistenza ai farmaci antibatterici è fortemente sentito in Svezia, che già dal 1980 ha raccolto dati sul consumo di antibiotici in ambito veterinario e che nel 1986 è stata il primo Paese europeo a vietare l’utilizzo degli antibiotici come promotori di crescita. Il divieto è stato emanato in seguito alla pubblicazione di un report nel 1984 in cui si affermava che l’utilizzo di questi farmaci negli allevamenti ammontava a circa 30 tonnellate annue ed è stato espressamente richiesto dagli allevatori svedesi. Questo divieto, dagli anni Ottanta al 2009 ha portato ad una tangibile riduzione dell’impiego di antimicrobici, che è sceso da 45 a 15 tonnellate. Uno dei fattori chiave del successo della Svezia in questo campo è sicuramente rappresentato dal fatto che vengano continuamente raccolti e aggiornati i dati relativi all’utilizzo degli antibatterici in zootecnia; infatti, in questo modo, la situazione viene costantemente monitorata e questo permette di rendersi conto facilmente e in tempi brevi se è necessario prendere dei provvedimenti e quali. L’Istituto Veterinario Nazionale svedese (The National Veterinary Institute, SVA) ha raccolto dati sull’utilizzo veterinario degli antibiotici a partire dagli anni Ottanta ed è attualmente anche responsabile dei controlli sull’antibiotico-resistenza e della promozione dell’utilizzo razionale di tali farmaci. I dati raccolti dallo SVA vengono pubblicati dal 2000 su SVARM - Swedish Veterinary Antimicrobial Resistance Monitoring, un report annuale liberamente scaricabile dal sito internet dell’Istituto. Questi dati sono molto precisi e includono quasi il 100% degli antibiotici venduti, ma non comprendono i farmaci per uso umano che possono essere somministrati anche agli animali. Anche in Svezia, così come in Italia, i farmaci antibiotici destinati agli animali possono essere venduti solo dietro prescrizione medica, tuttavia, in Svezia le prescrizioni vengono effettuate elettronicamente. Il veterinario (o il medico nel caso dei medicinali per uso umano) inserisce i dati della prescrizione su un sistema nazionale computerizzato e li rende così disponibili a tutte le farmacie nazionali. L’acquirente può quindi ritirare il medicinale prescritto in qualunque farmacia. Questo, oltre ad essere molto comodo per tutti i pazienti, permette anche alle farmacie di fornire allo SVA, giornalmente e in maniera semplice e rapida, i dati relativi alle vendite di antibatterici, che vengono poi utilizzati per effettuare studi ed elaborare statistiche. Le industrie responsabili della produzione di mangimi possono aggiungere antibiotici ai mangimi prodotti solo dopo essere stati autorizzati dal Consiglio Svedese dell’Agricoltura (The Swedish Board of Agriculture, SBA), che controlla ogni anno le quantità di antimicrobici utilizzate. Lo SBA può rilasciare la stessa autorizzazione, dopo aver effettuato dei controlli, anche ad aziende agricole; il produttore munito di autorizzazione (più la prescrizione veterinaria, nel caso di aziende) può normalmente acquistare i medicinali in farmacia. Oltre alla continua raccolta di dati sul consumo di antibiotici, allo scopo di ridurre la trasmissione di malattie infettive tra gli animali e la diffusione della resistenza agli antibatterici, sono state messe a disposizione di agricoltori e allevatori delle linee guida sulle condizioni di allevamento, l’alimentazione, la salute e l’igiene degli animali negli allevamenti. 