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DATA: 30.04.2004 HANNOSCRITTO DI RUTH BERSCHENS E BERND ZIESEMER PUNTI DI VISTA “L’EUROPA NON PARLERÀ SEMPRE A UNA SOLA VOCE” Gerhard Schröder su opportunità, rischi ed effetti collaterali dell’allargamento UE Costituzione dovesse fallire successivamente, in occasione della ratifica? Questa è una previsione puramente teorica e non intendo discuterne. In questa rubrica proponiamo gli articoli più significativi della stampa italiana e internazionale sui temi dell’Unione Europea. L’Allargamento è l’argomento principe di questo primo numero Signor Cancelliere, l’Europa non è mai stata in pace e unita come oggi, ma la soddisfazione suscitata da questa situazione è limitata. Come mai la popolazione ha una tale reazione di scetticismo rispetto all’allargamento UE? Non ho questa impressione, anche se lamentarsi con alte grida succede occasionalmente anche in Germania – non solo per “l’incognita” Europa, ma anche agganciando il concetto alla situazione economica del nostro Paese. Perché la Costituzione favorirebbe un maggiore avvicinamento fra la UE e la popolazione? Perché contiene il seguente concetto: ciò che può essere disciplinato all’interno degli Stati membri non deve essere disciplinato a Bruxelles. Questo vale, ad esempio, per il settore della cultura. Ma in altri campi abbiamo bisogno di norme europee, ad esempio in materia di politica fiscale, con un corridoio per i coefficienti fiscali per le imprese. Ma almeno la classe politica è contenta dell’unificazione storica dell’Europa? Neanche la classe politica comprende appieno la dimensione storica dell’allargamento. Ricordiamoci dell’Europa di 60 anni fa: allora era in corso la guerra più sanguinosa della storia europea, con oltre 50 milioni di morti. L’adesione dei dieci Stati dell’Europa centrale, orientale e settentrionale ci offre l’opportunità storica che una tale situazione non accada mai più. Ma si tratta di un’opportunità la cui percezione, da noi, è insufficiente. E invece discutiamo di termini transitori per la libera circolazione dei lavoratori e per il trasferimento delle aziende nei nuovi Stati UE. Lei dichiara guerra al dumping fiscale? Non si può assolutamente parlare di guerra. Ma ai miei colleghi nei nuovi Stati membri devo dire con chiarezza: alla lunga, con tasse e salari estremamente bassi non sarà possibile realizzare un’infrastruttura adatta alle esigenze degli investitori. Se i nuovi arrivati tengono basse le loro tasse e si fanno finanziare l’infrastruttura dalla UE, a mio parere una discussione è necessaria. Secondo Lei questi non sono argomenti importanti? Certo che lo sono, ma l’importanza storica dell’allargamento UE è di gran lunga superiore. Questa prassi esisteva già nella vecchia UE, ad esempio in Irlanda Fino a che tale prassi si limitava a un solo Paese, potevamo anche accettarla. Ma se viene adottata da diversi Paesi diventa un problema. I nuovi Stati UE hanno consigliato alla Germania una maggiore disciplina in termini di gestione. Cosa ne pensa? Le ricordo che noi finanziamo il 22% della Importante per l’allargamento è soprattut- gestione UE. to la Costituzione UE. Sarà decisa durante la riunione al vertice in giugno? Come intende ottenere una decisione unaSchröder: Penso sia possibile. Il presiden- nime UE almeno per quanto riguarda la te del Consiglio spagnolo, Zapatero, mi ha tassazione delle imprese? assicurato che il suo Paese, in caso di A breve termine è impossibile. Chi suscita votazioni del Consiglio europeo, può l’impressione – come parte dei sindacati e sopravvivere con la doppia maggioranza. della CSU – che dalla sera alla mattina Sono quindi fiducioso che in giugno rag- potremmo introdurre un limite inferiore giungeremo un accordo. per la tassazione delle imprese, non fa Cosa significherebbe per la UE se la altro che del puro populismo. ➔ 100 DATA: 30.04.2004 HANNOSCRITTO DI RUTH BERSCHENS E BERND ZIESEMER In effetti i nuovi Stati UE non collaboreranno. Non saranno solo i nuovi Stati UE a opporre resistenza, ma