Gli impianti a pompa di calore

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Gli impianti a pompa di calore
Pompe di Calore &
Multifunzione
quadernotecnico
Gli impianti a pompa di calore:
progettazione, installazione, gestione
Dagli atti del Convegno AiCARR: “Le pompe di calore
nella climatizzazione ambientale: innovazioni
tecnologiche e impiantistiche”
quadernotecnico
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
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INDICE
0 ........... PREMESSA
5
1 ........... COME SALVAGUARDARE LA VITA E L’EFFICIENZA DI UNA POMPA DI CALORE
5
1.1
TEMPI MINIMI E OTTIMALI DI FUNZIONAMENTO DI UN COMPRESSORE
5
1.2
LA COSTANZA DI PORTATA NEGLI SCAMBIATORI DEI GRUPPI FRIGORIFERI
6
1.3
LA COSTANZA DELLE CONDIZIONI DI FUNZIONAMENTO DEL COMPRESSORE
6
2 ........... IL CALCOLO DEL CONTENUTO D’ACQUA NELL’IMPIANTO
3 ........... IL POSIZIONAMENTO DEGLI ACCUMULI INERZIALI
7
11
3.1
ACCUMULO CON FUNZIONE DI COLLETTORE DI DISCONNESSIONE IDRAULICA
13
3.2
ACCUMULO SULLA MANDATA E ACCUMULO SUL RITORNO
14
3.3
POMPE DI CALORE IN PARALLELO
15
4 ........... SCHEMI IDRAULICI PER LE POMPE DI CALORE ARIA-ACQUA
17
5 ........... SCHEMI IDRAULICI PER LE POMPE DI CALORE ACQUA-ACQUA
20
6 ........... LE POMPE DI CALORE DI PICCOLA TAGLIA PER APPLICAZIONI DOMESTICHE
22
7 ........... LE POMPE DI CALORE A MOTORE
23
8 ........... L’INSTALLAZIONE DELLE POMPE DI CALORE
24
8.1
LE DISTANZE DI RISPETTO
24
8.2
COLLEGAMENTI IDRICI DEGLI SCAMBIATORI
26
8.3
CONTROLLO DELLE EMISSIONI SONORE
27
9 ........... IL PRIMO AVVIAMENTO: TARATURA E COLLAUDO
33
10 ......... LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI A POMPA DI CALORE
34
10.1 LA GESTIONE DELL’IMPIANTO
34
10.2 LA MANUTENZIONE DEL GRUPPO FRIGORIFERO
34
10.3 IL CONTROLLO REMOTO DELLE UNITÀ TERMO-FRIGORIFERE
35
11 ......... BIBLIOGRAFIA
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione,
installazione, gestione
Michele Vio e Diego Danieli dagli Atti del Convegno AiCARR, Padova 18 giugno 1998:
“Le pompe di calore nella climatizzazione ambientale: innovazioni tecnologiche e
impiantistiche”
0
PREMESSA
La presente memoria, curata dagli ingegneri Michele Vio e Diego Danieli, pur essendo stata redatta
molto tempo fa, contiene ancora regole progettuali, impiantistiche e di gestione imprescindibili per
garantire il corretto funzionamento delle pompe di calore a compressione di gas refrigeranti, sia con
sorgente aria, sia con sorgente acqua, nei più differenziati contesti impiantistici.
1
COME SALVAGUARDARE LA VITA E L’EFFICIENZA DI UNA POMPA DI CALORE
Per salvaguardare la vita di un gruppo frigorifero in generale e di una pompa di calore in particolare è
necessario seguire tre regole inderogabili [2]:
a)
ridurre al minimo gli avviamenti e gli arresti dei compressori;
b)
c)
mantenere sempre e assolutamente costante la portata dell'acqua negli scambiatori;
far lavorare, per quanto possibile, i circuiti del gruppo sotto carico costante.
1.1
Tempi minimi e ottimali di funzionamento di un compressore
L'avviamento, per un compressore, è sempre un evento traumatico per due motivi distinti:
•
l'assorbimento elettrico allo spunto è sempre maggiore di quello durante il funzionamento
normale;
•
In fase di avviamento la lubrificazione delle parti in movimento è insufficiente o del tutto assente;
infatti, durante l’arresto, l’olio si è raccolto tutto all'interno della coppa ed è rimesso in circolo dalla
pompa solo a compressore già funzionante.
Avviamenti troppo frequenti possono portare, sia al cedimento degli avvolgimenti elettrici, sia al
grippaggio delle parti meccaniche per scarsa lubrificazione. Il numero massimo accettabile, variabile
secondo le tipologie di compressore, è di circa sei avviamenti per ogni ora. I controlli elettronici delle
macchine possono essere tarati per impedire il superamento di tale limite.
L’elettronica, tuttavia, non può impedire un'altra conseguenza: il funzionamento del compressore per
periodi troppo brevi. All’avviamento, l'olio tende a fuoriuscire dal compressore assieme al fluido
frigorigeno al quale si miscela: è necessario che trascorra un certo tempo perché l’olio possa tornare al
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compressore attraverso i percorsi preferenziali costruiti all'interno del circuito frigorifero prima di
arrestare nuovamente il compressore, altrimenti, all'avviamento successivo, esiste il rischio di carenza di
lubrificazione.
Il tempo minimo assoluto di funzionamento per un compressore è di circa due minuti, nel caso di
refrigeratore e di una pompa di calore acqua-acqua, mentre questo tempo è di 3,5 minuti nel caso di
pompa di calore evaporante ad aria, a causa del più complesso circuito frigorifero. Sarebbe tuttavia
preferibile garantire il funzionamento per almeno cinque minuti nel caso di un refrigeratore o di una
pompa di calore acqua–acqua e di almeno dieci minuti nel caso della pompa di calore evaporante ad
aria.
Solo un’adeguata inerzia nell’impianto è in grado di assicurare un corretto tempo di funzionamento.
1.2
La costanza di portata negli scambiatori dei gruppi frigoriferi
La costanza di portata dell’acqua negli scambiatori è fondamentale per salvaguardare i compressori
durante il loro funzionamento.
Un’improvvisa riduzione di portata d’acqua nell’evaporatore riduce la pressione di evaporazione. La
valvola termostatica deve necessariamente ridurre il flusso di refrigerante per contrastare la nuova
condizione: tuttavia il suo tempo d’intervento è di circa un minuto, per cui, in questa frazione di tempo, è
possibile che avvenga un ritorno di refrigerante liquido al compressore. Questo problema è comune
anche alle macchine dotate di valvola termostatica elettronica, che ha tempi di risposta leggermente più
rapidi di quelli di una valvola meccanica tradizionale: approssimativamente di trenta secondi.
Le variazioni di portata d’acqua nel condensatore possono essere ugualmente dannose nel caso di
pompe di calore, soprattutto quando la temperatura d’uscita sia elevata. Una riduzione repentina della
portata conduce a un altrettanto rapido incremento della pressione di condensazione. Quando la
temperatura/pressione di condensazione è già prossima al valore d’intervento delle sicurezze, una
riduzione percentualmente rilevante di portata acqua potrebbe produrre un incremento di pressione tale
da far scattare il pressostato di massima o addirittura provocare l’apertura della valvola di sicurezza, con
conseguente fuoriuscita di refrigerante.
E' molto importante ricordare che le variazioni di portata per macchine con scambiatori a espansione
secca sono dannose sempre, anche se progressive nel tempo o ridotte a brevi transitori.
1.3
La costanza delle condizioni di funzionamento del compressore
Il funzionamento ideale di un compressore è quello tipico di un frigorifero domestico che, infatti, ha una
percentuale di rotture irrilevante. Questa macchina può lavorare sotto carico costante, proprio per il tipo
di funzione che svolge, cosa meno probabile per un gruppo frigorifero al servizio di un impianto di
climatizzazione, dove i carichi sono maggiormente variabili. Bisogna allora parlare di costanza delle
condizioni di funzionamento del compressore e, più precisamente, di costanza delle pressioni di
aspirazione e di mandata. E’ necessario evitare variazioni di carico eccessive e repentine: la variazione
di temperatura d’ingresso in uno scambiatore deve essere inferiore a 5K in un minuto, proprio per
permettere alla valvola termostatica di adattarsi facilmente alle nuove condizioni.
In un refrigeratore d’acqua condensato ad aria la temperatura e la pressione di condensazione sono
sempre dipendenti dalla temperatura dell'aria esterna, che si modifica nel tempo più rapidamente di
quanto richiesto dalla valvola termostatica. Identico rapporto per una pompa di calore ad aria, dove la
temperatura e la pressione di evaporazione sono pur sempre legate alla temperatura dell’aria esterna. Si
possono avere dei tempi più rapidi laddove il gruppo frigorifero sia investito da raffiche di vento tali da
mutare istantaneamente i coefficienti di scambio della batteria: per questa ragione è buona norma
proteggere le batterie di condensazione dei gruppi frigoriferi con deflettori, laddove possano essere
esposte a venti forti e predominanti. Ciò è tanto più importante per le pompe di calore, perché la
variazione del coefficiente di scambio su un evaporatore ad aria è ancora più pericolosa.
Sempre nelle pompe di calore, un'altra causa di variazione repentina della pressione di evaporazione è
determinata dall'intasamento di ghiaccio sulla batteria: oltre a un certo livello, la portata d'aria e, quindi,
lo scambio termico sulla batteria stessa, provocano variazioni rapide delle condizioni di evaporazione tali
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da provocare fenomeni di ritorno di liquido al compressore. Per questo motivo è bene sempre prevedere
macchine dotate di sistemi di sbrinamento dinamici, in grado di riconoscere la reale presenza di ghiaccio
superficiale [3].
In un gruppo condensato ad acqua le variazioni dovrebbero essere nulle, se l'impianto di smaltimento
del calore di condensazione fosse eseguito a regola d'arte. Spesso, invece, ciò non avviene perché il
controllo della temperatura di ritorno al gruppo frigorifero è effettuato agendo sulla velocità dei ventilatori
delle torri a gradini discreti. Si verificano allora continue oscillazioni della pressione di condensazione dei
gruppi frigoriferi che possono, talvolta, essere dannosi per quanto ricordato sopra.
