Il postino adesso consegna il tablet «Così si collegano nonni e nipoti»

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Il postino adesso consegna il tablet «Così si collegano nonni e nipoti»
CRONACHE
Corriere della Sera Giovedì 23 Febbraio 2017
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Il postino adesso consegna il tablet
«Così si collegano nonni e nipoti»
 Il caso
Intercettazioni,
altra proroga
E la sicurezza
aspetta dal 2013
In Toscana il progetto per over 65. Il dg Caio: «Uniamo relazioni umane e tecnologia»
di Luigi Ferrarella
Davanti ai tablet i volti
di Franco, Anna, Milvia e Maria Grazia s’illuminano come
quelli dei ragazzini. Emozioni
hi-tech e anche un po’ di commozione quando la postina
Marianna spiega loro che con
il tocco di un dito, il fatidico
touch, possono vincere spazio
e tempo e da quel giardino di
Cerreto Guidi, borgo rinascimentale della città metropolitana di Firenze, volare verso
mete lontane e incontrare
chiunque.
Noemi, per esempio, la «nipotina» ventenne di Milvia
Merighi, 80 anni, che studia
alla Sorbona di Parigi. «Le
scrivo lettere, ci sentiamo per
telefono ma ora non vedo l’ora
di guardarla negli occhi per
lunghe videoconferenze e coccole via Internet», dice la nonna. Franco Maccioni, 75 anni,
una vita da falegname, invece
è pronto a navigare nell’app
degli eventi per scoprire qualche torneo di briscola e scopa
nelle vicinanze e crearsi una
community virtuale da unire a
quella reale di amici e parenti.
Mentre Anna Benvenuti, 78
anni e Maria Grazia Centi, 80
anni, vogliono consultare
l’app Promemoria per ricordarsi gli appuntamenti e le
scadenze, ma anche per dispensare consigli ai parenti
lontani.
Da ieri i «quattro ragazzi degli anni Trenta e Quaranta»,
come loro stessi si sono ribattezzati, sono i protagonisti di
«Poste C’è», il primo esperimento europeo di prossimità
digitale di Poste Italiane in collaborazione con Apple e Ibm.
In quattro comuni toscani delle province di Firenze, Prato e
Pisa (Empoli, Cerreto Guidi,
Carmignano e Volterra) saranno distribuiti agli anziani due-
FIRENZE
cento tablet con alcune app
per sentirsi meno soli e avvicinarsi alle nuove tecnologie.
A rendere il progetto di Poste Italiane unico è il mix tra
prossimità umana e comunicazione digitale. Perché i 13
mila uffici postali disseminati
in Italia e l’esercito dei 32 mila
Restituito Andrà nel museo del campo
La scritta Il cancello con scritto «Arbeit macht frei»: il lavoro rende liberi (foto Epa)
Ritorna a Dachau
il cancello
rubato nel 2014
Rubato nel 2014 e ritrovato a Bergen, in
Norvegia, da ieri è tornato al suo posto. È il
cancello di ferro del campo di Dachau dove
campeggiava la scritta «Il lavoro rende
liberi». Per ora verrà custodito nel museo
interno al memoriale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
portalettere possono diventare strategici anche per formare
gli anziani alle nuove tecnologie e per combattere quel gap
che divide i nativi digitali con
chi ha vissuto nella cultura
della scrittura e della tv.
«Poste C’è è un esempio
concreto di come è possibile
unire relazioni umane e
tecnologie
per inventare
nuovi servizi
— spiega
Francesco Caio, ad e direttore generale
di Poste Italiane Spa —. I
nostri portalettere formano
queste persone a usare i tablet
e le visitano regolarmente facilitando il contatto con i loro
familiari».
Insomma, un progetto commerciale con valenza sociale.
Come testimonia Giada, 33 anni, una delle portalettere che
lavora a Carmignano (Prato) e
partecipa all’iniziativa. «Abbiamo partecipato ad alcuni
corsi per insegnare a queste
persone a usare i tablet e le nostre app — spiega Giada —.
Ma loro non sono soltanto i
nostri clienti, sono come amici che incontriamo ogni giorno. Anche noi siamo parte della stessa comunità, reale e virtuale».
Marco Gasperetti
[email protected]
La vicenda
 Poste
Italiane, in
collaborazione
con Apple
e Ibm, ha
avviato il primo
esperimento
europeo
di prossimità
digitale,
«Posta C’è»
 Agli anziani
di 4 comuni
toscani
saranno
distribuiti 200
tablet per
comunicare
(nella foto in
alto, quattro
anziani di Posta
C’è mentre
lo ricevono)
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Rapporto di Confcommercio
Negozi, fuga dai centri storici: meno 15% in 8 anni
ROMA I centri storici si svuotano di negozi. Que-
sto almeno nelle città di provincia prese in esame da un rapporto della Confcommercio. In 8
anni, dal 2008 al 2016, il 15 per cento dei negozi
nel centro di 40 città di piccole e medie dimensioni, ha abbassato per sempre le saracinesche,
mentre in periferia il calo è stato più contenuto
ma comunque preoccupante, meno 12 e mezzo
per cento. E non c’è stato ricambio.
