L`intensità misurata per ogni segnale di diffrazione dipende: dall

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L`intensità misurata per ogni segnale di diffrazione dipende: dall
L'intensità misurata per ogni segnale di diffrazione dipende:
ƒdall'intensità incidente (I0)
ƒda fattori strumentali e geometrici
• Fattore polarizzazione, se il raggio incidente non è polarizzato,
la polarizzazione del fascio diffratto sarà : P = (1+cos2θ)/2
•Fattore Lorentz: ciascun nodo reticolare attraversa la sfera di
Ewald con una differente velocità e quindi produce un raggio
diffratto per un tempo differente
ƒdal volume del materiale cristallino e dal suo assorbimento µ
•assorbimento da parte del cristallo attenua sia il raggio
incidente che il raggio diffratto. L'assorbimento è funzione
delle specie atomiche presenti (in genere atomi più pesanti sono
più assorbenti) ma anche della lunghezza d'onda della radiazione
incidente
ƒdal fattore di struttura (Fhkl) del relativo piano in diffrazione
Dalle intensità diffratte, fatte le opportune correzioni, possiamo
ricavare il modulo dei Fattori di struttura osservati
Se conoscessimo i fattori di struttura in modulo e fase potremo determinare la
struttura, dato che le posizioni degli atomi nella cella elementare sarebbero
univocamente determinabili
Tra reticolo cristallino (reticolo diretto) e reticolo reciproco esiste una
precisa relazione. Analogamente, tra distribuzione di densità elettronica e
pattern di diffrazione esiste una relazione matematica, più precisamente la
trasformata di Fourier.
Abbiamo già visto che il fattore di diffusione atomico è pari alla
trasformata di Fourier della densità elettronica dell’atomo:
sin( sr )
dr
f A ( s) = ∫ ρ (r )
sr
V
Il fattore di struttura è la trasformata di Fourier della densità elettronica
della cella elementare
Così come è possibile ricostruire il reticolo diretto conoscendo il reticolo
reciproco, la trasformata inversa del fattore di struttura (se è noto in
modulo e in fase) consente di ottenere la distribuzione di densità elettronica
della cella elementare.
Se l’esperimento di diffrazione condotto sul cristallo (spazio reale) fornisse i
Fattori di Struttura (spazio reciproco) in modulo e in fase, la trasformata di
Fourier dei Fattori di Struttura fornirebbe la densità elettronica del cristallo.
Poiché il numero di punti del reticolo reciproco accessibili è comunque limitato la
ricostruzione della densità elettronica risulta un pò distorta
Il problema della fase.
La determinazione della struttura è apparentemente impedita dal fatto
che si ottengono le intensità e quindi |F |2 ma non è possibile conoscere i
F
I Fattori di struttura F sono infatti numeri complessi F=|F| eiφ e gli
esperimenti forniscono il modulo di F ma non la fase φ.
Questa difficoltà nella ricostruzione automatica della struttura dal
pattern di diffrazione è nota tecnicamente come
fase.
problema della
Metodi utilizzati per risolvere il problema della fase
Il problema in generale deve avere soluzione, anche se non univoca
N
N
Fhkl = ∑ f j + ∑ f j f k cos 2π [h( x j − xk ) + k ( y j − yk ) + l ( z j − z k )]
2
j =1
2
j > k =1
Il numero di queste relazioni è pari al numero di segnali di diffrazione
osservati.
Tuttavia le incognite compaiono come argomenti di funzioni trigonometriche.
La risoluzione non può essere fatta in modo analitico.
Metodo per tentativi
Modello di struttura iniziale fornisce una soluzione approssimata che può
essere affinata fino a trovare il miglior accordo (fattore di accordo R) con i
dati sperimentali.
R=
∑F
o
hkl
hkl
− Fhkl
∑F
c
o
hkl
hkl
Se si calcola la densità elettronica usando i moduli dei fattori di struttura
osservati e le fasi dei calcolati si noteranno dettagli strutturali non presenti
nel modello iniziale. Queste informazioni possono essere usate per costruire
un modello migliore
1
ρ (r ) =
V
∞
∑F
h , k ,l = −∞
hkl
exp[− 2πiφhkl ]
Sintesi di Patterson
Utilizza le intensità sperimentali anziché i Fattori di Struttura.
