Goum in Spagna Foto di Roberto Calzolari

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Goum in Spagna Foto di Roberto Calzolari
CROCE DEL SUD
supplemento a
SUI TUOI PASSI
Bimestrale del Centro di Pastorale
Giovanile e Vocazionale dei Frati
Minori Cappuccini della Lombardia.
Supplemento al n. 5
Anno XVII, giugno 2010
Poste Italiane S.P.A.
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27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2,
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Editore: Beni Culturali Cappuccini
ONLUS viale Piave, 2 20129 Milano
Finito di stampare il 4 febbraio 2011.
à la BELLE ÉTOILE edizione italiana
anno 13, numero 39
??? 2011
Goum in Spagna
Foto di Roberto Calzolari
Pasqua 2010
La bussola interiore: i Magi avevano il dono della stella che li guidava verso Gesù
Noi, di solito, quando diamo indicazioni in città diciamo: “Al primo semaforo a destra, prosegui fino alla rotonda e poi prendi la terza uscita” e
così via…
Mi sono fermata a pensarci quando un collega mi ha raccontato di popoli che definiamo primitivi e che vivono in zone desertiche: il loro orientamento è totalmente basato sui punti cardinali: Nord, Sud, Est, Ovest.
Un modo di concepire lo spazio talmente radicato in loro che non viene
meno neppure quando sono in ambienti chiusi. Sanno sempre dove si
trovano rispetto al Nord come se avessero una bussola interiore, e si riferiscono ad esso persino tra le pareti di una casa. E pensare che io, se vengo
interrogata a bruciapelo, non so dove sia il Nord quando sono all’esterno,
figuriamoci al chiuso!
Una tale aderenza al sistema magnetico terrestre può apparire impossibile, ma immagino che, abituandosi fin da piccoli, essa diventi una
parte integrante del sistema percettivo, come può essere per i musicisti
l’orecchio assoluto, per cui sanno esattamente dove è un suono nella scala
musicale.
Il racconto del mio collega, che può apparire solo una stravagante curiosità etno-antropologica, ha suscitato in me una serie di riflessioni sul
nostro rapporto con lo spazio e con la vita in generale.
Mentre noi ci muoviamo rispetto a dei punti di riferimento relativi,
queste popolazioni hanno dei riferimenti “assoluti”.
Mentre noi mettiamo al centro del nostro camminare noi stessi e ciò
che abbiamo costruito, loro si pongono in un sistema molto più grande, il
quale tra l’altro è condiviso da tutti.
Mentre noi siamo persi se vengono a mancare i piccoli segnali che utilizziamo (basta che devino una strada e anche il navigatore va in confusione!), loro sanno sempre dove sono e dove vogliono andare.
Mi chiedo se questi atteggiamenti rimangano riferiti solo all’orientamento nello spazio o se alla fine coinvolgano anche altre sfere dell’essere
nel mondo, per arrivare alla concezione di esistenza stessa.
Mi chiedo quali siano i nostri punti di riferimento della vita: sono relativi all’io, al dove mi trovo adesso e fino al prossimo incrocio? Oppure
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sono assoluti, indipendenti dal mio stato attuale e validi per tutti coloro
con i quali condivido il mio cammino (che possano riconoscerlo o meno)?
Nel Goum almeno ci proviamo ad orientarci con la bussola e pensando
ai punti cardinali: questo è uno dei tanti insegnamenti dei raid. La scarsa
abitudine peraltro ci costringe a individuare punti di riferimento noti e a
cercare sulla carta. È facile perdersi altrimenti, ma piano piano si impara,
e già alla fine della settimana capita di avere la consapevolezza di dove sia
il Nord, anche senza guardare.
Nel Goum dichiariamo Gesù il nostro punto cardinale: colui la cui
parola e i cui gesti sono le parole e i gesti con i quali ci confrontiamo per
scegliere il nostro cammino nella vita. Anche di questo aumenta la consapevolezza nella settimana del raid, al punto che spesso la si porta con sé
una volta tornati a casa.
Nella vastità del cammino fisico dunque si afferma poco a poco un
sistema di riferimento molto più ampio del nostro sguardo. Occorre poi
esercitarsi nella quotidianità, orientandoci con l’Assoluto pure nei piccoli
passi che dirigono i nostri giorni “normali”, per vivere con la bussola interiore che ci permette di muoverci senza esitazioni nella vita.
Ed ogni tanto, se ci perdiamo, si può pregare che ci guidi una stella
apposta per noi!
Maria Gioia Fornaretto
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Sono passati i mesi, ma ancora non si spegne il ricordo dei giorni del quarantesimo
del Goum, e con esso il desiderio di raccontarlo. Abbiamo qui di seguito quattro
scritti. Uno è di Francesco, che ha fatto il suo primo Goum sui Causses, per accompagnare la figlia Bettina nei giorni precedenti alla sua entrata nella famiglia
francescana. Da allora Francesco non ha più smesso: ha camminato qui e là e ha
anche lanciato aprendo una nuova strada in terra piacentina. Il secondo scritto è
di Bettina che è ritornata sui Causses dopo tanti anni e con l’abito da suora. Il
terzo è di Giordano, anche lui piacentino, gettatosi nell’avventura Goum non più
ragazzino, ma incredibilmente giovane, per il quale i Causses erano una terra
mitica di goumier “doc”. L’ultimo è di Sabrina che è stata particolarmente toccata,
come tutti credo, dalla presenza di Michel Menu.
