DGR 471/2010 "Criteri e linee guida regionali, ai sensi dell`art.1

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DGR 471/2010 "Criteri e linee guida regionali, ai sensi dell`art.1
DGR 471/2010 "Criteri e linee guida regionali, ai sensi dell'art.1, comma 1 della l.r. 29/83, per
l'approfondimento degli studi geologico-tecnici e sismici a corredo della strumentazione urbanistica
comunale”
ALLEGATO “A”
1. Premessa.
In generale nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale lo studio geologico di un
territorio deve, attraverso la definizione delle caratteristiche geologiche generali, cioè la litologia, la
tettonica, gli elementi geomorfologici ed idrogeologici, l’individuazione della tipologia, natura ed
entità dei fenomeni di instabilità, nonchè la valutazione della peculiarità e del grado di rischio
idrogeologico ed idraulico esistenti, arrivare a fornire una classificazione dell’intero areale secondo
classi differenti di suscettività d’uso.
Ai suddetti fattori di rischio idrogeologico ed idraulico in oggi si aggiunge quello “sismico”,
infatti a seguito dell’emanazione in questi ultimi anni di vari provvedimenti nazionali e regionali
sull’argomento e delle recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 gennaio 2008), anche la
componente sismica deve essere tenuta in considerazione, valutata ed essere oggetto di opportuni
studi.
La Regione Liguria, pertanto, in attuazione del disposto dell’articolo 1, c. 1 della L.R. n.
29/1983, così come modificato dalla L.R. n. 29/2006, con il presente documento assume criteri e
linee guida in merito agli approfondimenti delle indagini e degli studi geologico – tecnici a corredo
degli strumenti urbanistici generali ed attuativi in ragione delle differenti classi di pericolosità
sismica attribuite al territorio regionale come risultano dalla D.G.R.. n. 1308/2008.
I criteri, elaborati sulla base delle risultanze di apposito incarico al Dipartimento per lo
Studio del Territorio e delle sue Risorse (DIP.TE.RIS.) dell’Università degli Studi di Genova,
disciplinano, in particolare, la metodologia da seguire per la valutazione della componente sismica
territoriale da applicarsi in fase di pianificazione urbanistica comunale. Il percorso metodologico ivi
previsto, in linea con gli Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica (ICMS), elaborati a livello
nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Nazionale di Protezione Civile Servizio Sismico Nazionale, e strutturato in 3 livelli di approfondimento, consente, infatti, agli Enti
locali di acquisire una base conoscitiva della pericolosità sismica locale delle diverse zone utile ai
fini della pianificazione territoriale.
1.1 Microzonazione sismica
Lo studio di microzonazione sismica ha lo scopo di riconoscere ad una scala
sufficientemente di dettaglio (scala comunale o sub comunale) le condizioni di sito che possono
modificare sensibilmente le caratteristiche del moto sismico atteso (moto sismico di riferimento) o
possono produrre effetti cosismici rilevanti (fratture, frane, liquefazione, densificazione, movimenti
differenziali deformazioni permanenti ecc.) per le costruzioni e le infrastrutture. Questi fenomeni
vengono generalmente definiti come effetti locali.
Per queste sue caratteristiche, quindi, la microzonazione rappresenta uno strumento di
base propedeutico a molte attività di pianificazione e programmazione del territorio, tra cui anche
quella della pianificazione urbanistica comunale.
Essa deve essere considerata anche come base conoscitiva ai fini della prevenzione
sismica e della riduzione del rischio sismico in quanto, evidenziando tutti quei fattori che possono
incrementare la pericolosità sismica locale, può permettere di stabilire gerarchie di pericolosità utili
per la programmazione di interventi di riduzione del rischio sismico a varie scale.
Uno studio di microzonazione restituisce una mappa del territorio nella quale sono indicate
:
•
•
•
le zone in cui il moto sismico non viene modificato rispetto a quello atteso in condizioni ideali di
roccia rigida e pianeggiante;
le zone in cui il moto sismico viene amplificato (e su quali frequenze questa amplificazione
avviene) a causa delle caratteristiche morfologiche, strutturali, stratigrafiche, geofisiche e
geotecniche dei terreni;
le zone in cui sono presenti, o suscettibili di attivazione, dissesti o deformazioni dei suolo
dovuti al sisma o incrementati da esso.
In generale la realizzazione di uno studio di microzonazione può essere affrontata con
diversi livelli di approfondimento che vengono dettati dalle finalità (pianificazione territoriale,
pianificazione per l’emergenza, progettazione delle opere), dalle necessità intrinseche del sito
(caratteristiche geomorfologiche, importanza delle opere da realizzare) e dei livelli di pericolosità.
Dati gli alti costi di una microzonazione, un’attenta analisi costi-benefici può definire la scelta delle
indagini e del livello di approfondimento necessario alla risoluzione delle problematiche territoriali.
In funzione dei diversi contesti e dei diversi obiettivi gli studi di MS possono essere
effettuati a vari livelli di approfondimento, passando dal livello 1 al livello 3 come di seguito
indicato :
¾ Il livello 1 è un livello esclusivamente qualitativo propedeutico ai veri e propri studi di MS , in
quanto consiste in una raccolta di dati preesistenti, elaborati per suddividere il territorio in
microzone qualitativamente omogenee rispetto alle fenomenologie riscontrabili (amplificazioni
locali, stabilità dei pendii, liquefazione, densificazione, fagliazione superficiale ecc). In generale
il livello 1 costituisce uno studio propedeutico e obbligatorio per affrontare i successivi livelli di
approfondimento. I risultati di questo livello possono orientare la scelta del livello successivo di
approfondimento (livello 2 e/o livello 3). Solo in alcuni casi i risultati di questo approfondimento
possono essere considerati esaustivi e definitivi. In questo caso si procede alla determinazione
della Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica;
¾
Il livello 2 introduce elementi quantitativi associati alle zone omogenee, con l’obiettivo di :
• compensare alcune incertezze del livello 1 con approfondimenti conoscitivi;
• fornire quantificazioni numeriche, con metodi semplificati (abachi, modellazione 1D, leggi
empiriche), della modificazione locale del moto sismico in superficie (zone stabili suscettibili
di amplificazioni locali) e dei fenomeni di deformazione permanente (zone suscettibili di
instabilità).
Per il raggiungimento di tali obiettivi si possono determinare modificazioni delle geometrie
delle zone individuate precedentemente. Il livello 2 porta alla costruzione della carta di
microzonazione sismica;
¾
Il livello 3 restituisce una Carta di microzonazione sismica con approfondimenti su tematiche o
aree particolari. Il terzo livello di approfondimento si applica :
• nelle zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, nei casi di situazioni geologiche e
geotecniche complesse, non risolvibili con l’uso degli abachi, o qualora l’estensione della
zona in studio renda conveniente un’analisi globale di dettaglio o, infine, per opere di
particolare importanza;
• nelle zone suscettibili di instabilità particolarmente gravose per complessità del fenomeno
e/o diffusione areale, non risolvibili con l’uso di metodologie speditive.
I risultati di questo livello potranno, limitatamente alle aree studiate con approfondimenti,
modificare la Carta di microzonazione sismica.
Gli studi di microzonazione, se applicati alla pianificazione urbanistica comunale,
consentono pertanto :
• la definizione del quadro conoscitivo del territorio comunale anche in prospettiva della
pianificazione (piani regolatori, PUC);
• la definizione degli obiettivi di riduzione del rischio sismico e l’integrazione degli obiettivi e degli
indirizzi eventualmente definiti a livello regionale e provinciale;
•
l’individuazione degli ambiti prioritari di intervento e di indagine, nonché dei livelli di
approfondimento necessari, in considerazione delle scelte di piano (strategie urbanistiche) e
anche in funzione della programmazione delle risorse.
1.2 Aspetti operativi e scelte dei livelli di approfondimento
Come evidenziato anche negli ICMS, la pericolosità sismica del territorio determina la
scelta delle azioni tecniche da sviluppare nei territori comunali, provinciali e regionali per le indagini
di microzonazione.
La pericolosità sismica dell’area, la finalità degli studi e la disponibilità economica sono
fattori che possono significativamente incidere sul livello di approfondimento e le condizioni di
scelta per l’acquisizione dei dati di base.
La Regione Liguria con D.G.R. n.1308 del 24/10/2008 ha adottato la nuova classificazione
sismica del territorio proposta dalla Commissione Regionale Rischio Sismico; detta classificazione,
aggiornata con il contributo del DIPTERIS dell’Università degli Studi di Genova, ha portato alla
suddivisione del territorio regionale in due fasce di pericolosità, classe 3 ( bassa pericolosità)
suddivisa nelle sottoclassi 3S, 3A, 3B e classe 4 (molto bassa pericolosità). A ciascuna fascia è
stato assegnato un valore di PGAH (accelerazione orizzontale di picco) di ancoraggio dello spettro
elastico di normativa (derivato degli studi di pericolosità sismica per una probabilità di eccedenza
del 10% in 50 anni, pari ad un periodo di ritorno1 T=475 anni) rispettivamente di: PGAH = 0,180g.
(per la zona 3S), PGAH = 0,150g (per la zona 3A), PGAH = 0,100g (per la zona 3B) e PGAH =
0,050g (per la zona 4).
Tale condizione comporta necessariamente di dover differenziare e graduare gli
approfondimenti per la microzonazione in funzione dei valori di pericolosità sismica
Ciò detto, per quanto attiene alla pianificazione urbanistica comunale, nel caso di
elaborazione di nuovi strumenti urbanistici, comprese le relative varianti, nonché di adeguamento
degli strumenti già vigenti gli studi di MS si svolgono secondo il seguente schema di
approfondimento:
1. per tutti i comuni ► studio di MS di livello 1;
2. per i Comuni di fascia 4 e 3B ► studio di livello 1, con approfondimenti del 2° e 3° livello
per opere pubbliche e/o strategiche;
3. per i Comuni di fascia 3A ► studio di livello 1 più approfondimenti di 2° livello su aree di
particolare interesse;
4. per Comuni di fascia 3S ► studio di livello 1 + livello 2. In detta fascia, il livello 3 potrà
essere applicato per aree in cui possono essere presenti condizioni di pericolosità locale
che possono determinare significativi incrementi del rischio. Il livello 3 è obbligatorio per
opere pubbliche e/o strategiche
1.3 Delimitazione delle aree oggetto di studio.
In linea generale è da evitare l’estensione all’intero territorio comunale di questi studi, in
quanto tali indagini possono comportare costi e tempi non giustificati in termini di benefici collettivi.
A tal fine possono essere individuate le categorie di aree da escludere dall’indagine (“aree
escluse”). Le categorie di aree escluse possono essere definite come quelle aree per le quali le
condizioni contestuali o normative non consentono o non prevedono le trasformazioni insediative o
infrastrutturali.
La delimitazione è da considerarsi, comunque, come un’indicazione di massima e in fase di
stesura della Carta sono ammesse variazioni in relazione a problematiche geologiche e
1
Il periodo di ritorno è definito come il reciproco del tasso medio di eccedenza. Il periodo di ritorno di 475 anni
corrisponde ad un tasso di eccedenza di 0,0021 ovvero ad una probabilità di superamento del 10% in 50 anni.
geotecniche individuate; in particolare, l’area di studio sarà estesa fino a comprendere la zona
d’influenza dei fenomeni geologici che possono interessare l’area da microzonare.
