Un vanto rosa per la città

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Un vanto rosa per la città
CULTURA E TERRITORIO
Un vanto rosa per la città
-ARIA,UIGIAD!SBURGO,ORENAE!NNA-ARIA!DORNIDUEDONNEDIORIGINI
DIVERSEDUEPERSONALITºLEGATEDALLAMOREPERLANOSTRACITTºDUEBIOGRAlE
INEDITEPERRACCONTARELA0ARMADELL/TTOCENTO
Stefania Delendati
ra le pieghe della storia, la vita di due
donne ci accompagna in un viaggio
indietro nel tempo, nella Parma del
XIX secolo. Maria Luigia d’Asburgo-Lorena e Anna Maria Adorni non sono originarie del nostro territorio, sono arrivate
qui prese per mano da un destino che le ha
rese protagoniste di iniziative capaci di suscitare nella gente un affetto che continua
dopo un secolo e mezzo. Hanno vissuto
la stessa epoca, condividendo un pezzo
di strada. Se una, Maria Luigia, racconta i fasti di corte, l’altra, Anna Maria, ci
porta tra gli ultimi della società. Nel loro
carattere scopriremo tratti di inaspettata
modernità, attraverso le loro vicende personali capiremo meglio la storia sociale,
politica e del costume della nostra città,
T
ritrovando scorci dimenticati ancora presenti nella Parma odierna.
La duchessa che si curava con l’omeopatia
Il 29 dicembre 1847 la Gazzetta di Parma esce con un supplemento dedicato agli
ultimi giorni di vita e alle esequie di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, duchessa di
Parma, Piacenza e Guastalla per oltre 30
anni. Una copia di quel numero speciale
del quotidiano cittadino è conservata nel
Museo Luigi Musini di Fidenza ed è lì
a testimonianza dell’enorme affetto che i
sudditi del parmense nutrivano per la loro
sovrana, capace di dar vita a un governo
moderato che ancor oggi si fa ricordare per
le numerose opere pubbliche e gli interventi di carattere sociale. Ma nel privato
5NARAFlGURAZIONEDI!NNA
-ARIA!DORNI
102 PARMA economica
CULTURA E TERRITORIO
-ARIA,UIGIAINUNQUADRO
DgEPOCA
chi è Maria Luigia, questa nobile austriaca
che, al contrario della prozia Maria Antonietta, all’estero ha trovato una seconda
casa? E davvero la politica da lei voluta
non è mai attraversata da ombre?
Maria Luigia è la primogenita dell’imperatore Francesco I e di Maria Teresa
delle Due Sicilie. Da quando viene alla
luce, il 12 dicembre 1791, e per tutta la
giovinezza respira nella corte paterna un
certo disprezzo per un uomo cui il destino la legherà: Napoleone Bonaparte. Un
borghese, quindi già per questo da considerare con distacco, oltretutto colpevole di
aver ridotto l’Austria a un “satellite” della
Francia e pronto a sovvertire l’ordine dinastico europeo. Insomma, quanto di peggio per la giovane figlia di un imperatore.
Sennonché Maria Luigia, oltre a essere
educata all’obbedienza, è mite per natura
e non si oppone alle nozze combinate proprio con l’inviso Napoleone, desideroso di
assicurarsi un erede al trono dopo
fallito matrimonio con GiusepMaria Luigia ilpina
Beauharnais. La ragion di
d’Asburgo-Lorena, stato non ha quindi difficoltà ad
duchessa di Parma, avere la meglio sul sentimento e
Piacenza e Guastalla, nel 1810 si celebra il matrimonio.
L’arciduchessa d’Austria ha 19
per oltre 30 anni anni, 22 in meno di Bonaparte,
arricchisce la città non è una bellezza rara ma ha un
di opere che ci sono aspetto florido e in salute, il che
ancora care lascia ben sperare sulle sue capacità generative. Passa soltanto un
anno e Maria Luigia ottempera
al “contratto” dando alla luce il figlio tanto desiderato, Napoleone Francesco re di
Roma, detto Franz.