Pensieri di un partecipante al 40° anniversario dei Goum
di Francesco Scaravaggi
Con emozione sono tornato dopo 10 anni sui Causses. Per me è stata una
cosa importante.
Durante il lungo viaggio di avvicinamento mentre con mia figlia che
guidava, ricordavo i Goum trascorsi lassù, cercavo anche di spiegare agli
altri miei compagni di viaggio cosa fossero i Causses, ma sapevo che non
mi capivano tanto. Io lassù avevo fatto i miei primi raid, lì c’era stato
l’entusiasmo delle cose più giovani e più nuove; erano ricordi troppo personali. Lì, avevo calcato i sentieri originali, quelli doc, dove, molti anni
prima era nata l’esperienza dei Goum.
Confesso che all’arrivo mi è sembrato un po’di non essere mai andato via.
Ecco i panorami che non riuscivo a descrivere, ecco le teorie di monti
spelati che si perdevano lontano, ecco gli spuntoni di roccia grigia chiara
calcarea; ecco il cielo terso; il vento, l’aria cristallina, ecco l’erba semisecca
e le spine dei cardi e poi i larghi silenzi tutt’intorno.
E distante all’orizzonte oltre il Causse, la sagoma discreta del Gargo.
Mai posto più appropriato avrebbe potuto rappresentare l’insieme di
quarant’anni dei goum.
Ma la novità più grande, in un posto così lontano, è stata la sorpresa
dell’incontro con tanti amici. Alcuni non li incrociavo da anni, forse erano
già un po’ sbiaditi nel mio ricordo, ma da subito tutto si è fatto presente,
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facce sorridenti, tante cose da dirci, tratti di cammino fatti allora insieme
e poi continuati ognuno per la sua strada.
Per me in fondo i Goum sono sempre stati principalmente le persone
che ho conosciuto, gli amici con cui ho marciato e pregato insieme.
In quel cerchio dove ho preso posto, nella fiaccolata notturna ed in
tutta la festa, mi sono sentito come in famiglia.
Ero partito dalla città, con la testa piena di problemi di lavoro, con la
frenesia delle cose da fare.
Ora mi sembrava di essere in un altro mondo e mi aveva già preso la
voglia di fare un Goum.
Quella notte nel sacco pelo, fra l’erba mossa dalla brezza, sotto una luna
grandiosa, mi sono addormentato contento di esserci.
Il mio 40°!
di sr Bettina Scaravaggi
Quando ho saputo da mio papà che, dopo varie riunioni e incontri, era
stato definito il programma dei festeggiamenti per i quarant’anni di cammino Goum, la mia testa razionale ha pensato: “Peccato non poterci essere!”. Il mio cuore, passionale, ha sentito che aveva un appuntamento là,
sui Causses, e non poteva mancare. Gli appuntamenti con Dio non sono
mai rinviabili, da Abramo in poi! Così ho strappato un permesso insolito
alla mia superiora e sabato mattina sono partita, col mio papà e i suoi
compagni di strada.
È difficile dire con ordine cosa ha sentito il mio cuore alla vista dei
Causses… Ero scesa dal Gargo, con un ultimo sguardo a quei luoghi,
undici anni fa, pochi giorni prima di cominciare l’avventura del cammino
per diventare suora; ho lasciato là le speranze miste alle paure, la voglia
di credere e la tentazione di dubitare, la certezza dell’accompagnamento
dei miei compagni e la nostalgia di una parte di me che lì ha imparato a
conoscersi. Lasciavo tutto per Amore, facevo un dono di fidanzata, slancio
entusiasta di chi non fa nessun calcolo sul futuro. Ed ora ritornavo lì con
il mio abito di francescana, il cingolo e il velo… gli scarponi e lo zaino di
sempre. Non l’avrei potuto credere… Cosa nascondeva quest’esperienza
per me? Il profumo del riso, l’odore del fuoco, il colore delle djellaba;
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ma sopra tutto l’abbraccio di vecchi amici, compagni di strada speciali,
la sensazione calda di perdermi nel loro cuore, il sapore inconfondibile
dell’amicizia che nasce nel deserto. Allora ho capito! Ecco il regalo che il
mio Sposo aveva preparato apposta per me, quel giorno, sui Causses: la
riscoperta nuova della mia umanità, il mio cuore di sposa, il mio corpo di
donna, il mio essere solita e nuova. Quanto l’ho sentito presente in quelle
ore, vicino a me, anche Lui un po’ imbarazzato per il traboccare di tanto
Amore! Nei volti di vecchi amici, nel sorriso di nuovi incontri, nel ricordo di tanti momenti, riscoprire che sempre era stato nascosto Lui, Signore
del Deserto, seduttore di cuori, che anche quella sera ha appeso le stelle a
farci corona nel cielo e la luna ad avvolgerci di luce. E ancora una volta,
come mi capita sempre nei raid Goum, sono rimasta in silenzio. Silenzio
denso, che parla di abbracci e saluti veri, silenzio che rende le poche parole preghiera, silenzio che lascia spazio al battito discreto del cuore di chi
cammina al mio fianco. Avevo un appuntamento, con Lui, e ora capivo
perché: dovevo dire GRAZIE. E dovevo farlo da lì, chiudendo il cerchio
di un tratto di strada davvero particolare, e dovevo farlo in silenzio, con il
mio corpo di donna messo lì, a lasciarsi guardare dal suo sguardo innamorato. Pronta, ancora, a partire.