2
IL CALCOLO DEL CONTENUTO D’ACQUA NELL’IMPIANTO
Per il calcolo del contenuto d’acqua dell’impianto sono ancora usate formule specifiche tendenti a
limitare il numero delle parzializzazioni. Queste formule, eccellenti per le vecchie macchine con la
regolazione elettromeccanica, non sono più adatte ai gruppi frigoriferi attuali, dotati di microprocessore
elettronico, come sarà dimostrato di seguito.
Per comprendere appieno la mutua influenza tra la regolazione della potenza della macchina e il
contenuto d’acqua dell’impianto si invita a leggere il capito V della relazione citata in precedenza e
presente in questi stessi atti [1].
Formule per il dimensionamento degli accumuli inerziali per il corretto funzionamento dei correnti gruppi
frigoriferi sono state proposte molti anni fa dall'ing. Domenico Portoso. Queste formule sono state
redatte quando ancora i compressori erano comandati da termostati meccanici con banda proporzionale
fissa di 1,66K. In pratica, ogni compressore lavorava per proprio conto e la sequenza era assicurata
dalla diversa taratura dei termostati: in una macchina a 4 compressori con temperatura di set-point di
7°C, il primo compressore partiva quando l'acqua in ingresso era di 8,66°C, il secondo a 10,32°C, il terzo
a 11,98°C e il quarto a 13,64°C. La formula era studiata per permettere un funzionamento del
compressore di almeno cinque minuti, in modo da limitare il numero di partenze di ciascun compressore.
La formula nasceva dall'eguaglianza dell'energia prodotta nella frazione di tempo considerata:
P
τ
E =  − C M  = Vcρ DR
N
 60
(1)
dove:
E
energia prodotta nel tempo τ
P
CM
potenza del gruppo frigorifero espressa in kcal/h
carico minimo dell’impianto in kcal/h
τ
tempo espresso in minuti
N
V
numero di parzializzazioni del gruppo frigorifero
volume dell’impianto espresso in litri
c
calore specifico del fluido espresso in kcal/(kg°C)
ρ
densità del fluido (m3/kg)
DR
differenziale di regolazione sulla temperatura di ritorno [1]
L'energia prodotta è uguale alla potenza unitaria del singolo compressore (P/N), ridotto del carico
minimo sull’impianto, moltiplicato per il periodo minimo di funzionamento (τ/60: il 60 a denominatore è
necessario se τ è espresso in minuti). Questa energia prodotta deve essere "incamerata" in un volume
sufficiente d'acqua (V), funzione del calore specifico del fluido (c), della sua densità (ρ) e del differenziale
del singolo compressore (DR).
Se P è espressa in kcal/h e V in litri, considerando DR sempre pari a 1,66K (dovuto al termostato
meccanico), CM pari al 50% di P/N e pari a cinque minuti, da cui si origina la famosa formula [10]:
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V=
P
40 N
(2)
In realtà l'ing. Domenico Portoso si accorse presto che questa formula non garantiva un accumulo
sufficiente a salvaguardare i compressori in presenza di un gran numero di parzializzazioni. La formula
(2) era stata studiata per evitare un numero di spunti elevati e, quindi, per salvaguardare il compressore
dal punto di vista elettrico; nello stesso tempo, garantendo un funzionamento minimo di 3,5 minuti, si
permetteva il corretto ritorno dell'olio nel carter del compressore.
In un grosso impianto in Arabia Saudita l'ing. Domenico Portoso si trovò di fronte a una moria di
compressori, benché il contenuto d'acqua fosse teoricamente sufficiente, secondo la (2), poiché il
numero delle parzializzazioni era già elevato. Tuttavia, a una più attenta analisi risultò che i compressori
si rompevano per ritorno di liquido. Per quale ragione? Molto semplice: la potenza totale installata era
tale che una variazione di carico repentina faceva variare la temperatura in ingresso ai gruppi di oltre 5K
in meno di 1 minuto. Poiché le valvole termostatiche hanno un tempo d'intervento dell'ordine dei 40
secondi, una repentina variazione di carico era avvertita all'evaporatore in tempi tali da non permettere
alla termostatica d'intervenire correttamente e, se la variazione era in diminuzione, si potevano avere
ritorni di liquido al compressore (la termostatica non chiudeva in tempo).
Allora l’ing. Domenico Portoso creò una seconda formula, limitativa della precedente:
V=
P
P
=
60cρ ∆t IN EV 300
(3)
dove:
P
è la potenza totale dell'impianto
∆ t IN EV
è la variazione di temperatura
Questa formula spiega che il volume d'acqua in litri (V) deve essere tale da permettere che la variazione
di temperatura in ingresso all'evaporatore (∆ tev) sia tale da avvenire in almeno 1 minuto. Esprimendo la
potenza in kcal/h e accettando 5K come massimo salto di temperatura ammissibile in 1 minuto, si ottiene
la formula che utilizziamo normalmente.
Confrontando la (2) con la (3) si nota che, comunque, il numero massimo di parzializzazioni utili a
diminuire l'accumulo è pari a 8. Di conseguenza, anche usando un gruppo a modulazione continua non
si può utilizzare un accumulo inferiore a quello descritto dalla (3) perché si genererebbero problemi sul
circuito frigorifero dei gruppi (inerzia della termostatica). Per inciso, anche le valvole termostatiche
elettroniche non migliorano la situazione, perché tutti i costruttori suggeriscono tempi integrali
d'intervento dell'ordine di almeno 30 secondi.
Ma, cosa contraddistingue le macchine a microprocessore da quelle elettromeccaniche? Il
microprocessore gestisce i singoli compressori in funzione delle parzializzazioni e del differenziale DR
impostato; di conseguenza, su ogni singolo compressore non si avrà una banda proporzionale fissa pari
a 1,66K, piuttosto una banda proporzionale variabile pari a DR/N. Pertanto, sostituendo questo nuovo
valore nella (1) si ottiene:
E=
P τ
DR
= Vcρ
N 60
N
(4)
Alla luce di quanto riportato nel paragrafo 1.1 i volumi minimi e ottimali diventano:
REFRIGERAORI
V MIN =
PEV
35 DR
VOTT =
PEV
14 DR
(5a)
POMPE di CALORE
V MIN =
PCON
20 DR
VOTT =
PCON
7 DR
(5b)
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con P, potenza totale dell'impianto, espressa in kW e V in m3.
Le formule (5) richiedono un accumulo inerziale tale da garantire completamente il compressore, anche
per quanto riguarda i ritardi d'intervento della termostatica.
Poiché, per quanto spiegato nella relazione citata [1], è bene che il differenziale DR sia sempre posto
uguale al salto termico all'evaporatore, si ha anche:
V MIN =
REFRIGERATORI
V MIN =
POMPE di CALORE
QCON
17
Q EV
30
VOTT =
VOTT =
Q EV
12
(6a)
QCON
7
(6b)
dove Q é la portata all'evaporatore o al condensatore espressa in m3/h. Le formule 6 mostrano
chiaramente che il volume può essere ridotto semplicemente diminuendo la portata d'acqua
all'evaporatore e tarando il differenziale di conseguenza. E' bene, tuttavia, ricordare che, generalmente,
la portata accettabile su un gruppo frigorifero è quella ricavata dalla potenza nominale divisa per un salto
termico compreso tra 4K e 6K.
Nelle tabelle 1 e 2 successive sono riportati i volumi, in m3, per potenze d’impianto fino a 1.000 kW.
TABELLA 1: VOLUME D’ACQUA in m3
REFRIGERATORI e POMPE DI CALORE ACQUA - ACQUA
POTENZA
[kW]
5
10
15
20
25
30
40
50
60
70
80
90
100
150
200
250
300
350
400
450
500
600
700
800
900
1000
4K
ottimale
0,09
0,18
0,27
0,36
0,45
0,54
0,72
0,90
1,08
1,25
1,43
1,61
1,79
2,69
3,58
4,48
5,38
6,27
7,17
8,06
8,96
10,75
12,54
14,33
16,13
17,92
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minimo
0,04
0,07
0,11
0,14
0,18
0,22
0,29
0,36
0,43
0,50
0,57
0,65
0,72
1,08
1,43
1,79
2,15
2,51
2,87
3,23
3,58
4,30
5,02
5,73
6,45
7,17
Salto termico all’evaporatore
5K
ottimale
minimo
0,07
0,03
0,14
0,06
0,22
0,09
0,29
0,11
0,36
0,14
0,43
0,17
0,57
0,23
0,72
0,29
0,86
0,34
1,00
0,40
1,15
0,46
1,29
0,52
1,43
0,57
2,15
0,86
2,87
1,15
3,58
1,43
4,30
1,72
5,02
2,01
5,73
2,29
6,45
2,58
7,17
2,87
8,60
3,44
10,03
4,01
11,47
4,59
12,90
5,16
14,33
5,73
6K
ottimale
0,06
0,12
0,18
0,24
0,30
0,36
0,48
0,60
0,72
0,84
0,96
1,08
1,19
1,79
2,39
2,99
3,58
4,18
4,78
5,38
5,97
7,17
8,36
9,56
10,75
11,94
minimo
0,02
0,05
0,07
0,10
0,12
0,14
0,19
0,24
0,29
0,33
0,38
0,43
0,48
0,72
0,96
1,19
1,43
1,67
1,91
2,15
2,39
2,87
3,34
3,82
4,30
4,78
9
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TABELLA 1: VOLUME D’ACQUA in m3
POMPE DI CALORE ARIA - ACQUA
POTENZA
[kW]
5
10
15
20
25
30
40
50
60
70
80
90
100
150
200
250
300
350
400
450
500
600
700
800
900
1000
4K
ottimale
0,18
0,36
0,54
0,72
0,90
1,08
1,43
1,79
2,15
2,51
2,87
3,23
3,58
5,38
7,17
8,96
10,75
12,54
14,33
16,13
17,92
21,50
25,08
28,67
32,25
35,83
minimo
0,06
0,13
0,19
0,25
0,32
0,38
0,51
0,63
0,76
0,89
1,01
1,14
1,26
1,90
2,53
3,16
3,79
4,43
5,06
5,69
6,32
7,59
8,85
10,12
11,38
12,65
Salto termico al condensatore
5K
ottimale
minimo
0,14
0,05
0,29
0,10
0,43
0,15
0,57
0,20
0,72
0,25
0,86
0,30
1,15
0,40
1,43
0,51
1,72
0,61
2,01
0,71
2,29
0,81
2,58
0,91
2,87
1,01
4,30
1,52
5,73
2,02
7,17
2,53
8,60
3,04
10,03
3,54
11,47
4,05
12,90
4,55
14,33
5,06
17,20
6,07
20,07
7,08
22,93
8,09
25,80
9,11
28,67
10,12
6K
ottimale
0,12
0,24
0,36
0,48
0,60
0,72
0,96
1,19
1,43
1,67
1,91
2,15
2,39
3,58
4,78
5,97
7,17
8,36
9,56
10,75
11,94
14,33
16,72
19,11
21,50
23,89
minimo
0,04
0,08
0,13
0,17
0,21
0,25
0,34
0,42
0,51
0,59
0,67
0,76
0,84
1,26
1,69
2,11
2,53
2,95
3,37
3,79
4,22
5,06
5,90
6,75
7,59
8,43
Ora, sono necessarie alcune considerazioni:
a) la portata della pompa aumenta di circa il 15% passando dal funzionamento estivo a 7°C a quello
invernale a 45°C, a causa della minor densità dell’acqua a temperature più elevate.
