Il Piccolo 17 gennaio 2016 Prozac per la sindrome di Down

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Il Piccolo 17 gennaio 2016 Prozac per la sindrome di Down
Il Piccolo 17 gennaio 2016 Attualità Medicina Prozac per la sindrome di Down Sperimentazioni al via in Italia e negli Usa: primo studio a Napoli ROMA. È possibile che il Prozac, uno degli antidepressivi più famosi, possa avere un effetto positivo sulla sindrome di Down. Il primo test del farmaco in questo ambito, riferisce la rivista del Mit Technology Review, inizierà a giorni all’University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, ma anche in Italia si proverà questa strada, anche se in condizioni differenti. Nello studio texano saranno reclutate 21 donne incinte al cui bimbo è stata diagnosticata la sindrome, a 14 delle quali verrà dato il farmaco già durante la gestazione. Attualmente, afferma la rivista, si stima che negli Usa 200 bambini con la trisomia stiano ricevendo il farmaco, anche se non c’è ancora stato nessun test sull’uomo che ne confermi le proprietà. A suggerire la possibilità che il Prozac, o meglio il suo principio attivo fluoxetina, possa avere un effetto sulla sindrome è stato uno studio italiano su topi da laboratorio pubblicato nel 2014 dalla rivista Brain. «I due difetti principali nella sindrome di Down sono un deficit nella produzione di neuroni e il fatto che i neuroni si sviluppano in maniera sbagliata» spiega Renata Bartesaghi, docente di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’università di Bologna. «Sapevamo poi che nel cervello con sindrome di Down c’è un difetto nel neurotrasmettitore serotonina, che è importantissimo per la maturazione cerebrale e la neurogenesi. Abbiamo quindi pensato che la fluoxetina, che inibisce la ricaptazione di serotonina mantenendola nel cervello, potesse dare benefici». Sui topi, spiega Bartesaghi, l’esperimento è riuscito, portando a un aumento dei neuroni e a un miglioramento delle capacità cognitive. La dimostrazione che il Prozac possa funzionare anche sugli uomini è però ancora lontana. «Non è detto che nell’uomo l’effetto sia lo stesso e non si possono illudere le famiglie. Stiamo per iniziare a Napoli un test su bambini tra i 5 e i 10 anni e speriamo di avere delle prime indicazioni». Regione Aumentano i "prof" ma calano i medici Roma diffonde l’ultima fotografia del pubblico impiego sul Friuli Venezia Giulia dove un lavoratore su quattordici è statale di Marco Ballico. TRIESTE. Aumentano gli insegnanti (+194) e i vigili del fuoco (+65). Diminuiscono i militari (-­‐921), gli addetti sanitari (-­‐357) e quelli del comparto unico (-­‐302). Dopo due anni di crescita i dipendenti pubblici del Friuli Venezia Giulia si riducono. Non di molto: con 241 unità in meno nel 2014 rispetto alle 85.594 registrate nel 2013 l’esercito della Pa tocca comunque quota 85.353. Il dato complessivo conferma dunque la nostra come una regione decisamente pubblica: un friulgiuliano su quattordici è statale, il 92,2% ha il posto fisso. Il report In lieve ritardo rispetto al solito, la Ragioneria generale dello Stato diffonde il Conto annuale, la fotografia regione per regione, comparto per comparto, della consistenza e dei costi della pubblica amministrazione in Italia. In un paese in cui si contano 3.232.089 dipendenti pubblici (oltre 187mila in meno rispetto al 2007, ma in rialzo di 8.600 unità sul 2013), il Fvg fa segnare un andamento altalenante. Lo storico L’inizio della discesa data 2001 quando nel pubblico operavano 89.964 lavoratori. Nel 2004 erano ancora 88.100, nel 2005 nuovo rialzo (90.216), quindi sempre un calo, eccezione fatta per il 2008 (88.839) rispetto al 2007 (88.628). Nel 2012 altra crescita: dagli 85.261 del 2011 a 85.364 (+103). E così anche nel 2013 (+230). Ma nel 2014, con 85.353 teste nel settore pubblico, la