31 Luglio-1° Agosto da Piacenza a Champerboux
di Giordano Missieri
È stato un raid speciale: di 1600 km in 2 giorni; quasi una follia, o almeno
una “cosa da giovani”, si direbbe. Ma ne è valsa la fatica. L’obiettivo di
celebrare il 40° del Goum era desiderato e si è realizzato. Finalmente il
nostro piccolo gruppo di piacentini (Francesco con sr. Elisabetta, Umberto ed io) ha potuto vedere o rivedere i territori dei primi Goum, i primi
goumier, intere famiglie con bambini, i preziosi preti, insomma coloro
che hanno iniziato e perseverato in questi 40 anni. Le loro testimonianze,
i saluti, la S. Messa, tutto ha concorso a unire popolo di camminatori che
ancora credono nei valori così ben ricordati da Roberto.
Ma sopra ogni discorso o gesto, leggo questo incontro alla presenza tra
noi di don Francesco Cassol. Per me era un padre, anche se era più giovane
di 20 anni. Era arguto, concreto, colto. Il 22 ottobre scorso casualmente
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ho visto su TV 2000 (la TV del Vaticano), un servizio sulle chiese del
bellunese e tra i collaboratori del servizio chi c’era? Don Francesco. Come
ho già detto all’indomani della sua tragica scomparsa, in quella domenica mattina d’agosto mi sono confessato con lui sul Sauveterre. La sorella
di don Francesco, nell’incontro commemorativo di Cascina Pagnana, mi
diceva che la stola peruviana alla quale teneva tanto, era ancora nel suo
zaino, presso il Comando Carabinieri di Minervino.
Quando apro il mio computer, mi appare subito il suo faccione arrossato, barba lunga ma sorridente dopo l’ennesimo Goum nelle Murge. È un
buon viatico per incominciare la giornata.
Pasqua 2010
Grazie Michel perché tu ci educhi a non demordere, ad intraprendere il
cammino, sempre.
Grazie Michel di esserci, di essere così, bello come sei.
Grazie Dio per averci donato Michel.
Grazie, Michel.
A prima vista
di Sabrina Maifredi
A sentirne parlare lo avvertivo energico, di persona era di più.
Lo riconobbi quando, attorniato dai fratelli, intratteneva educato e mite
il loro clamore e con poche parole ed esili gesti cordiali riuscì da subito ad
attirare la mia attenzione.
Parvenza leggiadra, umile dimora, spirito sublime.
Michel Menù era giunto, era lì tra noi, mescolato tra i suoi prodi, ma con
un’aurea inconfondibile, lucente e maestosa.
Michel Menù è spirito d’azione, vento lieve che ti trascina.
Il suo esserci con discrezione era fonte per me di riflessione.
Lo avvertivo come un padre, come colui che poneva tutti davanti a sé, che
si faceva piccolo, minuscolo e proprio per questo era grande, immenso.
Michel Menù è mente elevata, spirito eletto.
In quei giorni di festa lui non si sottrasse, in niente.
Sorridente e composto osservava il tutto, presenziava a tutto, schivo.
E nel suo silenzio le parole di Dio.
Dio si era vestito anche di lui.
Grazie Michel per averci aperto il cammino.
Grazie Michel per averci donato speranza.
Grazie Michel perché anche attraverso te Dio ci insegna la sua parola.
Grazie Michel perché la tua persona è insegnamento.
Grazie Michel perché ci infondi il valore del silenzio.
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Ecco il racconto di Chiara, al suo primo Goum. Sui Causses e verso la celebrazione
del quarantesimo a gustare l’incontro con il vero sé, con i compagni di cammino e
con Dio. Incontri che non lasciano indifferenti e in una sola settimana lasciano
un segno importante.
Goum estate 2010
di Chiara Squassina
Sulla mia lavagnetta di casa è ancora segnata da allora una data: 23 luglio. Con quella data sapevo che fin dall’inizio sarebbe cambiato qualcosa.
Cosa, non immaginavo.
Sono sempre stata una sportiva, una di quelle che non ha paura a buttarsi tra i rivoli di un fiume o a lanciarsi nel vuoto, e a tutte le mille mie
peripezie non avevo mai dato un senso, e in fondo il Goum lo pensavo
come l’ennesima sfida: tanto cammino, poco cibo.
