Preferirei di no - Documenti storici
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Preferirei di no le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini Documenti storici E-mail: [email protected] Cell: 3497754728 Sito: www.karakorumteatro.it IL GIURAMENTO L'8/10/1931 venne pubblicato il testo di un giuramento di fedeltà al regime fascista. Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concilii con i doveri del mio ufficio. Tutti i professori universitari del regno d'Italia erano invitati a sottoscrivere il giuramento. Chi non firmava veniva deposto dall'incarico, oppure mandato in pensione, in ogni caso cacciato. Nel 1931 c'erano oltre 1200 professori di ruolo nelle regie università italiane. Di questi, 12 non giurarono. ESTRATTO DEL MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI FASCISTI AGLI INTELLETTUALI DI TUTTE LE NAZIONI 21 APRILE 1925. Il fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre. Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energica- mente la politica demosocialista allora imperante. La quale della grande guerra, da cui il popolo italiano era uscito vittorioso ma spossato, vedeva soltanto le immediate conseguenze materiali e lasciava disperdere, se non lo negava apertamente, il valore morale, rappresentandola agli italiani, da un punto di vista grettamente individualistico e utilitaristico, come somma di sacrifici, donde una presuntuosa e minacciosa contrapposizione dei privati allo Stato, un disconoscimento della sua autorità, un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito, simboli della Nazione soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi delle passioni e degl'istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e disciplina. L'individuo contro lo Stato: espressione tipica dell'aspetto politico della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli. Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale; sentì e propugnò la politica come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria. Di qui il carattere religioso del Fascismo. Codesta Patria è scintilla di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice. È concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni. ESTRATTO DAL MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI ANTIFASCISTI Il Manifesto degli intellettuali antifascisti, scritto da Benedetto Croce, fu firmato da molti, tra i quali: Gaetano de Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida, Francesco Ruffini, Vito Volterra, Eugenio Montale, Piero Calamandrei, Luigi Einaudi. 1 MAGGIO 1925 Gl'intellettuali, se, come cittadini, esercitano il loro diritto e adempiono il loro dovere con l'iscriversi a un partito e fedelmente servirlo, come intellettuali hanno il solo dovere di attendere, con l'opera dell'indagine e della critica e le creazioni dell'arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale affinché, con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie. Varcare questi limiti dell'ufficio a loro assegnato, contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore generoso. Nella sostanza, quella scrittura è un imparaticcio scolaresco, nel quale in ogni punto si notano confusioni dottrinali e mal filati raziocini; come dove, con facile riscaldamento retorico, si celebra la doverosa sottomissione degl'individui al tutto. Ma il maltrattamento delle dottrine e della storia è cosa di poco conto, in quella scrittura, a paragone dell'abuso che si fa della parola "religione"; perché, a senso dei signori intellettuali fascisti, noi ora in Italia saremmo allietati da una guerra di religione, dalle gesta di un nuovo evangelo e di un nuovo apostolato contro una vecchia superstizione. Chiamare contrasto di religione l'odio e il rancore che si accendono contro un partito che nega ai componenti degli altri partiti il carattere di italiani e li ingiuria stranieri; nobilitare col nome di religione il sospetto e l'animosità sparsi dappertutto, è cosa che suona, a dir vero, co- me un'assai lugubre facezia. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e, d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo. Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento. (...) La presente lotta politica in Italia varrà, per ragioni di contrasto, a ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più consapevole affetto. E forse un giorno, guardando serenamente al passato, si giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno stadio che l'Italia doveva percorrere per ringiovanire la sua vita nazionale, per compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi doveri di popolo civile. L'onore è innanzitutto un rifiuto, un rifiuto di scender a patti con ciò che è brutto, basso, volgare, interessato, non gratuito. Un rifiuto di inchinarsi dinnanzi alla forza in quanto tale, dinnanzi alla pace in quanto tale, dinnanzi alla fortuna in quanto tale. (Lucien Febvre) Non farti servo di nessuno. Non si deve subordinare la coscienza alle paure e alle speranze di una vita meschina e non si deve umiliare la propria personalità, inchinandosi servilmente di fronte ad altri uomini. Soltanto chi sente in sé l'esigenza di questa dignità morale, di questo orgoglio inflessibile, può chiamarsi uomo nel vero senso della parola. Il resto è gregge nato per servire. (Martinetti) Vi sono giorni in cui viene meno ogni speranza terrena. Sembra che il dolore fisico ci opprima. Sembra che la vita, nel dolore, si dissolva. E frattanto intorno a noi si fa o a noi sembra si faccia il deserto. L'odio l'invidia la calunnia ci stra- ziano a gara. Gli amici sono lontani. Forse ci hanno dimenticato. Forse ci han- no tradito. Tutto crolla. Il domani non è che tenebra. Pare che si sfascino gli organi dei sensi e lo spirito se sente chiuso in un carcere tetro. Ma c'è pure nella resistenza indomita che oppone al dolore e al male, nello sforzo di accettare la volontà divina, non col porgersi ad esso passivo, ma attuandola in qual- che modo in sé, ma identificandosi in qualche modo, attivamente, con essa, c'è un gioia intima e violenta e turbinosa. E la nostra notte s'illumina di divini bagliori. (De Sanctis) LETTERA DI ALBERT EINSTEIN AL MINISTRO ALFREDO ROCCO "Egregio signore, due dei più autorevoli e stimati uomini di scienza italiani, turbati nelle loro coscienze, si rivolgono a me e mi pregano di scriverle al fine di impedire, se possibile, un duro provvedimento che minaccia gli studiosi italiani. Si tratta del giuramento di fedeltà al regime fascista. La mia preghiera è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare al fiore dell’intelletto italiano un’umiliazione simile. Per quanto diverse possano essere le nostre convinzioni politiche, io so che v’è un punto fondamentale che ci unisce; entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale europeo il bene più alto. Esso si fonda sulla libertà di pensiero e di insegnamento e sul principio che la ricerca della verità deve precedere ogni altro fine. Quel bene, il più prezioso che noi possediamo, è stato pagato col sangue di martiri, di uomini puri e grandi, per opera dei quali l’Italia è tuttora amata e onorata. Non è mia intenzione discutere con lei le giustificazioni che la ragion di Stato può avanzare circa gli attentati alla libertà umana. Ma la ricerca della verità scientifica, svincolata dagli interessi materiali di tutti i giorni, dovrebbe essere sacra a ogni governo, ed è per tutti del più alto interesse che i leali servitori della verità scientifica vengano lasciati in pace. Cordialmente vostro, Albert Einstein." LETTERA DI ADDIO DI UMBERTO CEVA ALLA MOGLIE PRIMA DEL SUICIDIO IN CARCERE "Santa Elena mia, posso dirti le circostanze che mi portano a compiere oggi un atto che da più di un mese ho deciso. Ho aspettato sino ad ora per essere ben certo che nulla mi facesse velo. Non posso dirti, perché equivarrebbe a rendere impossibile che ti consegnino queste mie ultime parole. Ho forse toccato inconsciamente mani impure e quello che ho fatto, non grave in sé, può far sorgere dei dubbi, e per difendermi dovrei accusare, senza un'ombra di prova, solo per un'ombra di prova, solo per poche parole, afferrate qua e là. Sono stato cieco e questo mi ha portato a dover dare a te, a tutti i miei cari adorati, questo dolore terribile. Io perdono con assoluta sincerità di cuore e tu fa lo stesso secondo la mia intenzione. Difendi la mia memoria se le circostanze lo richiederanno. Che i nostri figli portino ben alta la fronte, perché il loro padre muore con la coscienza tranquilla e senza aver macchiato il loro nome" I DOCENTI CHE GIURARONO Estratti di alcune dichiarazioni “Mi manca un anno alla pensione, quindi giurando mi infango per un anno solo.” “Giurai, giurai, certo che giurai. Ma da insigne