somma di 38.755 maschi (45,4%) e di 46.598 femmine (54,5%), si ritorna all’ingiù. La scuola Il settore dell’istruzione (il 24,3% del totale, 194 addetti in più rispetto al 2013, la solita stragrande 1 maggioranza di donne: 16.700) è ancora il più rappresentato nel pubblico impiego della regione. Anche perché continua a crescere (pure l’anno precedente si era riscontrato un aumento di 243 tra insegnanti e personale Ata), ancora prima degli effetti della “Buona scuola” di Matteo Renzi. La nuova lista Tra gli altri comparti all’insù anche i vigili del fuoco (passano dai 960 del 2013 ai 1.025 del 2014), gli addetti degli enti di ricerca (da 414 a 423, +9) e quelli delle agenzie fiscali (da 1.476 a 1.481, +5). Eccezioni in un quadro ricco di segni “meno”, dovuto anche al “trasloco” di alcuni lavoratori all’interno di una nuova categoria, la cosiddetta lista S13 dell’Istat. Sulla base del nuovo sistema europeo dei conti, l’istituto nazionale di statistica ha inserito in quell’elenco le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita. Ricadono così nella S13, tra gli altri, i dipendenti di Insiel, dell’Autorità portuale di Trieste, dell’Ente regionale teatrale Fvg, dei Consorzi industriali, del Teatro Stabile sloveno, dell’Anci e dell’Azienda speciale di Villa Manin. Militari e ministeriali A calare più di tutti sono i militari, che scendono da 11.766 a 10.845 pur rimanendo in ogni caso il 5,8% dei 186.447 effettivi italiani, percentuale decisamente più alta di quella che esprime il rapporto tra dipendenti pubblici regionali (2,6%) sul totale del paese. Anche la polizia (da 8.024 a 7.841, -­‐183) perde pezzi, e pure i ministeri (da 2.571 a 2.518, -­‐53), le università (da 2.655 a 2.616, -­‐399), gli enti pubblici non economici (da 1.034 a 1.013, -­‐21) e la magistratura (da 204 a 191, -­‐13). La sanità Ma i dati più significativi sono quelli della sanità e del comparto. La riduzione è consistente. Da un anno all’altro vengono a mancare 357 persone tra medici, infermieri, operatori socio-­‐sanitari e amministrativi e 302 dipendenti del comparto, ormai distante dalla quota 16mila toccata qualche anno fa. La spesa Per quel che riguarda le retribuzioni ci si affida ai dati nazionali, cifre da maneggiare con prudenza perché incidono non poco gli addensamenti dei diversi territori, ma non si dovrebbe sbagliare di troppo nello stimare la spesa per gli 85mila statali Fvg pari a poco più di 3 miliardi di euro (in Italia 159 miliardi). Si va dai 29.130 euro medi all’anno nella scuola ai 142.554 dell’indennità dei magistrati. " Stiamo fronteggiando l'invecchiamento " «Fin dall’inizio della legislatura stiamo affrontando con serietà e concretezza le ripercussioni sul sistema sanitario e sociale del progressivo invecchiamento della popolazione. Va in questa direzione anche l’accordo integrativo con i medici di famiglia, sottoscritto nei giorni scorsi e ratificato dalla giunta, per dare corso all’organizzazione dell’assistenza medica primaria così come rivista dalla legge di riforma del sistema sanitario». Lo afferma l’assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, commentando l’analisi degli esperti dell’Ocse, secondo i quali in linea generale «i sistemi sanitari non sono pronti» a far fronte al fenomeno dell’invecchiamento. «Ci stiamo attrezzando per affrontare quella che altrimenti è destinata ad essere una criticità. L’invecchiamento della popolazione ci impone di modificare il nostro modo di fare sanità e assistenza. Con la riforma abbiamo indicato il percorso da seguire e ora, passo dopo passo, stiamo facendo le diverse tappe» incalza Telesca. Ricordando che uno dei punti cardine dell’accordo integrativo con i medici di famiglia è la Medicina di gruppo integrata (Mgi), unica sede dove lavoreranno fianco a fianco almeno sei medici con un’apertura di non meno di 8 