Niente di impossibile, e così è stato. Ma il Goum non è questo.
Dopo una prima notte quasi insonne, umida e tormentata, in un’ angoscia che volevo fosse solo mia, con un rivolo silenzioso di una lacrima che
mi attraversava il viso, mentre ripiegavo il sacco nel nulla di un campo,
il mio primo incontro con l’Umanità: silenziosa come un fantasma mi
abbracciava. E poi ancora, e ancora umanità che si apre al sorriso, in una
risata fragorosa dinnanzi ad un pranzo immaginato e solo per caso odorato, che ritrovi mentre lo zaino ti viene levato e alle volte svuotato dalle
mani amiche; quelle stesse mani pronte a sollevarti, ad accarezzarti.
Mani che suonano, che si incrociano, che si spinano per raccogliere
quelle poche bacche di ribes che dividerai con gli amici, la sera, e che ti
sembreranno sempre troppo poca cosa da offrire… Cominci a capire che
non sei mai stato solo e che basta veramente poco per un sorriso condiviso.
Cammino spesso gioioso, talvolta silenzioso per la fatica, silenzioso in
una preghiera che vuole essere solo personale, oppure fiero d’aver ritrovato
la strada e gli amici.
Cammino in un’immensità di paesaggi spettacolari, di campi profumati e dorati, di fiumi, di pietre e di cardi. E poi ancora canti e voli d’aquila… E poi sopra il tutto, quei silenzi: i primi per me strazianti!
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Il cuore, tuffato nell’amore pieno impazzisce, e chiedi, continui a chiedere: cosa vuoi? Non ti basta che io sia qui? No, non Gli bastava. Voleva
che lì, io ci fossi, che stessi sul pezzo!
Un abbraccio consolatore, io bambina con le lacrime agli occhi: che
pensavi? Cambiare.
Voleva che, spogliata di tutto, Lo ritrovassi attraverso gli altri.
E lì voli veramente: torni a casa cantando e speri che tutto questo non
sia stato vano.
E solo poi, col passare dei giorni, dei mesi, ti accorgi che quel cammino
non è mai finito: mille volte cadrai e inciamperai, ma l’amore di Dio, se
l’hai lasciato entrare, non esce più.
Chiara ha camminato con Francesco Rossi e don Alfredo Scaratti sui Causses dal
23 luglio al 1° agosto 2010.
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Eccolo finalmente un resoconto del Goum in terra spagnola! Ce lo inviano Roberto
e Giulia che hanno camminato con padre Stefano l’estate passata e ci raccontano
anche un po’ la storia dei Goum spagnoli degli ultimi anni.
Sui deserti della meseta spagnola
di Roberto “Kavia” Calzolari con Giulia Bucchioni
Meseta spagnola, altipiani ondulati con una quota media intorno ai 1000
m, l’occhio che si perde su un orizzonte sconfinato, l’odore di timo ed elicriso colorano la brezza che spira sotto il naso, bassi cespugli spinosi sotto
i miei scarponi, una bussola e la carta, nessun sentiero da seguire, solo la
libertà di una direzione, sorrido.
Ma da dove parte tutto questo?
Beh, c’è da dire che ormai tre anni fa una goumier italiana, Rita, divenuta suora in Spagna, comunicò il suo grande dolore nel vedere una fede
vistosamente defunta nel suo paese adottivo; e fu padre Stefano (Etienne)
Roze ad accogliere come un richiamo prezioso e provvidenziale questa
richiesta d’aiuto, sentendo nell’esperienza Goum una forte occasione di
riscoperta della realtà, della propria identità come uomo e donna e di conseguente messa in discussione di sé, con lo stimolo forte per una ricerca
dinamica di spinta interiore verso l’alto, anzi verso l’Altissimo. Nel suo
intimo cominciò a desiderare di regalare anche ai fratelli spagnoli, questa
grande e semplice esperienza e questo desiderio condiviso con le parole
durante il Goum in Sicilia del 2008, cominciò a prendere forma anche in
altri cuori, tra cui il mio.
Nel gennaio 2009 viaggiando con Lorenza Garau, in autostop, dall’Italia al Portogallo, ci trovammo ad attraversare la Spagna, con i suoi deserti e i suoi altipiani, rimanendo affascinati ed entusiasti di quegli spazi
immensi. Appiccicati con la faccia ai finestrini o camminando a bordo
strada in attesa di un passaggio, in quel rigido inverno, sognavamo già
di attraversare quei luoghi con la djellaba indosso, insieme ad una tribù
mista di italiani e spagnoli. Appena arrivati a Coimbra, inviammo delle
foto corredate da entusiastica descrizione a padre Stefano Roze, il quale
ci chiamò proponendoci di formare uno staff, e di lanciare assieme lì il
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Goum. Da lì in poi sono stati i percorsi della Provvidenza e le sue prove a
tessere quell’intricata e meravigliosa rete di relazioni ed avvenimenti che
hanno portato davvero a realizzare nel 2009 quel sogno. Infatti, come già
raccontato, non era nostra intenzione andare a vivere un’avventura Goum
in una terra esotica, ma bensì regalare quest’esperienza, quindi risultava
fondamentale coinvolgere degli spagnoli, ma il primo anno, nonostante tutti i tentativi fatti seguendo piste molteplici, camminammo in una
splendida tribù, ma di soli italiani. Quest’estate 2010 invece la posta in
gioco è stata alta: quattro Goum che partivano dalla Spagna e uno in Sicilia. Totale: sei spagnoli e una colombiana coinvolti nell’avventura – tra
laici e sacerdoti – e tutti entusiasti e volenterosi di ripartire e diffondere
il piccolo seme del deserto.
