Preferirei di no - Documenti storici

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Preferirei di no - Documenti storici
Preferirei di no
le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini
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IL GIURAMENTO
L'8/10/1931 venne pubblicato il testo di un giuramento di fedeltà al regime fascista.
Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista, di
osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio
di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare
cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime Fascista. Giuro che non
appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concilii
con i doveri del mio ufficio.
Tutti i professori universitari del regno d'Italia erano invitati a sottoscrivere il
giuramento. Chi non firmava veniva deposto dall'incarico, oppure mandato in
pensione, in ogni caso cacciato. Nel 1931 c'erano oltre 1200 professori di ruolo nelle
regie università italiane. Di questi, 12 non giurarono.
ESTRATTO DEL MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI FASCISTI AGLI
INTELLETTUALI DI TUTTE LE NAZIONI
21 APRILE 1925.
Il fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente
connesso alla storia della nazione italiana, ma non privo di significato e
interesse per tutte le altre. Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando
intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee
e risoluti a combattere energica- mente la politica demosocialista allora
imperante. La quale della grande guerra, da cui il popolo italiano era uscito
vittorioso ma spossato, vedeva soltanto le immediate conseguenze materiali e
lasciava disperdere, se non lo negava apertamente, il valore morale,
rappresentandola agli italiani, da un punto di vista grettamente individualistico
e utilitaristico, come somma di sacrifici, donde una presuntuosa e minacciosa
contrapposizione dei privati allo Stato, un disconoscimento della sua autorità,
un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito, simboli della Nazione
soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi
delle passioni e degl'istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di
degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e
disciplina. L'individuo contro lo Stato: espressione tipica dell'aspetto politico
della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana
che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli. Il
Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale; sentì e
propugnò la politica come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a
un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e
ogni suo diritto; idea che è Patria. Di qui il carattere religioso del Fascismo.
Codesta Patria è scintilla di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore
a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà
ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a
tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice. È
concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria
dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di
questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e
miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri
convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni.
ESTRATTO DAL MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI ANTIFASCISTI
Il Manifesto degli intellettuali antifascisti, scritto da Benedetto Croce, fu firmato da
molti, tra i quali: Gaetano de Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida, Francesco
Ruffini, Vito Volterra, Eugenio Montale, Piero Calamandrei, Luigi Einaudi.
1 MAGGIO 1925
Gl'intellettuali, se, come cittadini, esercitano il loro diritto e adempiono il loro
dovere con l'iscriversi a un partito e fedelmente servirlo, come intellettuali
hanno il solo dovere di attendere, con l'opera dell'indagine e della critica e le
creazioni dell'arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta
sfera spirituale affinché, con effetti sempre più benefici, combattano le lotte
necessarie.
Varcare questi limiti dell'ufficio a loro assegnato, contaminare politica e
letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in
questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la
soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore
generoso. Nella sostanza, quella scrittura è un imparaticcio scolaresco, nel
quale in ogni punto si notano confusioni dottrinali e mal filati raziocini; come
dove, con facile riscaldamento retorico, si celebra la doverosa sottomissione
degl'individui al tutto. Ma il maltrattamento delle dottrine e della storia è
cosa di poco conto, in quella scrittura, a paragone dell'abuso che si fa della
parola "religione"; perché, a senso dei signori intellettuali fascisti, noi ora in
Italia saremmo allietati da una guerra di religione, dalle gesta di un nuovo
evangelo e di un nuovo apostolato contro una vecchia superstizione.
Chiamare contrasto di religione l'odio e il rancore che si accendono contro un
partito che nega ai componenti degli altri partiti il carattere di italiani e li
ingiuria stranieri; nobilitare col nome di religione il sospetto e l'animosità
sparsi dappertutto, è cosa che suona, a dir vero, co- me un'assai lugubre
facezia. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la
nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e,
d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo
spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli
all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione
delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti
assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla
chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura
priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo.
Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di
abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è
stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si
compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso
umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine
per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento.
(...) La presente lotta politica in Italia varrà, per ragioni di contrasto, a ravvivare
e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il
pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più
consapevole affetto. E forse un giorno, guardando serenamente al passato, si
giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno
stadio che l'Italia doveva percorrere per ringiovanire la sua vita nazionale, per
compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi
doveri di popolo civile.
L'onore è innanzitutto un rifiuto, un rifiuto di scender a
patti con ciò che è brutto, basso, volgare, interessato,
non gratuito. Un rifiuto di inchinarsi dinnanzi alla forza
in quanto tale, dinnanzi alla pace in quanto tale,
dinnanzi alla fortuna in quanto tale.
