Editoriale Per non dimenticare Le voci dell`Avvocatura

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Editoriale Per non dimenticare Le voci dell`Avvocatura
n° 5-6
Notiziario del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Roma
ANNO LXV
SETTEMBRE – DICEMBRE 2015
Foro Romano
La Notte Bianca della
Legalità
A Mille ce né...
Editoriale
Mauro Vaglio
Per non dimenticare
Filippo Maria Berardi
Le voci dell’Avvocatura
Pietro Di Tosto
Essid Abdelaziz
Bruno Andreozzi
Alberta Brambilla Pisoni
Giuseppe Carro
Donatella Cerè
Luigi Favino
Albino Greco
Stefano Radicioni
Aldo Minghelli
Attualità Forensi
Giovanni Cipollone
Sara Fusi
Formazione continua
Aggiornamento Albo
Mauro Mazzoni
Sommario
n°5-6
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Notiziario del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Roma
EDITORIALE
La luce della Legalità illumina la notte
Mauro Vaglio
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5
7
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FOCUS
La Notte Bianca della Legalità
A cura della Redazione
“A Mille ce né...”
Tratto da Festina Lente, foglio informativo dell’A.N.M. Roma Lazio – n. 12
PER NON DIMENTICARE
Andrea Fratto Rosi, un Avvocato indimenticabile
Filippo Maria Berardi
Un libro per non dimenticare
A cura della Redazione
10 LE VOCI DELL’AVVOCATURA
La XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati
A cura della Redazione
15 Il significato delle “Toghe d’Oro”
Mauro Vaglio
16 Una cerimonia per riflettere
Pietro Di Tosto
18 Un Nobel a tutti gli Avvocati romani per la pace mondiale e la difesa dei diritti dei più deboli
Essid Abdelaziz
20 Operare tenendo presenti i principi sanciti dalla Costituzione
Bruno Andreozzi
21 Dalla tragedia di Milano rinvigorito lo spirito di colleganza degli Avvocati
Alberta Brambilla Pisoni
22 Io. Avvocato
Giuseppe Carro
24 Riflettere sul rilievo sociale della professione forense
Donatella Cerè
25 L’Aula di questa Corte d’Assise…
Luigi Favino
27 Cinquant’anni non sono pochi!
Albino Greco
28 Fieri e coraggiosi di essere avvocati
Stefano Radicioni
Foro Romano
1
Sommario
29 Conosciamo i Segretari della XXXVIII Conferenza
Giuseppe Carro
Emilio Galdieri
Marco Noceta
Guido Befani
Giorgia Ippoliti
34 I percorsi dell’anima
Aldo Minghelli
49 ATTUALITÀ FORENSI
I contrasti giurisprudenziali e la nomofilachia
Giovanni Cipollone
52
53
Caramelle dagli sconosciuti
Sara Fusi
Sono un Avvocato
Sara Fusi
54 FORMAZIONE CONTINUA
Convegni organizzati dall’Ordine degli Avvocati
58 AGGIORNAMENTO ALBO
59 La grande Famiglia degli Avvocati romani
A cura di Mauro Mazzoni
2
Foro Romano
Editorale
La luce della Legalità illumina la notte
Mauro Vaglio
Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Roma
Il 16 maggio all’interno della Città Giudiziaria di Roma, si è tenuta la “Notte Bianca della Legalità”, evento
organizzato dalla Sezione di Roma e del Lazio dell’Associazione Nazionale Magistrati in collaborazione con
l’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ufficio Scolastico Regionale. Circa ottocento studenti hanno partecipato
all’iniziativa incontrando magistrati, avvocati, artisti e personalità di rilievo in quel che è, a tutti gli effetti, il più
grande Tribunale d’Europa.
Per sensibilizzare i giovani ai valori della Legalità e della Giustizia, l’Ordine degli Avvocati di Roma ha ritenuto opportuno donare ad ogni partecipante una confezione con una storia sul Tricolore e sull’inno “Fratelli
d’Italia”, la Bandiera e la Coccarda Tricolore. Una iniziativa che ha scaldato il cuore dei ragazzi che hanno
sventolato la Bandiera e cantato le magiche parole scritte da Mameli.
Per l’importanza dell’evento, riportiamo il testo del saluto che il Presidente dell’Ordine degli Avvocati ha indirizzato agli studenti.
C
ari ragazzi,
nella confezione che vi è stata consegnata, troverete la Bandiera Italiana ed una Coccarda
Tricolore che rappresentano i simboli della nostra
Patria.
Essi assumono un significato profondo soprattutto perché si associano ai valori di LEGALITÀ e di GIUSTIZIA.
Queste due parole, che definirei magiche, costituiscono
il connotato di ogni paese civile.
Esse regolano i rapporti tra cittadini e Istituzioni, indicano inoltre l’esistenza di leggi che sanciscono quei
diritti e doveri basilari che tutti sono tenuti a rispettare:
senza distinzione di razza, genere o religione.
Noi Avvocati abbiamo collaborato con entusiasmo
all’iniziativa di indire questa “NOTTE BIANCA
DELLA LEGALITÀ” perché da sempre siamo chiamati ad attuare i suddetti princìpi, al fianco di ciascun cit-
Foro Romano
tadino e nel solco della Costituzione che ci ha assegnato l’alto compito di esercitare il DIRITTO DI DIFESA,
definendo quest’ultimo come diritto fondamentale e
addirittura INVIOLABILE.
A nome di tutta l’Avvocatura romana, che ho l’onore di
rappresentare, e del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Roma auspico che questo evento, ed i princìpi a cui esso si ispira, rimangano impressi nei vostri
cuori e vi guidino nelle scelte che sarete chiamati ad
affrontare nel corso della vostra vita.
Sono certo che il contributo di ciascuno di voi servirà a
costruire un mondo sempre più rispettoso delle libertà
pubbliche e private.
L’Avvocatura, siatene certi, sarà sugli spalti e vigilerà
che ciò avvenga: anche a costo di insorgere violentemente contro chi avesse la tentazione di ostacolare o
anche rallentare il corso della Storia.
Un caro saluto
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La Notte Bianca della Legalità
L
a “Notte Bianca della Legalità” si propone
come una vera e propria lezione di legalità per i
ragazzi delle scuole superiori. All’interno della
Città Giudiziaria di Roma gli studenti hanno avuto la
possibilità di confrontarsi con una realtà differente
rispetto a quella a cui sono abituati e, dialogando con
gli avvocati, i magistrati e i rappresentanti delle forze
dell’ordine, hanno toccato con mano il ruolo che il
potere giudiziario svolge all’interno di un paese democratico.
La grande adesione da parte di scuole provenienti da
tutto il Lazio rende l’idea di quanto sia importante la
comprensione del concetto di legalità per i ragazzi.
Conoscendo in maniera diretta il lavoro che si svolge
nelle aule dei tribunali si sono resi partecipi di un grande progetto che, da subito, ha guardato al futuro.
Perché quello della legalità è un valore che va conquistato ogni giorno.
Una vera e propria visita guidata all’interno della Città
Giudiziaria, un viaggio segreto tra le aule e i fascicoli,
per testare dal vivo cosa succede nei tribunali. I ragazzi hanno assistito alla simulazione di un processo in
una vera aula giudiziaria trascorrendo poi la giornata
tra seminari, spazi espositivi, dibattiti, concerti, film e
spettacoli teatrali, alcuni dei quali messi in scena dagli
stessi avvocati e magistrati.
Un evento importante che ha sondato un terreno nuovo
aprendo la strada alle iniziative future e ha visto la collaborazione di associazioni differenti riunite per promuovere la legalità.
Molte le personalità di spicco che hanno preso parte all’iniziativa. Tra le autorità il Ministro della Giustizia Andrea
Orlando, il Sindaco di Roma Ignazio Marino, il
Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, il
Presidente del Tribunale di Roma Mario Bresciano, poi
Luca Palamara e Paola Balducci come membri del
Consiglio Superiore della Magistratura. Tanti anche i personaggi dello spettacolo, primo fra tutti Antonello Venditti.
L’Ordine degli Avvocati di Roma, il più grande
d’Europa, ha svolto un ruolo fondamentale, impegnandosi in prima linea nello sviluppo e nella realizzazione
della “Notte Bianca della Legalità”.
Il Presidente Mauro Vaglio ha sottolineato come la figura dell’avvocato rappresenti l’articolo 24 della
Costituzione e dunque il Diritto alla Difesa. “Come se
fosse l’altra faccia della medaglia, l’avvocato assolve a
questa funzione sociale indispensabile per avere giustizia. La giustizia è alla base del nostro Paese, così il
nostro lavoro e quello dei magistrati serve a portare
avanti la democrazia e la bandiera italiana nel paese”,
queste le parole del Presidente Vaglio che ha voluto regalare a tutti ragazzi una Bandiera e una Coccarda
Tricolore.
Soddisfatto per l’ottima riuscita dell’iniziativa l’ideatore dell’evento Giacomo Ebner, Presidente della
sezione distrettuale di Roma dell’Associazione
Nazionale dei Magistrati. “La scuola educa e la magistratura rieduca, condividiamo lo stesso entusiasmo e
lo stesso senso di ottimismo verso i ragazzi e le nuove
generazioni. Qui l’obiettivo è duplice, da una parte i
ragazzi sono posti in una posizione centrale per parlare di legalità, incontrando avvocati, magistrati e personaggi delle istituzioni, dall’altra c’è una forte
volontà di lavorare insieme creando sinergie positive
nella società”, queste le parole di Ebner che spiega
anche il Logo dell’iniziativa: “Abbiamo scelto lo stormo per far capire ai ragazzi quanto sia importante
abbandonare il branco, che segue un solo capo, ed
essere compagni l’un l’altro. Il titolo Portatori Sani di
Legalità perché si vuole infettare positivamente la
società con la testimonianza quotidiana, per non
appaltare la legalità ai pochi, sottolineando l’importanza di un impegno quotidiano”.
È giunto anche l’apprezzamento del Presidente
Mattarella che, in una lettera al dottor Giacomo Ebner,
sottolinea l’importanza dell’iniziativa nell’ottica di una
crescita civile delle nuove generazioni.
A chiusura dei lavori, il Presidente del Tribunale di
Roma, Mario Bresciano, ha ricordato lo stretto legame
tra la legalità e l’art. 3 della Costituzione, auspicando il
proseguimento di un’interazione con la scuola e spiega
come la legalità sia ciò che rende tutti uguali.
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Foro Romano
A mille ce n’è...*
“A
Affrettati lentamente:
è quel misto di urgenza e di pazienza che ha il Magistrato in udienza
mentre ragiona ascoltando il vociare e la tensione dell’aula
mille ce n’è...” cominciavano così le fiabe
della nostra infanzia, ed è difficile per noi
trasmettervi la magia di quello che abbiamo vissuto il 16 maggio 2015 nel Tribunale di Roma.
L’idea era semplice: aprire il Tribunale più grande
d’Europa a 800 ragazzi delle scuole superiori e, utilizzando l’esca educativa di personaggi dello spettacolo e
dello sport, farli confrontare con 400 magistrati, avvocati e persone delle istituzioni sul tema della legalità.
C’era anche un secondo fine non troppo nascosto:
imparare a lavorare assieme magistrati, insegnanti,
avvocati, amministrativi, cittadini e istituzioni.
Ore 15.00 arrivano i ragazzi, maglietta bianca con su
scritto in nero “portatore sano di legalità”.
Gli studenti erano stati precedentemente divisi in undici percorsi tematici intitolati a Claris Appiani, Ciampi,
Galli, Ambrosoli, Chinnici, Falcone, Borsellino, Atria,
Amato, Alessandrini e Livatino.
Ad accoglierli per ogni percorso 10 magistrati ed avvocati, maglietta nera con la medesima scritta in bianco.
Tanti i momenti emozionanti alla cerimonia di apertura: il Presidente del Tribunale Bresciano legge la lettera del Presidente della Repubblica Mattarella; Il
Procuratore Nazionale Antimafia dott. Roberti e l’On.
Chinnici, figlia del collega ucciso, consegnano il codice di udienza di Giovanni Falcone agli studenti che lo
porteranno a Palermo il 23 maggio 2015… è un passaggio di testimone ideale tra generazioni; Antonello
Venditti canta a cappella “Notte prima degli esami”; gli
800 studenti levano in alto la loro goccia nel mare ma
800 gocce sono un mare!
Cominciano i lavori. Ogni percorso tematico prevedeva due eventi a scelta tra tavole rotonde sulla legalità in vari ambiti (bullismo, droga, ambiente, web,
sport, tv, sofisticazione alimentare, arte, alcool, criminalità organizzata, corruzione) e altre attività (rappresentazioni teatrali di magistrati e avvocati, viaggio nel tribunale segreto, film “i nostri ragazzi” con
Foro Romano
gli attori, incontro con magistrati e avvocati scrittori,
utilizzo del video gioco consapevole e le ludopatie,
piccolo atlante della corruzione, corti e mostre dei
ragazzi stessi).
Del pomeriggio ci rimarranno impressi: lo stuzzicante
dibattito sulla corruzione tra l’Avv. Coppi, gli ex P.M.
di mani pulite Colombo e Ielo e il cantante Venditti; le
lacrime nell’aula dove Tommaso ha raccontato di come
è uscito dalla tossicodipendenza; i giocatori della Lazio
ovunque; il grande nulla della criminalità organizzata
mostrato agli studenti dai colleghi Roberti e Canepa e
da Don Ciotti; le interessanti tavole rotonde sul bullismo e sulle insidie del web; il video dello youtuber
Favij che non partiva; la straordinaria performance teatrale del collega Picozzi soprannominato ormai “lo
Shakespeare de’ noantri”; il divertente mimo degli
avvocati con Pannofino; i registi che litigavano nell’aula dove si parlava di Gomorra; i magistrati e avvocati
scrittori; il movimentato dibattito sul doping; le file
delle colleghe per vedere Gassman; l’emozione dei
ragazzi che traversavano al buio i cunicoli percorsi dai
carcerati per arrivare nelle aule ... e tanto altro.
Ed è subito sera ... è l’ora degli scout che fanno servizio distribuendo la cena.
Mangiamo tutti i panini, gentilmente offerti dall’A.n.m.
Roma Lazio, e dunque per noi gustosissimi. Siamo tutti
seduti nel piazzale del tribunale tra le palazzine A, B e C
sotto la statua di Mercurio. Il tempo regge per fortuna.
I ragazzi aspettano il concerto, mentre gli artisti provano ...
La serata è divertente: magistrati, insegnanti e avvocati che chiacchierano assieme, persone sui terrazzi di
fronte al Tribunale che ballano sulle note dei Rosso
Antico, il gruppo musicale composto anche dal collega
Dovinola e dall’Avv. Pascuzzo.
Jimmy Ghione e l’Avv. Addessa presentano, tutti aspettano il cantante Mannarino, ma ci godiamo dell’ottima
musica anche prima. Sul palco si alternano i
Fuoricontrollo, Cassandra, Papasidero e l’Avv. Pannain
5
Morale della favola.
Possono magistrati, insegnanti, avvocati, amministrativi, cittadini, istituzioni ... noi adulti insomma lavorare
assieme per i ragazzi per restituire loro fiducia nella
giustizia? Noi sette vi assicuriamo che si può...
noto prestigiatore.
Si torna a casa, tutti uniti studenti, magistrati, avvocati
e amministrativi ... salutando il piazzale prima che torni
a essere Tribunale.
_________________
* Tratto da Festina Lente, foglio informativo dell’A.N.M. Roma Lazio – n. 12
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Foro Romano
Per non dimenticare
Andrea Fratto Rosi, un Avvocato indimenticabile
“I
Filippo Maria Berardi
Avvocato del Foro di Roma
ricordi sono corni da caccia il cui suono muore
nel vento”, così ammonisce Apollinaire.
Ma avere l’onore di ricordare un grande
Amico, allevia il dolore per la sua perdita.
E già, caro Andrea, chi avrebbe mai immaginato che
un giorno mi sarei trovato a scrivere di te. Non lo
immaginavo certo quando, poco più che ragazzini, io e
mio fratello eravamo tra i tuoi “lupetti” e tu nostro
Capo Scout. Ci riunivamo, in una Roma degli anni
Sessanta, nella Chiesa di S. lgnazio dove, dopo aver
salito una interminabile scala a chiocciola giungevamo, stupiti, sulle terrazze della chiesa. Lassù le stanze
di San Luigi troneggiavano, tra le pareti affrescate. E
tu ci dividevi in gruppi: i bigi, i rossi, i neri. Era il mitico “Gruppo Roma 1”.
Tu e Giovanni, tuo fratello maggiore, avevate una decina d’anni più di noi ed eravate anche voi figli di genitori anziani. Siete stati, con mio fratello, alunni del
Collegio Nazareno, tra i più antichi di Roma ed anche
Collegio di Verdone e De Sica. Padre Armando Pucci,
storico preside del Collegio, intervenne assieme al
Princeps dell’Accademia degli lncolti ai funerali di tua
Madre. Ricordo tuo Padre, il Dott. Lucio, che nel suo
studio in piazza Sant’Andrea della Valle tra una radiografia e I’altra, raccontava aneddoti romani.
Tra i tanti ne memorizzai uno che riguardava mio
padre, quando durante la seconda Guerra salvò, uno ad
uno, trentasette ebrei: mi disse che lo chiamavano
“l’avvocato dell’Argentina”, dall’ubicazione del suo
studio sito in Largo Argentina.
Un’altra volta sempre tuo padre ci convocò a casa
vostra, sarà stato il 1970, e ci disse che, con tutto il
rispetto dell’amicizia che aveva con la nostra famiglia,
se non avessimo fatto smettere il nostro cane Rock di
abbaiare in terrazza per tutta la notte, avrebbe “provveduto” lui stesso: provvedemmo immediatamente!
Abitavamo in due palazzi prospicenti e dalle nostre terrazze, entrambe al quarto piano, spesso ci soffermavano a parlare.
Poi, nella discrezione personificata, I’immagine di tua
Foro Romano
Madre, Donna Cecilia. Ricordi quando narrava che tua
nonna, rimasta vedova in giovane età con uno stuolo di
figlie femmine tra le quali lei stessa, fu consigliata dal
Cardinale Gasparri di acquistare il vostro palazzo di
Via del Teatro Valle? Se non ricordo male, correva l’anno 1922. Mi sto facendo guidare dalla memoria e spero
di non commettere imprecisioni di date.
Conservo una bellissima foto del 1985 nella quale, sottobraccio, tua Madre e la mia ormai entrambe vedove,
camminano meste.
Troppi sono gli aneddoti che si affastellano nella mia
mente, ma provo a rammentarne qualcun altro. Nel
1978 tu, giovane avvocato laureato con una tesi in
Diritto Minerario, per la quale materia avevi frequentato lo studio di mio padre, facevi ormai parte dello studio dei figli dell’avvocato Augusto Caroselli, Attilio e
Massimo, in piazza della Pigna, a palazzo Berardi. Ti
venivo a trovare spesso, e ricordo la cordiale simpatia
del collega Massimo. Sempre in quell’anno, si era
appena riaperto il tesseramento di via Bargoni della
Democrazia Cristiana e tutti e quattro iniziammo la
nostra modeste avventura politica.
Ricordo Ie battaglie di Giovanni presso il comitato
Romano in via dei Somaschi, dove il “capitano” era
I’Avv. Aldo Corazzi. Tu spesso rappresentante di lista
e, come me, membro del comitato politico circoscrizionale, mentre i nostri fratelli maggiori, Giovanni e
Giuseppe Maria, consiglieri. Quanta acqua è passata
sotto i ponti della vita da allora: oggi Giovanni è professore Ordinario di Scienze Cardiovascolari alla
Sapienza e mio fratello Giuseppe è deceduto a 57 anni
nello scorso mese di settembre 2014. Oggi tu, a 67
anni, lo hai raggiunto.
Quando morì mio padre ed il suo studio si chiuse,
avevo 25 anni, come te quando morì il tuo.
Allora mi convocasti nel tuo nuovo studio in Corso
Vittorio Emanuele ll, nel cosiddetto palazzo Baccelli,
dove mi mostrasti la stanza di cui avrei potuto fruire
gratuitamente.
Era particolarissima, soprastante I’androne del palazzo
7
Per non dimenticare
aveva la volta a botte, come la finestra incorniciata dai
ferri battuti della parte alta del portone.
Non ho mai dimenticato la tua straordinaria generosità.
Oggi dal 1999 ho riaperto lo studio di famiglia, trasferendolo ai Parioli.
Sei anni fa, in occasione del compimento dei miei 50
anni, organizzai presso la trattoria del Pallaro, dove con
i nostri genitori siamo cresciuti, una cena per pochi, cari,
amici. Non potevano certo mancare i fratelli Fratto.
Ti ricordi quante risate, tra mille aneddoti: quando
Giovanni parcheggiava la sua seicento azzurra elaborata,
roboante, nell’androne del vostro palazzo. O quando
entrambi partiste per il servizio militare ed io, anni dopo,
con il tuo aiuto riuscii ad esserne dispensato, in quanto
figlio di padre anziano e fratello di milite esente.
Parlando poi delle nostre illustri parentele, ricordammo “Monsignore” o meglio S.E. il Vescovo di Campli
Mons. Luigi Del Gallo di Roccagiovine.
Più volte siamo andati a trovarlo nella sua splendida
casa all’interno di palazzo Roccagiovine, al Foro
Traiano. Si parlava di Mandela, dove lui era nato, situata esattamente a metà strada tra il “nostro” San Polo dei
Cavalieri e il “vostro” Cineto Romano.
Poi il tempo, inesorabile, è trascorso e tu, nonostante
I’impegno profuso negli ultimi anni in associazioni giuridiche, non hai mai peccato di ambiziosi protagonismi. La
tua estrema riservatezza, dettata da una educazione d’altri tempi, è sempre stata accompagnata da un forte spirito sarcastico e dissacratore, che si riconosceva in una
visione della vita totalmente trascendente.
Resta il tuo sorriso, la tua mai sbandierata competenza
per la storia della società romana, la tua corretta e puntuale professionalità. E la Fede, fortissima.
Sei stato, per tutta la tua esistenza, un vero Signore.
Ora sono certo che tu sia definitivamente giunto nel
Porto eterno della Pace e dell’Amore, là dove tutte le
anime nobili e buone son destinate a migrare, dopo il
breve volo della vita, secondo una divina Legge che
trascende i confini della terra ed il segreto del tempo.
Deus tecum!
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Foro Romano
Per non dimenticare
Un libro per non dimenticare
P
er la prima volta nella storia dell’Ordine, il
Consiglio ha ritenuto di dare alle stampe un
volume riportante le storie dei colleghi che
hanno raggiunto l’ambito traguardo dei 50, 60 e 70
anni di attività professionale in modo da raccogliere le
loro esperienze (di studio, di professione e famigliari)
per tramandarle alle nuove generazioni e come esempio
per i giovani avvocati che si apprestano, con convinzione ed ardore, ad entrare a far parte della nobile
Famiglia dell’Avvocatura romana.
Un progetto ambizioso, certamente, ma derivante dal
cuore e dai sentimenti di affetto, riconoscenza e devozione nei confronti di coloro che hanno combattuto per tanti
lustri sul campo di battaglia della salvaguardia del Diritto.
Tanti i colleghi che hanno risposto al nostro invito di
raccontarci le loro storie, i loro sentimenti. Tante le
porte che si sono aperte agli intervistatori. Emozionante il viaggio intrapreso con loro nei cassetti della
memoria: alla ricerca di immagini, di fatti, delle motivazioni che li hanno spinti ad indossare la Toga.
Gli anni sono passati, è vero, ma in tutti loro, nei loro
occhi, abbiamo notato brillare la stessa luce: la luce
della fierezza, la luce della libertà, la luce dell’indipendenza, la luce di stare ancora sul campo.
Tutte le storie raccolte sono interessanti, perché ognuna è differente dall’altra.
Il messaggio che abbiamo ottenuto è stato magnifico:
quello che per nulla al mondo cambierebbero professione, che se potessero tornare indietro nel tempo rifarebbero esattamente quello che fecero all’epoca.
Nessun rimpianto (ad eccezione di quello della gioventù e
dei capelli ora bianchi, simbolo di saggezza, e sui quali tutti
hanno speso parole scherzose), ma la voglia di continuare
su questa strada come se gli anni non fossero trascorsi.
Alzarsi ogni mattina e dire: ci sono, eccomi qui.
Come dimenticare le parole di Francesco Oliveti che, dopo
aver ricevuto l’invito alla cerimonia, così ha scritto al
Presidente dell’Ordine: “...Con l’occasione Ti informo che
continuerò ad esercitare la professione con lo stesso entusiasmo e la passione di sempre, ma fra una ventina di anni
vorrei ritirarmi. Ritieni che sia ancora presto?”.
Ne riparleremo tra 20 anni, caro Francesco, insieme, ed
insieme rivolgeremo lo sguardo a chi ci sta vicino, ai
Foro Romano
nostri figli e nipoti, orgogliosi di quello che abbiamo fatto.
Le parole di Francesco Caputo sono rivolte alla scelta
della professione intesa come indipendenza:
“Ringrazio il Presidente Vaglio e tutti i Consiglieri per
avermi voluto tributare, fra gli altri, al cinquantesimo
anno di iscrizione all’Albo, il riconoscimento per l’attività svolta che conserverò nel mio cuore con fierezza.
Viva l’Avvocatura, sempre Libera!”.
Ma proprio su questo argomento (l’orgoglio, la fierezza),
ecco le parole di Mariano Petrina, classe 1928: “Ho svolto la mia professione con orgoglio e sono soddisfatto di
quello che ho fatto, avendo avuto l’opportunità di vivere
in un’epoca molto interessante e piena di speranza”.
E sull’azione quotidiana svolta in rispetto alle regole,
ecco il giudizio di Marcello Piga che ha ricoperto la
carica di Ministro della Repubblica: “La mia attività
professionale è stata sempre ispirata alla regola del
rigoroso rispetto della legge ed al principio dettato dal
grande maestro Piero Calamandrei, secondo cui la funzione dell’avvocato deve essere utile per aiutare i giudici a raggiungere la giustizia. Mi auguro che tale principio illumini anche le nuove generazioni”.
