l` idea e il suo sviluppo

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l` idea e il suo sviluppo
Pittura a olio
RIFERIMENTI STORICI
Il dipingere ha affascinato l’uomo nel suo percorso millenario: l’arte figurativa ha da
sempre costituito un “linguaggio” universale attraverso cui gli esseri umani hanno
dato corpo a intime pulsioni religiose, affettive e sociali. Segni di questa attività li
troviamo già nel paleolitico superiore, quando l’arte ha cominciato a differenziare il
genere umano e a specificarne l’unicità.
Col passare dei secoli, gli artisti hanno acquisito una serie di esperienze che sono alla
base di tecniche le quali, con il tempo, si sono notevolmente raffinate.
Gli elementi essenziali per la pittura a olio sono: pigmenti colorati, oli seccativi (lino,
noce, papavero) e oli essenziali (trementina e petrolio).
Le origini della pittura a olio sono antiche: gli Egizi conoscono e utilizzano oli
seccativi ed essenziali mischiati a pigmenti colorati con i quali dipingono tele che
applicano sui sarcofagi. Nell’era imperiale romana, Vitruvio e Plinio il Vecchio
trattano l’argomento. Teofilo Monaco ne parla nel De diversis artibus (prima metà del
XII secolo), il primo e più importante trattato tecnico e artistico del Medio Evo.
Nel 1401 anche Cennino Cennini affronta l’argomento della pittura a olio nel suo
Libro dell’Arte e afferma che questa tecnica è usata dagli artisti d’oltralpe. Nelle
Fiandre, nei primi decenni del ‘400, la pittura a olio assume un rilievo particolare.
L’eccessiva umidità del clima da sempre rende difficoltosa la pittura a tempera:
probabilmente questo fatto sollecita i fiamminghi a cercare soluzioni differenti,
riuscendo a mettere a punto la tecnica a olio, fino ad allora priva di radici stabili.
Jan Van Eyck (1390 ca. – 1441) non è
l’inventore della pittura a olio, come scrive il
Vasari nelle sue Vite de’ più eccellenti architetti,
pittori et scultori italiani da Cimabue infino ai
tempi nostri, ma è certo colui che perfeziona
questa nuova tecnica pittorica.
La pittura a olio, inizialmente, è utilizzata su
tavole di legno: dal XVI secolo si afferma anche
su tela di lino. I supporti lignei sono preparati
con un’attenta imprimitura e il colore è steso con
leggere velature: questo dà maggiore vita alla
luce e al colore e rende questa tecnica più
interessante di quella a tempera.
Jan Van Eyck, L’uomo col turbante, 1433, olio su
tavola, 25,5 x 19 cm, Londra, National Gallery.
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L’introduzione in Italia della pittura a olio è tradizionalmente attribuita ad Antonello
da Messina (1430-1479), che entra in contatto con il pittore fiammingo Petrus
Christus (1410-1472).
Il Rinascimento italiano vede un progressivo prevalere della pittura a olio che
raggiunge alti livelli, universalmente riconosciuti.
Nel corso dei secoli essa
assume diverse elaborazioni:
gli artisti utilizzano velature,
ma anche forti concrezioni
materiche, impastando, a volte,
direttamente sulla tela o sulla
tavola con l’aiuto di pennelli
duri, spatole o altri strumenti.
Paul Cézanne, Grandi bagnanti,
1892-1894, Parigi, Musée d’Orsay.
Per comprendere la tecnica delle velature (fresco su secco), sarà interessante cercare
di analizzare le esperienze di coloro che in precedenza hanno seguito lo stesso
percorso. Rivolgiamo quindi lo sguardo verso i maestri del passato.
Il periodo più studiato, al quale noi faremo riferimento, va dal primo Rinascimento
fino al milleseicento. Generalmente, sull’imprimitura, i pittori dell’epoca apprestano
un disegno ben fatto: in questo le parti scure sono evidenziate con il nero o il bruno,
mentre le parti in luce sono messe in risalto con la biacca. Su alcuni di questi disegni
preparatori, gli studiosi hanno notato la presenza di una vernice protettiva, in strato
sottilissimo, probabilmente ottenuta dall’aloe o dall’asfalto, mischiata con oli seccativi
come l’olio di lino o di noce e diluita con essenze come la trementina o l’essenza di
petrolio.
