notiziario 13-27 ottobre - Il Nuovo Medico d`Italia

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notiziario 13-27 ottobre - Il Nuovo Medico d`Italia
Numedionline
(13 - 27 ottobre)
Rischio radon e radioattività naturale nelle scuole e negli ambienti di lavoro
Roma 27 ottobre
Il radon, gas radioattivo inodore e incolore che deriva dal naturale processo di decadimento
dell’uranio, è catalogato dall’OMS nel gruppo 1 tra gli agenti cancerogeni e posto come seconda
causa (dopo il fumo) di tumori al polmone. Costituisce inoltre, secondo un rapporto
dell’UNSCEAR, la principale sorgente naturale di radiazioni ionizzanti cui la popolazione mondiale
è esposta.
Il radon, generato da alcune rocce della crosta terrestre, in particolare quelle vulcaniche come lave,
tufi e graniti, può concentrarsi nelle falde acquifere e penetrare in ambienti domestici chiusi
attraverso fori o fessure delle fondamenta, dei muri e dei pavimenti delle cantine, rappresentando
una seria minaccia per la salute dei cittadini. Una particolare attenzione va rivolta al problema del
radon nell’edilizia scolastica, in quanto, come sottolinea il prof. Paolo Orlando del Servizio
Centralizzato Radioisotopi dell’Università Cattolica di Roma, “questi ambienti (anzitutto asili nido,
scuole materne, scuole dell’obbligo) sono frequentati da una popolazione più sensibile agli effetti
nocivi di questo gas radioattivo”.
L’Istituto di Fisica della Cattolica di Roma ha pertanto promosso, dopo quella del 25 marzo
scorso, la seconda edizione del Corso di aggiornamento sul tema “La radioattività naturale: il
rischio radon”.
“In Italia, tra le zone dove il radon è maggiormente presente, oltre la Lombardia e la Campania,
figura l’Alto Lazio, per la presenza di rocce vulcaniche; manca però purtroppo una mappa precisa
del rischio radon nel nostro paese”, questo il quadro tracciato dal prof. Orlando, direttore del corso,
che evidenzia il ritardo italiano rispetto agli obiettivi del Decreto Legislativo n. 241 del 31 agosto
2000, che ha recepito la Direttiva Comunitaria 96/29/EURATOM in materia di protezione dei
lavoratori dalle radiazioni ionizzanti.
“L’esigenza di informare e aggiornare nei riguardi del problema radon - aggiunge Orlando - è
importante non solo per sensibilizzare sui rischi, ma anche e soprattutto sulle molteplici possibilità
di risanamento e bonifica degli ambienti ad elevata concentrazione di radon”.
L’Istituto di Fisica della Cattolica promuoverà gratuitamente nei prossimi mesi interventi di
misurazione del radon negli edifici scolastici.
Centro Europeo di Formazione in Endoscopia (EETC)
Roma 24 ottobre
Nasce a Roma presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica il primo Centro
Europeo di Formazione in Endoscopia (European Endoscopy Training Centre – EETC),. Direttore
scientifico il professor Guido Costamagna, direttore dell’Unità Operativa di Endoscopia digestiva
chirurgica del Policlinico Gemelli.
Il 24 ottobre la cerimonia di inaugurazione del Centro a conclusione dell’XI Corso europeo di
Endoscopia digestiva terapeutica, meeting scientifico divenuto un punto di riferimento per
l’endoscopia europea.
Al “battesimo” del Centro il Rettore dell’Università Cattolica, professor Lorenzo Ornaghi e
l’intervento del professor Michel Cremer (Università Libre de Bruxelles), uno dei padri
dell’endoscopia pancreatica.
Mons. Alessandro Plotti, Arcivescovo di Pisa e Vicepresidente della CEI, ha officiato il rito della
benedizione dell’EETC.
L’EETC, realizzato dall’Università Cattolica di Roma in collaborazione con importanti aziende
attive nel campo dell’endoscopia (Bard, Boston Scientific, Cook, Erbe, Olympus) è un concentrato
di tecnologie d’avanguardia dedicato alla formazione di gastroenterologi, endoscopisti e chirurghi
italiani e stranieri che già in questi anni si sono addestrati presso l’Unità di Endoscopia Chirurgica
del Gemelli, riconosciuta come una delle punte di diamante in Europa di questo settore medico
specialistico.
Il Centro, che si sviluppa su due piani per complessivi 350 mq, è ubicato all’interno del campus
della Facoltà di Medicina della Cattolica di Roma: al piano terra si trova la sala con 5 postazioni
super attrezzate dedicate alla formazione con modelli in tutte le branche della endoscopia
diagnostica e terapeutica e dotate di gas medicali, tavolo di lavoro, colonna videoendoscopica,
elettrobisturi con argon plasma coagulazione) e dove potranno lavorare in contemporanea gruppi di
4/5 operatori. Al piano superiore, accanto alla biblioteca e a un’aula multimediale con videoteca
specialistica, una sala con 4 postazioni collegate in rete e il simulatore Simbionix a disposizione dei
medici per consentire la continuità dell’apprendimento individuale anche al di fuori dei corsi, dotato
di un pacchetto di sofisticati software per l’esercitazione su tutte le procedure endoscopiche (dalla
gastroduodenoendoscopia alla colonscopia).L’EETC, primo esempio in Europa di struttura
unicamente dedicata alla formazione in endoscopia e tra i primi nel mondo così concepita, ha già
ottenuto il riconoscimento quale centro di riferimento per il training dei medici da parte della
Società Europea di Endoscopia Digestiva (ESGE), mentre prossima è l’attribuzione dello stesso
riconoscimento da parte della Società mondiale di Endoscopia (OMGE-OMED).