Come l’anno precedente, la terra spagnola ci ha accolto nel suo grembo,
a volte però con vento e pioggia battenti sul viso, altre volte con il suo
esagerato caldo, ma sempre con orizzonti immensi dove l’anima può correre via libera, curiosa, appagata dalla serietà dell’incontro alla sera con il
resto della comunità.
La voglia di partire è tanta e si sta diffondendo, aprendo diverse “porte”
anche in Spagna. Come non cogliere allora, l’occasione per ringraziare
l’amico goumier Fermin Leza, insostituibile logista, senza la cui generosità e disponibilità, non si sarebbe potuto realizzare proprio nulla. Questa
terra sembrerebbe proprio un luogo adatto ai piedi pellegrini dei goumier, vecchi e aspiranti. La nostra preghiera è quella di riuscir a piantar
più semi possibili di vento e libertà sulla meseta, che possano diventare
tante braccia dello stesso albero d’esperienza di amore, comunità, scelta,
bellezza, povertà e preghiera, in grado di testimoniare che la bellezza del
cammino si può trovare ancora, dentro e fuori da noi stessi.
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Paola Loisotto era con don Francesco al suo ultimo Goum, come lanciatrice. Ci
regala le sue parole su quanto suscitato in lei dai ricordi di quella notte. Noi le pubblichiamo accogliendole con gratitudine: anche se l’esperienza del dolore è di tutti gli
uomini è difficile raccontare la propria e il proprio percorso per trasformare, anche
quando sembra impossibile, il dolore in amore, come ci ha insegnato Gesù crocifisso.
A Francesco da Paola
di Paola Loisotto
23 luglio, giovedì sera, le nove.
Le mie rose rosse e gialle si sono completamente schiuse. Mentre ero là in quell’inferno, hanno continuato silenziosamente a fiorire. Molti mi dicono: come puoi pensare
ancora ai fiori, di questi tempi. Ieri sera sono ancora andata a cercare un carretto
che vendesse fiori e così sono arrivata a casa con un mazzo di rose. Nella mia vita
c’è posto per tante cose. (…) Ogni giorno imparo qualcosa sugli uomini e mi rendo
conto che non si può trovare aiuto dagli altri, che dobbiamo sempre più contare sulle
nostre forze interiori.
Etty Hillesum – Diario*
Molti di noi l’hanno incontrata, per quanto mi riguarda, ha accompagnato il nostro cammino Goum varie volte e anche quest’anno i pensieri del
cammino erano i suoi.
Molte volte ho letto questo passaggio e molte volte mi sono domandata
come si fa ad avere in cuore tanta pace profonda che neanche la concretezza della morte può scalfire?
Ho avuto spesso un moto di “negazione” per quel sentimento vissuto
da Etty, non mi sarebbe stato possibile mai avvicinarmi a quel sentire,
tanta è la “minaccia” che l’altro o gli eventi rappresentano per la nostra
“fragile pace interiore”.
* Etty Hillesum (1914 - 1943) scrisse il suo Diario ad Amsterdam tra il 1941 e il 1943,
finché fu portata ad Auschwitz in quanto ebrea. Lì trovò la morte, il 30 novembre 1943,
insieme ai suoi familiari. Il Diario, che nonostante la situazione, dona splendide parole
di speranza fu pubblicato nel 1981 ed è edito in italiano da Adelphi.
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Anche quest’anno ha creduto che il Goum avrebbe dato nuovo ossigeno
al mio “cammino”.
Sì, ci sono vari modi di stare in quest’esperienza: per curiosità, per gioco,
per ricerca, perché credi che sia un’esperienza di vita. Io credo in quest’ultimo, perché di questo ho fatto esperienza sin dal mio primo Goum.
La realtà di me stessa è quella che vivo al Goum, chi sono realmente
esce lì, potenzialità e lati d’ombra non si nascondono, anzi si scoprono
nella loro miseria, nella loro forza, nella loro essenza.
“Il Goum è una preghiera in cammino, il terzo giorno ci si spezza.”
Queste sono state le prime parole che ho sentito dire del Goum, queste parole le ho incontrare faccia a faccia i primi tre giorni, il mio primo
Goum, queste ho incontrare quest’anno la mattina del 22 agosto, il quarto giorno dove la morte era passata e ci aveva incontrato.