Ma non possiamo esimerci dal riportare anche il sentimento di chi ha voluto dedicare parole di gratitudine
all’Ordine, come quelle di Vito Antonio Mazzarelli:
“Sono grato all’Ordine per il ricordo lungo cinquanta
anni che la manifestazione mi consentirà di rivivere
riportandomi ai sogni di giustizia che il risveglio in
quest’epoca si è premurato di far dissolvere”.
E proprio sull’attaccamento all’Ordine, inteso proprio come
Famiglia, ecco l’esempio di Agapito Colamariani, classe
1914, originario di Palestrina (in provincia di Roma), che
alla veneranda età di 101 anni continua ad essere iscritto in
quanto non ha mai ritenuto di volersi cancellare dall’Ordine.
Per lui si tratta di mantenere quel cordone ombelicale dal
quale trarre la linfa quotidiana. Come dargli torto? Si può
cancellare la propria Famiglia? Certamente NO.
Ecco il perché del titolo che si è voluto dare a questa
iniziativa editoriale: “La grande famiglia degli avvocati romani”. La nostra intenzione è quella di proseguire
su questa strada, aiutati in questo cammino da tanti colleghi che ci porgeranno la mano per il passaggio del
“testimonial” dell’esperienza.
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Le Voci dell’Avvocatura
La XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati
N
el 1968, Carlo Fornario, amato Presidente del
nostro Ordine, accolse la proposta di
Tommaso Bucciarelli e dell’Associazione
Italiana Giovani Avvocati di dar vita, a Roma, alla
Conferenza dei Giovani Avvocati che, istituita nel
1967, si ispira ad una formula seguita per lunga tradizione da numerosi Ordini forensi di ogni parte del
mondo.
A partire dal 9 gennaio 1968, sono stati selezionati giovani destinati ad affermarsi come Avvocati di alto livello.
Sulla scia di questa luminosa tradizione, anche quest’anno, è stato bandito un concorso, coordinato dal
Presidente, Avv. Mauro Vaglio, con il supporto
dell’Avv. Cristina Tamburro, articolato in prove scritte
e orali, tendenti ad accertare la preparazione dei candidati sul piano umanistico, deontologico, tecnico, giuridico, oltre che nelle lingue straniere.
I cinque vincitori sono stati proclamati “Segretari della
Conferenza” e resteranno in carica per due anni.
Durante gli anni in cui rimarranno in carica, i Segretari
si dedicheranno a studi, conferenze e dibattiti, soprattutto su problemi che riguardino le giovani generazioni
forensi; intratterranno, inoltre, rapporti con le istituzioni similari e con giovani Avvocati all’estero.
Nel corso della Cerimonia ai Segretari proclamati è
stata offerta una Toga d’Onore intitolata alla memoria di Avvocati romani deceduti che hanno dato
lustro all’Ordine forense, nonché premi in denaro
utilizzando anche la dotazione operata dall’Avv.
Lucio Ghia in ricordo dell’Avv. Ferdinando
D’Atena.
Al primo Segretario è stata consegnata una targa offerta dalla Sezione di Roma dell’Associazione Italiana
Giovani Avvocati.
La Cerimonia rappresenta per l’Ordine degli Avvocati di
Roma l’occasione per affidare ai Giovani Avvocati il compito di continuare la luminosa tradizione del nostro Foro.
- il Dott. Pasquale Ciccolo (Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione)
- il Dott. Luciano Panzani (Presidente della Corte di
Appello di Roma),
- l’Avv. Bruno Andreozzi (a nome degli Avvocati premiati),
- il Dott. Giorgio Santacroce (Primo Presidente della
Corte di Cassazione a nome dei Magistrati collocati a
riposo),
- l’Avv. Stefano Radicioni (Segretario dell’O.U.A.Organismo Unitario dell’Avvocatura),
- l’Avv. Donatella Cerè (del Consiglio Nazionale
Forense),
- l’Avv. Essid Abdelaziz (delegato dell’Ordine degli
Avvocati della Tunisia insignito con il Premio Nobel
della Pace 2015),
- l’Avv. Alberta Brambilla Pisoni, madre del Collega
Lorenzo Alberto Claris Appiani, le cui toccanti parole
resteranno scolpite nella memoria dei partecipanti.
La proclamazione dei Segretari della XXXVIII
Conferenza dei Giovani Avvocati con la consegna
delle Toghe d’Onore, dei diplomi e dei premi ai
Segretari della Conferenza.
L’Avv. Giuseppe Carro, Primo Segretario, ha tenuto la
conferenza sul tema «Io. Avvocato». Sono state inoltre
consegnate le Toghe d’Onore ai migliori discenti della
Scuola Forense “Vittorio Emanuele Orlando” (responsabile il Consigliere Avv. Riccardo Bolognesi).
COMITATO D’ONORE
Alessandro CRISCUOLO
Presidente della Corte Costituzionale
Giovanni LEGNINI
Vice Presidente del Consiglio Superiore della
Magistratura
PROGRAMMA DELLA CERIMONIA
Andrea ORLANDO
Ministro della Giustizia
Dopo il saluto del Presidente del Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Roma, Avv. Mauro Vaglio, sono intervenuti:
Giorgio SANTACROCE
Presidente della Corte Suprema di Cassazione
10
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Pasquale CICCOLO
Procuratore Generale della Corte Suprema di
Cassazione
Giuseppe PIGNATONE
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
Ordinario di Roma
Luigi FRATI
Rettore dell’Università “La Sapienza”
Giorgio GIOVANNINI
Presidente del Consiglio di Stato
Giuseppe NOVELLI
Rettore dell’Università “Tor Vergata”
Antonio SEGRETO
Presidente del Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche
Mario PANIZZA
Rettore dell’Università “Roma Tre”
Raffaele SQUITIERI
Presidente della Corte dei Conti
Francesco BONINI
Rettore dell’Università “Luiss”
Salvatore NOTTOLA
Procuratore Generale della Corte dei Conti
Giuseppe DALLA TORRE DEL TEMPIO
DI SANGUINETTO
Rettore dell’Università “Lumsa”
Andrea MASCHERIN
Presidente Consiglio Nazionale Forense
Paolo RIDOLA
Preside della Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università “La Sapienza”
Nunzio LUCIANO
Presidente Cassa Nazionale Forense
Mirella CASIELLO
Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura
Italiana
Gian Piero Giuseppe MILANO
Preside della Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università “Tor Vergata”
Federico BUCCI
Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense
Paolo BENVENUTI
Preside della Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università “Roma Tre”
Luciano PANZANI
Presidente della Corte di Appello di Roma
Antonio NUZZO
Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università “Luiss”
Luigi CIAMPOLI
Procuratore Generale della Corte di Appello di Roma
Angelo RINELLA
Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università “Lumsa”
Angelo Raffaele DE DOMINICIS
Procuratore Generale della Sezione Lazio della Corte
dei Conti
COMMISSIONE D’ESAME
La Commissione del concorso della XXXVIII
Conferenza dei Giovani Avvocati è stata presieduta, su
delega del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Roma, dall’Avv. Cristina Tamburro.
Essa era composta, a norma del Regolamento della
Conferenza, da:
Mario BRESCIANO
Presidente del Tribunale Ordinario di Roma
Riccardo VIRGILIO
Presidente f.f. del Tribunale Amministrativo Regionale
per il Lazio
Foro Romano
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Le Voci dell’Avvocatura
MEDAGLIE
- Matteo Allena, Claudia Confortini, Valerio Vitale,
Viviana Di Iorio, Fulvia Vitale (Segretari della
XXXVI Conferenza)
- Beka Tavartkiladze, Francesca Sbarra, Flaminia
Aperio Bella, Giulia Crivellini, Francesco Schippa
(Segretari della XXXVII Conferenza)
- Giulio RUBINI (Sezione Romana dell’AIGA)
- Alessandro GRAZIANI (Camera Civile)
- Giandomenico CATALANO (Associazione Nazionale Forense)
AVVOCATI CON 70 ANNI DI ISCRIZIONE
Agapito COLAMARIANI
Angelo CORSI
Pietro DE RUGGIERI
AVVOCATI CON 60 ANNI DI ISCRIZIONE
Alberto ANDREUCCI
Franco BARBETTI
Vladimiro BERTOZZI
Enrico BOTTAI
Pietro CAMMARERI
Marsilio CASALE
Erodico CONSIGLIO (alla memoria)
Dellarciprete ALFONSO
Giuliano FLERES
Antonio IANNACCI
Giorgio MELUCCO
Mariano PETRINA
Marcello PIGA
Francesco PIROCCHI
Mario PUGGIONI
Antonio ROSSINI
Carlo SPIGARELLI
SEGRETARI DELLA XXXVIII CONFERENZA
Giuseppe CARRO
Emilio GALDIERI
Marco NOCETA
Guido BEFANI
Giorgia IPPOLITI
I Segretario
II Segretario
III Segretario
IV Segretario
V Segretario
TOGHE D’ONORE
Lorenzo Alberto CLARIS APPIANI
al Segretario Giuseppe Carro
Franco COSENZA
al Segretario Emilio Galdieri
Bruno RICCIOTTI
al Segretario Marco Noceta
AVVOCATI CON 50 ANNI DI ISCRIZIONE
Guido BERRI
al Segretario Guido Befani
Sabino ACCOMANDO
Salvatore AJELLO
Bruno ANDREOZZI
Mario ANDREUCCIOLI
Bernardo BENINCASA
Corrado BUSCEMI
Roberto CANESTRELLI
Francesco CAPRIGLIONE
Francesco CAPUTO
Giuseppe CARIGLIA
Valerio CELESTI
Assunta CIACCIO AUGUGLIARO
Domenico CONCETTI
Guido CONTI
Fabrizio Luigi CONTI
Michele COSTA
Paolo DE CATERINI
Luciana BONIFAZI FRANCESCONI
al Segretario Giorgia Ippoliti
TOGHE D’ONORE AI VINCITORI DELLA
SELEZIONE DELLA SCUOLA FORENSE
‘VITTORIO EMANUELE ORLANDO’
INTITOLATE ALLA MEMORIA DEGLI AVVOCATI
Ciriaco FORGIONE
I classificato
Maria Elisa DRAGOTTA
Alessandro MICHENZI II classificato
Giulia DONATONI
Francesco SPOSATO
III classificato
Alessandro RUGGIERO
12
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Corrado DE MARTINI
Michele DEL RE
Francesco D’ONOFRIO
Luigi FAVINO
Giulio FAVINO
Giuseppe FERRETTI
Fabio FONZO
Antonio FUSILLO
Riccardo GALDIERI
Raffaele Genovesi
Pietro Giuseppe GIGANTE
Giancarlo GRAZIANO
Albino GRECO
Fiorenzo GROLLINO
Domenico GUIDI
Cesare IOPPOLI
Francesco Giovanni ISGRÒ (alla memoria)
Riccardo LAVITOLA
Giovanni LEALE
Ruggero LONGO
Renato MARIANI
Rodolfo MARTELLINO
Massimo Filippo MARZI
Vito Antonio MAZZARELLI
Vincenzo MEZZACAPO
Mauro MEZZETTI
Luciano MUSSARI (alla memoria)
Francesco OLIVETI
Francesco PARADISI MICONI
Corrado PASCASIO
Ermanno PRASTARO
Nicola RASTELLO
Giancarlo RIGONI
Antonio ROMBOLÀ
Liliana ROSSI CARLEO
Luigi Maria SANGUINETI
Ludovico Ferdinando VILLANI (alla memoria)
Antonio ZANUZZI
Mario ADAMO
Antonio AGRÒ
Franco AMEDEO
Umberto APICE
Agostino BASTA
Foro Romano
Bruno BOVE
Sergio BRESCIA
Carlo Giuseppe BRUSCO
Filippo M. CAPECE MINUTOLO DEL SASSO
Melita CAVALLO
Aldo CECCHERINI
Mariangela CECERE
Severo CHIEFFI
Gianfranco CIANI
Mario CICALA
Gabriella COLETTI DE CESARE
Renzo CONTI
Francesco CORSARO
Alberto COZZELLA
Filippo CURCURUTO
Filoreto D’AGOSTINO
Mario Lucio D’ANDRIA
Claudio DE ANGELIS
Raffaele DE LIPSIS
Antonio DE SALVO
Carlo DESTRO
Adolfo DI VIRGINIO (alla memoria)
Vito Nicolò DIANA
Pietro DUBOLINO
Antonio ESPOSITO
Pietro FALCONE
Mario FINOCCHIARO
Leonardo FRISANI
Umberto GIORDANO
Giorgio GIOVANNINI
Claudio IAFOLLA
Antonino INTELLISANO
Antonio LAMORGESE
Maria Gabriella LUCCIOLI
Saverio Felice MANNINO
Antonio MARINI
Antonio MERONE
Nicola MILO
Giovanni MOCCI
Brizio MONTINARO
Massimo ODDO
Elia ORCIUOLO
Luigi PACIFICO
Ciro PETTI
Luigi PICCIALLI
Giovanni Paolo POLIZZI
MAGISTRATI
13
Le Voci dell’Avvocatura
Italo RIGGIO
Federico ROSELLI
Luigi Antonio ROVELLI
Libertino Alberto RUSSO
Giuseppe SALMÈ
Linda SANDULLI
Giorgio SANTACROCE
Pietro Antonio SIRENA
Claudia SQUASSONI
Paolo STILE
Alfredo TERESI
Maurizio TOCCA
Luigi TOSTI
Giuseppe TROCCOLI
Guido VIDIRI
Goffredo ZACCARDI
Gaetanino ZECCA
Giuseppe ZEZZA
14
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Il significato delle “Toghe d’Oro”
L
Mauro Vaglio
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma
a cerimonia di consegna delle “Toghe d’Oro” e
delle medaglie non costituisce un rito formale e
ripetitivo ma la migliore testimonianza della
vitalità di un’Avvocatura che prevale e vince sulle
avversità e sulle mille difficoltà di questi nostri giorni.
di un rappresentante per ciascuna categoria.
Quest’anno poi, l’emozione sarà ancor più rilevante ed
intensa. Saranno infatti presenti l’Avv. Abdelaziz
Essid, componente del cosiddetto “Quartetto per il dialogo”, al quale è stato assegnato il premio Nobel per la
Pace, ed i genitori del giovane Collega Lorenzo Claris
Appiani, travolto dalla follia omicida mentre si trovava
nel luogo di lavoro, e cioè nel Tribunale di Milano.
Con le Toghe d’Oro s’intende dare un riconoscimento
ai vincitori della Conferenza dei Giovani Avvocati ed ai
discenti più meritevoli della Scuola Forense, mentre le
medaglie vengono conferite a quei Colleghi che hanno
compiuto 50, 60, 70 anni di professione e ai magistrati
che sono andati in pensione durante l’anno in corso ed
alla fine di quello precedente.
Renderemo ONORE a questi ospiti.
Essi testimoniano ancora una volta che l’Avvocato in
tutti i tempi ed in ogni luogo è pronto a difendere le
pubbliche e private libertà, manifestando un impegno
ai limiti dell’eroismo fino al sacrificio della propria
stessa vita.
La giornata del 19 dicembre 2015 resterà pertanto
impressa nelle menti e nei cuori di tutti, anche perché
consacrata nella pubblicazione dal titolo “La grande
Famiglia degli Avvocati romani” (edita dalla casa editrice Herald Editore di Roma) che costituisce una novità assoluta ed un ulteriore omaggio del Consiglio
dell’Ordine a tutti i Premiati.
Questo evento ci consegna, ogni anno, un messaggio
nuovo ed emozionante: cambiano i protagonisti ma
quello spirito e quella dedizione alla professione che
sono di esempio per tutti noi restano immutati. Negli
occhi dei colleghi, giovani e meno giovani, si può
cogliere infatti sempre lo stesso entusiasmo ed una
identica voglia di affrontare nuove battaglie.
Un vero e proprio miracolo di vita della nostra centenaria istituzione.
Sfogliandola avrete la gioia e l’emozione di trovare le
vostre fotografie ed i vostri pensieri e potrete ricordare in
maniera tangibile ed in qualunque momento una tappa
indimenticabile della vostra vita professionale, che
auguro ancora lunga e colma di ulteriori soddisfazioni.
Questi aspetti, che già di per sé sarebbero più che sufficienti per costituire la ragion d’essere della celebrazione, assumono maggiore rilevanza grazie alla presenza di illustri esponenti delle Istituzioni e agli interventi
Foro Romano
15
Le Voci dell’Avvocatura
Una cerimonia per riflettere
Pietro Di Tosto
Q
Consigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma
uesta cerimonia, indubbiamente la più importante dell’Ordine degli Avvocati di Roma, offre
sempre spunti nuovi ed importanti di riflessione
a chi ami tanto l’Avvocatura da ragionare pragmaticamente sul suo futuro.
cati e di aver difeso i diritti con la forza della voce e
della scrittura.
È stato un anno terribile per l’avvocatura, due colleghi
deceduti nell’adempimento del loro dovere.
Essa ci permette di onorare i Colleghi con 50, 60 e 70
anni di professione, di ringraziarli per i loro insegnamenti ed il loro esempio di vita, e di professione, e di
trarre dalla loro esperienza, quanti più valori possibili,
per il nostro presente e per il nostro futuro.
Tanti colleghi sono in difficoltà, la nostra cara Italia
diventa sempre di più un paese con meno diritti.
I diritti non sono merce e c’è bisogno di una nuova stagione in cui qualcuno torni a dire ai poteri forti che non
tutto è consentito.
Quest’anno il mio personale pensiero va alle rappresentanze politiche stesse dell’Avvocatura, alla loro storia, alla storia dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ai
grandi Avvocati che come Presidenti, Consiglieri ed
iscritti lo hanno reso grande.
Affinché non dettino regole impossibili a politici i quali
coltivano il solo interesse a conservare il loro posto in
Parlamento.
Quel “qualcuno”, ormai è chiaro, deve essere
l’Avvocatura.
Oggi, due pericoli insidiano questa gloriosa istituzione
che soggetta a continui tentativi, anche formali, di eliminarla.
I politici continuano a dettare riforme del Codice di
Procedura Civile, della Legge Fallimentare, delle esecuzioni, sempre a costo zero, senza investimenti, senza
fornire personale e materiali adeguati.
Da un lato, l’estremo tentativo esterno di certa politica
di assoggettare la nostra Professione a regole e logiche
che non ci appartengono.
A tutto questo dovrebbe poter rispondere una
Avvocatura autorevole, compatta, numericamente e
politicamente forte.
Dall’altro, il tentativo interno all’Avvocatura di impedire che le rappresentanze elettive degli Avvocati, quelle degli Ordini, si coalizzino creando un vero organismo istituzionale in grado di farsi ascoltare e far sentire la voce dell’Avvocatura, unica, non eludibile.
Tuttavia, a fronte dello sforzo dell’Avvocatura di compattare una resistenza credibile, ipocriti disfattisti cercano di svilire le nostre rappresentanze, facendo finta
di confonderne i fini e l’impegno, parlando di tutela
della Democrazia che senza l’esercizio dei Diritti e
l’accettazione della volontà della maggioranza è formula vuota ed anche stucchevole.
Il mio pensiero va oggi ai due valorosi colleghi
Lorenzo Claris Appiani e Mario Piccolino.
Il primo ucciso da un folle a Milano mentre adempiva
al proprio dovere di testimone e il secondo ucciso da
una controparte per aver fatto valere le ragioni del proprio assistito davanti al giudice, due vittime inermi,
colpiti senza alcuna difesa, per il fatto di essere avvo-
L’Avvocatura è viva e forte e, per cultura, il proprio
futuro è abituata a guadagnarselo, non è serva di nulla
e non vuole diventare serva delle regole del
16
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
L’Avvocatura nonostante tutto è forte e resiste e guarda
avanti.
Commercio e del circuito commerciale.
Se il Giudice è la bocca della Legge, l’Avvocato ne è le
orecchie, gli occhi e la voce.
Oggi i nostri decani sono la storia ed il presente
dell’Avvocatura.
Non c’è bisogno di rivoluzioni ma di garantire i diritti,
primo dei quali quello di esercitare compiutamente i
diritti della difesa e ottenere un giusto processo con
tempi ragionevoli.
Viene spontaneo immaginare il futuro. E nonostante
tutto, ci sono delle speranze.
Il Consiglio Nazionale Forense della Tunisia ha partecipato alla redazione della nuova costituzione ed ha
ricevuto il Premio Nobel della Pace per l’anno 2015.
Molti colleghi permettono alla giustizia di funzionare,
prestando la loro attività nella Magistratura Onoraria,
svolgendo quel lavoro oscuro e senza gloria che deriva
dal rendere la Giustizia alla gente comune, quella che
sembra debba essere sacrificata alle logiche del mercato, quella che non interessa a nessuno, quella su cui la
politica vuole far cassa per poi accusare gli Avvocati di
nutrirne i flussi.
Molti altri colleghi permettono a tutti i cittadini di essere difesi, svolgendo la loro attività come difensori d’ufficio e garantendo il gratuito patrocinio, pur sapendo
che non è certo il giorno in cui riceveranno il giusto
compenso.
Come sempre gli avvocati riescono a fare cose incredibili.
Eppure alcuni degli avvocati della Tunisia hanno subito arresti, persecuzioni e azioni violente, ma hanno
resistito e sono tornati ad essere protagonisti del futuro
del loro paese.
Solo l’unità tra le generazioni di Avvocati, quel sangue
che scorre nel cuore dell’Avvocatura, assicura quella
compattezza che garantisce le imprese più impensabili,
da forza alla difesa dei diritti, da un senso a quella parola che tanto amiamo “Giustizia”.
A causa della crisi economica in Italia più del 20% dei giudizi civili vengono proposti tramite il gratuito patrocinio.
Foro Romano
17
Le Voci dell’Avvocatura
Un Nobel a tutti gli Avvocati romani per la pace mondiale
e la difesa dei diritti dei più deboli
B
Essid Abdelaziz
Delegato dell’Ordine Nazionale degli Avvocati Tunisini, componente del “Quartetto della Pace” a cui è stato conferito il Nobel per la Pace 2015
uongiorno a tutti, ringrazio il Presidente e tutti
i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati di
Roma per questo invito.
Veramente non so come nascondere la mia grande
emozione. Dovete sapere che sono nato a Cartagine ed
essere qua con voi in una seduta ufficiale, nel pieno
centro di Roma, a parlarvi e a parlare in una platea dove
ci sono illustri presenze mi rende veramente molto
molto emozionato e molto onorato.
Io oggi rappresento l’Ordine degli Avvocati della
Tunisia, che è un ordine nazionale, in quanto non abbiamo ordini regionali ma un solo ordine. Dieci giorni fa
siamo andati a Oslo per ritirare il premio Nobel per la
Pace. È una cosa inconsueta, non è da tutti i giorni che
un ordine degli avvocati sia premiato con il Nobel per la
Pace. Ma cosa sarà successo? Una cosa eccezionale.
Ebbene vorrei, con l’accordo dei miei amici dell’Ordine
di Roma, raccontarvi brevemente l’opera dei vostri colleghi tunisini, cos’hanno fatto prima e dopo la rivoluzione e ho portato con me, per lasciarlo (col vostro
permesso), nella biblioteca dell’ordine, questo libro che
ritratta 120 anni di storia dell’avvocatura tunisina e di
partecipazione a tutti i cambiamenti sociali della
Tunisia.
E qui potete leggere tutte le cose che hanno fatto gli
avvocati contrari alle aberrazioni fatte dal regime di Ben
Ali: quando c’era da manifestare abbiamo manifestato,
quando c’era da partecipare a quei processi di opinione
abbiamo partecipato, e quando la gente della Tunisia, la
nostra popolazione ha deciso di scendere nelle piazze e
nelle strade per manifestare abbiamo deciso di scendere
anche noi, con le nostre Toghe per proteggere i manifestanti contro il regime di Ben Ali e contro le forze dell’ordine.
Abbiamo sempre considerato che il cittadino va difeso
sì nelle aule dei tribunali, ma anche nelle piazze e nelle
strade dove lui è il più debole, non solo per difenderlo
quando si tratta di un processo ma dovunque vi è la
necessità di difenderlo. E questo l’abbiamo fatto, e
l’avvocatura tunisina ha pagato un alto prezzo perché
facendo questo abbiamo anche perso qualche collega
che è stato ucciso in queste manifestazioni. Però questo
è il prezzo della libertà, questo è il prezzo da pagare per
difendere i nostri valori di libertà e di democrazia e
l’abbiamo pagato molto volentieri. Quindi per questa
opera (dopo che c’è stata la riuscita, per così dire, della
rivoluzione), abbiamo potuto partecipare a guidare il
paese nella via giusta perché c’erano scelte da fare,
c’era il rischio di andare nella stessa via dove sono
andati la Siria, la Libia, l’Egitto. E quella era veramente una scelta catastrofica, un rischio orribile.
Noi abbiamo preso il Paese guidandolo nella direzione
giusta con la collaborazione di altre organizzazioni
come il sindacato, come l’Utica (la nostra Confindustria) e con la lega per la difesa dei diritti dell’uomo; e
abbiamo fatto questa iniziativa, questa idea nuova di
dialogo nazionale dove si discute, si decide ma non ci
si affronta con le armi o con la violenza. E per nostra
fortuna questa iniziativa, questa idea, è riuscita e per
questo abbiamo vinto il “Nobel per la Pace”.
Ho portato con me la Costituzione del mio Paese (di cui
noi tutti Tunisini siamo fieri) perché è una concezione
veramente all’avanguardia, e gli avvocati anche qua
hanno fatto delle grandi battaglie per ogni emendamento, per ogni questione: l’eguaglianza fra uomini e donne,
la libertà di coscienza, la libertà all’acqua, la difesa del
diritto, la certezza del diritto, l’immunità per gli avvocati
quando svolgono il loro dovere (articolo 105). Quindi
abbiamo cercato di lavorare su questi testi e poi anche
sulle altre leggi, perché dovevano essere adeguate alla
nuova Costituzione. In questa fase, purtroppo, è mancato l’apporto e l’aiuto degli occidentali.
Tutti credono che noi abbiamo sempre bisogno di soldi
(forse sarà vero) o di posti di lavoro nell’Occidente, ma
abbiamo anche bisogno di un altro tipo di aiuto, perché
quando si sono aperti i “grandi cantieri” di lavoro per
18
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
la stesura di nuovi testi giuridici, come abbiamo avuto
noi, avevamo bisogno dell’Occidente per essere aiutati
in questa via. E qui vorrei aprire una parentesi per
ringraziare un’amica che è venuta in Tunisia in quel
momento (prima del conferimento del Nobel per la
Pace), quando si sono aperti i “cantieri” di nuovi testi e
ci ha aiutato con la sua esperienza e ha fatto convegni
e incontri per agevolarci nella sua materia (che è il
diritto costituzionale amministrativo) passando molto
tempo a parlare con noi.