Su queste basi, negli studi di MS a livello comunale l’area deve comprendere :
¾ tutto il centro abitato;
¾ le aree di espansione (nuova edificazione, completamento), piani di insediamento
produttivo, artigianale ed industriale riconosciuti e concordati a livello regionale, provinciale
e comunale, PUO;
¾ le frazioni con continuità edilizia e comunque con un numero sufficiente di abitanti.
2. Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (livello 1).
Per la predisposizione del piano urbanistico comunale (PUC) vengono effettuate analisi
conoscitive e valutazioni per definire priorità, programmi, localizzazioni e interventi.
Nelle analisi e nelle valutazioni debbono essere incluse quelle relative al rischio sismico,
sviluppate utilizzando le analisi della pericolosità di base e gli studi di MS. Un livello appropriato di
MS da utilizzare per la definizione delle strategie è rappresentato in generale dalla Carta delle
microzone omogenee in prospettiva sismica. In sintesi l’uso di detta Carta ha lo scopo di
indirizzare le scelte pianificatorie e le relative localizzazioni :
• orientando la scelta di aree di nuova previsione;
• definendo gli interventi ammissibili in una data area e le relative modalità;
• orientando la localizzazione degli elementi primari di carattere operativo, logistico e
infrastrutturale;
• predisponendo eventuali programmi di indagini di approfondimento.
La Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica rappresenta il livello 1 di
approfondimento. La carta ha per obiettivo l’individuazione delle microzone a comportamento
sismico omogeneo su una carta ad una scala di dettaglio (1:5.000 ; 1:10.000) e costituisce uno
studio propedeutico e obbligatorio per affrontare i successivi livelli di approfondimento.
I risultati di questo livello devono orientare la scelta del livello successivo di
approfondimento (livello 2 e/o livello 3).
La carta individua le microzone ove, sulla base di osservazioni geologiche e
geomorfologiche e della valutazione dei dati litostratigrafici, è prevedibile l’occorrenza di diversi tipi
di effetti prodotti dall’azione sismica (amplificazioni, instabilità di versante, liquefazione, ecc.).
Sottolineando che lo scopo finale di tutti gli studi di MS riguarda la definizione di un modello
di sottosuolo, in base alle unità litotecniche presenti, ai loro rapporti stratigrafici e geometrici ed ai
parametri fisico-meccanici che li caratterizzano, e che la conoscenza di tale modello permette di
effettuare valutazioni sui fenomeni di amplificazione locale per le zone stabili e su eventuali
fenomeni di instabilità, i dati di base utilizzabili, oltre alla cartografia di base disponibile, sono :
a. carta delle indagini, precedentemente prodotta per questo livello;
b. carte geologiche e geomorfologiche almeno alla scala 1:10.000, preferibilmente di maggiore
dettaglio;
c. carta litotecnica alla scala 1:10.000;
d. logs litostratigrafici dedotti da dati di sondaggio;
e. sezioni geolitologiche costruite con dati dedotti da a., b. e c.;
f. carte di dissesto idrogeologico (es. : Piani di Bacino stralcio sul rischio idrogeologico, Progetto
IFFI, Progetto CARG, ).
Condizione preliminare per la realizzazione di questo livello è la messa a punto di un
quadro conoscitivo generale, che sintetizzi tutti i documenti preesistenti e con un’analisi coerente
descriva in modo compiuto le diverse tipologie di terreni che possono esaltare l’azione sismica.
In assenza di dati preesistenti che permettano la ricostruzione di un quadro litostratigrafico
dell’area, non è possibile elaborare la Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica. In
tal caso dovranno essere eseguite apposite nuove indagini finalizzate a definire la litostratigrafia, le
tipologie e gli spessori delle coperture e la profondità del substrato o le aree dove esso affiora.
In questa fase non è previsto l’utilizzo di un input sismico, né la quantificazione numerica
dei diversi effetti.
La carta delle microzone omogenee verrà realizzata con un dettaglio utile per il
raggiungimento dei seguenti obiettivi:
• caratterizzazione del substrato geologico;
• caratterizzazione dei terreni di copertura;
•
ricostruzione delle aree potenzialmente interessate da deformazioni permanenti in caso di
evento sismico;
• definizione di forme geomorfologiche di superficie e sepolte, particolarmente importanti per
problematiche sismiche.
Questi obiettivi sono perseguibili attraverso l’identificazione delle geometrie di microzone
potenzialmente caratterizzate da specifici effetti sismici classificabili nelle seguenti tre categorie :
A) zone stabili, nelle quali non si ipotizzano effetti di alcuna natura, se non lo scuotimento,
funzione dell’energia e della distanza dell’evento. Sono le zone dove è affiorante il substrato
geologico o sub affiorante (fino a circa mt. 3) con morfologia pianeggiante o poco inclinata (pendii
con inclinazione inferiore a circa 15°). Il soggetto realizzatore dovrà, in base alla letteratura, alle
proprie conoscenze pregresse del territorio e in base ai dati raccolti, identificare le zone che più
probabilmente sono caratterizzate da Vs ≥ 800 m/s.
Si richiedono nella descrizione della zona alcune informazioni sul substrato :
• tipologia : lapideo, granulare cementato, coesivo sovraconsolidato, alternanza di litotipi, ad
esempio depositi flyschoidi;
• stratificazione;
• grado di fatturazione (solo superficiale o visibile da spaccati);
• profondità nelle zone dove non affiora (desunta ad esempio da spaccati naturali o da scavi));
• posizione dei sondaggi che lo intercettano.
Le zone stabili saranno differenziate in base alla tipologia, alla stratificazione e al grado di
fratturazione.
B) Zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, nelle quali sono attese amplificazioni del
moto sismico, come effetto della situazione litostratigrafica e morfologica locale. Si ricorda che con
la dizione amplificazione locale si intende una modificazione in ampiezza, frequenza e durata dello
scuotimento sismico dovuta alle specifiche condizioni lito-stratigrafiche e morfologiche di un sito. Si
può quantificare mediante il rapporto tra il moto sismico alla superficie del sito e quello che si
osserverebbe per lo stesso evento sismico su un ipotetico affioramento di roccia rigida con
morfologia orizzontale. Se questo rapporto è > 1, si parla di amplificazione locale
In generale nelle zone in cui si possono produrre effetti di amplificazione locale sono
presenti terreni di copertura, coltri di alterazione del substrato, substrato molto fratturato,
caratterizzati da basse velocità di propagazione delle onde di taglio (Vs < 800 m/s) sovrapposti ad
un substrato più rigido (bedrock) con velocità delle onde di taglio Vs >800 m/s. Gli spessori di
questi terreni devono essere superiori ai 3,00 – 3,5 mt.
L’amplificazione è quindi legata in primo luogo a differenze in termini di rigidità sismica
(rapporto tra le velocità delle onde sismiche) tra substrato e copertura e secondariamente alla
conformazione geometrica con conseguenti fenomeni di focalizzazione delle onde sismiche: valli
fluviali, conoidi, falde di detrito, ammassi rocciosi molto fratturati. A parità di spessore, tanto
maggiore sarà il contrasto di velocità tra substrato e coperture tanto maggiore risulterà l’effetto di
amplificazione.
Le litologie alle quali si assimilano quelle presenti sul territorio sono :
1. riporto antropico, con l’indicazione della matrice e dello spessore indicativo;
2. ghiaia, ghiaia/sabbiosa, sabbia/ghiaiosa, sabbia, sabbia/limosa, limo/sabbioso, con l’indicazione
dello stato di addensamento o la Dr (Densità relativa)2 e degli spessori minimi e massimi supposti;
3. limo, limo/argilloso-argilla/limosa, argilla, con l’indicazione della consistenza e degli spessori
minimi e massimi supposti;
4. deposito alluvionale a granulometria mista o indistinta con l’indicazione degli spessori minimi e
massimi supposti;
5. detrito di versante (su pendio con acclività < 15°) a granulometria mista o indistinta e degli
spessori minimi e massimi supposti;
6. coltre di substrato alterato o intensamente fratturato con l’indicazione degli spessori minimi e
massimi supposti;
7. altri terreni, con l’indicazione del tipo e degli spessori minimi e massimi supposti.
Le zone stabili suscettibili di amplificazioni locali debbono essere riportate nel campo
carta e ognuna ha una corrispondenza univoca con una successione litologica riportata in legenda.
Accanto a ogni litologia è riportato lo spessore medio più rappresentativo del litotipo
(tenendo naturalmente conto anche degli spessori minimi e massimi indicati nella legenda). Nelle
zone in cui il dato è disponibile deve essere riportata la profondità del substrato geologico.
C) Zone suscettibili di instabilità, nelle quali gli effetti sismici attesi e predominanti sono
riconducibili a deformazioni permanenti del territorio (non sono naturalmente esclusi per queste
zone anche fenomeni di amplificazione del moto).
Le zone identificano quattro categorie di effetti deformativi:
•
instabilità di versante.
Distinte per tipo di frana (per crollo o ribaltamento, per scorrimento, per colata, frana
complessa e distinte per grado di attività (attiva, quiescente, inattiva);
• liquefazione : tale fenomeno può prodursi in aree con terreni sabbiosi, sabbioso-limosi o
sabbioso-ghiaiosi e con superficie della falda freatica e delle eventuali falde in pressione <
15 m.;
• faglia attiva e capace (indicare l’area interessata dalle deformazioni legate alla faglia);
• cedimenti differenziali : si verificano in aree di contatto stratigrafico o tettonico di litotipo con
caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse.
I cedimenti differenziali e la fagliazione attiva vengono presi in considerazione solo
nell’ambito del livello 1, solo segnalandone l’eventuale localizzazione. Tali tipi di instabilità, in
generale, non hanno la stessa importanza degli altri fenomeni specie in aree a medio -bassa
sismicità come la Liguria.
I cedimenti differenziali si verificano limitatamente nelle zone adiacenti i contatti fra
formazioni con caratteristiche litologiche e meccaniche molto diverse. Questo tipo di fenomeni è
incluso in questa categoria per comodità di rappresentazione.
La definizione di faglie attive e capaci, deve essere demandata a studi specifici condotti da
esperti del settore che dopo attenta analisi potranno essere considerati e messi a disposizione
degli operatori.
La sovrapposizione di due zone suscettibili di instabilità viene spesso segnalata con la
presenza di. forme di superficie;
• orlo di scarpata morfologica ( 10 – 20m, > 20m);
• orlo di terrazzo fluviale ( 10 – 20m, > 20m);
• picco isolato;
• cresta;
• conoide alluvionale;
2
Densità relativa: Esprime numericamente il grado di compattezza di un terreno sabbioso ed è definito dalla relazione
Dr =
e0 − e
e0 − emin
dove: e0 indice dei vuoti corrispondente alla compattezza minima; emin indice dei vuoti corrispondente alla
compattezza massima realizzabile in laboratorio; e indice dei vuoti del terreno in sito
• falda detritica e forme/elementi sepolti;
• scarpata (con indicazione di altezza e pendenza);
• valle ; valle stretta C > 0.25, valle larga C < 0.25 (dove C coefficiente di forma (C = h/l) e h è lo
spessore della coltre alluvionale, l la sua semiampiezza);
• area con cavità sepolta.
