Un vanto rosa per la città
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Un vanto rosa per la città
CULTURA E TERRITORIO Un vanto rosa per la città -ARIA,UIGIAD!SBURGO,ORENAE!NNA-ARIA!DORNIDUEDONNEDIORIGINI DIVERSEDUEPERSONALITºLEGATEDALLAMOREPERLANOSTRACITTºDUEBIOGRAlE INEDITEPERRACCONTARELA0ARMADELL/TTOCENTO Stefania Delendati ra le pieghe della storia, la vita di due donne ci accompagna in un viaggio indietro nel tempo, nella Parma del XIX secolo. Maria Luigia d’Asburgo-Lorena e Anna Maria Adorni non sono originarie del nostro territorio, sono arrivate qui prese per mano da un destino che le ha rese protagoniste di iniziative capaci di suscitare nella gente un affetto che continua dopo un secolo e mezzo. Hanno vissuto la stessa epoca, condividendo un pezzo di strada. Se una, Maria Luigia, racconta i fasti di corte, l’altra, Anna Maria, ci porta tra gli ultimi della società. Nel loro carattere scopriremo tratti di inaspettata modernità, attraverso le loro vicende personali capiremo meglio la storia sociale, politica e del costume della nostra città, T ritrovando scorci dimenticati ancora presenti nella Parma odierna. La duchessa che si curava con l’omeopatia Il 29 dicembre 1847 la Gazzetta di Parma esce con un supplemento dedicato agli ultimi giorni di vita e alle esequie di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla per oltre 30 anni. Una copia di quel numero speciale del quotidiano cittadino è conservata nel Museo Luigi Musini di Fidenza ed è lì a testimonianza dell’enorme affetto che i sudditi del parmense nutrivano per la loro sovrana, capace di dar vita a un governo moderato che ancor oggi si fa ricordare per le numerose opere pubbliche e gli interventi di carattere sociale. Ma nel privato 5NARAFlGURAZIONEDI!NNA -ARIA!DORNI 102 PARMA economica CULTURA E TERRITORIO -ARIA,UIGIAINUNQUADRO DgEPOCA chi è Maria Luigia, questa nobile austriaca che, al contrario della prozia Maria Antonietta, all’estero ha trovato una seconda casa? E davvero la politica da lei voluta non è mai attraversata da ombre? Maria Luigia è la primogenita dell’imperatore Francesco I e di Maria Teresa delle Due Sicilie. Da quando viene alla luce, il 12 dicembre 1791, e per tutta la giovinezza respira nella corte paterna un certo disprezzo per un uomo cui il destino la legherà: Napoleone Bonaparte. Un borghese, quindi già per questo da considerare con distacco, oltretutto colpevole di aver ridotto l’Austria a un “satellite” della Francia e pronto a sovvertire l’ordine dinastico europeo. Insomma, quanto di peggio per la giovane figlia di un imperatore. Sennonché Maria Luigia, oltre a essere educata all’obbedienza, è mite per natura e non si oppone alle nozze combinate proprio con l’inviso Napoleone, desideroso di assicurarsi un erede al trono dopo fallito matrimonio con GiusepMaria Luigia ilpina Beauharnais. La ragion di d’Asburgo-Lorena, stato non ha quindi difficoltà ad duchessa di Parma, avere la meglio sul sentimento e Piacenza e Guastalla, nel 1810 si celebra il matrimonio. L’arciduchessa d’Austria ha 19 per oltre 30 anni anni, 22 in meno di Bonaparte, arricchisce la città non è una bellezza rara ma ha un di opere che ci sono aspetto florido e in salute, il che ancora care lascia ben sperare sulle sue capacità generative. Passa soltanto un anno e Maria Luigia ottempera al “contratto” dando alla luce il figlio tanto desiderato, Napoleone Francesco re di Roma, detto Franz. Malgrado la nascita del bambino gli sposi mantengono rapporti formali. D’altra parte Napoleone è essenzialmente un rude soldato, mentre Maria Luigia ha un’ottima cultura e proviene da una corte raffinata. Il senso del