b) La portata da considerare è quella complessiva di tutto l’impianto, ovverosia la somma delle
portate delle varie macchine, se sono più d’una.
c) Il contenuto d’acqua dell’impianto è indipendente dal tipo di regolazione, se eseguito sulla
mandata o sul ritorno: varia solamente i valori d’impostazione della macchina, come spiegato nel
capitolo riguardante la gestione delle macchine.
Le formule (6) e le conseguenti tabelle dimostrano chiaramente l’indipendenza del contenuto d’acqua dal
numero di parzializzazioni del gruppo. Addirittura uno scarso contenuto d’acqua può essere più
pericoloso in una macchina a più compressori, piuttosto che una a un solo gradino.
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O
T
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8
7
6
5
4
3
2
1
0
0
25
50
75
100
PERCENTUALE CARICO
tempo funzionamento compressore gtruppo a 1 gradino
tempo funzionamento compressore gruppo a 4 gradini
Figura 1.
Nella figura 1 sono riportati i tempi di funzionamento dell’ultimo compressore chiamato dal
microprocessore, in funzione della variazione di carico, considerando costanti le altre condizioni.
Il gruppo monocompressore ha un funzionamento critico, inferiore ai due minuti, fino a circa il 60% del
carico, mentre il gruppo con 4 compressori ha 4 intervalli critici: dallo 0% al 15%, dal 25% al 40%, dal
50% al 65% e dal 75% al 90%. Questi intervalli corrispondono al punto d’inserimento del singolo
compressore perché il microprocessore chiama sempre per ultimo e spegne per primo il compressore
con il numero maggiore di ore di funzionamento.
3
IL POSIZIONAMENTO DEGLI ACCUMULI INERZIALI
Per capire quale sia il posizionamento ottimale degli accumuli termici, è necessario affrontare le
problematiche insite nell’accoppiamento di due circuiti idraulici, separati da un collettore di
disconnessione (Figura 2).
Figura 2. circuito primario e secondario separati da un collettore di disconnessione
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quadernotecnico
Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
La figura 2 mostra con chiarezza come sia assolutamente naturale la formazione di miscela in uno dei
due lati del circuito. Se la pompa del primario P1 ha una portata maggiore di quella del secondario P2, la
temperatura di mandata verso l’impianto è la stessa in uscita dalla pompa di calore e la miscela si forma
in ingresso alla pompa di calore stessa. Se, invece, avviene il contrario, la miscela si ha nella tubazione
di andata verso le unità terminali. Non si può fare nulla per evitarla: l’introduzione di valvole di non ritorno
o di taratura nel collettore di disconnessione sono dannose, se non del tutto inutili, perché rischiano di
mettere in serie i due circuiti idraulici [2].
Il progettista deve calcolare la temperatura di miscela di mandata verso i terminali e tenerne conto nel
dimensionamento degli stessi.
Generalmente, è sempre la portata del secondario a essere superiore, quando non si adotti un impianto
a portata variabile, perché:
a) Il gruppo frigorifero è sempre dimensionato sulla massima potenza contemporanea e la sua
portata è calcolata di conseguenza. La portata del circuito secondario è la somma delle portate di
progetto dei singoli terminali: per cui è calcolata sulla base delle potenze massime assolute,
anche se possono avvenire a ore differenti per terminali diversi.
b) Per fare in modo che le portate del primario siano inferiori a quelle del secondario bisogna, o
ridurre il salto termico del gruppo frigorifero, aumentandone la portata, o diminuire il salto termico
dei terminali.
c) Aumentare la portata nel gruppo frigorifero significa, necessariamente, aumentare anche
l’accumulo, cosa spesso difficile.
d) Diminuire la portata del secondario è già più facile: tuttavia va ricordato che devono essere
dimensionate di conseguenza le batterie di scambio e soprattutto è necessario bilanciare
meccanicamente il sistema. Un bilanciamento idraulico, per quanto ben effettuato, comporta una
portata maggiore [4].
e) In un impianto a portata costante è sempre meglio, per il gruppo frigorifero, che la miscela si
formi sul circuito di mandata, piuttosto che sul ritorno alla macchina.
Diverso è il ragionamento in presenza di portata d’acqua variabile sul circuito secondario. In questo
caso, infatti, la portata del secondario è sempre minore della portata del primario: al massimo può
essere pari al 100% del carico (ovviamente se i terminali sono stati dimensionati con lo stesso salto
termico del gruppo frigorifero). Questo è vero perché la resa dei terminali diminuisce di meno della
riduzione di portata: al 50% del carico, in una batteria fluisce meno del 50% della portata nominale (è
sufficiente una portata del 25% - 30%). La miscela si forma sempre sul primario.
C’è una differenza sostanziale rispetto al circuito fisso. Si osservi in figura 2 il circuito con maggior
portata sul primario. Si supponga che, istantaneamente, il carico si riduca dal 100% al 50%. Il salto
termico ai terminali si dimezza e la temperatura di uscita dai terminali diventa 9,5°C. Al gruppo
frigorifero, però, continua ad arrivare acqua a 11°C per tutto il tempo necessario all’acqua di percorrere il
tratto d’impianto dai terminali al punto B (si supponga 3 minuti). Solamente quando l’acqua a 9,5°C
raggiunge il punto B, la temperatura d’ingresso al gruppo scende improvvisamente da 11°C a 9°C. E’ pur
vero che il fronte d’acqua non è esattamente omogeneo e si forma una miscela tra l’acqua a 12°C e
quella a 9°C e che la chiusura delle valvole è comunque lenta, ma la variazione di temperatura
all’ingresso del gruppo avverrà in poche decine di secondi.
La situazione migliora nettamente con la portata variabile: al diminuire del carico, le valvole a due vie
cominciano a chiudere e la portata diminuisce di conseguenza. Pertanto nel punto B la temperatura
comincia a diminuire subito progressivamente, perché la portata del primario è rimasta costante, mentre
è variata solo quella del secondario. Così la diminuzione della temperatura all’ingresso del gruppo
frigorifero avviene in modo progressivo, quindi più rispettoso delle esigenze del circuito frigorifero e del
tempo d’intervento della termostatica.
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quadernotecnico
Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
3.1
Accumulo con funzione di collettore di disconnessione idraulica
Per separare due circuiti è necessario porre un collettore di disconnessione idraulica. Si può allora
pensare di inserire l’accumulo nello schema d’impianto proprio con la funzione di collettore, così come
mostrato in figura 3.
Figura 3: accumulo verticale con funzione di disconnettore idraulico
Lo schema è abbondantemente usato, anche se taluni sostengono sia errato, perché fonte di miscele
indesiderate. Tuttavia, l’affermazione è priva di senso, perché, come già visto, la miscela si forma
comunque a causa della differenza delle portate tra primario e secondario. L’equivoco nasce,
probabilmente, da errate installazioni o dalla cattiva osservanza di alcune regole basilari, quali:
a) Lo schema di figura 3 può essere utilizzato solo con serbatoi verticali con un rapporto tra altezza
e diametro H/D > 2,5.
b) Gli attacchi idraulici devono essere allineati e non incrociati: la tubazione di uscita dal gruppo
frigorifero deve essere allineata con quella di mandata all’impianto e il ritorno dall’impianto
allineato con il ritorno verso la macchina.
c) Le pompe devono essere poste: quella del primario sulla linea di ritorno al gruppo, quella del
secondario sulla linea di mandata all’impianto.
d) Nel funzionamento estivo, il gruppo frigorifero deve essere collegato in mandata sulla parte
bassa dell’accumulo e il ritorno sulla parte alta (l’acqua fredda ha una densità maggiore e rimane
naturalmente sul fondo); analogamente la mandata verso l’impianto deve pescare dalla parte
bassa e il ritorno deve immettere l’acqua nella parte alta. I collegamenti contrari devono essere
attuati nel funzionamento invernale.
e) Sarebbe buona norma predisporre un sistema d’inversione degli attacchi idronici in funzione delle
stagioni; è tuttavia consigliabile applicarlo solo quando si è certi dell’effettiva inversione da parte
di chi gestisce l’impianto.
f) Nel caso in cui non si voglia realizzare un sistema d’inversione, è sempre conveniente
privilegiare il funzionamento estivo. L’eventuale perdita di 1K dovuta alla stratificazione contraria
al senso del flusso in inverno può essere tranquillamente sopportata, mentre in estate può, in
taluni casi, influire negativamente sulle capacità di deumidificazione delle unità terminali.
Com’è mostrato nella figura, durante il funzionamento dell’impianto, l’accumulo si pone alla temperatura
del ritorno, se la portata del secondario è maggiore di quella del primario e alla temperatura di mandata,
se la portata del primario è maggiore di quella del secondario.
Qualora non sia possibile inserire un serbatoio di accumulo verticale, è consigliabile usare lo schema di
figura 4.