I primi giorni di agosto di quest’anno, di ritorno da un’esperienza di
meditazione mi sono trovata a contemplare la terra che come una culla ci
accoglie al momento della morte, a sentire, e a vivere nella mia vita, che
la vita vista dalla morte è più vita.
Solo quindici giorni dopo, mi ritrovo in questa concretezza, lì il passaggio della morte non era più un pensiero, una filosofia, ma un’esperienza.
Quella mattina del 22 agosto ho vissuto uno dei momenti più intimi
del mio cammino su questa terra.
Ho avuto tra le mani e nel cuore il “silenzio” di un amico, di un padre,
di un fratello.
Il silenzio di quel sole che è sorto su di Lui, l’unico rivolto a est quella
mattina, come l’altare che avremmo costruito.
Io stavo in alto, sopra il campo, dove avevamo fatto bivacco quella notte.
Non era più notte, il cielo si stava illuminando.
Stavo aspettando i carabinieri e l’autoambulanza che si attardava, erano
passati almeno 45 minuti ed il silenzio era rotto dalla natura sveglia e dai
goumier che a corona pregavano su Francesco.
Poi è sorto il sole ed è sorto su Francesco.
Stavo vivendo, la morte, il dolore, la costernazione e una pace profonda
mi ha invasa: ho ringraziato Dio per quel sole che nasceva.
Mi è venuta in mente Etty, e ho pensato che quello era ciò che lei sentiva, che è possibile, che ci sono dati degli istanti di eternità, così veri e
profondi da essere “inaccettabili”.
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Mi ha turbato questa “pace”, mi aspettavo di sentirmi sopraffare dalla
disperazione, che è morte ed invece ho vissuto e vivo un dolore profondo,
ma la disperazione no, quella non mi ha invaso.
Ho sentito e sento Francesco come mai così presente nella mia vita, lui
che per me è stato l’unico con cui ho vissuto l’esperienza di lanciatrice.
Lui che mi aiutato a vivere ogni caduta come un’opportunità di crescita,
lui che mi ha detto, anche nei momenti di fatica dobbiamo continuare a
credere e a vivere perché siamo responsabili di coloro che in noi credono.
Il Goum lo si può vivere in molti modi.
Per me è questo: un momento di “verità dentro la mia vita”.
Un momento di pace profonda, davanti ad una tragedia.
Un sentirmi accompagnata da un Amico, quando la sua assenza si fa
Presenza dolorosa.
Una morte che anziché essere disperazione diventa intimità.
Di un credo condiviso, una fiducia condivisa, un sorriso condiviso.
E quando, con l’inverno vi direte, e sì al Goum era tutta un’altra cosa, ma
la realtà è questo quotidiano! Prendete il vostro sacco e andate a dormire sotto le
stelle, perché la verità di noi stessi è quello che si vive al Goum.
Queste sono le parole che con commozione don Francesco chiudeva
l’esperienza Goum.
Quest’anno neanche l’inizio è stato come gli altri anni e don Francesco
ci ha lasciati con un desiderio nel cuore.
Alla partenza, nei primi chilometri che si camminano per arrivare al
primo bivacco ci ha detto: “In questo pezzetto di strada pensate a qualcosa
che desiderate per voi e che chiedete in questo cammino. Qualche cosa che
desiderate per voi, solo per voi, non per qualcun altro e questo non sarà un
egoismo, ma un dono”.
Non lo so che cosa ha desiderato Francesco, ma non ho dubbi che sarà
esaudito.
So che cosa ho desiderato per me, ed è essere sempre più me stessa,
sempre più profondamente me stessa così come ho sperimentato nel mio
primo Goum, dove la morte che per anni avevo desiderato si è trasformata
in un desiderio di vita.
Io non lo so che cosa sia morire, ho sperimentato però che nascita e
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morte hanno in comune molte cose, il dolore e la forza della vita, della
trasformazione così difficile ma così inesorabilmente AMORE.
E termino con il pensiero di un goumier che si è trovato a vivere l’esperienza Goum per la prima volta questo agosto.
Ciò che abbiamo vissuto, in questo “nostro Goum” non è un fatto esterno accidentale, ma un fatto costitutivo dell’esperienza stessa.
Con il cuore gonfio di ringraziamento e di sordo dolore.
E tu che stai leggendo quello che ho nel cuore, che cosa chiedi per te ora?
***
Ancora un ricordo di don Francesco da suor Bettina Scaravaggi che tante volte ha
camminato con lui.
Ora sei con il Risorto
di sr Bettina Scaravaggi
Ero in route col mio clan quando ho saputo di don Francesco. Ho pianto.
I miei ragazzi erano attoniti: sono pochi coloro che mi hanno visto piangere, sicuramente mai l’ho fatto davanti ai ragazzi. Eppure…
Ho scelto di non venire al funerale perché ho saputo da subito, con una
certezza quasi tangibile, che don Francesco non avrebbe approvato: non si
lascia un cammino di route, non si lasciano i propri ragazzi, neanche per
andare a pregare per un amico che è partito. Mi ha sempre un po’ “presa
in giro”, con il tono scanzonato che aveva lui; non volevo che, quando
anch’io arriverò a Casa, mi accogliesse con una battuta sul mio non sapere
stare al posto giusto… Niente parole nel primo abbraccio alla luce eterna!