Questa amica è membro del Consiglio dell’Ordine di
Roma, ed è presente in quest’aula, e si chiama Isabella
Stoppani.
La storia ci insegna che noi abbiamo sempre cercato le
nostre leggi in quel grande serbatoio universale che è il
diritto romano. Ma la storia continua e in questi nuovi
testi, Isabella, la tua impronta c’è perché hai partecipato, e di questo te ne sono molto grato.
E dico inoltre che secondo me, essendo lei membro del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, tutto il
Consiglio dell’Ordine merita il Premio. Per questo una
parte del nostro premio è anche vostra.
Cerco di terminare (anche perché non posso parlare più
a lungo di così), dicendo a tutti che anche adesso abbiamo una nuova sfida: il terrorismo.
E voi sapete che la Tunisia, come nuova democrazia, è
colpita da questo fenomeno che è oramai universale e ne
stiamo soffrendo moltissimo.
Foro Romano
Ma anche in questa battaglia, in questa guerra al terrorismo, gli avvocati, credetemi, ci sono e in prima
fila. Perché continuiamo sempre a difendere i valori
della libertà e della democrazia e non lasceremo mai
vincere il terrorismo. Però abbiamo bisogno dei nostri
amici per aiutarci come hanno fatto finora, e ieri parlando con amici romani di questo fenomeno ho detto
una cosa: per favore vi prego di non abbinare mai il
terrorismo all’Islam, è un grande sbaglio, non dovete
farlo né pensarlo.
Perché l’Islam è una religione che ha 1.400 anni. Se il
terrorismo deriva dell’Islam, allora tutta la storia dei
musulmani sarà piena di terroristi.
Adesso i musulmani sono un miliardo e mezzo nel
mondo ma i terroristi sono poche migliaia, se il Corano
era la ragione del terrorismo, allora tutto il miliardo e
mezzo di musulmani sarà terrorista.
Questo non è vero e poi noi tunisini non siamo tutti
musulmani e siamo le prime vittime del terrorismo.
Quindi è sbagliato abbinare o associare il terrorismo
all’Islam, ma gli appartenenti all’Isis sono qualche
migliaio e bisogna combatterli tutti. Noi, cristiani,
musulmani ed ebri, dobbiamo combattere quel cancro.
Sono criminali da togliere da mezzo, punto e basta.
Quindi noi abbiamo cominciato questa battaglia e ora
la parola d’ordine nel mio Paese è la “mobilitazione
totale contro il terrorismo” e vi chiedo l’aiuto anche in
questo campo. Grazie molte.
19
Le Voci dell’Avvocatura
Operare tenendo presenti i principi sanciti dalla Costituzione
I
Bruno Andreozzi
Avvocato del Foro di Roma
o veramente non so se posso e debba pronunciarmi
a nome dei colleghi che sono qui presenti, molti dei
quali evidentemente non conosco perché nella
nostra lunga, ormai, attività svolgiamo come dire due
funzioni del tutto diverse. Parlo dei civilisti e dei penalisti: ci incontriamo, ci confrontiamo è vero, però
abbiamo credo ciascuno di noi delle responsabilità
soprattutto diverse. Gli anni passano anche per noi e
sono pesanti, perché quando per cinquant’anni, sessant’anni, settant’anni, si fa il nostro lavoro c’è un’usura
terribile, c’è un peso terribile.
Viene sempre in mente quando abbiamo cominciato, la
nostra prima causa. Ai tempi miei c’erano le Preture,
c’erano situazioni un po’ particolari, e noi avvocati
penalisti addirittura facevamo i pubblici ministeri a
fianco del Pretore che poi avrebbe dovuto emettere la
sentenza.
L’abbiamo fatto per tanto tempo. Permettetemi un brevissimo ricordo personale. Tanti anni fa, diciamo forse
una trentina di anni fa, un autorevolissimo leader politico mi convocò per dirmi che voleva presentarmi come
candidato alle elezioni per il Parlamento. Rimasi un po’
interdetto perché proprio non mi aspettavo una proposta di questo tipo. Lui insistette: “perché la situazione è
tale e c’è tutto il movimento studentesco di cui ti sei
occupato in quanto avvocato, conosci questo, conosci
quest’altro, forse ti stanno a sentire, perciò è utile che
tu lo faccia”. Risposi: “ma se è proprio necessario
posso pure accettarlo ma ad una condizione: che se mi
eleggono il giorno dopo mi dimetto”. Questo mi guardò con gli occhi sbarrati. Continuai dicendo: “io faccio
l’avvocato e voglio continuare a fare l’avvocato il che
significa essere un uomo libero, una persona che non
ha legami con questo e con quell’altro, con gruppi, con
aziende, con l’industria ma anche e soprattutto nel
campo penalistico”.
Ritengo di aver fatto la scelta giusta, la scelta coerente
che ho mantenuto per tutti gli anni fino ad ora e credo
che ormai difficilmente continuerò a seguire anche se
confesso sento sempre più la carenza, la mancanza dell’aula dove ci si confronta, dove ci si batte l’uno contro
l’altro ma sempre e soprattutto nel rispetto reciproco
che è di grandissima importanza. Il rispetto per il magistrato, il rispetto per i giudici, il rispetto per chi rappresenta la pubblica accusa e l’accusa privata ma anche
per l’imputato, per la parte. E credo che il nostro compito principale debba essere quello di non immedesimarsi mai con la parte che si rappresenta: noi dobbiamo capirlo, dobbiamo studiare, dobbiamo tentare di
afferrare qual è il nesso tra il comportamento di una
persona e il crimine che eventualmente fosse stato
commesso ed è da approntare (e qui sorge un problema
puramente penalistico se volete ma evidentemente interessa anche gli altri colleghi) in quella sede la prova. È
questo che caratterizza e deve caratterizzare il dibattimento, il confronto e quindi l’emanazione di un provvedimento sulla base di qualcosa che non è impressione che non è suggestione che non è come dire un rilassamento ma è una valutazione su quello che nel dibattimento si è trovato. Appunto la prova.
Termino ringraziando il Consiglio dell’Ordine di Roma
perché anno per anno ci convoca qui per confrontarci,
per ricordare che siamo stati dei perni della giustizia a
Roma e che abbiamo sempre tenuto presente quei principi che sono sanciti dalla Costituzione, che non dobbiamo mai dimenticare.
20
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Dalla tragedia di Milano rinvigorito lo spirito
di colleganza degli Avvocati
B
Alberta Brambilla Pisoni
Avvocato del Foro di Milano
uongiorno, sono la mamma di Lorenzo Claris
Appiani, il giovane avvocato che è stato ucciso nel Tribunale di Milano il 9 aprile ultimo
scorso e sono un avvocato anche io. Voglio rendervi
partecipi di alcune tra le tante mie riflessioni, due soltanto. Man mano che passano i giorni dalla morte di
Lorenzo percepivo che in tutta Italia la quasi totalità
degli avvocati stava vivendo l’evento con grande partecipazione come se ad ognuno di loro fosse venuto a
mancare un amico, un compagno, un socio.
Lorenzo è stato l’occasione per rinvigorire lo spirito di
colleganza, il bisogno di sentirsi appartenenti ad un
gruppo. Tutti hanno capito subito che quello che era
successo a Lorenzo poteva succedere ad ognuno di
loro, perché Lorenzo non era un eroe, non era un nome
noto, Lorenzo era solo un Avvocato che svolgeva con
serietà il suo lavoro di cui andava orgoglioso e fiero.
Mi piacerebbe poter credere che lo spirito di colleganza manifestatosi così forte in quei giorni possa perdurare con la stessa forza nel tempo e che insieme si
possa dimostrare al mondo intero quanta passione,
serietà e rigore, c’è dentro al nostro lavoro.
Un’altra riflessione ho fatto che forse è ancora più
importante: con la loro morte il dottor Fernando
Ciampi e Lorenzo hanno dato l’occasione a tutti gli
operatori del diritto, magistrati, avvocati, cancellieri
di sentirsi parte dello stesso cordoglio. La Sezione
Imprese del Tribunale di Milano dove svolgeva il suo
lavoro il dottor Ciampi ha mandato in Duomo una
corona di fiori con un unico nastro con scritto “a
Fernando e Lorenzo”. Nella sua semplicità, nella sua
essenzialità, queste parole secondo me hanno fatto più
di tanti e tanti discorsi, quelle due bare vicine di due
persone, due persone normali, seri entrambi, un anziano giudice e un giovane avvocato, secondo me hanno
veramente creato un grande ponte di comprensione e
Foro Romano
solidarietà. Io vorrei che ciò continuasse. Ho pensato
che da quel giorno, da quel momento ogni avvocato,
ogni giudice avrebbe avuto una maggiore reciproca
comprensione e rispetto nella consapevolezza che la
giustizia si fa insieme e nella consapevolezza che
entrambi sono servitori del diritto ed entrambi, con
tutto quello che ne può conseguire, ne subiscono le
conseguenze e i rischi.
Questi sono pochi pensieri ma io credo che siano pensieri importanti. In casa mia io ho sempre vissuto
l’unione tra questi due mondi perché sono anche la
mamma di un magistrato, di una giovane collega; in
casa mia di diritto si è sempre discusso: quando i miei
ragazzi litigavano, ognuno riteneva che la sua funzione fosse più importante ma nel momento del confronto e del bisogno si ricercavano, avevano bisogno
entrambi di unire quello che poteva essere il ragionamento dell’avvocato e quello del giudice.
Io penso che nella tragedia qualcosa di bello è successo, cioè è un segnale, un grosso segnale aldilà di tutte
le parole, di tutto quello che si può scrivere quando su
quel nastro c’era scritto “a Fernando e Lorenzo” credo
che la commozione sia stata uguale sia per gli avvocati che per i magistrati.
Ringrazio il Foro di Roma che non ha mai perso occasione di dimostrarci la sua vicinanza. Ringrazio il
Presidente, Avvocato Mauro Vaglio, che ha permesso
che Lorenzo venisse ricordato, sia con gli scritti sia
con le parole, lo ringrazio per le belle parole che ha
detto. Ugualmente ringrazio l’avvocato Stefano
Radicioni, Segretario dell’O.U.A., che anche lui ha
dimostrato di aver capito profondamente il significato
di quest’evento e ringrazio anche della vostra capacità ed il vostro cuore di saper sfruttare quest’evento.
Perché quest’evento va sfruttato. Dal male deve
nascere qualcosa che possa essere positivo.
21
Le Voci dell’Avvocatura
Io. Avvocato
Giuseppe Carro
Avvocato del Foro di Roma, Primo Segretario della XXXVIII Conferenza dei Giovani Avvocati
Il discorso tenuto dall’Avv. Giuseppe Carro merita di essere pubblicato e letto attentamente.
In una sintesi ammirevole, Egli ha descritto i sentimenti e le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere questa
professione e le difficoltà che ha dovuto superare prima di raggiungere il traguardo.
Nel sentirlo, ciascuno dei presenti ha rivissuto la propria esperienza professionale e avvertito il peso della responsabilità e dell’ansia connessa a ogni incarico professionale.
Tutti hanno apprezzato il tono e lo spirito con i quali, il giovane ma già valoroso collega, ha saputo dar vita a
sensazioni forse sopite, ma sempre vive nell’anima di ciascun Avvocato.
Q
Avv. Alessandro Cassiani
uando ho saputo che dovevo tenere un discorso
davanti a una platea così importante e prestigiosa, in un’aula quasi sacra, non vi nascondo
che un brivido ha percorso la mia schiena… mi sono
subito chiesto “ce la farò?”, “sarò in grado di sostenere
questo onere e onore?”.
Poi, passato il primo attimo di smarrimento, ho ripensato a tutti i sacrifici che ho sostenuto, a tutte le fatiche
che giorno dopo giorno ho dovuto affrontare per arrivare dove sono oggi, e mi sono risposto semplicemente
“Io sono avvocato. Ce la farò”.
Ed è di questo che oggi vorrei parlare – con i semplici
occhi di un giovane – dell’orgoglio di essere avvocati,
dell’onore di esserlo e del prestigio che solo questa professione può darci.
Mi ricordo che, sin da bambino, per me era un sogno
diventare avvocato, a differenza degli altri compagni di
scuola io non volevo fare il calciatore, io volevo fare
l’avvocato (diciamo che anche la mia conformazione
faceva protendere per una professione “meno fisica”,
anche se in questi anni sto scoprendo che pure la tenuta del corpo ha un ruolo centrale per la professione,
soprattutto quando lavori tutti i giorni).
Anche a casa la notizia fu accolta con favore, dato che
mio padre mi ripeteva che per quanto parlavo dovevo
per forza fare l’avvocato…
E così ho intrapreso questo lunghissimo percorso, ricco
di insidie e di difficoltà, di paure e dubbi, compagni di
viaggio inseparabili di speranza e forza di volontà.
Così un bel giorno, dopo che mi hanno messo una corona di alloro in testa e mi hanno proclamato dottore in
giurisprudenza, ecco che mi sono posto la fatidica
domanda: “ma per fare l’avvocato?”, quasi chiedessi
l’indicazione di una via nel mezzo di un incrocio.
Quello è stato il momento più duro, perché, a chiunque
chiedessi, le risposte erano sempre le stesse “chi te lo
fa fare… gli avvocati sono troppi… prima che diventi
avvocato ti passa la voglia… etc. etc.”.
Ma l’affermazione che più di tutte mi turbava era “se
non sei figlio di avvocati non vai da nessuna parte…”:
terribile sentirselo dire per chi non lo è davvero.
Eppure io volevo fare l’avvocato.
Così non mi sono perso d’animo (come avrebbe fatto di
sicuro un avvocato!) e ho continuato il mio percorso,
sempre con lo stesso entusiasmo e ardore, perché questo volevo e questo avrei ottenuto.
Rimboccate le maniche della camicia, imparato a fare
il nodo della cravatta (per la felicità di mio padre e del
mio Dominus) è cominciata la dura pratica forense,
dura, però, nel senso ristretto del termine, perché in fin
dei conti stavo cominciando a realizzare ciò che avevo
sempre desiderato.
Non vi racconto la felicità di quando ho saputo che
avevo superato il fatidico esame di abilitazione, perché
tutti i presenti in platea sanno bene cosa si prova.
E la cosa buffa?
Di nuovo – questa volta tanti futuri colleghi – a dirmi
“chi te lo fa fare… siamo in tanti… non c’è lavoro…
22
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Bisogna sentirsi fieri di questa professione, entusiasti di poterla esercitare, coraggiosi di affrontare tutte
le sfide che ci attendono, in particolar modo a noi
giovani.
A tal proposito, il mio pensiero è oggi rivolto a Lorenzo
Alberto Claris Appiani, che nel pieno della realizzazione del suo sogno è divenuto martire della professione.
Ringrazio il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Roma che mi ha accolto nella sua famiglia e che ha
dato la possibilità a un giovane avvocato come me di
pronunciare questo discorso davanti a una prestigiosa
platea come quella di oggi.
Ed è a questi colleghi più grandi ed esperti di me e alle
istituzioni che rivolgo il mio ultimo pensiero.
Ho fatto ingresso da poco tempo nella professione
forense, e come il maggiorenne che una volta compiuti diciott’anni deve necessariamente assumersi le sue
responsabilità e tutti i rischi del caso, potendo contare
sempre su una famiglia alle spalle che nei momenti più
difficili ti sostiene e incoraggia, allo stesso modo, spero
e mi auguro, che questa nuova famiglia forense, una
volta che mi ha accolto, possa continuare a incitare e
sostenere me e tutti i giovani che si affacciano in questo magnifico mondo.
Io, dal mio canto, posso promettere che ogni giorno mi
impegnerò ad onorare questa professione, orgoglioso e
fiero di poter dire: “Io sono Avvocato”.
Grazie a tutti.
pochi guadagni… molte spese…” e via dicendo.
Tante fatiche per sentirsi dire di nuovo le stesse cose.
Ecco, vedete, le difficoltà sono davanti agli occhi di
tutti, ma tutti noi, e soprattutto noi giovani avvocati,
dobbiamo continuare con tutte le nostre forze a lavorare e ad amare questa professione, perché le soddisfazioni e le conquiste che si ottengono con questa attività
nessun altro lavoro le potrà mai avvicinare.
Come si potrebbe descrivere la sensazione di quando il
proprio assistito ti guarda dritto negli occhi stringendo
la sua mano sul tuo avambraccio, sì proprio lì, tra
gomito e mano, perché proprio in quel punto si prende
una persona quando si ha realmente bisogno, e pronuncia le parole “avvocato mi aiuti”.
Già solo questo sarebbe sufficiente a rappresentare
l’importanza e il rilievo che il difensore ha nella vita di
tutti giorni, perché noi rivestiamo un ruolo insostituibile per l’intera collettività, arsi dalla passione della toga.
Mi sia permesso, a tal riguardo, prendere umilmente in
prestito le parole che ha utilizzato il grande professore
e avvocato Franco Coppi, quando per la commemorazione di un altro immenso avvocato quale è stato
Luciano Revel così ha definito la toga: “questa corazza che ci protegge e ci esalta, questo cilicio che ci vincola all’osservanza del più sacro dei doveri: la difesa
di chi ha bisogno di noi, specialmente quando chi chiede questo aiuto è un debole che la prepotenza del più
forte sta per travolgere”.
Foro Romano
23
Le Voci dell’Avvocatura
Riflettere sul rilievo sociale della professione forense
A
Donatella Cerè
Avvocato del Foro di Roma, Consigliere C.N.F.
utorità, signori magistrati, signori avvocati,
amici consiglieri, presidente Vaglio, cari familiari di chi oggi è premiato permettetemi di porgervi il saluto di tutto il Consiglio Nazionale Forense
alla quale mi onoro di appartenere e in particolar modo
quello del suo Presidente, Avvocato Andrea Mascherin,
che in questo giorno di festa così importante che vede
riconosciuti e premiati avvocati e magistrati che hanno
raggiunto 50, 60 e 70 anni di carriera mi ha chiesto di
porgervi il proprio affettuoso augurio.
Questa cerimonia, così solenne ed emozionante, invita
anche se pur brevemente a riflettere ancora una volta sul
rilievo sociale della professione forense e in particolare
sulla centralità del ruolo costituzionale dell’avvocatura.
Tale esigenza è particolarmente viva nell’attuale frangente storico in cui la pesante crisi economica e finanziaria
chiama la società tutta, e in particolare gli operatori del
diritto, ad adoperarsi per far riprendere il cammino della
crescita e dello sviluppo del nostro Paese assicurando al
contempo giustizia, equità e piena tutela dei diritti.
Non posso che riprendere con apprezzamento a questo
proposito le posizioni espresse più volte negli ultimi
mesi dal Consiglio Nazionale Forense e dall’avvocatura tutta, tesa a ribadire la piena disponibilità degli avvocati italiani alla collaborazione con gli attori istituzionali nel tentativo di dar vita agli interventi e a tutte le riforme necessarie per garantire quella ripresa economica
nei settori che più direttamente investono l’esercizio
della professione forense. Di tali sforzi vi è traccia nelle
frequenti riflessioni e proposizioni promosse dal C.N.F.
e del significativo sforzo di analisi delle recenti innovazioni normative introdotte dalle manovre degli ultimi
mesi. Allo stesso tempo non si può dimenticare che proprio recentemente l’avvocatura, al pari di tutte le altre
professioni regolamentate, è interessata da significativi
tentativi di riforma che pur suscitando (ne sono consapevole) preoccupazione e perplessità nella classe forense, hanno e debbono mantenere ben saldo l’obiettivo di
favorire un profondo efficace miglioramento delle con-
dizioni dell’esercizio della professione nel rispetto dei
principi costituzionali del diritto dell’Unione Europea
ma anche e soprattutto della irrinunciabile autonomia
dell’avvocatura medesima.
La garanzia dell’indipendenza dell’avvocato, infatti,
appare un requisito irrinunciabile di ogni tentativo di
riforma che voglia tenere assieme efficienza concorrenza e soprattutto salvaguardia e valorizzazione della funzione dell’avvocato quale soggetto centrale nel sistema
di tutela dei diritti dei singoli.
Coscienza del ruolo quindi costituzionale dell’avvocatura e miglioramento del sistema di amministrazione
della giustizia non possono pertanto prescindere da una
riforma delle professioni che sia rispettosa della sua
autonomia e della sua vocazione di presidio della tutela
di tutti i diritti. Ma oggi si parla della tradizionale sensibilità dell’avvocato e questa cerimonia ne è la prova
tangibile, la tradizionale sensibilità dell’avvocato, verso
tutte quelle che sono le istanze di protezione dei diritti,
ha da sempre determinato una particolare propensione
della classe forense verso l’impegno civile e politico.
Da Cicerone in poi la gestione della cosa pubblica ha
attinto tra gli avvocati alcune delle proprie risorse più
preziose e fruttifere.
Si pensi solo per fare un esempio all’apporto degli avvocati in assemblea costituente con nomi del calibro quale
De Nicola, Orlando, Calamandrei, Leone e molti altri.
Ma anche più di recente peraltro nell’area del
Mediterraneo la classe forense si è saputa distinguere
come fattore di impulso e sensibilizzazione in processi
talora faticosi di transizione da regimi totalitari a regimi
democratici. Allo stesso tempo, laddove la cappa dell’oppressione sembra ancora dura da sollevare, l’azione
degli avvocati si distingue come sicuro faro di orientamento della parte più avanzata della coscienza pubblica
e il mio pensiero commosso ed emozionato va proprio in
questo momento ai quattro colleghi tunisini Nobel per la
Pace che con la loro azione hanno creato veramente un
momento di grande serenità, pace e condivisione.
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
L’Aula di questa Corte d’Assise…
A
Luigi Favino
Avvocato del Foro di Roma
quindici anni, ancora non sapevo se da grande
avrei fatto l’avvocato, malgrado le letture notturne di mezza biblioteca di mio padre e l’apprendimento quotidiano nel suo Studio, dove assistevo
a discussioni con colleghi e clienti paterni.
Francamente pensavo anche a qualcosa di artistico, tra
l’architettura e l’archeologia.
Decisiva fu, però, in quel periodo degli anni Cinquanta,
l’aver assistito ad un processo al Palazzaccio in cui mio
padre difendeva una giovane, vittima di una violenza
da parte di un attempato signore di campagna. Il processo era indiziario e alla difesa dell’uomo sedeva
Bruno Cassinelli. Mi ricordo ancora che era l’aula della
VI Penale (presieduta da Leonida Albano) quella dove
oggi è l’ufficio postale.
Dimostrando qualche anno di più, fu facile per papà
farmi rimanere a sentire il dibattimento che si svolgeva
a porte chiuse e con una ferrea disciplina da parte del
Presidente.
Mi ricordo lo scarno dibattito con domande che venivano sintetizzate, “purgate” o comunque vietate da chi
dirigeva il dibattimento, secondo il vecchio codice di
rito, ogni tanto ravvivato dai fulminei interventi di
Cassinelli, che con la toga svolazzante saliva e scendeva la pedana per controllare il processo verbale del cancelliere.
Mi ricordo della sua chioma argentea e di un grande
fazzoletto bianco che pareva muoversi insieme alla
toga nel taschino della giacca; dell’autista che ogni
tanto gli raccoglieva i libri che cadevano dal tavolo, ma
soprattutto della sua voce stentore con toni e semitoni
che sembrava passare da quella di tenore a quella di
baritono, con una facilità impressionante e dal sorriso
sgargiante che attirava soltanto simpatia.
Pur non avendolo mai visto, di Cassinelli avevo già
letto quel capolavoro che è “La storia della pazzia” che
fu per me una vera scoperta.
Fui folgorato da questo “spettacolo” inaspettato non
meno, altra parte che dall’atteggiamento guardingo,
(come quello di un pugile) che mio padre Alfonso (gioForo Romano
cando di rimessa) riusciva a segnare punti con domande logiche, stringenti fino all’estremo, citando pagine,
e cogliendo l’imputato in più contraddizioni.
Per non parlare poi delle arringhe dei difensori: sembravano qualcosa di “melodioso”, per me che non
avevo mai sentito dei duelli oratorii: sfioravano la poesia, precipitavano nel dramma con movimenti del
“visus” da consumati attori, che nelle pause studiavano
il tono giusto con l’argomento “clou” consequenziale a
quello trattato in precedenza.
Ne uscii frastornato alle dieci di sera, ma non tanto da
non notare la stretta di mano calorosa tra mio padre e
Castinelli, la fuga delle parti verso angoli bui dei corridoi per parlare e commentare la condanna che era stata
pronunciata poco prima. Ricordo anche i miei cento
perché sull’avvenimento rivolti al genitore, per qualche
giorno. Ma ormai la decisione l’avevo presa, “Farò il
penalista”, mi dicevo e subito iniziai il vero tirocinio
con papà tutti i pomeriggi che il Liceo mi consentiva,
per parlare, ascoltare, ed apprendere i segreti di questa
nobile professione.
Il Palazzaccio, però, mi aveva stregato a tal punto che
anche nei giorni in cui avevo meno da studiare, riuscivo ad andarvi per assistere ai processi di altri grandi
avvocati. Di solito, questo avveniva per le discussioni
che si presentavano complesse, tipiche dei procedimenti cumulativi, dove si rinviava la discussione e la seduta al pomeriggio.
Così ebbi a conoscere Giuseppe Sotgiu, Remo Pannain,
Titta Madia e il figlio Nicola e perfino Francesco
Carnelutti, Giacomo Primo Augenti, Giuseppe Sabatini
e Alfredo De Marsico che in casi eccezionali, preferivano discutere di sera. In tal modo acquisivo pratica
variata e dottrina all’avanguardia.
Nel tempo universitario cominciato subito dopo, trovai
il modo, grazie alle conoscenze di giornalisti che presenziavano alle udienze, per sapere gli esiti delle sentenze, ebbi modo di iniziare la pratica giornalistica al
“Momento Sera” che usciva allora in tre edizioni giornaliere. Fui fortunato ad entrarvi come collaboratore
25
Le Voci dell’Avvocatura
perché in quel periodo il giornale era in competizione
con il “Paese Sera” ed aveva necessità di rafforzare la
cronaca giudiziaria, che specie per l’ultima edizione
serale, aveva molti lettori.