Anziché fornire una mappa della densità elettronica del cristallo
fornisce una mappa in cui compaiono massimi in corrispondenza a
distanze tra coppie di atomi nel cristallo
Manipolando opportunamente la somma dei fattori di struttura che fornisce
la densità elettronica è possibile costruire una nuova funzione (di Patterson)
che non dipenda più dalla fase, ma solo dal modulo del fattore di struttura
1
ρ (r ) =
V
∞
∑F
h , k ,l = −∞
hkl
[
exp − 2πi (hx j + ky j + lz j )
]
P(u , v, w) = ∑ Fhkl exp 2πi (hu + kv + lw)
2
hkl
Il vettori u, v e w, variabili nella funzione di Patterson, non rappresentano
coordinate atomiche, bensì distanze interatomiche
Espressa nello spazio diretto la funzione di Patterson assume la seguente forma:
Lo spazio della funzione di Patterson è lo stesso della densita elettronica, ma
ciascun massimo si riferisce a una distanza tra due atomi diffusori. L’intensità di
ciascun massimo è data dal prodotto dei fattori di scattering degli atomi
coinvolti.
Analizzando le mappe di Patterson (sono sempre centrosimmetriche) è
possibile ricostruire la posizione dei singoli diffusori atomici, soprattutto se
in presenza di alcuni atomi pesanti (molto più pesanti degli altri).
Tuttavia, l'analisi di Patterson diviene molto più difficile in presenza di
distribuzione piuttosto omogenea di densità elettronica, generata da atomi di
simile numero atomico.
Metodi diretti
Derivano le fasi dei segnali di diffrazione direttamente da relazioni dirette
tra i moduli dei fattori di struttura osservati.
Storicamente tali metodi si sono sviluppati negli anni '50, combinando analisi
statistiche sulle intensità dei riflessi.
Per esempio, poiché la densità elettronica non può avere valore negativo e si
concentra prevalentemente in zone di massimi (corrispondenti ai nuclei), si
può scrivere la cosiddetta relazione di Sayre:
Fhkl = k ∑ Fh 'k 'l ' Fh − h ',k − k ',l −l '
h 'k 'l '
φhkl ≈ φh 'k 'l 'φh − h ',k − k ',l −l '
Relazioni simili applicate contemporaneamente consentono di stimare con una
certa accuratezza la fase di alcuni riflessi e quindi consentire di abbozzare
una preliminare risoluzione della struttura.
Affinamento della struttura
Dopo aver individuato tutti gli atomi, la trasformata
fornisce solo quei dettagli della densità che deviano dal modello adottato, ad
esempio i dettagli dovuti al moto termico degli atomi e quelli relativi al legame
chimico:
I metodi di affinamento dei parametri che descrivono un certo modello
strutturale, consentono di "migliorare" le coordinate atomiche (oppure i loro
parametri termici) attraverso il confronto tra i fattori di struttura calcolati e
quelli osservati. La procedura di minimizzazione delle differenze tra (Fhkl)calc e
(Fhkl)osserv. si effettua tramite il metodo dei minimi quadrati. I parametri
strutturali vengono modificati fino a quando non si ottiene la minima differenza
tra osservazione e calcolo.
Tecniche sperimentali
L’esperimento di diffrazione di raggi X richiede:
ƒSorgente (tubo o sincrotrone)
ƒStrumenti di laboratorio usano tubo a raggi X
ƒCampione (monocristallo o polvere)
ƒMonocristallo (o cristallo singolo) più adatto per l’analisi strutturale
ƒCampione policristallino più semplice usato soprattutto per analisi
qualitativa e quantitativa
ƒRivelatore (lastra fotografica o metodi a contatore)
ƒMetodi a lastra fotografiva hanno solo interesse storico, ma oggi si
usano anche contatori bidimensionali che forniscono pattern di
diffrazione molto simili a quelli delle lastre fotografiche
Rivelatori per Raggi X usati in diffrazione
Film fotografici: elevata accuratezza risolutiva, ma scarsa accuratezza nella
misura dell'intensità.
Scintillatori: Materiale che emette luce quando irradiato con raggi X. Un
fotomoltiplicatore rivela la luce e emette un pulso. Accurata misura delle
intensità ed delle posizioni, difetto di poter misurare una sola intensità
diffratta alla volta
Rivelatori CCD (Charged Couple Device)
Rivelatori bidimensionali a stato solido e di tipo quantico. La stessa
"simultaneità" di una lastra, con migliore misura delle intensità diffratte.
Peccano in potere risolutivo, a causa delle dimensioni dei chip.
camere a CCD.
La radiazione X viene assorbita da uno schermo di fosfori, che "traduce" il segnale X in
segnale di luce visibile e poi immagazzinata sul rivelatore a CCD, da cui è possibile
leggere l'immagine (fotografia) digitalizzata della diffrazione.