Le zone con forme geomorfologiche, quali: creste, conoidi, falde detritica, terrazzi fluviali e
marini, valli, oltre ad essere aree di potenziale instabilità sono molto spesso anche sede di
importanti fenomeni di amplificazione.
Per quanto attiene agli indici ed alle modalità di rappresentazione cartografica si rinvia agli
ICMS §2.3.
In conclusione la predisposizione della Carta delle microzone omogenee in prospettiva
sismica prevede le seguenti operazioni :
¾ definizione e delimitazione delle aree in studio;
¾ raccolta di tutte le indagini preesistenti geologiche, geognostiche, geotecniche (in sito e in
laboratorio) e geofisiche, analisi critica e di congruità delle stesse;
¾ predisposizione di una carta delle indagini sulla base delle indicazioni nazionali di cui ai
paragrafi 1.6.3.1.1 e 2.2 dei c.d. I.CM.S., in cui vengano riportati con simboli opportuni la
topologia delle indagini preesistenti ed indicazione delle zone suscettibili di approfondimenti
e delle teologie di indagini consigliate;
¾ predisposizione della cartografia delle zone omogenee;
¾ raccolta delle informazioni sul danneggiamento subito a causa di eventi distruttivi del
passato(3).
2.1. Individuazione e predisposizione delle sezioni geolitologiche significative.
In relazione alle caratteristiche geologiche e strutturali, alla morfologia ai rapporti tra
depositi di copertura e substrato e alla distribuzione delle aree in studio sono ricostruite sezioni
geologico- tecniche utili a prime considerazioni sulla pericolosità sismica locale.
In particolare, sono evidenziate le situazioni (potenziale causa di amplificazione sismica)
alle quali è necessario porre attenzione per l’individuazione di sezioni 1D e 2D da sottoporre a
modellazione numerica. In particolare sotto l’azione sismica si possono avere fenomeni di
amplificazione legati agli effetti topografi , effetti litologici, effetti per morfologie sepolte
In relazione a questi effetti, gli aspetti geologici e geomorfologici principali da considerare
nel tracciare le sezioni sono così sintetizzabili :
a. amplificazione per effetti topografici e morfologici. Sono discontinuità morfologiche che possono
comportare l’amplificazione del moto del suolo connessa con la focalizzazione delle onde
sismiche, quali :
− pendii con inclinazione > 15° e dislivello superiore a circa 30 m;
− bordi di terrazzo o zone di ciglio (H > 10 m);
− creste rocciose sottili (larghezza in cresta molto inferiore alla larghezza alla base e pendenza
media > 30°);
b. amplificazione per effetti litologici. L’amplificazione è legata prevalentemente a contrasti di
rigidità tra substrato e copertura e secondariamente alla conformazione geometrica con
conseguenti variazioni di spessori degli strati “lenti”;
c. amplificazione per morfologie sepolte.
In questo caso il fenomeno di amplificazione è
generato a causa di un substrato roccioso con morfologia sepolta molto accidentata (es. presenza
di paleoalvei). Ciò può produrre anche fenomeni di focalizzazione delle onde sismiche.
3. Carta di microzonazione sismica (livello 2).
3
) Come livello di danno possibilmente dovrà essere considerato quello normalizzato, cioè in cui si sia stato tenuto
conto della vulnerabilità dell’edificato
3.1 Introduzione.
Come già anticipato in 1.1, il livello 2, partendo dalla Carta delle microzone omogenee in
prospettiva sismica del livello 1, si pone l’obiettivo di costruire la carta di microzonazione sismica
che compensa, con approfondimenti quantitativi, talune incertezze insite negli studi di primo livello
e rappresenta con metodi semplificati il moto sismico atteso.
Operazione preliminare è, quindi, quella di individuare le aree con i maggiori livelli di
incertezza e programmare eventuali nuove indagini. Tale analisi prende in considerazione le
caratteristiche morfologiche, litostratigrafiche e geotecniche delle diverse zone e integrarle con i
dati geologici, geomorfologici, geologico-tecnici, e geotecnici, già raccolti e valutati.
La localizzazione delle indagini (pregresse e di nuova esecuzione) viene riportata su di una
nuova Carta delle indagini, in cui sono anche segnalate le aree dove si ritiene più importante la
previsione di ulteriori indagini per la predisposizione di un eventuale livello 3, ovvero quelle in cui le
incertezze sui risultati di questo livello di approfondimento sono più evidenti.
Compito finale della MS di secondo livello è quello di restituire una carta di microzonazione
sismica costruita sulla base dei valori di amplificazione per le zone suscettibili di instabilità. Tali
valori possono essere ottenuti per ciascuna zona omogenea attraverso l’uso di procedure di
crescente complessità (a seconda del livello) e valori numerici attribuiti anche con metodologie
semplificate. In base alle analisi effettuate in questo livello, sarà possibile che le perimetrazioni
delle zone omogenee in prospettiva sismica possano essere modificate.
Le quantificazioni numeriche possono dare origine alla Carta delle zone stabili e delle zone
stabili suscettibili di amplificazioni locali caratterizzate da fattori di amplificazione per due periodi
dello scuotimento e/o da spettri di risposta.
3.2 Zone stabili suscettibili di amplificazioni locali.
Come precedentemente detto uno degli scopo principali della MS consiste nella
quantificazione dei valori di amplificazione4 connessi con i terreni di fondazione in zone instabili e/o
suscettibili di instabilità.
In generale tali valori vengono determinati tramite lo studio delle funzioni di trasferimento
che rappresentano le modifiche (in frequenza ed ampiezza) subite dal segnale sismico a causa
dell'attraversamento di materiali più “soffici” sovrapposti ad un substrato rigido. La convoluzione
della funzione di trasferimento per l'input sismico previsto al substrato determinerà lo spettro in
superficie. Il rapporto tra lo spettro di superficie e lo spettro al bedrock permetterà di determinare il
fattore di amplificazione per tutto lo spettro o per bande di frequenze. Il fattore di amplificazione
può essere derivato da rapporti spettrali di accelerazione (FA) o da rapporto tra spettri di velocità
del moto del suolo (FV). Per il calcolo della funzione di trasferimento e conseguentemente dei
fattori di amplificazione possono essere seguiti diversi approcci che comportano gradi di
complessità crescente con conseguenti incrementi dei costi di esecuzione.
Tali fattori possono essere calcolati direttamente per via strumentale (nel caso di forti
terremoti registrati da reti accelerometriche), predisponendo di registrazioni accelerometriche o
velocimetriche su roccia di base e in superficie, con processi analitico-sperimentali, che richiedono
comunque l’installazione di strumentazione per la registrazione di microeventi sismici o noise, con
procedimenti puramente analitici con l’applicazione di modellistiche 1D, 2D o 3D che comunque
richiedono la conoscenza di una serie di parametri di input legati alle caratteristiche stratigrafiche e
litotecniche dei suoli.
4
Amplificazione locale Modificazione in ampiezza, frequenza e durata dello scuotimento sismico dovuta alle specifiche condizioni
litostratigrafiche e morfologiche di un sito. Si può quantificare mediante il rapporto tra il moto sismico alla superficie del sito e
quello che si osserverebbe per lo stesso evento sismico su un ipotetico affioramento di roccia rigida con morfologia orizzontale. Se
questo rapporto è maggiore di 1, si parla di amplificazione locale.
Gli ICMS considerano che le amplificazioni possano essere quantificate per mezzo di
“abachi” che definiscono i fattori FA, FV di amplificazione degli spettri (rispettivamente in
accelerazione e Velocità) elastici in superficie, associati a diverse situazioni litostratigrafiche.
Nelle more della predisposizione di tabelle che tengano conto delle peculiarità sismotettoniche,
geologiche e litostratigrafiche del territorio ligure ai fini della predisposizione degli studi di MS si
rinvia a criteri generali per la composizione e l’uso degli abachi riportati nelle Linee guida degli
ICMS, nonché agli abachi ivi presenti, che sono rappresentativi di condizioni tipo.
L’applicazione degli abachi, comunque non può prescindere dalla conoscenza di tutta una
serie di parametri sperimentali che richiedono specifiche indagini in sito e/o di laboratorio.
3.3 Dati per la valutazione delle amplificazioni.
Per le valutazioni delle amplificazioni in superficie sono indispensabili dati su :
• pericolosità sismica di base per definire l’input sismico di riferimento;
• morfologia superficiale del sito;
• litostratigrafia del sito con particolare attenzione alla profondità del bedrock sismico (quando
individuabile);
• morfologia del bedrock sismico;
• caratterizzazione geotecnica dei terreni e caratterizzazione geomeccanica di ammassi rocciosi
fratturati;
• profilo della velocità delle onde S (Vs);
• periodo fondamentale di vibrazione;
• caratterizzazione dei terreni in condizioni dinamiche.
Sinteticamente i metodi di indagine sono i seguenti :
DATI DI BASE
METODI DI INDAGINE
Input sismico di riferimento
Analisi di pericolosità di base e/o dati strumentali
Morfologia del sito
Modello digitale del terreno, cartografia topografica di
dettaglio
Rilevamento geologico, sondaggi
Litostratigrafia
Profondità bedrock sismico e
morfologia sepolta
Falda acquifera
Sondaggi5, sezioni geologiche 2D, indagini geofisiche
Caratterizzazione geotecnica e
geomeccanica
Profilo Vs
Analisi geomeccaniche, prove in sito, prove di
laboratorio, correlazioni con SPT e CPT
Down-Hole, Cross-Hole, sismica a rifrazione, SASW,
MASW, arrays sismici, correlazioni con proprietà
geotecniche
Misure di microtremori ed analisi HVRS
Periodo fondamentale
Sondaggi, indagini geoelettriche
Colonna risonante, taglio torsionale ciclico, taglio
Caratterizzazione proprietà
semplice ciclico con doppio provino
dinamiche dei terreni
Va sottolineato che nell’utilizzo degli abachi, come previsti dagli ICMS, vengono richieste le
prove e le analisi sopra elencate.
3.4 Definizione dell’ Input Sismico e analisi di microzonazione.
Come già detto obiettivo della microzonazione di 2° e 3° livello è quello di stimare lo
scuotimento atteso espresso in termini di PGA e di Sa, a scala comunale, tenendo conto di tutti gli
effetti di sito associati alle differenti condizioni litologiche e morfologiche presenti nell’area.
Partendo quindi dai valori di pericolosità assegnata a livello regionale, espressa in PGA per
un dato periodo di ritorno, per un sito in roccia e suolo piano, per ciascun Comune inserito nel
progetto si procede alla :
1. definizione dell’input sismico;
2. individuazione degli effetti di amplificazione locale eventualmente presenti all’interno
dell’area comunale;
3. avvio delle procedure per la determinazione dei profili di velocità delle onde di taglio e dei
parametri geotecnici;.