Furono anni indimenticabili che mi permisero di divenire giornalista pubblicista e non mi impedirono di laurearmi in tempo, malgrado lavorassi intensamente tutta
la mattina e facessi tardi la sera.
La cronaca dei processi, specie quelle importanti
richiedeva di dettare il “pezzo in diretta” agli stenografi del giornale; così dovetti fare per il processo a carico
di Fenaroli (accusato dell’omicidio della moglie) che si
svolse proprio in questa aula di Corte di Assise per
molti mesi.
In questa stessa aula mi trovai con mio padre a difendere imputati detenuti di rapine ed omicidi, colpevoli e
innocenti, persone emarginate senza diritti a cui davamo
voce con l’aiuto del Signore. Ma fu nel 1968 che capitò
il processo che mi costrinse a starvi giorno e notte, quasi
per due anni: il processo per il gravissimo fatto di sangue
dell’omicidio dei due fratelli Menegazzo, avvenuto nel
1967 a Roma in Via Gatteschi.
Assieme al collega più anziano Rinaldo Taddei, ero alla
difesa del cosiddetto “miope”, Franco Torreggiani, che
perse gli occhiali sul luogo della rapina andata a male
per l’intervento folle del bandito Cimino che cominciò
a sparare.
Accadde che dopo che erano stati sentiti quasi tutti i
testi e gli imputati, il processo fu annullato per la morte
di un giudice popolare. Fu allora che venne introdotto
con legge l’obbligo della presenza di giudici supplenti
nella Corte d’Assise.
Ripreso il processo che durò altri sei mesi, si giunse
alla sentenza che irrogando un ergastolo e pene varie,
concesse le attenuanti generiche al miope salvandolo
dal carcere a vita. Oltre la sua confessione, decisivo fu
anche il perdono che questi chiese alla madre dei due
fratelli in una udienza drammatica sotto la guida del
Presidente Orlando Falco.
Mi ricordo ancora la folla che assediava il Palazzaccio
dal mattino e che andò via oltre la mezzanotte per
ascoltare il dispositivo della sentenza.
Altro non è bene ricordare per ragioni di spazio, tuttavia a pensare che l’evento dei 50 anni di professione
troverà la sua celebrazione nella stessa aula della Corte
d’Assise di un tempo, mi riempie di commozione ma
anche di gioia.
Per la commozione dedico la medaglia alla memoria di
mio padre Alfonso, non solo perché siamo stati per anni
insieme in quest’aula a difendere buoni, cattivi e
soprattutto dando voce a chi non l’aveva; ma anche
perché Alfonso Favino non poté raggiungere lo stesso
mio traguardo per essere morto dopo aver discusso una
causa in un’aula del Tribunale di Piazzale Clodio il 24
settembre del 1982 dopo aver discusso un difficile processo. Non fu possibile infatti soccorrerlo in tempo e
concretamente per la mancanza di un defibrillatore nel
Tribunale.
La presenza oggi con me di mio fratello Giulio, bravissimo avvocato civilista, è la ragione anche della gioia
per l’evento, dopo una vita di lavoro assieme nello stesso studio paterno.
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Cinquant’anni non sono pochi!
C
Albino Greco
Avvocato del Foro di Roma
l’Avvocato svolge non tanto e non solo nel “sistema giudiziario”, ma anche e non poco nella società civile.
C’è di più: la “nostra” professione comporta abnegazione, sacrifici, rinunce, impegni di studio e di aggiornamento – tenuto conto del rapido mutamento dei
tempi, della profonda innovazione tecnologica, del
magico “sistema” di informatizzazione e della straordinaria innovazione del “digitale” – e comporta anche la
consapevolezza dei doveri deontologici e morali, non
rispettando i quali l’Avvocato non può espletare l’essenziale funzione che, nel sistema giuridico-costituzionale, gli è demandata. E non è poco! Auguro di cuore
che – superato il momento difficile che attraversa (e
non per sua colpa!) – l’Avvocatura possa e sappia
riscoprire e ritrovare autorevolezza, credibilità e dignità: valori che la caratterizzano e la esaltano.
inquant’anni non sono pochi! Se potessi tornare
indietro e se dovessi scegliere il mio futuro professionale, sceglierei – senza esitazione alcuna –
la “nostra” professione forense: la più bella, la più stimolante e la più libera tra le libere professioni.
Con assoluta consapevolezza e con serenità d’animo,
posso affermare che ho svolto – e svolgo – l’attività
professionale non solo con impegno, passione e correttezza, ma anche con rispetto verso i Colleghi, verso i
Magistrati e verso i Clienti. Mi sia consentito aggiungere: ho indossato – ed indosso – la “toga” con onore,
orgoglio, dignità ed anche con umiltà.
Non solo: ho considerato – e considero – la professione
forense non già come un “mestiere”, ma come una “missione”, che – non va dimenticato! – implica la “consapevolezza” della particolare importanza del ruolo, che
Foro Romano
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Le Voci dell’Avvocatura
Fieri e coraggiosi di essere avvocati
R
Stefano Radicioni
Avvocato del Foro di Roma - Segretario dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura - O.U.A.
Siate dunque coraggiosi nell’essere avvocati e magistrati: come lo è stato Lorenzo Appiani nel giorno in cui
si è recato a testimoniare in tribunale, chiamato dalla
difesa dell’uomo che di lì a poco sarebbe divenuto la
persona che avrebbe posto fine alla sua vita.
Ci saranno sicuramente dei momenti in cui sarà per voi
difficile essere avvocati; ma non dimenticate mai le
parole solenni del giuramento che avete prestato, perché sarà nei momenti di maggiore difficoltà che dovrete ricordare quelle parole.
Sono state proprio quelle parole e quel giuramento ad
aver aiutato tanti colleghi avvocati, che vedete oggi
qui tra noi, nei momenti più difficili della loro carriera: momenti duri che avranno avuto anche i magistrati, nel loro giornaliero dedicarsi all’amministrazione
della giustizia, uno dei compiti più importanti per
uno Stato.
ingrazio per l’invito il Presidente del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Avvocato
Mauro Vaglio. Saluto le autorità presenti a
nome dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura; saluto
quindi gli avvocati che oggi ricevono il premio per i
cinquanta, i sessanta ed i settant’anni di professione
nonché i magistrati collocati a riposo nel 2014.
È sempre una forte emozione partecipare ad eventi
come questo: mentre ascoltavo l’intervento della collega Donatella Ceré, ho scorto le espressioni sui volti dei
magistrati presenti e ho pensato a quanti giorni della
loro vita essi abbiano dedicato all’amministrazione
della giustizia, insieme agli avvocati.
Quindi invito i colleghi più giovani ad essere sempre
fieri e coraggiosi nell’indossare quella toga: la dovete
indossare con orgoglio fin dal primo giorno e per tutta
la durata della vostra carriera.
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Conosciamo i Segretari della XXXVIII Conferenza
S
Giuseppe Carro
ono Giuseppe Carro, nato a Torino il 17 maggio
1987. Ho frequentato le scuole dell’infanzia, fino
alla terza media, nella mia città natale, e poi
all’età di 14 anni mi sono trasferito con tutta la mia famiglia, per questioni lavorative dei miei genitori, a Roma.
Qui, posso dire, ho compiuto la prima scelta decisiva in
vista del sogno di diventare avvocato, cioè iscrivermi al
liceo classico, e precisamente all’istituto “G. De Sanctis”.
Dopo avere ottenuto il diploma, con grandissimo entusiasmo mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università La Sapienza di Roma.
Non ho mai avuto il minimo dubbio su quale percorso
intraprendere, perché già durante l’infanzia era maturata pienamente la ferma volontà di diventare avvocato,
per cui la scelta è avvenuta con il “cuore”.
Non sono nato in una famiglia di avvocati, né tantomeno di magistrati o di notai, nessun parente o amico,
nemmeno lontano, ha mai svolto una professione in
ambito giudiziario, e questo, più di tutti, ha significato
per me un forte stimolo per cercare di raggiungere, con
le sole proprie forze, l’agognato traguardo.
Il percorso universitario è stato un ricco connubio di
asperità e soddisfazioni che mi ha portato a conseguire
la laurea all’età di 24 anni, discutendo la tesi in diritto
bancario dal titolo “L’Arbitro Bancario Finanziario”,
avendo come relatore il Prof. Ferro Luzzi.
Nemmeno qualche giorno dopo e già mi sono recato
presso uno studio legale per cominciare finalmente a
svolgere la pratica forense.
Nel frattempo ho frequentato anche la Scuola di
Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università La Sapienza, ottenendo nel maggio del 2013 il relativo diploma.
Il primo approccio lavorativo non è stato dei più entusiasmanti, sebbene l’ambiente di studio sia stato molto
accogliente, perché, in sostanza, mi occupavo di ambiti del diritto a me poco graditi.
Il mio sogno, ispirato da vecchi romanzi e famosi film,
era quello di diventare un avvocato penalista, di vedere
all’opera questi maestri della parola e dell’arte retorica,
di veder agitare la mitica toga in un’impetuosa arringa.
Foro Romano
Sono sempre stato affascinato dalla figura dell’avvocato penalista, del suo ruolo di difesa del cittadino, che
nel momento di massima angoscia trova nel suo difensore, allo stesso tempo, spada e scudo davanti a coloro
che lo giudicheranno.
Per questa ragione, non perdendomi mai d’animo, mi
sono messo alla ricerca di uno studio che si occupasse
solo di diritto penale.
Anche in questa occasione la mia forza di volontà,
unita alla mia incrollabile decisione, mi ha portato a
varcare le porte dello studio dell’Avv. Massimiliano
Parla, che per tutto il mio percorso di praticante avvocato è stato non solo mentore, ma Maestro.
Durante questo periodo ho svolto anche un tirocinio
formativo presso la Procura della Repubblica di Roma
nell’ambito del percorso curriculare della Scuola di
Specializzazione, e inoltre, ho frequentato e concluso il
Corso di formazione tecnica e deontologica dell’avvocato penalista presso la Camera Penale di Roma.
Nel giugno 2014 ho superato, al primo tentativo, l’esame scritto per l’abilitazione alla professione di avvocato e nel novembre dello stesso anno ho superato anche
la prova orale.
Nel gennaio del 2015 con grande gioia e orgoglio sono
entrato a far parte della Avvocatura, prestando l’impegno solenne innanzi il prestigioso Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
Attualmente continuo a lavorare nello studio dell’Avv.
Massimiliano Parla, oggi divenuto MM&Partners,
occupandomi sempre di diritto penale, in particolare di
penale d’impresa e di responsabilità penale del medico.
Dal giugno 2015 sono membro del Progetto Giovani
Avvocati, istituito presso il Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Roma.
La mia aspirazione non può essere che quella di continuare ad imparare e a migliorare nell’ambito della professione, prendendo esempio dai migliori avvocati, non
solo per le loro qualità professionali ma anche umane,
perché nessuna professione più di questa deve saper
coniugare la capacità all’umanità.
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Le Voci dell’Avvocatura
E
Emilio Galdieri
milio Galdieri nasce a Roma il 26 settembre
1987, figlio di Maurizio e di Teresa Corridoni.
Nel 2006 consegue il diploma di maturità classica presso il prestigioso Collegio San Giuseppe –
Istituto De Merode, dopo aver trascorso il quarto anno
del liceo negli Stati Uniti d’America tramite AFSIntercultura Onlus, studiando presso la Shaker Heights
High School, ospite di una famiglia statunitense.
Concluse le scuole superiori, si iscrive all’Università
LUISS Guido Carli di Roma, conseguendo il 13 luglio
2011 la Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza
con 110 e lode, discutendo una tesi in Diritto Tributario
dell’Impresa dal titolo “Profili societari e tributari dei conferimenti di prestazioni d’opera o di servizi nelle s.r.l.”,
avendo quale relatrice la Prof.ssa Avv. Livia Salvini.
Durante gli studi universitari partecipa all’edizione 2009
(svoltasi presso l’Università di Barcellona) della
EUCOTAX Wintercourse, progetto di cooperazione nell’attività di ricerca di diritto tributario a cui partecipano
rinomate Università europee e americane, contribuendo
con uno studio sulle “General anti-avoidance rules and
doctrines” condotto con il Prof. Avv. Giuseppe Melis.
Nel corso degli anni matura significativa esperienza
presso primari studi legali, fornendo assistenza a
importanti operatori economici nazionali e internazionali nello svolgimento della loro attività d’impresa,
occupandosi in un primo momento dei relativi profili
tributari per poi passare a curare quelli attinenti al diritto commerciale.
In particolare, dal 2011 al 2013 svolge la pratica forense presso l’ufficio romano dello studio legale Cleary
Gottlieb Steen & Hamilton, sotto l’attenta guida del
suo dominus, l’Avv. Carlo Ferdinando Emanuele, e
lavorando assiduamente con il team di tributaristi guidato dall’Avv. Vania Petrella.
Successivamente, inizia una proficua collaborazione – che
dura ancora oggi – con lo studio legale Bussoletti Nuzzo
& Associati, dove ha modo di dedicarsi completamente
all’approfondimento del diritto commerciale, avendo
quali Maestri il Prof. Avv. Mario Bussoletti e il Prof. Avv.
Raffaele Torino e venendo spesso coinvolto in complesse
operazioni straordinarie con profili transfrontalieri.
Dall’11 dicembre 2014 è iscritto all’Albo degli
Avvocati di Roma. Nel 2015 vede finalmente la luce il
suo primo contributo in materia di diritto societario dal
titolo “Fusioni, scissioni e trasformazioni transfrontaliere”, pubblicato nel “Trattato società di persone”
diretto da F. Preite ed edito dalla UTET Giuridica.
Il motivo per il quale ha scelto la professione forense?
“Una volta, da piccolo, ebbi modo di assistere alla trasposizione cinematografica del 1962 del romanzo ‘Il
buio oltre la siepe’ di Harper Lee. Rimasi molto colpito
in particolare dal personaggio di Atticus Finch, così
come interpretato magistralmente da Gregory Peck: un
avvocato paladino dell’uguaglianza e della giustizia che
si batte per difendere un imputato ingiustamente accusato a causa della difficoltà della gente ad aprirsi agli
altri e a giudicare il prossimo senza cadere in facili pregiudizi. Pensai che da grande mi sarebbe piaciuto potergli assomigliare almeno un po’ e così, piano piano, ho
percorso il lungo cammino per diventare avvocato”.
Quali sono le Sue aspirazioni?
“Maturare sempre di più sia come persona che come
professionista, difendendo i diritti e le libertà dei nostri
consociati e fornendo il mio personale contributo per
un migliore funzionamento della giustizia, con un
costante dialogo e una proficua collaborazione con i
vari soggetti che in essa vi operano quotidianamente, in
primis avvocati e magistrati”.
Ha qualche passione particolare al di fuori della professione forense?
“Amo molto il cinema e il modo in cui attraverso tale
forma d’arte si possano trasmettere messaggi importanti,
unendo immagini e suoni. Recentemente, ho avuto la grande opportunità di realizzare un cortometraggio scritto e
diretto da me. È stata una grande emozione e spero davvero che una simile occasione si ripresenti anche in futuro”.
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
M
Marco Noceta
Forense “Vittorio Emanuele Orlando” presso l’Ordine
Avvocati di Roma.
Partecipa al seminario promosso dall’associazione
“Agire e Informare” dal titolo: “La negoziazione assistita nel risarcimento del danno: profili operativi e
decadenze”.
arco Noceta nasce a Roma il 21 agosto del
1988. Dopo aver frequentato il Liceo
Scientifico Statale “Stanislao Cannizzaro”,
si iscrive all’Università degli Studi di “Roma Tre”,
corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, conseguendo la laurea il 22 Marzo 2013 con una tesi in
Diritto del Lavoro dal titolo “La riforma delle pensioni”, Relatore il Prof. Giampiero Proia.
Comincia l’attività di praticantato il 15 aprile dello
stesso anno presso lo studio dell’avvocato Marianna
Antenucci, operando nel settore Civile: recupero crediti (procedimento monitorio e processo di esecuzione),
ricorsi in materia previdenziale, risarcimento danni,
procedimenti per sfratto.
Da marzo a novembre del 2014 frequenta la Scuola
Foro Romano
Quale il motivo che l’ha portata a scegliere la professione forense e quali le prospettive future?
“L’influenza di mio padre, avvocato, di sicuro è stata
rilevante riguardo la scelta del mio percorso professionale. Relativamente alle mie prospettive future, il mio
obiettivo è diventare titolare di uno studio legale, specializzato in diritto civile, anche su questioni di interesse transnazionale”.
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Le Voci dell’Avvocatura
N
Guido Befani
Quali motivi l’hanno spinta a diventare avvocato?
“Non avendo esperienze dirette in famiglia, ho voluto
sperimentare sul campo pratico del ‘diritto vivente’ tutte
le difficoltà e le problematiche puramente teoriche
affrontate durante gli studi per poter mettere al servizio
della collettività quel bagaglio di conoscenze ed esperienze che avevo via via maturato durante gli anni di
preparazione universitaria. In parallelo all’attività accademica, pertanto, nell’aprile del 2012, ho deciso di
iscrivermi nel registro dei praticanti avvocati del Foro di
Roma, dove sotto l’attenta e saggia supervisione del
mio Dominus, l’avvocato Giovanni Valeri, e anche grazie a tutti i suoi straordinari collaboratori, ho avuto la
grandissima opportunità di vedere in prima persona
l’imprescindibile funzione sociale del ruolo
dell’Avvocato, quale professionista libero, altamente
qualificato e prestatore di un’opera intellettuale da sempre posta a garanzia dei fondamentali diritti di libertà”.
ato a Roma il 3 Giugno 1988, Guido Befani
consegue la Maturità presso il Liceo
Scientifico Statale “Democrito” di Roma con
la votazione di 100/100.
Il 15 Marzo 2012 consegue la Laurea Magistrale in
Giurisprudenza presso l’Università degli Studi
“Roma Tre” discutendo una tesi di laurea in Diritto
Amministrativo dal titolo “I Fondi Sovrani”,
Relatore il Prof. Giampaolo Rossi, votazione: 110
su 110.
Nell’Aprile dello stesso anno vince il concorso per
l’accesso al Corso di Dottorato in Impresa, Stato e
Mercato bandito dal Dipartimento di Scienze Aziendali
e Giuridiche dell’Università della Calabria, dove ha
svolto un progetto di ricerca in Diritto Amministrativo
e Diritto Pubblico dell’Economia sulla regolamentazione delle maggiori problematiche concernenti il finanziamento del settore energetico italiano ed europeo.
Titolo della tesi di dottorato: “L’interesse energetico tra
logiche di mercato e nuove forme di intervento pubblico” che sarà discussa nella sessione calendarizzata per
il mese di Gennaio 2016.
Ha avuto diverse esperienze di studio all’estero, nel
2010 ha frequentato una Summer School in
Competition Law and Policy: Controlling Private
Power presso la London School of Economics and
Political Science; per il semestre Maggio-Ottobre 2014
è stato PhD Visiting Scholar presso il Departamento de
Derecho Administrativo y Procesal dell’Università di
Valencia nonché PhD Invited Scholar presso il Max
Planck Institute for Comparative Public Law and
International Law di Heidelberg nei mesi di SettembreOttobre 2015.
Cosa si aspetta dal futuro?
“Sono Avvocato dal 23 Ottobre del 2014 ed in questo
primo anno di attività professionale ho imparato a non
dare mai niente per scontato e a dover sempre cercare
di dare il massimo per poter essere all’altezza del titolo acquisito. Per il futuro ho scelto di mettermi in proprio e confido che l’esperienza che sarò chiamato a
maturare in seno alla Conferenza dei Giovani Avvocati
possa contribuire alla mia crescita personale e professionale e che mi permetta di esprimere al meglio tutte
le mie potenzialità per contribuire a dare lustro a questa categoria dal secolare e indiscusso prestigio, cercando sempre di seguire l’esempio dei grandi Maestri
del passato e del presente”.
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
G
Giorgia Ippoliti
iorgia Ippoliti nasce a Roma il 20 marzo 1989.
Il papà, Enzo, lavora in una società che commercializza componenti elettronici mentre la
mamma, Rossella Santoro, è commerciante; ha un fratello più piccolo, Federico.
Dopo aver studiato al liceo magistrale indirizzo Psico
socio pedagogico presso l’Istituto “San Paolo”, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di
Roma Tor Vergata, dove si laurea il 12 dicembre 2013
con una tesi in Diritto Romano dal titolo “La societas
Romana tra consensus e consortium” con il Prof.
Riccardo Cardilli.
Ha svolto il praticantato nello studio dell’avvocato Marcella
Foro Romano
Attisano di Roma, con cui continua a collaborare.
Il motivo per il quale ha scelto la professione forense?
“Perché ho sempre pensato che fosse una delle professioni di maggior levatura morale. Ritengo che il poter
garantire ad ogni individuo il diritto alla difesa, sia il
massimo dell’aspirazione”.
Cosa si aspetta dal futuro?
“Di divenire un buon avvocato e di esercitare nel settore del diritto di famiglia operando a contatto con i soggetti minori, che considero maggiormente esposti a
rischi”.
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Le Voci dell’Avvocatura
I percorsi dell’anima
Parte IV
Aldo Minghelli
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma
SOMMARIO: ...Segue – 11. Il dono del cervo – 12. Il Santo degli architetti e delle donne sterili, il più antico abitante della Spagna e un insipido risotto –13. Amata Burgos dai ruscelli di sidro – 14. Il nulla, nel grano – Segue...
11. Il dono del cervo (29.07.09)
distanza prevista. È piacevole parlare con Alfredo e
Michela, sono due persone colte e gli argomenti non
mancano mai. Forse, alcune volte, manca da parte mia
un po’ di silenzio. È un vizio che ho.
Quando ci fermiamo a prendere un caffè, ascoltiamo
dalla televisione spagnola la notizia della bomba di
Burgos, la grande città nella quale stiamo per arrivare.
Sembra sia stato un attentato dell’E.T.A., ci sono dei
morti che il terrorismo basco, negli ultimi anni, non
aveva mai fatto. È un avvenimento che segna un inatteso e violento acuirsi della lotta dell’indipendentismo
basco. Nei bar le televisioni mostrano le immagini di
un palazzo sventrato.
Solo gli infiniti ed assolati campi di grano che attraversiamo, riescono a rimuovere ogni preoccupazione e turbamento. Conosciamo un francese di nome Eric. Passa.
Sorride. Inizia a chiacchierare in spagnolo e viene
accolto. È un parigino che vive però a Madrid, dove
insegna Francese. È simpatico. Con lui entriamo nella
grande e storica provincia spagnola di Castiglia e Leon.
Mentre attraversiamo una lunga distesa gialla, percorrendo uno sterrato, Eric ad un certo punto esclama: “un
Bambi!”. Riverso sul lato ed, evidentemente, senza
vita, per via del rigor mortis, giace un piccolo cerbiatto. Non ci sono tracce dei predatori, almeno sul lato che
vediamo.
Bella colazione e partenza tranquilla all’interno dell’alberge. Il cesto delle offerte si riempie. I Pellegrini che
stanno per arrivare troveranno una ricca cena.
Se dieci volte ho mutato carne
è per incontrare un’altra terra.
È dentro al tuo immenso amore
che mi è dato ora il privilegio del sangue.
Ogni respiro ti rendo in voce,
se tu mi sostieni, anche nel canto.
Sai già qual’è la fine di ogni nota,
dove sospira l’ultimo suono.
Alfredo e Michela hanno tempi più ristretti dei miei e li
faccio aspettare. Così, mentre sto per uscire, vedo arrivare una delle ragazze siciliane, mia compagna di canto in
quel di Najera. Porta brutte notizie sulla tappa notturna.
Il gruppo si è perso dopo qualche chilometro nel nulla
ed hanno dovuto attendere la luce del giorno per ritrovare la strada. In tutta la notte hanno percorso solo la
strada fino a Grañon. Unica nota positiva è che l’attrice
siciliana sembra aver concupito il ragazzo francese che
le piaceva e al quale, tutta sorridente, si accompagna.
Invio un messaggio ad Olmina per salutarla e rinfrancarla ma ricevo una risposta che mi fa molto arrabbiare. E giù subito a martoriarmi il dito.
Uscendo dal paesino di montagna gustiamo l’aria e le
bellezze naturali e artistiche che lì non mancano. Un
pozzo antico su una piazza elegante, un gran panorama
che affaccia sugli altipiani delle Mesetas, ormai vicine.
Un palazzo antico ci porta verso l’ultima svolta e siamo
in Cammino verso Tosantos, ventitre chilometri la
Gli occhi sembrano quelli neri e fissi di un peluche. Le
gambe sono dritte, il corpo è rigido, sembra uno degli
animali di plastica che avevo da bambino. Il manto è
intatto, sembra morto da poco. Mi viene in mente una
canzone italiana, “Il dono del cervo” e mi metto a cantarla. Parla di un cervo che incontra un cacciatore e che,
mentre sta per essere ucciso, rende se stesso a Dio,
arrendendosi al suo assassino, in un gesto estremo
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
d’amore, restituisce ciò che gli è stato dato. È quanto
ho sempre colto guardando nella dignità degli animali
e degli uomini che muoiono.
Arriviamo a Redecilla del Camino che, come Belorado,
ha una chiesa che le guide dicono ispirata all’arte di
Santiago, ma passo avanti. Michela e Alfredo fanno
qualche fotografia ai grandi nidi che stanno sui tetti.
Hanno raggiunto di mattina questo rifugio con il bus, in
compagnia dei gemelli. Ci salutiamo freddamente. Noi
dovremo continuare fino al paese seguente. Eppure
siamo così stanchi quando che vediamo appena il santuario dell’Ermita de la Virgen de la Peňa. Per un attimo, anche per di Alfredo che vede Michela stanca, ho
il timore di non riuscire a trovare un posto per dormire.
Cerco di comunicare la mia fede incrollabile: “non vi
preoccupate, se si chiude una porta, si apre un portone”. Nella frazione successiva, Villambistia, troviamo
accoglienza a non caro prezzo presso un alberge privato, molto pulito e familiare. L’Hospitalero per cena preparerà la sua paella. Siamo in tutto in sette, con tre
docce e tre bagni per i soli uomini, quattro in tutto.