Malgrado la nascita del bambino gli sposi mantengono rapporti formali. D’altra
parte Napoleone è essenzialmente un rude
soldato, mentre Maria Luigia ha un’ottima
cultura e proviene da una corte raffinata.
Il senso del dovere e la fede religiosa non
le permettono tuttavia di tradire il marito,
anzi, si dice che quando la sorte volta le
spalle al grande condottiero lei chiede ma
non ottiene di seguirlo all’isola d’Elba. Le
decisioni politiche successive al congresso
di Vienna le assegnano a vita il ducato di
Parma, Piacenza e Guastalla. Il 19 aprile
1816 Maria Luigia passa il Po a Casalmaggiore su un ponte di barche costruito
per l’occasione. La simpatia del popolo è
subito dalla sua parte quando decide di
devolvere ai poveri la somma destinata
ai festeggiamenti per l’insediamento. Al
suo fianco c’è il conte Adam Albrecht
di Neipperg, aitante quarantenne colto
e intelligente che Metternich ha scelto
per supportarla nel governo del ducato.
Neipperg ha anche un altro ordine: conquistare il cuore di Maria Luigia e favorire
così la sua permanenza a Parma. Compito
tutt’altro che difficile, il conte ama l’arte,
la musica e la letteratura come la duchessa, ha modi cavallereschi molto diversi da
quelli di Napoleone e presto diventa il suo
amante. Si sposano l’8 agosto 1821 e hanno due figli, Albertina e Guglielmo conti
di Montenuovo, nati prima del matrimonio e perciò inizialmente impossibilitati a
vivere a palazzo, particolare che farà molto
soffrire la madre.
Ma facciamo un passo indietro, all’arrivo
di Maria Luigia. La prima notte nel parmense la trascorre nel palazzo ducale di
Colorno, sua futura residenza estiva, che
apprezza dal primo istante al punto che
anni dopo, quando deve muoversi in incognito, assume il falso nome di contessa
di Colorno. Si può dire che anche il titolo di duchessa di Parma è più di facciata
che di sostanza, è Neipperg a governare il
ducato in modo da rendere ben accetta la
dominazione austriaca, portando i sudditi a riconoscersi nella loro sovrana. Maria
Luigia dal canto suo non mostra mai particolare interesse per gli affari di stato neppure quando è costretta a essere reggente
di Francia durante la campagna di Russia
PARMA economica 103
CULTURA E TERRITORIO
di Napoleone. Solo con l’aiuto del fidato
Neipperg promuove quelle iniziative per
le quali è ancora ricordata, mostrando ancora una volta un innato bisogno di aver
accanto una persona a cui appoggiarsi.
La realtà parmigiana che trova non è delle
migliori, i primi interventi sono volti alla
ripresa delle attività produttive, a partire
dall’agricoltura, e vengono rilanciate le
opere pubbliche con la costruzione del
ponte in muratura sul Taro lungo la via
Emilia. I “lavori in corso” comprendono il
cimitero della Villetta, le beccherie nell’odierna piazza Ghiaia e il foro boario. Sul
fronte culturale, acquista tutti i volumi
dell’orientalista Gianbernardo Rossi per
la Biblioteca Palatina, sistema il Collegio
dei Nobili che oggi porta il suo nome e
proprio nel centro della città fa erigere il
Teatro Regio. Mostra attenzione per i più
bisognosi fondando istituzioni avanzate
per l’epoca, come l’ospizio della maternità
per le ragazze madri, e restituisce i beni
patrimoniali agli ordini religiosi. È ricordata anche per il codice civile pubblicato
nel 1820, uno dei più avanzati del XIX
secolo. Non è di quelle sovrane che si limitano a deliberare, la duchessa di Parma
vuole controllare con i propri occhi la situazione delle sue terre. Di questo “essere
un po’ San Tommaso” è rimasto il “sentiero di Maria Luigia”, nei pressi del Lago
Santo, costruito per consentirle di controllare le risorse idriche della valle e ancora in
gran parte ricoperto dalla pavimentazione
originaria. Tanto impegno per il popolo è
ricambiato con calore nel corso delle visite nei quattro angoli del Ducato, come
quella a Bardi di cui narra la Gazzetta di
Parma dell’8 giugno 1836. Nonostante
il clima pessimo del periodo, Maria Luigia mantiene la promessa di conoscere i
sudditi dell’alto appennino per informarsi
personalmente delle loro necessità.
