Pietro Greco armi da bandire subito come funziona la morte a distanza
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Pietro Greco armi da bandire subito come funziona la morte a distanza
Pietro Greco ’italiano Giovanni Lo Porto e l’americano Warren Weinstein non sono stati i primi e, molto probabilmente, non saranno neanche gli ultimi uccisi da un «drone amico». I due prigionieri di al Qaeda morti a gennaio al confine tra Pakistan e Afghanistan non fanno altro che allungare la lista degli «effetti collaterali» – leggi vittime assolutamente innocenti colpite per errore – degli «aeromobili a pilotaggio remoto» (Apr), anche detti, per l’appunto, droni. Una nuova arma sul cui uso molti chiedono una moratoria se non una vera e propria messa al bando. L armi da bandire subito ROCCA 15 MAGGIO 2015 Tutte le armi hanno una veste tragica e disumana. E il loro uso, sostengono i pacifisti di ogni tempo, dovrebbe essere messo al bando in toto e senza indugio. Ma i droni hanno una serie di specificità – almeno quattro – che li rendono particolarmente odiosi. Tanto che, secondo molti analisti, nella lista delle armi da mettere al bando, dovrebbero stare ai primissimi posti, accanto alle cosiddette Nbc, le armi di distruzione di massa nucleari, biologiche e chimiche. I quattro motivi principali che dovrebbe16 ro portare al più presto a una messa al bando dei droni hanno diversa natura. Il primo è un motivo di tipo pratico: producono, come dicono i militari, troppi «effetti collaterali», ovvero feriscono e uccidono troppe persone innocenti. Il secondo è deontologico: pilotati come sono anche a decine di migliaia di chilometri di distanza, deresponsabilizzano il soldato, riducendo gli attacchi mortali a una sorta di «war game», un gioco. Il terzo è epistemologico: gli obiettivi sono scelti sempre più spesso sulla base di algoritmi matematici di natura statistica, ovvero implicano necessariamente un errore. Il quarto è di prospettiva: la ricerca è impegnata nel rendere sempre più autonomi gli aeromobili a pilotaggio remoto: di qui la domanda, di chi sarà la responsabilità del loro uso se domani decideranno «da soli» dove, quando e soprattutto chi colpire? come funziona la morte a distanza Prima di affrontare, brevemente, i temi di quella che Gianfranco Bangone in un suo recente libro edito da Castelvecchi ha chiamato «la guerra al tempo dei droni», cerchiamo di capire cosa sono queste armi, chi le utilizza e perché. Gli «aeromobili a pilotaggio remoto» o «un- DRONI DA COMBATTIMENTO generali in camice bianco ma che li controlla è l’unico in grado di operare con efficienza nella guerra asimmetrica, dove il tuo nemico, il terrorista, non è riconoscibile, non è in un posto definito a priori, si muove quasi sempre da solo o in piccolissimi gruppi, si confonde con la popolazione civile. Il sistema che controlla i «droni da combattimento» e li porta infine ad agire individua i terroristi (o meglio, i «potenziali terroristi») analizzando una serie enorme di dati e individuando i «comportamenti sospetti» di singoli e di gruppi con algoritmi matematici del tipo network analysis. Si tratta di algoritmi molto sofisticati, ma pur sempre statistici. Per cui quello che individuano non è il «terrorista certo», ma il «terrorista altamente probabile». Contro questi nemici «altamente probabili», sostiene Brennan, è possibile lanciare attacchi preventivi con i droni e con le armi «intelligenti» di cui dispongono. E infatti i droni, il cui impiego sugli ambigui campi di battaglia risale ormai a più di un decennio fa, con Barack H. Obama sono diventati lo strumento fondamentale della strategia contro il terrorismo. Non sappiamo se i militari e lo stesso Obama siano soddisfatti dei risultati ottenuti sul campo da questi nuovi strumenti di guerra. Di certo, come dicevamo, ci sono ROCCA 15 MAGGIO 2015 manned aerial vehicle» come li chiamano americani e inglesi sono, per l’appunto, aerei senza uomini a bordo, pilotati via computer a distanza. Talvolta a molta distanza. La tecnologia non è di per sé militare. Al contrario, c’è chi sta brigando per farne degli innocui e velocissimi postini. Tuttavia ha trovato grandi applicazioni anche in campo militare. Sia come spie disarmate. Sia come vera e propria arma di attacco: in questo caso si tratta di «droni da combattimento» o «combat aerial vehicle» (Ucav), aerei da combattimento senza uomini a bordo. Questi aerei sono armati con mitragliatrici e bombe e sistemi di puntamento proprio come quelli con uomini a bordo. È stata proprio una bomba sganciata da un «drone da combattimento» a uccidere Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein lo scorso mese di gennaio. Il teorico della guerra Ucav è John O. Brennan, 60 anni, già consigliere per la sicurezza nazionale di Barack H. Obama e attuale direttore della Central Intelligence Agency (Cia), convinto che i droni siano l’arma più adatta per combattere la guerra al terrorismo. E non perché, non avendo uomini a bordo, non mettono a rischio le vite dei piloti americani. Ma perché – sostiene Brennan con argomenti che hanno convinto (purtroppo) Obama – il siste- 17 DRONI DA COMBATTIMENTO almeno quattro motivi che spingono molti a chiedere almeno una moratoria e magari il bando totale del loro uso. le vittime civili Il