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Figura 4: accumulo orizzontale con funzione di disconnettore idraulico
Il sistema è consigliato per le pompe di calore, perché, rispetto al precedente, riduce le perdite per
stratificazione dovute alla mancata inversione idraulica nel cambio di stagione. E’, tuttavia, da evitare,
nel caso in cui le portate delle due pompe siano uguali tra loro: infatti, la circolazione attraverso
l’accumulo sarebbe pressoché nulla, fatta salva una minima circolazione naturale, assolutamente
irrilevante, e il volume del serbatoio sarebbe ininfluente ai fini dell’inerzia dell’impianto
3.2
Accumulo sulla mandata e accumulo sul ritorno
La figura 5 mostra l’inserimento del serbatoio di accumulo rispettivamente sulla mandata e sul ritorno
dell’impianto.
La figura 5: serbatoio di accumulo posto sulla mandata e sul ritorno dell’impianto
Vi sono fautori del primo e fautori del secondo sistema. L’accumulo sulla mandata è sostenuto per due
ragioni. Si dice che, in caso di carico superiore a quello fornito dalla macchina, o addirittura in caso di
arresto della macchina, l’accumulo sulla mandata permetta ugualmente un corretto funzionamento del
sistema. E’ un’affermazione non del tutto veritiera: per svolgere questa funzione, tipica degli accumuli in
acqua gelida o in ghiaccio (nel caso estivo) sarebbero necessari volumi ben maggiori rispetto a quelli dei
serbatoi inerziali. E’ il caso delle vasche antincendio usate come accumuli termici (ad esempio nei centri
commerciali) per permettere il regolare funzionamento dell’impianto durante le ore di tariffa elettrica
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multioraria economicamente più conveniente arrestando la pompa di calore [1]. Gli inerziali possono
svolgere questa funzione solamente per qualche minuto.
Un vantaggio più concreto è dato dal miglior funzionamento in caso di sbrinamento. Secondo questa
tesi, l’accumulo sulla mandata permetterebbe di alimentare l’impianto alla temperatura corretta durante
le fasi di sbrinamento, utilizzando l’acqua stoccata in precedenza. Se questo è vero, è vero anche che
l’acqua presente nell’accumulo a 45°C è sostituita dall’acqua raffreddata durante il ciclo di sbrinamento:
il problema è solamente ritardato, non eliminato, anche se all’interno dell’accumulo si forma più
facilmente una miscela, rispetto ai tratti di tubazione.
I sostenitori dell’accumulo sul ritorno portano le stesse argomentazioni: durante la fase di sbrinamento la
pompa di calore è alimentata a temperatura più alta e, quindi, è aiutata in questa sua funzione
particolarmente critica. Inoltre, nelle primissime fasi di avviamento invernali, alla macchina giunge acqua
che non è stata ancora raffreddata nei terminali.
Entrambe le argomentazioni sono degne di attenzione, anche se, come sarà spiegato meglio nei
prossimi capitoli, non si dovrebbe mai avviare contemporaneamente macchina e terminali. Un altro
vantaggio dell’accumulo sul ritorno è di favorire una certa miscela nel caso di diminuzione repentina del
carico, svolgendo funzioni analoghe a quelle della portata variabile, anche se con risultati più scadenti.
Non vi è una sostanziale differenza nel posizionamento degli accumuli: tutti i sistemi presentano
caratteristiche abbastanza simili. Il progettista può scegliere, di volta in volta, in funzione delle
caratteristiche geometriche della centrale termica, la soluzione più vantaggiosa. Dovendo redigere una
classifica per le pompe di calore aria-acqua sarebbe sempre consigliabile l’accumulo sul ritorno,
soprattutto in caso di portata costante sul secondario, seguito dall’accumulo orizzontale con funzione di
disconnettore. Sconsigliato, ma non per questo errato è l’accumulo verticale con funzione di
disconnettore e di accumulo sulla mandata. Per i gruppi frigoriferi e per le pompe di calore acqua–acqua
si ha una sostanziale parità: gli autori prediligono l’accumulo verticale, seguito da quello orizzontale,
entrambi con funzioni di disconnettore, l’accumulo sul ritorno e, ultimo, quello sulla mandata.
3.3
Pompe di calore in parallelo
Quando si hanno più macchine frigorifere poste in parallelo tra loro è necessario garantire la regolare
portata d’acqua allo scambiatore di ogni singola unità. A parte il sistema più classico, con un’unica
pompa sul circuito primario, un sistema spesso utilizzato è mostrato in figura 6,
.
Figura 6: gruppi in serie ciascuno dotato della propria pompa
Lo schema garantisce l’assoluta costanza di portata e la completa indipendenza delle due macchine
grazie ai circuiti idraulici distinti, ciascuno dotato della propria pompa.
Uno degli errori più comuni è quello di voler spegnere i compressori di una macchina e la relativa pompa
in parzializzazione, lasciando la seconda a pieno carico. Ciò può essere fatto solamente in presenza di
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
portata variabile sul secondario, altrimenti, con portata costante, si accentua oltremodo la formazione di
miscela verso i terminali e, nel contempo, si fa lavorare peggio la macchina in funzione poiché deve
produrre acqua con temperatura in mandata più alta in inverno o più bassa in estate, quindi con
efficienza minore.
In alternativa, si può applicare lo schema di figura 7, con un’unica linea di alimentazione comune tra le
due unità. Lo schema è utilizzabile solamente quando il tratto di tubazione comune è limitato e con
basse perdite di carico, irrilevanti rispetto a quelle dei gruppi. In caso contrario, lo spegnimento di una
pompa può portare a variazioni di portata significative e, quindi, dannose [2].
Figura 7: gruppi in parallelo con tratto comune e pompa singola
Quando la distanza è elevata, ovverosia siano elevate le perdite di carico del tratto comune e non si
voglia o non si possa utilizzare lo schema di figura 5, si può utilizzare lo schema riportato in figura 8, nel
quale la pompa del secondario alimenta anche i tratti comuni del primario dei gruppi.
Nella figura l’accumulo è posto nel punto di chiusura del circuito. Alcuni autori indicano questa come la
soluzione ideale, in quanto eliminerebbe ogni problema di miscela. In realtà non è assolutamente vero:
come nelle situazioni precedenti vi è sempre un punto di formazione della miscela e la temperatura cui si
pone l’accumulo dipende dalle portate delle pompe dell’impianto. La posizione equivale sostanzialmente
a quella dell’accumulo orizzontale usato come disconnettore idraulico: è quindi necessario verificare
l’effettiva circolazione d’acqua al suo interno, in assenza della quale non può svolgere le funzioni di
propria competenza.
Assolutamente da evitare, perché pericoloso e fonte di sicuri danni, è lo schema di figura 9, con pompe
in parallelo a inserimento sequenziale e unità intercettate da valvole a farfalla. Lo schema porta a
pericolosissime variazioni di portata durante le fasi di accensione e spegnimento delle pompe e il
corrispondente azionamento delle valvole.
Figura 8: pompa di calore in parallelo su circuito ad anello
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
Figura 9: pompe di calore in parallelo con pompe ad inserzione sequenziale
La variazione di portata avviene comunque, anche se le perdite di carico del tratto comune sono
ininfluenti. Lo schema di figura 9, derivato sia dal riscaldamento, sia, nel campo del freddo, dall’utilizzo di
macchine con evaporatori allagati, come di quelle con compressori centrifughi, quindi più protette dai
ritorni di liquido, ha provocato e continua a provocare innumerevoli problemi ai compressori [2].
4
SCHEMI IDRAULICI PER LE POMPE DI CALORE ARIA-ACQUA
Le pompe di calore aria–acqua sono le più critiche da applicare, in quanto il loro circuito è più complesso
[1]. In particolare deve essere interfacciato bene il circuito della pompa di calore con quello
dell’eventuale caldaia di supporto. Uno schema tipico è mostrato in figura 10.
Figura 10: pompa di calore aria – acqua con caldaia ausiliaria
La caldaia è posta in serie alla pompa di calore. Sul circuito secondario è effettuato uno spillamento in
modo da mantenere, sempre sopra i 39°C, la temperatura di ritorno. In questo modo la caldaia interviene
sia come integrazione alla pompa di calore, sia in emergenza. In particolare, durante le fasi di
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
avviamento dell’impianto la mattina presto (condizione molto critica per la pompa di calore [1]), la caldaia
consente di portare in temperatura l’impianto. Sarebbe buona norma attivare la pompa di calore
solamente quando la temperatura dell’impianto abbia raggiunto almeno i 35°C.
Per evitare che un guasto alla valvola a tre vie possa innalzare la temperatura dell’impianto oltre i 55°C,
temperature alle quali si rischia l’apertura della valvola di sicurezza della pompa di calore con
conseguente fuoriuscita del refrigerante, la pompa di circolazione della caldaia deve essere fermata al
raggiungimento di tale soglia.
La valvola di taratura V2 ha lo scopo di consentire un by-pass minimo anche con la via A della valvola V1
completamente chiusa: in questo modo si permette alla caldaia di operare alle temperature più consone
e, soprattutto, si riduce la grandezza della valvola a tre vie, migliorandone la capacità di regolazione.
Le valvole V1 e V2 sono dimensionate per le seguenti portate, funzione diretta della portata della caldaia,
secondo:
QV 1 =
TIC − TIM
QP3
TUC − TIM
QV 2 =
TUC − TIC
QP3
TUC − TIM
(7)
La figura 11 mostra un impianto con una pompa di calore che produce anche parte dell’acqua calda
sanitaria. La produzione di acqua sanitaria avviene in due stadi in serie: il primo, riscalda l’acqua da
15°C fino a 40°C, utilizzando la pompa di calore; il secondo innalza la temperatura da 40°C a 50°C
utilizzando la caldaia. Ovviamente sullo scambiatore della caldaia va posta una regolazione, non
riportata sullo schema.
Un’interessante applicazione delle pompe di calore è mostrata in figura 12. Lo schema è particolarmente
adatto agli impianti a due tubi che richiedano inversioni nel corso del funzionamento giornaliero. Un caso
tipico è quello dei caselli autostradali, strutture molto leggere con sensibili variazioni termiche nel corso
della giornata.
