Il Granello di Sabbia

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Il Granello di Sabbia
Granello di Sabbia n°97 page 1(13)
Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile.
Il Granello di Sabbia
n°97 - giovedì 22 maggio 2003
VOI G8
E NOI?
Indice degli argomenti
G8 Evian: tutte le informazioni, programma, documenti, audio, video ed eventi su
http://www.attac.info/g8evian un’iniziativa MediATTAC internazionale in italiano,
francese, inglese, tedesco, spagnolo
1 - Contestiamo la legittimità del G8 e chiediamo che sia dissolto
Gus Massiah (Vice-presidente di ATTAC France)
Il G8 dovrebbe riunirsi in Francia, ad Evian, dal 1° al 3 giugno 2003. E' la ventottesima volta, dal 1975,
che i capi di Stato e di governo dei Paesi più ricchi e potenti del mondo si riuniscono ogni anno per
discutere insieme questioni importanti. Col tempo questo gruppo di governanti è diventato un'istituzione
mondiale. Come definire il G8? (…) Traduzione a cura di Valentina Corsetti.
2 - Mobilitazione contro il G-8 a Evian.
Info rapide n.3, informazioni, logistica, stato del dibattito e come si organizza l’evento dell’anno contro il
G8. (…) Traduzione a cura di Daniela Cabrera, Traduttori per la Pace
3 - L’“ufficio politico” della globalizzazione
di Pepo Hofstetter
Ma qual'è la politica che conduce questo club esclusivo? Mao Tsé-toung, il padre della Cina moderna, era
solito chiamare le potenze capitaliste "tigri di carta". Possiamo definire così anche gli otto più potenti
paesi industrializzati che formano il G8? I loro "informali" incontri annuali sarebbero quindi delle abili
"messe in scena" mediatiche, privi di risultati concreti? Questa è l'impressione dominante quando si va
oltre la retorica di questi vertici.
4 - Oltre l’Iraq: il potere degli USA e la povertà globale
di Marc Lopatin (War on Want)
Mentre le Nazioni Unite scaldano la panchina sulla questione Iraq, e le trattative commerciali multilaterali
si avvicinano allo stallo, tutto e’ pronto per una dimostrazione distruttiva del bilateralismo statunitense ,
trasversale alla diplomazia, alla forza e al commercio.
Traduzione di Lorraine Buckley per Attac-traduzioni
5 - Sars e bioterrorismo
di Mae-Wan Ho*
L'opinione pubblica è stata portata sull'orlo dell'isteria rispetto alla questione degli attacchi terroristici e
delle armi di distruzione di massa. Alcuni governi vogliono vietare la pubblicazione dei risultati sensibili
delle ricerche scientifiche, sostenuti in questo da alcuni eminenti editori ed autori di scienze naturali. C'è
perfino chi sostiene la creazione di un organismo internazionale per vigilare sulla ricerca e sull'editoria
scientifica. Il Dott. Mae-Wan Ho analizza l'attuale crisi epidemica di SARS e argomenta perché tutte
queste misure per il controllo del bio-terrorismo sono fuori luogo e cosa sarebbe necessario invece.
(…)Traduzione a cura di Luisa Villa
G8
Evian:
tutte
le
informazioni,
programma, documenti, audio, video ed
eventi su:
http://www.attac.info/g8evian
un’iniziativa MediATTAC internazionale in
italiano,
francese,
inglese,
tedesco,
spagnolo
1 - Contestiamo la legittimità del G8 e
chiediamo che sia dissolto
Gus Massiah (Vice-presidente di ATTAC France)
Il G8 dovrebbe riunirsi in Francia, ad Evian, dal
1° al 3 giugno 2003. E' la ventottesima volta,
dal 1975, che i capi di Stato e di governo dei
Paesi più ricchi e potenti del mondo si riuniscono
ogni anno per discutere insieme questioni
[email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm
Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia
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Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile.
importanti. Col tempo questo gruppo di
governanti è diventato un'istituzione mondiale.
Le resistenze e le contestazioni hanno avuto un
nuovo impulso durante gli ultimi anni, con
l'emergere del movimento sociale e cittadino
mondiale, il cosiddetto movimento antiglobalizzazione, chiarendo la natura di questo
gruppo dirigente e le conseguenze delle
politiche da esso preconizzate.
Come definire il G8? Non è un governo
mondiale, tanto più che uno Stato mondiale non
esiste. Ma se è vero che il G8 non è l'esecutivo
mondiale, non si può per questo affermare che
il G8 non serva a niente e che non sia altro che
un simulacro. Il G8 è il club dei governanti dei
Paesi dominanti, i Paesi più ricchi e più potenti
del pianeta, il sindacato degli azionari di
maggioranza dell'economia mondiale. Con le
sue riunioni periodiche dei capi di Stato e dei
ministri, dei "sherpas", i consiglieri permanenti
che ne assicurano il segretariato, con l'ampia
mobilizzazione di esperti di ogni genere, con i
legami
con
le
istituzioni
internazionali
economiche,
finanziarie,
commerciali
e
militari,con l'accesso permanente e privilegiato
ai media e a tutti i mezzi di comunicazione, il
club è diventato un'istituzione mondiale
permanente.
Inizialmente, l'obiettivo di questo club era
quello di permettere ai governanti di discutere i
loro problemi e di trovare delle soluzioni ai loro
conflitti e alle loro contraddizioni. Niente è più
lontano dalla realtà che la visione di un mondo
unificato e senza conflitti tra le grandi potenze.
Si trattava quindi di trovare, come in un club
inglese per pochi, degli accordi tra "gentlemen",
se è possibile chiamare cosí i governanti del
mondo! Si trattava di discutere la recessione
degli anni settanta e le crisi monetarie e
petrolifere. In un secondo momento, e
soprattutto con il crollo del sistema sovietico nel
1989, la discussione si è concentrata sullo
sviluppo dell'egemonia degli Stati-Uniti. Oggi,
con la crisi dell'economia mondiale e del
pensiero liberale e, soprattutto, con la guerra
americana voluta e imposta, le contraddizioni
riprendono piede e pesano sull'avvenire
dell'istituzione.
A partire dagli anni '80, gli obiettivi cambiano.
Nuovi orientamenti economici si impongono con
la svolta che inizia con la messa in primo piano
della lotta contro l'inflazione nel 1979 e della
politica monetaria nel 1981. Il G8 gioca un
ruolo attivo nell'imposizione di un credo e nel
pilotaggio
della
fase
neo-liberale
della
globalizzazione. Mette in primo piano le
politiche di liberalizzazione, basate sulla
preminenza dell'investimento internazionale e
delle
imprese
dette
multinazionali,
sull'allineamento col mercato mondiale e
l'ampliamento del commercio mondiale, sul
disimpegno degli Stati e la riduzione delle spese
pubbliche, sulle privatizzazioni e sulla rimessa in
causa
dello
statuto
del
salariato
e
dell'occupazione, sulla regolazione dell'economia
mondiale attraverso il mercato mondiale dei
capitali. Per imporre queste politiche, si
appoggia
sulle
istituzioni
finanziarie
internazionali,
quale
il
Fondo
monetario
internazionale e la Banca mondiale, nei quali
dispone
della
maggioranza
del
capitale.
Costruisce con costanza il quadro istituzionale
della globalizzazione neo-liberale, il cui elemento
caratteristico è l'Organizzazione mondiale del
commercio.
Il G8 non è un'istanza superiore di potere. Non
può imporsi sugli Stati e, in particolare, sui
governi dei Paesi che lo costituiscono. Tuttavia,
non si deve sottovalutare totalmente l'autonomia
delle burocrazie che gestiscono il Fondo
monetario internazionale, la Banca mondiale e
l'OMC. Infine, e
soprattutto, il potere
economico, benché meno apparente, non è
subordinato ai governi e ancora meno al G8. Ma
nessun’economia
può
funzionare
senza
regolazione politica, senza adattamento dei
quadri istituzionali e senza delle istanze
portatrici di visione strategiche a lungo termine.