(Lucien Febvre)
Non farti servo di nessuno. Non si deve subordinare la
coscienza alle paure e alle speranze di una vita meschina
e non si deve umiliare la propria personalità,
inchinandosi servilmente di fronte ad altri uomini.
Soltanto chi sente in sé l'esigenza di questa dignità
morale, di questo orgoglio inflessibile, può chiamarsi
uomo nel vero senso della parola. Il resto è gregge nato
per servire.
(Martinetti)
Vi sono giorni in cui viene meno ogni speranza terrena.
Sembra che il dolore fisico ci opprima. Sembra che la
vita, nel dolore, si dissolva. E frattanto intorno a noi si
fa o a noi sembra si faccia il deserto. L'odio l'invidia la
calunnia ci stra- ziano a gara. Gli amici sono lontani.
Forse ci hanno dimenticato. Forse ci han- no tradito.
Tutto crolla. Il domani non è che tenebra. Pare che si
sfascino gli organi dei sensi e lo spirito se sente chiuso in
un carcere tetro. Ma c'è pure nella resistenza indomita
che oppone al dolore e al male, nello sforzo di accettare la volontà divina, non col porgersi ad esso passivo,
ma attuandola in qual- che modo in sé, ma
identificandosi in qualche modo, attivamente, con essa,
c'è un gioia intima e violenta e turbinosa. E la nostra
notte s'illumina di divini bagliori.
(De Sanctis)
LETTERA DI ALBERT EINSTEIN AL MINISTRO ALFREDO ROCCO
"Egregio signore, due dei più autorevoli e stimati uomini di scienza italiani,
turbati nelle loro coscienze, si rivolgono a me e mi pregano di scriverle al fine
di impedire, se possibile, un duro provvedimento che minaccia gli studiosi
italiani. Si tratta del giuramento di fedeltà al regime fascista. La mia preghiera
è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare al fiore
dell’intelletto italiano un’umiliazione simile. Per quanto diverse possano essere
le nostre convinzioni politiche, io so che v’è un punto fondamentale che ci
unisce; entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale
europeo il bene più alto. Esso si fonda sulla libertà di pensiero e di
insegnamento e sul principio che la ricerca della verità deve precedere ogni
altro fine. Quel bene, il più prezioso che noi possediamo, è stato pagato col
sangue di martiri, di uomini puri e grandi, per opera dei quali l’Italia è tuttora
amata e onorata.
Non è mia intenzione discutere con lei le giustificazioni che la ragion di Stato
può avanzare circa gli attentati alla libertà umana. Ma la ricerca della verità
scientifica, svincolata dagli interessi materiali di tutti i giorni, dovrebbe essere
sacra a ogni governo, ed è per tutti del più alto interesse che i leali servitori
della verità scientifica vengano lasciati in pace. Cordialmente vostro, Albert
Einstein."
LETTERA DI ADDIO DI UMBERTO CEVA ALLA MOGLIE PRIMA DEL SUICIDIO IN
CARCERE
"Santa Elena mia, posso dirti le circostanze che mi portano a compiere oggi un
atto che da più di un mese ho deciso. Ho aspettato sino ad ora per essere ben
certo che nulla mi facesse velo. Non posso dirti, perché equivarrebbe a rendere
impossibile che ti consegnino queste mie ultime parole. Ho forse toccato
inconsciamente mani impure e quello che ho fatto, non grave in sé, può far
sorgere dei dubbi, e per difendermi dovrei accusare, senza un'ombra di prova,
solo per un'ombra di prova, solo per poche parole, afferrate qua e là. Sono
stato cieco e questo mi ha portato a dover dare a te, a tutti i miei cari adorati,
questo dolore terribile. Io perdono con assoluta sincerità di cuore e tu fa lo
stesso secondo la mia intenzione. Difendi la mia memoria se le circostanze lo
richiederanno. Che i nostri figli portino ben alta la fronte, perché il loro padre
muore con la coscienza tranquilla e senza aver macchiato il loro nome"
I DOCENTI CHE GIURARONO
Estratti di alcune dichiarazioni
“Mi manca un anno alla pensione, quindi giurando mi infango per un anno
solo.”
“Giurai, giurai, certo che giurai. Ma da insigne latinista quale sono, giurai
tenendo a mente il verso del grande Quinto Ennio: «Juravi lingua, mente
iniurata gero»”
“Il giuramento universitario è un fatto politico, quindi ricade sotto le leggi
dell'opportunità e non di quelle dell'etica.”