Dell’asfalto si è a conoscenza come vernice finale fin dall’antichità. Plinio dichiara
che Apelle - pittore di corte di Alessandro Magno, IV sec. a.C. - produsse un certo
numero di utili innovazioni all’arte della pittura, tra queste una vernice scura,
chiamata da Plinio atramentum, la cui ricetta è andata perduta con la morte del pittore.
«Ad opera finita era solito dare ai suoi dipinti una velatura scura così sottile che,
riflettendo, intensificava la lucentezza del colore, mentre, allo stesso tempo,
proteggeva il dipinto dalla polvere e dalla sporcizia e non era percettibile se non da
vicino. Ma il suo scopo principale era di evitare che la brillantezza dei colori
offendesse lo sguardo, dando la sensazione all’osservatore di guardare attraverso un
velo di talco, cosicché aggiungeva un impercettibile tocco di severità ai colori
particolarmente brillanti.» (Plinio, Naturalis Historia, XXXV).
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Leonardo da Vinci, L’adorazione dei Magi,
1481/82, Tavola allo stato di abbozzo
(particolare), 246x243 cm, Firenze, Galleria
degli Uffizi.
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Leonardo ci ha lasciato due importanti
quadri allo stato di abbozzo:
“L’adorazione dei Magi” e il “San
Gerolamo”.
L’abbandono di queste due tavole è
dovuto al fatto che, nel 1482, Leonardo
si trasferisce a Milano al servizio di
Ludovico il Moro. Questi due dipinti,
lasciati in abbozzo, ci comunicano
alcune informazioni importanti.
1 – Il disegno degli abbozzi è in molte parti sviluppato fin nei minimi particolari: vi è
una preparazione esemplare sia nella parte compositiva che in quella anatomica.
2 – Sugli abbozzi viene data una velatura di
colori a tempera; questo fa pensare che si
procedesse con la tecnica del grasso su
magro.
3 – I due abbozzi così preparati, entrambi
monocromi e dorati, sembrano rispondere a
procedimenti di esecuzione ben precisi e
possedere, a loro protezione, uno strato sottile
di quella vernice usata da Apelle e giudicata
da Plinio dorata e molto gradevole.
Leonardo
da Vinci, San Gerolamo, 1480/82,
Tavola allo stato di abbozzo, 103x75 cm, Roma,
Pinacoteca Vaticana.
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L’ IDEA E IL SUO SVILUPPO
In qualsiasi campo dell’attività artistica è necessario che il nostro cervello elabori
delle idee, frutto di creatività e fantasia personali.
Il percorso che rende possibile la loro realizzazione può essere riassunto nei seguenti
stadi di elaborazione:
1. genesi dell’idea: questa fase di elaborazione mentale può durare pochi minuti o
molti giorni;
2. ricerca di come sviluppare l’idea per raffigurarla; questa seconda fase possiamo
definirla impostazione spaziale dell’idea;
3. preparazione dei bozzetti;
4. realizzazione del disegno sul supporto (tela, tavola,...);
5. inserimento di ombreggiature e chiaroscuri sul disegno;
6. fissaggio del disegno, quando necessario;
7. inizio della pittura con velature di colore;
8. finitura della pittura con concrezioni di colore sempre maggiori;
9. stesura della vernice finale.
Il percorso proposto non è, ovviamente, in funzione del soggetto da rappresentare, ma
vale per qualsiasi cosa si voglia produrre.
I primi due punti fanno parte della creatività di ognuno di noi; una volta concretizzata
l’idea, vediamo come conviene procedere con i bozzetti.
Dal quarto punto in poi, i suggerimenti fanno parte dell’area tecnica e quindi non
dovrà esserci il timore di essere influenzati per ciò che si desidera esprimere.
L’acquisto o la preparazione del supporto dovrà tenere presente la necessità di
disegnarvi sopra: se decidiamo di acquistare una tela commerciale, dobbiamo fare
attenzione a sceglierla a trama molto fine. Oltre al tipo di tessitura, la nostra
attenzione deve cadere sull’imprimitura che non sempre è fatta a regola d’arte, poiché
a volte assorbe troppo il colore e a volte si comporta come una carta oleata; in
entrambi i casi è bene rifarla.
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Il bozzetto definitivo può essere riportato sul supporto come ognuno crede più
opportuno: con il sistema della quadrettatura, con un proiettore o a mano libera.