La globalizzazione è un processo contraddittorio,
il G8 ha assicurato una doppia funzione, da un
lato la riproduzione dell'ordine esistente e
dall'altro la sua profonda rimessa in causa a
beneficio dei suoi membri. Ha orchestrato
l'attuazione, da parte dei governanti dei Paesi
dominanti, di una strategia di riconquista. Si è
occupato della decolonizzazione, attraverso la
gestione delle crisi e del debito e facendo leva
sul discredito dei regimi repressivi e corrotti. Si è
occupato del sovietismo, attraverso la corsa agli
armamenti e l'ideologia spettacolare dei diritti
umani, facendo leva sul discredito dei regimi che
avevano negato le aspirazioni democratiche. Si è
occupato
del
compromesso
sociale
del
dopoguerra, attraverso un attacco contro il
salariato, inteso come statuto sociale e
appoggiandosi sulle politiche di liberalizzazione,
sulle privatizzazione, e sull'indebolimento della
regolamentazione pubblica, degli Stati e del
controllo cittadino.
Il G8 continua la sua strada senza essere
apparentemente in difficoltà per l'ampiezza dei
distastri che la costellano. Eppure, la presa di
coscienza dei danni provocati dalla gestione
economica, politica e militare del mondo è
diventata tanto forte e tanto sensibile da poter
parlare, oggi, dell'espressione di un'opinione
pubblica mondiale. Il mondo in cui viviamo è
caratterizzato
da
ineguaglianze
crescenti:
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ineguaglianze economiche e sociali tra i Paesi e
all'interno di ogni società; ineguaglianze
politiche, che si traducono nelle discriminazioni
e
nell'accesso
differenziato
ai
diritti
fondamentali; ineguaglianze ecologiche, che
mettono in pericolo i diritti delle generazioni
future; ineguaglianze geo-politiche, la cui
manifestazione più eclatante è una dominazione
dei Paesi del Sud che si lega alla
ricolonizzazione. La minaccia della guerra
cinicamente programmata e annunciata dagli
Stati Uniti acutizza questa presa di coscienza di
un mondo ingiusto che non vogliamo più.
Noi mettiamo in causa la responsabilità, nello
stato attuale del mondo, dei governanti dei
Paesi più ricchi e più potenti di questo mondo.
Uno per uno e tutti insieme, essi hanno imposto
delle politiche e hanno fatto evolvere verso i
loro interessi l'organizzazione del sistema
economico mondiale. La loro responsabilità è
legata all'evoluzione della situazione, a causa
degli orientamenti politici imposti e della natura
dei mezzi utilizzati per metterli in opera.
Ma la contestazione che si afferma nel
movimento antiglobalizzazione non si dirige
soltanto alla natura delle politiche, e dunque
delle loro conseguenze, sulle condizioni di vita
delle popolazioni del mondo; bensí alla natura
di questa istituzione mondiale. Un piccolo
gruppo di capi di Stato che rappresentano i
privilegiati del pianeta non può arrogarsi il
monopolio di decidere per tutti. Si tratta del
rinnegamento profondo della democrazia da
parte di un'istituzione internazionale che si
rifugia dietro un potere di esperti contestabile,
che non conosce nessun controllo e che è
tagliata fuori di ogni domanda rappresentativa.
A chi ripete volentieri che i dirigenti del G8 sono
stati eletti democraticamente, noi dobbiamo
ricordare che questi dirigenti, anche se eletti
per governare il loro Paese, non sono stati
investiti dell'autorità di governare il mondo.
E'
per
questo
che
il
movimento
antiglobalizzazione
vuol
sottolineare
l'illegittimità del G8 che si investe del ruolo di
dirigente nella condotta di una politica
mondiale. Il fatto che i membri di questo club di
ricchi e di potenti siano tutti, ad eccezione del
Canada, delle antiche potenze coloniali è, in
questo senso, una circostanza aggravante! Noi
contestiamo la legittimità del G8 e ne chiediamo
la dissoluzione. A che teme che la sua
scomparsa provochi una deregolamentazione
supplementare, ricordiamo che questa istanza
non ha impedito le guerre e i disordini, che ha
al contrario indebolito il sistema delle Nazioni
Unite, sicuramente criticabile e imperfetto, ma
quanto più legittimo. Il G8 è nato in Francia nel
1975; ventotto anni dopo, considerando la sua
illegittimità e le conseguenze delle sue azioni,
riteniamo che sia necessario che il cerchio si
chiuda ed esigiamo che questa riunione in
Francia sia l'ultima riunione del G8.
Traduzione a cura di Valentina Corsetti
2 - Mobilitazione contro il G-8 a Evian.
Info Rapide n.3
Il G-8 si riunisce dal 1 al 3 giugno 2003 a Evian,
ai bordi del lago Lmano, a poche decine di
chilometri da Ginevra e a qualche centinaio di
chilometri da Lione, Grenoble e Torino.
Un ampio coordinamento di ONG, associazioni,
sindacati, partiti politici e gruppi militanti si è già
costituito, includendo dei cittadini francesi,
svizzeri, italiani, tedeschi e dei militanti
provenienti da tutta l’Europa e dal mondo intero.
Una grande riunione di questo coordinamento si
è svolta tra il 1 e il 2 marzo, una petizione è
stata firmata da numerose organizzazioni e un
sito web (www.g8-evian2003.org) contiene una
serie di testi (tra cui gli “info rapide” n.1 e n.2) e
rinvia
ai
diversi
membri
di
questo
coordinamento, i quali organizzeranno diverse
iniziative a Ginevra e Annemasse dal giovedì 29
maggio.
L’info rapide n.2 è stato scritto in seguito ad una
discussione tenuta con le autorità svizzera e
francese, svolte il 3 maggio dopo le riunioni dei
gruppi di lavoro e del Charg8, e dopo la riunione
del coordinamento parigino (il 7 maggio).
Fatti rilevanti:
Siamo a meno di tre settimane dalle iniziative,
gli appuntamenti si delineano e i programmi
cominciano ad essere divulgati. Questo info
rapide sarà dunque pieno di informazioni
indispensabili a ciascuno di noi, però ci è
sembrato importante sottolineare alcuni fatti
rilevanti.
Le autorità francesi continuano a dare spazio alla
discussione: Jacques Chirac ha ricevuto per 4
ore, il giorno 30 Aprile, dei rappresentanti dei
movimenti e delle ONG per discutere sul G8; il
presidente francese aveva già ricevuto i
sindacati francesi e internazionali sullo stesso
soggetto. In sintonia con questa attitudine, le
negoziazioni con le autorità hanno permesso di
fissare i diversi dossiers pratici, i villaggi
alternativi, i luoghi di conferenze, i percorsi di
manifestazione, ecc.
Allo stesso tempo però, i preparativi di sicurezza
si rinforzano: esercitazioni sul lago Lemano,
chiusura di una zona rossa estremamente
ampia,
montaggio
di
prefabbricati
per
permettere degli interrogatori di massa, ecc. Tra
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Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile.
questi, una misura ci sembra particolarmente
grave: l’esistenza e l’utilizzo di “liste nere” nello
spazio europeo di militanti che non sarebbero
autorizzati ad entrare in Francia, riparleremo di
questo fatto più avanti.
La
tensione
legata
alla
sicurezza
è
particolarmente sensibile dal lato svizzero: dopo
qualche incidente (vetrine distrutte a Losanna
durante il 1 maggio, dei responsabili politici di
destra chiedono il divieto della manifestazione
del 1 giugno e la stampa elvetica è piena di
polemiche sulla questione.
Ultimo elemento, non perciò meno importante:
la situazione sociale in Francia. Il governo ha
presentato un progetto di legge sulle pensioni
che
ritarda
sensibilmente
l’età
di
pensionamento e che porterà alla diminuzione
delle risorse dei futuri pensionati. Uno sciopero
di 24 ore e delle manifestazioni indette da tutti i
sindacati sono stati organizzati per il 13 maggio
e diversi sindacati preparano una giornata di
manifestazione nazionale per la domenica 25
maggio. Tra queste due date, cominceranno
degli scioperi reiterabili in diversi settori,
particolarmente nell’insegnamento. Il successo
di questi scioperi e manifestazioni peserà sulla
mobilitazione per il G8. Se, da una parte, la
sconfitta potrebbe scoraggiare una parte di
quelli che desiderano manifestare a Ginevra,
dall’altra il successo delle mobilitazioni in difesa
delle pensioni potrebbe giocare a favore di una
mobilitazione contro il G8, uno dei luoghi di
incentivo alle politiche liberali.