Chissà se anche durante questo viaggio porta con sé la sua farmacia portatile
di manifattura francese, oggi esposta nel
Museo Glauco Lombardi. Maria Luigia
soffre di disturbi respiratori, reumatismi
e febbre ricorrente, oltre all’emicrania che
nel 1839 la porta a tentare un rischioso
intervento chirurgico. Quindi un po’ per
necessità, un po’ per ipocondria, non si
sposta mai senza una scorta di medicinali che comprende rimedi naturali (è una
delle prime a credere nell’omeopatia, nella
farmacia portatile ci sono 24 provette di
soluzioni a base di erbe) e medicine più
104 PARMA economica
,OSTEMMADEL$UCATODI
0ARMA
forti come oppiacei e assenzio.
Non mancano garze e cerotti in Maria Luigia non
questa casetta del pronto soccorso ante litteram, certo più elegan- mostra mai interesse
te di quelle odierne, con boccette per gli affari di Stato,
in cristallo di Boemia e vasetti in nemmeno quando
terracotta invetriata.
deve fare la reggente
Il “mestiere” di sovrana non sembra scalfire più di tanto l’animo di Francia
tranquillo di Maria Luigia, l’inclinazione quieta e forse un po’ superficiale le consente di distaccarsi da pensieri tristi e affanni, trovando vari modi per
evadere, a partire dalle feste che organizza
a corte con valletti e cortigiani vestiti di
viola, il suo colore preferito. Amante della vita semplice, riflette questa attitudine
in numerosi hobby o, come li chiama lei,
«gusto dell’occupazione». Adora sporcarsi le mani nell’orto e chiede alla marchesa
Montebello «il più completo assortimento di legumi e di tutte le specie d’insalata e di radicchi che esistono in Francia».
L’orto botanico, anch’esso nato per sua
volontà, e la residenza di Colorno sono i
luoghi deputati alla coltivazione della famosa violetta di Parma, un’ossessione per
Maria Luigia ancor prima dell’arrivo nella
nostra città, probabilmente l’unico punto
in comune con Napoleone che in esilio a
Sant’Elena coltiva violette. La passione
per questo fiore si respira nelle sale del
Museo Lombardi che conserva alcune
lettere dove la duchessa sostituisce la firma con il disegno di una viola. Nelle ore
libere apre i suoi nécessaire dedicandosi a
cucito e ricamo con risultati apprezzabili,
come dimostra l’ampio tappeto da tavolo
da lei decorato, e riadattando vecchi abiti
non più alla moda, come quello con decori
in lamina d’argento modificato per la figlia Albertina. I suoi strumenti di lavoro,
con i quali realizza anche fiori di carta e
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stoffa, per sua volontà testamentaria sono
lasciati alle allieve del Collegio del Sacro
Cuore di San Paolo presso cui la figlia li
recupera quando il convento viene chiuso.
I cani da compagnia sono un altro passatempo prediletto che trova conferma nella
corrispondenza privata e nei suoi disegni
ad acquerello.
Tra un hobby e l’altro la storia procede.
Nel 1821 iniziano i moti carbonari che a
Parma non provocano grandi sconvolgimenti, al contrario della morte di Neipperg nel 1829. Con lui se ne va il perno
del ducato e il compagno di una vita, ma a
Maria Luigia è concesso di portare il lutto
solo in privato. Al suo posto Vienna manda il barone Joseph von Werklein, molto
simile a certi personaggi dei giorni nostri.
Ambizioso e accentratore, si dimostra subito uno squalo nell’amministrazione della cosa pubblica, indirizzando gli appalti
in modo da avvantaggiare se stesso e gli
interessi privati di persone a lui vicine.
