Don Bosco: cuore che vede

Transcript

Don Bosco: cuore che vede
Don Bosco: cuore che vede
don Giuseppe Ruta
«Le radici dell’occhio sono nel cuore […] l’occhio vede dal cuore. Questo intendeva dire
Agostino, quando diceva che soltanto l’amore è capace di vedere. Ora il ―cuore puro‖ è
il giusto amore del cuore. Quest’amore non comincia con il desiderio ma con il
rispetto. Il suo primo atto non è un protendersi, ma un ritrarsi. Esso rinuncia cioè a
fare dell’amato un frammento del proprio mondo; concede libero spazio alla sua
esistenza ed è pronto ad andargli incontro e ad accoglierlo nel proprio spazio
esistenziale. Soltanto se nasce almeno un germe in tal processo, l’occhio può
realmente vedere un essere umano» (R. Guardini).
La prima Enciclica scritta da Benedetto XVI Deus caritas est (DCE) nella
sua unitarietà tematica e nella sua poliedrica articolazione, presenta un motivo
architettonico particolare, messo in risalto solo en passant nei commenti finora
editi: il punto di prospettiva particolare che guarda agli occhi e al cuore.
A partire dal testo, è possibile cogliere lo
sguardo illuminato e illuminante di Don Bosco e
riconsiderare
qualche
particolare
momento
dell’esperienza di quanti hanno incrociato i propri
occhi con quelli suoi. Sono in tanti che hanno avuto
la fortuna di venire a contatto con il suo cuore,
grazie alla profondità del suo sguardo che affascina e
che attrae. Poche pennellate saranno sufficienti per
far riflettere lo splendore che promana dal volto di
Gesù Cristo e, di riflesso, dal volto di Don Bosco.
1. Guardarsi attorno
«Il programma del cristiano — il programma del buon Samaritano, il programma
di Gesù — è «un cuore che vede». Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e
agisce in modo conseguente» (DCE 31).
Don Bosco è un cuore che vede1. Noi crediamo, sulla scia di coloro che
l’hanno conosciuto, che gli occhi limpidi e compassionevoli di Gesù siano
diventati quelli di Don Bosco. Il nostro padre ha fatto suo il cuore di Cristo, nella
consapevolezza di realizzare il progetto di Dio Padre che consiste unicamente nel
«fare di Cristo il cuore del mondo»2. Entrare in questa prospettiva significa aprire
gli occhi e dilatare il cuore.
«Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su
come Egli mi ama. […] Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono
un unico comandamento. Entrambi però vivono dell’amore preveniente di Dio che
ci ha amato per primo. […] Allora imparo a guardare quest’altra persona non più
soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di
Gesù Cristo. […] Io vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all’altro ben più che
le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha
bisogno» (DCE 18).
Cfr. P.L. CAMERONI, Don Bosco un cuore che vede. L’amore nella pratica educativa alla luce
dell’enciclica Deus Caritas est, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2006.
2
Liturgia delle ore, Lunedì della seconda settimana, Vespri, antifona 3.
1
Basta leggere le Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales scritte da
Don Bosco e le Memorie Biografiche per cogliere il tipo di discernimento che Don
Cafasso esige da Don Bosco: «Andate per le strade di Torino e guardatevi
attorno…». Il suo direttore spirituale, però, non lo lascia solo in tale esplorazione
del mondo giovanile, ma gli si pone a fianco, come Don Bosco stesso ebbe a
confidare nelle Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales (seconda decade,
11):
«Per prima cosa egli prese a condurmi nelle carceri, dove imparai tosto a conoscere
quanto sia grande la malizia e la miseria degli uomini. Vedere turbe di giovanetti,
sull’età dei 12 ai 18 anni, tutti sani, robusti, d’ingegno svegliato, ma vederli là
inoperosi, rosicchiati dagli insetti, stentar di pane spirituale e temporale, fu cosa
che mi fece inorridire. L’obbrobrio della patria, il disonore delle famiglie, l’infamia
di se stesso erano personificati in quegli infelici. […] – Chi sa, diceva tra me, se
questi giovanetti avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li
assistesse e li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano
tenersi lontani dalla rovina o almeno diminuito il numero di coloro che ritornano
in carcere? – Comunicai questo pensiero a D. Cafasso, e col suo consiglio e co’
suoi lumi mi sono messo a studiar modo di effettuarlo, abbandonandone il frutto
alla grazia del Signore, senza cui sono vani tutti gli sforzi degli uomini».