Materiale di mobilitazione e informazione. Una
locandina unitaria in francese è stata stampata,
i files si trovano in formato pdf sul sito, ma si
può anche prenotare (formato A4, 40/60) da
Aguirre: + 33 689302147
Un plico di 4 pagine informative è in
realizzazione. Sarà composto da una cartina con
la localizzazione dei principali posti di
mobilitazione a Ginevra e Annemasse, e da una
presentazione delle attività principali (dibatti,
conferenze, incontri dei militanti, ecc.). Questo
plico informativo sarà pubblicato da “Le
Courrier”, giornale di Ginevra, e
da “Politis”,
settimanale francese.
Le Frontiere:
Uno dei gruppi di lavoro con le autorità trattava
giustamente della questione delle frontiere (cf.
Info rapide n.1 e n.2). Come abbiamo già
annunciato, gli accordi di Schengen saranno
sospesi et saranno ristabiliti i controlli di
frontiera.
La polizia cercherà delle armi, comprese quelle
considerate
come
possibili
armi
improprie(manici di zappa e bastoni da
baseball, ecc.). Fare particolarmente attenzione
ai coltelli, considerati delle armi quando hanno
una lama fissa, e alle maschere antigas
di
origine militare, che sono in Francia considerate
come delle armi.
Un accordo è stato trovato per la questione dei
minorenni, i quali devono, se non sono muniti di
passaporti ma solo di carte d’identità, avere una
autorizzazione dei genitori. “Eccezionalmente”,
questa autorizzazione non sarà richiesta. Nello
stesso modo, le delegazioni di sans-papiers
(immigrati
clandestini,
senza
documenti)
saranno autorizzate ad entrare in territorio
francese, il rischio rimane però al loro ritorno,
particolarmente verso l’Inghilterra che non
appartiene alla zona Schengen, ma che riguarda
anche altri paesi (Spagna e Italia in particolare).
Contattate previamente le autorità dei vostri
paesi se fate parte di una delegazione di sanspapiers.
Per gestire tutta questa problematica, avremmo
dei contatti regolari con le autorità competenti
(Carabinieri e Polizia di frontiera). Contattare
Ludo
nell’indirizzo
[email protected]
per
annunciare l’ora e la frontiera per la quale
passerete. Il problema principale, e quello che
politicamente è più scandaloso, riguarda le “liste
nere”. All’inizio, le autorità hanno negato
l’esistenza di tali elenchi, parlando soltanto delle
schede di persone ricercate, dopo ci hanno
garantito che soltanto coloro con delle condanne
per violenze sarebbero stati accompagnati alle
frontiere. Adesso, le autorità hanno ammesso
che loro non sapranno le ragioni per le quali uno
è presente nelle liste, queste ultime essendo
state stabilite da ciascun governo che le
trasmette ai loro omologhi europei.
Tali elenchi sono ingiustificabili, e abbiamo
cominciato una campagna su questo soggetto
con il Sindacato della Magistratura, il Sindacato
degli Avvocati francesi e la Lega dei Diritti
dell’Uomo. Altri contatti sono stati presi in
parallelo con i gruppi della sinistra al Parlamento
Europeo, i quali si erano già mobilitati a questo
proposito dopo i fatti di Göteborg, quando il
principio di tali elenchi fu discusso dai ministri
dell’interno de l’Unione Europea.
Incontro del 30 Aprile con Jacques Chirac.
Hanno partecipato a questa riunione:
delle associazioni di collettività locali (ADF, AMF,
CCRE, CUF)
delle associazioni per la difesa dei diritti umani
(Amnesty International, FIDH, Reporters sans
frontières)
delle associazioni per la difesa dell’ambiente
(Amis de la terre, Greenpeace, WWF)
delle associazioni per la difesa del diritto alla
sanità (Act-up, AIDES, Croix Rouge, MDM, MSF)
[email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm
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delle associazioni di solidarietà internazionale
(Action contre la Faim, ATD, AGIR ICI, ATTAC,
CARE, CCFD, CFSI, CRID, OXFAM International,
Secours Catholique, SOLAGRAL, Coordination
SUD).
Nella dichiarazione preliminare, Jacques Chirac
ha definito le sue priorità:
Solidarietà (NEPAD, acqua, sanità e AIDS,
adattamento degli strumenti finanziari, APD,
rendere il mercato accessibile ai paesi del Sud,
partnership
pubblicoprivato,
tassazione
internazionale, alleggerimento del debito).
Crescita (assicurare il successo del ciclo di Doha
a Cancún, premunire i settori dei beni culturali,
dell’agricoltura
e
dei
servizi
pubblici,
dell’educazione e della sanità).
Responsabilità (nel senso di una economia di
mercato responsabile, condanna degli scandali
finanziari, definire un’etica della gestione delle
imprese nel piano sociale che seguano le regole
dell’OIT, e nel piano ambientale con la
creazione
dell’Organizzazione
Mondiale
dell’Ambiente).
Sicurezza (dopo l’11 Settembre, lottare contro il
terrorismo nello stretto rispetto dei diritti
dell’Uomo)
Democrazia planetaria (Consiglio di sicurezza
economico e sociale, riunione a cominciare dal
G8 di dodici paesi emergenti e poveri)
Organizzazione sul territorio
Annemasse:
Centro- stampa e polo giuridico: Il centrostampa (i media ufficiali + quelli alternativi) è
situato nel Ginnasio Romain Baz, nelle vicinanze
del centro Martin Luther King. Il polo giuridico è
situato nello spazio MLK (aula di 30 posti al
primo piano).
Annecy:
Degli eventi saranno anche organizzati a
Annecy, malgrado la presenza di un festival
durante la stessa settimana: 2-3 forum e una
festa il 31 sera (una “tartiflette” gigante con i
prodotti forniti dalla “Confédération Paysanne”).
Ginevra:
Il Consiglio di Stato ha reso noto, in un
comunicato ufficiale del 30 Aprile, l’istituzione di
una struttura ad hoc e una prima riunione si è
già svolta. Oltre alla “Maison des Associations”,
situata in centro, gli altri luoghi messi a
disposizione saranno gli stadi “Bout du Monde”
e “Vessy” (comune di Veyrier).
Delle squadre che si occuperanno del
funzionamento e dell’arrivo sono state create
intorno
a
questioni
logistiche
e
di
approvvigionamento,
energia,
trasporti,
evacuazione, servizi sanitari, presidio medico,
parcheggio per autobus (previsto su terreno di
proprietà dello Stato a Ginevra).
Saranno messi a disposizione, se ci fosse
bisogno, degli altri terreni e spazi (dipendendo
dal numero di manifestanti previsti).
Prossima riunione con le autorità il lunedì 5
maggio, dopo programma regolare delle riunioni.
Losanna
Il 29 Maggio, un corteo sarà organizzato in
centro, seguito da una festa.
30 Maggio, diverse attività e un concerto
durante la sera.
31 Maggio, operazione “Fuochi nel lago”, 57 falò
sono già prenotati intorno al lago, dal lato
svizzero e francese, tra questi 17 nel Cantone de
Vaud.
Domenica 1 Giugno: accerchiamento simbolico
dei luoghi di residenza delle delegazioni. I Forum
saranno tenuti nel campus dell’Università e del
Politecnico.
Il centro di aggruppamento è
ancora da definire.
Manifestazione in Ginevra e Annemasse la
domenica 1 Giugno, partenza alle 10.
Contatti:
Attualmente esistono tre contatti permanenti:
Ginevra: Yoann Boget, ++41 79 216 48 91,
[email protected]
Annemasse:
[email protected]
Parigi : Ashby,
[email protected]
Tutte
le
informazioni
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in
italiano, inglese e tedesco
su
francese,
Traduzione a cura di Daniela Cabrera, Traduttori
per la Pace
3
L’“ufficio
globalizzazione
politico”
della
di Pepo Hofstetter
Raramente un evento è assurto agli onori della
prima pagina in Francia e Svizzera con tanto
anticipo quanto il prossimo vertice degli otto più
potenti paesi industrializzati (il G8), che si terrà
ad Evian dal 1° al 3 giugno. Per ora, non sono
tanto i contenuti del vertice ad attirare
l'attenzione, quanto le questioni di sicurezza e
di ordine pubblico. Ma qual'è la politica che
conduce questo club esclusivo?