A resistere sono soprattutto alberghi, bar e
ristoranti, insieme ai negozi di computer e telefonia e alle farmacie. Crollano libri, giocattoli,
cartolerie, abbigliamento e tessili. Sono invece
aumentati in modo esponenziale al Sud gli ambulanti, addirittura dell’85,5 per cento nei centri storici, soprattutto in Puglia e in Sicilia, e del
25,3 per cento nelle periferie.
Queste le medie nazionali. Ma è sempre il
Mezzogiorno che perde più negozi in centro
(meno 18,4 per cento e nelle periferie meno
13,4). Al Nord-Ovest, la diminuzione è stata inferiore, meno 16,3 per cento, ma maggiore in
periferia, meno 14,3 per cento. Anche gli ambulanti, a differenza delle Regioni meridionali, al
Nord-Ovest sono diminuiti: del 10,7 per cento
in centro e del 18,7 per cento nelle periferie.
«La fuga dei negozi dai centri storici — ha
commentato il presidente di Confcommercio
Carlo Sangalli — riduce la qualità della vita dei
residenti e l’appeal turistico delle nostre città.
Senza i negozi, non c’è luce, non c’è bellezza, e
non c’è sicurezza». Sangalli chiede al governo
«di favorire il ripopolamento commerciale delle città con efficaci politiche di agevolazioni fiscali» e propone alle associazioni di proprietari
degli immobili un confronto «per rendere i ca-
noni più accessibili». L’affitto dei negozi nei
centri storici è infatti uno dei motivi che spingono alla chiusura e non facilitano la riapertura
di nuovi punti vendita.
Ma non è questa l’unica «variabile» del fenomeno. C’è per esempio come ulteriore fattore il
ciclo economico, che ha avuto un impatto più
significativo nei centri storici che altrove. Conta
molto anche l’età media dei residenti. Quanto
agli ambulanti al Sud, non sono un tratto del
tutto negativo, altrimenti si assisterebbe alla
«desertificazione dei centri storici», commenta
Mariano Bella, direttore dell’ufficio studi di
Confcommercio. Ma è comunque «patologico»
che, per esempio, a Catania i venditori di strada
siano raddoppiati e a Palermo quadruplicati.
Mariolina Iossa
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108
Mila
Il numero
complessivo
degli esercizi
commerciali
con sede fissa
in 40 centri
storici che sono
«spariti» tra il
2008 e il 2016
secondo
lo studio
diffuso ieri dalla
Confcommercio
A
ltra falsa partenza
nell’iter di sicurezza
delle intercettazioni:
nessuno se ne è accorto, ma
dall’1 febbraio a ieri si è
rischiato lo stop di tutte le
indagini delle Procure
basate su intercettazioni
ascoltate «in remoto» negli
uffici territoriali delle varie
forze di polizia a ciò autorizzate. Il 31 gennaio 2017,
infatti, era scaduta la proroga (nel 2016) del termine
(nel 2015) delle prescrizioni
impartite (nel 2013) dal Garante della Privacy per la sicurezza sia informatica sia
fisica nei locali dove si fanno o ascoltano le intercettazioni: accessi tracciati,
protocolli cifrati, biometrica o badge a codici, videosorveglianza. E appena due
mesi fa il ministero della
Giustizia aveva assicurato
che non ci sarebbero state
ulteriori proroghe, visto
che quasi tutte le Procure si
erano (o dichiaravano di
essersi) messe in regola. Ma
oggi, a sorpresa, in
Gazzetta Ufficiale il
Garante della Privacy si
rassegna a operare sino al
31 dicembre 2017 la
«sospensione dei termini»
(ex) ultimativi. Perché?
Perché del tutto fuori legge
si sono ritrovate le
articolazioni territoriali di
Polizia, Carabinieri e GdF, i
cui commissariati e caserme non hanno avuto (evidentemente per ritardi dei
ministeri di Interno, Difesa
e Economia) alcun adeguamento. In questa situazione
c’erano già Procure, come
Brescia, pronte a negare alle polizie l’autorizzazione
ad ascoltare intercettazioni
«in remoto» negli uffici
non in regola. E così ecco
maturata l’ennesima proroga, dopo che il 20 gennaio una nota del ministero
della Giustizia «ha prospettato la complessità derivante dal coinvolgimento di
altre Amministrazioni centrali», e nel contempo «la
necessità di disciplinare
con forme di contrattistandard i rapporti con le
società private fornitrici».
lferrarellacorriere.it
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