Numerosi sono i corsi avanzati teorico-pratici in programma. Si segnalano i corsi di formazione nel
trattamento endoscopico delle emorragie digestive superiori e della malattia da reflusso
gastroesofageo; i corsi nelle tecniche di endoterapia del colon e dell’esofago; i corsi di polipectomia
e di mucosectomia; i corsi di endoscopia terapeutica del pancreas e biliare; i corsi di endoscopia
diagnostica e terapeutica dell’intestino tenue.
“Il rapido sviluppo dell’endoscopia verificatosi in questi ultimi anni – afferma il professor
Costamagna - dovuto anche a una stretta collaborazione tra ricerca clinica e ricerca tecnologica ha
determinato uno spostamento dall’endoscopia esclusivamente diagnostica a una endoscopia
digestiva terapeutica e interventistica. È perciò sempre più richiesta e sollecitata anche dalle società
scientifiche la formazione o la riqualificazione di specialisti dell’area medica e chirurgica attraverso
iniziative di formazione avanzate e superspecialistiche. In virtù di una lunga esperienza e di
riconoscimenti nazionali e internazionali ottenuti dalla nostra scuola oggi offriamo alla endoscopia
italiane ed europea questo centro ponendoci come provider d’avanguardia per l’addestramento degli
endoscopisti. Per questo ci avvarremo della collaborazione di partner tecnologici che rappresentano
il top mondiale del settore e della collaborazione in qualità di docenti dei migliori specialisti del
mondo”.
Indagine ISS sull’evento nascita
Piu’ informazione alle donne favorisce il parto naturale
e la salute di mamma e bambino
Roma 22 ottobre (Ufficio Stampa I.S.S. Mirella Taranto)
La ricerca illustrata oggi all’Istituto nel corso del convegno “Percorso nascita – Indagine
Nazionale” mostra che le donne, se informate e assistite in maniera appropriata, partoriscono più
spesso per via naturale e allattano più precocemente e più a lungo al seno. Particolarmente
qualificata l’informazione rilasciata nei consultori familiari. Con forti differenze Nord- Sud.
Allattano prima e più a lungo soprattutto le donne informate e assistite adeguatamente. Ancora
troppe ecografie e troppi cesarei nonostante oltre la metà delle gravidanze abbia un decorso
fisiologico. Sono questi i principali risultati dell’indagine condotta nel 2002 dall’Istituto Superiore
di Sanità su come si nasce in Italia, in collaborazione con 60 ASL di 15 regioni e Province
Autonome Italiane, intervistando oltre settemila donne a un anno dal parto. La ricerca mostra che,
soprattutto al Sud, l’Italia vive la nascita come un evento da medicalizzare. Fondamentale è apparsa
dunque l’attività di informazione, counselling e sostegno alle partorienti, carente soprattutto al Sud,
dove le donne sono anche troppo spesso escluse dai processi decisionali.
Solo il 30% delle donne nel nostro Paese partecipa ai corsi di preparazione alla nascita. E di queste,
oltre l’80% riceve informazioni adeguate sull’allattamento materno e più del 75% sulle cure
neonatali. Meno della metà, tuttavia, viene sufficientemente informata sulle vaccinazioni e su come
e quando riprendere i rapporti sessuali. L’allattamento al seno è risultato essere uno dei frutti
principali dell’informazione rilasciata nei consultori familiari. E’ stato, infatti, osservato che il
50,6% delle donne che partecipa ai corsi organizzati nei consultori allatta completamente al seno
oltre i 3 mesi, contro il 46,7% di coloro che aderiscono ai corsi organizzati presso gli ospedali e il
41,9% di chi si rivolge a strutture private. La percentuale di donne che allattano al seno oltre i 5
mesi, introducendo, però, nel frattempo latte artificiale, varia, rispettivamente, dal 64,7% al 60% al
58%. Differenze percentuali sono state osservate anche tra le donne assistite dai consultori o dalle
ostetriche e quelle assistite da altre figure professionali (identificabili principalmente nel ginecologo
privato): le prime allattano al seno oltre i 5 mesi, anche se non esclusivamente, ma introducendo
nel contempo latte artificiale, nel 64% dei casi, le seconde nel 58%.
Evidente è risultato il ricorso alla medicalizzazione: il 50% delle italiane effettua 4-6 esami
ecografici rispetto ai 3 consigliati dal Ministero della Salute e oltre il 30% 7 o più. Una percentuale
di donne compresa tra il 21% e il 47% si sottopone a un taglio cesareo, nonostante il 65% delle
gravidanze abbia un decorso fisiologico. Con punte sorprendenti nelle regioni meridionali dove, tra
l’altro, la partecipazione ai corsi pre-parto è scarsa, l’allattamento al seno meno prolungato nel
tempo e le strutture ospedaliere non prevedono che la donna possa scegliere che qualcuno di fiducia
assista al parto. L’assistenza dopo la nascita, inoltre, è risultata disomogenea e frammentaria.
“I risultati dell’indagine – afferma Michele Grandolfo, coordinatore della ricerca – mostrano come
i consultori familiari si siano dimostrati validi nel prevenire l’eccesso di medicalizzazione e nel
promuovere l’allattamento materno. I dati confermano, inoltre, l’importanza delle indicazioni
programmatiche del Progetto Obiettivo Materno Infantile, riprese integralmente nei Livelli
Essenziali di Assistenza (LEA), sia per quanto attiene l’offerta attiva dei corsi di preparazione alla
nascita, delle visite in puerperio e di tutte le attività connesse alla promozione dell’allattamento
materno sia per quanto riguarda il ruolo centrale dei consultori familiari”. L’evento nascita
rappresenta, infatti, “una formidabile opportunità per i servizi socio-sanitari - va avanti il ricercatore
- di favorire la capacità delle donne di gestire le proprie decisioni. E la decisione di allattare al seno,
soprattutto se prolungata nel tempo, è emblematica di questa capacità, tenendo conto, oltretutto, che
il 95% delle mamme vuole allattare al seno. L’eccesso di medicalizzazione, al contrario, oltre a un
aumento dei costi (la maggior parte dei quali a carico delle donne), incrementa anche il rischio di
problemi iatrogeni, conseguenti cioè agli stessi trattamenti diagnostici o medicamentosi”.