Mao Tsé-toung, il padre della Cina moderna, era
solito chiamare le potenze capitaliste "tigri di
carta". Possiamo definire così anche gli otto più
potenti paesi industrializzati che formano il G8? I
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loro "informali" incontri annuali sarebbero
quindi delle abili "messe in scena" mediatiche,
privi di risultati concreti?
In tutti i casi, è questa l'impressione dominante
quando si va oltre la retorica di questi vertici.
Persino il sito ufficiale dei G8 si attesta su un
basso profilo: vi si legge che considerare il G8
come una sorta di "direttorio" del mondo
significa "essere ben fuori dalla realtà". Il G8,
quindi, non sarebbe altro che un club informale,
senza potere decisionale o vincolante, senza
regolamenti, senza sede né segretariato. Non
farebbe concorrenza né alle Nazioni Unite, né
all'OMC,
né
alle
istituzioni
finanziarie
internazionali.
Quando i ministri delle finanze di USA,
Germania Ovest, Francia e Gran Bretagna, 30
anni fa - nell'aprile del 1973, si riunirono della
biblioteca della Casa Bianca per discutere
informalmente
dell'economia
mondiale
in
decadenza, non sapevano di posare la prima
pietra del futuro G7.
All'apice della crisi petrolifera
Uno dei quattro, Valérie Giscart d'Estaing,
divenuto capo del governo francese, ripropose
l'esperienza nel 1975, invitando i governanti dei
sei più importanti paesi industrializzati ad un
"vertice informale sull'economia mondiale" nel
castello di Rambouillet. Erano presenti Stati
Uniti, Gran Bretagna, Italia, Giappone e
Germania Ovest.
Il Canada, su richiesta degli USA, si è unito al
gruppo nel 1976 e, in seguito, il Presidente
della Commissione Europea vi ha partecipato in
qualità di osservatore. La Russia è stata invitata
a partecipare dopo la fine della "guerra fredda"
(dal 1991) ed è diventata membro a pieno titolo
solo nel 1998, restando esclusa dalle importanti
consultazioni dei G7, notoriamente quelle dei
ministri delle finanze.
Rambouillet è stato il vertice della crisi. Il
sistema monetario stabilito a Bretton Woods era
crollato. Il mondo era angosciato dalla Guerra
fredda e gli USA pagavano il caro prezzo del
conflitto in Indocina. I paesi del Nord si
trovavano sulla difensiva di fronte alle giovani
nazioni del "Terzo Mondo", che reclamavano
attraverso le Nazioni Unite un ordine economico
più giusto; i paesi produttori di petrolio
minacciavano di chiudere i rubinetti. In questo
difficile contesto, i vertici dei G7 dovevano
aiutare a coordinare le politiche economiche dei
principali Stati capitalisti, a contenere i
crescenti conflitti
di interesse interni e a
elaborare
nuove
regole
per
l'economia
mondiale.
Nato da una spinta difensiva, il G7 adotta ben
presto una politica offensiva: le "tigri di carta"
mostrano i denti. L'evento decisivo all'origine di
questa mutazione fu lo scatenarsi della crisi del
debito del Terzo mondo (cessazione dei
pagamenti del debito da parte del Messico nel
1982). Il G8 si trasformò allora - come spiega
Rainer Falk del gruppo di riflessione tedesco
WEED 1- "in un centro di potere che ha
orchestrato la controffensiva dei paesi del Nord
verso quelli del Sud, imponendo loro quegli
aggiustamenti strutturali che avrebbero avuto
l'effetto di una vera e propria cura da cavallo".
Elaborata nel 1983 durante il vertice di
Williamsburg (USA), questa dottrina definiva lo
scopo strategico ultimo, tuttora valido, di
assicurare la capacità di di servizio del debito dei
paesi poveri, affidando al Fondo Monetario
Internazionale (FMI) un ruolo centrale: attuare
la
politica
di
aggiustamento
strutturale
neoliberale e recuperare gli interessi del debito.
Un centro nevralgico
Negli anni '90, il G7/G8 diventa sempre di più il
ponte di comando della globalizzazione. L'ordine
del giorno è stato esteso, le consultazioni a
livello ministeriale, allargate. In aggiunta alle
tradizionali questioni di politica economica e di
sicurezza, sono stati integrati dei nuovi temi,
come quelli relativi alle politiche ambientali ed
energetiche,
l'architettura
finanziaria,
il
terrorismo, i diritti dell'uomo, le droghe, la
società dell'informazione e, ovviamente, il debito
dei paesi poveri. Il G8 si è trasformato in centro
di comando della politica internazionale e
dell'economia planetaria, che elabora direttive
vincolanti per le altre istituzioni internazionali.
Questo è particolarmente vero per il FMI e la
Banca mondiale, due istituzioni nelle quali i paesi
del G7 controllano la maggioranza dei voti.
Da questo punto di vista, il successo del G7 è
stato totale. I suoi membri sono riusciti ad
annientare l'esigenza del Terzo Mondo di giocare
un ruolo sovrano nel sistema economico
mondiale. Essi si sono eletti vincitori della guerra
fredda, hanno lanciato l'Uruguay Round e
trionfato, ottenendo la creazione dell'OMC,
nonostante le contestazioni interne.
Una vivace contestazione
Oggigiorno, tuttavia, la capacità del G8 di gestire
e governare i pressanti problemi mondiali, quali
la povertà, l'inquinamento ambientale e le
ingiustizie dell'economia internazionale è oggetto
di contestazioni sempre più vivaci. La pubblica
contestazione è cominciata un po' in sordina a
Londra nel 1984 e a Bonn nel 1985 (con le prime
La controffensiva
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grandi manifestazioni di piazza). E' poi cresciuta
assumendo una dimensione consistente a
Birmingham (1988) e a Colonia (1999) in
occasione della campagna "Giubileo 2000", per
culminare infine nella gigantesca - e tragica manifestazione di Genova 2001, a cui hanno
partecipato più di 250.000 persone.
Viene contestata sempre più apertamente non
solo la politica dei G8, ma anche la sua
legittimità. Come scrive Rainer Falk, se il G8 "è
globalmente pertinente, non è globalmente
rappresentativo". In effetti costituisce un club
elitario che definisce gli assi della politica
internazionale, ma comprende solo otto governi
e non rappresenta che il 60% del prodotto
interno lordo mondiale. Non è possibile aderire
al club di propria volontà; al massimo si viene
cooptati. Persino nel FMI, nonostante la loro
scarsa voce in capitolo, i paesi del Sud sono
meglio rappresentati. Né cambia il problema di
fondo il fatto che, in questi ultimi anni, siano
stati invitati - per la foto di gruppo finale alcuni capi di Stato dei paesi in via di sviluppo e
il Segretario generale delle Nazioni Unite.
per l'aiuto allo sviluppo: secondo l'OCSE,
quest'ultimo è passato da 40,22 miliardi di
dollari nel 2000 a 38,2 miliardi nel 2001,
ovverosia una diminuzione di 2 miliardi!
Una retorica incoerente
Il G8 ha reagito alla critica accrescendo la
retorica sulla politica dello sviluppo. Grazie alla
pressione del movimento "Giubileo 2000" ha
ampliato - nel 1999 - le iniziative a favore dei
paesi poveri più indebitati e privi di mezzi per
ripianare il debito. Da allora, ad ogni vertice,
con grande enfasi sui media, i suoi membri
promettono grandi cifre per nuovi progetti,
fondi e altre "taskforce". In realtà si tratta - in
parte - di semplici trasferimenti di risorse già
destinate, e spesso le somme promesse non
vengono erogate, come dimostrato chiaramente
dall'esempio del Fondo globale per la lotta
all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi creato a
Genova nel 2001. Mentre Kofi Annan, il
Segretario delle Nazioni Unite, stimava un
fabbisogno annuale di risorse compreso tra i 7 e
i 10 miliardi di dollari, i paesi del G8
articolavano la cifra di 1,2 miliardi. Però,
persino di questa cifra, finora, nessuno ha visto
un dollaro.