La situazione dello Stato risente di quotidiane manovre speculative, favorite dal
licenziamento di controllori e periti finanziari. L’immagine fino ad allora cristallina del ducato si appanna. Soltanto i moti
patriottici del 1831 riescono a
Werklein che scampa
Le carte dimostrano fermare
a un attentato all’arma bianca e
che rimane estranea fugge in Austria, mentre a Parma
alla “tangentopoli” di Gaetano Testa, suo compagno di
corte sotto il dominio malaffare, viene obbligato a reini fondi illegalmente preaustriaco tegrare
levati dalle casse ducali. Le carte
custodite nell’Archivio di Stato
cittadino dimostrano che Maria Luigia
non è coinvolta nella “tangentopoli ducale”, ma per il suo animo tranquillo, abituato ad affrontare solo un problema alla volta, quelli sono anni che segnano l’inizio di
una serie di vicissitudini che si susseguono
una dopo l’altra.
Nel 1831 non solo vengono alla luce i
danni del governo corrotto di Werklein,
ma Maria Luigia abbandona la città per
l’avanzare dei patrioti. Al rientro, con il
potere ristabilito dagli austriaci, è lei a mitigare la reazione contro gli esponenti delle nuove dottrine politiche che auspicano
l’unità d’Italia. Nel 1832 si reca a Vienna
al capezzale del figlio avuto da Napoleone
e dal quale è stata costretta ad allontanarsi
nel 1816. Sebbene alcuni biografi l’accusino di non averlo amato, lei rimpiange
sempre di non aver potuto vederlo crescere e quando Franz muore il colpo è tanto
duro da minare la salute della duchessa.
Tre anni dopo, un altro distacco doloroso,
quello dall’amatissimo padre. Nel mezzo
di questi eventi luttuosi, Maria Luigia trova la forza di continuare le intense attività
a favore di Parma, soprattutto nell’ambito delle istituzioni culturali. Rinsalda così
il rapporto con la città che, riconoscente,
le intitola la congregazione religiosa delle
Maestre Luigine.
Intanto le idee liberali si fanno strada in
tutti i ceti sociali e l’Austria, nel tentativo
di porvi freno, manda a Parma il conte di
Bombelles in qualità di custode di quegli
interessi austriaci sempre meno tollerati
dalla popolazione. A Maria Luigia viene
ordinato di sposarlo e lei ancora una volta
accetta senza spinta sentimentale. La vecchiaia della duchessa è precoce, aiutata dal
suo proverbiale appetito, con una predilezione per i dolci, che le causa problemi
di salute e di linea. Gli ultimi anni sono
sereni, trascorsi quasi in isolamento con
l’unica compagnia della figlia e dei nipoti.
Dopo una vita intensa, il 17 dicembre
1847 Maria Luigia si spegne e con il ritorno dei Borboni a Parma si chiude un’epoca. Dopo l’esposizione della salma per
5NAMONETADEL$UCATO
CONLgEFlGIEDELLADUCHESSA
-ARIA,UIGIA
PARMA economica 105
CULTURA E TERRITORIO
sei giorni a Palazzo Ducale, la vigilia di
Natale si svolgono i funerali. La duchessa
viene sepolta nella cripta dei Cappuccini
a Vienna, accanto al figlio Franz. Se un
parmigiano contemporaneo va nella capitale austriaca non può esimersi dal portare
sulla tomba di Maria Luigia un mazzo di
violette, posandolo accanto ai tanti omaggi floreali con cui la gente di Parma, dopo
oltre un secolo e mezzo, continua a salutarla con immutata simpatia affettuosa.
L’amica delle donne
Parma, prima metà del XIX secolo. Una
bella signora bionda cammina nel centro della città avvolta in abiti alla moda.
