intassabilità dei canoni percepiti per bene locato poi

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intassabilità dei canoni percepiti per bene locato poi
INTASSABILITÀ DEI CANONI PERCEPITI
PER BENE LOCATO POI DISTRUTTO
Sommario: 1. Premessa – 2. Il nodo centrale della questione: l’impossibilità sopravvenuta della
prestazione nella locazione… - 3. …sue conseguenze sulla tassabilità dei canoni di locazione versati
anticipatamente.
1. PREMESSA
Con la sentenza del 30 gennaio 2006 n. 1980 la Suprema Corte di cassazione, sez. tributaria,
rigettava il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sig.ra … . La sig.ra … in primo
grado dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, aveva impugnato l’avviso di accertamento
emesso dall’Ufficio distrettuale con cui veniva rettificato in aumento il reddito da fabbricati dalla stessa
dichiarato per l’anno 1992. Dall’accertamento effettuato emergeva che la sig.ra comproprietaria del ...
(distrutto a causa di un incendio) aveva ricevuto dalla società ... (cui l’ immobile era stato concesso in
locazione) il canone di locazione anticipato per il periodo 4 ottobre 1991 - 3 ottobre 1992. La ricorrente
sosteneva, in seno all’atto introduttivo del giudizio, che l’immobile distrutto dall’incendio era divenuto
improduttivo di reddito e mancando i presupposti per il pagamento del canone mancavano anche i
presupposti per la tassazione. Costituitosi il contraddittorio la Commissione provinciale rigettava il
ricorso. Avverso tale sentenza la sig.ra … proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che
accoglieva le doglianze della ricorrente ed ordinava, per l’effetto, all’Ufficio di restituire la somma
indebitamente iscritta a ruolo.
2. IL
NODO CENTRALE DELLA QUESTIONE: L’IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA DELLA
PRESTAZIONE NELLA LOCAZIONE…
Nel caso sottoposto all’esame della Corte di cassazione, il contratto di locazione (tipico
contratto sinallagmatico per cui la prestazione di una parte è in funzione dell’altra e il vizio o difetto che
colpisce l’una incide necessariamente sull’altra) avente a oggetto un immobile è venuto meno a seguito
del sopravvenuto perimento della cosa locata.
L’impossibilità della prestazione può verificarsi, in relazione a fatti sopravvenuti, con riguardo
alla obbligazione del locatore di assicurare al conduttore il godimento di un determinato bene immobile.
Uno degli eventi che può determinare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione del locatore è la
distruzione del bene locato a causa di un incendio che comporta, in ogni caso, l’automatico
scioglimento del contratto di locazione. Tale regola era espressamente stabilita dalla disposizione
dell’art. 1578 c.c. del 1865 secondo cui se durante la locazione la cosa locata è totalmente distrutta, il contratto è
sciolto di diritto in tale caso non si fa luogo a veruna indennità se la cosa è perita per caso fortuito. La norma
disponeva da un lato lo scioglimento del contratto in ogni caso di distruzione della cosa locata dall’altro
lato l’esonero dal pagamento di veruna indennità se la causa della distruzione fosse stata un evento
fortuito, sottintendendo, come è evidente che nel caso, invece, di distruzione cagionata da un fatto
imputabile ad una delle due parti, la parte a cui l’evento fosse stata imputabile avrebbe dovuto all’altra
qualche cosa. Nel nuovo codice non si trova ripetuta la norma citata ma la dottrina è unanime1 nel
rilevare che tale ripetizione sarebbe stata inutile dal momento che le ipotesi della distruzione totale o
parziale della cosa locata sono già previste implicitamente dagli artt. 1463 e 1464 c.c. i quali, con
riguardo ai contratti con prestazioni corrispettive, disciplinano in via generale ed astratta l’incidenza del
rischio inerente all’impossibilità sopravvenuta, dipendente da causa non imputabile al debitore di una
delle prestazioni medesime. Ne consegue che se la cosa locata perisce per caso fortuito, l’obbligo del
Mirabelli in Locazione, p. 392; Tabet in Locazione- conduzione, pp. 402 e ss.; Piola, In tema di impossibilità sopravvenuta della
prestazione, in Giur. merito, 1976, I, p. 432.
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locatore si estingue e conseguentemente si estingue anche quello del conduttore. Ma l’obbligo che si
estingue per primo, determinando l’ estinzione anche di quello reciproco del corrispettivo è quello
appunto di far godere in quanto la distruzione della cosa rende impossibile l’adempimento di una
prestazione che ha per oggetto oltre alla creazione anche la conservazione di una situazione di fatto che consenta
al conduttore l’utilizzo del bene.
Qualora la perdita della cosa avvenga a causa di un incendio o di altro evento, determinandosi
l’impossibilità sopravvenuta della prestazione principale, si estingue la relativa obbligazione e si ha la
risoluzione della locazione in forza del principio generale di cui all’art. 1463 c.c.. Tale tesi è stata
confermata dalla Suprema Corte2, secondo la quale la totale distruzione dell’immobile locato a seguito di incendio
comporta, secondo i principi generali l’estinzione della locazione, per la permanente impossibilità per il conduttore di godere
del bene, con la conseguente cessazione della sua obbligazione per il corrispettivo, con riferimento al periodo successivo alla
perdita dell’immobile, sino alla scadenza del rapporto quale originariamente stabilita .
Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione3 l’ipotesi di distruzione del bene
locato ricorre non solo nel caso in cui questo sia totalmente distrutto, ma anche quando la rovina, pur
essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene in modo che, con riferimento alla
sua organica individualità e alla sua destinazione, ne sia pregiudicata definitivamente la funzionalità e
l’attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto.
Emerge che la distruzione del bene locato, rendendo oggettivamente impossibile assicurarne il
godimento comporta in ogni caso risoluzione automatica del rapporto di locazione sin dal momento in
cui la distruzione ha avuto luogo. Pertanto, in tale fattispecie, non vi può essere spazio per una
risoluzione del contratto per inadempimento nemmeno se la causa della distruzione fosse imputabile
all’una o all’altra delle due parti, poiché l’iniziativa del conduttore o del locatore di provocare la
risoluzione del contratto per inadempimento colpirebbe un rapporto che è già risolto per l’impossibilità
sopravvenuta di una delle due prestazioni che ne costituivano i termini.
Un inciso appare, a questo punto, necessario. Se la cosa locata perisce il conduttore è, fino a
prova che il perimento è avvenuto per causa a sé non imputabile, inadempiente all’obbligazione di
custodire.
Se, invero, va senz’altro riaffermato che la definitiva inutilizzabilità del bene locato a seguito di
un incendio devastante “comporta l’estinzione della locazione per la permanente impossibilità del
conduttore di godere del bene” (così, da ultimo, Cass. n. 4799 del 2001), deve anche precisarsi che
allorché la causa dell’impossibilità della prestazione del locatore, comportante effetti risolutivi ex art.
1463 c.c., dipende dall’irrimediabile deterioramento del bene imputabile al conduttore (come assunto
dalla contribuente, nel caso di specie, a giustificazione per trattenere a titolo di acconto per risarcimento
del danno la somma ricevuta dal conduttore a titolo di canone locativo) questi è tenuto a risarcire al
locatore sia il da nno (emergente) da perdita o deterioramento della cosa locata, sia il danno conseguito
al mancato guadagno (lucro cessante) conseguente all’evento risolutivo non voluto dal locatore, pari ai
canoni pattuiti e calcolati sempre avendo riguardo al tempo dell’avvenuta restituzione in relazione alla
scadenza contrattuale.
La regola appena esposta, che si ricava facilmente dai principi generali, è espressamente dettata,
del resto, dal codice civile, nella disciplina specifica del contratto di locazione, con la disposizione
dell’art.1588 c.c., ai sensi della quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che
avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui
non imputabile. Si noti che sebbene la norma sia formulata in termini generali il legislatore ha sentito
l’esigenza di compiere un accenno specifico al caso dell’incendio: e ciò non già perché si possa
fondatamente dubitare, sul piano razionale, che in caso di incendio la regola sarebbe stata diversa
quanto piuttosto perché, essendo l’incendio la causa più frequente di distruzione di beni immobili si è
ritenuto necessario eliminare ogni dubbio in proposito e ricondurre anche ’lincendio alla disciplina
generale. Così, il conduttore risponde anche dell’incendio finché non provi che esso non è dipeso da
fatto suo; ciò che è del resto ben comprensibile derivando normalmente l’incendio dal fatto di chi sta
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Cass. civ. n. 4799 del 2001 in Resp. civ. e prev., 2001, p. 1211.
Cfr. Cass. n. 1045 del 1955; Cass. n. 1092 del 1959; Cass. n. 3076 del 1962; Cass. 882 del 1971.
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dentro l’immobile il quale adopera ad esempio negligentemente l’impianto elettrico provocando
appunto l’incendio e la conseguente distruzione della cosa.
In tal caso la presunzione di colpa sancita dall’art. 1588 c.c. a carico del conduttore può essere
vinta unicamente mediante la dimostrazione che la causa dell’incendio non sia a lui imputabile; non è
quindi a tal fine sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, giacché
la sua assoluzione non comporta di per sé l’individuazione della causa, e la causa della perdita o del
deterioramento rimasta sconosciuta o anche dubbia rimane a carico del conduttore medesimo.
3. …SUE CONSEGUENZE SULLA TASSABILITÀ DEI CANONI VERSATI ANTICIPATAMENTE.
Nel caso de quo è venuto a mancare il presupposto impositivo con il venir meno dell’obbligo di
corrispondere il canone per la sopravvenuta impossibilità totale della prestazione ex art. 1463 c.c. in
conseguenza della distruzione della cosa locata.
L’art. 23 T.U. 22 dicembre 1986 n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi) stabilisce che i
redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei
soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale…….
per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di
immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della
conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le
imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto
nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un
credito di imposta di pari ammontare. Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale
sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il
reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.