I membri del G8 non danno seguito neppure
alle decisioni prese nel corso dei loro incontri,
sottolinea ugualmente il Centro di informazione
sul G8 dell'Università di Toronto. Solo le
decisioni che riguardano la politica commerciale
ed energetica sono rispettate abbastanza bene;
sempre secondo il centro di Toronto, in linea di
massima sono i governi di Gran Bretagna,
Canada e Germania ad essere i più integrati.
Sicuramente, un buon mezzo per valutare la
serietà degli impegni dei paesi del G7 in materia
di politica di sviluppo è guardare al loro budget
di Marc Lopatin (War on Want)
Per maggiori informazioni :
www.g8.utoronto.ca
www.g8fr/evian
www.antig8.org :sito gestito dal Collettivo
"Haut-savoyard" di Resistenza al G8 (CHARG)
www.g8-evian2003.org : sito gestito dal
Collettivo anti-G8 di Parigi
www.evian-g8.org : sito gestito da un Collettivo
di Losanna
www.squat.net/contre-attaque : sito gestito da
un Collettivo di Losanna
www.claaacg8.org
:
Villaggio
alternativo,
anticapitalista e anti-guerra VAAAG
www.cedetim.org : Centro di studi e di iniziative
di solidarietà internazionale, Parigi
4 - Oltre l’Iraq: il potere degli USA e la
povertà globale
Mentre le Nazioni Unite scaldano la panchina
sulla questione Iraq, e le trattative commerciali
multilaterali si avvicinano allo stallo, tutto e’
pronto per una dimostrazione distruttiva del
bilateralismo statunitense , trasversale alla
diplomazia, alla forza e al commercio.
Per citare una frase recente di un autorevole
componente del Dipartimento della Difesa
‘Perche’
non dovremmo utilizzare la politica commerciale
per premiare i nostri amici e penalizzare coloro
che non ci sostengono ?’
In fondo, in quale altro paese del mondo il capo
dello stato puo’ permettersi di chiedere $75
miliardi in finanziamenti all’emergenza per
pagarsi la guerra e nello stesso momento
ottenere per i ricchi una riduzione delle tasse di
$350 miliardi entro il prossimo decennio ? E’
l’equivalente dello spendere l’intero prodotto
interno lordo (PIL) delle Filippine per la guerra,
mentre si rinuncia ad introiti fiscali equivalenti al
PIL dell’Australia.
Il denaro parla
Il budget militare statunitense e’ stato elevato
quest’anno a $ 400 miliardi, ovvero otto volte i
flussi globali di aiuti, mentre il pacchetto di
salvataggio di $ 3.5 miliardi per le linee aeree
USA varato la scorsa settimana ammonta a
quasi il 75% dell’intera cassa di guerra di
Gordon Brown (Ministro del Tesoro del Regno
Unito, ndt).
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Il predominio economico degli Stati Uniti – e la
conseguente forma dell’economia globale – e’
stato costruito da un insieme di prepotenze,
minacce ed incentivi – lasciandosi dietro una
scia di partner commerciali sanguinanti dopo
ogni vertice dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC). Negoziati banali sui diritti
alla
proprieta’
intellettuale,
sussidi
all’esportazione, dazi doganali ed il diritto divino
dei flussi di capitale magari non mobilitano
milioni di dimostranti, ma non si può negare
che, in un’economia globale, sono questi i veri
bottini di guerra.
Nel 2001 il PIL degli Stati Uniti superava i $10
trilioni – piu’ del doppio di quello del Giappone,
al secondo posto. Il paese maggior importatore
ed esportatore di merci e servizi e’ anche la
sede di 24 delle prime 100 corporation nonfinanziarie, classificate in base ai patrimoni
esteri posseduti.
A febbraio di quest’anno,
Robert Zoellick, Delegato al Commercio USA,
ha dichiarato al Congresso che le esportazioni
USA mantengono 12 milioni di posti di lavoro
ben retribuiti.
Fatti concreti come questi hanno indotto il
comitato destrorso statunitense ‘The Heritage
Foundation’ a concludere in un documento di
politica programmatica dell’aprile 2001 che
‘L’America ha bisogno di aumentare, non
diminuire, il commercio estero. Visto che il
96% dei consumatori mondiali vive fuori degli
Stati
Uniti,
l’economia
statunitense
e’
fortemente
dipendente
del
commercio
internazionale ’.
Divisi ci sosteniamo
Se il mantenere e l’estendere questi indicatori di
potere sono un onere per l’Impero, allora forse
il mondo sta per sperimentare una nuova epoca
di regno bilaterale statunitense.
Questa
probabilita’ e’ aumentata la settimana scorsa
all’arenarsi dei colloqui commerciali multilaterali
tra gli stati membri dell’OMC, che non sono
riusciti a raggiungere una posizione comune
sull’agricoltura entro la scadenza del 31 marzo,
in
anticipazione
dell’incontro
ministeriale
dell’OMC a Cancun, Messico, a settembre.
Cominciano ad evidenziarsi altre crepe.
Qualche settimana fa l’OMC ha decretato che gli
USA
erano
in
violazione
delle
regole
internazionali sul commercio per aver imposto
dazi fino al 30% sulle importazioni di acciaio lo
scorso anno. Non che gli USA diano molto
ascolto a decisioni del genere.
Non hanno
ancora recepito il giudizio dell’OMC del 2002 che
erano illegali le concessioni fiscali degli USA ai
propri
esportatori.
L’Unione Europea, non
immune da peccati nel campo dei sussidi, ha
ora il diritto di minacciare gli USA di sanzioni per
$4 miliardi.
Come ha detto un autorevole rappresentante
dell’United Nations Development Programme
(programma di sviluppo delle Nazioni Unite),
parlando del vertice OMC a Doha a novembre
2001, gli Stati Uniti non hanno scrupoli
nell’utilizzare tutta la propria influenza. “Quando
si dice che un accordo è multilaterale, significa
che il suo contenuto è il risultato di forti attività
bilaterali di costrizione ed intimidazione”. Al
vertice di Doha, i delegati africani venivano
confinati nelle loro camere d’albergo mentre gli
Stati Uniti esercitavano pressioni sui loro governi
affinché li ritirassero.
Perdere la battaglia
Le guerre commerciali periodiche sono tuttavia
sintomatiche di un malessere più profondo nel
capitalismo statunitense.
L’amministrazione
Bush e’ ben conscia del fatto che il paese sta
perdendo il proprio vantaggio in vari campi, tra
cui
quello
tecnologico,
elettronico,
biotecnologico e farmaceutico. Inoltre c’e’ lo
spettro della riduzione delle riserve energetiche
che è collegato all’attuale conflitto in Iraq.
Robert Wade, professore di economia politica
presso la London School of Economics, ritiene
che la guerra in Iraq potrebbe essere il
catalizzatore di un aumento di bilateralismo. “Il
seguito
della
guerra
in
Iraq
potrebbe
incoraggiare
certi
personaggi
dell’amministrazione
Bush
e
del
Tesoro
statunitense ad espandere le proprie ambizioni
economiche a sovvertire ancora di più il
processo di globalizzazione”.
Il dibattito sui diritti di proprietà intellettuale ne
è un esempio lampante. Negli anni ‘90, paesi
sviluppati quali gli Stati Uniti, Giappone e
l’Europa Occidentale hanno dato il bacio d’addio
all’era
industriale
e
hanno
sottoscritto
l’economia basata sulle conoscenze. Le società
che spaziano dal software allo spettacolo, dalla
biotecnologia al farmaceutico sono diventate le
portabandiera del commercio del 21° secolo. A
loro volta, dette corporations hanno preteso la
protezione delle loro proprietà intellettuali (PI),
che asserivano essere costate loro miliardi di
dollari in ricerca e sviluppo.
Mentre il valore delle merci, comprensivo di PI,
era salito rapidamente negli ultimi decenni, i
tempi delle innovazioni si sono ridotti a livelli
minimi (pensare a tutti gli aggiornamenti a
Windows). La concorrenza implicita ha costretto
le aziende quali Microsoft, Disney, Sony ed IBM
a cercarsi i mercati piu’ vasti possibili per
assicurarsi un buon ritorno sugli investimenti.