È Anna Maria Adorni, moglie del dottor Antonio Domenico Botti, impiegato
del controllo della casa ducale presso la
corte di Maria Luigia. Insieme vivono in
un’ampia casa in vicolo Sant’Ambrogio
con il figlioletto Leopoldo, l’unico dei loro
sei figli che raggiunge l’età adulta. Hanno
una domestica, sono amici della nobiltà
parmigiana, partecipano con piacere alla
vita mondana cittadina. Anna Maria arriva in città nel 1820, a 15 anni, insieme
alla mamma Antonietta. Devono abbandonare la natia Fivizzano, in provincia di
Massa Carrara, in seguito alla morte del
padre di famiglia e al conseguente dissesto
finanziario. La scelta di un luogo dove ricominciare cade su Parma perché qui vive
la potente famiglia Ortalli, stretta parente
degli Ortalli di Fivizzano. In una modesta
casa in via della Peschiera (oggi piazzale
Battisti) le due donne ritrovano un po’ di
serenità, aiutate dal clima tranquillo che si
respira in città.
Anna Maria, per tutti Carolina, è graziosa, intelligente e il suo carattere amabile la
fa benvolere dagli Ortalli che la assumono come istitutrice delle figlie. Malgrado
non abbia frequentato che alcune classi
elementari, è in grado di leggere e scrivere, oltre ad essere abile nel cucito, ai tempi
considerato essenziale per una ragazza a
modo. In casa Ortalli, si presume ubicata nel vicolo omonimo nelle vicinanze di
via Mazzini, Anna Maria impara l’arte di
comportarsi in pubblico e inizia a tessere
legami che più avanti le tornano utili per
concretizzare il progetto di riabilitazione
materiale e spirituale delle giovani disagiate. Frequenta la chiesa di San Pietro, poco
distante da piazza Garibaldi, e il monastero delle cappuccine, nella zona oggi chiamata barriera Farini. Nei colloqui privati
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con la badessa alimenta quella fede nella
quale i genitori l’hanno educata, tanto da
meditare di entrare in convento.
Ma il dovere di figlia non le permette di
lasciare sola la madre. Quello con il dottor
Botti non è però un matrimonio forzato:
come una ragazza moderna Anna Maria si
sposa per amore e già da questo dettaglio
si manifesta l’apertura mentale di una donna che le biografie ufficiali ci consegnano
come una figura mistica, trascurando un
po’ quella determinazione che le ha fatto
anticipare i tempi. E poi Anna Maria, in
quegli anni felici di cui dicevamo prima, si
compiace della propria bellezza, apprezza
molto la vita che le consente il suo status
sociale e con tutta l’aristocrazia parmigiana assiste alla prima della Zaira di Bellini
messa in scena per l’inaugurazione del Teatro Regio il 16 maggio 1829.
Nel 1831 qualcosa si incrina in
questo quadro perfetto, Parma Anna Maria Adorni
non è più l’oasi felice che ha acè la moglie di un
colto Anna Maria e sua madre.
Ci sono le rivolte dei cosiddetti impiegato ducale
“patrioti” che obbligano Maria presso la corte di
Luigia ad abbandonare tempo- Maria Luigia. Tempi
raneamente la città. Corrono
dei rischi tutte le persone che in di ristrettezze
qualche modo gravitano intorno la avvicinano
alla corte ducale; Botti chiede alle persone più
alla moglie di esprimersi in dia- sfortunate
letto parmigiano, abbandonando il suo italiano della Lunigiana, per non vedersi accomunati a coloro
che reclamano l’unità d’Italia. Anche sul
piano personale il percorso si fa difficile.
Nel 1844 Anna Maria rimane vedova con
quattro figli da crescere. Cominciano le ristrettezze economiche, il sussidio disposto
dalla duchessa (433,35 lire all’anno) non
basta per mantenere la famiglia che si trasferisce in un appartamento più piccolo
nell’attuale Borgo Riccio al civico 34.
Le nuove condizioni, molto meno favorevoli, avvicinano Adorni alle persone più
sfortunate. Ha sempre fatto l’elemosina ai
mendicanti che bussano alla sua porta, ma
la povertà autentica è nei quartieri più popolari che la signora Botti non frequenta.