dovere e la fede religiosa non le permettono tuttavia di tradire il marito, anzi, si dice che quando la sorte volta le spalle al grande condottiero lei chiede ma non ottiene di seguirlo all’isola d’Elba. Le decisioni politiche successive al congresso di Vienna le assegnano a vita il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Il 19 aprile 1816 Maria Luigia passa il Po a Casalmaggiore su un ponte di barche costruito per l’occasione. La simpatia del popolo è subito dalla sua parte quando decide di devolvere ai poveri la somma destinata ai festeggiamenti per l’insediamento. Al suo fianco c’è il conte Adam Albrecht di Neipperg, aitante quarantenne colto e intelligente che Metternich ha scelto per supportarla nel governo del ducato. Neipperg ha anche un altro ordine: conquistare il cuore di Maria Luigia e favorire così la sua permanenza a Parma. Compito tutt’altro che difficile, il conte ama l’arte, la musica e la letteratura come la duchessa, ha modi cavallereschi molto diversi da quelli di Napoleone e presto diventa il suo amante. Si sposano l’8 agosto 1821 e hanno due figli, Albertina e Guglielmo conti di Montenuovo, nati prima del matrimonio e perciò inizialmente impossibilitati a vivere a palazzo, particolare che farà molto soffrire la madre. Ma facciamo un passo indietro, all’arrivo di Maria Luigia. La prima notte nel parmense la trascorre nel palazzo ducale di Colorno, sua futura residenza estiva, che apprezza dal primo istante al punto che anni dopo, quando deve muoversi in incognito, assume il falso nome di contessa di Colorno. Si può dire che anche il titolo di duchessa di Parma è più di facciata che di sostanza, è Neipperg a governare il ducato in modo da rendere ben accetta la dominazione austriaca, portando i sudditi a riconoscersi nella loro sovrana. Maria Luigia dal canto suo non mostra mai particolare interesse per gli affari di stato neppure quando è costretta a essere reggente di Francia durante la campagna di Russia PARMA economica 103 CULTURA E TERRITORIO di Napoleone. Solo con l’aiuto del fidato Neipperg promuove quelle iniziative per le quali è ancora ricordata, mostrando ancora una volta un innato bisogno di aver accanto una persona a cui appoggiarsi. La realtà parmigiana che trova non è delle migliori, i primi interventi sono volti alla ripresa delle attività produttive, a partire dall’agricoltura, e vengono rilanciate le opere pubbliche con la costruzione del ponte in muratura sul Taro lungo la via Emilia. I “lavori in corso” comprendono il cimitero della Villetta, le beccherie nell’odierna piazza Ghiaia e il foro boario. Sul fronte culturale, acquista tutti i volumi dell’orientalista Gianbernardo Rossi per la Biblioteca Palatina, sistema il Collegio dei Nobili che oggi porta il suo nome e proprio nel centro della città fa erigere il Teatro Regio. Mostra attenzione per i più bisognosi fondando istituzioni avanzate per l’epoca, come l’ospizio della maternità per le ragazze madri, e restituisce i beni patrimoniali agli ordini religiosi. È ricordata anche per il codice civile pubblicato nel 1820, uno dei più avanzati del XIX secolo. Non è di quelle sovrane che si limitano a deliberare, la duchessa di Parma vuole controllare con i propri occhi la situazione delle sue terre. Di questo “essere un po’ San Tommaso” è rimasto il “sentiero di Maria Luigia”, nei pressi del Lago Santo, costruito per consentirle di controllare le risorse idriche della valle e ancora in gran parte ricoperto dalla pavimentazione originaria. Tanto impegno per il popolo è ricambiato con calore nel corso delle visite nei quattro angoli del Ducato, come quella a Bardi di cui narra la