Negli ultimi anni vi sono state diverse
controversie ad alto profilo sulla questione PI,
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quali i diritti dei colossi farmaceutici a
brevettare medicine in regime di monopolio
contro i diritti dei paesi in via di sviluppo di
produrne copie generiche piu’ economiche per
salvare le proprie popolazioni da malattie quali
l’AIDS. Un accordo che prevedeva la rinuncia al
brevetto per validi motivi umanitari all’ultimo
non e’ stato firmato per il rifiuto delle aziende
farmaceutiche statunitensi di estendere la
rinuncia oltre un gruppo molto ristretto di paesi
in via di sviluppo, e per un ristretto elenco di
malattie.
Il professor Wade ci segnala come, di fronte ad
una minaccia multilaterale ai profitti delle
proprie aziende farmaceutiche, gli USA abbiano
cominciato ad inserire clausole sulla PI, che
vanno oltre le previsioni dell’OMC, negli accordi
commerciali bilaterali con paesi quale il Cile.
“Questo
e’
un
clamoroso
esempio
di
protezionismo USA commesso in nome della
liberalizzazione. Gli USA stanno utilizzando gli
accordi OMC come punto di partenza minima,
per strappare ancor maggiore protezione per i
detentori di brevetti statunitensi”.
Dall’Università di Columbia, New York, Jagdish
Bhagwati, professore di economia, vede
profilarsi una politica commerciale ancora più
sinistra. “Gli Stati Uniti stanno usando una
tattica molto furba. Oltre alla protezione
aggressiva delle proprie IP, i negoziatori USA
cominciano ad imporre stringenti condizioni
finanziarie ai propri partner commerciali”.
Bhagwati si riferisce al recente accordo con il
Cile, nonché ad un altro accordo con Singapore,
i quali specificamente escludono la possibilita’ di
ricorrere all’impiego di controlli capitali.
In
termini finanziari, è l’equivalente del lanciare
una bomba di 1000 chili sul paese firmatario,
poiché i controlli capitali sono l’ultima linea di
difesa di un paese per controllare i flussi volatili
di capitali che abbandonano la loro economia.
Il diritto divino dei flussi capitali
Improvvise
fughe
di
capitali
hanno
regolarmente devastato le economie in via di
sviluppo dell’Asia e dell’America Latina, da
quando nel 1997 paesi quali la Tailandia,
l’Indonesia, la Malaysia e Corea del Sud sono
stati gettati nel caos finanziario dagli investitori
che, presi dal panico, hanno ritirato in massa i
loro capitali. Questo ha costretto i governi a
svalutare le loro monete in cambio di un
salvataggio da parte del Fondo Monetario
Internazionale (FMI),
con conseguente
impennata dei prezzi dei beni importati e caduta
verticale del tenore di vita dei cittadini.
Se gli accordi commerciali che proibiscono
l’impiego di controlli capitali diventassero la
norma, cio’ significherebbe che il paese che
dovesse utilizzarli per difendere la propria
economia finirebbe col compensare gli investitori
americani del loro disturbo.
“Tutto questo e’ stupefacente, visto quello che
abbiamo imparato dalle crisi finanziarie del
passato”, dice Bhagwati. “Il Complesso Wall
Street-Tesoro sta scambiando l’accesso al
mercato statunitense con una protezione
assoluta dei
brevetti e una liberalizzazione
finanziaria dai partner commerciali. Questo ha
tutto a che fare col rastrellare diritti per le
corporations statunitensi e con l’assicurare la
mobilita’ dei capitali di Wall Street. Non ha nulla
a che vedere con il commercio”.
Bhagwati continua e spiega che il cosiddetto
accesso privilegiato al mercato statunitense e’ di
fatto illusorio. Asserisce che gli accordi OMC del
prossimo decennio supereranno finalmente le
offerte USA di accesso ai mercati, man mano
che le barriere al commercio in tutto il mondo
vengono smantellate. Ma intanto che l’involucro
di accesso ai mercati si disintegra, resteranno in
vigore le clausole bilaterali sulla protezione dei
brevetti e l’apertura finanziaria.
Questa politica e’ contraria perfino alle ultime
dichiarazioni del FMI sulla liberalizzazione
finanziaria, che asseriscono che i paesi in via di
sviluppo dai settori finanziari limitati non
derivano alcun beneficio dall’arrendersi ai
capricci dei flussi finanziari globali.
E questo e’ proprio il genere di buonsenso che
l’amministrazione Bush non vuole sentire. Non
stupisce, quindi, che giusto la scorsa settimana
l’azionista di maggioranza del FMI (gli Stati
Uniti) abbia bloccato l’iniziativa volta ad
applicare un meccanismo tipo protezione dalla
bancarotta per impedire che i paesi a reddito
medio quali Argentina e Brasile, gia’ vittime in
passato, soffrano le dolorosissime conseguenze
delle fughe di capitale.
Il fatto che gli Stati Uniti stiano nuovamente
collegando il commercio ai movimenti di capitale
dovrebbe far scattare i campanelli di allarme.
Nel 1998, una banda dedicata di attivisti hanno
contribuito a sconfiggere i piani per un Accordo
Multilaterale
sugli
Investimenti
(MAI).
Spalancare il mondo intero a flussi di
investimento statunitensi senza controlli potra’
essere il sogno di Bush e dei suoi sostenitori
nelle corporations per un secondo mandato, ma
il progetto stesso ci da degli indizi per contenere
gli USA.
Regnare in una superpotenza
Ai
vecchi
tempi,
gli
Imperi
erano
tradizionalmente i piu’ grandi creditori del
mondo, che regnavano sui loro vasti territori
attraverso il semplice meccanismo della
schiavitu’ del debito. Non cosi’ gli Stati Uniti.
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L’egemone del 2l° secolo e’ infatti il piu’ grande
debitore del mondo, con un enorme disavanzo
commerciale che si prevede salga a livelli record
mentre Bush distribuisce tagli alle tasse ai pochi
ricchi privilegiati.
Gli Stati Uniti riescono a
sostenere questo equilibrismo fiscale solamente
grazie al fatto che riescono ad attirare una
parte cosi’ rilevante dei risparmi mondiali.
La domanda globale del dollaro, quale moneta
piu’ stabile del mondo, spinge verso l’alto il suo
valore e permette ai consumatori statunitensi di
ingozzarsi
di importazioni a buon mercato
provenienti da tutto il mondo. Gli esportatori,
nel frattempo, sono costretti ad accumulare
miliardi di dollari nelle proprie banche centrali
per proteggersi da eventuali attacchi alla
propria moneta piu’ debole. Questi di solito
vengono convertiti in Buoni del Tesoro USA che
pagano un magro 2-3% di interessi.
Pensiamo a cosa succederebbe se i sentimenti
anti-americani arrivassero a livelli tali che gli
investitori mondiali convertissero i loro risparmi
in Euro, ed i loro governi si decidessero ad
incassare quei BOT americani ? Certo, nessuno
ha intenzione di scatenare
un disastro
finanziario, ma minacciare di farlo potrebbe
rivelarsi l’ultima risorsa per richiamare all’ordine
un Impero riottoso.
Contatto
per
questo
[email protected]
Traduzione
traduzioni
di
Lorraine
Buckley
articolo:
per
Attac-
5 - Sars e bioterrorismo
di Mae-Wan Ho*
L'opinione pubblica è stata portata sull'orlo
dell'isteria rispetto alla questione degli attacchi
terroristici e delle armi di distruzione di massa.
Alcuni governi vogliono vietare la pubblicazione
dei risultati sensibili delle ricerche scientifiche,
sostenuti in questo da alcuni eminenti editori ed
autori di scienze naturali. C'è perfino chi
sostiene la
creazione di un organismo
internazionale per vigilare sulla ricerca e
sull'editoria scientifica. Il Dott. Mae-Wan Ho
analizza l'attuale crisi epidemica di SARS e
argomenta perché tutte queste misure per il
controllo del bio-terrorismo sono fuori luogo e
cosa sarebbe necessario invece.