Camere a film per cristallo singolo
Cristallo rotante
L’indicizzazione è difficile, su ciascuna linea variano
contemporaneamente due indici di Miller
Camera di Weissenberg
Associa rotazione del cristallo alla
traslazione del film
Il pattern sembra più complesso ma l’indicizzazione è molto semplice
Diffrattometri per monocristallo (4 cerchi)
Diffrattometro composto da tubo a raggi X, che fornisce la radiazione, che
viene monocromatizzata e collimata, da un goniometro atto a muovere
opportunamente il cristallo e da un rivelatore di radiazione X:
COLLIMATORI
I raggi X non possono essere deviati da lenti. Pertanto, la collimazione del raggio
incidente avviene attraverso opportuni strumenti (fenditure soller) che
mediante riflessioni multiple concentrano l'intensità fuoriuscita dal tubo verso il
centro del goniometro.
Il cristallo viene montato
su una testina
goniometrica, tramite la
quale viene ruotato in
precise posizioni senza
farlo uscire dal fascio
incidente.
testina goniometrica
Modalità di un esperimento
di diffrazione su cristallo singolo
Preparazione del cristallo
Crescere cristalli di dimensioni e qualità adeguate all’esperimento. Controllo
preliminare al microscopio ottico, e, a volte, al microscopio a luce polarizzata.
Determinazione della cella elementare
Si identificano i segnali di diffrazione, si determinano i vettori reciproci e quindi
la cella del reticolo reciproco, e successivamente quella del reticolo diretto.
Ciascun picco deve essere indicizzato
ossia bisogna assegnare al picco una precisa terna di indici di Miller
Raccolta delle intensità diffratte
Sequenza di scansioni in modo da portare il maggior numero di nodi del reticolo
reciproco sulla superficie della sfera di Ewald e quindi in condizioni per cui i piani
ad essi associati si troveranno a soddisfare la legge di Bragg.
Determinazione del gruppo spaziale
Per determinare a quale dei 230 gruppi spaziali il cristallo appartiene si
sfrutta il fatto che alcune riflessioni associate a determinati piani hkl,
risultano nulle, o meglio assenti, a causa della simmetria del cristallo.
assenze sistematiche
Numero di Molecole nella Cella Elementare
Si misura la densità della sostanza. Risulta che:
peso( g )
Z ∗ M ( g / mol ) ∗10 24
d=
=
3
Volume(cm )
N ∗ Vcella ( Α 3 )
Dove M è il peso molecolare, N è il numero di Avogadro e Z è il
numero di molecole nella cella elementare
Risoluzione e affinamento della struttura
I fattori di struttura contengono informazioni sulle posizioni degli atomi.
Tuttavia, non si può determinarne la fase.
La risoluzione della struttura stima la relazione di fase "perduta"
posizionando i centri diffusori all'interno della cella unitaria.
L’affinamento viene eseguito partendo dal modello iniziale con un processo di
minimizzazione che sfrutta o cicli di serie di Fourier o cicli di serie di Fourier
differenza
Dal cristallo singolo alle polveri
Un campione monocristallino fornisce informazioni molto accurate e
precisamente localizzate della posizione dei segnali (e quindi dei nodi
del reticolo reciproco da cui ricavare la cella unitaria del reticolo
cristallino).
Ciascun riflesso è misurato singolarmente e la sua intensità può essere
impiegata per derivare il fattore di struttura di quella riflessione (e
quindi per la risoluzione strutturale).
Se disponiamo di un campione policristallino, si perde la possibilità di
localizzare ciascun nodo del reticolo reciproco. L'informazione
"tridimensionale" del monocristallo viene ridotta ad una funzione
monodimensionale (l'angolo di diffrazione, θ), rendendo molto più
complesso l'ottenimento delle informazioni sul reticolo cristallino.
Diffrazione di raggi X su campioni policristallini
Se idealmente il numero di particelle cristalline in diffrazione è molto elevato e
tutte le possibili orientazioni sono ugualmente rappresentate, allora ciascun punto
del reticolo reciproco sarà di fatto rappresentato da un insieme di linee contigue
che formano la superficie di un cono di diffrazione
Camera di Debye
Si originano contemporaneamente i
fasci diffratti per diverse famiglie di
piani. Per ciascuna famiglia di piani i
fasci diffratti si trovano su un cono che
tagliano la lastra fotografica su una
coppia di archi
Diffrattometri per campioni policristallini (2 cerchi)
Si varia con continuità e sincronicamente l’angolo tra fascio incidente e campione
e quello tra campione e rivelatore
Geometria di Bragg-Brentano
Con questa geometria, il campione è sempre in una precisa posizione "focalizzata",
che viene preservata cambiando simultaneamente l'angolo incidente e quello di
rivelazione (θ-θ, con sorgente mobile e campione fisso), oppure variando
opportunamente l'orientazione del campione e l'angolo di rivelazione (ω-2θ).
