La ricerca del tartufo

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La ricerca del tartufo
La ricerca del tartufo
Raffaele Bassi
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L'uomo, anche se riesce ad identificare la pianta che ospita il tartufo, difficilmente è in grado di
localizzare la posizione esatta del prezioso «tubero». Di conseguenza, senza l'ausilio di un cane capace
e dotato di un fiuto eccezionale, sarebbe costretto a passare sistematicamente il terreno con un
attrezzo da lavoro provocando un sensibile danno alla tartufaia. Il tutto per conseguire risultati poco
soddisfacenti. Quanto detto vale per la ricerca sia del tartufo allo stato spontaneo che di quello
coltivato.
Le disposizioni di legge in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi e
conservati destinati al consumo affermano che la raccolta del tartufo si può praticare con l'ausilio del
cane . Per la sua docilità, non disgiunta da quel particolare rapporto di amicizia e collaborazione che lo
lega al tartufaio, il cane ubbidisce ai comandi anche quando questi vengono impartiti con un semplice
gesto o con un'occhiata. E dotato di un olfatto finissimo che gli permette di localizzare i tartufi a
profondità elevate, e di una vista acuta che gli consente di vedere bene anche nelle ore notturne, mentre
grazie alla mole ridotta può perlustrare pure le zone più impervie e difficili. Possono essere impiegati
cani sia di sesso femminile che maschile. Il cane non ha necessità di essere tenuto al guinzaglio durante
il lavoro di ricerca e dopo la localizzazione del tartufo si accontenta di un modesto riconoscimento (un
crostino di pane o un pezzo di grissino). A volte però l'istinto dell'animale prevale. Accade per esempio
che, in presenza di selvaggina, oppure quando si opera con un maschio in zone frequentate da femmine
m calore, il cane si distragga dal lavoro di ricerca. Possono verificarsi anche dei casi in cui il cane, pur
essendo capace di localizzare il tartufo, sia restio ad iniziare la cosiddetta «raspata» nel terreno che
serve ad indicare al tartufaio il punto esatto in cui si trova il «tubero».
Alcune razze di cani, tipo Setter e Pointer e gli incroci derivanti da questi, sono particolarmente veloci
durante la ricerca e, sovente, sfuggono al controllo del tartufaio, oppure può accadere che non captino il
profumo, talvolta molto tenue, dei tartufi esistenti nella zona. Fino a pochi anni fa, in Italia non esisteva
una razza specializzata per questa particolare attività.
Fino al 15 ottobre 1991. In quella data infatti il Lagotto romagnolo è stato riconosciuto ufficialmente
dall'Enci (Ente nazionale della Cinofilia italiana) come la 13'' razza canina italiana, con la
denominazione specifica di «cane da tartufi» (Fig. A).
Considerata l'eccezionalità dell'avvenimento che dimostra l'interessamento dei cinofili, dei tecnici, dei
genetisti e, sicuramente, anche dei tartufai professionisti, il cane Lagotto romagnolo merita una
descrizione approfondita ed appropriata. Gli autori della selezione affermano che il Lagotto romagnolo
è una razza che da secoli esisteva nel territorio Emiliano-Romagnolo e che nessuno aveva mai pensato
di valorizzare.
Le origini di questo cane sono orientali e vengono ritenute antichissime e riconducibili al Canis
familiaris palustris, vissuto dal decimo al quinto millennio a.C., denominato anche cane delle torbiere e
delle paludi e probabile antenato di molte razze canine.
Nella necropoli etrusca di Spina, in provincia di Ferrara, sono state ritrovate delle raffigurazioni di
caccia e pesca ove compare un cane simile al Lagotto romagnolo. Il nome Lagotto romagnolo deriva
sicuramente dalla primitiva funzione di cane da acqua (di lago, di fiume, di palude). In pratica il
Lagotto romagnolo era un cane da caccia che per ore e ore si tuffava, anche in pieno inverno, nelle
acque degli stagni, dei laghi e delle paludi e riportava i volatili abbattuti dai cacciatori.
Questo comportamento «anfibio» era reso possibile dalla compattezza della pelliccia formata da pelo
lungo e riccio con abbondante e spesso sottopelo: un vero e proprio strato impermeabile e
idrorepellente che impediva all'acqua di raggiungere la pelle dell'animale.
Lagotto romagnolo
Con la bonifica delle paludi
la sua funzione di cane da
riporto
è
risultata
sensibilmente ridimensionata
e, per la spiccata attitudine alla
cerca,
la
disponibilità
all'addestramento
ed
il
finissimo e ottimo olfatto, il
Lagotto romagnolo è diventato
uno dei migliori cani da tartufi.
La
selezione
e
la
ricostruzione
genetica
e
morfologica
del
Lagotto
romagnolo, impostata su basi scientifiche, e iniziata verso la metà degli anni Settanta. Lo scopo era
quello di riportare m purezza la razza che risultava in una fase degenerativa e realizzare un tipo di cane
che, cancellato l'istinto venatorio, potesse essere specializzato nella ricerca del tartufo.