Il caso SARS
Durante le settimane in cui le forze alleate
erano intente a scaricare distruzione e morte in
Iraq per eliminare Saddam Hussein e le sue
introvabili “armi di distruzione di massa”,
un'epidemia di SARS ha attraversato i
continenti,
come
una
bomba“cluster”
molecolare che esplodendo libera ulteriori milioni
di particelle infettive appena colpito un
bersaglio, veicolata in giro nel mondo dai
passeggeri dei voli aerei.
SARS, o Sindrome respiratoria acuta grave è
una malattia infettiva completamente nuova che
si diffonde per contatto umano ed uccide circa il
4% delle persone colpite. L'epidemia ha avuto
origine nella provincia di Guangdong, nel Sud
della Cina. Le autorità cinesi hanno ammesso di
aver mal gestito la crisi e di essere state lente
nell'informare la cittadinanza.
La malattia colpì per la prima volta nello scorso
novembre.
In
marzo,
un
medico
sessantaquattrenne che aveva in cura dei
malati, Liu Jianlin, si spostò da Guandgdong a
Hong Kong per partecipare ad un matrimonio. Si
ammalò subito dopo l'arrivo in città e venne
ricoverato in ospedale. Chiese di essere messo
in quarantena, ma la sua richiesta fu ignorata; e
neppure furono allertate le persone che avevano
avuto dei contatti con lui. Risultato: nove ospiti
del suo stesso albergo contrassero la malattia e
la portarono a Singapore, in Canada, in Vietnam
e in altri ospedali di Hong Kong.
Il 10 febbraio, la notizia della malattia venne
inviate a ProMed, un servizio intenzionale di
notificazione via posta elettronica dell'insorgenza
di focolai infettivi.
Il giorno dopo la Cina informò l'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), ma rifiutò di
ammettere una squadra dell'OMS a Guangdong
fino all'inizio di aprile. In data 8 aprile, i casi
confermati di SARS, in 19 paesi, erano 2.671 e
103 i morti.
Le autorità sanitarie dei paesi di tutto il Mondo
sono state colte da una sensazione di panico
palpabile. Un editoriale del giornale Nature
intitolava “Madre natura è il terrorista estremo”.
“Impotenti nel fermare il contagio” scriveva la
rivista New Scientist, il cui editore depreca
l'assenza di un controllo internazionale quando si
tratta di malattie epidemiche: “La comunità
internazionale possiede ispettori armati pronti a
forzare l'ingresso in un paese al minimo segno
di possesso di armi chimiche. Ma quando si
tratta di malattie, non abbiamo un organismo
internazionale dotato del potere di occuparsene,
sebbene la malattia possa essere enormemente
più pericolosa”.
Undici laboratori sparsi in tutto il mondo hanno
partecipato alla caccia all'agente infettivo, uno
sforzo di collaborazione tramite teleconferenze
avviato sin dal 17 marzo dal virologo Klaus Stöhr
dai quartieri generali dell'OMS a Ginevra.
Il giornale Science ha scritto che Malik Pieris
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Granello di Sabbia n°97 page 11(13)
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dell'Università di Hong Kong è stato il primo a
scoprire il Coronavirus (che causa raffreddore e
polmonite), proprio quattro giorni dopo. Questo
risultato è stato replicato anche in altri
laboratori. Il virus e gli anticorpi al virus furono
individuati in molti pazienti infetti, sebbene non
in tutti, ma non vennero trovati negli oltre 800
pazienti di controllo sani.
Il New Scientist ha scritto che è stata la morte
di Carlo Urbani, il medico OMS che per primo ha
riconosciuto nella SARS una malattia nuova, a
condurre alla scoperta del Coronavirus. Il virus
fu isolato dai suoi polmoni e inviato a Joe DiRisi
dell'Università di California, a San Francisco,
che lo identificò. Da qui il nome Urbani dato al
virus.
Tuttavia persistono dei dubbi sul fatto che il
Coronavirus spieghi tutta la storia. John Tam,
direttore di virologia dell'ospedale Prince of
Wales di Hong Kong, trovò un altro virus – il
metapneumonovirus umano – in 25 dei 53
pazienti malati di SARS, e lo stesso
ritrovamento avvenne in laboratori in Canada e
in Germania. Il metapneumonovirus appartiene
alla famiglia dei Paramyxoviridae, che include il
virus parainfluenzale e quelli responsabili degli
orecchioni e del morbillo, nonché i virus Nipah e
Hendra responsabili di recenti epidemie.
Il Coronavirus è stato trovato solo in 30 pazienti
esaminati, mentre la Chlamydia – un batterio –
è stata identificata in tutti i campioni di Hong
Kong, sebbene quel ceppo di Chlamydia non è
noto causare malattie.
Può essere che entrambi i virus siano spettatori
della malattia mentre un altro virus, non ancora
identificato, sia il responsabile della SARS?
Il Coronavirus identificato era atipico. Infettava
rapidamente le cellule nei dischi di coltura, un
comportamento che altri Coronavirus umani di
solito non hanno. I virus provenienti dai tessuti
dei polmoni dei pazienti di Toronto (Canada),
avevano la capacità di infettare rapidamente le
cellule di fegato di scimmia e nessun
Coronavirus noto infetta quella linea cellulare.
Il laboratorio di DiRisi possiede un rilevatore di
virus (virus detector chip) capace di vagliare
1200 virus alla volta. Quando vennero vagliati i
campioni inviati dai Centri di Controllo e
Prevenzione delle malattie negli USA (Centers of
Disease Control and Prevention – CDC),
emersero diverse specie di Coronavirus, i più
evidenti – indicanti l'identità più prossima –
erano il virus della bronchite aviaria (dei polli) e
un Coronavirus bovino. Questo sembrerebbe
confermare le affermazioni delle autorità cinesi
che i primi casi si sono avuti tra gli addetti degli
allevamenti di volatili.
Tuttavia, analisi più dettagliate realizzate con il
metodo della PCR (polymerase chain reaction -
reazione a catena della polimerasi) e condotte
da due gruppi che hanno recentemente
pubblicato i loro risultati on-line sul New England
Journal of Medicine, indicano che il nuovo virus
non è strettamente correlato a nessun virus
noto, non importa se di uomini, bovini, gatti,
suini, topi, uccelli.
Inoltre il virus fu isolato solo da cellule colturali,
e non dai tessuti dei pazienti. I frammenti di PCR
del nuovo Coronavirus non sono stati riscontrati
in nessun soggetto sano esaminato finora. Ma
neppure tutti i pazienti affetti da SARS sono
risultati positivi a uno dei frammenti di PCR. Da
dove proviene questo nuovo virus?
Ingegneria genetica dei supervirus
Mentre l'epidemia deve ancora finire il suo corso,
un resoconto apparso nel Journal of Virology,
descrive un metodo per indurre delle mutazioni
desiderate nei Coronavirus al fine di creare dei
nuovi virus. Un punto chiave della procedura è la
creazione
di
virus
chimera
interspecie
ricombinanti. Questo comporta la sostituzione di
parte della punta formata dalle proteine virali
che sporgono nel mezzo interno del virus della
peritonite infettiva felina (FIPV) – che causa
immancabilmente delle infezioni mortali nei gatti
- con quella del virus dell'epatite dei topi. Il
virus ricombinante mFIPV, non infetterà più le
cellule dei gatti, ma piuttosto quelle dei topi e si
moltiplicherà velocemente in queste.
Questi ed altri esperimenti di manipolazione del
genoma virale sono ormai pratica ordinaria.
Dimostrano come sia facile, nei laboratori,
creare
nel
corso
di
esperimenti
apparentemente legittimi - di ingegneria
genetica, nuovi virus capaci di saltare
l'organismo ospitante solito. Esperimenti simili
potrebbero accadere in natura mentre nessuno
sta osservando, come dimostrano ampiamente
la SARS ed altri episodi epidemici.
Non
è
neppure
necessario
creare
intenzionalmente dei nuovi virus letali, se questo
è quello che qualcuno desidera. In realtà è molo
più veloce e più efficace lasciare che mutazioni e
ricombinazioni avvengano a caso nel tubo
dell'esperimento. Usando una tecnica chiamata
incrocio molecolare (molecular breeding), milioni
di virus ricombinanti possono generarsi nel giro
di pochi minuti. Questi possono poi essere
selezionati in base al miglioramento delle
funzioni – come nel caso degli enzimi – o per
una l'aumentata virulenza – come nel caso di
virus e batteri.