“Io che sono anatomista e istologo, mi chiedo come possa l'istologia
trasformare gli allievi in cittadini ossequienti del regime fascista? La tendenza
del mio spirito mi impedisce di giurare. per questo non intendo sottoscrivere la
nuova formula di giuramento, a meno che la signoria vostra non voglia darmi
per iscritto assicurazione che nello spirito di questa formula non è in alcun
modo vincolata la mia libertà di pensiero.”
“Rifiuto di mettere la cattedra al servizio della tirannia, ma d'altra parte non
voglio rinunciare a servire la scienza per odio verso la tirannia.”
“Ho giurato e mi sento avvilito e ho il cuore straziato. per il resto, tutto è come
prima. il giuramento non significa niente.”
“La politica non ha nulla a che vedere con la morale, pertanto si può
tranquillamente fare uno spergiuro.”
“Io ho giurato perché sono piuttosto benestante, non vorrei che si pensasse
che horifiutato perché dispongo di un patrimonio e posso permettermi di non
insegnare.”
“Sono pronto a prestare giuramento prescritto secondo la nuova formula, ma
però ritenendo di non dover mutare le basi e l'indirizzo del mio insegnamento.”
“A proposito della nuova formula di giuramento che occorre prestare, tengo a
dichiarare che non mi considero impegnato a manifestazioni di indole politica.
Inoltre, data la natura del mio insegnamento, interpreto il dovere assegnatomi
dalla seconda parte del giuramento stesso come impegno morale di contribuire
allo sviluppo della scienza che professo, e di dare alla scuola, come del resto ho
sempre fatto, opera fervida e zelante.”
“E' il Papa che comanda di giurare! dobbiamo fare quello che vuole il Papa!”
“Non sarà poi così terribile. Sapremo tirarci d'impiccio.”
“Il giuramento ha per me il valore di un bicchiere di acqua fredda, e poi non
vedo perché dovrei rinunciare alla possibilità di viaggio o di passaporto
all'estero.”
“Io posso tranquillamente giurare continuando ad insegnare come sempre
insegnato. Se durante le lezioni mi si chiedeva di cambiare un sistema che in
tutta la mia vita ho seguito sacrificando anche la mia carriera lascerò
l'insegnamento.”
“Il vero atto di coraggio consiste nel giurare. E poi il Duce adesso che lo guardo
meglio non è così male qualcosa di buono l'ha fatto pure lui.”
“Il vero servizio reso alla causa della Libertà e stato quello di restare in
cattedra.”
“Io ho firmato il giuramento, sì, ma con la mano infilato in un guanto. E dopo
aver firmato ho gettato la penna sul tavolo con tanta violenza che l'inchiostro è
schizzato da tutte le parti.”
“Firmo perché padre di famiglia.”
“La paura della miseria mi spaventa più di qualsiasi minaccia di guerra.
“Mi permetto di disturbarla con questa mia lettera, perché sono risultato a
conoscenza del fatto che in base a una legge la Libera Università Cattolica di
Milano è esentata dai giuramenti. Vengo quindi a chiederle di prendere in
considerazione il mio possibile trasferimento alla Università Cattolica di Milano,
che da sempre stimo per la sua eccellenza nella ricerca...”
DICHIARAZIONE DEL MINISTRO DELL’EDUCAZIONE B.GIULIANO
19/12/1931
Su un totale di oltre 1200 professori di ruolo delle regie università e dei regi
istituti superiori, soltanto 12 professori hanno rifiutato di prestare giuramento
prescritto dall'articolo 18 del regio decreto legge 28 agosto 1931.
I DODICI RIFIUTI
Gaetano De Sanctis
“Mi sarebbe impossibile prestare un giuramento che vincoli o menomi in
qualsiasi modo la mia libertà interiore, la quale io credo mio dovere strettissimo
di studioso e di cristiano rivendicare, di fronte alle autorità statali, piena e
assoluta. Il mio atto non vuole avere alcuna portata e alcun significato politico.
E' semplicemente un atto di ossequio all'imperativo categorico del dovere,
compiuto con quella rettitudine aliena di ogni infingimento e da ogni riserva
mentale che è stata per me norma costante di vita.”
Giorgio Levi della Vida
Quali che siano le conseguenze del rifiuto, non posso accedere ad una formula
che vincola la libertà del mio pensiero.
"...gioconda freschezza colla quale affermavo la mia volontà di non
confondermi col gregge pedissequo, la mia pronta decisione di preferire un
cammino scabro e faticoso colle spalle sgravate dal peso di una viltà
accettata... la letizia sgorgante dalla consapevolezza di non aver pronunciata
una parola o compiuto un gesto ai quali il mio intimo convincimento rifiutasse il
consenso."