L’indagine, dunque (che nel dettaglio è pubblicata sul sito www.epicentro.iss.it), ha fotografato
l’evoluzione dell’evento nascita, sviluppando le istantanee delle varie tappe del percorso:
dall’assistenza alla gravidanza al primo anno di vita del bambino, passando per il momento centrale
del parto.
GRAVIDANZA
L’assoluta prevalenza delle donne (circa il 75%) è stata seguita da un ginecologo privato e la
percentuale di donne seguite dal consultorio familiare varia dall’1,6% al 17,3%. Durante
l’assistenza prenatale meno della metà delle donne ha ricevuto informazioni adeguate
sull’allattamento al seno, meno di un terzo sulle cure neonatali e sulle normative che tutelano la
gravidanza. Circa il 65% delle gravidanze ha avuto un decorso fisiologico (omogeneamente per area
geografica) e meno del 10% ha presentato problemi gravi (meno al Sud, rispetto al Centro-Nord).
Corsi di accompagnamento alla nascita
Per quanto riguarda la partecipazione ai corsi di preparazione alla nascita, la percentuale di donne
che ha frequentato un corso si aggira intorno al 30%, con forti differenze per area geografica (5% in
Calabria e 42% a Trento) e per istruzione (39% delle donne con istruzione maggiore o uguale alla
media superiore contro il 19% di quelle con istruzione inferiore o uguale alla media inferiore). In
generale, si può affermare che le escluse sono le meno istruite, quelle delle fasce d’età estreme, le
casalinghe e quelle che risiedono al Sud.
Visite ed ecografie
Oltre il 90% delle donne ha effettuato la prima visita entro il terzo mese di gravidanza e si è
sottoposta a un numero medio di ecografie pari a 4,9 al Nord, 5,5 al Centro e 6,2 al Sud. Poche
donne, circa il 17%, hanno effettuato 3 ecografie come raccomandato dal protocollo del Ministero
della Salute, mentre il 50% si è sottoposto a 4-6 esami ecografici e oltre il 30% a 7 o più.
L’assistenza in gravidanza da parte del consultorio è associata a un minor rischio di effettuare più di
3 ecografie.
PARTO
In generale, la percentuale di tagli cesarei è in continuo aumento nel nostro Paese, passando
dall’11% nel 1980 al 33% del 2000, un valore molto più elevato rispetto ai valori degli altri paesi
europei (21% in Inghilterra e Galles, 18% in Spagna, 16% in Francia), superando oltretutto la soglia
del 10-15% raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli ultimi dati disponibili a
livello nazionale riportano una notevole variabilità regionale, con un minimo di 19% nella
Provincia di Bolzano e un massimo di 53% in Campania. I maggiori aumenti si sono osservati
nell’Italia del Sud (da 8% del 1980 a 53% nel 2000 in Campania e da 7% a 38% in Calabria).
Anche all’interno delle regioni, poi, si riscontra un’ampia variabilità tra strutture, con percentuali di
cesarei sistematicamente più elevate nelle case di cura private rispetto agli ospedali pubblici.
L’indagine ha confermato l’eccesso di parti cesarei, stimati in una percentuale che varia dal 21% al
47%, con valori più bassi (25%) al Nord e più alti al Centro (30%) e al Sud (40%). Il rischio di
partorire mediante cesareo è risultato maggiore all’aumentare dell’età materna, per le primigravide
e per le donne che partoriscono in una casa di cura privata. Al contrario, l’aver partecipato a un
corso di preparazione alla nascita (anche se in occasione di una gravidanza precedente) comporta un
minor rischio di subire un taglio cesareo.
Rispetto alle modalità di parto preferite dalle donne, i dati dell’indagine rafforzano il precedente
studio, pubblicato su Birth, e confermano che 9 italiane su 10 che hanno partorito spontaneamente
esprimono la loro preferenza verso il parto per via naturale e che, tra quelle che hanno subito il
cesareo, 7 su 10 avrebbero comunque preferito partorire naturalmente.
Al Centro-Nord oltre il 70% delle donne ha potuto avere una persona di sua scelta vicina durante il
travaglio ed il parto contro il 30-60% delle residenti al Sud. La degenza media presenta un range da
3.6 a 5.7 giorni.
Allattamento
Durante il ricovero nei punti nascita oltre il 75% ha allattato al seno in modo completo (definizione
dell’OMS che raggruppa i neonati allattati solo al seno e quelli a cui vengono somministrati anche
altri liquidi diversi dal latte artificiale). La percentuale di mamme che ha potuto attaccare al seno
il/la bambino/a entro 2 ore dal parto varia dal 19% al 77%, con percentuali maggiori al Nord. A
maggior rischio di non allattare al seno sono risultate le donne meno istruite, le primigravide, quelle
che non hanno partecipato ad un corso di preparazione alla nascita, quelle con gravidanza a decorso
patologico, quelle che hanno partorito mediante taglio cesareo, quelle che non hanno ricevuto
informazioni adeguate sull’allattamento in reparto e le residenti al Centro-Sud.
PUERPERIO E PRIMO ANNO DI VITA
Al rientro a casa poco meno del 30% delle donne ha riferito di aver avuto problemi inerenti
l’allattamento. Poco meno del 60% delle intervistate è stata invitata ad effettuare una visita in
puerperio, prevalentemente presso l’ospedale dove aveva partorito. Sono poche le puerpere che
hanno ricevuto una visita domiciliare, eccezion fatta per le residenti in Toscana, dove il 27% è stato
visitato a domicilio dopo il parto.