anche la Gran Bretagna. Per questa ragione dobbiamo rinunciare all’unanimità in materia di politica fiscale. Presumo che le possibilità in tale direzione siano piuttosto scarse. Staremo a vedere. In ambito UE abbiamo già armonizzato l’IVA e l’imposta sui consumi. Dal punto di vista economico ritengo opportuno farlo anche per l’imposta sul reddito e l’imposta sulle società. Se ciò dovesse fallire a causa del veto di singoli Stati membri, lo faremo con gli Stati che sono favorevoli. Un’Europa a due velocità in materia di politica fiscale? La Costituzione UE ci consente una più approfondita collaborazione con gli Stati favorevoli. Potremmo applicarla alla politica fiscale. Vogliamo la concorrenza fiscale, ma dobbiamo evitare il dumping. Adesso metterà sotto pressione i Paesi nuovi arrivati? No. La Germania non metterà sotto pressione nessuno. Ma diremo chiaramente che le nostre risorse sono limitate. È quello che stiamo facendo proprio adesso nel dibattito sulle previsioni finanziarie UE. Le spese UE devono essere limitate all’uno per cento del prodotto interno lordo europeo. Vuole mettere un coperchio alle spese, ma non risparmiare nel caso di voci importanti come la politica agraria. Ovviamente qui avremmo potuto sperare di più. Ma in politica agraria siamo andati avanti per quanto era possibile senza recare danno all’idea europea. Per tradizione in Francia l’agricoltura gode di una posizione importante. Noi abbiamo molti riguardi per la Francia, ma non è necessariamente vero il contrario. Mi faccia un esempio. La Francia ha affermato che Sanofi può acquistare Aventis. L’industria europea ha bisogno di aziende forti e Francia e Germania hanno un ruolo in tale contesto. La presidenza e il consiglio di vigilanza di Aventis hanno dato il loro consenso al passaggio di proprietà. Il Cancelliere tedesco non può e non vuole intervenire contro questa decisione. Ritiene quindi giusta l’interferenza dello Stato francese? Non so se vi sia stato qualcosa di simile. Il Presidente Chirac e io abbiamo concordato di comportarci in modo neutrale in tale questione. Che il ministro francese dell’economia parli con i gruppi interessati è normale. Sappiamo inoltre che in Francia, indipendentemente dal Governo, i concetti di politica economica sono più soggetti all’influenza dello Stato che in altri Paesi. Esistono speculazioni anche su altri matrimoni aziendali tedesco/francesi, ad esempio fra Siemens e Alstom. Questo è oggetto di discussioni tra Germania e Francia? Non faccio parte delle persone che diffondono dicerie. In genere ritengo opportuno che in Europa nascano attori importanti in grado, in un’economia globalizzata, di sostenere la concorrenza con le aziende americane e asiatiche. Quindi sono favorevole alle fusioni fra aziende tedesche e francesi, nella misura in cui sono opportune dal punto di vista dell’economia aziendale. Ma questo lo devono giudicare le aziende e gli azionisti. Il motore franco-tedesco è sempre stato la più importante forza trainante per l’unificazione europea. Adesso le cose saranno diverse? No. Lo stretto rapporto tra Germania e Francia in materia di economia, politica e cultura dovrà continuare a esistere, perché in caso contrario l’Europa non andrà avanti. La politica estera UE cambierà in seguito all’allargamento? Dobbiamo continuare a potenziare la ➔ 101 DATA: 30.04.2004 HANNOSCRITTO DI RUTH BERSCHENS E BERND ZIESEMER politica estera e quella della sicurezza della UE, nonostante i risultati siano imprevedibili. Nel corso di un lungo processo gli Stati membri UE dell’ovest, del nord e del sud hanno imparato a trasferire le competenze nazionali alle organizzazioni sovranazionali. I nuovi Stati hanno riconquistato la loro sovranità solo 15 anni fa. Quindi ritengo che lo strumento di una maggiore collaborazione sia opportuno anche in tema di politica estera e di sicurezza. Ma da questo non bisogna derivare alcun programma né farne un dogma. Bisogna fare il necessario quando è necessario ed essere aperti nei confronti di tutti coloro che