Gazzetta di Parma dell’8 giugno 1836. Nonostante il clima pessimo del periodo, Maria Luigia mantiene la promessa di conoscere i sudditi dell’alto appennino per informarsi personalmente delle loro necessità. Chissà se anche durante questo viaggio porta con sé la sua farmacia portatile di manifattura francese, oggi esposta nel Museo Glauco Lombardi. Maria Luigia soffre di disturbi respiratori, reumatismi e febbre ricorrente, oltre all’emicrania che nel 1839 la porta a tentare un rischioso intervento chirurgico. Quindi un po’ per necessità, un po’ per ipocondria, non si sposta mai senza una scorta di medicinali che comprende rimedi naturali (è una delle prime a credere nell’omeopatia, nella farmacia portatile ci sono 24 provette di soluzioni a base di erbe) e medicine più 104 PARMA economica ,OSTEMMADEL$UCATODI 0ARMA forti come oppiacei e assenzio. Non mancano garze e cerotti in Maria Luigia non questa casetta del pronto soccorso ante litteram, certo più elegan- mostra mai interesse te di quelle odierne, con boccette per gli affari di Stato, in cristallo di Boemia e vasetti in nemmeno quando terracotta invetriata. deve fare la reggente Il “mestiere” di sovrana non sembra scalfire più di tanto l’animo di Francia tranquillo di Maria Luigia, l’inclinazione quieta e forse un po’ superficiale le consente di distaccarsi da pensieri tristi e affanni, trovando vari modi per evadere, a partire dalle feste che organizza a corte con valletti e cortigiani vestiti di viola, il suo colore preferito. Amante della vita semplice, riflette questa attitudine in numerosi hobby o, come li chiama lei, «gusto dell’occupazione». Adora sporcarsi le mani nell’orto e chiede alla marchesa Montebello «il più completo assortimento di legumi e di tutte le specie d’insalata e di radicchi che esistono in Francia». L’orto botanico, anch’esso nato per sua volontà, e la residenza di Colorno sono i luoghi deputati alla coltivazione della famosa violetta di Parma, un’ossessione per Maria Luigia ancor prima dell’arrivo nella nostra città, probabilmente l’unico punto in comune con Napoleone che in esilio a Sant’Elena coltiva violette. La passione per questo fiore si respira nelle sale del Museo Lombardi che conserva alcune lettere dove la duchessa sostituisce la firma con il disegno di una viola. Nelle ore libere apre i suoi nécessaire dedicandosi a cucito e ricamo con risultati apprezzabili, come dimostra l’ampio tappeto da tavolo da lei decorato, e riadattando vecchi abiti non più alla moda, come quello con decori in lamina d’argento modificato per la figlia Albertina. I suoi strumenti di lavoro, con i quali realizza anche fiori di carta e CULTURA E TERRITORIO stoffa, per sua volontà testamentaria sono lasciati alle allieve del Collegio del Sacro Cuore di San Paolo presso cui la figlia li recupera quando il convento viene chiuso. I cani da compagnia sono un altro passatempo prediletto che trova conferma nella corrispondenza privata e nei suoi disegni ad acquerello. Tra un hobby e l’altro la storia procede. Nel 1821 iniziano i moti carbonari che a Parma non provocano grandi sconvolgimenti, al contrario della morte di Neipperg nel 1829. Con lui se ne va il perno del ducato e il compagno di una vita, ma a Maria Luigia è concesso di portare il lutto solo in privato. Al suo posto Vienna manda il barone Joseph von Werklein, molto simile a certi personaggi dei giorni nostri. Ambizioso e accentratore, si dimostra subito uno squalo nell’amministrazione della cosa pubblica, indirizzando gli appalti in modo da avvantaggiare se stesso e gli interessi privati di persone a lui vicine. La situazione dello Stato risente di quotidiane