latinista quale sono, giurai tenendo a mente il verso del grande Quinto Ennio: «Juravi lingua, mente iniurata gero»” “Il giuramento universitario è un fatto politico, quindi ricade sotto le leggi dell'opportunità e non di quelle dell'etica.” “Io che sono anatomista e istologo, mi chiedo come possa l'istologia trasformare gli allievi in cittadini ossequienti del regime fascista? La tendenza del mio spirito mi impedisce di giurare. per questo non intendo sottoscrivere la nuova formula di giuramento, a meno che la signoria vostra non voglia darmi per iscritto assicurazione che nello spirito di questa formula non è in alcun modo vincolata la mia libertà di pensiero.” “Rifiuto di mettere la cattedra al servizio della tirannia, ma d'altra parte non voglio rinunciare a servire la scienza per odio verso la tirannia.” “Ho giurato e mi sento avvilito e ho il cuore straziato. per il resto, tutto è come prima. il giuramento non significa niente.” “La politica non ha nulla a che vedere con la morale, pertanto si può tranquillamente fare uno spergiuro.” “Io ho giurato perché sono piuttosto benestante, non vorrei che si pensasse che horifiutato perché dispongo di un patrimonio e posso permettermi di non insegnare.” “Sono pronto a prestare giuramento prescritto secondo la nuova formula, ma però ritenendo di non dover mutare le basi e l'indirizzo del mio insegnamento.” “A proposito della nuova formula di giuramento che occorre prestare, tengo a dichiarare che non mi considero impegnato a manifestazioni di indole politica. Inoltre, data la natura del mio insegnamento, interpreto il dovere assegnatomi dalla seconda parte del giuramento stesso come impegno morale di contribuire allo sviluppo della scienza che professo, e di dare alla scuola, come del resto ho sempre fatto, opera fervida e zelante.” “E' il Papa che comanda di giurare! dobbiamo fare quello che vuole il Papa!” “Non sarà poi così terribile. Sapremo tirarci d'impiccio.” “Il giuramento ha per me il valore di un bicchiere di acqua fredda, e poi non vedo perché dovrei rinunciare alla possibilità di viaggio o di passaporto all'estero.” “Io posso tranquillamente giurare continuando ad insegnare come sempre insegnato. Se durante le lezioni mi si chiedeva di cambiare un sistema che in tutta la mia vita ho seguito sacrificando anche la mia carriera lascerò l'insegnamento.” “Il vero atto di coraggio consiste nel giurare. E poi il Duce adesso che lo guardo meglio non è così male qualcosa di buono l'ha fatto pure lui.” “Il vero servizio reso alla causa della Libertà e stato quello di restare in cattedra.” “Io ho firmato il giuramento, sì, ma con la mano infilato in un guanto. E dopo aver firmato ho gettato la penna sul tavolo con tanta violenza che l'inchiostro è schizzato da tutte le parti.” “Firmo perché padre di famiglia.” “La paura della miseria mi spaventa più di qualsiasi minaccia di guerra. “Mi permetto di disturbarla con questa mia lettera, perché sono risultato a conoscenza del fatto che in base a una legge la Libera Università Cattolica di Milano è esentata dai giuramenti. Vengo quindi a chiederle di prendere in considerazione il mio possibile trasferimento alla Università Cattolica di Milano, che da sempre stimo per la sua eccellenza nella ricerca...” DICHIARAZIONE DEL MINISTRO DELL’EDUCAZIONE B.GIULIANO 19/12/1931 Su un totale di oltre 1200 professori di ruolo delle regie università e dei regi istituti superiori, soltanto 12 professori hanno rifiutato di prestare giuramento prescritto dall'articolo 18 del regio decreto legge 28 agosto 1931. I DODICI RIFIUTI Gaetano De Sanctis “Mi sarebbe impossibile prestare un giuramento che vincoli o menomi in qualsiasi modo la mia libertà interiore, la quale io credo mio dovere strettissimo di studioso e di cristiano rivendicare, di fronte alle autorità statali, piena e assoluta. Il mio atto non vuole avere alcuna portata e alcun significato politico. E' semplicemente un atto di ossequio all'imperativo categorico del dovere, compiuto con quella rettitudine aliena di ogni infingimento e da ogni riserva mentale che è stata per me norma costante di vita.” Giorgio Levi della Vida Quali che siano le conseguenze del rifiuto, non posso accedere ad una formula che vincola la libertà del mio pensiero. "...gioconda freschezza colla quale affermavo la mia volontà di non confondermi col gregge pedissequo, la mia pronta