Allattamento e svezzamento
La proporzione di donne comunque allattanti al seno al 3° mese varia dal 54% in Sicilia all’84% in
Emilia Romagna, al 6° mese di vita del bambino scende al 31% in Sicilia e al 71% a Bolzano. Sulla
base delle diverse strutture deputate all’organizzazione del corso pre-parto, è emerso che la
percentuale di donne che allattano completamente al seno oltre i 3 mesi è del 50,6% se il corso
viene svolto nei consultori familiari, del 46,7% se il corso viene organizzato presso l’ospedale, del
41,9% presso strutture private. La percentuale di donne che allatta comunque al seno oltre i 5 mesi
(introducendo, cioè, nel frattempo, il latte artificiale) varia, rispettivamente, dal 64,7% al 60% al
58%. Considerando, invece, tipologia di assistenza, è emerso che le donne, se assistite dai
consultori o dalle ostetriche, allattano comunque al seno oltre i 5 mesi nel 64% dei casi. Se assistite
da altre figure professionali (principalmente dal ginecologo privato) allattano comunque al seno
oltre i 5 mesi nel 58% dei casi.
Infine, la percentuale di bambini svezzati entro il 4° mese di vita varia dal 16% al 51%.
Rapporti sessuali
La percentuale di donne che hanno riferito di aver ricevuto informazioni circa la contraccezione da
la percentuale varia dal 35 al 72%: durante i corsi di accompagnamento alla nascita dal 17 al 67% e
durante il ricovero nei punti nascita dall’8 al 25%. Dall’11 al 35% sono le donne che hanno riferito
di essere state adeguatamente informate, prima della dimissione ospedaliera, circa la ripresa dei
rapporti sessuali. Secondo l’indagine circa il 70% delle donne dichiara di aver ripreso i rapporti
sessuali entro il 2° mese dal parto, oltre il 40% ha riferito di aver avuto problemi alla ripresa e circa
il 70% di aver utilizzato un metodo contraccettivo.
Salute dei bambini
Meno del 5% dei bimbi ha presentato problemi di salute gravi nel 1° anno di vita, dal 16 al 46% è
stato portato al pronto soccorso e dal 10 al 20% è stato ricoverato in ospedale. L’allattamento
prolungato al seno è risultato associato a un minor ricorso al pronto soccorso e a un minor rischio di
ricovero in ospedale.
Piaghe da decubito: finalmente trovata una cura
Roma 21 ottobre (Com. St. Univ. Catt. Sacro Cuore)
I risultati dello studio randomizzato in doppio cieco verso placebo condotto dal prof. Roberto
Bernabei, ordinario di Geriatria alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica,
pubblicati oggi su “Annals of Internal Medicine”, mostrano che l’applicazione topica del Nervous
growth factor (NGF) sulle piaghe da decubito costituisce una valida terapia per la loro rapida
guarigione. Ad oggi non erano disponibili farmaci efficaci nel trattamento di questa condizione.
Le piaghe da decubito, o ulcere da pressione, sono evenienze frequenti che intervengono quale
complicanza di malattie che costringono all’immobilità a letto o su sedia a rotelle. Rendono il
soggetto che ne è affetto un paziente ad elevato bisogno assistenziale la cui gestione richiede mezzi,
personale e costi elevati. Possono insorgere a qualsiasi età, ma sono più frequenti nel paziente
anziano: si stima che l’11% dei soggetti ospedalizzati di età superiore a 65 anni vada incontro a tale
patologia. In pazienti istituzionalizzati l’incidenza delle piaghe da decubito è maggiore, con tassi
che arrivano al 25% di tutti gli ospiti. La mortalità per piaghe da decubito è particolarmente elevata,
circa 4 volte superiore a quella di tutti gli altri pazienti ricoverati.
È difficile stimare numeri e costi delle piaghe da decubito nella popolazione generale. I dati che
sono disponibili in letteratura si riferiscono agli USA dove a causa delle piaghe ogni anno si
“perdono” 2 milioni di giornate lavorative e a seconda delle diverse valutazioni il costo delle piaghe
oscilla tra i 1,68 e i 6,8 miliardi di dollari.
“È il nostro spauracchio maggiore. Riusciamo magari a risolvere gravi problemi diagnostici o
terapeutici ma veniamo puniti dall’ insorgenza del decubito che vanifica tutto il lavoro fatto. Si
tratta di un grave problema di salute pubblica, fortemente invalidante e di elevato impatto - spiega il
prof. Roberto Bernabei -. Alterazioni dello stato di coscienza, tempo di degenza a letto, accidenti
cerebrovascolari e disordini nutrizionali sono i fattori di rischio che hanno una correlazione più
significativa per lo sviluppo delle piaghe. Ma il fattore età gioca un ruolo molto importante:
l’epidermide dell’anziano è infatti più vulnerabile a causa di numerosi fattori quali la ridotta
capacità rigenerativa e la degenerazione delle fibre elastiche.”
Il lavoro pubblicato oggi su “Annals of Internal Medicine” mostra chiaramente l’efficacia del
NGF nel trattamento delle piaghe da decubito offrendo finalmente un’opzione terapeutica valida per
la cura di questa patologia, la cui prevenzione e gestione costituisce uno degli indici più sensibili
della qualità dell’assistenza geriatrica.
Lo studio randomizzato in doppio cieco verso placebo ha arruolato anziani, di età compresa tra i 73
e i 93 anni con ulcere da decubito, tutti ricoverati presso la “Teaching Nursing Home” (di
insegnamento) Opera Santa Maria della Pace dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a
Fontecchio (L’Aquila). Per ciascun paziente è stata misurata la superficie dell’ulcera e definito il
livello di gravità delIa piaga. I pazienti sono stati poi divisi in due gruppi, uno trattato con la terapia
convenzionale, l’altro con applicazioni topiche di NGF omologo a quello umano. A sei settimane
dall’inizio dello studio, nel gruppo trattato con NGF la riduzione delle area delle ulcere era
statisticamente significativa rispetto al gruppo di controllo e già a 4 settimane dall’inizio del
trattamento l’area della piaga si era ridotta del 50%.