Figura 11: produzione di acqua sanitaria mediante pompa di calore e caldaia
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Figura 12: pompa di calore per impianto a due tubi con inversione giornaliera
Durante le stagioni intermedie, la mattina e la sera è richiesto il funzionamento in riscaldamento, nelle
ore più calde quello in raffreddamento. Ecco allora spiegato il motivo dei due accumuli, uno caldo e
l’altro freddo: il funzionamento della macchina è commutato dall’uno all’altro accumulo secondo la
richiesta termica. In questi casi è assolutamente necessario, a ogni commutazione, spegnere la
macchina e far circolare l’acqua dell’accumulo selezionato nell’impianto, in modo da riequilibrare le
temperature. Infatti, all’atto della commutazione da refrigeratore a pompa di calore, la macchina si trova
il condensatore alla temperatura di 7°C anziché di 45°C necessari; il contrario avviene nella
commutazione inversa. La circolazione dell’acqua dall’accumulo, a temperatura corretta, all’impianto e
alla macchina consente di riallineare le temperature in tempi più rapidi.
Se, invece, si ha un impianto a quattro tubi si può utilizzare un gruppo frigorifero polivalente
espressamente studiato per questo scopo, con semplificazione dell’impianto così come mostrato in
figura 13.
Figura 13: impianto a 4 tubi con gruppo polivalente
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Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
5
SCHEMI IDRAULICI PER LE POMPE DI CALORE ACQUA-ACQUA
Le pompe di calore acqua–acqua forniscono prestazioni energetiche superiori a quelle delle macchine
ad aria. Uno dei motivi è dato, soprattutto nelle macchine di maggiore capacità, dall’assenza degli organi
d’inversione del ciclo, organi che, provocando perdite di carico sia in aspirazione, sia in mandata,
abbassano resa ed efficienza. Ecco, allora, la necessità di installare un sistema di inversione sul lato
idronico dell’impianto, così come mostrato in figura 14.
Figura 14: pompa di calore acqua – acqua con inversione sull’impianto
Una eventuale complicazione è solo apparente. Il simbolo E indica la via aperta nel funzionamento
estivo e il simbolo I quella aperta nel funzionamento invernale.
La sorgente fredda può essere utilizzata in estate per alimentare direttamente dei terminali, quali
pannelli radianti o batterie di preraffreddamento dell’aria. Si ottiene così un free–cooling estivo [5], come
mostrato in figura 15. L’acqua, proveniente dallo scambiatore della sorgente termica è, prima inviata ai
terminali, poi al condensatore del gruppo frigorifero.
Figura 15: free–cooling estivo da sorgente termica
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Una delle maggiori remore verso tali sistemi è rappresentata dal timore, del tutto infondato, di
fantomatiche complicazioni di funzionamento derivanti dalla presa e dalla re immissione dell'acqua dalla
sorgente: un'accorta progettazione [6] [7] [8] e una corretta installazione garantiscono appieno la
completa funzionalità del sistema.
Per sfruttare al massimo i vantaggi energetici dei sistemi acqua-acqua, oltre allo schema tradizionale
della pompa di calore con inversione sull'impianto, descritta in precedenza, si possono adottare due
schemi validi per impianti a 4 tubi.
Figura 16: chiller acqua/acqua funzionante come gruppo polivalente a recupero totale
Il primo, riportato in figura 16, permette di far funzionare un refrigeratore condensato ad acqua come un
gruppo polivalente a recupero totale: il gruppo frigorifero regola la propria potenza solamente sulla
richiesta di acqua refrigerata, in modo da mantenere costante la temperatura fredda richiesta mentre lo
scambiatore a piastre svolge la funzione: di condensatore, qualora la produzione di caldo sia in eccesso,
o di evaporatore, qualora invece sia in eccesso la produzione di acqua refrigerata. Quando la
temperatura T1 è maggiore di 45°C il recupero è soddisfatto e la valvola V1, comandata in ON-OFF, apre
la via B in modo che il circuito di condensazione scambi con l'acqua della sorgente. La valvola V1 regola
in modulazione se la temperatura di condensazione si abbassa sotto i 30°C). Quando la temperatura del
recupero si abbassa, V1 chiude la via B affinché la condensazione avvenga ad alta temperatura sul
recuperatore: in questo modo si ottimizza energeticamente il gruppo frigorifero a recupero condensato
ad acqua. Se la temperatura del recupero dovesse scendere ulteriormente, si aprirebbe allora in
modulazione la via B di V2: in questo modo lo scambiatore a piastre scambia calore di evaporazione con
la sorgente acqua.
Lo schema di figura 17 rappresenta una semplificazione del precedente: il circuito di recupero è
inglobato in quello di condensazione e mantenuto costantemente a 45°C, indipendentemente dalla
temperatura della sorgente fredda. L'efficienza energetica è quella ottenibile per una temperatura di
condensazione di 50°C. Uno schema siffatto è consigliabile solamente quando si abbia un costante
consumo di acqua ad alta temperatura, come nel caso di un albergo di lusso dotato di piscina con acqua
di mare riscaldata, impianto a quattro tubi con post-riscaldamento, lavanderia e ristorante.
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Figura 17: chiller acqua/acqua funzionante come pompa di calore su impianto a 4 tubi
6
LE POMPE DI CALORE DI PICCOLA TAGLIA PER APPLICAZIONI DOMESTICHE
Schemi più semplici si possono adottare per le pompe di calore in applicazioni domestiche. Nella figura
18 è mostrata un gruppo aria–acqua con caldaia di soccorso su accumulo posto in mandata
dell’impianto.
Figura 18: pompa di calore per applicazione domestica
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In questo caso, l’inserimento della caldaia avviene tramite il controllo della temperatura dell’acqua di
ritorno: se essa scende sotto i 39°C si inserisce la pompa e quindi la caldaia.
Importante è il by-pass con valvola tarata: sempre più spesso le pompe di calore di piccola taglia sono
vendute con circolatori a bordo per alimentare anche i fan-coils. La scelta deve, però, essere vagliata
attentamente: generalmente la portata necessaria ai fan–coils è maggiore di quella del gruppo
frigorifero, soprattutto quando i terminali sono scelti alla minima o alla media temperatura. Si rischia
spesso di sottoalimentare i fan–coils, con pessimi risultati per l’impianto. Converrebbe, piuttosto,
adottare un sistema dove il by-pass tarato permette la distribuzione ottimale delle portate.
7
LE POMPE DI CALORE A MOTORE
Le pompe di calore a motore, siano esse ad alimentazione ibrida o direttamente accoppiate,
forniscono risultati energeticamente interessanti soprattutto nel funzionamento invernale, quando è
possibile utilizzare completamente il calore di recupero del motore. E’ necessario allora prevedere
circuiti disegnati per questo scopo [9], come quello mostrato in figura 19.
La caldaia è posta in parallelo con il motore e lavora sia direttamente sulle utenze ad alta temperatura,
sia sulle utenze a bassa temperatura, grazie a un sistema di spillamento analogo a quello di figura 10.
La valvola a tre vie di regolazione apre la via A sia quando la temperatura di ritorno alla pompa di calore
scende sotto i 39°C, per integrare la pompa di calore, sia quando la temperatura di ritorno al motore sale
sopra i 60°C. In questo modo, il calore di recupero non ceduto alle utenze calde è trasferito alle utenze a
bassa temperatura e quindi sfruttato completamente. Da notare che la caldaia interviene quando il
ritorno al motore scende sotto i 55°C e si spegne al raggiungimento di 59°C. In questo modo la caldaia è
in grado di tenere in temperatura il motore, anche nelle fasi di avviamento.
Figura 19: pompa di calore ad alimentazione ibrida
Qualora il progetto non preveda una caldaia sul circuito, bisogna fare molta attenzione al
dimensionamento del contenuto d’acqua del circuito ad alta temperatura. Il bilancio tra energia fornita a
bassa temperatura ed energia fornita ad alta temperatura è di circa 2/1. In fase di avviamento, la
mattina, i due circuiti sono alla stessa temperatura (ad esempio 30°C), ma quello a bassa temperatura
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deve raggiungere 45°C e quello ad alta 60°C. La regolazione della macchina interviene solo sulla bassa
temperatura, essendo il recupero una conseguenza del consumo del circuito frigorifero. Di conseguenza,
perché i circuiti entrino a regime contemporaneamente, il contenuto d’acqua del circuito a bassa
temperatura deve essere almeno 4 volte maggiore di quello ad alta temperatura. Infatti, la potenza
fornita è doppia a fronte di un salto termico dimezzato e si deve fornire energia 4 volte maggiore.
Le considerazioni sono assolutamente analoghe sia per le pompe di calore ad alimentazione ibrida, sia
per quelle direttamente accoppiate.
8
L’INSTALLAZIONE DELLE POMPE DI CALORE
Una volta progettato un circuito idraulico, consono alla macchina prescelta, è necessario installare le
pompe di calore in modo corretto. I gruppi frigoriferi richiedono particolare attenzione sia perché si deve
garantire il corretto funzionamento dei loro organi, sia perché, nel corso della loro vita, è assolutamente
necessario procedere a lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
8.1
Le distanze di rispetto
Ogni costruttore fornisce, per le proprie macchine, le misure minime di rispetto da tenere attorno al
gruppo frigorifero. Queste distanze sono calcolate per permettere la regolare manutenzione e l’eventuale
sostituzione di alcuni pezzi. Nel caso di macchine aria-acqua, le distanze di rispetto sono ancora più
rigorose, perché sono dettate per consentire la corretta alimentazione dell’aria sulle batterie, evitando
così dannosi ricircoli o scarsa portata.
Per le pompe di calore il rispetto delle distanze dichiarate dal costruttore è fondamentale per due motivi:
a) Durante il funzionamento invernale l’aria in uscita dai ventilatori è più fredda dell’aria ambiente,
per cui ha una maggior tendenza a ricircolare.
b) La diminuzione della portata d’aria innesca il fenomeno della formazione di brina con
conseguenze negative sulla resa e sull’efficienza delle macchine.
Figura 20: distanze di rispetto per macchine affiancate
La figura 20 mostra due macchine affiancate. Se sono affacciate le batterie, la misura di rispetto deve
essere raddoppiata per consentire a entrambe la migliore ventilazione. Se, invece, le macchine hanno la
batteria da un lato solo, la distanza deve consentire solamente l’ispezionabilità e la manutenzione.
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Altrettanto importante è l’aumento della distanza di rispetto da una qualunque parete quando si abbiano
più macchine in linea, come mostrato in figura 21.