manovre speculative, favorite dal licenziamento di controllori e periti finanziari. L’immagine fino ad allora cristallina del ducato si appanna. Soltanto i moti patriottici del 1831 riescono a Werklein che scampa Le carte dimostrano fermare a un attentato all’arma bianca e che rimane estranea fugge in Austria, mentre a Parma alla “tangentopoli” di Gaetano Testa, suo compagno di corte sotto il dominio malaffare, viene obbligato a reini fondi illegalmente preaustriaco tegrare levati dalle casse ducali. Le carte custodite nell’Archivio di Stato cittadino dimostrano che Maria Luigia non è coinvolta nella “tangentopoli ducale”, ma per il suo animo tranquillo, abituato ad affrontare solo un problema alla volta, quelli sono anni che segnano l’inizio di una serie di vicissitudini che si susseguono una dopo l’altra. Nel 1831 non solo vengono alla luce i danni del governo corrotto di Werklein, ma Maria Luigia abbandona la città per l’avanzare dei patrioti. Al rientro, con il potere ristabilito dagli austriaci, è lei a mitigare la reazione contro gli esponenti delle nuove dottrine politiche che auspicano l’unità d’Italia. Nel 1832 si reca a Vienna al capezzale del figlio avuto da Napoleone e dal quale è stata costretta ad allontanarsi nel 1816. Sebbene alcuni biografi l’accusino di non averlo amato, lei rimpiange sempre di non aver potuto vederlo crescere e quando Franz muore il colpo è tanto duro da minare la salute della duchessa. Tre anni dopo, un altro distacco doloroso, quello dall’amatissimo padre. Nel mezzo di questi eventi luttuosi, Maria Luigia trova la forza di continuare le intense attività a favore di Parma, soprattutto nell’ambito delle istituzioni culturali. Rinsalda così il rapporto con la città che, riconoscente, le intitola la congregazione religiosa delle Maestre Luigine. Intanto le idee liberali si fanno strada in tutti i ceti sociali e l’Austria, nel tentativo di porvi freno, manda a Parma il conte di Bombelles in qualità di custode di quegli interessi austriaci sempre meno tollerati dalla popolazione. A Maria Luigia viene ordinato di sposarlo e lei ancora una volta accetta senza spinta sentimentale. La vecchiaia della duchessa è precoce, aiutata dal suo proverbiale appetito, con una predilezione per i dolci, che le causa problemi di salute e di linea. Gli ultimi anni sono sereni, trascorsi quasi in isolamento con l’unica compagnia della figlia e dei nipoti. Dopo una vita intensa, il 17 dicembre 1847 Maria Luigia si spegne e con il ritorno dei Borboni a Parma si chiude un’epoca. Dopo l’esposizione della salma per 5NAMONETADEL$UCATO CONLgEFlGIEDELLADUCHESSA -ARIA,UIGIA PARMA economica 105 CULTURA E TERRITORIO sei giorni a Palazzo Ducale, la vigilia di Natale si svolgono i funerali. La duchessa viene sepolta nella cripta dei Cappuccini a Vienna, accanto al figlio Franz. Se un parmigiano contemporaneo va nella capitale austriaca non può esimersi dal portare sulla tomba di Maria Luigia un mazzo di violette, posandolo accanto ai tanti omaggi floreali con cui la gente di Parma, dopo oltre un secolo e mezzo, continua a salutarla con immutata simpatia affettuosa. L’amica delle donne Parma, prima metà del XIX secolo. Una bella signora bionda cammina nel centro della città avvolta in abiti alla moda. È Anna Maria Adorni, moglie del dottor Antonio Domenico Botti, impiegato del controllo della casa ducale presso la corte di Maria Luigia. Insieme vivono in un’ampia casa in vicolo Sant’Ambrogio con il figlioletto Leopoldo, l’unico dei loro sei figli che raggiunge l’età adulta. Hanno una domestica, sono amici della nobiltà parmigiana, partecipano con piacere alla vita mondana