Oltre a noi, altri quattro. Una donna ceca, una austriaca, due ragazzi tedeschi che sono una coppia, mi accorgerò poco dopo. Preparo un messaggio da mandare ad
Olmina, ma non lo mando. Ceniamo ascoltando brani
classici di Flamenco. Beviamo molto vino.
La notte che arriva sarà di sogni agitati. Mi vedo arrestato alla presenza di mia sorella Viviana davanti al
Tribunale. Chi mi arresta è un agente del
Commissariato di Polizia interno che considero un
amico ma che in quel momento mi tratta come un
delinquente. Sono stato sorpreso a fumare. Mi risveglio
sudato, poi torno a dormire.
In mezzo tra le due città, dalle parti di Viloria de Rioja,
patria di Santo Domingo, passando su una strada polverosa, vedo sporgersi dalla cima di una collinetta, oltre
una ringhiera di legno e di bandiere colorate, una
ragazza ed un ragazzo. Mi salutano. Sono Jesùs e
Maria, con Abel ed Esther. Anche loro hanno fatto parte
della spedizione notturna.
Non hanno dormito per tutta la notte. Sono esausti.
Sono arrivati in quel luogo prendendo un taxi lungo la
strada che da qualche chilometro corre parallela al
nostro sentiero. Sono contenti di vedermi e mi invitano
a sostare per qualche ora di relax. Il posto è davvero
accogliente. La piscina, come ovunque in quella parte
di Spagna, è quasi gratuita.
Con Michela e Alfredo ci spogliamo direttamente per
gettarci in acqua. Ci concediamo un lungo bagno, un
ricco pranzo e un breve riposo sul prato che circonda la
piscina.
C’è anche Eric. Più giù, seduta ad un tavolo, riconosco
un’amica. Sinead tiene banco come al solito, con un
foulard al collo e una birra ghiacciata in mano. Ha
intorno April, Mylan, un tedesco, Diego, un argentino,
e una canadese di nome Reann. Saranno tutti compagni
nel viaggio. Mai come quando il corpo è provato
apprezziamo il gentile richiamo che alla pelle fanno
piccole cose, come la rugiada su un filo d’erba o come
il fresco di una piscina imprevista.
È tardi quando riprendiamo a camminare verso
Tosantos, ma prima di partire faccio portare una birra a
Sinead. Le arriverà mentre mi allontano. Sulla provinciale c’è il milanese che sta prendendo un taxi.
Dodici chilometri dopo arriviamo a destinazione, ma
presso il rifugio di San Francisco de Asis non veniamo
accolti. L’Hospitalero è un prete italiano che, nonostante guidi un alberge noto per la sua accoglienza, ci chiude le porte in faccia. Tra gli ospiti accolti ci sono invece Olmina e Paola.
Foro Romano
12. Il Santo degli architetti e delle donne sterili, il
più antico abitante della Spagna e un insipido
risotto (30.07.09)
Ci fermiamo per la colazione davanti ad un bar all’entrata di Espinosa del Camino, dove, seduto al bar ad un
incrocio tra strade, mi colpisce una donna triste che,
con un vestito verde, siede sul bordo, come in attesa. Al
bar arriva anche Sinead che mi ringrazia per la birra.
Mangiamo degli ottimi quarti di focaccia, beviamo un
ottimo caffè.
Ci attende una camminata non lunga, ma dura, visto che
ormai i miei piedi e il ginocchio di Michela fanno le
bizze, davanti ad un Alfredo sempre paziente. Sinead va
avanti con il suo gruppo e mi da appuntamento a Burgos,
da dove potrebbe partire per raggiungere il suo ragazzo.
Lungo la strada, seguendo una larga mulattiera nel
bosco, incontro ancora Maria Sun, altra persona che mi
35
Le Voci dell’Avvocatura
informa che, forse, partirà anche lei per tornare a
Santander, la sua città. Maria Sun, vengo a sapere, oltre
ad essere un altro 4x4 basco, nella vita è una industriale
farmaceutica di medicina alternativa. Conosce le piante
come un druido. Gli è accanto quel tipo buffo e baffuto
incontrato disteso sul letto a mettersi crema sulle natiche.
È simpatico e arguto, fa lo scrittore e si intende di cinema spagnolo ed internazionale. Mentre parliamo di
Fellini ed Almodovar, Michela e Alfredo allungano,
vedendomi al sicuro con Maria Sun, che ha la pazienza
delle suore più devote, sebbene scienziata laica.
Quell’anziano che accompagnava non era suo amico,
ma era un uomo gentile e semplice. Chi ora è con lei
non lo conosce, ma ha dolori all’osso sacro, è come se
il Cammino gli avesse divorato le ossa. Cerca di raggiungere Burgos per tornare dalle parti di Valencia. Ad
un certo punto vediamo per terra solo le gambe di quello che sembra un cinghiale di piccola taglia, che è stato
sbranato, con un unico morso, per metà. Lo avverto
come cattivo presagio per le mie gambe. Ma il baffone
sembra non farci caso. Dopo il cinema, l’argomento
diventa la musica e i ponti tra Italia e Spagna, Mina e
Raffaella Carrà vs. Julio Iglesias. Maria Sun ama
“Margherita” di Cocciante. La canto e la traduco per
lei. Passiamo accanto ad una donna asiatica che cammina lentamente, piccolo passo dopo piccolo passo. Va
più lentamente di noi che viaggiamo rilassati e doloranti. Maria Sun la conosce e spiega. È coreana, ha gravi
problemi alle gambe. Cammina lentamente e parte prestissimo la mattina. Ma vuole arrivare. È irriducibile. A
lei, più avanti, ripenserò spesso.
Non si può non passare davanti alla chiesa di San Juan
de Ortega provenendo dalla nostra strada. L’edificio
compare imponente alla nostra destra. È la chiesa del
Santo protettore degli Architetti, perché San Juan fu
costruttore di ponti e di rotte sulla via Jacopea ed anche
ideatore della cappella che è alla base dell’odierno complesso. San Juan è considerato il protettore delle donne
sterili in conseguenza del “miracolo della luce” che
avviene nella sua chiesa nella quale è sepolto dal 1163.
L’unico capitello romanico rimasto integro tra gli elementi strutturali dell’antica chiesa, che raffigura
l’Annunciazione, viene colpito dalla luce diretta delle
finestre solo nei giorni di equinozio (21 marzo e 21 settembre) nei periodi in cui la natura muta volto, verso la
rinascita e verso la morte dell’anno, verso l’Alpha o
verso l’Omega. La maestria del costruttore nell’arte
dell’edificare e in quella di calcolare le posizioni degli
astri nel cielo crea un miracolo di speranza per quelle
donne che non riescono ad aver un bambino. È un protettorato che a San Juan ha portato fortuna. La ristrutturazione integrale del monumento del 1477 si attribuisce all’intervento particolare di Isabella di Castiglia,
devota a San Juan proprio a causa della sua sterilità. La
regina ampliò la chiesa, fece innalzare un mausoleo sul
sepolcro del Santo. Conservò la parte mistica del lavoro già compiuto. L’interno della chiesa regala spazi
ampi per gli occhi, dominati da una luce fredda e
immobile che resta sospesa con l’aria. Davanti all’entrata si apre la scalinata di una grande cripta, la luce
relega gli sfondi al buio per regalarti l’evidenza dei
ricami di trine di marmo, scolpite sulle navate, sul pulpito, sul presbiterio, che rendono prezioso l’ambiente.
Si soffermano Michela e, soprattutto, Alfredo che è
architetto.
Fuori dall’edificio incontro di nuovo Paola e Olmina,
sempre fredde. Mi dicono che raggiungeranno Burgos
e di là partiranno verso Santiago. C’è di nuovo Eric.
Tra i volti noti, spunta il milanese che, gagliardissimo
e tosto, con la sua solita espressione da uomo esperto
ed affinato, si dirige verso i napoletani con aria amicale e, pronuncia uno dei classici del repertorio nelle imitazioni che lo riguarderanno: “ueeeeè, Sicilia, finito di
far casino!”.
Non mi scorderò mai più la faccia fortemente infastidita di Alfredo, uno degli uomini più tranquilli, silenziosi
e napoletani, che io abbia mai conosciuto, che lo guar-
La segnaletica frattanto ci indica che il nostro obiettivo
è ancora lontano (576 chilometri).
Nei pressi di San Juan de Hortega viene verso di noi un
vecchio ciclista con una barba lunga, da saggio indiano, e con il corpo abbronzato, come cucinato dalla strada polverosa e dall’età. Si ferma, scende e abbraccia
Maria Sun che lo saluta con calore. Parlano in basco.
Non comprendo nulla del loro dialogo, ma osservo
Maria Sun. Questo improvviso sopravvenire di gente
positiva mi lascia un bel senso di gioia mentre mi avvicino ad una chiesa che intendo vedere. Maria Sun preannuncia che partirà e mi spiace. È materna e presente,
attenta e gentile, come una zietta incontrata sul
Cammino.
36
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
da e con un’espressione appena increspata di disprezzo
al lato della bocca e dice: “veramente saremmo napoletani...”. Da quel momento in poi, ogni tanto, affiorando
dai silenzi del Cammino, partirà, in corretta imitazione,
un “ueeeè, Sicilia”... Tanto per non scordare.
Eric decide di venire ancora con noi. Sarà il quarto se
troveremo un albergo. Mi chiede, con un tono preoccupato: “tu roncas?”, cioè: “tu russi?”. Non ho in quel
momento il coraggio di dire la verità... Ma ben presto
dovrò pentirmene e fare ammenda. Il povero Eric, grazie a me passerà una notte insonne.
tre stanze dell’ostello, doppie, una via di mezzo tra un
normale albergo e un alberge, leggermente più costose,
due delle quali subito occupiamo, prima che si riversino su quella stessa unica struttura il mare di Pellegrini
in avvicinamento. Molti vengono rifiutati o, quelli che
accettano, fatti accomodare di fuori, nel giardino.
Giungono anche Paola e Olmina, che vengono rifiutate. Poi i quattro di Barcellona che si sdraiano comodi
nel giardino per riposare prima di riprendere il
Cammino. È l’ultima volta che ho visto Jesùs.
Arrivano anche i gemelli che sono nativi di Burgos e
dimostrano di avere amici nella loro terra.
Entriamo finalmente in piena Castiglia e Leon e il
Cammino inizia ad essere segnalato da pietre miliari
che riportano il nome della regione e una grande concha stilizzata.
Cerchiamo un posto ad Atapuerca, destinazione ultima,
dove contiamo di arrivare presto, visto che, nonostante
il dolore, la strada è piacevole e ci facciamo grasse risate ripensando al mitico milanese. Se non dovessimo
trovare posto lì, la seguente tappa sarebbe a sette chilometri e questo sì che sarebbe brutto. Da giorni ormai
soffro come un cane solo per raggiungere la meta. Ogni
imprevisto diventa una tortura.
Camminiamo ancora ai lati di sterminati campi di
grano, fino al nostro arrivo ad Atapuerca, cittadina nota
per essere il luogo di ritrovamento del corpo umano più
antico di Europa, un essere vissuto nel periodo
Paleolitico, rimasto indisturbato chiuso nella sua grotta
per qualche milione di anni.
L’Hospitalero li accoglie fino a che, dopo qualche ora,
vengono a prenderli alcuni amici. C’è una ragazza, che
è la fidanzata del gemello che ha il difetto al braccio,
come me, e un cane, che è di entrambi. Quello che sembra un addio ai gemelli, è invece solo un arrivederci a
Burgos.
Chi ha preso una camera vicina alla nostra è Maria
Cristina, la ragazza che avevo non generosamente maltrattato a Najera quando uno dei due anziani baschi mi
aveva sottratto la crema d’aloe per massaggiarle le
gambe. Al contrario di me si dimostra subito molto simpatica. È un’attrice. Si muove con una ragazzetta di
Barcellona di nome Cristina, sembrano due sorelle, è
molto colta e sportiva, la mattina vola via come una rondine e la sera è fresca e riposata. È magrissima, riccia e
rossa, con un mare di capelli. Ha conosciuto il milanese
e apprezza l’imitazione. C’è familiarità. Con il sostegno
di Alfredo e Michela, Maria Cristina propone di visitare i resti dell’uomo primitivo di Atapuerca, ma è ormai
impossibile perché i posti sul pullman che conduce al
sito archeologico non ci sono più e il prossimo viaggio
è il giorno dopo. Decidiamo allora di sfruttare bene la
cucina quasi esclusiva del nostro ostello.
Raggiungiamo il più vicino negozio, e cerchiamo
un’idea per la cena. Bocciato un secondo approccio alla
pasta Gallo spagnola, salvata nel gusto a Pamplona
sono da pancetta e cipolla, decidiamo di fare un bel
risotto ai funghi, io ne sarò l’incaricato esecutore.
Cerco di mettere in quel piatto tutta la mia perizia di
cuoco ma è arduo. I fornelli sono elettrici e l’acqua non
bolle mai, il sale è fino, i funghi sono lessati, come per
essere messi sott’olio, praticamente non hanno sapore.
Le uniche cose che sanno effettivamente di qualcosa
Camminando incrociamo alcuni cartelli sui quali viene
ricostruito l’aspetto probabile dell’antico progenitore,
così come l’ha immaginato il medesimo computer che
viene utilizzato dalla polizia per ricostruire il volto dei
cadaveri scheletrici e senza nome. Il viso dello scheletro pietrificato ritrovato in quella terra è gentile e scimmiesco. A me, personalmente e per motivi di cuore
giallorosso, viene in mente Bruno Conti.
I primi segni di insediamento rintracciati in quelle terre
risalgono a ottocentomila anni fa. Già a quel tempo
qualcuno percorreva il nostro stesso Cammino, in cerca
di sopravvivenza o in cerca di Dio o di entrambe o di
chissà cosa.
Seguendo la cartellonistica arriviamo finalmente ad
Atapuerca. L’alberge sarebbe pieno, ma restano libere
Foro Romano
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Le Voci dell’Avvocatura
sono la pancetta e il burro. Il prodotto finito è mangiabile, sebbene non sia un trionfo di sapori che restano in
realtà molto sfumati. È insipido, ma la fame e l’allegria
compiono il piccolo miracolo e del risotto non resta che
qualche chicco disperso.
Il vino bevuto favorisce le risate, troppe evidentemente
perché intorno alle undici, dalla quarta stanza dell’ostello, compare un signore mai visto prima, un peruviano, che con parole inequivocabili ci invita al silenzio (“desparite!”). Ci ritiriamo in buon ordine, chi
verso il sonno, chi – Eric – verso il Calvario.
avanti per stare un po’ da solo. Non lo vedremo più perché dopo Burgos se ne ritornerà a a casa a Madrid.
Quella sera non ci vedremo, resterà nel suo albergo, al
sicuro, a riposare.
Di nuovo in tre ci immettiamo lungo il tragitto che
attraversa l’Altipiano di Atapuerca, sormontato alla sua
sommità da una grande croce di legno, conficcata su un
cumulo di massi. Anche qui la suggestione di Paolo
Coelho, che frattanto continuo a leggere, è grande.
La natura sta per dare l’addio al colore. Intorno c’è
tanto verde. La terra è umida e argillosa, ubertosa. Le
mosche sono tante, ma sono tante anche le farfalle,
gialle o striate di nero. Ne vedo molte simili a quelle
che inseguivo, quando ero bambino, dalle parti di Tor
San Lorenzo. I fiori sono rossi e sanguigni, l’aria è fresca.
Tra quelle alture si gode un panorama profondo lungo
la schiena della terra. Su quelle alture si trova anche
una grande spirale di sassi formata dai contributi deposti dai Pellegrini.
Esistono sul percorso diverse “opere comuni”, lasciate
a testimonianza del passaggio continuo verso Santiago,
tutte nell’apparenza spontanee.
13. Amata Burgos dai ruscelli di sidro (31.07.09)
Il 31 luglio è una data topica del mio Cammino, innanzitutto perché, avendo fatto male i miei calcoli, senza
considerare che il mese di luglio ha trentuno giorni, mi
sono reso conto solo quel giorno di avere un giorno
d’anticipo sulla tabella che deve congiungermi ad Aida.
Il trentuno luglio è l’ultimo giorno prima delle
Mesetas. È l’ultima tappa della prima parte del percorso, quella fisica. È l’ultima tappa prima del dolore della
parte psicologica del Cammino.
Alfredo e Michela, compatibilmente con la loro necessità di cercare un alloggio per la notte, vanno avanti e
poi mi aspettano, comunque si sincerano che io sia in
compagnia prima di allontanarsi. Ho una famiglia che
pensa a me. Mi rallenta anche lo zaino, troppo pesante
e gonfio. Due fettucce, quella per tenere in squadra lo
zaino sulle spalle all’altezza dello sterno e quella sulla
pancia che ha più o meno lo stesso compito, hanno
ceduto e lo zaino grava prevalentemente sulle anche e
preme inesorabilmente sulle spalle che iniziano ad
essere insensibili. Tengo su le spalle, diversamente dal
solito, e la schiena non mi duole. Insieme alle gambe
rimangono la mia unica certezza.
Non so ancora che quello sarà uno dei giorni più divertenti del mio Cammino personale, uno dei giorni da
ricordare.
Quella mattina – ricordo – Eric esce dalla stanza frastornato, sorridendo nervosamente. Mentre facciamo la
colazione decisa il giorno prima con gli acquisti alla
tiendas, mi dice di non essere riuscito a chiudere
occhio. Devo aver russato come un trapano. Andrà
Quella profonda, lunga, spirale, sembra nata dall’ispirazione dei Pellegrini sulla rotta Jacopea, sembra lo
sfogo necessario di un punto d’energia della terra, perché, solo osservandola dal centro all’ultimo cerchio,
costruita sasso su sasso, quella sterminata spirale composta da tutti, anche da me, sembra sfruttare un atto
necessitato, non il gesto artistico di qualcuno.
La steppa sterminata di Castiglia è già minacciosa agli
occhi. Già da lontano sembra rovente, piatta e senza
rifugi, sormontata da vette troppo alte da scalare.
All’orizzonte, ben presto, compare l’isola di Burgos,
immersa nel giallo bruciato.
L’ingresso in città è lungo.
C’è ancora tempo per un altro bucolico siparietto con il
redivivo milanese. Chiedendo a Michela e Alfredo, che
sono sempre con me, di attendermi, prendo uno sterrato laterale che dirige ad un albero isolato per soddisfare un rapido bisogno. Da una fratta, che è un groviglio
rovi collocato alla sinistra dell’albero, mentre io ho già
estratto tutto il necessario per una corretta esecuzione
dei miei propositi sicuro di non essere visto, esce fuori
38
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
il milanese che, forse non rendendosi conto del
momento in cui mi ha sorpreso o con la solita faccia di
bronzo imperturbabile nel suo essere inopportuna, mi
guarda e dice: “ueeè romano!!! Come andiamo questa
mattina...”. Riesco a rispondere in un toscano viscerale: “la si ‘ampicchia, la si ‘ampicchia”, cercando di
nascondere le mie intimità.
Una buona cartellonistica ci ricorda di osservare a
fondo il panorama. Ci invita ad osservare i luoghi dove
si svolsero battaglie antiche e moderne, tanto terribili e
sanguinose, quanto lontane dal nostro attuale percorso
di Pellegrini.
palazzo, passiamo davanti alla Cattedrale.
Ho un appuntamento. Accompagno Michela e Alfredo
all’alberge. Io prenderò una stanza nell’albergo “Casa
del Cid” e, per la gentilezza dell’albergatore presente
al momento dell’arrivo, mi sarà data una stanza con
una ampia finestra aperta sopra le guglie della
Cattedrale di Burgos. Lo sfondo degno di un pomeriggio di pace corporale.
Ho un altro appuntamento, nella vicina piazza, alle
sette. Esco dal letto. A fatica mi metto sotto la doccia.
Do fondo agli ultimi vestiti ancora non sporchi che ho
nello zaino.
C’è quella notte in Burgos la Festa del Sidro, il liquore
di mela, che io detesto. Sediamo in un ampio tavolo al
centro della piazza. Siamo in tanti. Ci siamo noi, April,
Sinead e tutti i suoi amici. C’è Pepe, un insegnante di
Barcellona con il suo gruppo di Pellegrini, Estevan,
Cristina, c’è l’altra Maria Cristina, con altri amici, saremo più o meno trenta.
Prima del sidro mi concedo una birra e sento nostalgia
di una sigaretta. Fumano, praticamente, tutti. Anche se
mi elogiano per il fatto che io stia evitando di fumare.
Reann, che è una ragazza canadese intelligente ed ironica esperta paramedica, mi dice che per lei sono “a big
ispiration” mentre aspira da una sigaretta una lunga
boccata, con un bicchiere nell’altra mano. È davvero
stramba. Sa mutare il timbro di voce, molto femminile
e dolce, in una durissima voce demoniaca. C’è anche
Mylan e altri tedeschi.
È in questa cornice di musica e gente che Sinead mi
rivela di aver deciso di continuare il Cammino, almeno
fino a Leon. Il fidanzato aspetterà. Gli aveva proposto
di partire con lei ma non è voluto venire. Ora sta troppo bene per rinunciare al suo viaggio e non sarebbe
giusto.
La Festa del Sidro ha inizio quando, al passaggio di una
banda davanti ai bar che aderiscono all’iniziativa, alcuni figuranti porta-bevande in veste d’epoca girano tra i
tavoli a mietere vittime.
Con un’ampolla di vetro, trasparente e dal lungo becco,
versano direttamente nelle bocche aperte degli avventori profonde sorsate di sidro, oppure, facendo ruotare
l’ampolla dietro alla schiena, riempiono sul lato opposto i bicchieri, gettandone litri a terra ma con mossa
coreografica. I camerieri iniziano a fare avanti e indie-
Superato l’aeroporto, ci immettiamo nei sobborghi.
Incontriamo di nuovo Diego, l’argentino di Londra, già
incontrato alla piscina. Nella vita fa la maschera al teatro dell’opera della capitale inglese. È simpatico e
rende lieve l’ingresso in città, la prima così grande,
dopo Logroňo.
Anche a Burgos le donne anziane, anche con scelte di
nicchia, sono quelle che curano di più l’aspetto.
Le nonnette psichedeliche dettano legge a Burgos.
Quando, dopo una visita alle chiese incontrate sul percorso, raggiungiamo il centro, dopo quartieri residenziali piuttosto grandi, sentiamo una musica dal parco,
dove un coreografo del comune fa ballare i bambini in
piazza. Non lontana la statua dedicata al grande eroe
Rodrigo Diaz De Vivar, detto El Cid Campeador.
El Cid è una di quelle figure che oscilla tra mito e storia. Intorno al 1081, venuto a contrasto con il suo Re,
quello di Castiglia, Rodrigo venne bandito dalla sua
terra e scelse di vivere, sfruttando la sua abilità di guerriero e un manipolo di trecento uomini fedeli, combattendo per un Re moro, quello di Saragozza, contro il Re
moro di Valencia, alleato dei Catalani. Mai rivolse le
sue armi contro la sua terra e il suo monarca, fedele nel
cuore solo al Re di Castiglia. Nel 1094 divenne egli
stesso Re di Valencia fino al 1099, anno in cui morì.
El Cid è un mito della Reconquista ed il suo corpo è
sepolto nella Cattedrale di Burgos.
Burgos è decisamente una città di grande pregio artistico, con un centro storico ben conservato e monumenti
rilevanti. Seguendo la via che porta all’alberge municipale, grande e moderno, seppur inserito in un antico
Foro Romano
39
Le Voci dell’Avvocatura
tro con le caraffe e tutti gli spagnoli si esibiscono in
peripezie per versarlo nei boccali.
Il sidro lo danno via per due soldi, ma anche la buona
birra spagnola non è costosa ed invita ad abusarne.
Bevo anche il sidro ma continua a non piacermi.
Sulla piazza arrivano anche gli altri protagonisti del
Cammino, i nativi di Burgos, Andreas e Ignatio, che
passano con uno stuolo di amiche, cani e fidanzate.
Con loro ci sono Paola e Olmina. Si dicono esperti
della movida burgense. Mi invitano e li seguo. Quella
notte non ho problemi a rincasare più tardi, anche se ho
un terribile male ai piedi. Conosco la gente che conosce i gemelli. Tutta la città, quindi, fatta eccezione per
alcuni stranieri. Bevo un cocktail con Coca Cola e vino
che i burgensi apprezzano molto. A me non piace neanche quello.
Torno a dormire all’una, troppo tardi avendo un appuntamento alle sei e trenta. Metto a breve riposo le
gambe. Troppo breve.
to. Le scarpe chiuse la polvere le ha irrigidite. Non
posso più tenerle ai piedi, perché sono gonfi, perché
premono sulla scarpa da ogni parte. Indosso il sandalo
con il calzino, come i tedeschi in vacanza. Sono comodi e hanno un accenno di plantare. Le calze, che mi
disegneranno il loro segno sul piede, complice il sole,
servono per evitare che le bolle struscino sui legacci
delle calzature che devono essere stretti, perché il piede
non balli.
Al frettoloso corso degli eventi, si frappone anche il
guardiano notturno della hall, che dorme alla grossa e
non si trova. Alla fine tutto bene, perché anche tutti gli
altri arrivano con dieci minuti di ritardo. La festa –
penso – deve essere continuata anche dentro l’alberge.
Inizia il Cammino verso Hontanas, lungo i ventinove
chilometri iniziali delle famigerate Mesetas.
Le guide insistono nell’esaltare le ampie aperture delle
piane di Castiglia, in realtà quello che si vede è un
panorama fisso, di grano, ovunque. Le guide insistono
anche nel consigliare di portarsi sempre dietro una
buona scorta d’acqua. Per diciassette chilometri, avvertono, mancherà quel giorno qualsiasi fonte.
14. Il nulla, nel grano
(01.08.09 – 02.08.09 – 03.08.09 – 04.08.09)
Anche l’ultimo telegiornale ascoltato distrattamente
prima di uscire dalla stanza d’albergo, ci ha informato
dei risvolti dell’indagine sulla bomba di Burgos e del
fatto che la Spagna sta vivendo una delle estati più torride degli ultimi anni. Ma la notizia non giunge inattesa al nostro manipolo di Pellegrini sulla rotta Jacopea.
Vengono fatti dei paragoni con la situazione in Italia,
dove, come in Spagna, si sta vivendo un’estate torrida
con punte di quaranta cinque gradi. Penso a mia nonna,
da sola a Roma. Prego per lei e per la sua salute.