“Abbiamo scelto di sperimentare con uno studio randomizzato in doppio cieco verso placebo
l’impiego del NGF per trattamento le piaghe partendo da un caso disperato che avevamo trattato
con successo qualche tempo fa”, ha affermato Francesco Landi, ricercatore presso il Dipartimento
di Scienze Gerontologiche, Geriatriche e Fisiatriche dell’Università Cattolica - Policlinico Gemelli
di Roma e co-autore dello studio, ma anche perché “nel corso degli anni si sono accumulate
evidenze a sostegno dell' ipotesi che l' NGF può combattere le conseguenze di fenomeni
degenerativi, una specie di attitudine alla ricostruzione dimostratasi con questo lavoro anche al di
fuori del sistema nervoso centrale”.
Individuato agli inizi degli anni ’50 dalla professoressa Rita Levi Montalcini, il NGF sembra
essere la punta di un iceberg sotto cui giace un continente sommerso, non solo per la ricerca di base
ma anche per le numerose applicazioni cliniche ad alta potenzialità di sviluppo, ancora
assolutamente imprevedibili quando nel 1986 fu assegnato il premio Nobel alla ricercatrice italiana.
Questo lavoro pubblicato oggi è frutto di uno specifico modo di intendere e di organizzare la ricerca
medica presso il Dipartimento di Scienze Gerontologiche della Cattolica di Roma, fondato su un
fitto interscambio tra ricerca di base e ricerca clinica: “Si chiama ricerca translazionale
(translational research) - ha detto il prof. Bernabei - siamo convinti che l’impegno per migliorare le
strategie di lotta contro la malattia debba muoversi come un tandem che combini la ricerca di base,
che è la comprensione dei meccanismi alla base delle singole patologie, con la ricerca clinica, cioè
con la preoccupazione di rendere disponibili per tutti i pazienti soluzioni terapeutiche sempre
migliori. E siamo particolarmente orgogliosi di aver prodotto risultati che potranno aiutare
moltissimi malati in tutto il mondo a partire da quella che oggi è una “teaching nursing home”, ma
che era quando ce l’hanno affidata una casa di riposo per vecchi soli e non autosufficienti”.
Emicrania: ne soffrono di più le donne
Roma 17 ottobre
Al V Congresso sulle cefale (Sabaudia 17 - 19 ottobre)argomento centrale è il rapporto tra
emicrania e ormoni femminili
L’emicrania non è un semplice disturbo, ma una vera e propria malattia, diffusa, complessa e
cronica, che impatta molto negativamente sulla qualità della vita delle persone colpite, con
ripercussioni anche sull’attività lavorativa.
L’emicrania si attesta su valori compresi tra il 6 e il 12% nel sesso maschile e tra il 15 e il 18% in
quello femminile, con un rapporto di 3-2:1.
Ormoni (in particolare gli estrogeni, coinvolti nei meccanismi di insorgenza delle crisi), menarca,
gravidanza e menopausa condizionano la storia naturale dell’emicrania.
Di “Emicrania e ormoni, epidemiologia, clinica e terapia” si discuterà da oggi per tre giorni a
Sabaudia (Hotel Oasi di Kufra) in occasione del Congresso, giunto alla V edizione, promosso dal
Centro di ricerca per le Cefalee dell’Università Cattolica di Roma, diretto dal prof. Girolamo Di
Trapani.
A soffrire di emicrania sono soprattutto le donne, con insorgenza del problema in un’età compresa
tra la seconda e terza decade di vita. Il picco di prevalenza viene raggiunto in età adulta, tra la
quarta e la quinta decade, nel periodo di maggiore produttività. La terapia standard per l’attacco
emicranico si basa su molecole ad azione specifica appartenenti alla categoria dei triptani.
“È stato rilevato – spiega il prof. Di Trapani – che questa patologia è prevalente nelle donne dopo
la pubertà; il ciclo mestruale è riferito come fattore scatenante della crisi in più del 50% delle
donne affette; nel 20% delle donne colpite, la crisi si manifesta esclusivamente durante le
mestruazioni e/o l’ovulazione; la gravidanza induce un miglioramento del quadro clinico;
l’impiego di contraccettivi e il trattamento ormonale possono modificare il decorso delle malattia
emicranica”.
Per questo durante il convegno l’attenzione sarà focalizzata, oltre che sulla teletermografia per la
diagnosi e sull’alimentazione in rapporto all’emicrania, anche e soprattutto sulla relazione ormoni
femminili ed emicrania, sulle cefalee nell’ambito della sindrome premestruale, sull’emicrania in
menopausa, durante il ciclo mestruale e in gravidanza.
Il Centro di ricerca per le cefalee della Cattolica, promotore del congresso, è una struttura operativa
come ambulatorio sin dal 1985 e poi dal 2000 con l’attuale assetto. Al Centro, che si avvale di uno
staff composto da neurologi, neurochirurghi, terapisti del dolore, internisti e psichiatri, si rivolgono
oltre 600 pazienti l’anno affetti da cefalee e algie cranio-facciali.
Recentemente la struttura è stata accreditata quale centro di eccellenza della Regione Lazio.
Finanziaria 2004
Perplessità del Comitato Centrale della FNOMCeO
Roma 17 ottobre (Com. ST. FNOMCeO)
Il Comitato Centrale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri riunito a Roma il 10 ottobre ha espresso perplessità sugli adempimenti di interesse
sanitario contenuti nella manovra economica per il 2004, ad iniziare dalla inadeguatezza dei fondi
stanziati che ancora una volta si dimostrano insufficienti rispetto ai bisogni sanitari della
popolazione.
“Una carenza tanto più allarmante – ha dichiarato il Presidente della FNOMCeO Giuseppe Del
Barone - a fronte dei sempre più alti livelli di immigrazione a cui si aggiunge il peso economico per
la cura di patologie strettamente legate a questo fenomeno e alla necessità di garantire, ad un
maggior numero di cittadini, i livelli essenziali di assistenza (LEA)”.