In questa espressione si palesa subito il passaggio dagli occhi al cuore, dal
cuore alla grazia di Dio che, come fonte luminosa, illumina e riscalda.
2. Guardare avanti
L’inizio del film di Leandro Castellani è
emblematico ed espressivo: Don Bosco, ormai avanti è
sulla sedia a rotelle in orazione nella Basilica di Maria
Ausiliatrice e in vena di ricordi, si rivede ragazzo
mentre cammina sulla corda tra gli schiamazzi dei suoi
amici. Quel procedere lento e deciso da funambolo
costituisce per il regista la metafora dell’intera
esistenza del Santo dei giovani. Ecco il commento che
rende il pensiero di Don Bosco: «Il mio segreto, il
segreto degli anni di ragazzo, guardare diritto davanti a
me, non fermarsi, non volgere lo sguardo da una parte
e dall’altra, con il vuoto sotto i piedi, guardare diritto
davanti a me, con lo sguardo rivolto al Signore… Tutto
è compiuto. Io non sono altro che una cicala che canta
e poi muore».
Nonostante tutte le difficoltà, Don Bosco è andato avanti con forza e
coraggio. Coloro che gli sono stati più vicini, i salesiani della prima generazione,
testimoniano concordi: «Viveva come se vedesse l’invisibile» (Eb 11, 27; cfr. Cost.
SDB, n. 21).
«Io lo vedo già fatto – vedo una chiesa – vedo una casa – vedo un recinto per la
ricreazione, questo c’è ed io lo vedo» (Cenno storico dell’Oratorio di S. Francesco di
Sales, in DBE 118-124).
Anche se, nei primi tempi, Don Bosco si imbatte in problemi e difficoltà ed
esperimenta l’amarezza della solitudine, trova il coraggio, nonostante tutto, di
non fermarsi e di andare avanti… valorizzando in pieno il dono della vita:
«Figlioli miei, pensiamo in questo momento ad un massimo nostro dovere: ed è che
dobbiamo fare buon uso della salute in servizio e gloria di Dio. La salute è un gran
dono del Signore e tutta per lui noi dobbiamo impiegarla. Gli occhi debbono vedere
per Dio, i piedi camminare per Dio, le mani lavorare per Dio, il cuore battere per
Dio, tutto insomma il nostro corpo deve servire per Dio finché siamo in tempo; in
modo che quando Dio ci toglierà la salute e ci avvicineremo all’ultimo giorno, la
coscienza non abbia a rimproverarci di averne usato male» (MB VII, 834-835).
3. Guardare in alto
Ma Don Bosco non guarda soltanto attorno e in avanti, ma come un
pescatore abile a mare aperto sa cogliere i segreti delle costellazioni, i segni che
vengono dall’alto. Piedi ben fissi per terra, ma con gli occhi rivolti al cielo, egli
guarda in alto, senza mirare in alto, senza mai montarsi la testa, mantenendosi
sempre «umile, forte e robusto»:
«Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37),
comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: « Dio è
amore » (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì
deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo, il cristiano
trova la strada del suo vivere e del suo amare (DCE 12).
E continua il papa Benedetto XVI:
«abbiamo potuto fissare il nostro sguardo sul Trafitto (cfr Gv 19, 37; Zc 12, 10),
riconoscendo il disegno del Padre che, mosso dall’amore (cfr Gv 3, 16), ha inviato il
Figlio unigenito nel mondo per redimere l’uomo (DCE 18).
Impressionante è il richiamo di questa espressione pontificia con il senso
dell’orientamento avvertito profondamente da Don Bosco nella sua esistenza.
Nella prima udienza avuta con il successore di Pietro, Pio IX così interrogò Don
Bosco:
«- Fra le scienze, alle quali vi siete applicato, quale è quella che vi è maggiormente
piaciuta?
- Santo Padre, rispose Don Bosco. Non sono molte le mie cognizioni; quella però che
mi piacerebbe e desidero è scire Jesum Christum et hunc crucifixum [1Cor 2,2).