ore giornaliere. CONVEGNO Binomio sport e disabilità con l’obiettivo integrazione di Pierpaolo Pitich. TRIESTE. Lo sport come strumento di inclusione sociale e integrazione nella società. Parte da questo presupposto il convegno intitolato “Sport e Disabilità” in programma sabato 30 gennaio a partire dalle 9 nella sala Predonzani del Palazzo della Regione di piazza Unità. Un’iniziativa promossa dal comitato regionale della Federazione italiana canottaggio e dalla Consulta disabili con l’obiettivo di avviare dei percorsi di 2 inserimento alla pratica sportiva delle persone con disabilità, con riferimento specifico al canottaggio. Non a caso la presentazione dell’evento si è tenuta nella sede della società Canottieri Adria, la prima a credere in questo tipo di percorso sportivo di integrazione. Un percorso che si è concretizzato attraverso degli stage formativi di giovani tecnici nella disciplina del ParaRowing, vale a dire la pratica del canottaggio per atleti disabili. «Siamo soltanto ad un punto di partenza visto che ci sono molte società del territorio che hanno manifestato la volontà di imboccare questa strada -­‐ ha affermato Massimiliano D’Ambrosi, presidente regionale Fic -­‐. L’idea è proprio quella di favorire l’integrazione di questi ragazzi nella pratica sportiva ma non necessariamente a fini agonistici». Concetti ripresi da Dario Crozzoli, consigliere Fic, che ha auspicato «la continuazione ed il rafforzamento di iniziative di questo tipo che sono vitali per lo sport del canottaggio in particolare». Al convegno saranno affrontate diverse tematiche: da sport e disabilità nel mondo della scuola fino alla riabilitazione, passando per il rapporto tra sci e disabilità e tra sport e disabilità intellettiva. A vestire i panni di testimonial d’eccezione saranno gli atleti paralimpici Marta Zanetti e Cristiano D’Agaro (Vela) ed Ettore Malorgio (Tennis Tavolo). «Lo sport rappresenta un formidabile polo di aggregazione -­‐ ha sottolineato Vincenzo Zoccano, presidente Consulta regionale disabili -­‐. La pratica sportiva ci insegna che le persone con disabilità incarnano un autentico volano per l’intera società». Infine Berti Bruss ha introdotto il “Progetto Amareterapia”. Lettere «Il mio sogno è di poter un giorno curare mio padre» LA LETTERA DEL GIORNO. Sono la mamma di un ragazzino di 12 anni che frequenta la scuola media al “Dante”. Durante le vacanze natalizie, l’insegnante di lettere ha assegnato ai ragazzi un tema da svolgere. Gli studenti dovevano comporre una lettera che avesse come destinatario un amico lontano e dovevano parlare di un sogno molto importante per loro. Francesco ha parlato di suo padre... Carlo, suo padre, 53 anni, è da un anno e mezzo malato di Sla, è sulla sedia a rotelle, parla pochissimo e si fa capire con fatica, si nutre in parte per bocca e tramite sondino la notte, e dipende completamente da me e da chi lo assiste. La situazione è drammatica e noi affrontiamo le nostre giornate con difficoltà e dolore,... ma andiamo avanti. Francesco è molto legato al padre e soffre tanto nel vederlo così. Ha voluto quindi dedicare la lettera a suo padre, che si è commosso tantissimo mentre il figlio gliela leggeva ed ha espresso, quindi, il desiderio che fosse pubblicata. Lettera firmata Questa la lettera di Francesco. Tema: Scrivi una lettera ad un amico lontano per parlare del tuo sogno più importante. Caro Giorgio, il mio sogno più importante di cui vorrei parlarti è quello che riguarda mio padre. Il mio papà, come tu sai, ha una grave malattia, la Sla, che non gli permette di parlare bene, di muoversi e di mangiare o lavarsi da solo. Il mio sogno è quello di poter un giorno curare mio padre. Io desidero che mio padre torni ad essere l’uomo che era una volta, molto attivo e pieno di vita. Spero tanto che, nel frattempo, i ricercatori trovino la cura