cittadina. Anna Maria arriva in città nel 1820, a 15 anni, insieme alla mamma Antonietta. Devono abbandonare la natia Fivizzano, in provincia di Massa Carrara, in seguito alla morte del padre di famiglia e al conseguente dissesto finanziario. La scelta di un luogo dove ricominciare cade su Parma perché qui vive la potente famiglia Ortalli, stretta parente degli Ortalli di Fivizzano. In una modesta casa in via della Peschiera (oggi piazzale Battisti) le due donne ritrovano un po’ di serenità, aiutate dal clima tranquillo che si respira in città. Anna Maria, per tutti Carolina, è graziosa, intelligente e il suo carattere amabile la fa benvolere dagli Ortalli che la assumono come istitutrice delle figlie. Malgrado non abbia frequentato che alcune classi elementari, è in grado di leggere e scrivere, oltre ad essere abile nel cucito, ai tempi considerato essenziale per una ragazza a modo. In casa Ortalli, si presume ubicata nel vicolo omonimo nelle vicinanze di via Mazzini, Anna Maria impara l’arte di comportarsi in pubblico e inizia a tessere legami che più avanti le tornano utili per concretizzare il progetto di riabilitazione materiale e spirituale delle giovani disagiate. Frequenta la chiesa di San Pietro, poco distante da piazza Garibaldi, e il monastero delle cappuccine, nella zona oggi chiamata barriera Farini. Nei colloqui privati 106 PARMA economica con la badessa alimenta quella fede nella quale i genitori l’hanno educata, tanto da meditare di entrare in convento. Ma il dovere di figlia non le permette di lasciare sola la madre. Quello con il dottor Botti non è però un matrimonio forzato: come una ragazza moderna Anna Maria si sposa per amore e già da questo dettaglio si manifesta l’apertura mentale di una donna che le biografie ufficiali ci consegnano come una figura mistica, trascurando un po’ quella determinazione che le ha fatto anticipare i tempi. E poi Anna Maria, in quegli anni felici di cui dicevamo prima, si compiace della propria bellezza, apprezza molto la vita che le consente il suo status sociale e con tutta l’aristocrazia parmigiana assiste alla prima della Zaira di Bellini messa in scena per l’inaugurazione del Teatro Regio il 16 maggio 1829. Nel 1831 qualcosa si incrina in questo quadro perfetto, Parma Anna Maria Adorni non è più l’oasi felice che ha acè la moglie di un colto Anna Maria e sua madre. Ci sono le rivolte dei cosiddetti impiegato ducale “patrioti” che obbligano Maria presso la corte di Luigia ad abbandonare tempo- Maria Luigia. Tempi raneamente la città. Corrono dei rischi tutte le persone che in di ristrettezze qualche modo gravitano intorno la avvicinano alla corte ducale; Botti chiede alle persone più alla moglie di esprimersi in dia- sfortunate letto parmigiano, abbandonando il suo italiano della Lunigiana, per non vedersi accomunati a coloro che reclamano l’unità d’Italia. Anche sul piano personale il percorso si fa difficile. Nel 1844 Anna Maria rimane vedova con quattro figli da crescere. Cominciano le ristrettezze economiche, il sussidio disposto dalla duchessa (433,35 lire all’anno) non basta per mantenere la famiglia che si trasferisce in un appartamento più piccolo nell’attuale Borgo Riccio al civico 34. Le nuove condizioni, molto meno favorevoli, avvicinano Adorni alle persone più sfortunate. Ha sempre fatto l’elemosina ai mendicanti che bussano alla sua porta, ma la povertà autentica è nei quartieri più popolari che la signora Botti non frequenta. Si reca spesso nella chiesa di San Rocco e conosce dom Attilano José Oliveros, un benedettino spagnolo del convento di San Giovanni. È quest’uomo il primo a intuire il grande potenziale di