Geometria Bragg-Brentano con monocromatore su fascio diffratto
Intensità (conteggi/sec)
200
150
100
50
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
2θ
Lo spettro di polveri misura le intensità diffratte solo per distanze radiali d*hkl =
2sinθ/λ. Tutti i riflessi equivalenti per simmetria si sovrappongono completamente
La principale limitazione del metodo delle polveri nell'analisi strutturale deriva
dalla necessità di ricostruire geometricamente il reticolo reciproco
tridimensionale da dati monodimensionali.
Quantità osservabili
ƒPosizione dei picchi
ƒIntensità dei picchi
ƒForma dei picchi
ƒFondo sottostante i picchi
Posizione dei picchi: Dipende esclusivamente dalla cella elementare del
materiale in esame. E possibile dai dati di polveri determinare e affinare le
costanti di cella con elevata precisione. Su questo dato viene in gran parte
basata il riconoscimento di fasi incognite
Intensità dei picchi: L'intensità diffratta si ottiene integrando l'area di
ciascun picco, dopo aver sottratto il contributo di fondo. Una misura
approssimata si ottiene dal massimo valore dei conteggi di ciascun picco.
Le intensità sono proporzionali al fattore di struttura, inoltre le intensità
diffratte da ciascuna fase presente in una miscela di un campione polifasico
sono proporzionali alla frazione di quella fase.
La forma del picco e fattori che la influenzano
I fattori che influenzano la forma del picco sono:
STRUMENTALI: divergenza del raggio incidente e/o del raggio diffratto;
risoluzione del rivelatore e modalità di scansione del picco; dimensioni del campione.
DEL CAMPIONE: mosaicità delle particelle cristalline e loro dimensione, oppure
possibili deformazioni (stress ecc.).
Per quanto riguarda la dimensione delle particelle, vale la relazione di DebyeScherrer:
dove K è una semplice costante di proporzionalità e D è la dimensione media
delle particelle.
Procedura sperimentale
•selezione del campione (microcristallinità)
•macinazione per migliorare l’omogeneità riducendo le dimensioni delle
particelle (ma non troppo per evitare l’allargamento dei picchi)
•deposizione del campione su supporto
•centratura del supporto nel goniometro
•scansione (selezionando il tipo di scansione, la velocità ecc.)
Analisi qualitativa
L’analisi qualitativa si riferisce alla identificazione di fasi presenti in miscele
oppure al riconoscimento di fasi a componente singolo.
co-presenza di più fasi
Se in un campione policristallino
esistono più fasi, la diffrazione da
polveri conterrà picchi corrispondenti a
distanze interplanari di tutte le fasi
La struttura cristallina di molte fasi solide è nota, perché identificata con
metodi diffrattometrici a partire dalla introduzione di queste tecniche, cioè a
partire dalla prima metà del XX secolo.
La principale "risorsa" di informazioni per l’identificazione di fasi ignote è il
Powder Diffraction File, ossia un archivio elettronico (o cartaceo) dove sono
contenute informazioni cristallografiche per più di 300000 fasi inorganiche
ed organiche.
La diffrazione è una informazione primaria, che combinata con l’analisi
elementare identifica senza ambiguità una certa fase cristallina.
Analisi quantitativa
La determinazione dell'ammontare di una fase in un dato campione solido è
possibile analizzando le intensità del picchi.
Se vi sono più fasi nel campione, l'intensità misurata avrà contributi da ciascuna
di esse, con picchi proporzionali alla presenza relativa di quella fase.
L'analisi quantitativa consiste dunque non solo nel riconoscimento delle varie fasi
presenti, ma anche nel calcolo della composizione percentuale (in volume) del
campione.
L'intensità dovuta alla diffrazione di un piano hkl della fase α in un
sistema a molte fasi è data da:
dove Vα è il volume della fase α, mentre µm è il coefficiente di
assorbimento di massa dell'intero campione, che è determinabile a
partire dai singoli coefficienti di ciascuna delle fasi j, proporzionalmente
alla loro presenza in peso Wj:
Il volume della fase α è ricavabile conoscendo la densità di ciascuna fase e la
densità totale:
L’intensità di un picco della fase α sarà quindi proporzionale alla sua frazione
in peso e inversamente proporzionale alla densità di quella fase e
all’assorbimento del campione:
Vi sono molte possibili strategie per ricostruire la composizione di un
campione:
ƒconsiderare i rapporti di intensità tra i picchi appartenenti a fasi
diverse
ƒconsiderare il rapporto tra l’intensità di un picco nel campione e
l’intensità dello stesso in un campione puro di quella fase
ƒaggiungere una quantità nota di un’altra fase al campione
ƒmodellare l’intero profilo di diffrazione affinando così possibili valori
per le differenti fasi