per questa malattia. Se loro non troveranno una cura, allora io vorrei diventare un medico e vorrei farlo per mio padre. Io desidererei che tornasse come prima, per poter andare in montagna e sciare con lui, parlare normalmente con lui e tenere lunghi discorsi con lui. Vorrei tanto tornare a giocare con lui, a palla, agli scacchi, a carte e magari anche con la Ps4. Io voglio tanto bene a mio padre e non sopporto di vederlo “ridotto” così; io desidero che torni “normale” e voglio continuare la mia vita sapendo che lui sarà con me, al mio fianco, sempre. Questo è il mio sogno, caro amico, e spero che anche tu lo condividerai. Il tuo amico Francesco Monfalcone Infermieri in allarme: «Staffetta di pazienti» Il sindacato Nursind denuncia la situazione di Chirurgia: «Troppi spostamenti, c’è il rischio di errore» 3 Il fine settimana per il Dipartimento chirurgico dell’ospedale unico Gorizia-­‐Monfalcone rappresenta una corsa ad ostacoli. La situazione diventa invivibile, alle prese con spostamenti a catena di pazienti da un reparto all’altro, fonte di preoccupazione e di effettivi salti mortali da parte del personale infermieristico, costretto a carichi di lavoro che rasentano il limite della sicurezza. Una pressione costante, quella sostenuta dagli operatori sanitari, che chiama in causa i rischi e le estreme difficoltà nel fronteggiare le innumerevoli e incalzanti incombenze. Il tutto a fronte delle lamentele e dei disagi espressi dagli stessi pazienti e familiari. Tanto che, a questo punto, sono scesi in campo i sindacati. Il Nursind, Sindacato delle professioni infermieristiche di Gorizia e di Udine, con i segretari provinciali Luca Petruz e Afrim Caslli, ha inoltrato una comunicazione ai vertici dell’Aas Bassa Friulana-­‐Isontina, al direttore generale Pilati, al direttore sanitario Cavallini, al direttore amministrativo Poggiana, nonchè al responsabile del Servizio amministrazione del personale Cussigh e al dirigente infermieristico Pelizzari, illustrando la pesante situazione. Il problema di fondo è legato alla gestione in ordine alla programmazione degli interventi chirurgici che, come sostengono i sindacati, non rispetta gli accordi utili ad armonizzare l’attività operatoria con le giornate di degenza post-­‐operatoria. Il risultato è una sorta di “staffetta dei pazienti”. A partire dalla Week Surgery che dal venerdì pomeriggio osserva la chiusura del fine settimana. Con i pazienti pertanto spostati alla Long Stay Surgery che, saturata dall’arrivo dei nuovi ospiti, dovendo altresì tener conto degli eventuali ingressi d’urgenza, nonchè di pazienti provenienti dalle sale operatorie e dalle ricovery room, determina un’ulteriore “diaspora” in altri reparti. I sindacati fanno notare come in questo modo salta il principio secondo il quale le stanze singole debbano diventare doppie solo a fronte di un nuovo ingresso d’urgenza in sala operatoria. In sostanza, anche se i reparti sono già pieni, vengono comunque eseguiti interventi chirurgici, senza considerare la chiusura della Week Surgery. «La possibilità di errore -­‐ sottolineano i rappresentanti sindacali -­‐ è eccessivamente alta nel fine settimana e sentire ogni volta le lamentele di pazienti e parenti è sempre più pesante». E dire che proprio la Week Surgery ha la caratteristica di garantire degenze brevi, ossia non più di 5 giorni, proprio per dimettere i pazienti entro la giornata di venerdì. Il sindacato ha fornito alcuni dati. L’altra settimana dalla Week Surgery sono stati spostati alla Long Stay Surgery 9 pazienti. L’altro ieri la situazione è ulteriormente peggiorata. Gli spostamenti per accogliere i pazienti della Week Surgery e gli interventi programmati sono stati 17. Il tutto senza contare le altre innumerevoli incombenze di routine sostenute dal personale infermieristico, «attività delle quali non ci