Per quanto attiene l’assistenza farmaceutica il Comitato Centrale, associandosi alle critiche espresse
dalle Regioni, stigmatizza i contenuti troppo economisti delle norme previste per il monitoraggio
della spesa (per il netto prevalere dei valori economici su quelli sanitari), condividendo tuttavia lo
sforzo di esercitare una più puntuale verifica dei cittadini che hanno diritto a prestazioni sanitarie
economicamente agevolate.
Per contro, lo stesso sistema di controllo, questa volta a carico dei medici prescrittori, può
ingenerare nella categoria giustificati timori. Già in passato, infatti, non sono mancati i casi di
colleghi ingiustamente accusati di iperprescrizione, con il risultato di aver posto i sanitari in una
situazione di prudenza, dal punto di vista prescrittivo, con inevitabili riflessi negativi sui livelli di
assistenza a favore dei cittadini, la cosiddetta “medicina difensiva”, situazione aggravata dai dettami
dell’art.50 della Finanziaria che sposta di fatto al Ministero dell’Economia tematiche di esclusivo
interesse sanitario.
Secondo l’organismo di rappresentanza della professione medica non può essere inoltre condiviso il
fatto che nella istituenda Agenzia Italiana del Farmaco, che tra i compiti avrà anche quello di
regolamentare gli aspetti etici della informazione scientifica, della pubblicità e promozione dei
farmaci, non sia stata prevista la presenza di rappresentanti degli Ordini dei Medici.
“Come non può essere accettato – ha aggiunto Del Barone – che, senza il coinvolgimento
dell’Istituzione ordinistica, le Regioni possano provvedere alla disciplina della pubblicità presso
gli operatori sanitari, compresa la consegna dei campioni gratuiti e dei prodotti promozionali,
nonché alla messa a punto dei criteri per la partecipazione dei medici ad iniziative di
aggiornamento promosse dalle aziende produttrici di farmaci”.
Una Finanziaria quindi in aperto contrasto con i contenuti del Manifesto etico, fortemente voluto
dal Ministro Sirchia e condiviso da tutti gli operatori della Sanità.
A conclusione dei lavori il Comitato Centrale della Federazione ha chiesto, nel quadro del
protocollo di intesa siglato dal Ministro Sirchia e dal Presidente Del Barone, un urgente incontro per
affrontare, sul piano squisitamente tecnico, questi temi di così ampia rilevanza per i cittadini e i
professionisti della salute.
Sindrome di Poland
Una malattia rara e poco conosciuta
Genova 17 ottobre
Sabato 11 ottobre presso ‘La città dei bambini’ nell’Area Porto Antico di Genova si è tenuto il
primo convegno scientifico italiano dedicato alla Sindrome di Poland. con il patrocinio dell’Istituto
Giannina Gaslini, della Fondazione Gerolamo Gaslini, dell’Istituto Mario Negri per le Malattie Rare
Ranica (BG) e del CEMP di Genova.
La Sindrome di Poland fa parte dell’elenco delle malattie rare del Ministero della Salute.
Colpisce mediamente un bambino ogni 20-30.000 con malformazioni più o meno gravi,
principalmente nella parte destra del corpo (torace con la mancanza del muscolo del gran pettorale o
di alcune costole; difetti a carico dell’arto superiore e della mano quali, ad esempio, la fusione delle
dita; problemi cardiaci, con il posizionamento del cuore a destra).
Non esiste ancora una cura preventiva per questa patologia di cui non si conosce neppure la causa.
Alcuni studiosi ipotizzano un' origine genetica, mentre altri attribuiscono le malformazioni a
problemi durante lo sviluppo embrionale.
Sempre sabato, nel pomeriggio, si è costituita l' Associazione dei familiari e delle persone affette
dalla Sindrome di Poland con lo scopo di collegare chi è colpito da questa patologia, per fornire un
aiuto concreto soprattutto sotto il profilo dell’informazione e dello scambio di esperienze.
In molti casi, infatti, proprio a causa della rarità della patologia, le famiglie non ricevono il
supporto, anche psicologico, necessario ad affrontare al meglio la situazione.
L' associazione nasce ad opera dei giovani coniugi genovesiNaticchi il cui figlio di 4 anni soffre di
questa sindrome che da due anni hanno attivato un sito Internet, raggiungibile all' indirizzo:
http://communities.msn.it/SindromediPoland, per riunire le persone interessate a raccogliere
informazioni al riguardo.
Per maggiori informazioni:
Dr.ssa Eva Pesaro Naticchi - Presidente Associazione Italiana Sindrome di Poland
tel. 010/515057 - e-mail: [email protected]
MEDICINE ALTERNATIVE
1° CONGRESSO INTERNAZIONALE
Empoli 16 ottobre
Nella conferenza stampa tenutasi ieri a Roma, il dr. Enrico Roccato, Direttore Sanitario
dell’Azienda USL 11 di Empoli ed il dr. Fabio Firenzuoli, direttore del Centro di Medicina
Naturale dell’Ospedale S.Giuseppe di Empoli, hanno presentato il prossimo Congresso
internazionale SAFETY EVALUATION OF COMPLEMENTARY AND ALTERNATIVE
MEDICINE.
Il Congresso, organizzato con l’Istituto Superiore di Sanità, che si terrà ad Empoli il 24 e 25 ottobre
prossimi, servirà ad analizzare le varie problematiche relative alla sicurezza delle medicine non
convenzionali (fitoterapia, agopuntura, omeopatia e chiropratica).
I dati emersi dal Centro di controllo dell’Ospedale di Empoli hanno consentito di evidenziare una
incidenza abbastanza bassa di effetti collaterali: 1,5 % su circa 1500 pazienti visitati, comprendenti
casi più o meno lievi ma anche casi che hanno necessitato il ricovero ospedaliero.