decisione di preferire un cammino scabro e faticoso colle spalle sgravate dal peso di una viltà accettata... la letizia sgorgante dalla consapevolezza di non aver pronunciata una parola o compiuto un gesto ai quali il mio intimo convincimento rifiutasse il consenso." Lionello Venturi La mia fedeltà al re e il mio amor di patria li ho dimostrati in guerra. Non mi è però possibile assumermi l'impegno di formare cittadini devoti al regime fascista, perché le premesse ideali della mia disciplina non mi consentono di far propaganda nella scuola per alcun regime politico. Ernesto Buonaiuti A norma di precise prescrizioni evangeliche reputo mi sia vietata qualsiasi forma di giuramento. Bartolo Negrisoli Giuramento simile io non mi sento di farlo, e non lo faccio. Piero Martinetti Rettore: "Perché volete privare i giovani studenti delle sue belle lezioni?" Martinetti: "Perché la più bella lezione che possa dar loro è quella di andarmene." Docente di Filosofia: "Potrebbe scrivere al ministro Giuliano, dichiarando che da parte sua intende attribuire alla formula del giuramento il significato di formare cittadini probi, devoti all'Italia." Martinetti: "Il compromesso a cui ella accenna sarebbe solo un sotterfugio per giurare volendosi dal l'aria di non giurare: il giuramento è ciò che è, e chi giura, giura ciò che la formula esprime, non ciò che egli vorrebbe che esprimesse.” “Dovrei tenere in nessun conto, o la lealtà del giuramento, o le mie convinzioni morali più profonde: due cose per me ugualmente sacre." "Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l'uomo può avere nella vita, è la propria coscienza." Mario Carrara Abituato all'attribuire al giuramento la serietà dovuta, non ho sentito di potermi impegnare a dare intonazione, orientamento, finalità politiche alla mia attività didattica. La ricerca scientifica può dirsi spassionata e disinteressata solo nel senso che abbia per unica passione e unico interesse il vero. La mia attività didattica dura ormai da trent'anni; e se i risultati furono tali da potermene senza presunzione vantare, se ebbero espansione ed efficacia anche al di là della mia scuola e di là dei nostri confini, l'attribuisco proprio a questa purezza intellettuale da cui ogni elemento pratico e contingente rimane escluso. Vito Volterra Sono note le mie idee politiche per quanto esser risultino esclusivamente dalla mia condotta nell'ambito parlamentare, la quale tuttavia è insindacabile in forza dell'articolo 51 dello statuto fondamentale del Regno. La signoria vostra comprenderà quindi come io non possa in coscienza aderire all'invito da lei rivoltomi con la lettera del 18 corrente relativa al giuramento dei professori. Fabio Luzzato Poiché il sottoscritto non è di fede fascista, sarebbe una menzogna giurare quello che egli non crede. Giorgio Errera (Nessun rifiuto scritto. Presenta domanda di pensionamento) Francesco Ruffini Io non posso - in coscienza e per la più elementare coerenza al mio passato accademico e politico - prestare il giuramento richiestomi secondo la nuova formula testé prescritta. E' poi di tutta evidenza che tale giuramento sarebbe per me ostacolo al libero esercizio di quella funzione politica di senatore del Regno, la quale non fu finora vincolata da nessuna legge dello stato, ed anzi è tuttora garantita esplicitamente dal disposto dell'articolo 51 del nostro statuto fondamentale. Edoardo Ruffini Giurare o non giurare. Dilemma puramente accademico, perché fin dal primo giorno sapevamo che sarebbe stato no. Preoccupante, ovviamente, per motivi finanziari. Ma con qualche sacrificio abbiamo superato la crisi. Di quell'estate del 1931 ricordo le uggiose discussioni con colleghi decisi a giurare ma che volevano sentirsi dire che facevano bene. E noi glielo dicevamo con convinzione, consapevoli che per molti il giuramento era una scelta dolorosa e umiliante ma non libera, mentre il nostro rifiuto era agevolato dal privilegio di una sia pur modesta agiatezza. PIERO MARTINETTI A FRANCESCO RUFFINI DOPO IL RIFIUTO: “Ma il tuo spirito accoglierà anche questa prova come un alto insegnamento della vita: che le cose esteriori in fondo poco importano e che nulla ci è tolto quando ci resta ciò che deve accompagnarci in vita a in morte: la diretta volontà interiore, che anche nelle cose della terra ha sempre mirato, in ultimo, a qualche cosa che non è sulla terra.”