Anna Maria, indirizzandola a insegnare catechismo alle recluse nel carcere di Sant’Elisabetta. Lei accetta con riluttanza e non possiamo CULTURA E TERRITORIO darle torto. Il contesto sociale parmigiano nella seconda metà dell’800 è tutt’altro che roseo. La maggior parte delle persone è ridotta in miseria. In Oltretorrente la gente vive letteralmente in strada, facile vittima delle frequenti epidemie che si aggiungono alla tubercolosi, alla pellagra e alla malaria, ormai endemiche. Si può dire che la Sono giunte fino a noi relazioni del Ministero del Buon Governo Adorni abbia di fatto dell’epoca di Maria Luigia che inventato la terapia parlano di tre-quattro reati al occupazionale nelle giorno, perlopiù furti. Le retate carceri antiprostituzione sono numerose quanto vane. Il carcere è lo specchio della città, ospita in media 800-1.000 persone, tra cui un centinaio di donne che finiscono nella sezione femminile di Sant’Elisabetta, vicino a piazzale San Francesco. Sono piene di miseria e rabbia, alcune si sono macchiate di crimini orribili, ma Anna Maria non si lascia scoraggiare. Anzi, osservandole ha un’intu,gINGRESSODELCONVENTODI izione lungimirante: quelle donne hanno 3AN#RISTOFORO bisogno di tenersi occupate con qualcosa di utile, perché quel luogo di punizione diventi il trampolino per un futuro migliore. Così si arma di ago e filo e insegna alle detenute a cucire. Si può dire che Anna Maria Adorni è stata l’inventrice della terapia occupazionale in carcere. Il successo della sua idea è immediato, al punto che si rende necessario trovare un aiuto per far fronte alle richieste delle prigioniere. Adorni si rivolge alle nobildonne di Parma, quelle stesse signore cui fino a poco tempo prima l’accomunava un’agiatezza ormai dimenticata. Sul finire del 1846 una ventina di pie dame, con una fascia bianca orlata di rosso posata sulla spalla destra quale segno distintivo, comincia a far visita giornaliera al carcere. Il gruppo viene denominato “Pia Unione delle Dame Visitatrici delle carceri, sotto la protezione dei Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria” e continua la sua attività fino al 1892. Il giorno di San Martino del 1848 tre ex detenute accompagnate da un’istitutrice entrano in un appartamento preso in affitto nell’attuale via XXII luglio. Così ha inizio la storia di quello che ancor oggi è conosciuto come l’Istituto del Buon Pastore per l’accoglienza delle giovani in stato di abbandono. Ma Anna Maria non è il tipo che si accontenta facilmente, raggiunto questo obiettivo già ne accarezza un altro più ambizioso: riabilitare un numero maggiore di giovani. La soluzione è in una casa rossa in Borgo della Canadella (ora via Primo Groppi) dove a partire dal 1852 trovano ospitalità otto ragazze, a fronte di un affitto annuo di 400 lire pagato grazie al sussidio mensile elargito dalla duchessa Luisa Maria, moglie del duca di Parma Carlo III. Non senza subire critiche e tentativi di dissuasione da parte degli amici più intimi, la stessa Anna Maria un anno dopo si trasferisce nella “casa rossa”. Nel luglio 1855 a Parma arriva il colera che in soli quattro mesi porta via 8.200 persone su una popolazione di 45mila. Un evento tragico che segna tuttavia una svolta positiva per i progetti della Adorni che da tempo ha messo gli occhi sull’ex convento di San Cristoforo, un grande edificio in quella che oggi è la via dedicata a lei. Un luogo perfetto non solo per accogliere le ragazze bisognose, ma anche per ospitare un vero e proprio ordine religioso. Anna Maria entra in San Cristoforo il 18 gennaio 1856. Vi rimane da sola per otto PARMA economica 107 CULTURA E TERRITORIO