News Letter n.5 Nel precedente numero della news letter vi

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News Letter n.5 Nel precedente numero della news letter vi
News Letter n.5
Nel precedente numero della news letter vi abbiamo presentato
alcune poesie dei bambini di una scuola elementare di Roma sui
loro coetanei che lavorano. Il percorso che Alisei ha realizzato con
le scuole era composto da un corso di aggiornamento per
insegnanti, una rassegna cinematografia nel corso della quale sono
stati proiettati film e documentari che riguardavano il lavoro minorile
e una serie di attività laboratoriali con le classi.
Tanti sono stati i prodotti di queste attività: cd Rom, mostre,
brochure. Per questa ragione anche in questo numero della news
letter vogliamo presentarvene una parte.
Foto di un bambino del Niger
I bambini di una quinta elementare hanno scritto dei brevi testi,
dopo aver osservato la foto di un bambino del Niger al lavoro, la
foto è tratta dalla mostra di Alisei “Con gli occhi di chi?”.
“Buon giorno, oggi al TG 5 parleremo del lavoro minorile, abbiamo qui il dirigente contro questo lavoro.
Ci parli di questo bruttissimo fatto che purtroppo accade ancora”.
“Questo tipo di lavoro lo svolgono ancora, come dice la parola stessa, i minori, lavorano in fabbriche
tessili e di mattoni, molti lavorano anche nelle cave di pietre e lavorano dalle 15 alle 18 ore.
Abbiamo un filmato nel quale si nota come durante un’intervista, Giacomo ci ha detto che il lavoro è
faticosissimo, anche lavorando tanto gli danno poco da mangiare e pochissimi soldi. Insieme a lui è
arrivato un altro gruppo di bambini. Anche loro vengono sfruttati, vengono offerti dalla famiglia in
cambio di soldi e poi per restituire il prestito devono lavorare.
Questo lavoro non succede solo in Nepal, ma talvolta persino nell’Italia del Sud e in tutta l’Asia e
l’America Meridionale.
I padroni delle fabbriche per non farsi arrestare dalla polizia, nascondono i bambini che non possono
scappare. Noi cercheremo di fare tutto l’impossibile per loro e cercheremo di liberarli. Oggi è tutto, il TG
ritorna alle ore 18.30 per le informazioni della sera, arrivederci”.
(Dario Margurt)
Niger ha subito una bruttissima storia lavorando nelle cave di pietra. In Italia questo problema non
esiste; ad esempio, quando noi ci facciamo un graffio, la nostra mamma si preoccupa, mentre lì quando
un bambino si fa male nessuno si preoccupa e gli chiede cos'è successo. Io quando vedo questi bambini mi
intristisco perché non è giusto. Ci sono tante persone che non hanno un lavoro. Io se fossi il sindaco di
questi paesi che sfruttano i bambini, farei costruire più scuole meno edifici per tessere i tappeti, più
palazzi e persino giocattoli e vieterei il commercio dei tessuti. Farei costruire palazzi perché così i
bambini poveri non vivono più per la strada.
(Martina Pelliccia)
Purtroppo in certi stati del mondo i bambini vengono sfruttati, perché le famiglie mandano i loro figli a
lavorare per guadagnare qualche soldo. Nel Niger c'è un bambino di nome Cesidio che lavora in una
cava di pietre. Cesidio lavora 14-15 ore al giorno, spaccando pietre e raccogliendole tutte insieme. È un
lavoro molto faticoso e infatti Cesidio a portare le pietre si stanca molto e non sa né leggere né scrivere,
mentre avrebbe il diritto invece di andare a scuola. Per me i bambini non devono lavorare, ma devono
divertirsi e vivere sereni vedendo esaudire i loro desideri e i loro sogni.
(Shadi Abu Abed)
Questa è la storia di un bambino di nome Niger, questo bambino è costretto a lavorare per dare una
mano alla sua famiglia povera. I suoi genitori non vorrebbero mandarlo a lavorare ma sono costretti
dalla miseria, loro non sanno però che i loro figli vengono sfruttati in malo modo. Niger lavora molte ore
al giorno in una cava di pietre che sono molto pesanti e potrebbero rompergli la schiena. Qui in Italia
questo problema non è diffuso so però che a nessun bambino piacerebbe essere sfruttato in questo modo e
a nessun genitore piacerebbe mandare a lavorare i propri figli. Intanto spero per loro in un futuro
migliore.
(Martina Cannoni)
Niger è un bambino che viene sfruttato facendo lavori duri e faticosi. Questo bambino è addetto a
trasportare pietre da un posto ad un altro.
Ma per quale motivo noi ci lamentiamo per trasportare un piatto dalla sala da pranzo alla cucina e
invece loro fanno chilometri e trasportano massi e non si lamentano? Ma Niger non è il solo ad essere
sfruttato: ci sono milioni di bambini che vengono sfruttati nel mondo a partire dai bambini del terzo
mondo e ciò purtroppo accade a volte anche in Italia.
Io spero che spargendo la voce come mi insegna la mia maestra le cose potranno migliorare nel grande
mare della vita.