Si reca spesso nella chiesa di San Rocco
e conosce dom Attilano José Oliveros,
un benedettino spagnolo del convento di
San Giovanni. È quest’uomo il primo a
intuire il grande potenziale di Anna Maria, indirizzandola a insegnare catechismo
alle recluse nel carcere di Sant’Elisabetta.
Lei accetta con riluttanza e non possiamo
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darle torto. Il contesto sociale parmigiano nella seconda metà dell’800 è tutt’altro
che roseo. La maggior parte delle persone è ridotta in miseria. In Oltretorrente
la gente vive letteralmente in strada, facile vittima delle frequenti epidemie che si
aggiungono alla tubercolosi, alla pellagra
e alla malaria, ormai endemiche.
Si può dire che la Sono giunte fino a noi relazioni
del Ministero del Buon Governo
Adorni abbia di fatto dell’epoca di Maria Luigia che
inventato la terapia parlano di tre-quattro reati al
occupazionale nelle giorno, perlopiù furti. Le retate
carceri antiprostituzione sono numerose
quanto vane. Il carcere è lo specchio della città, ospita in media
800-1.000 persone, tra cui un centinaio di
donne che finiscono nella sezione femminile di Sant’Elisabetta, vicino a piazzale
San Francesco. Sono piene di miseria e
rabbia, alcune si sono macchiate di crimini
orribili, ma Anna Maria non si lascia scoraggiare. Anzi, osservandole ha un’intu,gINGRESSODELCONVENTODI
izione lungimirante: quelle donne hanno
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bisogno di tenersi occupate con qualcosa
di utile, perché quel luogo di punizione diventi il trampolino per un futuro migliore.
Così si arma di ago e filo e insegna alle
detenute a cucire. Si può dire che Anna
Maria Adorni è stata l’inventrice della terapia occupazionale in carcere.
Il successo della sua idea è immediato, al
punto che si rende necessario trovare un
aiuto per far fronte alle richieste delle prigioniere. Adorni si rivolge alle nobildonne
di Parma, quelle stesse signore cui fino a
poco tempo prima l’accomunava un’agiatezza ormai dimenticata. Sul finire del
1846 una ventina di pie dame, con una
fascia bianca orlata di rosso posata sulla
spalla destra quale segno distintivo, comincia a far visita giornaliera al carcere.
Il gruppo viene denominato “Pia Unione
delle Dame Visitatrici delle carceri, sotto
la protezione dei Sacratissimi Cuori di
Gesù e di Maria” e continua la sua attività fino al 1892. Il giorno di San Martino
del 1848 tre ex detenute accompagnate da
un’istitutrice entrano in un appartamento
preso in affitto nell’attuale via XXII luglio.
Così ha inizio la storia di quello che ancor
oggi è conosciuto come l’Istituto del Buon
Pastore per l’accoglienza delle giovani in
stato di abbandono.
Ma Anna Maria non è il tipo che si accontenta facilmente, raggiunto questo obiettivo già ne accarezza un altro più ambizioso:
riabilitare un numero maggiore di giovani.
La soluzione è in una casa rossa in Borgo
della Canadella (ora via Primo Groppi)
dove a partire dal 1852 trovano ospitalità
otto ragazze, a fronte di un affitto annuo
di 400 lire pagato grazie al sussidio mensile elargito dalla duchessa Luisa Maria,
moglie del duca di Parma Carlo III. Non
senza subire critiche e tentativi di dissuasione da parte degli amici più intimi, la
stessa Anna Maria un anno dopo si trasferisce nella “casa rossa”.
Nel luglio 1855 a Parma arriva il colera
che in soli quattro mesi porta via 8.200
persone su una popolazione di 45mila. Un
evento tragico che segna tuttavia una svolta positiva per i progetti della Adorni che
da tempo ha messo gli occhi sull’ex convento di San Cristoforo, un grande edificio in quella che oggi è la via dedicata a
lei. Un luogo perfetto non solo per accogliere le ragazze bisognose, ma anche per
ospitare un vero e proprio ordine religioso.