Possiamo utilizzare due diversi strumenti per fare questo: la matita di grafite o le
matite colorate acquerellabili.
◊ - Con la matita di grafite HB riportiamo il disegno sulla tela, sfumando e
ombreggiando con le dita, con sfumini o con pezzi di tela: importante è non eccedere
con la pressione della mano sulla matita per evitare sfumature troppo decise.
Il disegno, una volta terminato, sarà fissato con un lieve spruzzo di una qualsiasi lacca
per capelli. Questa operazione darà un duplice vantaggio: manterrà il disegno visibile
sotto la prima velatura impedendo all’essenza, contenuta nel medium, di cancellarne
le tracce e impedirà alla maggior parte della grafite di disperdersi nei colori,
sporcandoli.
◊ - Con le matite colorate acquerellabili riportiamo il disegno con i suoi chiaroscuri
sull’imprimitura: questa operazione serve a distribuire il pigmento colorato in quantità
opportuna. In seguito portiamo acqua sull’immagine con un pennello; se l’imprimitura
sarà buona, otterremo un disegno acquerellato. In questo caso non importa fissare
l’immagine.
Riportato il disegno, possiamo iniziare la pittura a velature cominciando dallo sfondo
fino a raggiungere gradualmente il primo piano.
Il primo strato di colore, molto diluito e fatto di tinte pure o poco mischiate, non
richiede fedeltà coloristica: può essere dato con il pennello e tirato delicatamente con
carta a strappo o stracci, per evitare i segni delle pennellate. Questa procedura
consente eventuali ripensamenti sul disegno originale. Con l’avanzare dell’opera, ci
porremo il problema della giusta scelta del colore.
Giunti verso il termine, ci troveremo con un’immagine di base completamente
colorata con pennellate impercettibili. A questo punto la scelta può essere: o
continuare fino in fondo questa tecnica ricercando i colori più opportuni, oppure
passare a concrezioni maggiori di colore, con l’utilizzo di pennelli di varie forme e
misure o di spatole e strumenti vari.
Finito il quadro, dovremo attendere da uno a due mesi prima di stendere la vernice
protettiva, poiché alcune tinte, come i bianchi, i gialli e i verdi, impiegano alcune
settimane per avere una polimerizzazione completa.
Fonti rinascimentali ci insegnano che l’attesa andava dai sei mesi a un anno.
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I MATERIALI E LE VELATURE
Le tecniche della pittura a olio e ad acrilico, si possono paragonare a due
comportamenti umani: l’immediatezza e l’attesa.
◊ - All’immediatezza corrisponde la tecnica più diffusa del fresco su fresco, cioè
l’incontro e la fusione diretta di colori, appena usciti dal tubetto, sul supporto
pittorico.
◊ - All’attesa si addice la tecnica, oggi poco utilizzata, ma molto diffusa nelle botteghe
rinascimentali e seicentesche, del fresco su secco, dove i colori, sul supporto pittorico,
si incontrano, ma non si mischiano e parlano solo un linguaggio di trasparenze.
L’avversione per le mescolanze ha radici nella cultura biblica, che giudica queste
operazioni contrarie all’ordine e alla natura delle cose volute dal Creatore.
Noi tratteremo di questa seconda tecnica, dove la condizione fondamentale per
l’applicazione di una nuova tinta è la polimerizzazione certa del colore. Inizieremo
con strati di colore molto diluiti e quindi daremo origine, per trasparenze, a nuove
tinte che andranno ad arricchire la policromia dell’immagine. Procedendo nel lavoro,
la diluizione deve diminuire fino ad annullarsi quasi completamente.
Utilizzando questo procedimento, che possiamo definire spesso su sottile,
garantiremo la crescente flessibilità degli strati di colore, che renderanno il lavoro
finito meno soggetto a tensioni e screpolature. Come si può intuire l’uso della
tavolozza diverrà marginale.
In sostituzione della tavolozza, useremo dei piatti a fondo bianco di ceramica o usa e
getta. Come contenitore del medium, per la diluizione delle tinte, potremo utilizzare
flaconi di plastica di recupero con coperchio a contagocce. Inoltre ci procureremo
pennelli tondi e piatti, tovaglioli di carta o carta a strappi, purché soffice (fig. 86).
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I MATERIALI E LE VELATURE
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Fig. 86.