(Erica Gori)
Niger è un bambino che lavora in una cava di pietre e guadagna massimo 300£ al giorno. Sembra una
macchinetta sempre su e giù, a prendere ogni giorno quelle pesanti pietre con le sue piccole e sottili braccia.
Sopravvive con un pezzo di pane ed è vestito con maglietta e pantaloni. A questi bambini rimane solo
una cosa: la speranza di credere in un futuro migliore con una vita come l'abbiamo noi bambini,
tranquilla e ricca di affetto.
Tranquilla, senza una voce che ti grida: "Porta quella, porta quell'altra!". E affettuosa come la carezza
di una mamma che la mattina ti sveglia con la voce dolce, dicendoti: "è pronta la colazione, alzati!".
Questi bambini per certe persone non contano, sono come animali, ma dalle foto si capisce che hanno un
cuore anche loro, che sono bambini come noi, ma soltanto con un passato più sfortunato del nostro.
(Anna Grippo)
Foto di bambini iracheni
A scrivere osservando la foto di alcuni bambini iracheni sono gli
alunni di una quarta elementare.
Siamo un gruppo di ragazzi di 10-9 anni veniamo dall’Iraq e ancora oggi viviamo nell’Iraq. Viviamo
in villaggi molto poveri. Un tempo eravamo un po’ ricchi ma adesso non più, per colpa della guerra. Noi
i giochi ce li fabbrichiamo da soli come i palloni. Noi vorremmo andare in Italia perché è un posto
bellissimo e poi vorremmo andare a studiare a scuola.
“Da grande vorrei fare il medico in Italia, e poi con i soldi che guadagnerei vorrei ritornare in Iraq dai
miei amici e ricostruire la città come era una volta, costruirei: una grande scuola, molte case, un ospedale,
una prigione, un dipartimento di polizia, una caserma dei pompieri, un alimentari ecc.”
I bambini mentre giocavano, la palla finì in un burrone. Loro per riprenderla scesero in una spiaggia,
non trovarono la palla e visto che stavano vicino al mare cominciarono a nuotare. Calò il sole e tornarono
a riva e trovarono una grotta segreta. Si avventurarono dentro e lì passarono la notte, a un certo punto
Eric si mise a raccontare una storia e dopo un po’ si addormentarono tutti. Era di nuovo giorno, lì
sembrava che i giorni non passavano mai, allora decisero di vedere dove portava quella grotta segreta. A
un certo punto si ritrovarono in un campo fiorito. Loro decisero di formare una città e la chiamarono
città della speranza, loro avevano solo un sogno, impedire che altri bambini trascorrano un’infanzia così
brutta.
(Federica)
Dei bambini dell’Arabia volevano inventare dei giochi e trovarono un pallone e una rete.
Allora fissarono la rete a due paletti, presero la palla e giocarono a palla a volo, ma tutti caddero.
Allora presero la rete e sfilarono dei fili e saltarono con la corda. Poi un bambino di nome Eric cucì dei
pantaloni e così diventarono i campioni di salti e esercitandosi diventarono anche campioni di salti
mortali e con il loro talento diventarono ricchi e inventarono le olimpiadi. Diventarono così ricchi che si
trasferirono in Italia e si comprarono una villa e ognuno esaudì i propri desideri.
(Martina Casagrande)
Un giorno, non sapevamo cosa fare e uno di noi stava arrivando con una palletta in mano. Gli abbiamo
chiesto cos’era, lui ci ha detto che era un pallone per giocare a calcio. Ma noi non sapevamo che gioco era
il calcio, quando ce lo ha spiegato, abbiamo capito che era un gioco bellissimo. Lui conosceva molti giochi
perché era andato in Italia con i suoi parenti e lì c’era rimasto per tanto tempo. Anche noi volevamo
andare in Italia, ma siccome eravamo poveri non ce lo potevamo permettere.
Ogni giorno cambiavamo giochi; ma un giorno è dovuto partire per il lavoro di suo padre e sua madre. Si
era portato via tutti i giochi promettendoci di farcene conoscere altri al suo ritorno. Era stato molto
gentile, perché ci aveva lasciato la palletta.
Adesso sono sulla nave per realizzare finalmente il sogno di andare a lavorare in Italia, ma di quei
tempi mi ricordo solo che era bello giocare a calcio anche con la gonna della tunica. Se in Italia
rincontrerò qualcuno che ci dava i giochi, non saprei proprio come ringraziarlo abbastanza per averci
fatto divertire anche se lì nel mio paese era stato distrutto tutto dalla guerra. Almeno i miei ricordi sono
belli.
(Noemi)
Un giorno un gruppo di bambini giocavano a calcio; ma ad un certo punto lanciarono la palla lontano. I
bambini andarono a recuperare la palla, appena presa la palla davanti si trovarono un signore. Questo
signore era un allenatore di calcio. Chiese a un maschietto come si chiamava, era Erik. L’allenatore gli
chiese se voleva giocare a calcio. A calcio Erik diventò famoso e ricco. Tornò al suo paese e diede un po’
di soldi ai suoi amici e ricostruì il paese.