siamo mai lamentati, ma che in questo contesto vanno a incrementare un carico di lavoro già di per sè esagerato». Non solo. «L’altro ieri -­‐ aggiungono -­‐ è stata creata una stanza doppia per due pazienti con interventi programmati, sempre in base agli accordi non mantenuti dall’apertura di questa nuova organizzazione. Inoltre, il personale di supporto venerdì pomeriggio era composto da tre operatori socio-­‐sanitari, di cui uno impegnato nella Long Stay Surgery per l’assistenza di 35 pazienti e due alle prese con la gestione di oltre 20 pazienti, tra dimissioni e trasferimenti. Uno dei due operatori, peraltro, con importanti limitazioni, a circa metà turno ha dovuto lasciare il servizio per infortunio». Cisint (Monfalcone domani) «Nel caos un dipartimento strategico che “vive” di urgenze» «Sono tante le situazioni “al limite” che emergono dai racconti che ci vengono sottoposti». L’ex consigliere comunale Anna Maria Cisint (foto), dell’associazione “Monfalcone Domani”, parla di «campanelli d’allarme numerosi, tanto che è diffusa la preoccupazione di sottovalutare il rischio che il paziente può correre a causa dei tagli pesanti di risorse subiti e di una riforma che non ha saputo organizzare i cambiamenti prima di “tagliare”». Quindi Cisint si sofferma sul reparto chirurgico: «Un dipartimento strategico per il nostro complesso e vasto territorio -­‐ osserva -­‐ che “vive” sulla gestione delle urgenze e ha quindi l’esigenza di disporre di medici e 4 infermieri in numero sufficiente a coprire almeno i turni. Basta poco per capire che anche qui siamo quasi giunti al “punto di non ritorno”. Da venerdì a lunedì, al dipartimento chirurgico c’è il caos. Il sindacato delle professioni inferimieristiche lancia un allarme che non deve rimanere inascoltato, sia a Monfalcone che a Gorizia». Messaggero Veneto 17 gennaio 2016 Udine Manca personale in ospedale: entro l’anno settanta assunzioni L’Azienda per sanare le carenze di infermieri e operatori sforerà il vincolo di spesa posto dalla Regione Prevista la regolarizzazione dei precari. Le maggiori criticità nei dipartimenti di Anestesia e Cardiotoracico di Alessandra Ceschia. Stop alle carenze di personale, l’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine corre ai ripari e si prepara anche a sforare il vincolo posto dalla Regione sulle spese per il personale, programmando una serie di assunzione per i reparti in sofferenza. Con la manovra si intende dare attuazione al nuovo Piano delle emergenze urgenze della Regione Friuli Venezia Giulia” con la conseguente necessità di consolidare la dotazione di personale per garantire gli equipaggi sulle ambulanze. I nodi da risolvere riguardano principalmente San Pietro al Natisone e Tarcento. Stando alle stime dei vertici aziendali si renderà necessaria l’acquisizione di una dozzina di infermieri, 23 operatori socio sanitari e 13 autisti di ambulanza, una manovra che comporterà nuovi costi per oltre un milione di euro. Potrebbe rendersi necessaria una deroga ai limiti sulle assunzioni anche per la messa in sicurezza di utenti e operatori dei reparti, dal Dipartimento di Anestesia, all’Emodinamica, dall’Ortopedia alla Piattaforma blocchi operatori. Per rendere possibile questa operazione occorreranno almeno una quindicina di infermieri e 7 operatori socio sanitari in più e investimenti per 487.4334 euro. Il 2016 vedrà pertanto una revisione delle risorse umane di alcuni reparti che saranno dotati di nuovo personale. Fra i reparti che presentano maggiore criticità vi sono il Dipartimento di Anestesia e rianimazione, nel quale la dotazione di personale deve essere urgentemente adeguata anche in vista dell’avvio della attività della Rete regionale dell’Emergenza per far fronte alle carenze create da gravidanze, maternità o malattie. Nondimeno, l’alta complessità dell’attività all’interno