primo motivo è che, come tutte le armi definite «intelligenti», tali non lo sono affatto. Certo, qualsiasi arma che uccide è come un’azione tragica. Ma le uccisioni di civili del tutto inermi e innocenti è, se possibile, ancora più odiosa. Ebbene, le vittime civili e innocenti dei droni sono tantissime. Secondo la New American Foundation di Washington, dal 2004 al 2013 gli Stati Uniti hanno effettuato 350 attacchi con droni, uccidendo un numero di persone compreso tra 1.963 e 3.293, di cui i civili del tutto innocenti sono in un numero compreso tra 261 e 305 (tra il 9 e il 14% del totale). Il Bureau of Investigative Journalism di Londra sostiene che le vittime dei droni Usa in Pakistan, Yemen e Somalia sono in numero compreso tra 3.072 e 4.756, di cui tra 556 e 1.128 (tra il 18 e il 24% del totale) i civili del tutto innocenti. Non sappiamo quanto affidabili siano queste cifre. La «guerra al tempo dei droni» è persino più segreta di un conflitto tradizionale. Tuttavia un fatto è certo: per quanto sofisticate e «intelligenti» siano queste armi superano la barriera della «stupidità inaccettabile» e uccidono un numero troppo alto di persone innocenti che con la guerra non c’entrano nulla. Molte sono donne, vecchi, bambini. Queste vittime innocenti sono una tragedia in sé inaccettabile da ogni punto di vista. Ma anche in una prospettiva strategica non fanno altro che alimentare la paura, il risentimento e l’ansia di vendetta contro chi le usa (gli americani e, spesso, anche gli israeliani) nelle popolazioni colpite. Qualcuno ha calcolato che per ogni vittima innocente dei droni, le organizzaterroristiche guadagnino cinquanta dello stesso Autore zioni affiliati. Non abbiamo alcun dato oggettivo che suffraghi questa tesi, ma è certo che BIOTECNOLOGIE l’uso dei droni fa aumentare l’avversione per scienza l’Occidente che li usa. e nuove tecniche biomediche verso quale umanità? pp. 124 - € 15,00 ROCCA 15 MAGGIO 2015 (vedi Indice in RoccaLibri www.rocca.cittadella.org) per i lettori di Rocca € 10,00 anziché € 15,00 spedizione compresa richiedere a Rocca - Cittadella 06081 Assisi e-mail [email protected] 18 armi deresponsabilizzanti Il secondo motivo per mettere al bando queste armi è che esse sono «deresponsabilizzanti». Minano alla base la stessa deontologia militare, che vuole il soldato comunque responsabile degli atti che compie in battaglia. Pilotando a distanza e fortemente influenzato da «sistemi automatici», l’operatore che da decine, centinaia e spesso migliaia di chilometri di distanza ordina al drone da combattimento di mitragliare un gruppo di persone o di sganciare una bomba su una casa si sente nel medesimo tempo ruota di un ingranaggio virtuale e protagonista di un gioco di guer- ra dove «annientare» un’ombra sullo schermo è un’operazione facile, che appare solo virtuale. Uccidere diventa un atto, insieme, seriale e banale. Si sta lì, si preme il bottone e poi si torna a casa a pranzare con la famiglia e a sgranocchiar noccioline davanti alla tv. Forse esageriamo. Ma certamente non esageriamo troppo. armi che scelgono Il terzo motivo è l’intrinseca stocasticità del sistema semi-automatico che porta a colpire un bersaglio. I terroristi operano e si nascondono tra la gente comune. Si comportano, spesso, come la gente comune. Gli algoritmi che li individuano hanno un ampio e intrinseco margine di errore. Questi errori – ovvero il numero di persone innocenti che vengono ferite o uccise – possono essere calcolati con assoluta precisione. Chi usa i droni sa che anche nel migliore scenario possibile ucciderà un certo numero di innocenti: magari vecchi, donne, bambini. Persino amici che si vorrebbero salvare, come Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein. C’è un difetto epistemologico profondo nell’uso di queste armi. Certo, un’analoga aberrazione caratterizza anche i «bombardamenti a tappeto» o l’uso di «armi di distruzione di massa». Ma queste sono modalità belliche già considerate un tabù e proibite dalle leggi internazionali. Occorrerà fare almeno altrettanto con i droni da combattimento. Il quarto motivo, infine, è di prospettiva. L’idea è di rendere sempre più automatici i sistemi d’arma. I generali in camice bianco pensano di poter combattere le guerre del futuro solo con robot e macchine intelligenti, in modo da risparmiare le vite dei propri soldati. Questi robot e queste macchine intelligenti potranno sempre più «scegliere liberamente», senza intervento umano neanche in remoto, dove, come, quando e chi colpire. Chi si assumerà la responsabilità delle loro azioni? Chi si assumerà la responsabilità di far decidere a un algoritmo, per quanto sofisticato, sulla vita o sulla morte di persone in carne e ossa? Chi sa immaginare una «banalità del male» più oscena? Le domande sono retoriche. E l’unica risposta, per dirla con Guglielmo Tamburrini, filosofo della scienza che da anni riflette su questi temi, è intervenire subito, per mettere al bando i sistemi d’arma completamente autonomi prima che siano definitivamente impiegati. Prima che diventi intrinsecamente impossibile non solo prevenire le morti dei Giovanni Lo Porto, dei Warren Weinstein e delle centinaia (forse migliaia) di pakistani, somali, yemeniti innocenti, ma anche individuare un responsabile. Pietro Greco