In altre parole, i genetisti possono ora
velocizzare enormemente, nei laboratori, la
"normale" evoluzione di virus e batteri e crearne
di nuovi, mai apparsi finora in tutti i milioni di
anni di evoluzione terrestre.
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Controllare il bio-terrorismo
John Steinbruner, esperto di controllo di armi
dell'Università del Maryland, ha chiesto una
sorveglianza internazionale obbligatoria per
quelle aree della ricerca biomedica pericolose
per loro natura. Nello specifico, si tratterebbe di
un organismo internazionale formato da
scienziati e pubblici ufficiali che dovrebbe
autorizzare tali ricerche.
Steinbruner ha recentemente illustrato la sua
proposta durante gli incontri della American
Association for the advancement of Science
(Associazione americana per il progresso della
Scienza),
della World Medical Association
(Associazione Mondiale dei medici) e - in aprile
2003 - anche ad un incontro londinese sul bioterrorismo sponsorizzato dalla Royal Society of
Medicine e dalla New York Academy of
Medicine.
Il sistema di sorveglianza sarebbe obbligatorio e
dovrebbe operare prima della realizzazione di
esperimenti potenzialmente pericolosi. Anche
l'accesso ai risultati dovrebbe essere limitato
solo a coloro che superano l'ispezione.
Richiedere che gli scienziati, le istituzioni e
persino gli esperimenti siano autorizzati
“avrebbe un devastante effetto di congelamento
della ricerca biomedica” ha affermato Ronald M.
Atlas, presidente della American Society of
Microbiology (ASM - Società americana di
microbiologia).
Egli
propone
l'autoregolamentazione, in linea con i requisiti
etici previsti per prevenire un uso distruttivo
della biologia.
L'ASM
ha
orchestrato
e
sostiene
una
dichiarazione rilasciata il 15 febbraio da un
gruppo di eminenti editori ed autori di scienze
naturali, in cui si riconosceva la necessità di
bloccare la pubblicazione dei risultati di ricerche
che potrebbero essere d'aiuto ai terroristi.
I critici di questa posizione affermano che anche
l'autocensura abbracciata dal gruppo di autori
ed editori
è un impedimento al rapido
progresso della scienza unico mezzo, invece,
davvero efficace per disinnescare il potenziale
letale di alcune ricerche biologiche. Ma
Steinbruner teme che l'autoregolamentazione
non sia sufficiente a sovrastare i terroristi.
Tuttavia, sia Steinbruner che Atlas concordano
nel
ritenere
che
qualsiasi
sforzo
per
salvaguardare
la
“scienza
buona”
dai
malintenzionati, per essere efficace, deve
essere fatto a livello internazionale. Ed entrambi
danno enfasi ai tentativi
in corso per
perfezionare un Trattato che dichiari il bioterrorismo un crimine internazionale, tesi
sposata da tempo dal microbiologo Mathew
Meselson dell'Università di Harvard e dal
chimico Julian Robinson dell'Università del
Sussex.
Steinbruner e i suoi critici, e i critici dei suoi
critici, dimenticano tutti - un punto
importante. Devono ancora riconoscere che gli
esperimenti di ingegneria genetica sono
pericolosi per loro natura, come da subito
evidenziato dagli stessi pionieri di
questa
materia nella Dichiarazione di Asilomar nella
metà degli anni '70, e come anche da noi più
recentemente ricordato al pubblico e ai decisori
politici,
Chi ha bisogno del bioterrorismo quando
abbiamo l'ingegneria genetica?
L'attenzione dei grandi media, nel
gennaio
2001, fu catturata dal resoconto di come alcuni
ricercatori
australiani
crearono
“incidentalmente”, durante la manipolazione di
un virus inoffensivo, un virus mortale che uccise
tutte
le
persone
colpite.
“Disastrosa
manipolazione: un virus di topo geneticamente
modificato ci porta ad un passo dall'arma
batteriologica finale” era il titolo di testa
dell'articolo del New Scientist. L'editoriale era
persino più esplicito: “L'ingegneria genetica è
finita,
le
biotecnologie ci hanno appena
riservato una brutta sorpresa . La prossima volta
potrebbe essere la catastrofe”.
L'episodio della SARS dovrebbe servire
a
ricordare alcuni semplici fatti dell'ingegneria
genetica.
In primo luogo, l'ingegneria genetica comporta
la ricombinazione incontrollata di materiali
genetici provenienti dalle fonti più diverse che
altrimenti avrebbero avuto davvero scarse
opportunità di incrociarsi e ricombinarsi in
natura. E, come precedentemente detto, alcune
delle più recenti tecniche possono creare nel giro
di pochi minuti, in laboratorio, milioni di nuovi
virus ricombinanti mai esistiti prima in miliardi di
anni di evoluzione.
In secondo luogo, i virus e i batteri che causano
malattie, nonché il loro corredo genetico, sono
per l'ingegneria genetica strumenti e materiali
d'uso predominanti, tanto quanto lo sono per la
creazione intenzionale di armi batteriologiche.
Infine, i costrutti artificiali creati dall'ingegneria
genetica sono concepiti per scavalcare le
barriere intraspecie ed entrare nel genoma, cioè
migliorare
ulteriormente
e
velocizzare
il
trasferimento e la ricombinazione orizzontale
che ora è riconosciuta essere la strada maestra
per la creazione di nuovi agenti infettivi, persino
più importante delle mutazioni mirate che
modificano basi isolate di DNA.
Con il rilascio routinario
nell'ambiente di
costrutti e organismi geneticamente modificati,
difficilmente abbiamo bisogno dell'aiuto dei
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Granello di Sabbia n°97 page 13(13)
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terroristi. Questo potrebbe spiegare perché, con
crescente regolarità, abbiamo a che fare con
nuove malattie epidemiche causate da virus e
batteri. Non è madre natura “il terrorista
finale”, siamo noi ad esserlo.
Cosa bisogna fare, invece?
Non ha senso censurare la pubblicazione di dati
scientifici sensibili, perché non c'è niente di
speciale nelle tecniche di ricombinazione, ben
note ormai da tempo. “Il solo modo con cui
potremo mai capire questi scoppi epidemici
naturali è l'uso di scienza eccellente e la
pubblicazione dei risultati ottenuti” ha detto
Lynn Enquist, editore de The Journal of
Virology, riferendosi alla creazione di un
Coronavirus che si trasmette dai gatti ai topi –
ormai una pratica ordinaria della tecnica di
ingegneria genetica.
Rendere pubblici i risultati è solo metà della
storia. L'altra metà è l'importanza della
biosicurezza.
Esiste già un importante strumento per
regolamentare la biosicurezza: è il Protocollo di
Cartagena, concordato lo scorso gennaio 2000 e
attualmente firmato da 43 paesi, Unione
Europea inclusa,
nonostante gli incessanti sforzi perseguiti per
minarlo, soprattutto ad opera degli USA e
dell'industria
biotech.
Tutto
quello
che
dobbiamo fare è rafforzare il protocollo sulla
Biosicurezza, nello scopo e nella sostanza.
C'è, inoltre, un bisogno urgente di input
democratici nelle principali aree della ricerca
scientifica da sostenere
con finanziamenti
pubblici. A tutti i settori della società civile è
stato chiesto di essere “responsabili”, persino
alle multinazionali; perché non, quindi, anche
agli scienziati?
Abbiamo steso una bozza di documento di
discussione intitolato “Verso una convenzione
del sapere” che contiene alcune idee-chiave su
come
gli
scienziati
potrebbero
essere
socialmente responsabili.
Un elenco esaustivo di fonti e riferimenti di
quest'articolo è disponibile sul sito web di ISIS,
al
seguente
indirizzo:
Science
Society
Sustainability http://www.i-sis.org.uk
Per domande generiche: [email protected]
Website/Mailing List: [email protected]
Direttore ISIS: [email protected]
* direttore de The Institute of Science in
Society - Istituto della scienza nella società, in
italiano. “Ingegneria genetica” Derive&Approdi
Traduzione a cura di Luisa Villa
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