Il dato più significativo è invece quello relativo alle cure inappropriate: oltre il 50 % dei pazienti
che si autocura con prodotti naturali fa terapie inutili o inappropriate, utilizzando spesso erbe prive
di qualunque evidenza scientifica, oppure preparazioni tipiche della tradizione popolare, prodotti
contenenti anche 50 erbe, prodotti a composizione sconosciuta o irrazionale, oppure a dosaggi
insufficienti. Rischiosa anche la sostituzione di terapie sicure con prodotti naturali senza alcun
controllo medico.
Dall’inizio dei controlli effettuati al Centro di Empoli (nell’arco degli ultimi due anni) in totale sono
giunte 39 segnalazioni di reazioni avverse da erbe, 2 da omeopatia, 1 da Fiori di Bach, 5 da
agopuntura, ed 8 da chiropratica.
I dati dettagliati, insieme ai quelli dell’Istituto Superiore di Sanità e degli altri relatori italiani e
stranieri, saranno resi noti durante il Congresso che vedrà ad Empoli esperti di ogni disciplina. Il
programma è consultabile nel sito web www.naturamedica.net .
Prevenzione
L’ISS fotografa i comportamenti delle famiglie per i bimbi da 0 a 24 mesi
Roma 16 ottobre (Ufficio Stampa I.S.S.)
In Italia gran parte dei bambini fa le vaccinazioni obbligatorie, inferiore il dato per morbillo, rosolia
e parotite. Più della metà, soprattutto al Sud, sono soggetti al fumo passivo a casa e quando
viaggiano in macchina il 30% lo fa senza seggiolino. Mangiano molta frutta e verdura, ma poche
mamme sanno che, addormentando i neonati a pancia in su, si riduce della metà il rischio di morti
improvvise.
Oltre il 95% dei bambini appena nati sono stati vaccinati contro difterite, tetano, pertosse,
poliomielite ed epatite B secondo le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale e le raccomandazioni
dell’OMS. Inferiore, però, la percentuale di vaccinati per morbillo, rosolia e parotite. Sono i risultati
dell’indagine ICONA 2003 condotta su un campione di 4602 famiglie e che ha riguardato bambini
al di sotto dei due anni di età, coordinata dall’ISS in collaborazione con tutte le Regioni Italiane e
presentata oggi nel corso del workshop “ICONA 2003 – cinque anni dopo”.
Secondo lo studio, la percentuale media nazionale dei bambini tra i 12 e 24 mesi vaccinati contro
difterite, tetano, pertosse, poliomielite ed epatite B varia dal 95% al 96%. Per altre malattie, invece,
rimane ancora qualche passo da compiere: la percentuale del campione vaccinato contro l’emofilo
di tipo B (Hib) è dell’87%, e solo del 77% contro morbillo, rosolia e parotite.
I dati regionali evidenziano un incremento delle coperture vaccinali rispetto ai risultati delle
precedente indagine condotta nel 1998, tuttavia permangono notevoli differenze tra le varie regioni.
Alimentazione - L’indagine ICONA, inoltre, ha analizzato anche uno spaccato del vissuto
alimentare e comportamentale dei bambini nei primi due anni d’età. Secondo i dati, in accordo con
le raccomandazioni nutrizionali dell’OMS, il 63% dei bimbi consuma molta frutta e il 42% mangia
a sufficienza la verdura. Apprezzati anche pesce fresco e legumi, mangiati abitualmente
rispettivamente dal 65% e 73% dei bambini. Cibi preconfezionati, invece, sono dati ai bimbi dal
18% delle mamme intervistate, mentre non tramonta per il 74% del campione l’abitudine scorretta
di consumare cibi fuori pasto.
Beve succhi di frutta e bevande zuccherine il 15% di bimbi e consuma bibite gassate il 3%.
Allattamento - Per l’allattamento al seno le raccomandazioni dell’OMS di nutrire i bimbi con il
latte materno almeno per i primi sei mesi, sono accolte solo in parte: i risultati ICONA mostrano,
che se il 93% dei bambini viene da subito attaccato al seno della madre, solo il 33% dei bimbi è poi
alimentato col latte della madre fino al sesto mese.
Fumo passivo - I bambini del Sud sono maggiormente esposti al fumo passivo: nonostante la
correlazione, più volte evidenziate dall’Oms, tra fumo e rischio d’infezioni delle vie respiratorie,
tumori cerebrali e linfomi, i bambini che, già al di sotto dei due anni d’età, sono costretti a respirare
il fumo passivo rappresentano il 52% dei casi. La media sale al Sud fino al 59%, ma in particolare
(in tutta Italia) nelle famiglie con scolarità medio bassa (63%).
Sicurezza stradale - Quanto alla sicurezza in strada, i dati ICONA rivelano che il 79% dei genitori
usa il seggiolino e più della metà di quelli che non lo usano affermano di farne a meno perché il
bimbo non sopporta di essere legato. Oltre 8.000 bambini italiani rimangono feriti in incidenti
stradali e più di cento muoiono per questa causa.
Morti improvvise - Infine qualche dato sulla SIDS, la sindrome che comporta la morte improvvisa
del lattante: tra un mese e un anno di vita muore di questa malattia un bambino su mille.
Fondamentali, per scongiurare il più possibile i fattori di rischio, sono la posizione assunta dal
bambino durante il sonno oltre che l’ambiente in cui dorme e l’esposizione al fumo.
Addormentando il bambino a pancia in su, il rischio di SIDS si riduce del 50% ma i dati dello
studio mostrano che solo il 27% delle madri adotta la misura di prevenzione. Anche in questo caso
più responsabili le mamme del nord: la percentuale delle mamme che ha l’abitudine di coricare il
figlio a pancia in su, infatti, diminuisce scendendo al Sud.
Le malattie infettive nella rete dei pediatri
Roma 15 ottobre
Qual è l’incidenza delle malattie infettive tra i bambini italiani? Quali patologie aumentano, quali
diminuiscono e quali sono sotto controllo? A queste domande risponde SPES, la rete di pediatri
sentinella, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, che sorveglia ogni mese e in ogni regione le
malattie infettive dell’infanzia.