Il Lagotto romagnolo è un cane lingotto romagnolo di taglia medio-piccola, facile al trasporto con
qualsiasi mezzo, di temperamento docile ed affettuoso, rustico, sobrio, resistente alla fatica, al freddo,
all'umidità e alla pioggia. E’ un cane intelligente, con un fiuto eccezionale. Nel lavoro di ricerca, a
differenza di altri cani, non viene distratto dalla selvaggina, non si allontana dalla vista del tartufaio e
può essere considerato un accanito tastatore del terreno, che annusa in continuità. E un cane precoce, di
facile addestramento e capace, per la taglia modesta e la rusticità, di penetrare nell'interno dei boschetti
più intricati senza subire danni; per questo motivo può essere adibito alla ricerca del tartufo su qualsiasi
tipo di terreno.
Il mantello del Lagotto romagnolo e costituito da un pelo a tessitura lanosa, semiruvido m
superficie, riccio, con evidente sottopelo. Il pelo deve essere annualmente (in pianura) sottoposto a
tosatura in quanto tende a infeltrirsi. Il colore vana dal bianco sporco uniforme al bianco con macchie
marroni o arancio, al roano-marrone e all'arancio uniforme. Il Lagotto romagnolo misura 43-48 cm al
garrese nei maschi e 41-46 cm nelle femmine. Il peso può essere di 13-16 kg nei maschi e 11-14 nelle
femmine. Attualmente la consistenza numerica della razza m Italia è valutabile sui 3.500-4.000
esemplari. Oltre al Lagotto romagnolo vi sono anche altre razze di cani per la ricerca del tartufo. Quelle
ritenute più idonee sono le seguenti (Fig. C):
1-Pointer. E’ un cane dotato di un fiuto finissimo, veloce, instancabile, obbediente e di facile
addestramento. La sua velocità nella ricerca può essere la causa della mancata identificazione dei
tartufi presenti nella zona esplorata.
2-Bracco italiano. E un cane vigoroso, resistente, piuttosto pesante e lento. Presenta un discreto olfatto
e predisposizione all'apprendimento.
3-Spinone italiano. E la razza canina fino ad oggi più utilizzata nella ricerca del tartufo. E
caratterizzato da una taglia medio-grossa e dotato di un fiuto sensibilissimo, notevole resistenza alla
fatica e facilità di apprendimento; è un cane ubbidiente e non troppo veloce.
4-Springer spaniel inglese. E un cane di piccola taglia (altezza massima 50 cm al garrese), docile,
mite, resistente, di facile addestramento e dotato di un ottimo fiuto. Il suo impiego è
valido soprattutto nelle zone caratterizzate da una vegetazione intricata e di difficile penetrazione per i
cani di grossa taglia. Si affezione al proprietario e gli ubbidisce anche solo attraverso occhiate e gesti.
5-Epagncul Breton. E un cane di taglia medio-piccola resistente alla fatica, al freddo e alla pioggia,
di buon fiuto e mediamente veloce nell'attività di ricerca. Viene impiegato sovente per incroci con
Griffone, Pointer e Bracco al fine di ottenere soggetti di taglia ridotta. Simile a questo soggetto, ma di
taglia più grossa, è il Setter inglese. Molto spesso vengono utilizzati cani ottenuti da incroci tra le razze
precedentemente descritte.
L'utilizzo del cane nella cerca del tartufo è subordinato ad un severo e specifico addestramento che
richiede un notevole impegno da parte dell'addestratore. Chi volesse dedicarsi alla ricerca dei tartufi
normalmente ha di fronte due alternative nella scelta del cane: può acquistare un cane già addestrato
oppure un cucciolo dell'età di pochi mesi da addestrare.
Nel primo caso dovrà sostenere un costo sensibilmente più elevato e tener presente che il passaggio
da un proprietario ad un altro rappresenta sempre un trauma per l'animale. Si renderà quindi necessario
poca ed approfondita conoscenza favorita da comportamenti affettuosi da parte del nuovo
proprietario, tendenti a facilitare l'adattamento al nuovo ambiente.
Nel caso invece che decidiate di acquistare un cucciolo si renderà necessario un periodo di
addestramento iniziale che viene svolto gradualmente per un periodo di 7-8 mesi. L'addestramento
deve iniziare molto presto cioè, se possibile, già all'età di 3 mesi e comunque non oltre gli 8 mesi, e
fino dal suo inizio deve manifestarsi un perfetto affiatamento fra il cane e l'addestratore, indispensabile
per raggiungere dei risultati positivi.
La ricerca dei tartufi può essere effettuata anche con cani di razze da caccia:
1 -Pointer.
2-Bracco italiano
3-Spìnone italiano.
4-Springer spaniel inglese.