del Dipartimento cardiotoracico, che in caso di trapianti o interventi complessi si protrae anche per una dozzina di ore continuative, richiede interventi di riordino degli organici tanto in Cardiochirurgia, quanto Cardiologia e in Chirurgia toracica. Indifferibile ormai la presenza della guardia attiva e di due distinte équipe per la Neurochirurgia e la Chirurgia vertebromidollare, in quanto entrambe sono hub regionali. Alla Chirurgia specialistica dovrà essere garantita la copertura delle attività all’Otorinolaringoiatria, anche in considerazione della funzione di guardia attiva, in futuro a valenza dipartimentale. Potrà essere finalmente posto rimedio alla cronica carenza delle dotazioni organiche in Chirurgia vascolare, Ortopedia e traumatologia, Chirurgia urologica, Chirurgia generale e alla Clinica di Chirurgia generale, come del resto al dipartimento di Diagnostica per immagini, sia in Medicina Nucleare, sia in Radiologia d’Urgenza, che in Diagnostica angiografica, Radiologia interventista e Fisica sanitaria. Il potenziamento della dotazione organica si dovrebbe finalmente estendere anche all’area materno infantile per la strutture di Patologia natale, Clinica pediatrica Ostetricia e Ginecologia che ciclicamente vanno in sofferenza per la carenza di infermieri. Nel progetto inserito all’interno del Piano attuativo integrato redatto dall’Azienda viene inoltre previsto il potenziamento della Clinica di malattie infettive e dell’Ematologia, quest’ultima divenuta un hub regionale accanto al Centro regionale per i trapianti di midollo osseo che necessitano di un maggior numero di dipendenti. Il Piano segnala, infine, la necessità di «una nuova 5 definizione dell’organico», sia per l’Epatologia all’interno della Clinica medica, sia per le due Medicine. Alle nuove assunzioni si sommerà, inoltre, il processo di “stabilizzazione” del personale precario. Un piano contro l’invecchiamento professionale in corsia «Gli interventi che abbiamo programmato assicurano non solo la copertura del turn over, ma anche gli interventi di potenziamento che riguardano numerosi dipartimenti – spiega il commissario straordinario Mauro Delendi –. Se si dovesse rendere necessario sforare i limiti sulle spese del personale posti dalla Regione li motiveremo con il piano 2016 redatto sulla base delle cessazioni stimate». Nel contempo, l’Azienda punta sui programmi di formazione destinati al personale e ai meccanismi operativi per contrastare il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione professionale. «Stiamo mettendo in campo una serie di misure per garantire più flessibilità all’impiego del personale – sostanzia Delendi – interventi che rappresentano la concretizzazione del nostro progetto “Age management” per il quale abbiamo ricevuto un premio nazionale nel 2012». Arta: riaperte ieri le terme con stessi orari e servizi ARTA TERME. Sono state riaperte ieri le Terme di Arta con la gestione temporanea di Promoturismo. Erano state chiuse venerdì per le necessarie verifiche tecniche e i passaggi di consegna, a fronte dell’annunciata cessazione della gestione da parte della Casa di cura Città di Udine. Venerdì è arrivata l’autorizzazione dalla giunta regionale a PromoTurismo Fvg ad assumere temporaneamente la gestione dei servizi delle Terme, come richiesto dal Comune, proprietario della struttura. Ieri, prima della riapertura, il direttore di Promoturismo, Marco Tullio Petrangelo, e il sindaco di Arta, Marlino Peresson, hanno firmato il relativo contratto. Peresson sottolinea: «le terme sono state aperte fino al 14 compreso. Ieri il Comune ha ripreso in carico lo stabilimento, verificato l’impianto e la gestione tecnica. Per questo c’è stato un giorno di chiusura. Oggi (ieri, per chi legge) alle 10 ha riaperto e i clienti erano già qui. Naturalmente prima abbiamo formalizzato