4. determinazione delle funzioni di trasferimento (bedrock-superficie);
5. calcolo degli spettri del moto atteso in superficie;
6. calcolo dell’amplificazione sismica in diverse bande spettrali..
3.4.1 L’input sismico.
Nella MS con il termine moto di input si intende il moto in superficie di riferimento, la cui
ampiezza e il contenuto in frequenza dipendono dalle caratteristiche del meccanismo della
sorgente sismica (es. tipo e lunghezza della faglia), dalla magnitudo, dalle caratteristiche fisicomeccaniche della traiettoria sorgente-sito percorsa dalle onde sismiche.
In generale i periodi fondamentali e la durata del moto aumentano all’aumentare del
contenuto energetico e della distanza epicentrale, mentre l’ampiezza massima diminuisce
allontanandosi dalla sorgente per effetto dell’attenuazione geometrica (espansione del fronte
d’onda) e di quella anelastica (energia dispersa per smorzamento interno del mezzo di
propagazione).
Il moto di input che si utilizza nelle analisi numeriche può essere espresso sia sotto forma
di accelerogramma, sia di spettro di risposta elastico.
Esistono diverse metodologie per la per la determinazione e la scelta del moto di input; si
descrivono brevemente i tre approcci più usati :
• calcolo del moto con criteri sismologici (metodo stocastico);
• calcolo del moto con analisi di pericolosità di base (metodo probabilistico-statistico);
• calcolo del moto attraverso lo studio di accelerogrammi reali registrati (metodo deterministico).
3.4.1.1 Calcolo del moto con criteri sismologici (metodo stocastico).
Il moto atteso in un punto viene calcolato con un approccio fisico “esatto”, la cui valutazione
prevede :
• la soluzione analitica di un sistema di equazioni differenziali attraverso la descrizione della
sorgente (con modelli cinematici o dinamici);
• l’impiego della funzione di Green per l’elastodinamica (che permette di calcolare la risposta in
un punto x ad un impulso fornito nel punto x’ in un solido elastico);
• l’utilizzo dell’equazione delle onde in un mezzo elastico;
• l’impiego del teorema di rappresentazione (basato sulla definizione della funzione di Green, delle
condizioni iniziali, delle condizioni fisiche di sorgente e delle condizioni al contorno).
Questi metodi sono molto complessi dal punto di vista matematico-computazionale e
richiedono la conoscenza di parametri non sempre disponibili o stimabili. I risultati ottenuti, talvolta,
presentano un margine di errore anche di un ordine di grandezza. Queste condizioni ne limitano in
generale l’applicazione, riservandola a casi o opere di particolare rilevanza.
3.4.1.2. Calcolo del moto con analisi di pericolosità di base (metodo probabilisticostatistico).
Permette di determinare il moto al bedrock affiorante, corrispondente a una definita
probabilità di eccedenza. Tale metodo è quello applicato per il calcolo della pericolosità sismica del
territorio nazionale. Secondo la mappa di pericolosità, ogni sito è caratterizzato da un valore di
pericolosità (espressa in valori di PGA per una probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni) e da
uno spettro a probabilità uniforme. In varie occasioni si è sottolineato che tali valori sono relativi ad
un suolo su roccia pianeggiante ed a livello del mare. Inoltre gli spettri a probabilità uniforme sono
calcolati considerando opportune leggi di attenuazione di dati parametri di scuotimento valide per
un suolo omogeneo, isotropo e pianeggiante.
Gli spettri a pericolosità uniforme così ottenuti sono considerati più appropriati di quelli
ottenuti da altri approcci (stocastici e deterministici), data l’impossibilità, per il territorio italiano, di
separare all’interno della zona sismogenetica il contributo di ogni singola struttura. Molti ritengono
pertanto più corretto utilizzare il contributo cumulato, su base probabilistica, della scuotibilità
derivante da tutte le potenziali sorgenti esistenti nell’area.
A partire dagli spettri a pericolosità uniforme (spettri isoprobabili) vengono generati
accelerogrammi sintetici per fissati valori di magnitudo e distanza (M-R) compatibili con la PGA
ottenuta dall’analisi di pericolosità (si confrontano poi gli spettri di target ottenuti dall’analisi con
quelli ottenuti dagli accelerogrammi sintetici).
Gli spettri a pericolosità uniforme hanno il vantaggio di associare una stima probabilistica
delle azioni attese in un ampio range di frequenze spettrali, cumulando il contributo di tutte le
sorgenti significative ai fini della determinazione della scuotibilità globale del sito investigato.
Da questo punto di vista l’approccio deterministico sembra offrire maggiori potenzialità,
salvo l’inconveniente, dal canto proprio, di non essere quasi mai associato a una probabilità di
accadimento.
3.4.1.3. Calcolo del moto attraverso lo studio di accelerogrammi reali registrati (metodo
deterministico).
Come richiesto anche dalle Norme Tecniche per le Costruzioni, è necessario considerare
uno spettro (input sismico) che tenga conto di sorgenti sismiche poste a distanze compatibili con la
pericolosità sismica (disaggrgazione della pericolosità6). Quindi attraverso un processo di
disaggregazione della pericolosità sono scelte le coppie Magnitudo-Distanza di interesse per il sito.
Bisogna, poi, definire l’input sismico con una scelta di accelerogrammi compatibili con le coppie MD, valutazione dei relativi spettri di risposta elastici rapportati allo spettro di risposta previsto dalla
normativa sismica italiana per ciascuna zona riconosciuta all’interno dell’area comunale.
Questo metodo prevede di selezionare in uno dei numerosi database disponibili in
letteratura una serie di accelerogrammi reali registrati (per coprire il range di periodi di vibrazione
di interesse con più accelerogrammi), operare con questi le simulazioni numeriche e mediare i
risultati finali.
È importante valutare, nella selezione degli accelerogrammi, le caratteristiche
sismotettoniche dell’area e, in particolare, il tipo di sorgente (regimi compressivi, estensivi,
trascorrenti), le magnitudo e le distanze degli eventi che maggiormente contribuiscono alla
pericolosità regionale. Bisognerà scegliere sempre eventi registrati su roccia o, comunque, su
terreno molto rigido. Gli accelerogrammi per le simulazioni di ogni modello devono essere non
inferiori a 5. Il numero di accelerogrammi sarà comunque dipendente dalla variazione del livello di
pericolosità sul territorio dell’area in studio.
Si sottolinea, inoltre, che il citato procedimento di disaggregazione, utilizzato a livello
regionale ai fini della elaborazione della nuova classificazione sismica del territorio ligure di cui alla
D.G.R. n. 1308/2008, comportando la determinazione delle coppie M-D (magnitudo-distanza del
terremoto di riferimento), dà un importante contributo per le verifiche di instabilità di versante e di
6
Disaggregazione Procedimento che permette, in uno studio di pericolosità sismica con metodo probabilistico, di
individuare le coppie magnitudo-distanza che maggiormente contribuiscono alla pericolosità sismica del sito.
liquefazione. Infatti per entrambe le verifiche si deve tenere conto della Magnitudo attesa ed, in
particolare :
¾
nelle verifiche di liquefazione il valore di M determina se sia necessario effettuare la verifica
ed il valore del coefficiente MSF (Magnitude Scale Factor)
¾
nelle verifiche di stabilità dei versanti il valore di M e della distanza epicentrale (R) sono
utilizzati in correlazioni empiriche, che definiscono il coefficiente sismico critico per pendii in
terreno o il numero medio di crolli per sito per frane in roccia.
3.4.2 Individuazione degli effetti di amplificazione e loro calcolo.
A seguito delle analisi di primo livello vengono individuate le aree stabili suscettibili di effetti
di amplificazione locale. Secondo i criteri esposti nei § precedenti viene quindi avviata una
campagna di indagini atte a determinare le caratteristiche litotecniche delle aree. Tali indagini
dovranno essere tanto più approfondite quanto maggiore dovrà essere il livello di sicurezza da
assumere per il calcolo delle amplificazioni. Per il 2° livello di approfondimento sono previsti :
a) la definizione delle colonne litostratigrafiche per alcuni punti di ciascun comune (stratigrafia,
profilo Vs, caratteristiche geotecniche);
b) scelta e determinazione delle curve di decadimento della rigidezza e curve di incremento
dello smorzamento per i litotipi presenti nelle stratigrafie;
c) definizione delle funzioni di trasferimento per le diverse stratigrafie locali tramite opportuni
codici di simulazione numerica;
d) convoluzione delle funzioni di trasferimento e dell’input sismico per il calcolo dello spettro
atteso in superficie;
e) calcolo dei fattori di amplificazione FA e FV, (ved. § 3.4.3).
3.4.2.1 Modelli litologici.
Per modelli litologici si intende la definizione della distribuzione delle velocità delle onde
sismiche nei terreni di copertura ed il loro rapporto con il basamento sismico. Va sottolineato che i
fattori di amplificazione, a parità di geometria, dipendono essenzialmente dal contrasto di
impedenza tra il basamento ed le coltri ad esso sovrapposte. In generale per basamento sismico si
intende la roccia basale che è caratterizzata da velocità delle onde di taglio Vs > 800 m/s. In taluni
casi, per basamento sismico si può intendere la formazione rocciosa prevalentemente affiorante.
Per la MS in generale le funzioni di velocità dovrebbero essere determinate
sperimentalmente (metodi: Down-Hole, Cross-Hole, sismica a rifrazione, SASW, MASW, arrays
sismici) per un numero sufficiente di punti in modo da poter ottenere anche informazioni sulla
variabilità laterale delle caratteristiche geotecniche del sito.
L’estensione delle colonne stratigrafiche dovrebbe sempre comprendere tutta la coltre
superiore e parte significativa del basamento. Va sottolineato che pur considerando che la
normativa indica l’utilizzo delle Vs30 (cioè misure di velocità sino a 30 m) nella pratica è importante
poter descrivere la colonna stratigrafica anche per profondità superiori. Nell’ambito della Regione
Liguria, dove salvo casi molto particolari la profondità delle coltri superficiali difficilmente supera i
50m, questa è da ritenersi un livello ottimale di approfondimento.
Nella MS di secondo livello si può ricorrere a modelli litologici di riferimento, cioè delle
funzioni di velocità (velocità-profondità) per formazioni caratteristiche tipiche a livello regionale. Si
definiranno una serie di modelli litologici, alcuni generali, altri specifici di situazioni locali (regionali)
importanti e rappresentative, con profondità variabile del basamento sismico, anche in questo caso
almeno fino a un profondità di 50 metri. Questa descrizione non necessariamente deve derivare da
prove in foro ma può essere ottenuta dall’accoppiamento di misure di velocità delle onde sismiche
(prevalentemente Vs) e di profili geologici integrati. I vari modelli ottenuti per litologie tipo potranno
successivamente estrapolati ad altre situazioni presenti nell’area in esame.