Lionello Venturi
La mia fedeltà al re e il mio amor di patria li ho dimostrati in guerra. Non mi è
però possibile assumermi l'impegno di formare cittadini devoti al regime
fascista, perché le premesse ideali della mia disciplina non mi consentono di far
propaganda nella scuola per alcun regime politico.
Ernesto Buonaiuti
A norma di precise prescrizioni evangeliche reputo mi sia vietata qualsiasi
forma di giuramento.
Bartolo Negrisoli
Giuramento simile io non mi sento di farlo, e non lo faccio.
Piero Martinetti
Rettore: "Perché volete privare i giovani studenti delle sue belle lezioni?"
Martinetti: "Perché la più bella lezione che possa dar loro è quella di
andarmene."
Docente di Filosofia: "Potrebbe scrivere al ministro Giuliano, dichiarando che da
parte sua intende attribuire alla formula del giuramento il significato di formare
cittadini probi, devoti all'Italia."
Martinetti: "Il compromesso a cui ella accenna sarebbe solo un sotterfugio per
giurare volendosi dal l'aria di non giurare: il giuramento è ciò che è, e chi giura,
giura ciò che la formula esprime, non ciò che egli vorrebbe che esprimesse.”
“Dovrei tenere in nessun conto, o la lealtà del giuramento, o le mie convinzioni
morali più profonde: due cose per me ugualmente sacre."
"Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo
conforto che l'uomo può avere nella vita, è la propria coscienza."
Mario Carrara
Abituato all'attribuire al giuramento la serietà dovuta, non ho sentito di potermi
impegnare a dare intonazione, orientamento, finalità politiche alla mia attività
didattica. La ricerca scientifica può dirsi spassionata e disinteressata solo nel
senso che abbia per unica passione e unico interesse il vero. La mia attività
didattica dura ormai da trent'anni; e se i risultati furono tali da potermene
senza presunzione vantare, se ebbero espansione ed efficacia anche al di là
della mia scuola e di là dei nostri confini, l'attribuisco proprio a questa purezza
intellettuale da cui ogni elemento pratico e contingente rimane escluso.
Vito Volterra
Sono note le mie idee politiche per quanto esser risultino esclusivamente dalla
mia condotta nell'ambito parlamentare, la quale tuttavia è insindacabile in
forza dell'articolo 51 dello statuto fondamentale del Regno. La signoria vostra
comprenderà quindi come io non possa in coscienza aderire all'invito da lei
rivoltomi con la lettera del 18 corrente relativa al giuramento dei professori.
Fabio Luzzato
Poiché il sottoscritto non è di fede fascista, sarebbe una menzogna giurare
quello che egli non crede.
Giorgio Errera
(Nessun rifiuto scritto. Presenta domanda di pensionamento)
Francesco Ruffini
Io non posso - in coscienza e per la più elementare coerenza al mio passato
accademico e politico - prestare il giuramento richiestomi secondo la nuova
formula testé prescritta. E' poi di tutta evidenza che tale giuramento sarebbe
per me ostacolo al libero esercizio di quella funzione politica di senatore del
Regno, la quale non fu finora vincolata da nessuna legge dello stato, ed anzi è
tuttora garantita esplicitamente dal disposto dell'articolo 51 del nostro statuto
fondamentale.
Edoardo Ruffini
Giurare o non giurare. Dilemma puramente accademico, perché fin dal primo
giorno sapevamo che sarebbe stato no. Preoccupante, ovviamente, per motivi
finanziari. Ma con qualche sacrificio abbiamo superato la crisi. Di quell'estate
del 1931 ricordo le uggiose discussioni con colleghi decisi a giurare ma che
volevano sentirsi dire che facevano bene. E noi glielo dicevamo con
convinzione, consapevoli che per molti il giuramento era una scelta dolorosa e
umiliante ma non libera, mentre il nostro rifiuto era agevolato dal privilegio di
una sia pur modesta agiatezza.
PIERO MARTINETTI A FRANCESCO RUFFINI DOPO IL RIFIUTO:
“Ma il tuo spirito accoglierà anche questa prova come un alto insegnamento
della vita: che le cose esteriori in fondo poco importano e che nulla ci è tolto
quando ci resta ciò che deve accompagnarci in vita a in morte: la diretta
volontà interiore, che anche nelle cose della terra ha sempre mirato, in ultimo,
a qualche cosa che non è sulla terra.”