Chiedo a Dio che non faccia scherzi. Devo abbracciarla ancora quando sarò di nuovo a casa.
Al caldo torrido fino ad allora non avevamo fatto molto
caso, tra docce, piscine, fontane e fiumi, anche se, personalmente, ero arrivato a bere anche sei litri di acqua
al giorno e a sudarne altrettanta.
La provvista d’acqua non è mai stata il primo dei problemi.
Delle quattro giornate che seguono, complice il crescente dolore, il gran caldo e la sete, non ho un ricordo
distinto. Per ricostruirle in questo capitolo mi sono affidato spesso ai timbri impressi sulla mia Credencial, alle
annotazioni del mio diario, alle foto degli amici, ai loro
ricordi e ai percorsi tracciati dalle guide.
Rammento solo, ossessivamente, una strada infinita
verso un nulla di grano, deserto e caldissimo, dove era
impossibile riparo o conforto.
Rammento i miei pensieri annebbiati e la sete inesorabile che asciugava la bocca.
Il panorama aureo delle Mesetas.
Non ci sono parole, solo il desolato racconto. Inizia la
parte psicologica del Cammino. Le condizioni delle
mie gambe acuiscono nei tratti più solitari e silenziosi
le mie paure.
La sveglia è puntata alle ore sei.
L’appuntamento è alle sei e mezza. Indosso, per la
prima volta, i sandali comperati in una farmacia di
Corso Vittorio a Roma, dove una farmacista già
Pellegrina a Santiago si era appassionata al mio proget-
All’inizio procediamo in piccoli branchi e a nessuno
sembra il caso di forzare. Nonostante il cielo, anche
molto nuvoloso, le grandi masse bianche nel cielo
terso, pur scure e minacciose, non promettono pioggia.
40
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
Piuttosto le nuvole sono le protagoniste di uno strano
effetto Morgana che si nota avanti guardando l’orizzonte. Per quanto ci si avvicini, le nuvole, pur basse,
sembrano costantemente, ritrarsi. Un po’ come accade
alla cupola di San Pietro a Roma, da quella terrazza
sull’Aurelia antica che i romani ben conoscono. Non si
riesce a valutare una distanza e questo aumenta il disagio, soprattutto quando si rimane soli. Mai come in
questo tratto vengono fuori le differenze di passo e con
loro, le difficoltà del singolo Pellegrino.
fanno brutte cadute. Sono costretto ad indossare la
cerata che ho nel mio equipaggiamento, mentre le
gambe affondano sempre più nel fango, trascinando
con sé l’erba. Ho le ferite dei piedi bagnate e sporche.
La pianta del piede scivola sul plantare. La scarpa aperta sciacqua. La pelle brucia come assalita da mille infezioni. È con questa disposizione di corpo e di spirito
che raggiungo la triste Hontanas.
Fino a pochi metri prima della discesa che porta ad
Hontanas, resa dalla pioggia un torrente di fango, la cittadina nemmeno si intravede, essendo posta ad un
livello più basso della strada. Poi dietro un’ultima salita appare l’agglomerato.
Nessuno può permettersi di attendere sotto il sole o di
fare un passo in più. Ci si guarda da lontano e ci si rincontra alla prima area de descanso, cioè di riposo.
La leggerezza garantita dalle nuove calzature si scontra
con il facile ingresso dei sassi sotto la pianta del piede.
Divento sempre più lento e, a tre chilometri l’ora,
dovrò camminare per oltre dieci ore fino a Hontanas,
dove conto di arrivare intorno alle ore diciassette.
Superato qualche paese, in uno dei quali ci fermiamo a
fare un po’ di spesa, mentre torniamo dentro al nulla
giallo preannunciato da alcune case coloniche colorate
ma disabitate all’improvviso scende un muro d’acqua.
Molti ciclisti restano impantanati e i pedoni cercano
rifugio. Noi, io, Alfredo, Michela e Diego, finiamo sul
soppalco stretto e lungo di una casa disabitata. Hanno
trovato rifugio sotto lo stesso tetto un gruppo di giovanissimi ragazzi francesi. I genitori, fra di loro amici, li
hanno portati sul Cammino, a partire da Roncisvalle, e
li mandano lungo il percorso, seguendoli con la macchina. Sembrano giudiziosi.
Abbiamo con noi del pomodoro, delle noci, del formaggio, un avocado, di cui Diego è ghiotto, dei salumi.
Ci attrezziamo per una sorta di pranzo anticipato perché è ancora presto ma dobbiamo sostare.
Dopo circa un’ora riprendiamo il Cammino. Nel desolante paesaggio seguente, il sentiero è sassoso e duro e
le pietre premono sulla pianta del piede che affonda nel
fango, che impregna le calze. Mi sposto sui lati del sentiero. Sull’erba il fango regge e non si sentono sassi.
Solo dopo ore, apparsa chissà da dove e diretta in altra
direzione, una strada interseca il sentiero. Anche guardando al meno molle asfalto ogni rifugio sembra lontano.
Ad un certo punto, il ritmo della pioggia aumenta e
torna ad essere tamburellante. Non c’è riparo. Diversi
ciclisti, che almeno su quel rettilineo potevano correre,
Foro Romano
Sono venti case attorno ad una chiesa. Non sono pochi
quelli che la ricordano carina quella città. Io l’ho detestata e vissuta solo come necessario rifugio. Per me è un
ricordo sbiadito e, comunque, solo a tratti piacevole.
L’alberge centrale, peraltro moderno e abbastanza pulito, è pieno. Michela e Alfredo, arrivando prima, sono
riusciti a prendere posti nei letti a castello di una sala
spogliatoio messa a disposizione dal Comune, visto il
numero dei Pellegrini attesi. Sono uno accanto all’altro, tutti pieni. A me è toccato un letto al piano rialzato
dal quale faccio fatica a scendere e salire, non un buon
viatico per la notte. Nella sala dormono Diego, Mylan,
Reann, Cristina, Alfredo e Michela.
Mi sento a mio agio ma inizio a pensare se, viste le
caratteristiche del percorso – un lungo piano rettilineo –
e la situazione delle mie gambe, non sia meglio affittare una bicicletta da portare sino a Leon, ma nessuno –
mi informo – offre questo tipo di servizio. Passo molto
tempo, all’arrivo a curare con attenzione e delicatezza
l’igiene complessiva e la salute dei piedi. Quando finalmente esco di casa, verso le sette e trenta, trovo tutti i
miei compagni già seduti all’aperto, con una birra in
mano, davanti alla chiesa.
Hanno prenotato la cena e il “Menù del Pellegrino”. Mi
adeguo. Controllo da un terminale nel bar di un alberge la posta elettronica e registro gli indirizzi che porto
da giorni nelle tasche, quello di Sinead, Eva, Lotte,
Tony, Thomeu, Antonio, Emilio, Stefania, Paola,
Olmina, Mathiew, Diego, Anna, Abel, Jesus. Ricordo,
con piacere, quella birra al calare del sole. Sinead,
come al solito, ride e scherza con tutti.
41
Le Voci dell’Avvocatura
Reann, con attrezzatura da paramedica canadese e
guanti verdi in gomma, cura i piedi di Mylan, il tedesco, che sono un lazzaretto di vesciche, come i miei.
ti per eliminarne anche il ricordo. La struttura, nella sua
complessità, si rivela enorme, anche se ormai è un
rudere diroccato.
Forse tutta questa feroce distruzione è dovuta al fatto
che la cittadina fu teatro di guerre continue tra cristiani
e arabi e ciò fino a quando venne annessa al Regno di
Castiglia nel 1131.
È giovane e sorridente ed April e Reann giocano a fargli da mammine. Chi gli cura i piedi, chi gli versa birra.
Mi vergogno a chiedere ma vorrei anche io trovare qualcuno che mi curi. Ma sapendo come sono ridotti i miei
piedi mi vergogno, forse stupidamente, a chiedere.
Il mio è un gruppo allegro ma stanco.
Ci fermiamo in un bar gestito da due simpatici signori
anziani nella prima piazza utile della cittadina. Hanno
magnifici boccadillos ed eccellente marmellata. Più
avanti approfittiamo anche di una tienda. Compriamo
acqua e cibo, soprattutto frutta che c’è sulla strada ma
con quel caldo assassino non basta mai.
Incrocio qui, per la prima volta gli unici due cavalieri
incontrati sul Cammino di Santiago. Sono padre e
figlia. Lui è separato dalla moglie e, quando può portarla con sé, cerca avvenuture che si possano ricordare.
Viaggiano verso il sepolcro di San Giacomo con il
cavallo. Seguono una via certa che, giorno per giorno,
li porta verso gli alberge in grado di accogliere anche i
cavalli, che sono una forma di trasporto desueta ma
classica e, come detto, ammessa dalla Tradizione del
Cammino.
I due cavalieri ci dicono che anche a cavallo è faticoso
per le gambe. Non faccio fatica a credergli.
A cena andiamo nel bar ristorante connesso ad un
alberge privato. Conosco Thomas, amico di Diego, un
ragazzo danese, infaticabile e sportivo, taciturno ma
con il viso molto espressivo e simpatico. La cena del
Pellegrino non offre novità. La notte ci sarà una festa in
piscina. Io decido di non partecipare. Sono stanco,
dolorante e infreddolito. Per la prima volta ho indosso
la giacca che ho con me.
In camera, con Mylan, iniziamo a scherzare facendo il
verso ai Muppet Show: “Mananana! Tuturururu!”.
Smettiamo solo quando alcuni Pellegrini ci fanno capire che lo scherzo è durato anche troppo.
La monotonia del giorno dopo continua sulla strada che
scende verso la base dell’altipiano assolato dove si
trova Hontanas. La tappa odierna è di trentacinque chilometri fino a Fromista.
Maria Cristina, Alfredo e Michela volano presto via per
garantirci un posto per la notte. Solo alla fine di una
lunga discesa, accanto ad una strada che rimane deserta mentre la attraversiamo, si vedono un po’ di alberi,
un po’ di fresco verso la cittadina seguente,
Castrojeritz.
È un luogo che, al contrario di Hontanas, ricordo con
piacere. A me è sembrata bella, incastonata tra un declinare d’altopiano e di montagna isolata sulla quale
appoggia. Lungo la strada confinante con canali di
scolo e irrigazione incontro i miei vecchi amici gamberi d’acqua. Ne tolgo qualcuno dal centro della strada.
Loro, come al solito, irosi, non ringraziano, ma agitano, minacciosi, le chele.
Entriamo in Castrojeritz attraverso la grande arcatura
romanico-gotica di un monastero abbandonato. Le
sculture delle arcate gotiche che decoravano le pareti
laterali sono state distrutte, come se una mano si fosse
accanita su ciascuno degli angeli che vi sono raffigura-
Chiedo se è possibile affittare un cavallo fino a Leon, visto
che non posso avere la bicicletta, ma non esiste neanche
quel tipo di servizio. Dobbiamo ancora fare ventotto chilometri. Dopo cinque arriviamo all’Alto de Mosterales, da
dove, guardando il basso, vedo l’intera Castrojeritz. Ci
fermiamo per il pranzo con Mylan, Sinead, Reann, Diego,
April. Michela e Alfredo sono avanti. Thomas e Maria
Cristina neanche a parlarne. Come al solito si scherza o si
ride o si pensa ai fatti propri.
Di qui in poi un lungo Cammino, doloroso, su un sentiero di terra battuta, in una piana infinita, al quale si
unisce, per fortuna, Massimo, un ingegnere piemontese, molto gentile e pieno di iniziativa. Lo scorso anno è
partito da Roncisvalle e fino a Pamplona. Quest’anno
non andrà oltre Leon. Ama molto la fotografia e tra i
suoi soggetti prediletti ci sono i cartelloni stradali. La
motivazione di questo interesse è, in realtà, molto pratica. Nel ricostruire la consecuzione delle foto è più
facile rintracciare la progressione nel tempo degli scat42
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
ti se i cartelli ti aiutano a ricostruire passaggi che la
memoria può saltare ma che una cartina cristallizza. Mi
sembra una motivazione pratica valida.
Con lui e il dolorante Mylan copro i dieci chilometri di
nulla prima di Itero della Vega dove ci sono i canali di
irrigazione con acqua imbevibile che aumentano i rimpianti della bocca. Sono enormi canali stagnanti che
servono i campi. Sono intervallati da vasche, dove l’acqua si raccoglie.
A Boadilla del Camino, troviamo una fonte romana
antica.
l’approvvigionamento d’acqua per l’irrigazione, che
sfociano in un impetuoso torrente di acqua lurida e
maleodorante nei pressi dell’ingresso cittadino che si
raggiunge proprio attraversando un ponte.
La parte seguente è una lunga strada che ci immette nel
centro del paese, dove già ci aspettano i nostri amici
presso l’alberge. Nel giungere non posso non osservare con piacere la chiesa di San Martin a Fromista.
Anche questa piccola meraviglia, che sembra un castello è monumento tradizionalmente legato al dominio del
Templari. Faceva parte di un monastero costruito in
quella terra nel 1066. Anche in questa chiesa ritornano
gli spazi ottagonali e le inattese decorazioni dei capitelli, ricche di allegorie e significati simbolici.
Il nome della città è legato al frumento del quale
Fromista era grande produttrice ed esportatrice e guardandosi intorno non si fa fatica a crederlo.
Nell’alberge, chi prima, chi dopo, io, comunque, per
ultimo, arriviamo tutti. Giungono anche gruppi di
Pellegrini già visti ma mai associati al nostro
Cammino. Persino quello strano prete francese di
Graňon, troppo curioso e malizioso, che rivedo lì per la
seconda volta. Non c’è Sinead, che insieme a Reann ed
April ha ceduto alle lusinghe di Boadilla ed è rimasta
indietro.
Una grande ruota di metallo al centro di una grossa pietra andrebbe girata per pompare acqua verso l’alto.
Sembra una fontana davvero antica ma l’acqua di quelle parti, normalmente sa solo di moderno cloro. Non
sono pochi inoltre ad aver dovuto gestire brutte gastroenteriti dopo aver ceduto alle lusinghe di sgangherate,
seppur antiche e venerabili, fontane.
Non bevo, ma entro in un vicino alberge per acquistare
dell’acqua. Il giovane Hospitalero che è all’interno mi
vede arrivare zoppicante e, prima che io parli, mi chiede se ho bisogno di sale. Gli rispondo che voglio comprare dell’acqua. Lui mi ribatte che per quella c’è la
fontana per poi, non recedendo nel mio intento, tirare
fuori una bottiglia d’acqua minerale che, in sua presenza, tracanno. Gli chiedo perché volesse darmi del sale,
con quel caldo. Mi risponde che la miglior cura per i
miei piedi malati, come sanno tutti gli Hospitaleri, è un
bagno non caldo di acqua con sale, iodato, insieme ad
una tazzina d’aceto. Rimango sorpreso e, a voce alta,
mi chiedo perché nessuno negli alberge precedenti me
lo abbia detto. E lui, con aria birbona, mi dice che più
si va avanti nel Cammino e meno umanità si trova. Gli
chiedo da dove venga. È basco e, per questo, mi è già
simpatico. Ci invita a rimanere. Noi, però, abbiamo già
i nostri appuntamenti e, nonostante la bella musica che
il suo stereo diffonde, siamo costretti a riprendere la
marcia.
Diego, che è il meno dolorante, va subito avanti e
scompare. Io, Massimo e Mylan ci facciamo forza
insieme, negli ultimi chilometri, ad una lentezza esasperante che però non vince la nostra pazienza.
L’ultimo tratto in entrata a Fromista è caratterizzato da
enormi lavori di ingegneria idraulica, che garantisce
Foro Romano
Il rifugio è stracolmo e ci viene dato un letto a castello
in un corridoio. Diego, che dorme con me, si piazza nel
letto in basso. Il fatto mi infastidisce perché, vedendomi camminare ogni giorno, non può non sapere quanto
io stia soffrendo e che condanna sia dormire in alto, ma
evito polemiche.
Ceniamo tutti insieme in un locale poco distante.
Anche Thomas si è unito a noi. Al ritorno dalla cena
notiamo – e ci avevano preavvertito – che qualcuno ha
messo le mani nei nostri zaini. Ripenso all’Hospitalero
di Boadilla. È proprio vero. Se c’è qualcuno che, essendo Pellegrino, crede giusto derubare altri Pellegrini, è
proprio la praticità a mancargli, non la stupidità e la
faccia tosta. Ho con me tutti i documenti necessari, i
contanti e il bancomat. Visto che nessuno ha toccato la
sacca con le conchiglie per la Cruz de Hierro, che
peraltro è stata profanata, non possono avermi rubato
nulla di importante. Se qualcono ha rubato qualcosa se
la porterà dietro lui.
Di notte mi sveglio più volte per andare in bagno. Sono
43
Le Voci dell’Avvocatura
costretto a battere a terra i palmi dei piedi per scendere
e a poggiarli su dure e fredde sbarre di legno per salire.
La situazione delle mie gambe sta rendendo impresa
ogni più piccolo e necessario movimento. Per quel letto
a castello passo momenti terribili, mentre tutti dormono ed io cerco di non svegliare nessuno.
La mattina dopo il progetto è quello di coprire trentasette chilometri, fino a Calzadilla de la Cueza, superando la cittadina di Carriòn de los Condes che è a soli
venti chilometri. Ho fretta di arrivare a Leon perché lì
potrò sfruttare i due giorni di anticipo che ho accumulato in tabella, per riposare. Alfredo e Michela devono
tenere un passo svelto perché il loro aereo li aspetta a
Santiago il 19 agosto e loro vorrebbero arrivare qualche
giorno prima per proseguire a Finisterrae.
troviamo, non arriverà a Calzadilla de la Cueza.
Inganniamo il tempo facendo una suntuosa spesa in una
tienda locale. Con Mylan comperiamo e poi mangiamo
una quantità di cibo enorme. Al momento di partire
divido quanto rimasto e tengo per me un sacchetto di
arance.
Incontriamo Thomas e Diego, poco dopo arriva Sinead,
Reann ed April.
Con Sinead, che sa del mio Cammino verso l’incontro
di Sarria, ci diamo il prossimo appuntamento nella città
di Leòn, dove già prevedo di fermarmi per due giorni,
per curare le gambe. Finiamo un lauto pasto e ci concediamo il tempo per una foto ricordo d’insieme.
Nell’ordine, nella foto di gruppo, ci sono: Diego, Avril,
Reann, Mylan, Sinead (con me nascosto dietro),
Massimo e Thomas.
Il panorama in uscita da Fromista è di nuovo sconfortante, ma ben presto, nei pressi di Villarmentero, inizia
un comodo sentiero pedonale, rettilineo e parallelo alla
strada asfaltata P 980. Entriamo in provincia di
Palencia. La segnaletica del Cammino diventa in questo punto sovrabbondante.
Il percorso è marcato da continue colonnine in pietra
con il simbolo della conchiglia che danno un po’ di
movimento ad un paesaggio senza punti di riferimento
insieme ad alcune croci.
Appena possibile, ci fermiamo per la colazione.
Troviamo un’oasi di verde all’interno di un giardino
chiuso da un muro e da una cancellata. Dentro c’è un
piccolo bar gestito da una ragazza austriaca. Ci sono i
canti gregoriani in sottofondo. Su un’amaca nel giardino già riposa Thomas, che solleva la testa solo per
vedere chi arriva, prima di addormentarsi.
La ripresa per me, è una vera e propria via crucis. Sulla
strada mi metto alle quattordici, sotto il sole più cocente. Forse appesantito dal tanto cibo mangiato, forse
ormai giunto al punto di pagare dazio per gli sforzi fatti
nei giorni precedenti con le gambe già in una brutta
condizione, impiego una vita per coprire i successivi
diciassette chilometri. La strada, piana, è per me terribile, tanto è sassosa e cosparsa di ghiaia, assolata e
priva di acqua.
All’inizio non sono solo. Il paziente Massimo e il dolorante Mylan sono con me. Veniamo raggiunti da una
coppia di siciliani, catanesi, già incontrati a Hontanas.
Sono marito e moglie. Viaggiano sempre da soli, anche
perché sono lentissimi. Maria Cristina, con un SMS, mi
ha fatto sapere che dopo qualche chilometro dovrebbe
esserci un chiosco dove vendono acqua, birra e gelati.
Riesco a mettermi a sedere proprio mentre Alfredo e
Michela stanno per riprendere il Cammino. Andranno
come al solito avanti. Maria Cristina che, ormai, è chiamata farfalla, gazzella, e quant’altro a sottolineare la
sua velocità, ha fatto colazione in quel posto circa
un’ora prima ed è già quasi a destinazione. Quando mi
rimetto in marcia, per coprire i seguenti undici chilometri impiego circa quattro ore.
Solo Massimo e Mylan sono con me.
Arrivo a Carriòn de los Condes che è quasi mezzogiorno. Via telefono, Sinead mi prega di aspettarla, anche
se non ha ancora smaltito la festa e si fermerà dove ci
Insisto a volerlo cercare e il siciliano, superato il luogo
dove, presuntivamente, quel bar doveva essere (in realtà aveva già chiuso), mi guarda in faccia e mi chiede se,
per caso, io non abbia avuto un’allucinazione. Sono
troppo stanco anche per mandarlo dove dovrebbe andare. Inizio, infatti, a boccheggiare quasi subito. Bevo e
bevo. Dopo qualche chilometro mi accorgo che la
gamba destra si è interamente gonfiata. Tra coscia e
polpaccio non c’è più nessuna differenza. Scendo,
senza accorgermene, ad una velocità di non più di due
chilometri, due chilometri e mezzo. Il dolore che ho
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Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
alle piante dei piedi è allucinante. Mi rimprovero di
non aver chiesto a Reann, per non sembrare invadente,
di curarmi i piedi come ha fatto con Mylan che sembra
aver un po’ recuperato ed insieme a Massimo, dopo
aver tanto resistito e su mio invito, allunga il passo.
Di nuovo quel calore insopportabile, di nuovo quelle
condotte di irrigazione che rimandano quell’odore di
terra bagnata e di acqua sporca. Il mio corpo è talmente stanco che, in certi momenti, mi vengono colpi di
sonno camminando. In altri momenti mi viene da ridere, tanto mi sembra assurda e pericolosa la mia situazione e, in quello stato d’animo, più di una volta mi
chiedo se non stia per caso impazzendo sotto quel caldo
incredibile che non mi da tregua. Continuo a togliermi
e rimettermi il cappello. Se lo metto, grondo di sudore.
Se lo tolgo mi brucia il cuoio capelluto e il viso.
Sono bagnato ovunque e tra le gambe, che muovo male
per i dolori, la pelle, a forza di sfregare, si è infiammata. Ad un certo punto mi accorgo che è finita anche
l’acqua, quando sono in un punto da cui è possibile
solo ipotizzare una distanza residua.
Cerco di farmi coraggio. Canto un po’, soprattutto canzoni su Roma. Davanti e dietro non ho più nessuno.
Dopo un po’ l’arsura mi smorza anche la voce. Con un
gesto meccanico, che in quei giorni ripeterò spesso,
sfilo dalla tasca laterale dei miei pantaloni il passaporto e lo infilo, in bella vista, nella tasca alta dello zaino,
quella con le conchiglie della Cruz de Hierro. Se mi
dovesse accadere qualcosa – ragiono – sarà più facile a
chi mi soccorre capire chi sono e avvertire i miei familiari e, se è di buon cuore, comprendere il senso delle e
conchiglie e, per miracolo, portarle a destinazione.
Inizio a pensare a quelli a cui voglio bene, mentre la
sete mi asciuga la bocca e la gola. Ai lati delle labbra si
formano crosticine che per un po’ tolgo, poi lascio
indurire. Mi viene in mente mio padre, mia nonna, mia
nipote e, in quegli attimi, mi sembra di stare meglio,
perché mi aggrappo a tutte le forze che ho e a quelle
che non sapevo di avere. Provo a camminare fingendo
di avere piedi sani, un messaggio al mio cervello in
controtendenza. Pochi passi e il dolore abbatte ogni
maschera. Penso molto a mia madre. Ora che ho paura
che il mio tempo stia finendo, vorrei abbracciarla, vorrei sentirla. Provo a chiamarla al cellulare. Non risponde. È fuori dall’Italia, ricordo.
Avevi ragione tu a dire che non ce l’avrei fatta, sospiro
Foro Romano
e mi dico. Poi con l’indice do martirio al pollice, per
non perdere concentrazione e trovare la forza, per
smettere di inviare al mio corpo, sotto stress, pensieri di
resa. Ce la posso fare, ce la farò...
In quel mentre avverto alle mie spalle giungere dei
ciclisti. Li sento parlare in italiano. “Ma quando finisce
‘sta rottura di coglioni, sarà un’ora che stiamo su quest’altipiano” dice il primo, a petto nudo, giovane e
abbronzato, provocandomi un moto di stizza, il secondo replica “dai, su, che manca meno di un chilometro e
tra cinque minuti siamo a Calzadilla”. Al primo avrei
buttato una pietra tra i raggi della ruota anteriore, il
secondo mi lascia un senso di speranza... Entrambi,
però, al contrario di quel che usa tra i Pellegrini a piedi,
si sono ben guardati dall’offrirmi dell’acqua o, almeno,
dal chiedermi se avessi bisogno di qualcosa...
Proseguo strenuamente. Ripenso più volte alla ragazza
coreana che avevo visto con Maria Sun. Mi ripeto più
volte che se ce l’ha fatta lei, dovrò farcela anche io.
L’ultima volta che li ho sentiti, Alfredo e Michela mi
hanno detto che la cittadina è segnalata da un campanile
del cimitero, che è il primo edificio che si vede. Più vado
avanti, più non vedo nulla, solo il solito albero dalla
distanza indefinibile. Ad un certo punto inizio ad incespicare e per quanto cerchi di camminare dritto non ci
riesco più. Le mie forze vanno esaurendosi. Rischio più
volte di cadere, con lo zaino che mi balla imbizzarrito
sulla schiena. Sono almeno dodici ore che cammino.
Allo stremo delle forze vedo comparire una strana
vegetazione, come rossastra, che sembra in movimento
verso di me. Sgrano gli occhi. Sono i capelli di Maria
Cristina che mi viene incontro sorridente. Erano tutti
preoccupati e lei si è offerta di venirmi a cercare. La
abbraccio. Mi viene da piangere. Siamo quasi arrivati,
mi rassicura. Insiste per portarmi lo zaino. Io rifiuto.
L’incubo, per quel giorno, è quasi finito.