3.4.2.2 Curve di decadimento della rigidezza e curve di incremento dello smorzamento.
L’azione sismica induce comportamenti diversi nei suoli di fondazione. a seconda delle
caratteristiche di applicazione e della natura dei suoli. Le azioni sismiche equivalgono a dei carichi
dinamici e ciclici di ampiezza, frequenza, direzione e verso variabili irregolarmente nel tempo e
nello spazio, e sono applicate per un arco di tempo in genere molto breve (dell’ordine dei secondi),
ma tanto maggiore quanto più severo è il terremoto. Le azioni sismiche producono nel terreno
l’insorgenza di stati di sforzo aggiuntivi rispetto a quelli pre-sisma a cui conseguono effetti
deformativi distorsionali simultanei al terremoto ed effetti deformativi volumetrici talora simultanei,
ma per lo più successivi al terremoto.
Il complesso comportamento sforzi-deformazioni mostrato da un terreno in condizioni
sismiche è conosciuto come “comportamento dinamico”. Il comportamento dinamico dei terreni è
governato da un numero molto elevato di fattori che riguardano : le condizioni di sforzo pre-sisma,
le caratteristiche delle azioni sismiche, i livelli deformativi raggiunti durante il terremoto, la natura
dei terreni, il loro stato fisico, la storia di carico (statica e dinamica), le condizioni di drenaggio,
ecc.. Esso inoltre è determinato dall’andamento sforzi-deformazioni in presenza di carichi dinamici
che variano nel tempo con andamento monotono o ciclico. I carichi che sono insieme dinamici e
ciclici inducono simultaneamente nei materiali particellari e multifase, come i terreni, effetti legati
alla velocità di applicazione del carico e effetti legati alla “ciclicità”.
Gli effetti della velocità consistono in una modificazione delle condizioni di drenaggio e in
un rafforzamento dei legami interparticellari. Nei terreni saturi per effetto della velocità si può, una
volta superata una certa soglia deformativa, avere l’insorgenza e l’accumulo di sovrapressioni
interstiziali. Gli effetti della ciclicità consistono in una modificazione della struttura interna del
terreno, che può comportare col proseguire del numero dei cicli di carico una destrutturazione
progressiva dei legami interparticellari. I due effetti sono perciò di segno opposto. La prevalenza
dell’uno o dell’altro effetto dipende dalla natura dei materiali e dalla durata di applicazione dei
carichi.
Il comportamento dinamico dei terreni può essere descritto dalle variazioni che subiscono
taluni parametri elastici sotto l’azione dei deformazioni cicliche. I due parametri elastici sono il
modulo di rigidità o modulo di taglio e lo smorzamento interno. Al variare della deformazione
indotta i due parametri mostrano comportamenti opposti. Al crescere della deformazione indotta
(γ) il modulo di taglio (G) decresce mentre il modulo di smorzamento (D) aumenta. Ogni tipo di
materiale o di terreno presenterà quindi delle curve (γ-G) e (γ-D) caratteristiche che dovranno
essere prese in considerazione in tutte le simulazioni numeriche.
Nell’ambito della MS di secondo livello, le curve decadimento della rigidezza e curve di
incremento dei fattori dello smorzamento sono selezionate sulla base di relazioni note in letteratura
e spesso presenti nei programmi di calcolo di tipo industriale. Queste curve saranno associate alle
litologie prevalenti di copertura.
Per un’accurata caratterizzazione del comportamento dinamico del terreno in condizioni
simulanti quelle che possono essere indotte dal terremoto di riferimento prima, durante e dopo, si
richiedono prove dinamiche e cicliche in sito e in laboratorio. Specifiche prove di laboratorio e in
sito sono consigliate, quando le curve di letteratura sono giudicate inadeguate per i tipi di terreni
considerati nelle simulazioni numeriche e quando si debba operare in aree di alto interesse
strategico (3° livello).
3.4.2.3 Simulazioni numeriche.
In assenza di dati sperimentali, rilevati in occasione di eventi sismici significativi, che
possano determinare i fattori di amplificazione, si ricorre a simulazioni numeriche.
Negli studi di MS l’impiego di modelli di calcolo ha lo scopo di simulare il processo di
propagazione delle onde sismiche attraverso il substrato e i depositi superficiali.
I modelli hanno prevalentemente il compito di determinare le funzioni di trasferimento
substrato rigido-superficie che verranno utilizzate successivamente per convolvere l’input sismico
al fine di ottenere lo spettro (o l’accelerogramma) in superficie.
Le simulazioni numeriche possono essere sviluppate con codici lineari equivalenti 1D o non
lineari. Se la risposta sismica locale è fortemente non lineare (es. alti livelli di accelerazione e
terreni molto soffici), è preferibile l’utilizzo di codici non lineari.
In Regione Liguria, ove non sono previsti significativi livelli di accelerazione, a meno di
essere in presenza di terreni molto soffici e con alti contenuti in acqua, possono essere utilizzati
con buona approssimazione programmi di calcolo lineari equivalenti.
In queste simulazioni si dovrà tenere conto delle incertezze associate alla scelta dei fattori
che contribuiscono alle stime della risposta sismica locale (input sismico, spessori dei terreni di
copertura, curve di decadimento, profilo di Vs). A questo scopo è opportuno eseguire varie
simulazioni combinando le diverse scelte possibili.
La formulazione di modelli fisico-matematici intesi a rappresentare l’effettiva complessità
del fenomeno e la loro risoluzione presenta notevoli difficoltà. A eccezione di un numero molto
limitato di situazioni semplici l’approccio fisico-matematico richiede la necessità di fare ricorso a
procedimenti numerici più o meno complessi, spesso con approcci basati su processi di
discretizzazione del continuo.
Attualmente sono disponibili molti codici di calcolo per eseguire modellazioni numeriche ai
fini della valutazione della risposta sismica locale che differiscono per l’algoritmo di calcolo
utilizzato e per le condizioni e le ipotesi semplificative considerate.
Un giusto equilibrio tra il grado di approfondimento delle analisi di pericolosità e delle
indagini geologiche e geologico-tecniche e il tipo di modellazione utilizzata è fondamentale per
ottenere una giusta e coerente affidabilità dei risultati della valutazione della risposta sismica
locale.
I programmi di calcolo 1D sono validi per modellare situazioni piano-parallele a uno o più
strati, considerando una colonna verticale monodimensionale e ipotizzando lateralmente
omogenea la stratigrafia presente ai lati della verticale di analisi. Per tali situazioni è lecito pertanto
considerare la sola dimensione della profondità, trascurando le altre due dimensioni. Le situazioni
riconducibili a uno schema monodimensionale, potrebbero essere le aree centrali di estese valli
alluvionali superficiali (con rapporto H/L < 0.25 ove H è la profondità massima e L è la distanza dal
centro a uno dei due bordi, nell’ipotesi di valle simmetrica). Le principali cause dell’amplificazione
del moto sismico sono il contrasto di impedenza fra i vari strati del terreno, tra essi e il basamento
roccioso e il fenomeno della risonanza, determinata dalla prossimità tra le frequenze del moto al
substrato e quelle naturali di vibrazione del deposito.
I programmi di calcolo 2D sono validi anche per situazioni in cui il sottosuolo presenta una
geometria variabile in cui, oltre alla profondità, è importante considerare un’altra delle due restanti
dimensioni spaziali. Un esempio di situazione che richiede l’utilizzo di modelli bidimensionali è il
caso delle aree marginali delle valli alluvionali, in cui alle normali cause di amplificazione del moto
sismico si sommano gli effetti di bordo connessi alla geometria del problema. Tali effetti sono
rappresentati dalla focalizzazione delle onde sismiche nelle strutture di chiusura a pinch-out di
forma semilenticolare per fenomeni di interferenza costruttiva tra il campo d’onda riflesso e quello
rifratto, oppure dall’incidenza delle onde sismiche in corrispondenza dell’interfaccia non orizzontale
roccia-terreno. In alcuni casi si possono generare onde di superficie con direzione di propagazione
orizzontale che possono rimanere confinate all’interno della valle e quindi essere soggette a
riflessioni multiple sui bordi.
3.4.3 Determinazione dei fattori FA e FV per gli effetti litostratigrafici.
A partire dai risultati delle analisi eseguite secondo quanto descritto nei paragrafi
precedenti si dovrà procedere al calcolo del fattore di amplificazione FA e/o FV.
In generale per il calcolo degli FA ed FV si possono considerare due casi :
- 1° caso, si definisce un unico fattore di sito indipendentemente dal periodo spettrale d’interesse.
Nello specifico:
FA =
ASI S
ASI R
(1)
dove ASIS e ASIR indicano rispettivamente l’intensità dello spettro di risposta in accelerazione alla
superficie di un deposito di terreno e quella di riferimento su roccia o roccia affiorante.
L’intensità dello spettro di risposta in accelerazione è calcolato come proposto da Rey et al.
(2002) per l’Eurocodice 8:
2 .5
ASI =
∫S
a
( T )dT
(2)
0 . 05
dove S a (T) indica la media aritmetica (calcolata su un numero n di accelerogrammi usati nelle
simulazioni numeriche) degli spettri di risposta smorzati al 5% e T il periodo spettrale.
- 2° caso, si distingue tra scuotimenti a breve e lungo periodo introducendo, quindi, due fattori di
sito separati :
ASI S
ASI R
SI S
FV = R
SI
FA =
T ≤ 0.5s
(3)
T > 0.5s
dove ASI è calcolato come sopra ma adottando come limiti d’integrazione minimo e massimo Tmin
= 0.1 s e Tmax = 0.5 s. SI indica, invece, l’intensità dello spettro di pseudo-velocità (o intensità di
Housner) ed è calcolato come (Housner, 1952):
2.5
SI(ξI =
∫ PSV(T)dT
(4)
0.1
dove PSV(T) indica la media (calcolata su un numero n di accelerogrammi usati nelle simulazioni
numeriche) degli spettri di pseudo-velocità smorzati al 5%.
Le due definizioni in Eq. 1 e 3 possono considerarsi intercambiabili anche se, al momento,
studi scientifici non giustificano l’impiego di fattori di sito distinti per brevi e lunghi periodi (Eq. 3)
piuttosto che un unico fattore di amplificazione (Eq. 1)7. Inoltre, poiché gli spettri/pseudospettri
sono calcolati tramite una funzione integrale, possono essere considerati vari limiti di integrazione
che dipenderanno dalle risposta in frequenza dei manufatti che si intende costruire. Il valore di FA,
quindi potrà variare in funzione dei limiti di integrazione assunti.
Gli ICMS per il calcolo dei due fattori di amplificazione distinguono 2 casi in dipendenza
della descrizione dell’input:
• spettro di input a probabilità uniforme fornito dalla Regione;
• accelerogrammi (sintetici e reali) di input.
La procedura adottata nel primo caso presenta alcune problematiche in particolare nell’uso
dei limiti di integrazione che risultano applicati ad un intorno molto ristretto attorno al periodo di
massimo valore dello spettro di input (TAi) e di quello di output (TAo): 0,5TA-1,5 TA.