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Ci eravamo salutati sui Causses il 1° agosto, dopo molto tempo da
quando ci eravamo visti l’ultima volta. Ricordo di quei due giorni ogni
parola detta, ogni sguardo scambiato. I suoi sguardi… Soprattutto da
quando sono suora, mi sono sempre sentita guardata con sguardo scrutatore da lui, e lo “beccavo” sempre! Aveva detto che non era un problema
per lui che io mi accorgessi di essere osservata, lui lo faceva consapevolmente. Guardava di me qualcosa che forse solo lui vedeva. Ho deciso di
lasciarlo guardare. I suoi sguardi non facevano male, accarezzavano; mi
sono sentita cullata da lui, come sorella, come amica, come sposa del suo
Amico Sposo… In effetti, non sono tanto le parole di don Francesco che
conservo gelosamente nel cuore, sono i suoi sguardi, gli occhi limpidi di
chi ha scelto di non lasciarsi “opacizzare” dalle tragedie del mondo, che
custodiva da padre e offriva da sacerdote. E mi mancheranno i suoi gesti
discreti, che scandivano la quotidianità di una giornata al Goum come
liturgia di lode. Ecco quello che di lui mi manca oggi.
So che ora sei col Risorto attorno al fuoco di bivacco preparato sulla
riva per i suoi amici, per i vostri amici; mi avevi confessato quanto amassi
questa pagina del Vangelo di Giovanni (Gv 21,9 Appena scesi a terra, videro
un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane): “Io, tu, noi che abbiamo camminato al Goum, sappiamo quanto costi fare la legna e aspettare che si
facciano le braci – un fuoco di braci – e Gesù, che era già risorto, fa questo
aspettando i suoi amici!”. Ti si spezzava la voce, ti commuovevi mentre
me lo raccontavi.
Sono certa che attorno a quel fuoco ci stai aspettando, che ci segui
lungo i sentieri dei nostri giorni, e ci guardi, scanzonato e profondo, e ci
accarezzi. Ora che anche tu sei risorto.
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Pasqua 2010
Gioia e dolore, compagni di cammino, nella
rappresentazione iconografica
di Maria Gioia Fornaretto (ma le parole importanti sono di Rosa Giorgi)
Per i Goum l’anno che è trascorso è stato molto intenso. Abbiamo avuto
grandi gioie, come il ritrovarsi per il quarantesimo, e grandi dolori, come
la morte di don Francesco.
Per non fermarci ai racconti e ai ricordi, ma trovare un linguaggio diverso e forse più completo di dire ciò, ci siamo rivolti a Rosa Giorgi (la nostra
storica dell’arte preferita). Le abbiamo chiesto di trovare per noi un’opera
d’arte immortale, di quelle che esprimono in modo comprensibile e toccante per tutti un’idea e un’emozione, pensando alla nostra vita come ad un
sentiero che si snoda tra le lacrime e il riso, tra la gioia e il dolore.
Rosa ci scrive che questo binomio all’apparenza impossibile, è un concetto che conosciamo e viviamo in molti, e non come compensazione, ma come
realtà, perché la gioia piena la conosceremo quando saremo nel Regno, ed
ora la nostra gioia non è perfetta, ma oscurata dalle pene della vita terrena.
Occupandosi di soprattutto di arte dall’iconografia sacra e di secoli
molto lontani da noi e pensando quali opere potessero portare con sé questo concetto, Rosa ce ne propone ben due: una Natività di Lorenzo Lotto
e il crocifisso ben noto di San Damiano.
La Natività di Lorenzo Lotto (1523,
Washington, National Gallery of Art),
ci propone in primo piano un evento
gioioso, l’adorazione del Bambino
Gesù da parte di Maria a Giuseppe
nella capanna di Betlemme. Nella
composizione ci sono tutti gli elementi che danno la gioia della Natività del
Salvatore: il Bimbo che sgambetta, e
agita le manine verso su Madre, lo stupore composto dei genitori in adorazione, il canto del Gloria degli angeli
nel cielo… ma poi è ben visibile anche
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Croce del Sud
Pasqua 2010
un segno di grande dolore. Dietro a San Giuseppe si vede crocifisso poggiato su una mensola e sufficientemente illuminato perché possa emergere
dallo sfondo buio dell’edificio. Il dolore dalla croce, presente come strumento di Salvezza ci è ricordato così a fianco della gioia del Natale.
Al contrario nel crocifisso di San Damiano (fine secolo XII, Assisi, Basilica di
Santa Chiara) è la fine della vita di Gesù
il tema. Vi si esprime in maniera molto
particolare il dolore di Gesù sulla croce,
ma questo dolore, pure visibile, poiché
Gesù è sulla croce, è inchiodato, e porta
i segni della morte, è messo in secondo
piano. Ciò che colpisce di più infatti è
che Gesù è vivo. È vivo perché ha superato la morte e l’ha superata per tutti noi. È
vivo e ci guarda con occhi grandi e sereni
e con le braccia aperte sulla croce ci invita all’abbraccio e ci chiama a seguirlo.