Anna Maria entra in San Cristoforo il 18
gennaio 1856. Vi rimane da sola per otto
PARMA economica 107
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giorni, in una condizione disastrosa che lei
stessa descrive con queste parole: «Molto
freddo, senza finestre e senza porte alle
stanze». Dalle note amministrative risulta
che per risistemare i locali occorrono, nel
corso di diversi anni, 70mila lire, una somma enorme per l’epoca. Le difficoltà economiche non scalfiscono le intenzioni di
Madre Adorni. Il 9 novembre 1856, cinque giorni dopo la morte della figlia Celestina, Anna Maria presenta alla duchessa
un memoriale in cui chiede ufficialmente
l’autorizzazione a fondare un nuovo ordine religioso. Con un piccolo sotterfugio,
ovvero presentandosi come una derivazione delle Religiose di Nostra Signora della
Carità del Buon Pastore di Angers, l’opera
di Madre Adorni viene riconosciuta come
società di pie donne, non come congregazione religiosa, un attestato difficile da
ottenere.
Il 1° maggio 1857, il convento è finalmente adattato e si avvera il sogno di Anna
Maria con l’ingresso in San Cristoforo
di sette aspiranti suore, sette giovani ravvedute e nove orfanelle. Tra le regole che
le ragazze devono seguire, una stupisce
per intelligente senso pratico: le preghiere passano in secondo piano se i bisogni
della comunità richiedono di rimboccarsi
le maniche e dare una mano. E le occupazioni non mancano: le visite alle prigioni, l’assistenza agli ammalati a domicilio,
l’insegnamento del catechismo ai bambini, il soccorso ai poveri e la carità ai nobili
decaduti, quest’ultima messa in atto con
delicatezza in modo da non farla apparire
come un’elemosina.
Con l’annessione di Parma al Regno d’Italia nel 1860 cominciano tempi duri. La
città è trattata come terreno di conquista, i
suoi palazzi vengono spogliati delle opere
d’arte e la povertà si fa più dilagante. La
soppressione della corte ducale e di tutti i
titoli nobiliari provoca una drastica diminuzione delle offerte al Buon Pastore. Ma
il favore di cui gode l’istituzione religiosa
fa sì che anche i momenti più bui vengano
superati, come durante il colera nel 1867
quando Madre Adorni e le sue compagne
sono costrette a lasciare San Cristoforo per
trasferirsi nella villa San Lazzaro, appena
fuori città, messa a disposizione dal Cavaliere Mattia Ortalli, fratello delle ragazze
cui Anna Maria ha insegnato da giovane.
Due anni e mezzo dopo, con il definitivo
ritorno a San Cristoforo, l’attività dell’istituto è ormai ben avviata. Manca solo un
108 PARMA economica
tassello per rendere pienamente
felice Anna Maria, ormai resa Proclamata beata
quasi immobile dalla malattia: il
pieno riconoscimento come con- il 3 ottobre 2010,
gregazione religiosa per le sue la Adorni ha
Ancelle dell’Immacolata. Una attraversato quasi
soddisfazione che arriva poco tutta la seconda
prima che spiri, il 7 febbraio
metà del XIX secolo,
1893.
Anna Maria Adorni, proclamata divenendo una delle
beata il 3 ottobre 2010, attraversa figure più amate di
quasi tutta la seconda metà del
Parma
XIX secolo divenendo una delle
figure più amate di Parma. Le
sue spoglie riposano nella Casa Generalizia delle Ancelle dell’Immacolata, in via
Domenico Maria Villa. Rimangono quanto mai attuali le sue idee e la preziosa opera che le sue Ancelle proseguono ai giorni
nostri.
Bibliografia
P. Agnetti, Il miracolo di Anna Maria, Parma, Grafiche Step editrice, 2010
L. Augusto, Far rifiorire la speranza, Roma, Città
Nuova Editrice, 1982
L. Togninelli, All’ombra della corona. Manovre istituzionali e speculative nel Ducato di Maria Luigia dal
1814 al 1831, Parma, Editrice Alessandro Farnese,
2012
Webgrafia
www.ancelleparma.wordpress.com
www.gazzettadiparma.it
www.museolombardi.it
www.parma.repubblica.it
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