- A questa risposta il papa rimase alquanto pensoso e forse, volendo mettere alla
prova questa sua dichiarazione, gli manifestò come fosse stato molto soddisfatto
per la riuscita degli esercizi spirituali alle detenute e che, per dargli un pegno della
sua stima ed affezione, aveva risoluto di nominarlo suo cameriere
segreto, col titolo di monsignore. Don Bosco, che non aveva mai
ambito onori, modestamente ringraziò il pontefice, dicendogli in bel
modo e scherzando: - Santità! Che bella figura io farei quando fossi
monsignore in mezzo ai miei ragazzi! I miei figli non saprebbero più
riconoscermi ed avere in me tutta la loro confidenza se dovessero
darmi il titolo di monsignore! Non oserebbero più avvicinarsi e
tirarmi ora da una parte ed ora dall’altra come fanno adesso. E poi
il mondo, per questa dignità, mi crederebbe ricco ed io non avrei
più coraggio di presentarmi a questuare per il nostro Oratorio e per
le nostre opere. Beatissimo Padre! È meglio ch’io resti sempre il
povero don Bosco!» (MB V, 883-884).
4. Guardare dentro
Don Bosco aveva l’occhio scrutatore e sapeva entrare nell’intimo dei
salesiani e di ciascun giovane, indovinandone il carattere, l’ingegno ed il cuore.
Tale profondità di sguardo gli deriva dalla sua unità interiore, frutto di grazia e di
natura a guardarsi attorno, a guardare avanti, a guardare in alto. Così si legge
nelle Memorie Biografiche:
«Con il suo sguardo misurato, calmo, sereno, s’impossessava
del pensiero altrui con attrazione irresistibile e con la stessa
forza, quando lo voleva, era egli stesso compreso. Spesso con
un motto, un sorriso, accompagnato dallo sguardo fisso,
valeva una domanda, una risposta, un invito, un discorso
intero… Tante volte Don Bosco guardava un giovane in
modo così particolare, che i suoi occhi dicevano ciò che il
suo labbro in quel momento non esprimeva e gli faceva
comprendere ciò che desiderava da lui. E il buon giovane rispondendogli col labbro
stupiva di aver perfettamente compreso il ragionamento intellettuale di Don Bosco.
Talvolta si trattava di cose che non avevano alcuna relazione con ciò che prima era
detto, oppure si aveva in quell’istante visto od operato; era personalmente
un’interrogazione che personalmente non riguardava l’interrogato: un comando,
un avviso, un consiglio per la scuola, per la ricreazione o per altro. E si intendeva
benissimo. Sovente seguiva con lo sguardo un giovane in qualunque parte egli
andasse del cortile e dei portici, mentre egli conversava tranquillamente con altri.
Ma ad un tratto lo sguardo di quel ragazzo s’incontrava con quello di Don Bosco e
leggendo in quell’occhio così limpido un desiderio di parlagli, veniva a chiedergli
che cosa volesse da lui. E Don Bosco glielo diceva all’orecchio. Non di rado, mentre
aveva innanzi molti allievi, ne fissava uno o due, facendo con la mano quasi visiera
ai suoi occhi, come chi è contro luce e vuole veder meglio e pareva penetrasse
nell’intimo del loro cuore. Essi restavano confusi, moriva sul loro labbro la parola e
sentivano in sé che egli conosceva qualche loro segreto. E infatti leggeva nel loro
volto qualche oscurità di colpa o di rimorso. Un suo leggero muover di capo allora
bastava: non vi era più bisogno di altro invito; restava solo da stabilire il momento
della confessione…» (MB VI, 420-421).
A conclusione, due piccoli fatti ci fanno toccare con mano la concretezza di
quanto affermato:
-
-
«A chi vedeva fornito di perspicace intelligenza, Don Bosco talora domandava:
Mi dai la chiave?
Quale chiave? – gli chiedeva il giovane con sorpresa – Quella del baule?
Quella del tuo cuore! – rispondeva Don Bosco, prendendo un contegno
affabilmente maestoso.
Oh sì! Volentieri! Subito! Anzi gliel’ho già data!» (MB VI, 382-383).
Confida il maggiore biografo di Don Bosco, Don Lemoyne:
«Mi narrava un giovane già adulto, che stette nell’Oratorio più anni, ed è tuttora
vivente a Torino [si è nel 1895], e sempre uomo di religione, che andato alla sera,
come soleva, a confessarsi da Don Bosco, era rimasto l’ultimo di quanti
l’attorniavano. Già incominciava a farsi buio, e don Bosco, udita la sua confessione
, gli disse: - Hai fiammiferi? – Sì, che ne ho! Rispose quegli e già li ricercava in
tasca, credendo che don Bosco volesse accendere un lume. Ma don Bosco gli
soggiunse: - Ebbene accendi un po’ d’amor di Dio nel tuo cuore» (MB VII, 12).
E’ questo l’augurio che Don Bosco rivolge a ciascuno di noi! Il Signore ci
conceda, almeno in parte, di avere gli occhi, la mente e il cuore di Don Bosco…