***
Notizie di qui e di là
Dal 22 agosto sono state molte le iniziative per ricordare don Francesco.
N
el giorno del trigesimo (22 settembre) un’ottantina di goumier di Milano
e dintorni si sono ritrovati alla Cascina Pagnana per celebrare la Messa di
suffragio e per un momento di condivisione. Hanno partecipato anche una sorella
e una zia di don Francesco.
N
ella stessa data a Roma, nella Cappella dell’Università La Sapienza, si sono
ritrovati a pregare un gruppetto di goumier romani. Era la prima volta che
i goumier di Roma si cercavano e si mettevano in contatto fra di loro e speriamo
che sia stata l’occasione per far nascere amicizie fruttuose nella comunità Goum.
20
L
a domenica successiva 26 settembre, è stata celebrata una Messa nel luogo
dove don Francesco è stato ucciso. La Messa era organizzata dall’Agesci della
zona Peucezia. In quell’occasione è stata ivi innalzata una croce lignea.
A
ncora il 24 ottobre e poi il 7 novembre ci sono state due commemorazioni
per don Francesco nel Pulo di Altamura. Nella seconda occasione una stele
di pietra è stata lasciata in memoria.
S
uor Laura Patelli dal 5 settembre è in Canada. Qualcuno di noi è riuscita
ad incontrarla a Milano prima che partisse. Ora insegna religione, ma non
pensiamo che abbia appeso le scarpe da ginnastica (e soprattutto gli scarponi per
camminare) al chiodo!
P
roprio nel giorno di celebrazione del trigesimo di don Francesco ci è giunta
la notizia che è mancato il papà di don Aurelio. Preghiamo per lui e per don
Aurelio ricordando anche gli altri goumier che in questo periodo hanno perduto
i genitori o altri loro cari.
I
l 3 ottobre a Foligno c’è stata la vestizione di Anna Cornolti. Anna, che aveva
camminato nel 2006 con Stefano Scovenna, è entrata nella clausura con la famiglia delle Clarisse. Ora Anna ti chiediamo preghiere per tutti i Goum!
H
edwige e Maurizio Nastasio hanno cominciato una nuova avventura. Hanno cambiato casa e sono andati a vivere in una comunità di famiglie. Facciamo a loro e ai loro figli molti auguri per questo passo importante.
T
empo di matrimoni per i lanciatori: Elena Ghezzi e Stefano Scovenna si sono
sposati il 27 novembre a Bergamo. Erano
presenti diversi goumier che hanno potuto festeggiare questa coppia che proprio al
Goum si è incontrata.
A
nche Francesco Rossi si è sposato: con
Fiammetta Murino, il 4 dicembre ad Assisi. Francesco e Fiammetta non si sono conosciuti al Goum, ma Fiammetta l’estate scorsa
vi ha partecipato, condividendo così anche
questo aspetto della vita di Francesco. Pure a
loro molti auguri da tutta la comunità Goum.
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SOMMARIO
Editoriale
di Maria Gioia Fornaretto
3
Ricordi dal Quarantesimo
di Francesco Scaravaggi
di sr Bettina Scaravaggi
di Giordano Missieri
di Sabrina Maifredi
5
Goum estate 2010
di Chiara Squassina
10
Sui deserti della meseta spagnola
di Roberto “Kavia” Calzolari con Giulia Bucchioni
12
A Francesco da Paola
di Paola Loisotto
14
Ora sei con il Risorto
di sr Bettina Scaravaggi
17
Gioia e dolore, compagni di cammino, nella
19
rappresentazione iconografica
Notizie di qui e di là
20
Croce del Sud Ognissanti 2010
Bollettino dei goumier italiani, fratello de “À la belle étoile”, francese.
La ricevono a casa coloro che hanno fatto un raid negli ultimi quattro anni e chi lo
ha espressamente richiesto. La quota di abbonamento è compresa nell’iscrizione
a un raid Goum e vale quattro anni. Chiunque può abbonarsi spedendo € 10 a
Luigi Perico, via Nembrini 6, 24027 Nembro (Bg).
A questo numero hanno collaborato Maria Gioia e Fabio Cenci, Betty e Roberto
Cociancich, Federica e Lorenzo Locatelli, Elena e Stefano Scovenna, Gigi Perico,
Francesco Scaravaggi, sr Bettina Scaravaggi, Giordano Missieri, Sabrina Maifredi,
Chiara Squassina, Roberto “Kavia” Calzolari, Giulia Bucchioni, Paola Loisotto.
Redazione a cura di Maria Gioia Fornaretto.
Impaginazione a cura di Lorenzo Locatelli.
Stampato in proprio e spedito grazie a Gigi Perico e fra Marcello Longhi/Sui tuoi
passi. Tiratura in 400 copie. Chiuso in redazione il 4 febbraio 2011.
Recapiti: [email protected]
Croce del Sud c/o Cenci, via Marx 36, 20153 Milano.