Arrivo davanti ad un complesso di costruzioni. La hall
sembra progettata negli anni settanta; l’edificio dove
veniamo messi a dormire invece è una vecchia stalla
dal quale è stato ricavato l’alberge. All’arrivo, vedo
legati i soliti due cavalli. Anche i nostri cavalieri, padre
e figlia, hanno trovato alloggio lì.
Dipinto sulla parete c’è un bellissimo murales in cui è
rappresentato un Pellegrino hippy, con chitarra, seduto
su uno sfondo blu cielo. Lo circondano i simboli di
45
Le Voci dell’Avvocatura
tutte le religioni, monoteistiche e non e disegnato c’è
anche il Bambulè. È sincretismo Rasta.
piedi e sul punto di partire. Pier e Maria Cristina sono
già partiti. Mylan non si trova. Alfredo e Michela sono
scandalizzati da quanto ho potuto russare quella notte.
Thomas si è addirittura alzato per andare a dormire
altrove ma è finito in una camera dove un’altro russava
più di me. Alla fine è tornato. Anche i miei compagni
sono arrabbiati. Sono svegli e vogliono partire.
Andranno avanti. Ci ritroveremo a El Burgo Ranero a
trentasette chilometri e mezzo, tantissimi. Sono mortificato, ma non sono proprio in grado di controllare
quello che faccio di notte, dormendo. Visto che alcune
notti, come a Hontanas, nessuno si è lamentato, deve
esserci un motivo per cui alcune sere russo più forte.
Non fumando ormai da circa due settimane, speravo
che la situazione fosse migliorata, mi giustifico.
Un forte prurito sul braccio sinistro, inoltre, mi fa scoprire che la mia pelle, per il sudore e per gli acari dei
materassi lerci su cui dormo da giorni, si è riempito di
fastidiose bollicine. Anche quella notte, per via del lenzuolo che ho portato, troppo piccolo per me, mi ricordo di essermi svegliato con il corpo sul materassino a
terra nel dormiveglia seguito a quei confusi rumori.
Prendo una decisione. Per ragioni igieniche e nel
rispetto del mio e altrui sonno cercherò di prendere solo
stanze singole di albergo nel prosieguo, rinunciando, se
possibile, agli alberge. Chiedo ad Alfredo e Michela di
cercarmi una stanza, quindi, non un letto, quando arriveranno a destinazione.
Accendo il mio cellulare e scopro un sms di Sinead.
Alle tre di notte mi informava di essere davanti al
nostro alberge, pregandomi di andare ad aprire. Non mi
sono accorto di nulla e glielo dico con un sms di risposta. Quando scendo, con grande sforzo, a fare la doccia
prima di partire, sento dei rumori nel locale cucina.
Apro la porta e trovo Mylan accoccolato dentro ad un
sacco a pelo con Avril. Due le notizie positive: una
nuova passione, frutto insperato del mio russare; due,
qualcuno ha aperto a Sinead e al suo gruppo... Meno
male, non sono rimaste senza un tetto.
Prima di partire, faccio appena in tempo, complice
l’Hospitalera, a mangiare il latte, il caffè, il pane, il
burro e la marmellata destinati a quelli che hanno prenotato, che giacciono comodi nei loro letti.
Massimo, irriducibile, è l’unico che parte con me...
Attraversiamo Lédigos e Terradillos de Templarios,
due cittadine dimenticate da Dio. Nella prima cittadina,
L’alberge è stracolmo. I due ciclisti che mi hanno sorpassato sono stati rifiutati e ora si rifocillano prima di
ripartire. Ma chi è senza peccato...
Venendo infatti in contrasto alle regole del Cammino, i
giovanissimi Hospitaleri brasiliani che gestiscono l’alberge, hanno prenotato un’intera sala ad un gruppo di
Pellegrini che arriveranno in pullman quella sera.
Attendo qualche minuto le operazioni di registrazione e
nel frattempo mi guardo attorno. Arriva il pullman.
Scendono uomini e donne con abiti troppo puliti, per
essere quelli di un Pellegrino. C’è anche chi li serve
scaricando e sistemando pesanti borse con annessi
zaini, a questo punto meramente esornativi. Scendono
dal bus simulando stanchezza e insofferenza che davvero mi infastidisce.
Il Cammino è di tutti, cavalieri, ciclisti, pedoni.
L’autobus che ti segue tra tappe verso Santiago è un
mezzo non conforme. In quel momento rivendico il
diritto del Pellegrino e i due ciclisti mi fanno pena. Per
di più i nuovi arrivati, vedendoci polverosi e maleodoranti, non dimostrano comprensione, ma sembrano
infastiditi.
Meno male che scorgo una piscina alle spalle dell’alberge dove molti dei miei amici sono già con i piedi a
mollo. Vado nella camera assegnata per posare lo
zaino, prendere confidenza con il giaciglio e curarmi i
piedi. Ovunque sulle scarpe ci sono tracce di sangue,
filtrate attraverso i piccoli fori per l’aerazione del
piede. Ci sono enormi pezzi di pelle morta che mi pendono dai piedi che non riesco a togliere tanto sono
spesse. Bolle ovunque, ‘ampullas’.
Ad accogliermi ci sono ancora Alfredo e Michela che,
tra una battuta e l’altra in memoria del milanese, che
sembra sparito, riescono a farmi sorridere. Mi faccio
una doccia e quando riesco a scendere in piscina è già
ora della cena. Non mangerei, se non fosse che ho bisogno d’energia.
Maria Cristina, nella camera che ci è stata data, conosce Pier, un bell’uomo canadese, con il quale si nota
subito una certa sintonia. Di notte, mentre dormo, ad un
certo punto avverto movimenti nella camera. Mi riaddormento. Alla sveglia, trovo Diego e Thomas già in
46
Foro Romano
Le Voci dell’Avvocatura
mentre la sto attraversando, piomba – di nuovo! – il
pullman dei pellegrini domenicali di Calzadilla de la
Cueza, con gran fragore di cimbali. Tutti scendono,
come affaticati dalla levataccia, e si sgranchiscono le
gambe in faccia a noi che già camminiamo da quattro e
più chilometri, circa due ore. Allontanandomi faccio in
tempo a veder predisporre alcuni tavoli con vivande.
Evviva il pic-nic!
Dopo un chilometro, giunge alle mie spalle una delle
signore dell’autobus, credo, con sua figlia, preannunciate da un ticche-ticche di doppio bastone. Fanno la
camminata alla “svedese”.
la punì radendola al suolo, sterminando o riducendo in
schiavitù la sua popolazione. Nel medioevo era considerata la Cluny di Spagna, cioè una città di eccellenza
culturale. Oggi è una città senza carattere, nella quale
io e Massimo ci addentriamo parlando dei nostri rispettivi lavori. Passiamo davanti all’alberge cittadino dove
ci fermiamo per apporre un sello, il timbro, notando,
oltre all’immagine stilizzata di Santiago, i ben noti
cavalli parcheggiati all’esterno.
Davanti all’ingresso di quell’antico ed enorme palazzo
e incontriamo anche, per la terza volta, quello strano
prete francese che, non richiesto, ci dice di essere lì ad
attendere la sorella. Tant’è...
I due bastoni vengono posti davanti al corpo per supportare, con la forza delle braccia, le gambe e distribuire il peso dello zaino su schiena e anche.
Le due signore avanzano a busto eretto, mandando
avanti i bastoni che non toccano neanche a terra come
se sbattessero uova. La più grande di età indossa un
abitino da montagna bianco con sopra una magliettina
rosa pallido, tonalità ideali per un cammino polveroso.
Sulle spalle ha un piccolo divertente zaino con Hello
Kitty. Ha capelli neri raccolti in lunga, spessa treccia.
La più giovane è un suo clone. Differisce solo per il
colore della maglia. La sua è verde pallido.
Sono entrambe molto profumate e truccate in quella
landa deserta e assolata. Quando mi sorpassano, vista la
mia lentezza più che la mia velocità, sempre con il loro
incessante e nervoso ticche-ticche di rami sbattuti, la
prima mi guarda con aria compassionevole frammista
ad un pizzico di riprovazione e si produce in un:
“animo, animo! Ultreia!”, saluto intensificato, che si fa
scherzosamente a chi si pensa batta la fiacca.
Non riesco a trattenere un sonoro e immediato, “ma
vaffanculo!” che sgorga come canto libero dal cuore e
che la convince a procedere spedita sulla sua strada
senza più guardarmi.
La seconda cittadina, Terradillos de los Templarios, nel
nome, rammenta il dominio dei cavalieri Templari.
Della loro grandezza però lì non è rimasto nulla.
Superata, nel consueto deserto giallo e polveroso,
anche S. Nicolàs del Real Camino, nota solo come rifugio di Pellegrini e lebbrosi, dopo circa tre chilometri ci
lasciamo alle spalle la Provincia di Palencia.
La città seguente è Sahagùn che altro non è che l’antica Sagunto, ben nota per le numerose volte in cui Roma
Foro Romano
Ci fermiamo per fare un po’ di spesa. Mangio un panino enorme e dell’uva, tanta fresca uva. Compro due
litri d’acqua. La dura lezione del giorno precedente non
l’ho scordata. In uscita da Shagun passo sul Puente del
Canto, che supera il fiume dove l’Emiro Aigolando ha
combattuto l’esercito di Carlo Magno.
Fu, secondo la leggenda, uno scontro cruento. Alla fine
in quarantamila giacevano sul terreno, ma le lance cristiane conficcate in terra fiorirono.
Sulle sponde del fiume Diego, Thomas e un ragazzo di
origine slovena riposano al sole.
Io, che ormai sono lentissimo, non posso riposare e
scelgo di non prendere la variante antica per la
Calzada Romana, la via Traianea, che va direttamente
a Mansilla della Mulas, allungando di qualche chilometro. Traiano, che fu il primo Imperatore romano
proveniente dalla Provincia Iberica, sottomessa a
Roma, creando o ristrutturando vie preesistenti, rese
pregevole servizio, durante il suo impero, alla sua
terra d’origine che, a quel tempo, era la prima fornitrice di Roma per ferro e argento (le pietre che si
incontrano nel Cammino, da queste parti, sono argentate perché contengono tracce del nobile minerale).
Dalla sua terra aveva ricevuto l’Imperium grazie agli
eserciti spagnoli guidati fino all’acclamazione ad
Imperator. Accorgendosi però che l’argento spagnolo
per le monete non gli bastava, non diede corso legale
all’oro, come accadrà più tardi provocando una forte
spinta inflazionistica e finanziaria, ma grazie al suo
enormemente ingrandito esercito imperiale rese servi-
47
Le Voci dell’Avvocatura
gio a Roma, sottomettendo la Dacia, dalle ricche
miniere di argento, sterminando gli autoctoni e imponendo i costumi di Roma con l’incoraggiare lo stabilimento di coloni contadini-guerrieri romani in quella
regione che, da allora e per questo motivo, si chiamò
Romania.
Scelgo, anche per non perdere la compagnia di Michela
e Alfredo, di compiere gli ultimi diciotto chilometri
fino a El Burgo Ranero, la destinazione finale.
parrocchiale dove in tanti sembrano convergere,
Massimo decide di fermarsi nella cittadina di
Bercianos del Real Camino. Mi invita a rimanere. Io ci
penso un po’, davanti ad un caffè, ma alla fine proseguo, per tenere fede ai napoletani. Mancano a quel
punto otto chilometri. Alla mia velocità, tre ore e mezza
e più di Cammino.
Preannunciato da una telefonata ai miei amici, arrivo a El
Burgo Ranero all’ora di cena, sorpassato sulla strada da
Thomas e dallo slavo che pur si erano concessi una sosta.
Alfredo mi raggiunge all’arrivo. Mi ha trovato posto in
albergo cittadino. Ci sono anche Michela, Maria Cristina
e Piero, ormai a pieno titolo accolto nel gruppo. Non ho
parole, riesco solo a dire: “dov’è l’albergo?”. In seguito
Alfredo, al riguardo, mi dirà: “avevi una faccia talmente
brutta che non mi è sembrato il caso di contraddirti”.
Ceniamo tutti assieme dopo una doccia, uscito dalla
quale sbatto la testa come non accadeva da giorni.
La cittadina è piena di Pellegrini ma anche di giovani
madri a spasso con due o più figli, segno di una popolazione in crescita e in salute. L’aria è sempre molto
buona quando il caldo fa respirare. Vado a letto presto,
per rilassarmi e riprendermi.
Domani arriveremo nella grande città di Leon, ma non
prima di altri trentasette chilometri. Lì potrò riposare,
ma dovrò abbandonare il gruppo. Cosa che, in quel
momento, temo di più.
Superati i sobborghi di Sagunto, attraverso un viale che
costeggia camping e centri sportivi, il Cammino continua su uno sterrato al bordo di una grande strada. Ad
ogni incrocio tra la nostra e le strade che servono i vicini campi che incontriamo, è stata posta una croce.
Alcune sono disegnate come le croci templari, hanno
forma di una spada, dipinta di rosso, sulla sommità e un
basamento giallo ocra.
Altre invece, con la forma di piccole colonne decorate
sormontate da una semplice croce, sono bifronti.
Da una parte c’è il Cristo in croce, dall’altra
l’Assunzione di Maria. Il significato è quello
dell’Alpha e dell’Omega. Da un lato c’è il Divino che
si fa Umano, dall’altra l’Umano che si fa divino nel
consueto gioco di specchi. Questo tipo di croci domina
l’intera Provincia di Leòn.
Attratto dalla rinomata ospitalità fraterna di un rifugio
Segue...
48
Foro Romano
Attualità Forensi
I contrasti giurisprudenziali e la nomofilachia
C
Giovanni Cipollone
Avvocato del Foro di Roma
i occuperemo oggi di un argomento di particolare importanza, quale è quello relativo ai “contrasti di giurisprudenza e alla nomofilachia”,
che è stato oggetto di un convegno di studi che ha avuto
luogo a Roma in data 20 marzo 2014, in occasione del
IX Congresso per l’aggiornamento professionale.
Le relazioni di insigni giuristi che hanno partecipato ai
lavori sono state pubblicate su “Rassegna Forense”, la
rivista trimestrale del Consiglio Nazionale Forense, di
luglio-dicembre 2014.
Come è noto, il termine “nomofilachia”, deriva dal
greco e significa “osservanza delle leggi” o, forse
meglio, “custodia delle leggi”, tenuto altresì conto
delle eventuali discordanze tra la legge vigente e la
realtà della vita.
È un tema senz’altro affascinante che riguarda l’evoluzione del diritto nel tempo, i diversi indirizzi interpretativi, nell’intento di raggiungere la certezza del “diritto vivente”.
Un esempio lampante di contrasto giurisprudenziale è
fornito da alcune sentenze, pronunciate dalle Sezioni
Unite sia in ambito civilistico che penalistico.
Un grande giurista, Giovanni Fiandaca sosteneva la
“creatività ermeneutica del giudice penale” affermando
che “il re è nudo”. Ribadiva che “il giudice penale deve
sempre misurarsi con il dato ed il fatto da inquadrare in
poliedriche prospettive”.
È infatti il giudice che alla fine deve scegliere l’abito
più adatto a corredo della sua decisione finale.
È stato più volte sostenuto che la vera funzione del giudice è quella di attuare “il diritto penale applicato”.
Esiste cioè un momento creativo nell’interpretazione
giudiziale che può discostarsi dall’astratto principio
normativo previsto dalla legislazione originaria.
Anche il Calamandrei sosteneva che, al di là della
sacralità della norma, residuano, in capo al giudice,
margini di libertà ermeneutiche che possono arrecare
danno al raggiungimento della certezza del diritto.
Si appalesa pertanto la indispensabilità dell’intervento
della Corte di Cassazione e, alle volte della Corte
Foro Romano
Costituzionale per assicurare l’esatta osservanza e
l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del
diritto oggettivo nazionale.
Oltre ai numerosi studi in tale controversa materia, si
devono apprezzare le considerazioni del Procuratore
generale Gianfranco Ciani sul concetto di funzione
nomofilattica.
Sostiene l’illustre studioso che la “prima formula normativa (assicurare la ‘‘esatta osservanza della legge”)
ricalca appieno la filosofia illuminista del rapporto giuridico-legge. Quest’ultima ha un’oggettività di significato univoca e l’interprete (il giudice è chiamato solo
ad “estrarlo” da essa; prestando “osservanza” al testo
normativo). Per ciò stesso è assicurata la nomofiliachia, potendosi dalla norma ricavare solo univocamente un significato.
Dunque, se il giudice “osserva” la legge (nel duplice
senso: a) di prestare osservanza, sottomettendosi ad
essa; b) di scrutarne attentamente il suo senso letterale
e logico) non vi può essere problema di divergenza
interpretativa. Se l’osservazione della norma è “esatta”
– secondo l’ideale, ancora una volta, illuminista, di un
approccio geometrico dell’interprete – allora l’interpretazione garantisce la certezza giuridica, essendo uno ed
uno soltanto il risultato ermeneutico possibile e giustificato dalla logica. Il giudice ancora è sempre “bocca
della legge”.
La Cassazione interviene solo allorquando tale “osservanza” non è, appunto, “esatta”: e cioè frutto di una
presbiopia da parte del giudice, che non è attento nell’estrazione dell’univoco significato normativo e che
dunque non ha correttamente osservato il precetto.
Anche Cesare Beccaria, circa l’interpretazione della
legge, parlava di “costante e fissa voce della legge” e di
“errante instabilità dell’interpretazione”.
Aggiunge il Ciani che “Inoltre, si concentra in capo alla
Corte di Cassazione e l’attività di nomofilachia “delle
norme” ed esclusivamente di esse. L’uniformità non è
cioè funzionale alla “applicazione” delle norme, ma
semplicemente della loro “interpretazione”. Non essen49
Attualità Forensi
do un giudice di terza istanza, la Cassazione non può
occuparsi né di “applicazioni” eterodosse della norma,
ancorché correttamente interpretata dal giudice (perché
ciò significherebbe far risaltare il “caso concreto” e
dunque il fatto che vi sta alla base); né, tantomeno, di
prassi giudiziarie non corrette.
La “suprema” Corte fornisce solo un’interpretazione di
norme, riducendo la pluralità ad unità ed esigendo
l’adeguamento a tale “dictum” ermeneutico da parte
dei giudici: e ciò, nonostante l’attività nomofilattica
non si fondi sul valore vincolante del precedente, né la
giurisdizione conosca una sovraordinazione gerarchica
tra vertice di legittimità e giudici di merito.
Vanno ricordati nella evoluzione storica del diritto gli
sforzi profusi dai giuristi di ogni epoca per pervenire
alla unificazione delle fonti del diritto.
Nella antichità il re era fonte di produzione delle leggi.
Il sistema romano poi, nell’esempio delle conquiste
democratiche della civiltà greca, previde la molteplicità degli organi di produzione del diritto.
Vogliamo ricordare che nel medioevo in un editto carolingio si legge “Lex consensu populi et constitutione
regis fit” in quanto le norme volute dal re erano chiamate “capitula”, mentre quelle essenziali dell’assemblea erano “leges”.
Più recentemente si dette vita alla metafora dello specchio in cui si riflette la fenomenologia giuridica, soggetta all’interpretazione del giurista.
Con la scuola del Savigny: l’origine del diritto è nella
coscienza popolare. Del resto, Cicerone nel “De
Repubblica” aveva messo in risalto l’importanza del
“populus” quale “coetus multitudinis iuris cosensu et
utilitatis communione sociatus”.
Va inoltre ricordata l’evoluzione storica delle funzioni
attribuite alla Suprema Corte di Cassazione.
Nella seconda metà del 1800 esistevano le Corti di
Cassazione regionali. Il Regio Decreto 6 dicembre
1865, n. 2626, all’articolo 122 prevedeva che alla Corte
di Cassazione spettava semplicemente di assicurare la
“esatta osservanza delle leggi”.
Con il Regio Decreto del 31 gennaio 1941, n. 12, all’articolo 65 del nuovo testo dell’ordinamento giudiziario,
veniva stabilito che Compito della Corte di Cassazione
era quello di “assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge per conseguire l’unità
del diritto oggettivo nazionale.
Successivamente, agli inizi degli anni ’90, nella previsione di allargare le funzioni del giudice di legittimità e
probabilmente per il sovrapporsi delle leggi, alle volte
tra loro contrastanti, gli orizzonti decisionali della
Cassazione sono stati ampliati.
Alla Corte non ci si rivolge esclusivamente per enunciare un principio di diritto, bensì di “estrarre una serie
casistica, ottenuta per tipizzazione cui applicare quel
principio” (cfr. Gianfranco Ciani nel suo predetto intervento al IX Congresso per l’aggiornamento professionale, Roma 20 marzo 2014).
Con la nomofilachia, funzione istituzionale della Corte
di Cassazione, si dovrebbe raggiungere l’obiettivo
della certezza del diritto in ambito nazionale.
Ben altre problematiche sorgono in materia di armonica uniformità interpretativa per pervenire alla “reductio
ad unum”, in ambito di Comunità Europea, se si tengono presenti i parametri seguiti dalla giurisprudenza
delle Corti europee di Strasburgo e Lussemburgo, che
dovrebbero essere vincolanti per tutti i processi che
fanno parte della Comunità Europea.
Si tengano presenti, ad esempio, i temi relativi al giudicato penale e si considerino le soluzioni sovranazionali sui principi che afferiscono alla “ingiustizia del processo”.
Sono due mondi paralleli che ruotano in irriducibili
spazi di incertezza.
Al momento non è possibile prevedere il futuro ed individuare i cerchi concentrici in cui collocare la discrezionalità dei giudicanti, probabilmente nel rispetto di
schemi prestabiliti di sovranità limitata.
Nel prendere ora in esame gli aspetti interpretativi della
attuale normativa, relativa al codice deontologico
forense, che ha abrogato le precedenti disposizioni
legislative, tra cui la obbligatorietà delle tariffe minime
ed il ripristino della quota lite, equiparando la attività
forense a quella di un mercante (neppure qualificato),
si sono verificate situazioni inqualificabili ed episodi di
sconcertante denigrazione della attività professionale
da lasciare allibiti.
È ormai arcinota la notizia relativa ad una bancarella
posta avanti l’ingresso di un Tribunale di una città del
Nord Italia in cui un “collega” offriva al pubblico i suoi
servizi, mostrando due cartelli che indicavano i prezzi
molto contenuti delle sue prestazioni professionali.
Sotto l’aspetto disciplinare da molti si è posto il proble50
Foro Romano
Attualità Forensi
pop-up di alcun tipo”.
Non mancano attualmente attenti e severi conservatori,
appartenenti al recente passato, che stigmatizzano la
violazione deontologica meritevole di sanzione dell’intraprendente gestore della bancarella forense.
Fra gli addetti ai lavori, un vecchio consigliere ha ricordato una sentenza disciplinare risalente al 1973
(Consiglio Nazionale Forense 25 febbraio 1972, in
Rassegna Forense 1973, 512) che aveva sanzionato con
la censura un avvocato il quale aveva avuto l’ardire di
installare alla finestra del proprio studio due grandi
scritte con l’indicazione del suo studio legale.
Forse, dal punto di vista disciplinare, a prescindere da
qualsiasi altra valutazione circa la esatta fattispecie normativa da inquadrare e interpretare e al di fuori di convincenti schemi concettuali, bisogna tenere presente
l’art. 5 del vigente Codice Deontologico Forense che
così recita: “l’avvocato deve ispirare la propria condotta
all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro”.
ma se nel caso in esame si possa configurare un illecito per aver posto in essere un metodo di accaparramento di clientela non consentito o se si verta nella ipotesi
di concorrenza sleale.
Il nuovo Codice Deontologico Forense, in applicazione
del Decreto Legislativo 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248
negli articoli 17 e 17 bis ha dettato nuovi principi stabilendo che il contenuto e la forma dell’informazione
debbano essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, secondo criteri di trasparenza e veridicità, ricalcando in parte la vecchia
disciplina ma aggiungendo nuovi precetti specialmente
sulla modalità della informazione professionale.
Il nuovo articolo 17 bis, nell’adeguarsi alle moderne
tecnologie, ha anche previsto la utilizzazione dei siti
web però sottolineando nell’ultimo comma che “il sito
non può contenere riferimenticommerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o
Foro Romano
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Attualità Forensi
Caramelle dagli sconosciuti
T
Sara Fusi
Avvocato del Foro di Latina
utta l’infanzia mi sono sentita ripetere da mia
madre di non aprire la porta di casa e di non
accettare caramelle dagli sconosciuti. Mia
madre aveva la capacità di impiantarti i suoi ordini in
testa a una tale profondità che anni fa, cercando un
regalo di nozze per degli amici, mi sono resa conto che
giravo tra i cristalli esposti con le mani congiunte dietro la schiena (“mani dietro la schiena Sara! Se non tocchi nulla non rompi nulla!”).
Da praticante e i primi tempi da avvocato ho vissuto nel
bozzolo del grande studio, dove i clienti sono delle
entità abbastanza astratte (quasi sempre dirigenti di
società) che sai che esistono ma che solitamente non
vedi, o se li vedi è in quel bell’ambiente protetto della
mega sala riunioni con il tuo supercapo e altri come te.
Quando hai uno studio tuo, o quando lavori in uno studio non mega, devi invece imparare ad aprire la porta
agli sconosciuti e, anzi, doverlo fare è quasi una benedizione, perché quelle persone sono dei clienti, che alimentano la tua attività professionale.
Ti trovi così davanti a persone sotto enorme stress e che
spesso, soprattutto se ti occupi di penale, non sono esattamente degli stinchi di santo. Imputati in un processo
penale o meno, le persone che ti trovi davanti hanno un
problema e sono arrabbiate e frustrate per questo.
Vedono in te la persona che li può salvare ma, al tempo
stesso, una persona che guadagnerà grazie ai loro guai
e un po’ ti odieranno, perché aver bisogno del tuo aiuto
e dover pagare per averlo aumenta la loro frustrazione.
E qui mi pongo, per la milionesima volta, il solito interrogativo: perché l’italiano medio è disposto a lasciare
300 euro sul tavolo di un medico per una visita eseguita in modalità Gesù Cristo (cioè senza spostarsi dall’al-
tra parte della sua scrivania) ma gli prende una sincope
anche per la minima parcella preparata secondo i parametri fissati dalla legge?
Non lo sapremo mai, eppure ci dovremo combattere
sempre.