I risultati del monitoraggio svolto nel 2002-2003 sono stati presentati in occasione del convegno
“SPES i primi quattro anni”, organizzato dallo stesso ISS.
Attiva dal 2000, grazie al contributo della Società Italiana di Pediatria, dell’Associazione Culturale
Pediatri e della Federazione Italiana Medici Pediatri, SPES costituisce un osservatorio privilegiato
delle epidemie e dell’efficacia delle vaccinazioni.
A conclusione del convegno l’Ufficio Stampa dell’ISS (Dott.ssa Mirella Taranto) ha diffuso il
seguente comunicato.
ISS, una rete di pediatri sorveglia le malattie infettive.
Aumentano, soprattutto nel Sud, i casi di morbillo: ancora pochi i bimbi vaccinati.
A distanza di 4 anni dal suo avvio, SPES, la rete di pediatri sentinella, coordinata dall’ISS, fa il
punto della situazione in tema di malattie infettive prevenibili da vaccino. Tra queste, il morbillo è
risultato essere il nemico numero uno dei bambini, soprattutto di quelli del Sud.
Si diffondono rosolia, morbillo e pertosse e diminuiscono i casi di parotite.
Questo il trend delle malattie infettive in età pediatrica nel nostro Paese secondo il bilancio di
quattro anni di sorveglianza da parte di SPES, la rete dei pediatri sentinella che, coordinati
dall’Istituto Superiore di Sanità, hanno monitorato 280mila bambini fino ai 14 anni di età.
Tra tutte le patologie è stato il morbillo a diffondersi maggiormente, contagiando, nella primavera
del 2003, 5 bambini ogni 1.000. L’infezione si è concentrata soprattutto in Calabria dove tra
gennaio e maggio sono stati stimati circa 20.000 casi e in Puglia con 15.000 casi, mentre in
Abruzzo, nello stesso periodo, sono stati segnalati circa 3.000 casi.
Già lo scorso anno, l’infezione si era diffusa tra i bambini italiani come una vera e propria
epidemia, contagiandone 7 su 1.000, 37 volte di più rispetto al 2001. Senza mostrare preferenze tra i
sessi e con un picco di diffusione nei giovani tra 10 e 14 anni.
Le regioni più colpite sono state, anche nel 2002, quelle meridionali dove l’incidenza è stata 36
volte maggiore rispetto al Nord e 5 volte maggiore rispetto al Centro. Il picco si è avuto
inizialmente in Campania con oltre 40.000 casi, più di 600 ricoveri, 16 encefaliti e 4 decessi. Poi,
dopo una diminuzione dell’incidenza osservata tra luglio e dicembre 2002, il morbillo ha
nuovamente colpito, nella primavera 2003, alcune regioni più di altre (Calabria, Puglia e Abruzzo).
“Grazie alla rete SPES siamo riusciti a identificare tempestivamente l’epidemia di morbillo –
spiega Stefania Salmaso, epidemiologia dell’ISS - Questi dati, che si scostano in maniera
significativa da quelli registrati nelle notifiche ufficiali, mostrano la necessità, in linea con gli
obiettivi europei sottoscritti dall’Italia, di eliminare la malattia entro il 2007 e di creare un’azione
comune per estendere in tutto il Paese la vaccinazione contro il morbillo. Si pensi soltanto che
l’incidenza del morbillo, della rosolia e della parotite è risultata 3-4 volte maggiore e quella della
pertosse 7 volte maggiore rispetto ai dati registrati nelle ASL”.
SPES, i cui risultati sono disponibili sul sito www.spes.iss.it, ha monitorato la diffusione in età
scolare delle altre malattie “sorvegliate speciali”, in quanto prevenibili con vaccinazioni da tempo
inserite nel calendario nazionale.
E’ risultato che nel 2002, si sono verificati 3 casi di rosolia ogni 1.000 bambini con un aumento di
2,3 volte rispetto al 2001, 2,2 casi di parotite per 1.000 soggetti, in diminuzione di 4,5 volte rispetto
al 2001, e 2,1 casi/1.000 di pertosse. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la parotite ha
colpito soprattutto il Nord, mentre pertosse e rosolia sono state più frequenti al Sud.
SPES è attiva dal gennaio 2000 grazie alle centinaia di pediatri di famiglia (oltre 600 con una media
di circa 300 partecipanti ogni mese) che segnalano all’ISS, via web o per fax, il numero di casi di
alcune tra le più comuni malattie dei bambini evitabili con vaccinazione.
Al Policlinico Umberto I il Pronto Soccorso Pediatrico non esiste ancora.
Roma 14 ottobre (Ufficio Stampa CODICI)
Che cosa è stato fatto con gli ingenti fondi Regionali erogati al Policlinico Umberto I per la
costituzione del Pronto Soccorso Pediatrico? Nonostante i grandi lavori effettuati, nonostante sia
stato inaugurato più volte, con grande risalto stampa, il Pronto Soccorso Pediatrico di fatto non
esiste. A tutt’oggi il servizio erogato è, infatti, solo di prestazioni ambulatoriali, non sono operativi i
reparti di radiologia né quello di rianimazione. I piccoli pazienti che hanno bisogno di questi
servizi, anche per una semplice radiografia vengono inviati al Pronto Soccorso per adulti.
Il Pronto Soccorso Pediatrico, così come è strutturato mette a grave rischio la sopravvivenza dei
bambini che vi afferiscono, e crea un conseguente intasamento dei servizi, prolungando i tempi
d’attesa, già spesso elefantiaci del Pronto Soccorso.
Le motivazioni addotte dal personale per queste inefficienze sono la mancanza di fondi e di
personale operativo.
Il CODICI invita il Direttore Generale del Policlinico a verificare la situazione in corso e apportare
gli urgenti cambiamenti che un servizio di tale importanza richiede; in mancanza dei quali,
presenterà un esposto alla Magistratura.