Più sono le macchine installate in linea, maggiore deve essere la distanza di rispetto. Il motivo si intuisce
proprio osservando la figura: all’aumentare del numero si forma una sorta di corridoio tra la parete e le
batterie. Ovviamente, se non si aumenta la distanza, le macchine centrali saranno molto penalizzate nei
circuiti con batteria sul lato della parete.
Per garantire un corretto funzionamento delle macchine bisogna prevedere una protezione delle batterie
dal vento prevalente, nel funzionamento invernale (figura 22). Com’è stato visto in precedenza, forti
raffiche possono abbassare di colpo la pressione di evaporazione con notevoli rischi per il compressore,
perché la termostatica non riesce a reagire in modo sufficientemente veloce.
Analogamente bisogna evitare di porre le macchine vicino ad alberi con foglie caduche che in autunno
possono essere aspirate dal flusso d’aria e possano intasare la batterie, con conseguente riduzione
delle prestazioni.
Figura 21: aumento della distanza di rispetto in funzione al numero delle macchine in linea
Figura 22: installazioni di pompe di calore evaporanti ad aria
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Oltre a prevedere gli spazi necessari alla manutenzione, bisogna predisporre superfici di appoggio sotto
la macchina in grado di reggere il peso, almeno dell’elemento più pesante, in genere il compressore, più
quello di un carrello elevatore manuale per consentirne il trasporto, in caso di sostituzione. Un percorso
con analoghe caratteristiche deve congiungere la macchina a un montacarichi o un cavedio, dove sia
possibile porre un paranco per la movimentazione del componente. La figura 23 mostra un’installazione
ottimale sul tetto di un edificio. E’ bene ricordare come, spesso, l’omissione di queste semplici
precauzioni aumenti a dismisura i costi d’intervento in caso di sostituzione di un compressore. A volte il
noleggio di apposite gru, necessarie per sopperire alle deficienze strutturali dell’installazione, richiede
costi anche doppi rispetto a quelli del compressore che si deve sostituire.
Figura 23: corretta applicazione sul tetto di un edificio
8.2
Collegamenti idrici degli scambiatori
Particolare importanza rivestono i collegamenti idrici degli scambiatori che devono essere innanzitutto
adeguatamente supportati in modo da non gravare con il proprio peso sullo scambiatore della macchina.
Inoltre, devono essere muniti di:
a) 2 manometri di qualità e scala adeguata posti: uno sull’ingresso e uno sull’uscita della macchina,
per verificare le perdite di carico dello scambiatore;
b) 2 giunti antivibranti (ingresso e uscita), fondamentali per eliminare la trasmissione di vibrazioni
verso l’impianto;
c) 2 valvole d’intercettazione, una normale in uscita e una di taratura in ingresso, necessaria per
tarare la portata desiderata;
d) 1 strumento misuratore della portata, per verificare la corretta resa del gruppo frigorifero: può
essere inglobato nella valvola di taratura se munita di attacchi piezometrici;
e) 1 flussostato o un pressostato differenziale per salvaguardare il gruppo da eventuale assenza di
portata d’acqua;
f) 2 prese per termometro campione per verificare la correttezza delle letture del microprocessore;
g) 1 filtro in ingresso posto il più vicino possibile all’ingresso dello scambiatore.
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26
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8.3
Controllo delle emissioni sonore
Nelle installazioni delle pompe di calore il controllo delle emissioni sonore è fondamentale. Rimandando
per approfondimenti ai testi riportati in bibliografia [11] [12] [13], ci si limita a ricordare che il rumore può
essere trasmesso per via strutturale e per via aerea. La trasmissione per via strutturale avviene a causa
delle vibrazioni della macchina ed è riducibile, sia con l’utilizzo di elementi elastici di disconnessione
(giunti antivibranti), sia con il buonsenso, evitando, per esempio, di piazzare il gruppo esattamente sopra
l’ufficio del Direttore Generale, come spesso avviene o ancora, in alternativa, negli alberghi, sopra la
suite imperiale da migliaia di euro a notte. La trasmissione per via aerea può essere controllata sia
adottando macchine particolarmente progettate a basso impatto acustico, sia inserendo apposite
barriere a protezione verso i punti critici.
I valori di pressione sonora dichiarati dalle case costruttrici valgono solamente per installazioni in campo
emisferico, con macchina posata a terra su basamento in cemento, condizioni non sempre riproducibili
nelle normali applicazioni. E' pertanto necessario prevedere l'aumento di emissione sonora avvertita in
condizioni diverse da quella di prova. Seguendo il concetto di "fattore di direzionalità" [11] [12], una
regola sempre applicabile consiste nell'aumentare di 3 dB il valore dichiarato se in prossimità del gruppo
vi è una parete riflettente, di 6 dB se ve ne sono due e di 9 dB se le pareti sono tre. Particolare
attenzione va posta quando s’installa un’unità frigorifera su putrelle a un'altezza superiore a 20 cm,
perché la zona sottostante ai compressori non è generalmente isolata acusticamente e il rumore che da
questa fuoriesce, mentre rimane intrappolato se la macchina è posta a terra, si riflette sul piano
sottostante quando questa è sopraelevata. E’ opportuno, in questi casi, aumentare il valore di 3 dB,
esattamente come se si fosse in presenza di una superficie riflettente.
Conviene sempre chiarire la distanza per la quale il costruttore dichiara i valori di rumorosità della
macchina: alcuni dichiarano a 1m, altri a 5m, altri ancora a 10m. Poi bisogna chiarire, inoltre a quale o
quali lati della macchina si fa riferimento. La figura 24 mostra chiaramente come i valori possano mutare
nettamente: esistono gruppi con batterie su entrambe i lati e gruppi con batteria su un lato solo, con
valori completamente diverso in funzione della direzione d’installazione.
Figura 24: valori di pressione sonora attorno a gruppi frigoriferi
Le macchine monobatteria sono più facilmente installabili in quanto è possibile orientare il lato più
silenzioso verso il punto critico da proteggere.
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Un ulteriore fattore da considerare è la diminuzione della pressione sonora in funzione della distanza. E'
tuttora pratica comune, peraltro totalmente errata, assimilare un componente frigorifero, gruppo, torre o
condensatore remoto, a una sorgente puntiforme e, quindi, abbattere di 6 dB il valore di pressione per
ogni raddoppio di distanza. In realtà le dimensioni delle macchine impediscono un'approssimazione così
grossolana: valori riportati da più costruttori dimostrano come, solamente per distanze superiori a quelle
della dimensione maggiore del componente, si può considerare lo stesso come sorgente puntiforme,
mentre a distanze inferiori si hanno diminuzioni tanto minori, quanto più piccola risulta la distanza
rispetto alla dimensione maggiore. Sono stati proposti sia diagrammi [14], sia formule basati su rilievi
sperimentali. Qui si ripropone una formula particolarmente interessante [13] leggermente modificata (9):
3H
  3 L +1
 D
+1

DMAX
DMAX

A = 10 LOG  K L
+H
+ D  − 10 LOG  K RIF

D
 


3H
 D3 L +1
+1
 L MAX + H DMAX + D
RIF






(9)
dove:
A
D
attenuazione funzione della distanza
distanza alla quale è calcolata si vuole conoscere l’attenuazione
DRIF
distanza alla quale si dispone del dato misurato
DMAX
massimo tra D e DMAX
LH
lunghezza e altezza della macchina
K
coefficiente correttivo funzione del lato della macchina interessato (posto pari a 5 per il lato
batteria, pari a 10 sul lato opposto, a 7 sul lato quadro elettrico).
Questa formula altro non è che quella teorica per le sorgenti puntiformi arricchita del valore delle due
dimensioni della sorgente planare e ponderata in funzione dei valori della distanza.
45
40
)
A
( 35
B
d 30
E
N 25
IO
Z 20
A
U 15
N
E
T 10
T
A 5
0
0
20
40
60
80
100
DISTANZA SORGENTE (m)
Teorico
L = 4m - H = 2m
L= 8 m- H = 2m
L = 12 m - H = 2 m
Figura 25: attenuazione in funzione della distanza
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La figura 25 mostra l’andamento dell’attenuazione alla distanza per tre macchine alte 2 m e lunghe
rispettiva mente 4 m, 8 m e 12 m. Come si vede, le curve divergono rapidamente dal valore teorico per
distanze fino a oltre 20 m, per poi riavvicinarsi a mano a mano che la distanza aumenta. Ciò è spiegabile
perché vicino alla macchina si ha una situazione simile a quella di una sorgente planare infinita, mentre,
a maggiore distanza, quella simile a una sorgente puntiforme. Tuttavia le due curve non si toccano mai,
in quanto, all’aumentare della distanza si attenua la differenza di rumore per direzionalità della
macchina, poiché si ha una ricaduta di altre fonti, ad esempio i ventilatori, poco sentite da una misura
effettuata in prossimità del gruppo. Ciò spiega il diverso coefficiente K utilizzato secondo il lato
interessato nella misura: l’attenuazione sul lato opposto alla batteria è minore rispetto a quella del lato
batteria, proprio perché, allontanandosi, aumenta l’influenza del rumore dei ventilatori.
Qualora non si riesca a raggiungere i livelli di rumorosità desiderati applicando un gruppo frigorifero
silenziato, è necessario applicare elementi esterni quali silenziatori e barriere.
I silenziatori non possono essere utilizzati su gruppi condensati ad aria, condensatori remoti e dry-cooler
con ventilatori assiali perché le perdite di carico indotte da questi componenti compromettono le
prestazioni della macchina. Sono invece molto efficaci su macchine dotate di ventilatori plug-fan, che
offrono una sufficiente prevalenza e permettono di abbattere l'emissione sonora ai livelli desiderati. Per
questo motivo, oltre alle applicazioni all'interno degli edifici, i gruppi con ventilatori centrifughi possono
essere applicati all'esterno, una volta muniti di silenziatori adeguati.
Per ridurre ulteriormente il livello di pressione sonora, al fine di proteggere una zona posta a una certa
distanza da una centrale frigorifera dotata di apparecchi silenziati con ventilatori assiali, si possono porre
barriere di schermatura. Perché una barriera sia efficace, è necessario che sia costituita da una parete
rigida, di legno o di muratura, con peso specifico di almeno 20 kg/m2, meglio se rivestita di materiale
fonoassorbente nella zona di maggior impatto e abbia un'altezza tale da offrire uno schermo visivo tra
punto ricevente e sorgente, come mostrato nelle figure 26 e 27.