D’altro canto, come mi ripeteva il mio Dominus come
molti altri Avvocati di esperienza, “a volte il cliente è il
nostro peggiore nemico”.
Combattiamo contro le sue menzogne, con le verità che
saltano fuori in udienza all’improvviso; combattiamo
contro i suoi silenzi a fronte delle nostre richieste, trovandoci a depositare all’ultimo secondo utile un documento richiesto mesi prima e sollecitato mille volte;
combattiamo contro i suoi comportamenti scorretti, che
ci scoprono a contatto con persone cui non vorremmo e
dovremmo avere a che fare o che ci mettono in situazioni nelle quali non avremmo mai voluto trovarci;
combattiamo contro la sua inadempienza perché, sempre più spesso, non ci paga.
Il 2015 mi ha insegnato che il cliente può essere il
nostro peggiore nemico anche perché può spararci in
tribunale.
E allora ripenso agli insegnamenti di mia mamma e mi
domando: come ci difendiamo da tutto questo?
In parte è fondamentale il ruolo dei Consigli
dell’Ordine, che devono essere il punto di riferimento
quando abbiamo un dubbio o quando, abbandonato il
nido del Dominus, ci troviamo a volare nella tempesta
con delle ali che ancora non hanno perso completamente il primo piumaggio.
In parte, però, non possiamo difenderci, perché saremo
sempre costretti ad aprire la porta agli sconosciuti, sperando e pregando che le caramelle non siano avvelenate.
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Foro Romano
Attualità Forensi
Sono un Avvocato
S
Sara Fusi
Avvocato del Foro di Latina
ono quello da cui vieni quando sei nei guai,
quando sei arrabbiato, quando hai un problema e
non sai dove sbattere la testa.
Sono quello che per andare a lavoro ogni giorno paga:
l’affitto, le bollette, la macchina, la segretaria, la carta,
le marche da bollo, il caffè per stare svegli a studiare.
Sono quello che ti apre la porta di studio quando non ne
puoi più del tuo matrimonio, quando lui/lei ti ha lasciato, quando ti pignorano casa, quando non paghi i tuoi
debiti e quando i tuoi debitori non pagano te.
Sono quello che ti fa uscire da studio anche se non hai
versato quanto dovuto, mentre nemmeno al discount ti
fanno portare via un litro di latte senza averlo pagato.
Sono quello che quando gli sparano alle spalle in un tribunale, in una mattina di inizio primavera, lo pensano
solo gli altri Avvocati, perché sono tutti preoccupati del
magistrato e delle misure di sicurezza.
Sono quello che viene svegliato alle tre del mattino perché ti sei fatto fermare in stato di ebbrezza, che salta la
comunione del nipotino perché ti hanno fissato l’interrogatorio il sabato mattina, che non vede il saggio di danza
della figlia perché la tua udienza finisce alle dieci di sera.
Sono un Avvocato, forse lo sono sempre stato, anche prima
di cominciare a esercitare, e sicuramente lo sarò tutta la
vita, anche quando non metterò più piede in tribunale.
Sono quello che sta dalla tua parte quando gli altri ti
vorrebbero linciare, che ascolta le tue cazzate quando
nemmeno tua madre ne vuole più sapere di te.
Sono un Avvocato, e prima di usare questa parola senza
sapere quanta sostanza c’è dentro, quanta fatica e passione c’è dietro, ecco prima di usare questa parola devi
pensare.
Sono quello che per fare il suo lavoro ha studiato tanti
anni, poi ha fatto una pratica faticosa e spesso gratuita,
e dopo di nuovo l’esame, la gavetta, l’incertezza, la
paura, la responsabilità e l’aggiornamento continuo.
Foro Romano
Poi magari taci che è meglio.
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Formazione continua
Convegni organizzati dall’Ordine degli Avvocati
06.07 – Il DDL ‘Madia’ - Novità in arrivo in materia di
organizzazione della P.A., procedimento amministrativo, società pubbliche e servizi pubblici
22.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (VIII giornata)
07.07 – Minori e uso di internet: opportunità o rischio?
“Connetti anche la testa!” - Il progetto dell’Ordine
degli Avvocati di Roma nei Licei romani
23.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (IX giornata)
07.07 – I grandi processi della storia - Alcibiade e Clodio
24.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (X giornata)
13.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (I giornata)
08.09 – III Convegno del Comitato Cina Europa China Law Society - Ripristinando la Strada della Seta
(giuridica ed economica) (I giornata)
14.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (II giornata)
09.09 – III Convegno del Comitato Cina Europa China Law Society - Ripristinando la Strada della Seta
(giuridica ed economica) (II giornata)
14.07 – RC Auto e DDL Concorrenza. Bilanciamento
tra la tutela dei diritti e l’economia - Tavola Rotonda
17.09 – Ultime novità sui procedimenti di ADR
15.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (III giornata)
17.09 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (I giornata)
15.07 – La Voluntary Disclosure e il nuovo reato di
autoriciclaggio
23.09 – Corso di formazione per tutori (I giornata)
24.09 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (II giornata)
16.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (IV giornata)
29.09 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del
D.Lgs. 231/01 (I giornata)
17.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (V giornata)
30.09 – Corso di formazione per tutori (II giornata)
05.10 – Corso di formazione per tutori (III giornata)
20.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (VI giornata)
06.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del
D.Lgs. 231/01 (II giornata)
06.10 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(I giornata)
21.07 – Riregolazione dei rapporti di lavoro e del processo in Italia: dalle radici del Diritto Romano
all’Ordinamento (VII giornata)
54
Foro Romano
Formazione continua
08.10 – Le recenti riforme in materia di fisco e giustizia: riflessi sulla professione
D.Lgs. 231/01 (IV giornata)
28.10 – La responsabilità da reato degli Enti ex Decreto
Legislativo 231/2001 - Indicazioni operative - La redazione dei modelli organizzativi - Il funzionamento
dell’Organismo di Vigilanza
12.10 – Corso di formazione per tutori (IV giornata)
13.10 – Giustizia e sicurezza come volano per il rilancio del Paese
28.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (III giornata)
13.10 – Fondi europei una risorsa per tutti: Avvocati e
clienti
02.11 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (IV giornata)
14.10 – Subordinazione e autonomia dopo il D.Lgs.
81/2015
05.11 – Incontri sui riflessi della L. 7 agosto 2015 n.
124 (Legge Madia) sulle regole dell’azione amministrativa – Luci e ombre della Riforma “Madia” (L. n.
124 del 2015)
15.10 – La Mediazione: tra libertà di forma e vincoli
deontologici
15.10 – La giustizia nel calcio: FIFA e FIGC a confronto
05.11 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (V giornata)
16.10 – Locazione: la morosità sopravvenuta (Le sentenze c.c. 169/2015 e Cassazione c.c. SS.UU. nn.
18213/15 e 18214/15)
09.11 – Spazi visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film Un pesce di
nome Wanda (Un film commedia del 1988, diretto da
Charles Crichton)
19.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (I giornata)
09.11 – L’alleanza educativa fra scuola e famiglia: criticità e prospettive
20.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del
D.Lgs. 231/01 (III giornata)
10.11 – La difesa degli indifesi
20.10 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(II giornata)
10.11 – Conseguimento e mantenimento del titolo di
Avvocato specialista nella materia del diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori (D.M. 12
agosto 2015 n. 144)
21.10 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari (II giornata)
11.11 – Contratti infrasocietari per la gestione dei gruppi di imprese
23.10 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (IV giornata)
12.11 – Due percorsi per la soluzione rapida del conflitto: 1) stragiudiziale (adr) – 2) giudiziale (art. 185 bis
cpc e 702 bis cpc)
27.10 – La legge fallimentare. Novità di una riforma
non annunciata
27.10 – Il contributo unificato alla luce della decisione
della Corte di Giustizia 6 ottobre 2015
13.11 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (V giornata)
27.10 – Responsabilità da Reato degli Enti ai sensi del
Foro Romano
55
Formazione continua
16.11 – Le specializzazioni forensi: considerazioni “a
prima lettura”
25.11 – Ti amo da morire... Amore e possesso nelle
dinamiche nella violenza di genere. In occasione della
giornata internazionale contro la violenza sulle donne
17.11 – Verso la conferenza Nazionale
dell’Avvocatura: “Per un nuovo governo della
Giustizia”
25.11 – Il pubblico impiego privatizzato dopo la
Riforma Madia
17.11 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(III giornata)
25.11 – Omosessualità e Transessualismo nell’orizzonte giurisprudenziale
18.11 – Il nuovo codice deontologico e le funzioni del
C.D.D. La nuova regolamentazione per l’accesso alla
professione, la formazione e il titolo di Avvocato
Specialista
27.11 – Interpello e ruling internazionale: le recenti
novità della delega fiscale e il principio di collaborazione tra Stati
30.11 – Il diritto penale dell’ambiente. Responsabilità
amministrativa degli Enti ex D.Lgs. 231/2011
18.11 – Incontri sui riflessi della L. 7 agosto 2015 n.
124 (Legge Madia) sulle regole dell’azione amministrativa – Focus: i riflessi della L. n. 124 del 2015 sull’azione amministrativa
30.11 – Condominio: le ultime riforme legislative
30.11 – Spazi visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film ‘I pirati della
Silicon Valley’ (è un film del 1999 diretto da Martyn
Burke)
20.11 – La responsabilità giuridica delle guide e degli
istruttori nelle immersioni subacquee
20.11 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (VI giornata)
01.12 – Alimentazione, diete e percorsi dimagranti
sicuri. Riflessioni dopo l’Expo
23.11 – Pubblica Amministrazione e Giudice
Amministrativo alla luce della Legge n. 124 del 2015 Seminario di studio
01.12 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(V giornata)
23.11 – Spazi Visivi - Approfondimenti sociali del diritto - Appunti critici e giuridici dal film ‘Avvocato’ - Il
processo di Torino al Nucleo storico delle Brigate
Rosse - Un film del 2005 di Alessandro Melano e
Marina Bronzino
04.12 – Consenso informato, responsabilità professionale e tutela della privacy all’interno delle strutture
sanitarie. Profili ideologici e spunti di riflessione
10.12 – Incontro di formazione per i delegati alle vendite immobiliari
24.11 – Codice delle Assicurazioni dopo 10 anni dall’entrata in vigore. Luci ed ombre
11.12 – Responsabilità per danni da cose in custodia ex
art. 2051 c.c. anche nei confronti della Pubblica
Amministrazione
24.11 – Problemi dell’arbitrato con pluralità di parti
11.12 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (VII giornata)
24.11 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(IV giornata)
12.12 – Superare il conflitto familiare al di fuori delle aule
del Tribunale: mediazione e negoziazione a confronto
25.11 – Giornata mondiale contro la violenza sulla
donna
56
Foro Romano
Formazione continua
14.12 – La Mediazione: profili pratici e deontologici
16.12 – Locazione: l’esecuzione dello sfratto fra teoria
e prassi
14.12 – Italia-Cina: prospettive di investimento e tutela legale
16.12 – Il nuovo concordato preventivo e altro
15.12 – Giochi pubblici: quale futuro senza confini
certi del mercato legale?
18.12 – Corso di formazione integrato tra Avvocati e
Operatori del Servizio Sociale (VIII giornata)
15.12 – Corso di Diritto di Famiglia - Secondo livello
(VI giornata)
Foro Romano
21.12 – Ruolo e deontologia dell’Avvocato nell’era del
Processo Telematico
57
Aggiornamento Albo
a cura di Mauro Mazzoni
Alla data del 31 dicembre 2015:
Avvocati
16.747
Totale
24.910
Albo ordinario
22.701
Cassazionisti
8.163
di cui
888
Elenco Speciale
Avvocati stabiliti
1.060
Praticanti (dall’1/1/2006)
4.693
Totale
6.179
261
Professori
Abilitati
58
1.486
Foro Romano
Aggiornamento Albo
La grande Famiglia degli Avvocati romani
Nel corso del secondo semestre del 2015, hanno prestato Giuramento 425 Avvocati. Questi i nominativi:
Adunanza del 9 luglio
Massimiliano BRACCI
Gaetano BRIGUGLIO
Elisa BRUNELLI
Stefano CARNEVALI
Gianni CECILIA
Margherita CIRILLO
Solange CIVICO
Stefano CONTI
Vincenzo CURIA
Claudia D’ALESSIO
Fabio DAMIANI PALUMBO
Clara DATTI
Claudia DE SANTIS
Belkis ESPINAL CEBALLOS
Micaela Patrizia FANELLI
Claudio FELICETTI
Simone FIORESE
Alessandra FRANZIN
Valentina GAROFANI
Eleonora GIORGETTI
Gabriele GIUSTI
Massimo JERVOLINO
Daniela LEZZERINI
Chiara LETIZIA
Monica MACRO
Giuseppe MAROTTOLI
Marco MARTINO
Giuseppina MICELI
Alessandro MOGGI
Alessandro MONZIO COMPAGNONI
Eleonora MUSCI
Silvia ONOFRI
Enrico Maria RINALDI
Francesco RIPANDELLI
Chiara RIVERUZZI
Cristina ROMITI
Alessia ROSATI
Oscar ROSSI
David SANCHEZ QUINTOS
Francesca SEGARELLI
Francesca SORRENTI
Foro Romano
Maurizia SQUINTU
Lina STACHEZZINI
Francesco VIVIANI
Adunanza del 23 luglio
Laura BATTAGLIA
Francesca BRICCOLI
Lucia BRUNI
Andrea CASTELLANI
Alessandro CORPOLONGO
Giulia DAL CO
Maria Valentina DI FAZIO
Ermanno EREDDIA
Pierpaolo FATIGA
Maria Pia FLORE
Donatella GIORDANO
Rosa GIORDANO
Paolo GIOVANELLI
Giacinta GRAZIOSI
Marco LAURICELLA
Marta LONGO
Valentina MASSARA
Giovanni MAURI
Claudio MAZZA
Maria Pia MAZZOCCO
Isabella MERLO
Daniela MOGGI
Giuseppe MORREALE
Giordano MOSCATELLI
Salvatore PEDICINI
Raffaella PIAGGESI
Giorgia TRIPOLI
Marco VULTERINI
Adunanza del 17 settembre
Miriam ALIQUÒ
Lorenzo ALLEGRUCCI
Adelaide ANGELELLI
Arianna ANGELUCCI
Marco ANTONUCCI
Aldo BELLOMO
Valeria BICCHI
59
Aggiornamento Albo
Claudia CALUORI
Sarah CAPELLA
Valentina CARMINUCCI
Federico CASTORINA
Susan Jane CLEMENTS
Priscilla CONTI
Simona CONTI
Maria Sole CONTINIELLO
Alessandro COPPOLA SURIANI
Francesca CRIBARI
Marta CUBISINO
Carmela D’ALESSANDRO
Ludovica D’APRILE
Roberto DIMITRIO
Paola DISTANTE
Alessandra FABBRINI
Matteo FERRANTE
Roberto FERRARESI
Mario FIUMARELLA,
Filippo FOLLATELLO
Oscar GRANATIERO
Maria Jesus JUAN PARRA
Nicola LA TRIGLIA
Francesca MARCACCI
Donatella MECCA
Domenico MUSSO
Raffaele MUZIO
Alessia NEBBIOSO
Giordano NOCCHI
Elisabetta OLIVERI
Silvia ORNELLO
Cristiano Maria PACIFICI
Manuela PETRONSI
Federica PICA
Caterina PISTOIA
Roberta PERRELLA
Sara REVERSO
Antonia QUATTROMINI
Edoardo ROMANI
Massimiliano ROMANI
Nazime RUSHITAJ
Eugenio SANTAGATA
Maria SAVARESE
Teresa SERGI
Giovanni SERINELLI
Gisella SEVARDI
Andrea SILVESTRI
Claudia SPERANDII
Ilaria STABILE
Mattia TALLERICO
Fabrizio TROTTA
Maria Elena VALANZANO
Federica VALENTE
Francesca ZACCHIA
Adunanza dell’8 ottobre
Luisa ACCIARI
Margherita AMITRANO ZINGALE
Francesco BERNARDINI
Silvia CALEFFI
Silvia CANNISTRÀ
Alessandro CAPONI
Martina CARSETTI
Ilaria CARTIGIANO
Elisa CASCINU
Lidia Maria Grazia CATENA
Gloria CECCARELLI
Fabiana CESARETTI
Pamela Lidia CHIELLO
Lorenzo Maria CIOCCOLINI
Flavio CIOTTI
Cecilia COGGIATTI
Carmelo CONTENTE
Matteo CORBÒ
Davide CORTELLESI
Flaminia COTONE
Simona CRISTOFORI
Dino CRIVELLARI
Luca D’AMORE
Lorenzo Saverio D’ATTILIA
Antonio DE LUCIA
Rocco DE NICOLA
Ottavio DE STEFANI
Cristina DE VITO
Giuseppe DEIANA
Valentina DELLE PIANE
Goffredo DI NOTA
Sabrina DUIELLA
Manuel FALLARINO
Alice FERRARI
Francesco FERRI
Valerio GIAMBUSSO
60
Foro Romano
Aggiornamento Albo
Antonio Pasquale GRASSANO
Tomaso Giuseppe G.N. GRECO
Claudio GRISOGONI
Massimo GUIDI
Maria Lilia LA PORTA
Jacopo LIBERTINI
Eleonora LISOTTI
Elisa LOCATELLI
Salvatore LOMBARDO
Giada LOPPO
Francesca LOTTA
Maria Teresa LUCIBELLO
Roberta LUGARÀ
Giulia MARIUZ
Carmelo Lorenzo MAZZEO
Flavia MELILLO
Carmine Antonio Andrea PERRONE
Monica PIERONI
Stefano SANTORI
Giandomenico SCOLARO
Enrico SIMONCINI
Francesca ZINZI
Nicolò GIACCAGLIA
Fabrizio GIORGINI
Ilaria GRAMACCIONI
Martina GRIMALDI
Giuseppe IMBROGNO
Andrea INDINO
Simona INTINI
Gianlorenzo IOANNIDES
Marco ISCERI
Luca LANZI
Mario LEDDA
Marina LEONE
Antonello LIARDI
Virginia LOMBARDI
Sara LUCIA
Fabio LUONGO
Francesco MAGNI
Silvia MAISANO
Francesca MANCINELLI
Cristiana MARCHETTI
Gillian MARCONI
Gioia MARIANI
Marco MARIANI
Maria Teresa MARZANO
Valeria MAURO
Alessandro MERCANTI
Federico Maria MERCURI
Michela MERELLA
Marianna MERIANI
Francesca MIGLIAZZO
Francesco MILO
Pasquale MOSELLA
Roberto MURONI
Chiara NUZZO
Silvia OTTAVIANI
Daniele PACIONI
Giovanni PALMIERI
Chiara PALOMBI
Gloria PANACCIONE
Francisca PANSONI
Daria PARAVANO
Ludovica PAROLETTI
Francesco PASTORELLO
Luisa PECORARO
Olivia PELO
Paolo PEPE
Adunanza del 29 ottobre
Marco AFELTRA
Valerio ARMANDOLA
Marco BELLUCCI
Paola BEVERE
Giovanni Paolo BOSSI
Riccardo BUCCI
Maria Rosaria CAMARDI
Alviana CANULLI
Antonio CASTUCCI
Francesco CAVALCANTI
Francesca CERNUTO
Celeste CHIARIELLO
Alessio CICCHINELLI
Maddalena DE ANGELIS
Sonia DE BIASE
Fabiola DE FABIANI
Gabriele DI TRAPANI
Cecilia FAZIO
Chiara FERRARESI
Michele FERRARI
Eleonora FRANCO
Giorgia GEMINI
Foro Romano
61
Aggiornamento Albo
Federica PIRAINO
Manuela PISTOLESE
Marianna PISTOLESE
Claudia PRIORESCHI
Marzia PROIETTI
Luigi QUARATINO
Annalisa RIGHINI
Anna RINALDI
Alfeo RIZZELLI
Alessandra ROSSI
Vincenzo SALVATI
Giulia SANGERMANO
Enrica SCARANTINO
Eleonora SCHNEIDER
Massimiliano Luigi SCIALLA
Laura SDRUBOLINI
Inyoung SHIN
Valentina SICILIANI
Linda SICILIANO
Luca SPORTELLI
Andrea STRAFACI
Mariafrancesca TARANTINO
Danilo TIGLIO
Vincenza VALENTE
Daniela VITALE
Fabrizio ZENOBIO
Chiara DI GIGLIO
Maria Paola DIAMANTI
Marilena FIORAVANTI
Carlotta Guglielmina O. FRATTARI
Francesco GIGLIONI
Elena GIORGI
Lavinia LUCARONI
Eleonora MASINI
Anna NATALE
Daniele PITROLO
Duccio POGGIANTI
Enrico PROVENZANO
Artemisia RICCIO
Fabio RINALDI
Vittoria Elvira SARDELLA
Andrea STABILE
Lorenzo STIPA
Andrea TUNTURRO
Giorgio VALENTINI
Adunanza del 3 dicembre
Carlo Alexios Neokli BARONE
Pasquale Francesco BATTAGLIA
Leopoldo BENEDUCE
Giulia BOLDI
Eduardo BRANDI
Valerio CRESCENZI
Daniela CANDELORO
Marco DELLA CROCE
Carmine DI MAMBRO
Anna FAVA
Giulio FIORAVANTI
Michele FLORIO
Alfredo FRATESCHI
Barbara FUBELLI
Luca GASPERINI
Paolo GASPERINI
Paola GIANNONE
Sara GRECO
Chiara MACCARI
Martina MARMO
Andrea PAGANO
Luciana PICILLO
Daniele POMPEI
Lorenzo PADULO
Federico PALUMBO
Adunanza del 19 novembre
Giovanni ACIERNO
Benedetta AMBROSIO
Claudia AURNIA
Martina BARTOLOCCI
Francesca BIANCHINI
Enrico BIZZARRI
Maria Stella BONOMI
Francesca BRUNETTI
Carlo CACCETTA
Claudia CAPECELATRO
Michele CARELLI
Marta CAVALLO
Federica CHIAPPETTA
Valerio CIARROCCA
Fabiana CIAVARELLA
Cristina CORRIERO
Daniela CORSETTI
Francesca D’EMILIA
62
Foro Romano
Aggiornamento Albo
Giulia PIERINI
Maria Letizia PLATANIA
Letizia PROSPERO
Maria Rosaria RASPANTI
Giacinta RUSPOLI
Roberta SCARINCI
Luigi SECCIA
Barbara TOZZOLI
Giulia TREPIEDI
Marta Giulia VILLANI
Renato NIGRO
Caterina PISTOCCHI
Alessandra PRINCI
Pierfrancesco QUADRI
Marika RAGNI
Federica RIZZO
Guido SALVI
Dora Paola SPOSATO
Edoardo TOSCANI
Domenico VOZZA
Adunanza del 10 dicembre
Eugenia ALVISI
Laura BIELLI
Valeria BORDI
Giuseppe CARLOMAGNO
Valentina CASERTA
Doriana CAUCCI
Benedetto CESARINI
Maria Elena DI CARA
Benedetta DI NOTO
Laura DIONISI
Luigi DONATO
Alessio ELIA
Ludovica Wanda Rita M. FUOCHI
Nicola GALIZIA
Lucia GALLO
Alfonso GAMBARDELLA
Letizia GIANNI
Gianfranco GIORGIO
Teresa GRATTERI
Eleonora GRECO
Alessio IODICE
Alessandro LADELFA
Francesca MAZZILLI
Marco MERCURI
Marco MIRAGLIA
Edoardo MOLINARI
Caterina MORO
Alessandro MUSCIA
Matteo NENZI
Foro Romano
Adunanza del 17 dicembre
Riccardo ARCERI
Edoardo CAMPO
Manuela CARUCCI
Davide DI FRANCESCO
Anna GARRITANO
Elisa GUARDIANI
Laura LATINO
Luca MANNINO
Francesca Romana MARCHIONI
Maria Francesca MEOMARTINI
Lucilla MUSU
Federico NARDI
Rossana Maria OFFEDDU
Sibilla OTTONI
Martina PIANCONE
Francesca RENZI
Valentina ROMOLI
Camilla ROSSI
Paolo ROSSI
Maria RUSSO
Maria Rosaria SCIGLIANO
Andrea SPAGNOLI
Sarah SUPINO
Davide Tommaso TECCI
Luca VETTORI
Benedetta VOLTAGGIO
Gabriele VOLTAGGIO
Claudia ZACCHIA
Anastasia ZANDRI
63
Aggiornamento Albo
Di seguito l’elenco dei 27 colleghi che ci hanno lasciato nel secondo semestre 2015:
Luglio
Giovanni DELLA PORTA – 01/09/1932 – Roma
Andrea FRATTO – 19/08/1948 – Roma
Michele GIORDANO – 14/03/1918 – Perdifumo
Daniele TOSCA – 30/04/1977 – Castel San Giovanni
Antonio TURCHETTO – 26/09/1921 – Latisana
Carlo NERI – 27/06/1937 – Rimini
Alessandra SANSONETTI – 09/11/1958 – Roma
Ottobre
Costantino CUTOLO – 18/12/1974 – Vico Equense
Giacomo MEREU – 18/12/1921 – Cagliari
Agosto
Donato BRUNO – 26/11/1948 – Noci
Valentino CALANDRELLI – 16/07/1946 – Stimigliano
Marco CAVALIERE – 02/03/1958 – Roma
Carmine CUOMO – 16/03/1943 – Vibo Valentia
Gianrico PITTALUGA – 12/09/1921 – Roma
Adriano VISENTIN – 14/07/1936 – Roma
Novembre
Francescantonio BORELLO – 05/03/1967 – Catanzaro
Franco DELL’ERBA – 04/05/1937 – Monteroni
Paolo FANINI – 23/06/1950 – Ascoli Piceno
Camillo LORIEDO – 02/01/1946 – Roma
Alessandro MICHENZI – 10/02/1966 – Roma
Dicembre
Luigi CHESSA – 05/03/1964 – Roma
Angelo CORSI – 05/08/1917 – Grottaferrata
Mario LANA – 26/10/1931 – Firenze
Giovanni LOPEZ – 28/11/1934 – Gravina Di Puglia
Settembre
Massimo BARONI – 29/12/1934 – Roma
Giuseppe GIDARO – 05/11/1963 – S. Andrea Ap. Jonio
Paolo LUCERI – 21/08/1949 – Roma
64
Foro Romano