i passaggi di consegna con Promoturismo. Le terme ora saranno aperte con gli stessi orari e servizi della precedente gestione, anche perché è importante garantire la continuità. Già da lunedì lavoreremo poi al nuovo bando di gara» . (t.a.) Latisana «Riaprire il punto nascita come a Portogruaro» LATISANA. Cogliere gli aspetti di peculiarità del territorio. Accettare la sfida lanciata dal Veneto e rilanciare: «Se Portogruaro riapre, a prescindere dai limiti imposti dalle linee guida nazionali, perché ritenuto strategico per 16 milioni di turisti, la Regione Friuli dovrebbe dire altrettanto del punto nascita di Latisana. Anzi, dovrebbe accelerare e investire sul quel reparto, perché da noi la sanità ce la paghiamo con le nostre tasche, mentre in Veneto è lo Stato con il fondo nazionale a sostenere i servizi sanitari». Interviene così, il sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, sul dibattito acceso in questi giorni fra Friuli e Veneto, nella gestione dei punti nascita “di confine”: «Non posso accettare -­‐ scrive in una nota -­‐ che il Presidente della Regione Veneto, che dipende da Roma per il finanziamento della sanità regionale, dica a chiare lettere che sarà pronto a lottare anche contro il Governo pur di salvaguardare il suo territorio e da noi non si dica altrettanto. Facciamo valere con i fatti la nostra specialità: proviamo ancora un anno di sperimentazione lasciando lavorare in serenità, ad armi pari con gli altri centri, senza ostracismi come abbiamo visto in questi ultimi mesi. Alla fine sono certo che il punto nascita di Latisana supererà la soglia dei 500 parti per anno, attraendo ancora le future mamme, anche dal Veneto, nonostante la riapertura di Portogruaro. Se così non sarà sono pronto ad accettare la chiusura del reparto di Latisana». Una battuta anche sul recente vertice con i medici che si sono espressi per la chiusura dei punti nascita 6 sotto i 500 parti: «A ognuno il suo compito, ai tecnici quello di esprimere il giusto percorso per garantire la sicurezza, ai politici quello di tradurre le indicazioni in atti, che tengano in debito conto una visione complessiva, che trascenda dalle statistiche». (p.m.) Sacile «Pronto soccorso, urge una svolta» Casadio (Sps) a Ceraolo: apra sulle 24 ore per sgravare Pordenone SACILE. Pronto soccorso: prende posizione la civica Sacile partecipata e sostenibile. «Ciclicamente si riconferma l’intasamento del pronto soccorso di Pordenone – osserva l’ex consigliere comunale Rossana Casadio – La dirigenza dice che si tratta di concomitanze sfavorevoli. Ci si dovrebbe chiedere allora dov’era l’anno scorso, due anni fa, tre anni fa, quattro anni fa e via dicendo. Forse vent’anni fa non c’era problema, perché i vari pronto soccorso erano dotati di organici e di mezzi e funzionavano sulle 24 ore». «Visto però che non si può piangere sul latte versato e che noi elettori siamo parte in causa per come ormai sono andate le cose se avessimo amministratori locali davvero interessati ed irremovibili si potrebbe almeno salvare il salvabile» incalza la rappresentante della civica sacilese. E ribadisce una richiesta: «Da due anni chiediamo al sindaco di Sacile che si unisca ai colleghi di Gemona e Cividale e chieda assieme a loro l’apertura del punto di primo intervento di Sacile sulle 24 ore e non sulle 12 ore come avviene oggi. Può farlo perché Sacile ha quasi settemila accessi l’anno, ben più della soglia prevista per le dodici ore. Proceda, dunque, d’intesa coi sindaci di Gemona e di Cividale». Conclude Casadio: «Non si può da un lato affermare che si chiudono le maternità perché i parti non raggiungono la soglia minima prevista e fare orecchie da mercante quando gli accessi a un punto di primo intervento sono ben oltre la soglia dei 6.500 e, contemporaneamente, il pronto soccorso di Pordenone è sotto pressione». 7