5-Epagneul Breton
Si inizia facendo annusare al cane dei piccoli frammenti di tartufo, in modo che questi diventi l'odore
preferito per l'animale, e si continua abituando il cane a rintracciarli dopo averli Razze di cani
impiegate per la cerca del tartufo ed un gesto (che non dovrà in futuro essere cambiato), sollecitando
così lo stimolo alla ricerca.
Successivamente si interrano i frammenti di tartufo avvolti in uno straccio e ad ogni ritrovamento del
piccolo sacchetto di tartufi, il cane sarà premiato con un crostino di pane e una carezza. Quando il cane
avrà raggiunto una buona preparazione nell'individuazione dei campioni nascosti, occorrerà stimolare i
soggetti restii all'escavazione, la cosiddetta «raspata del terreno» eseguita con le zampe. In questo caso
si adottano sistemi diversi ma tutti tesi ad abituare il cane a scavare il terreno dopo la localizzazione per
raggiungere il tubero; il sistema più diffuso e quello di interrare un giorno prima, a profondità
crescente, dei piccoli tartufi evitando di toccarli con le mani nude per non inquinare il profumo e
localizzandoli con un paletto.
Non appena il cane avrà raggiunto una discreta capacità di localizzazione e di escavazione, si potrà
continuare l'addestramento nelle tartufaie e nei luoghi dove si ha la certezza della presenza di tartufi.
Per valutare il livello di addestramento del nostro giovane allievo si provvederà a localizzare il giorno
prima l'esistenza dei tartufi con un cane addestrato, picchettando i punti dove questo ha riscontrato la
presenza dei tuberi, si potranno così verificare le reali capacità del soggetto in addestramento.
Se la valutazione del soggetto risulta positiva si passa gradualmente alla fase di perfezionamento che
consiste nell'eliminazione dei cosiddetti vizi (ritorno dell'istinto venatorio alla presenza di selvaggina,
distrazioni provocate da tracce lasciate da altri cani, eco.).
L'attività di addestramento e successivo perfezionamento deve essere svolta in modo costante dalla
stessa persona e senza interruzione. Il cane infatti dimentica facilmente gli apprendimenti e le lezioni.
All'età variabile fra i 4 e 6 anni il cane avrà raggiunto la piena preparazione e sarà considerato un
perfetto e insostituibile ausiliario dell'uomo nella ricerca del tartufo.
Prima di chiudere questo capitolo si ritiene opportuno evidenziare che:
- la capacità innata dell'apprendimento è considerata un elemento determinante nell'addestramento del
cane; essa oltre che dalla razza, dipende, sovente, dai singoli soggetti (m una stessa cucciolata spesso
non tutti i cuccioli sono ugualmente predisposti all'addestramento);
qualunque sia la razza e la genealogia, se manca nel soggetto la capacità di apprendimento, conviene
non insistere nell'addestramento e cambiare cane;
- la castratura dei maschi, che in qualche caso viene effettuata per evitare che il cane venga distratto
dalla presenza o dalle tracce lasciate da una femmina in calore, è una pratica crudele che, oltre ad
essere contro natura, toglie al soggetto l'istinto alla ricerca e lo stimolo alla localizzazione del tartufo;
- è una buona regola non impiegare per la ricerca le femmine in calore nelle tartufaie naturale
frequentate da tartufai accompagnati da cani di sesso maschile;
- se il cane commette qualche errore dovuto a distrazioni o a fenomeni istintivi, va rimproverato con
severità ma non va mai picchiato;
- un'ora prima di iniziare l'attività di ricerca va distribuito al cane un pasto non molto abbondante;
- la simpatia e la migliore collaborazione si ottengono sempre distribuendo il giusto premio dopo il
ritrovamento del tartufo e trattando il cane con dolcezza, giustizia e generosità.
Nelle tartufaie naturali o coltivate, con il cane perfettamente addestrato, il raccoglitore non appena il
cane ha localizzato il tartufo lo lascia scavare e l'aiuta nello scavo se prevede che il «tubero» si trovi m
profondità oppure lo interrompe quando ritiene che questo risulti localizzato in superficie.
Lo scavo del tartufaio deve essere eseguito con cautela per non rovinare il tartufo.
Generalmente il cercatore esperto è in grado di scavare anche a grandi profondità, senza arrecare
alcun danno al tartufo. Gli attrezzi impiegati nello scavo sono sempre di piccole dimensioni e di forma
diversa a seconda delle zone e delle regioni. Se il tartufo è dislocato in superficie si impiega
solitamente una zappetta, si usa invece una piccola vanga nel caso il «tubero» si trovi in profondità.
Gli attrezzi sono m genere dotati di un corto manico (50-60 cm) che ne facilita l'impiego ed il trasporto.
Per evitare un danneggiamento al terreno delle tartufaie ed alle micorrize, occorre evitare di lasciare
delle buche più o meno profonde nel terreno o ricorrere addirittura alla zappa per una ricerca
indiscriminata senza l'ausilio del cane.
La cerca del tartufo eseguita in modo irrazionale crea i presupposti per rendere improduttiva la
tartufaia.