47 n.28 | Dicembre 2012 quando gli scienziati scoprirono che la resistenza agli antibiotici può essere trasferita da una specie all’altra e questo fu un primo campanello d’allarme. Con il passare del tempo, studi più approfonditi hanno condotto ad una preoccupazione sempre maggiore e dal 1990, gli allevatori e le autorità di regolamentazione sono stati messi sempre più sotto pressione da parte di esperti e cittadini affinché l’uso di antibiotici negli animali da allevamento venisse monitorato e ridotto. La Direttiva CEE 524/70 autorizza l’impiego degli antibiotici negli animali da allevamento, purché il livello di additivo presente non possa risultare dannoso o rischioso per la salute degli animali stessi e/o dell’uomo. Tuttavia, a seguito delle crescenti preoccupazioni legate all’utilizzo improprio ed eccessivo di tali sostanze, nel 1998 con il regolamento CE 2821/98, la Comunità europea ha deciso di mettere al bando l’utilizzo di quattro antibiotici come promotori di crescita: virginiamicina, spiramicina, fosfato di tilosina e zinco bacitracina. Successivamente, nel 2003, il Regolamento CE 1831/2003 ha sancito il divieto dell’uso di antibiotici a fini non terapeutici dei restanti antimicrobici usati come promotori di crescita (divieto applicato a partire dal 2006). Gli organismi di tutela Attualmente diversi Organismi internazionali intervengono nel controllo dell’utilizzo di antibatterici negli animali da allevamento; uno di questi è l’OIE, la World Organization for Animal Health, un’agenzia intergovernativa responsabile della sanità animale nel mondo. Accanto a questo, svolge un ruolo importantissimo l’EMA, l’European Medicines Agency, che ha istituito al suo interno il SAGAM, lo Scientific Advisory Group on Antimicrobials, il quale è formato da esperti di microbiologia clinica e biologia molecolare e fornisce all’Agenzia supporto scientifico per la valutazione di aspetti relativi alle procedure di autorizzazione riguardanti medicinali veterinari contenenti antibiotici come principi attivi. La Direttiva CE 2003/99, recepita con il D. Lgs. 191/2006, ha sancito inoltre l’obbligo di attivare dei sistemi di sorveglianza della resistenza agli antibatterici e della diffusione delle zoonosi. Per questo motivo, i dati relativi alle zoonosi vengono raccolti dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare con sede a Parma, che redige un report annuale. I dati relativi al Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza consumo umano di farmaci antibiotici e alla diffusione della resistenza sono, invece, raccolti dall’ECDC, lo European Centre for Disease Prevention and Control, di cui fa parte il sistema EARS-Net (Sistema Europeo di Sorveglianza dell’antibioticoresistenza), che monitora la diffusione del problema nei diversi Paesi europei, mentre L’ECDC, l’European Center for l’EMEA, fornisce dei report annuali sul Disease Control, ha sede a Stoc- consumo di antibiotici in zootecnia. colma, in Svezia. In Italia il compito di verificare l’applica- zione della legislazione europea per quanto riguarda la somministrazione di antibiotici agli animali da allevamento, spetta al Ministero della Salute, che ha pubblicato un manuale contenente delle linee guida per il corretto utilizzo dei farmaci antibiotici in zootecnia (http://www.salute.gov.it/ imgs/C_17_pubblicazioni_1683_allegato. pdf) e che sta coordinando l’attività di raccolta dei dati di vendita dei medicinali veterinari da parte dei titolari di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). La valutazione della resistenza agli antibiotici viene, invece, effettuata dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, che offrono anche servizi diagnostici per quanto riguarda le malattie degli animali e le zoonosi. Attualmente in Italia sono disponibili, in diverse forme di somministrazione, numerose categorie di antibiotici per uso veterinario (tra cui amminoglicosidi, cefalosporine, chinoloni, macrolidi, penicilline, amfenicoli, pleuromutiline, polipeptidi, ionofori, sulfamidici e tetracicline), che possono essere somministrati agli animali sotto forma di boli, aggiunti all’acqua o al mangime, iniettati o applicati topicamente. A livello legislativo, ai sensi dell’art. 108 48 n.28 | Dicembre 2012 comma 9 del D. Lgs. 193/2006, vi è l’obbligo di