Va sottolineato che i due massimi non sono necessariamente coincidenti e quindi il
rapporto potrebbe riguardare parti spettrali più o meno coincidenti. Inoltre l’integrazione tra 0,5TA1,5TA equivale a calcolare FA nella banda a più alta frequenza dello spettro, con il risultato che
7
Ciò nonostante, per tenere conto del periodo proprio delle tipologie edilizie presenti più frequentemente nel territorio
regionale talora vengono calcolati i valori di Fa per intervalli di periodo compreso tra 0.1-0.5 s e 0.5-1.5 s., In generale
l’intervallo tra 0.1-0.5 s si riferisce a strutture relativamente basse, regolari e piuttosto rigide, mentre l’intervallo tra 0.51.5 s si riferisce a strutture più alte e più flessibili.
tale fattore diviene molto sensibile a contributi provenienti dagli strati più superficiali, spesso mal
risolti dai metodi convenzionali di indagine.
La procedura prevista degli ICMS per l’uso di accelerogrammi di input, sia reali che
sintetici, segue la stessa procedura prevista per gli spettri a probabilità uniforme.
In altre parole, dato il set di accelerogrammi di riferimento calcolato su roccia (input
sismico) viene definito, attraverso le funzioni di trasferimento calcolate, l’accelerogramma e il
relativo spettro di risposta elastico comprendente i fenomeni di amplificazione locale riscontrati in
corrispondenza dei profili di velocità (Vs) determinati in +ciascuna area urbana.
3.4.3.1 Scelta degli accelerogrammi.
In generale gli accelerogrammi da utilizzarsi per la MS vengono estratti da banche dati
nazionali ed internazionali (disponibili in rete) seguendo la seguente procedura :
¾ estrazione mirata, con selezione del gruppo di accelerogrammi su roccia maggiormente
compatibile con l’analisi di pericolosità sismica e/o la Normativa vigente, e che abbiano
specifiche relazioni con la realtà locale (meccanismi dei terremoti significativi), o estrazione
casuale (estrazione con processi tipo Monte Carlo) di gruppi di terremoti compatibili con
le coppie di Magnitudo e Distanza selezionate sulla base della deaggregazione della
pericolosità sismica.
¾ ancoraggio di ciascun accelerogramma alla PGA prevista per il comune dall’analisi di
pericolosità sismica e/o dalla Normativa;
¾ calcolo dello spettro di risposta medio per ciascun gruppo di sismogrammi selezionati;
¾ verifica della spettro-compatibilità fra spettro di risposta medio e lo spettro di risposta
probabilistico e/o lo spettro di Normativa.
3.4.3.2 Procedura per il calcolo del FA.
Dato il set di accelerogrammi di riferimento calcolato su roccia (input sismico) la procedura
richiede :
• valutazione degli effetti di amplificazione locale eventualmente presenti all’interno dell’area
comunale (sondaggi e test downhole, sezioni sismiche, metodi H/V) e delle relative funzioni
di trasferimento (metodi numerici 1-D)
• suddivisione di ciascuna area comunale in zone caratterizzate da una risposta sismica
similare (microzonazione sismica di ciascun Comune)
• definizione dell’input sismico in termini di accelerogrammi e dei relativi spettri di risposta
elastici per ciascuna zona riconosciuta all’interno dell’area comunale
• confronto con lo spettro di risposta prevista dalla normativa sismica italiana
In Fig.3, viene riportato un esempio di spettri calcolati con la procedura precedentemente
espressa.
Fig.3: Confronto tra gli spettri di risposta medio su roccia (curva rossa) e quelli calcolati tenendo
conto degli effetti di amplificazione stratigrafica per tre diversi sondaggi con stratigrafie molto
diverse : S1 sondaggio in roccia con 4 m di detrito; S2 sondaggio su bedrock a profondità di 8 m;
S1pip, coltre alluvionale con substrato posto a 12m.
La tabella seguente riporta i valori di Fa calcolati per gli spettri di Fig.3, seguendo la
metodologia precedentemente esposta (cfr. 3.4.3, equazioni.(3))
Sondaggio
FA
(0.1-0.5s)
FA
(0.1-2.5s)
FV
(0.1-0.5s)
FV
(0.1-2.5s)
S1
S2
S1pip
1.04
1.23
1.64
1.00
1.05
1.26
1.06
1.32
1.50
1.03
1.15
1.36
Dal confronto dei valori si evince come l’intervallo di integrazione influisca in modo significativo nel
calcolo di Fa.
ALLEGATI
1. Determinazione degli effetti di amplificazione
Per la determinazione degli effetti di amplificazione possono essere utilizzate delle
procedure ed indagini semplificate. Tali procedure riguardano settori di indagine diversi, ed in
particolare :
a) la ricerca delle aree in cui sono possibili effetti di amplificazione locale per la predisposizione
della carta della microzonazione sismica di 2° livello;
b) la predisposizione di procedure semplificate per il calcolo degli FA tramite l’uso di abachi.
Di particolare importanza per l’uso che ne è stato fatto nella pratica riguarda
l’individuazione sperimentale di aree suscettibili di amplificazione tramite misure del rumore
sismico di fondo (noise). La metodologia consiste nell’individuazione di possibili fenomeni di
risonanza sismica e delle corrispondenti frequenze di vibrazione mediante misure passive del
rumore sismico ambientale (noise o microtremore).
1.1 Abachi.
Nel cap. 2.5 degli ICMS
vengono riportati le finalità applicative, i criteri per la
composizione e per l’utilizzo di abachi da impiegarsi in una microzonazione semplificata di 2°
livello.
Detti abachi, sulla base di alcuni dati di ingresso quantitativi di semplice acquisizione,
forniscono parametri che caratterizzino la risposta sismica locale in superficie per i diversi casi di
applicazione nel campo delle amplificazioni litostratigrafiche e topografiche.
La procedura, seguendo un approccio di tipo quantitativo semplificato, fornisce una stima
della risposta sismica locale in termini di fattori di amplificazione. La procedura è valida per le
modificazioni del moto sismico indotte dalle specifiche caratteristiche litostratigrafiche locali e non
tiene conto degli effetti topografici, degli effetti 2D e di eventuali aggravi del moto dovuti a
deformazioni permanenti.
L’utilizzo degli abachi è raccomandato per un assetto geologico e geotecnico assimilabile a
un modello fisico monodimensionale, cioè a n strati piani, orizzontali, paralleli, continui, di
estensione infinita, omogenei a comportamento viscoelastico. Questi strati sono sovrapposti ad un
basamento rigido (Vs>800m/s)
Gli abachi proposti dovrebbero consentire al progettista di dare direttamente i valori di
amplificazione dovuti alla litostratigrafia qualora vengano aprioristicamente definiti degli input di
ingresso derivabili in base alla pericolosità sismica che è variabile da area ad area in funzione
delle caratteristiche di sismicità e delle caratteristiche geologico-strutturali e geomorfologiche a
scala regionale.
1.1.1 Dati di ingresso e definizione di modelli.
Gli abachi come detto in precedenza rappresentano un modo di mettere a disposizione una
serie di parametri che in assenza di specifiche indagini garantiscono la possibilità di ottenere un
valore approssimato del Fa. I dati di ingresso per l’applicazione degli abachi sono l’input sismico, i
modelli litologici rappresentativi corredati di opportune distribuzioni di Vs con la profondità e le
curve di decadimento della rigidità e dello smorzamento.
Tali dati di ingresso sono quindi :
• Input sismici
Gli input potranno essere accelerogrammi, sia sintetici che reali, oppure direttamente spettri
di risposta o spettri di densità di potenza. Per ciascun modello bisogna utilizzare un numero
minimo di almeno 4 accelerogrammi.i esigenze di costruzioni e/o per.. Il numero di accelerogrammi
dipenderà dalla variazione del livello di pericolosità (macrozone sismiche regionali), dalla
complessità di sorgenti sismiche presenti a livello regionale. In particolare, come pericolosità di
base bisognerà riferirsi a un livello di scuotimento caratterizzato da una probabilità di superamento
del 10% in 50 anni (Trit = 475). Per particolari tipi di opere e/o verifiche si potranno scegliere
periodi di ritorno diversi (ad es. 72, 975, 2475 anni). È consigliabile uno studio di disaggregazione
della pericolosità di base per determinare le coppie magnitudo-distanza più significative in funzione
del periodo di ritorno considerato (vedi scheda tecnica 2.8 degli ICSM).
Se si utilizzano gli accelerogrammi reali si raccomanda di selezionarli tenendo conto delle
caratteristiche sismotettoniche regionali e, in particolare, del tipo di sorgente (regimi compressivi,
estensivi, trascorrenti), delle magnitudo e delle distanze degli eventi che maggiormente
contribuiscono alla pericolosità regionale. È necessario scegliere sempre eventi registrati su roccia
o, comunque, su terreno molto rigido.
Inoltre, per gli accelerogrammi reali, si consiglia di limitare il più possibile le alterazioni
finalizzate a far sì che le singole registrazioni rispettino una forma spettrale assegnata, e a far sì
che si ottenga la compatibilità con lo spettro di input come media del set di accelerogrammi. È
accettabile un’alterazione ottenuta scalando entro il 20% tutti i punti dell’accelerogramma reale. A
scopo conservativo si possono integrare gli accelerogrammi reali così scelti, con accelerogrammi
sintetici, con forma spettrale e PGA assegnati. Poiché gli accelerogrammi (sia sintetici, che reali)
sono definiti sulla superficie, in funzione del codice di calcolo adottato, può essere necessario
riportare il moto di superficie all’interfaccia fra basamento sismico terreni di copertura, operando
così una deconvoluzione per trasferire il segnale in profondità.
• Modelli litologici di riferimento, intendendo una litologia prevalente per i terreni di copertura e il
basamento sismico.
Si definiranno una serie di modelli litologici, alcuni generali, altri specifici di situazioni locali
(regionali) importanti e rappresentative, con profondità variabile del basamento sismico, almeno
fino a un profondità di 50 metri.
•
Curve di decadimento della rigidezza e curve di incremento dello smorzamento.
Queste curve saranno associate alle litologie prevalenti di copertura. Generalmente curve
di decadimento della rigidezza e curve di incremento dei fattori dello smorzamento sono
selezionate sulla base di relazioni note in letteratura (Seed et al., 1986; Vucetic e Dobry, 1991;
Rollins et al., 1998; Naso et al. 2005; Regione Lombardia, 2006). Specifiche prove di laboratorio
sono consigliate, quando le curve di letteratura sono giudicate inadeguate per i tipi di terreni
considerati nelle simulazioni numeriche.
•
Profili di Vs corrispondenti a differenti Vs medie.
Questi profili saranno associati ai modelli litologici di riferimento. Le Vs medie di questi
profili dovranno coprire l’intervallo di velocità tra 100 a 750 m/s con passo a scelta di 50 o 100 m/s.
I profili di Vs dovranno essere generalmente 3: uno con velocità costante (Vs media) per
tutto lo spessore dei terreni di copertura, due con gradienti costanti, ma diversi (entrambi questi
profili dovranno però avere la stessa Vs media).
1.1.2 Simulazioni numeriche.
Le simulazioni numeriche possono essere sviluppate con codici lineari equivalenti 1D o non
lineari.
Se la risposta sismica locale è fortemente non lineare (es. alti livelli di accelerazione e
terreni molto soffici), è preferibile l’utilizzo di codici non lineari.