Come è stato chiarito in seno alla motivazione di una importante decisione della Cassazione,
sez. trib., 7 maggio 2003 n. 69114 la rendita catastale è per definizione una rendita potenziale e non una
rendita effettiva, tant’è vero che può essere ridotta ove l’immobile non sia in concreto locato e sempre
collocandosi sul piano della potenzialità l’art. 23 del T.U. n. 917 del 1986 utilizza le parole
indipendentemente dalla percezione….. Dunque nel caso in cui non si debba far ricorso alla rendita
catastale i dati contrattuali forniscono solo una indicazione presuntiva; poiché - di consueto - i
proprietari percepiscono il canone indicato in contratto. Ma deve essere consentita la prova contraria
così come nel caso di specie avvenuto attraverso elementi indiziari (quale la procedura di sfratto per
morosità) che il giudice di merito ha con insindacabile e non contestato giudizio ritenuto congrui.
La medesima sentenza specifica che Nel caso di immobile concesso in locazione deve essere
assoggettata a tassazione agli effetti delle imposte sui redditi la relativa rendita catastale – e non il
canone previsto dal contratto – qualora il contribuente provi (nella specie, documentando la procedura
di sfratto per morosità) la mancata percezione del canone stesso” ed ancora: “In tema di
determinazione del reddito dei fabbricati, l’art. 35 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (ora art. 35 del
T.U. 22 dicembre 1986, n. 917), là dove stabilisce che "il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni
di locazione risultanti dai relativi contratti", deve essere interpretato - in conformità al principio di
capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost. ed a quello della buona fede previsto dall’art. 10 della L.
27 luglio 2000, n. 212, i quali impongono all’amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali nel senso che esso riguarda soltanto i criteri applicabili per la revisione della rendita catastale e non può
essere invocato nella diversa ipotesi di tassazione del reddito effettivo di un immobile. Ne consegue
che, nel caso in cui non si debba far ricorso alla rendita catastale, i dati risultanti dal contratto di
locazione forniscono solo un’indicazione presuntiva (poiché, normalmente, i proprietari percepiscono i
canoni indicati nel contratto), rispetto alla quale deve ritenersi consentita la prova contraria.
Pertanto, ai fini della dichiarazione dei redditi di fabbricati, quando non si può fare riferimento
ai dati catastali, i dati contrattuali (cioè quelli desunti da un contratto di locazione) forniscono una
indicazione presuntiva del canone pagato dal conduttore e percepito dal proprietario.
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Foro it. 2003, I, p. 1683.
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Quest’ultimo, però, ha la possibilità di dimostrare, attraverso precisi elementi (quale la
procedura di sfratto per morosità), di non aver effettivamente percepito i canoni di locazione
assoggettabili a imposizione tributaria.
Se questo è l’orientamento della Suprema Corte, in riferimento alla procedura di sfratto per
morosità, a fortiori deve ritenersi che la risoluzione per impossibilità sopravvenuta del contratto di
locazione conseguente alla distruzione dell’immobile comporta il venir meno del potere
dell’Amministrazione finanziaria di tassare i canoni seppur ricevuti anticipatamente. Il perimento del
bene sopravvenuto a causa di un incendio determina risoluzione del contratto. Tassare i canoni di
locazione ricevuti anticipatamente una volta risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta della
prestazione significherebbe contravvenire ai fondamentali principi di cui all’art. 53 Cost., secondo cui il
carico fiscale deve essere ragguagliato alla reale capacità contributiva - cioè alla effettiva ricchezza a
disposizione del contribuente - e all’art. 10 L. 27 luglio 2000 n. 212 che sancendo il principio di buona
fede impone all’Amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali (il locatore subirebbe il
rischio di dover dichiarare somme mai incassate).
Nel caso di risoluzione per impossibilità sopravvenuta cessato il rapporto sinallagmatico il
reddito del locatore subisce una diminuzione in conseguenza della mancata ricezione del canone di
locazione.
Come disposto dall’art. 1463 c.c., nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per
la sopravvenuta impossibilità (artt. 1256 e ss. c.c.) della prestazione dovuta non può chiedere la
controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta secondo le norme relative alla
ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). Quindi la parte locatrice deve restituire alla parte conduttrice la
somma ricevuta anticipatamente a titolo di canone di locazione.
Non importa poi che, eventualmente, la somma corrisposta resti ugualmente dovuta (ad es., a
titolo di risarcimento del danno per responsabilità del conduttore per omessa custodia ex articolo 2051
c.c.), poiché in tal caso si tratterebbe di un diverso titolo, da cui non può scaturire l’obbligo tributario in
parola. Infatti, nel caso di specie, la somma è stata trattenuta dal locatore non sulla base di un atto
fiscalmente rilevante quale il contratto di locazione ma ad altro titolo e, precisamente, in base al
disposto dell’art. 2051 c.c. che disciplina una fattispecie non significante in ambito tributario.
In conclusione, si può affermare il principio di carattere generale secondo cui non rileva che i
canoni di locazione siano stati versati anticipatamente al locatore e trattenuti dallo stesso a titolo di
risarcimento del danno poiché la distruzione dell’immobile, comportando il venir del rapporto
sinallagmatico, blocca il potere impositivo dell’Amministrazione finanziaria la quale non ha, così, più
titolo per sottoporre i canoni a tassazione.
Avv. Cristina Giunta
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