impiegarli in maniera responsabile e solo dietro prescrizione medica veterinaria; infatti l’uso improprio dei medicinali veterinari (inteso anche come abuso o utilizzo non corretto) è sanzionabile. Consumo di antibiotici in zootecnia Considerando la recente introduzione del divieto comunitario sull’utilizzo di farmaci antibatterici come promotori di crescita e le diverse politiche legislative statali applicate precedentemente nei Paesi europei, c’è da chiedersi quale sia effettivamente l’attuale impiego di questi medicinali negli animali da allevamento. In realtà, non si hanno a disposizione dati precisi sulle tendenze del consumo complessivo di antibiotici in Europa. Tuttavia, nell’ottobre del 2011, la Commissione per l’Ambiente del Parlamento Europeo ha dichiarato che, nonostante il divieto dell’uso degli antibiotici come promotori di crescita, non sembrerebbe esserci stata una significativa riduzione dell’impiego di antibiotici in ambito veterinario, che continuano ad essere utilizzati a scopo di profilassi. Nel 2011 le stime pubblicate dall’EMEA per Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Regno Unito e Svizzera - che tengono degli appositi registri sull’utilizzo dei farmaci antimicrobici - hanno mostrato una riduzione media del consumo dal 2005 al 2009 solo dell’8,2%; riduzione molto bassa se si considera la gravità della situazione. Inoltre, si è contemporaneamente osservato uno scambio dei ruoli: un aumento degli impieghi “terapeutici” di alcuni farmaci solitamente utilizzati a scopo preventivo, mentre per quest’ultimo fine recentemente sono stati impiegati composti precedentemente classificati come promotori di crescita. Uno di questi è la tilosina, che è stato vietato dall’Unione europea, ma che altrove è ancora somministrato ai suini per prevenire e controllare l’enterite e ai polli per prevenire infezioni respiratorie. Altri antimicrobici, invece, come il lasalocid, monensin e salinomicina - definiti coccidiostatici (farmaci in grado di inibire la crescita dei protozoi) - vengono aggiunti agli alimenti degli animali per lunghi periodi e possono ugualmente contribuire alla diffusione dell’antibiotico-resistenza, senza considerare il fatto che negli stabilimenti dove vengono prodotti questi medicinali possono contaminare anche altri mangimi Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza Numero medio di prescrizioni di antibiotici per allevamento in Italia nel 2010. [Immagine: Ministero della Salute] (contaminazione crociata). L’utilizzo dei promotori di crescita, in realtà rimane un problema diffuso anche negli Stati Uniti, oltre che nei Paesi meno industrializzati. Riflessioni conclusive Consumo di antibiotici ad uso veterinario. Numero delle prescrizioni registrate in Italia nel 2010. Nonostante gli antibatterici possano venire [Fonte: Ministero della Salute] somministrati impropriamente agli animali Prescrizioni per mangimi medicati Prescrizioni per animali da reddito "Art. 11 D. Lgs. 193/2006 (uso in deroga)" "Artt. 4 e 5 D. Lgs. 158/2006" Altre Totale Uso in deroga Altre Totale Emilia R. 125 47 67.826 67.998 4.429 11.017 15.446 Toscana 203 11 24.360 24.574 1.468 1.468 Liguria Val d'Aosta 0 11 0 4 15 da allevamento, in caso di necessità è giusto utilizzare questi farmaci, purché lo si faccia in maniera responsabile. L’uso degli antibiotici, infatti, dovrebbe avvenire dopo aver effettuato un antibiogramma dai batteri isolati o basandosi su informazioni epidemiologiche relative alla sensibilità dei batteri patogeni. Sarebbe anche preferibile impiegare medicinali che non trovano applicazioni nella medicina umana; da questo punto di vista bisognerebbe porre particolare attenzione quando si somministrano cefalosporine di terza o quarta generazione o fluorochinoloni e chinoloni. Oltre ciò, per ridurre la diffusione di ceppi batterici resistenti e preservare l’efficacia