In queste simulazioni si dovrà tenere conto delle incertezze associate alla scelta dei fattori
che contribuiscono alle stime della risposta sismica locale (input sismico, spessori dei terreni di
copertura, curve di decadimento, profilo di Vs). A questo scopo è opportuno eseguire varie
simulazioni combinando le diverse scelte possibili. Il risultato finale sarà costituito dai fattori di
amplificazione caratterizzati da una probabilità di eccedenza del 50% (valori mediani).
1.1.3 Limiti di utilizzo degli abachi per amplificazioni litostratigrafiche.
L’uso egli abachi, come in precedenza detto, fornisce una stima della risposta sismica
locale in termini di fattori di amplificazione. La procedura, valida per le modificazioni del moto
sismico indotte dalle specifiche caratteristiche litostratigrafiche locali, non tiene conto degli effetti
topografici, degli effetti 2D e di eventuali aggravi del moto dovuti a deformazioni permanenti.
È raccomandato l’utilizzo degli abachi per un assetto geologico e geotecnico assimilabile a
un modello fisico monodimensionale, cioè a n strati piani, orizzontali, paralleli, continui, di
estensione infinita, omogenei a comportamento viscoelastico. Ogni strato è caratterizzato dallo
spessore h, dalla densità ρ, dal modulo di taglio iniziale G0 e da curve di decadimento del rapporto
di smorzamento (D). Questi strati giacciono sul basamento sismico (bedrock).
Gli elementi riportati sulla Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica prevista
nel livello 1, possono essere di aiuto sulla scelta di utilizzo degli abachi.
Forme acclivi di superficie, forme articolate del substrato geologico sepolto (per le quali e
necessario ricorre a modelli 2D), successioni litostratigrafiche con inversioni di velocità potrebbero
orientare sull’eventuale necessità di ricorrere a modelli più complessi con l’utilizzo di metodi di
calcolo appropriati.
Ulteriore limitazione degli abachi, presentati negli ICMS, è che per il calcolo degli Fa (vedi
3.4.4) è stato utilizzato come intervallo di integrazione la banda di frequenza più alta (0.1<T<0.5 s).
Questo comporta che i valori di Fa, come era ovviamente da attendersi, risultino significativamente
piuttosto elevati. A nostro avviso l’utilizzo di un intervallo di integrazione leggermente più ampio
(0.1<T<1 s) potrebbe, date le molte incertezze insite nell’uso di modellistiche approssimate,
portare a valori di Fa più mediati e più stabili.
1.2 La tecnica HVSR.
Negli ultimi anni moltissimi lavori sono stati prodotti allo scopo di fornire metodologie idonee
ad una corretta valutazione degli effetti di sito. In particolare, differenti metodi sono stati proposti e
validati al fine di determinare la funzione di trasferimento con cui descrivere in modo completo la
risposta sismica di un suolo. Un’analisi basata sull’applicazione di metodi sperimentali, attraverso
l’uso della tecnica dei rapporti spettrali a singola stazione (HVSR) o a stazione di riferimento
(RSM) e/o di metodi di simulazione numerica, basati sull’analisi analitica della risposta sismica di
un modello 1D, 2D o 3D di un suolo permette sia la definizione delle caratteristiche della funzione
di amplificazione (in termini di frequenza fondamentale e livello di amplificazione, per esempio) sia,
attraverso il confronto fra i risultati, il livello di accuratezza e affidabilità dei dati ottenuti.
E’ interessante inoltre ricordare come, dalla funzione di trasferimento, utilizzando
opportune regole teoriche o empiriche, sia possibile ricavare preziose informazioni riguardanti la
stratigrafia di un sito con particolare riguardo alla profondità delle principali superfici di discontinuità
(come, per esempio, la profondità del substrato roccioso).
Tra le tecniche sperimentali maggiormente economiche, speditive riserva un posizione di
assoluto riguardo la metodologia Nakamura
In questi ultimi anni, tale tecnica, basata
sostanzialmente sull’analisi dei rapporti spettrali H/V (componente orizzontale su componente
verticale) ottenuti a partire da registrazioni di rumore ambientale e/o antropico, ha raggiunto un
livello di diffusione enorme non solo all’interno degli ambienti puramente scientifici (enti di ricerca o
Università) ma anche presso piccole imprese o liberi professionisti che spesso la impiegano
all’interno di relazioni geologiche, geotecniche o geofisiche per una migliore caratterizzazione di un
determinato sito di indagine ovvero per studi di microzonazione sismica.
1.2.1 Aspetti metodologici.
Il segnale sismico impiegato all’interno della metodologia Nakamura è costituito da rumore
ambientale/antropico registrato presso un determinato sito. Nonostante sia molto complesso
definire una relazione generale, il rumore, convenzionalmente suddiviso in microsisma (frequenze
< 1 Hz, sorgenti naturali lontane) e microtremore (frequenze > 1H, sorgenti antropiche locali), è
costituito sia da onde di volume (onde P e onde S) sia da onde superficiali in proporzione variabile.
Il microsisma è prevalentemente costituito da onde di Rayleigh mentre il microtremore oltre alle
onde di volume contiene sia onde di Love sia onde di Rayleigh in una proporzione variabile
In breve, la metodologia dei rapporti spettrali H/V permette di valutare la variazione di
ellitticità dell’onda di Rayleigh in funzione della frequenza, permettendo così di ricavare la
frequenza fondamentale di un sito. Tale parametro risulta essere legato alla presenza di una
superficie di discontinuità con un determinato contrasto di impedenza sismica definita come il
prodotto fra la densità della roccia (e/o del terreno) e la velocità di propagazione delle onde.
L’utilizzo della metodologia Nakamura è quindi potenzialmente indicata sia per la
caratterizzazione parziale della risposta sismica di un sito, in termini di frequenza di risonanza, sia
per l’indagine delle strutture sepolte, essendo il valore del picco rilevabile dalla curva H/V
inversamente proporzionale alla profondità dell’interfaccia e direttamente proporzionale alla
velocità di propagazione delle onde S dei materiali sovrastanti l’interfaccia. In particolare, la
frequenza fondamentale può essere impiegata per definire o la profondità dell’interfaccia (H) a cui
corrisponde il contrasto di impedenza, nota la velocità delle onde S degli strati sovrastanti (Vs), o
viceversa, utilizzando la formula:
n
∑V
i =1
n
V
f0 = s =
4H
h
si i
∑h
i =1
n
i
4∑ hi
(1)
i =1
ove hi e Vsi sono lo spessore e la velocità dello strato i-esimo del modello.
E’ tuttavia fondamentale ricordare come il valore del contrasto di impedenza legato alla
discontinuità vincoli le potenzialità di determinazione della frequenza fondamentale del suolo
attraverso l’analisi delle curve H/V. In accordo con diversi autori, il minimo valore di un contrasto di
impedenza in grado di generare un effetto rilevabile attraverso la metodologia Nakamura può
essere fissato a 2 – 3. Si ricordi infine che la metodologia Nakamura può risultare imprecisa o
non idonea per la definizione degli effetti di amplificazione locale legati a particolari condizioni
morfologiche/topografiche (effetto topografico) o a geometrie complesse delle strutture sepolte
presso un sito (effetto valle o bacino). In questi casi la riposta sismica locale viene fortemente
condizionata da fenomeni locali di propagazione non rilevabili attraverso l’analisi H/V. In queste
situazioni, è quindi necessario applicare altre tecniche investigative basate sull’analisi di
registrazioni sismiche di terremoti attraverso tecniche a stazione di riferimento (H/HREF) o metodi di
inversione oppure impiegare algoritmi di simulazione numerica 2D o 3D.
2.
Metodologia Nakamura
Nel presente paragrafo vengono riportati alcuni indirizzi operativi per un corretto utilizzo
della metodologia Nakamura elaborati sulla base delle risultanze dello studio del DIP.TE.RIS. e
delle esperienze condotte dall’Università di Genova nell'ultimo decennio, nonché sulla base delle
indicazioni riportate nella letteratura sismologica.
2.1 Esecuzione delle misure di rumore sismico.
Come già ampiamente evidenziato in recenti studi [e.g Progetto SESAME, 2004], l’utilizzo
di una strumentazione sismica idonea alla registrazione di rumore ambientale, costituisce il
presupposto fondamentale per una corretta applicazione del metodo Nakamura. In primo luogo è
necessario utilizzare un sensore a 3 componenti (convenzionalmente orientate lungo le direzioni
Nord-Sud, Est-Ovest e Verticale) con frequenza naturale (significativamente) inferiore alla minima
frequenza che si è interessati ad investigare. E’ ovviamente necessario verificare che la risposta
strumentale relativa a ciascuna delle tre componenti sia assolutamente uguale. Particolare
attenzione deve essere quindi prestata nella valutazione delle caratteristiche strumentali del
sistema di acquisizione complessivo (sensore + digitalizzatore): la dinamica, la sensibilità, il
rumore proprio strumentale (legato alle componenti elettroniche e/o meccaniche che lo
compongono) e il tempo di risposta/tempo di stabilizzazione del sistema influenzano in maniera
determinante la qualità della registrazione sismica e quindi l'affidabilità dei risultati ottenibili dai
rapporti spettrali. Per quanto riguarda le modalità di acquisizione, un approccio corretto per
l’applicazione della metodologia Nakamura può essere riassunto nei seguenti punti :
a) definizione di tutti i siti caratterizzati da diverse situazioni geologico-stratigrafiche ed esecuzione
di una misura HVSR per ciascun sito. Le misure dovranno essere effettuate su terreno libero o
anche in aree adiacenti agli edifici ma a distanza da essi preferibilmente pari all’altezza degli stessi
(in modo da evitare l’interferenza della struttura sulla misura). E’ necessario evitare di effettuare
misure presso siti ove non si può escludere la presenza di cavità sotterranee e/o strutture interrate;
b)
controllo dell’accoppiamento sensore-terreno che deve essere ottimale. Dove possibile è
consigliato l’interramento del sensore. E’ consigliabile evitare erba alta, fanghi o terreni saturi di
acqua, neve o ghiaccio, materiali incoerenti granulari in superficie (ghiaia, ciotoli), coperture
artificiali (piastrelle, superfici sintetiche, parquet);
c) verifica delle condizioni meteorologiche durante le quali viene effettuata l’acquisizione: è bene
evitare giornate piovose e/o ventose che possono fortemente influenzare i risultati H/V;
d) registrazione di finestre di rumore di almeno 30 minuti utilizzando preferibilmente un
campionamento non inferiore a 50 Hz.