giorni, in una condizione disastrosa che lei stessa descrive con queste parole: «Molto freddo, senza finestre e senza porte alle stanze». Dalle note amministrative risulta che per risistemare i locali occorrono, nel corso di diversi anni, 70mila lire, una somma enorme per l’epoca. Le difficoltà economiche non scalfiscono le intenzioni di Madre Adorni. Il 9 novembre 1856, cinque giorni dopo la morte della figlia Celestina, Anna Maria presenta alla duchessa un memoriale in cui chiede ufficialmente l’autorizzazione a fondare un nuovo ordine religioso. Con un piccolo sotterfugio, ovvero presentandosi come una derivazione delle Religiose di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore di Angers, l’opera di Madre Adorni viene riconosciuta come società di pie donne, non come congregazione religiosa, un attestato difficile da ottenere. Il 1° maggio 1857, il convento è finalmente adattato e si avvera il sogno di Anna Maria con l’ingresso in San Cristoforo di sette aspiranti suore, sette giovani ravvedute e nove orfanelle. Tra le regole che le ragazze devono seguire, una stupisce per intelligente senso pratico: le preghiere passano in secondo piano se i bisogni della comunità richiedono di rimboccarsi le maniche e dare una mano. E le occupazioni non mancano: le visite alle prigioni, l’assistenza agli ammalati a domicilio, l’insegnamento del catechismo ai bambini, il soccorso ai poveri e la carità ai nobili decaduti, quest’ultima messa in atto con delicatezza in modo da non farla apparire come un’elemosina. Con l’annessione di Parma al Regno d’Italia nel 1860 cominciano tempi duri. La città è trattata come terreno di conquista, i suoi palazzi vengono spogliati delle opere d’arte e la povertà si fa più dilagante. La soppressione della corte ducale e di tutti i titoli nobiliari provoca una drastica diminuzione delle offerte al Buon Pastore. Ma il favore di cui gode l’istituzione religiosa fa sì che anche i momenti più bui vengano superati, come durante il colera nel 1867 quando Madre Adorni e le sue compagne sono costrette a lasciare San Cristoforo per trasferirsi nella villa San Lazzaro, appena fuori città, messa a disposizione dal Cavaliere Mattia Ortalli, fratello delle ragazze cui Anna Maria ha insegnato da giovane. Due anni e mezzo dopo, con il definitivo ritorno a San Cristoforo, l’attività dell’istituto è ormai ben avviata. Manca solo un 108 PARMA economica tassello per rendere pienamente felice Anna Maria, ormai resa Proclamata beata quasi immobile dalla malattia: il pieno riconoscimento come con- il 3 ottobre 2010, gregazione religiosa per le sue la Adorni ha Ancelle dell’Immacolata. Una attraversato quasi soddisfazione che arriva poco tutta la seconda prima che spiri, il 7 febbraio metà del XIX secolo, 1893. Anna Maria Adorni, proclamata divenendo una delle beata il 3 ottobre 2010, attraversa figure più amate di quasi tutta la seconda metà del Parma XIX secolo divenendo una delle figure più amate di Parma. Le sue spoglie riposano nella Casa Generalizia delle Ancelle dell’Immacolata, in via Domenico Maria Villa. Rimangono quanto mai attuali le sue idee e la preziosa opera che le sue Ancelle proseguono ai giorni nostri. Bibliografia P. Agnetti, Il miracolo di Anna Maria, Parma, Grafiche Step editrice, 2010 L. Augusto, Far rifiorire la speranza, Roma, Città Nuova Editrice, 1982 L. Togninelli, All’ombra della corona. Manovre istituzionali e speculative nel Ducato di Maria Luigia dal 1814 al 1831, Parma, Editrice Alessandro Farnese, 2012 Webgrafia www.ancelleparma.wordpress.com www.gazzettadiparma.it www.museolombardi.it www.parma.repubblica.it ,ATOMBADELLABEATA!NNA -ARIA!DORNI