di alcuni medicinali sarebbe preferibile evitare l’utilizzo di streptogramine o glicopeptidi efficaci in maniera specifica nei confronti di MRSA. È anche fondamentale evitare l’utilizzo di farmaci ad ampio spettro d’azione, ma preferire quelli più selettivi, per ridurre l’esposizione a queste sostanze di microrganismi che non sono il bersaglio principale, e rispettare sempre la posologia, i tempi e le modalità di somministrazione indicati nel foglietto illustrativo. L’uso topico, qualora possibile, ad esempio, andrebbe preferito alla somministrazione per Prescrizioni per scorte di strutture di cura veterinarie Prescrizioni per scorte per impianti d'allevamento Farmaci per uso umano Altre Totale Da reddito Da compagnia Ippodromi, maneggi, scuderie Altro Totale Totale per regione 212 16.314 16.526 10.505 668 210 3.380 14.763 114.733 232 11.381 11.613 1.065 210 341 486 2.102 38.289 661 2.200 2.861 63 36 2 55 156 0 0 0 4.500 18.923 Lombardia Piemonte 1.700 160 54.245 56.105 5.960 17.140 23.100 825 13.676 14.501 5.812 192 258 12.904 19.166 112.872 5.734 50 1.209 6.993 2.065 2.757 4.822 4 577 581 1.216 95 28 0 1.339 13.735 4.537 4.540 6 6 1.860 1.860 58 1 0 59 6.465 Veneto Friuli V.G. Trento Bolzano 3 Lazio 8 Umbria 19 17.580 17.607 23 11.140 11.163 568 651 651 754 10.424 11.178 934 124 764 0 1.822 31.258 735 1.303 36 773 809 395 74 7 1.318 1.794 15.069 15.689 Marche 61 29 11.649 11.739 177 918 1.095 44 2.168 2.212 610 30 3 0 643 Abruzzo 3 3 9.357 9.363 359 588 947 70 1.232 1.302 421 105 1 0 527 12.139 Campania 591 300 5.098 5.989 245 1.025 1.270 102 1.049 1.151 1.756 1.112 61 145 3.074 11.484 16 6.122 6.138 6 113 119 0 243 243 112 110 1 0 223 6.723 18.945 Molise Calabria Puglia 392 5 12.341 12.738 99 461 560 393 3.996 4.389 1.091 83 69 15 1.258 Basilicata 625 29 7.683 8.337 0 469 469 0 378 378 191 17 30 0 238 9.422 Sicilia 12.925 12.925 588 588 849 849 45 45 14.407 Sardegna 42.585 42.585 496 496 2.156 2.156 Totale nazionale 9.445 692 290.125 300.262 49 13.919 36.968 50.887 n.28 | Dicembre 2012 3.333 69.276 72.609 199 24 0 0 223 45.460 13.923 2.213 1.565 18.348 47.432 490.113 Antibiotici in zootecnia Abuso e farmacoresistenza Esemplari di mucche (Bos taurus, famiglia Bovidae) della razza Simmental, originaria della Svizzera, allevate all’aperto. [Immagine: Richard Bartz, Makro Freak Munich, Wikipedia Commons, 2007] 50 via sistemica. Infine è importante segnalare immediatamente alle autorità competenti la mancata risposta dell’animale ad un trattamento terapeutico. Inoltre, per ridurre la necessità di somministrare farmaci antibiotici in zootecnia è indispensabile migliorare le condizioni in cui gli animali vengono allevati. Infatti, in tanti casi, allevando il bestiame in buone condizioni e osservando le norme igieniche, si potrebbe evitare l’utilizzo di antibiotici a scopo preventivo. Sovraffollamento e stress abbassano le difese immunitarie e offrono una base perfetta per la diffusione di infezioni batteriche, che potrebbero essere notevolmente ridotte, se si evitassero gli allevamenti intensivi. Per ridurre la trasmissione delle infezioni, sarebbe anche utile evitare di allevare assieme animali n.28 | Dicembre 2012 che abbiano provenienze diverse e cercare di far avvenire in maniera ottimale lo svezzamento, che, se mal gestito, può causare ulteriore stress. Un altro fattore nocivo è rappresentato dai viaggi, spesso lunghi e responsabili di un aumento della suscettibilità alla contrazione delle malattie. Cercare quindi di allevare gli animali in condizioni di benessere e mirare a produzioni di alta qualità, oltreché ridurre o eliminare del tutto l’utilizzo di antibiotici a scopi non terapeutici, potrebbe portare ad enormi miglioramenti per quanto riguarda la resistenza agli antibatterici e la trasmissione di malattie infettive, senza grosse ripercussioni economiche per i produttori. Carmen C. Piras