2.2. Processamento ed analisi delle misure di rumore sismico.
Analogamente a quanto esposto per le procedure di acquisizione di rumore sismico,
anche le operazioni che intervengono durante la fase di elaborazione dei segnali registrati
condizionano in maniera determinante la qualità di una analisi di tipo Nakamura. In primo luogo è
necessario un preliminare controllo di qualità indirizzato alla caratterizzazione generale del rumore
sismico acquisito ed all'individuazione di eventuali transienti sismici anomali. Infatti, affinché i
risultati di una misura di rumore siano effettivamente interpretabili e quindi associabili alle
caratteristiche geologico-stratigrafiche del sito, è necessario verificare la stazionarietà del segnale
e l'assenza di segnali sismici monocromatici ascrivibili ad attività antropiche locali. “Picchi” nella
curva H/V che interessano valori di frequenza prossimi a quanto prodotto da sorgenti antropiche
monocromatiche non devono mai essere interpretati. In definitiva attraverso un controllo di qualità
preliminare è possibile individuare gli intervalli di frequenza effettivamente analizzabili durante la
fase di interpretazione. Per quanto riguarda i metodi di calcolo della curva H/V è necessario
utilizzare degli algoritmi in grado di gestire in maniera efficacie l'instabilità numerica
intrinsecamente associata all'operazione di rapporto tra spettri di Fourier.
Uno schema per il calcolo della curva H/V può essere riassunto nei seguenti punti :
¾
Analisi dello spettro di Fourier della componente verticale del segnale registrato in modo
da individuare eventuali componenti monocromatiche dominanti.
¾
Suddivisione della finestra di registrazione completa in sotto-finestre di almeno 40 s (in
realtà la lunghezza della finestra dipende dal valore minimo di frequenza che si vuole campionare
efficaciemente).
¾
Eliminazione delle sotto-finestre eventualmente contenenti transienti (la procedura
proposta dal [Progetto SESAME, 2004] prevede una analisi basata sul calcolo del rapporto tra le
medie del segnale sismico calcolate su finestre di lunghezza variabile in grado di riconoscere le
porzioni di segnale contenenti transienti legati a sorgenti specifiche prossime al sensore come
passi o passaggio di automobili)
¾
Calcolo della curva H/V per ogni sotto-finestra selezionata. In particolare, le operazioni
che vengono effettuate per tutte e tre le componenti del moto del suolo sono le seguenti:
¾
Eliminazione dal segnale di eventuali offset;
¾
Calcolo degli spettri di Fourier;
¾
Lisciamento (“smoothing”) degli spettri di Fourier; questa operazione, sebbene necessaria
per minimizzare gli effetti di instabilità numerica derivanti dal computo dei rapporti, altera in
maniera determinante le caratteristiche dello spettro e quindi le caratteristiche della curva H/V. La
scelta degli algoritmi e dei relativi parametri che governano lo “smoothing” degli spettri dovrebbe
rappresentare il compromesso ottimale tra stabilità e risoluzione: un lisciamento pronunciato degli
spettri aumenta la stabilità numerica e di fatto facilità l'interpretazione della curva H/V ma può
mascherare le piccole oscillazioni all'interno dello spettro del segnale e quindi nascondere “picchi”
anche significativi nella curva H/V. Ad oggi le tecniche di “lisciamento” più utilizzate sono la
“Konno-Ohmachi smoothing window”, valida soprattutto per individuare picchi in bassa frequenza
(inferiore a 1 Hz) e la “Hanning smoothing window” adeguata per studiare le caratteristiche della
curva H/V in alta frequenza (superiore a 1 Hz);
¾
Calcolo delle due curve H/V: componente Nord-Sud/Verticale e componente EstOvest/Verticale.
¾
Stima del valore medio dei rapporti spettrali calcolati per ciascuna sotto-finestra e
definizione della corrispondente deviazione standard. Un esempio di rappresentazione di una
curva H/V (per la componente Nord-Sud) è riportato in Fig. 1 ove la curva rossa indica il valore
medio dei rapporti spettrali mentre l’area grigia individua l’intervallo relativo al valore medio ± una
deviazione standard.
¾
Identificazione nelle curve H/V dei picchi statisticamente più significativi e stima del
rispettivo indice di affidabilità. In genere sia l'individuazione dei picchi sia la valutazione della loro
attendibilità avviene attraverso una interpretazione “visiva “ della curva H/V. Recentemente sono
stati proposti [progetto SESAME, 2004] una serie di criteri basati su opportuni test statistici che
permettono di definire l’affidabilità della curva H/V e di identificare il picco più significativo sulla
base di criteri quantitativi.
2.3 Interpretazione delle misure di rumore sismico
La corretta applicazione dei presenti indirizzi è sufficiente, nella maggior parte dei casi, a
garantire l'affidabilità dei risultati di una campagna di misure di rumore ambientale.
Tuttavia è fondamentale rimarcare come la condizione assolutamente necessaria affinché
una curva H/V sia affidabile e quindi interpretabile è la riproducibilità dei risultati.
La curva H/V ottenuta durante un determinato esperimento deve essere rappresentativa
delle curve H/V ottenibili in condizioni di esecuzione o di processamento diverse. L’utilizzo di
differenti apparati di misura e/o schemi di processamento per l’analisi del segnale non devono
condurre a rapporti spettrali H/V significativamente diversi. In tal senso e' assolutamente
necessario utilizzare strumentazione sismica le cui caratteristiche (sensibilità, risposta strumentale,
stabilità temporale, etc etc) siano note, certificate o comunque verificate da opportune commissioni
tecnico-scientifiche [progetto SESAME, 2003]. In definitiva una verifica della riproducibilità dei
risultati e' sempre opportuna: si dovrebbe ripetere la misura in differenti condizioni ambientali,
utilizzando strumentazione diversa e variando i parametri utilizzati durante il processamento per
l’elaborazione delle curve H/V (lunghezza della registrazione, lunghezza delle sotto-finestre,
parametri e tipologia di smoothing, ecc…).
Accertate le condizioni di affidabilità, la curva H/V può essere interpretata ed analizzata;
l’unico dato fornito dalla metodologia Nakamura e interpretabile in funzione delle caratteristiche
geologiche locali è il valore della frequenza fondamentale. Da tale parametro è possibile
caratterizzare parzialmente la risposta sismica di un sito ed estrapolare informazioni riguardanti la
stratigrafia.
E’ fondamentale ricordare ancora una volta che l’ampiezza di un picco indicato da una
curva H/V derivata dall’analisi di rumore non può essere direttamente correlata al livello di
amplificazione sismica reale. Il valore di ampiezza può essere considerato solo come indicativo del
contrasto di impedenza esistente presso il sito in esame: picchi nella curva H/V elevati sono
generalmente associati ad alti contrasti di impedenza. Ricordiamo che, sebbene la metodologia
Nakamura sia convenzionalmente impiegata per la definizione della frequenza fondamentale di un
sito, in caso di più contrasti di impedenza elevati, è possibile che una curva H/V indichi la presenza
di due o più picchi significativi e affidabili. In questi casi i risultati ottenuti possono essere utilizzati
per ricavare informazioni relative a più superfici di discontinuità e quindi ad una ricostruzione più
completa della stratigrafia presso un sito.
Come ultima indicazione è infine necessario sottolineare come l’interpretazione della
frequenza fondamentale in termini delle caratteristiche stratigrafiche - sismiche di un sito in esame
richieda una ulteriore validazione sulla base di informazioni derivate da altri tipi di indagine; un
confronto dei risultati ottenuti dalla metodologia Nakamura con quanto ricavabile attraverso un
sondaggio in termini di stratigrafia (e.g. profondità delle superfici ad alto contrasto di impedenza)
oppure attraverso l’applicazione di metodi sperimentali basati sull’analisi di terremoti (HVSR e
RSM) in termini di risposta sismica locale dovrebbe sempre essere effettuato per valutare l’effettiva
affidabilità della curva H/V derivata dalle misure di rumore.
2.4
Limiti di applicabilità del metodo
A completamento della metodologia Nakamura vengono di seguito indicati alcuni limiti della
stessa, sempre riportati e messi in evidenza nell’ambito dello studio eseguito dal DIP.TE.RIS.,
legati sia a problematiche connesse con l’esecuzione della misura e il processamento dei dati, sia
a condizioni geologiche-geofisiche particolari.
1 - Presenza di sorgenti antropiche monocromatiche. In molteplici casi è stata determinata una
frequenza quasi monocromatica centrata attorno a 1,5 Hz, riconducibile alla presenza di una fonte
di disturbo antropica caratterizzata da una frequenza principale e da armoniche superiori a 3 Hz e
4.5 Hz (pompe per l’estrazione di acqua, macchine vibranti, taglierine di marmo .. ecc.). Talora
questi picchi di frequenza sono presenti su tutte le tre componenti con ampiezze spettrali
paragonabili o con componente verticale maggiore di quella delle orizzontali.
2 - Effetto del vento. Tale effetto può facilmente essere eliminato considerando misure eseguite in
due condizioni meteorologiche differenti. La misura effettuata durante una giornata ventosa può
portare ad una curva H/V disturbata e dominata da effetti di amplificazione a frequenze inferiori di
1 Hz, quindi la frequenza fondamentale realmente associabile alle condizioni locali del sito può
essere ricavata solo ripetendo la misura in condizioni ambientali tranquille.
3 - Analisi della risposta sismica in caso di basso contrasto di impedenza. In questo caso il
metodo dei rapporti spettrali H/V su rumore non consente di individuare alcun significativo effetto di
amplificazione (curva H/V piatta). Invece il metodo a stazione di riferimento (H/Href,), considerando
come riferimento una stazione su roccia, può mettere in luce una risposta sismica particolarmente
amplificata nelle bande di frequenz maggiori di 1 Hz . Una accurata analisi geologica in questi casi
può essere di grande aiuto per indirizzare l’interpretazione.
4 - Misura effettuata in presenza di un terreno a grana fine ad alto contenuto d’acqua. In taluni
casi si sono riscontrate significative differenze dipendenti legate alle caratteristiche di installazione
della strumentazione:terreno libero, soletta d’asfalto (sempre da
materiale lapideo in prossimità della superficie.
escludere) o presenza di
2.5. Conclusioni
La definizione della frequenza fondamentale di un sito rappresenta, come detto, il principale
obbiettivo di una analisi basata sulla metodologia Nakamura. Tuttavia dall’applicazione di tale
metodo, utilizzando la formula, è possibile ricavare la Vs media dello strato sovrastante la
superficie di discontinuità a maggiore contrasto di impedenza o la sua profondità se, e solo se, è
già noto uno dei due parametri (ricavabile per esempio attraverso un sondaggio e/o un down-hole).
La normativa sismica italiana [DM 14/01/2008] prevede la valutazione quantitativa di un effetto di
sito legato a condizioni litologiche sulla base del parametro Vs30 (velocità di propagazione delle
onde S mediata sui 30 m più superficiali).
In questo ambito, la metodologia Nakamura non può essere considerata esaustiva per
attribuire ad un sito la corretta categoria di sottosuolo di appartenenza, fra quelle indicate dalla
normativa sismica italiana. Solo nel caso in cui si abbiano informazioni relative alla stratigrafia di un
sito è possibile utilizzare la frequenza fondamentale estrapolata dalla curva H/V per definire la Vs
media degli strati superficiali a bassa impedenza: se la profondità del contrasto di impedenza a cui
la frequenza fondamentale si riferisce è uguale o superiore ai 30 m e se l’affidabilità della curva H/V
è stata obbiettivamente verificata è possibile risalire ad un valore di Vs30 e quindi alla categoria di
suolo di appartenenze.