Per ogni frequenza, l'attenuazione originata da una barriera può essere calcolata mediante la formula:
A = 20 log
2πN
tgh( 2πN )
+ 5[dB ]
(10)
dove N è il numero di Fresnel che può essere calcolato, con riferimento alla simbologia di figura 26 e
figura 27, per la vista in prospetto, il lato destro e il lato sinistro, secondo le [15]:
2f  2
2
2
d + (H B − H S ) + D 2 + ( H R − H B ) − (D + d )

343 
2f
ND =
d 2 + PD2 + ( D 2 + L2D ) − (D + d )
343
2f
NS =
d 2 + PS2 + ( D 2 + L2S ) − (D + d )
343
NP =
[
[
]
]
(11a)
(11b)
(11c)
dove f è la frequenza e gli altri valori hanno il significato visibile nelle figure 26 e 27. L’attenuazione
globale, dovuta ai tre lati della barriera, è calcolata per composizione su base energetica [12] dei tre
valori di attenuazione ottenuti secondo la relazione:
[
AG = −10 log10 10−0,1 AP + 10−0,1 AD + 10−0 ,1 AS
]
(12)
Il valore massimo di attenuazione raggiungibile in pratica è limitato a 24 dB(A), qualunque sia il valore
risultante dalla (12)
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Figura 26: barriera – vista in prospetto
Figura 27: barriera – vista in pianta
Le formule (10) (11) e (12) evidenziano che l'attenuazione ottenibile con una barriera è maggiore alle
alte frequenze. Nelle figure 28 è posta, in forma di diagramma, l'attenuazione totale raggiungibile per
varie posizioni e altezze di una barriera che avvolga completamente la macchina, nel caso si abbia una
distanza totale tra sorgente e ricevitore di 10 m.
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ATTENUAZIONEDELLA PRESSIONE SONORA A 10 m
Hr = Hs = 2m
]) 24
22
A
( 20
B 18
d
[ 16
E 14
N
O
I 12
Z 10
A 8
U 6
N 4
E
T 2
T 0
A
altezza barriera = 2 m
altezza barriera = 3 m
altezza barriera = 4 m
altezza barriera = 5 m
altezza barriera = 6 m
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
DISTANZA DELLA BARRIERA dal GRUPPO [m]
Figura 28a: attenuazione con barriera che circonda completamente la macchina
Nel diagramma di figura 28a, valido per sorgente e ricevente alti entrambi 2 metri dal piano di
riferimento, si nota come l'efficacia della barriera è tanto maggiore, quanto la sua altezza supera
l'altezza minima (2 m) e quanto più vicino si trova alla sorgente o al ricevitore (curva simmetrica). Se
invece esiste un dislivello positivo tra ricevente e sorgente, in altre parole il primo si trova a livello più
elevato (nel caso del diagramma il dislivello è di 5 metri), la barriera è tanto più efficace quanto più è
posta vicina alla sorgente; nel caso contrario, cioè di sorgente in posizione elevata rispetto al ricevitore,
l'efficacia è tanto maggiore quanto più vicina si trova alla zona da proteggere.
ATTENUAZIONE DELLA PRESSIONE SONORA A 10 m
Hr = 7 m Hs = 2 m
24
)] 22
A
( 20
B 18
d
[ 16
E 14
N
12
O
I 10
Z
A 8
U 6
N 4
E
T 2
T 0
A
altezza barriera = 3 m
altezza barriera = 4 m
altezza barriera = 5 m
altezza barriera = 6 m
altezza barriera = 7 m
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
DISTANZA DELLA BARRIERA dal GRUPPO [m]
Figura 28b: attenuazione in caso di punto più elevato rispetto alla macchina
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ATTENUAZIONE DELLA PRESSIONE SONORA A 10 m
Hr = 2 m Hs = 7m
])
A
(
B
d
[
E
N
O
I
Z
A
U
N
E
T
T
A
24
22
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
altezza barriera = 3 m
altezza barriera = 4 m
altezza barriera = 5 m
altezza barriera = 6 m
altezza barriera = 7 m
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
DISTANZA DELLA BARRIERA dal GRUPPO [m]
Figura 28 c: sorgente posta sopra il ricevitore : il valore dell'altezza della barriera è inteso alla sommità della stessa
a partire dal livello del suolo (cfr. figura 26). Nel caso di macchina posta sopra il punto da proteggere, il valore di 9
m può essere ottenuto ponendo una barriera di 4 m al livello della macchina stessa. Analogamente il valore 5 m si
ottiene senza barriera nel caso la copertura piana ove è inserito il gruppo copra il punto ricevitore
Le altezze riportate sui grafici si riferiscono al culmine della barriera rispetto al piano di riferimento e non
rispetto all'altezza reale. Confrontando i dati a parità di altezza reale della barriera, si nota che la
soluzione con gruppo in posizione sopraelevata dà i risultati migliori. A 2 m dal gruppo frigorifero una
barriera alta 3 m consente un'attenuazione di 10,5 dB nel caso di dislivello nullo tra sorgente e ricevitore,
16 dB nel caso il ricevitore sia in posizione più elevata di 5 m e di 18,2 dB nel caso il gruppo sia posto in
posizione più elevata rispetto al ricevitore (curva HB = 8 m = 5+3). Per quest'ultimo caso la curva HB = 5
m indica una situazione in cui il gruppo frigorifero sia posto su una copertura e privo di barriera a una
distanza tale dal bordo che la copertura stessa consenta un mascheramento visivo e acustico del
ricevente; le curve HB = 4 m e HB = 3 m indicano una situazione analoga con macchina rialzata
rispettivamente di uno e due metri dalla copertura.
I risultati ottenibili sono sicuramente interessanti; nell'applicazione pratica bisogna però tenere presente
alcune considerazioni molto importanti, di seguito riportate:
a) i valori di calcolo vanno sempre presi con estrema prudenza, perché le formule descritte non
tengono conto di tutti i parametri che concorrono ad attenuare il rumore prodotto dal gruppo;
b) come valore dato di partenza si può prendere quello fornito dal costruttore a 1 metro dall'unità,
corretto in funzione della distanza;
c) l'altezza della sorgente deve essere sempre considerata la massima della macchina e non quella
dichiarata dal costruttore per il rilievo della pressione sonora (generalmente 1,5 metri da terra);
d) nel caso il ricevitore sia posto in posizione sopraelevata e di unità con ventilatori assiali posti
sulla sommità, aggiungere sempre almeno 6 dB(A) rispetto al valore dichiarato dal costruttore; la
misura viene, infatti, eseguita secondo le norme ISO che prevedono una media ponderata tra 17
punti diversi di rilievo posti attorno alla macchina (solo 2 nella zona superiore): sopra i ventilatori
la rumorosità è maggiore, ma il valore finale ne risente poco per effetto della media;
e) per permettere alle batterie un corretto flusso d'aria, la barriera deve essere posta ad almeno 2
metri dalla macchina e non superarla in altezza di più di 1-2 metri; barriere più alte richiedono
distanze maggiori, soprattutto con le macchine silenziate, che funzionano con basse velocità di
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rotazione dei ventilatori e, a causa della scarsa gittata d'aria, rischiano di creare un ricircolo d'aria
calda nel caso di eccessiva vicinanza a un ostacolo;
f) conviene sempre orientare, quando possibile, il lato meno rumoroso della macchina verso la
zona da proteggere; nel caso di macchine dotate di ventilatori centrifughi poste all'interno
dell'edificio, conviene, se possibile, orientare verso il ricevitore l'aspirazione piuttosto che
l'espulsione, perché i silenziatori posti in ingresso a un ventilatore danno risultati migliori rispetto
a quelli posti in uscita.
9
IL PRIMO AVVIAMENTO: TARATURA E COLLAUDO
All’atto del primo avviamento va seguita una precisa procedura di taratura e di avviamento. Ricordando
che sarebbe sempre consigliabile la presenza del progettista, si deve agire come segue:
a) Si avviano le pompe del primario e si tara la portata desiderata sul gruppo, utilizzando il
misuratore di portata. La portata deve essere circa il 10% superiore rispetto a quella di progetto
nel funzionamento estivo per tener conto della diminuzione della stessa all’aumentare della
densità alle temperature più basse.
b) In mancanza di misuratore di portata si esegue una prima taratura sulla base delle perdite di
carico dello scambiatore. Ovviamente in questo caso la taratura è molto meno precisa.
c) Si avviano le pompe del secondario e si verificano eventuali variazioni di portata allo scambiatore
del gruppo, dovuto a deprecabili interferenze tra i due circuiti. I terminali devono essere spenti
(ventilatori chiusi).
d) Si avvia il gruppo frigorifero: nel caso di pompa di calore nella configurazione permessa dalla
stagione. Si tara il set-point basso e si riduce al minimo consentito il differenziale, in modo che il
gruppo funzioni sempre a piena potenza.
e) Quando la temperatura dell’acqua in uscita del gruppo raggiunge il valore desiderato (ad
esempio 7°C), si controlla il salto termico dell’evaporatore tra ingresso e uscita e,
contemporaneamente, le pressioni di lavoro e gli assorbimenti elettrici.
f) Si accendono i terminali dell’impianto in modo da mantenere un certo carico sulla macchina.
g) Se il salto termico dovesse essere diverso da quanto previsto si deve agire in due modi diversi, a
seconda che sia o no presente il misuratore di portata. Nel caso sia presente, se la portata è
corretta e il salto all’evaporatore è oltre il 10% minore rispetto al previsto, chiaramente la
macchina sta rendendo meno. Si devono capire se i motivi sono contingenti (qualche taratura
sbagliata, carica scarsa ecc.), oppure il problema è di resa della macchina. Ovviamente vanno
tenute ben presenti le condizioni di contorno: una macchina ad aria che fornisca il salto termico di
progetto con una temperatura esterna di 25°C, ovviamente rende, riportata a 35°C, circa il 15%
in meno. In assenza del misuratore di portata le valutazioni diventano aleatorie, perché non ci si
può fidare assolutamente della precisione di lettura dei manometri sullo scambiatore. A questo
punto vale la pena ritarare la portata sulla base del salto termico voluto.
h) Si effettuano le tarature del set-point e del differenziale sulla base del sistema di regolazione
montato dal costruttore [1]. Nel caso di regolazione sul ritorno si deve fissare il DR e nel caso di
regolazione sulla mandata il DM.
Comunque una regolazione sufficientemente corretta è fatta sulla base delle formule:
DR = ∆t − 1
DM = ∆t (1 −
2
) +1
N
(13)
dove N sono i gradini di parzializzazione della macchina, ∆t è il salto termico riportato alle condizioni di
progetto (se ad esempio la temperatura dell’aria è di 26°C contro i 35°C di progetto il ∆t letto deve
essere diminuito di circa 15%). La riduzione, nel caso di controllo sul ritorno, e l’aumento di 1K, nel caso
di regolazioni sulla mandata, serve proprio a considerare gli errori di lettura della temperatura delle
sonde.
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La macchina a questo punto è avviata; per macchine di elevata taglia è fondamentale controllare il
funzionamento dell’impianto nei primi giorni.
Dopo qualche giorno di funzionamento è necessario controllare lo stato di pulizia dei filtri dell’impianto,
perché potrebbero essere pieni di eventuali detriti di lavorazione.
10
LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI A POMPA DI CALORE
Il buon funzionamento di un impianto a pompa di calore dipende in larga parte dal tipo di conduzione
dell’impianto e dalla manutenzione eseguita sulla macchina.
10.1 La gestione dell’impianto
Per garantire un corretto funzionamento del gruppo frigorifero non servono regole particolarmente
gravose, basta seguire pochi semplici consigli pratici per garantire un corretto funzionamento del gruppo
frigorifero:
a) Il primo avviamento giornaliero deve essere sempre fatto azionando prima la pompa del primario,
fino a portare in temperatura il sistema, poi la pompa del secondario, con i terminali spenti.
Quando tutto l’impianto è in temperatura possono essere attivati i terminali. Mai prima.
b) Nel funzionamento in pompa di calore aria-acqua questa procedura è fondamentale se si vuole
garantire lunga vita alla macchina. Le fasi di avviamento per queste macchine sono molto più
gravose rispetto al refrigeratore. Infatti, mentre in estate la macchina parte la mattina con bassa
temperatura dell’aria esterna, quindi in condizioni favorevoli, in inverno la stessa condizione è
peggiorativa, anche a causa dell’alta umidità relativa che porta a una rapida formazione di
ghiaccio.
c) Nel caso sia presente una caldaia è sempre bene che la pompa di calore si avvii solamente
quando la temperatura del circuito caldo ha raggiunto almeno 30°C, oppure 35°C nel caso di
installazioni critiche (ad esempio con clima particolarmente umido).
d) Bisogna evitare di variare in modo rapido i carichi dell’impianto. Se si hanno più zone distinte,
basta frazionare l’avviamento dei terminali, posticipandoli anche solo di qualche minuto, in modo
che la macchina riesca ad adeguare il carico lentamente. Analoga procedura deve essere
effettuata durante le fasi di spegnimento.
10.2 La manutenzione del gruppo frigorifero
Una buona manutenzione programmata permette di mantenere sempre in buona efficienza i gruppi
frigoriferi. Un controllo sul gruppo frigorifero andrebbe fatto ogni 1000 ore di funzionamento, con almeno
una visita del frigorista all’avviamento stagionale e una allo spegnimento.
I lavori che devono essere eseguiti sono i seguenti:
a) Controllo stato di pulizia delle batterie condensanti ed evaporanti.
b) Controllo pulizia dei filtri del circuito idraulico.
c) Controllo delle portate d’acqua negli scambiatori.
d) Controllo stato dei teleruttori.
e) Controllo serraggio connessioni elettriche.
f) Controllo rumorosità dei cuscinetti dei ventilatori.
g) Controllo parametri di funzionamento dei circuiti frigoriferi.
per ogni compressore devono essere verificati:
a) La pressione di condensazione confrontandola con i dati della sorgente termica utilizzata
(temperatura acqua o aria).
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b) La pressione di evaporazione confrontandola con i dati della sorgente termica (temperatura e UR
dell’aria, temperatura dell’acqua).
c) Pressione dell’olio.
d) Temperatura di aspirazione.
e) Temperatura manometrica di aspirazione.
f) Temperatura di mandata.
g) Temperatura manometrica di mandata.
h) Temperatura del liquido.
i)
Surriscaldamento (d-e).
j) Sottoraffreddamento (g-h).
k) Temperatura carter olio.
l)
Tensione di linea.
m) Isolamento massa.
n) Ore di funzionamento.
o) Numero di avviamenti.
p) Controllo acidità dell’olio.
q) Controllo umidità dell’olio.
r) Corrente assorbita al 100% e in parzializzazione.
Tutti i dati devono essere registrati in un apposito libretto che deve fungere da archivio storico per la
macchina. Nello stesso libretto devono essere segnate anche le operazioni di manutenzione
straordinaria.
10.3 Il controllo remoto delle unità termo-frigorifere
Una moderna forma di controllo remoto e di telegestione per impianti semplici e complessi di
condizionamento di analizzare, in tempo reale, le funzionalità di centinaia di refrigeratori, pompe di
calore, unità multifunzione, ecc. operanti in numerosi siti in Italia e all’estero.
Si tratta del sistema flessibile e modulare di Rilheva che offre un approccio “proattivo” alla gestione del
monitoraggio e del controllo. Non solo permette di rilevare e segnalare eventuali anomalie, ma può
intervenire direttamente per risolvere il problema con tre livelli d’intervento:
a) monitoraggio “continuo”: raccolta e archiviazione automatica dei dati, trasmessi con frequenza
liberamente impostabile;
b) modalità “avviso”: quando l’evento supera una “soglia” stabilita il sistema invia istantaneamente
una serie di allarmi, a destinatari selezionati, nella forma prescelta (email, sms, sintesi vocale,
fax);
c) intervento “da remoto”: nel caso di superamento della soglia di rischio il sistema consente
all’operatore autorizzato di agire da remoto sulle diverse periferiche per risolvere il problema
senza intervenire in campo.
Il sistema crea statistiche o calcola “trend” per la previsione di situazioni di pericolo o di allarme tanto
che, dalla centrale operativa, è possibile misurare in tempo reale il progressivo miglioramento in ogni
situazione.
Di ogni unità termo-frigorifera installata e operativa è possibile analizzare qualsiasi grandezza fisica
attraverso il protocollo RTU Modbus su rete RS485 e trasmettere i dati a un server centrale.
Ogni dispositivo di controllo può gestire fino a 31 unità (refrigeratori, pompe di calore, unità
multifunzione, ecc.) per un totale di 400 Registri Modbus.
L’utente ha accesso ai dati collegandosi semplicemente a internet con un comune browser utilizzando
un PC, un tablet, oppure un telefono cellulare di tipo “Smart Phone” e, senza installare alcun software
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aggiuntivo, ha a disposizione un’interfaccia che gli permette di operare direttamente e in modo totale
sulla propria macchina frigorifera o condizionatore come se si trovasse direttamente in campo.
11
BIBLIOGRAFIA
1. M. Vio: “Come selezionare il modello di pompa di calore più adatto alle caratteristiche
dell’impianto: guida pratica per evitare spiacevoli sorprese”, Atti del Convegno AiCARR “Le
pompe di calore nella climatizzazione ambientale: innovazioni tecnologiche e impiantistiche”,
Padova, 18 giugno 1998
2. M. Vio: “Le centrali frigorifere” Condizionamento dell’aria, Marzo – Aprile 1996
3. O. Minelli, L. Rosso: “ Controllo dinamico dei cicli di sbrinamento delle pompe di calore
evaporanti ad aria: il nuovo sistema IDEA”, Atti del convegno AiCARR “Condizionamento,
riscaldamento, Refrigerazione: innovazioni e tendenze”, Milano 27 – 28 marzo 199
4. A. Vio, Ma. Vio, M. Vio: “P = f(GH): una formula spesso dimenticata” Condizionamento dell’aria,
giugno 1989
5. M. Vio: “Sistemi di produzione di energia ad alta efficienza abbinata ad impianti a pannelli
radianti” Atti del convegno AiCARR: “Riscaldamento e raffrescamento per radiazione: principi,
tecniche, evoluzione” Padova 19 giugno 1997
6. M. Strada, M. Vio: "Palazzo Manfrin a Venezia", Condizionamento dell'Aria, Agosto 1992
7. A. Vio, Ma. Vio, M. Vio: "L'impiantistica nella ristrutturazione di due palazzi gotici a Venezia", Atti
del convegno AiCARR di Bologna 1988 e in Condizionamento dell'Aria Giugno 1989
8. A. Vio, Ma. Vio, M. Vio: "Una centrale fuoriserie nella carrozzeria di un'utilitaria", Installatore
Italiano Marzo 1989
9. L. Favaretto, M. Vio: “Progettazione d’impianti con pompe di calore a motore endotermico a gas:
analisi di alcuni casi tipici”, Condizionamento dell’aria, ottobre 1992
10. D. Portoso: “Inerzia termica e centrale frigorifera: rapporti e conseguenze”, Condizionamento
dell’aria, giugno 1977
11. A. Briganti: "Il controllo del rumore negli ambienti civili ed industriali", Tecniche Nuove 1981
12. A. Cavallini: “Il controllo del rumore negli impianti di climatizzazione”, pubblicazione a cura di
Aermec
13. C. Calabrese : “Misura fonometrica o misura intensimetrica? Due tecniche a confronto nella
pianificazione e nella bonifica acustica delle centrali termo-frigorifere”, atti del convegno AiCARR
“L’inquinamento ambientale e gli impianti di climatizzazione e riscaldamento”, Roma 10 - 11
aprile 1997
14. A. Cavallini: “I refrigeratori d’acqua per gli impianti centralizzati di climatizzazione”, pubblicazione
a cura di Aermec
15. M. Vio, A Vio: “L’inserimento delle centrali termo-frigorifere nella ristrutturazione e nel restauro
degli edifici”, Atti del convegno AiCARR “Gli impianti nella ristrutturazione edilizia”, Bologna 17
ottobre 1996
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quadernotecnico
Gli impianti a pompa di calore: progettazione, installazione, gestione
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