vogliono partecipare a una maggiore collaborazione. Nella questione dell’Irak la maggioranza dei Paesi che recentemente hanno aderito alla UE si è comportata diversamente rispetto a molti vecchi Stati UE. Vede il rischio che ciò si ripeta? Un anno fa la signora Merkel ha detto di aver firmato la lettera degli otto, allora in favore della guerra in Irak. Come è noto, io ho assunto una posizione differente. Su tale evento, quindi, la Germania non si è espressa a una sola voce. Mi sembra che adesso anche nell’Unione si capisca che quella strada era sbagliata. Ci saranno sempre degli argomenti in cui l’Europa non potrà parlare a una sola voce. Il nostro compito consisterà nel fare in modo che l’Europa continui a essere capace di giungere a dei compromessi. 102 Gerhard Schröder ■ Critico: Gerhard Schröder ha sempre mantenuto una distanza critica nei confronti dell’Europa come esiste in realtà, con le sue leggi e i suoi decreti. Già nel dicembre del 1998, appena eletto, rimproverava a Bruxelles di “sciupare” i soldi buoni tedeschi. Anche negli anni successivi vi sono sempre stati dei punti d’attrito: la fallita – dal suo punto di vista – politica industriale UE, i tentativi di Bruxelles di ribaltare la legge VW e il diverbio sul deficit statale tedesco sono sempre stati argomenti simili a una miccia fra il Cancelliere e la Commissione. Le cose sono andate meglio nei rapporti bilaterali: con Tony Blair, premier britannico, Schröder redigeva un documento sul futuro della socialdemocrazia europea e durante la crisi irachena il presidente francese, Jacques Chirac, trovava nel Cancelliere un partner forte. ■ Favorevole: Per quanto riguarda l’allargamento a Est della UE inizialmente Schröder si dichiarava critico: “La possibilità di un avvicinamento pagato dai tedeschi non potrà più verificarsi in futuro”; così si esprimeva nel 1998, poco dopo la sua elezione. Ma dopo una serie di visite nei Paesi di recente adesione il Cancelliere diventava rapidamente favorevole a un allargamento UE in direzione dell’Est. Soprattutto la Polonia ha tratto vantaggio dall’attività lobbistica tedesca a Bruxelles. DATA: 29.04.2004 HANNOSCRITTO DI NICOLAS BAROTTE BAYROU INTERROGA JACQUES CHIRAC SULLA COSTITUZIONE E LA TURCHIA elezioni." Gli altri partiti sarebbero “imbarazzati” e vorrebbero privilegiare delle poste in gioco più nazionali. Infatti François Bayrou è a favore di una “politiPer lanciare la campagna dell’UDF per le ca di ricerca europea” e di una “politica elezioni europee, François Bayrou ha economica europea” in grado di lottare scelto di rivolgersi direttamente al presi- contro “le delocalizzazioni”. dente della Repubblica: “L’UDF chiede Il presidente dell’UDF ha peraltro presolennemente che, il giorno in cui sarà sentato i suoi capi lista nelle sette circoscritta, la Costituzione europea venga scrizioni metropolitane. Nella regione ratificata con un referendum – ha dichia- Sud-Ovest, i sostenitori del partito di rato ieri il presidente del partito di cen- centro hanno reclutato il presidente tro –. L’UDF condanna la decisione presa direttore generale di Radio France, Jeandi soppiatto di riconoscere alla Turchia la Marie Cavada, che si è appena dimesso. condizione di Paese candidato.” Due “Il mondo politico avrebbe torto se si rinargomenti sui quali Jacques Chirac ha chiudesse in sé stesso” ha spiegato dimostrato di essere sia molto prudente François Bayrou. (la ratifica della Costituzione) sia molto “Da venticinque anni speravo di terminaimpegnato (l’adesione della Turchia). re la mia carriera nelle istituzioni euro“Spero che il presidente della pee”, ha dichiarato Jean-Marie Cavada, Repubblica eliminerà qualsiasi ambigui- da tempo tentato dalla politica. Per giutà", ha aggiunto François Bayrou, mentre stificare il suo impegno europeo si è rifeJacques Chirac teneva oggi una confe- rito all’idea all’origine della costruzione renza stampa sull’Europa. europea: assicurare la “pace”. “Sono un Nella sua foga, François Bayrou ha anche figlio della guerra; non bisogna credere sottolineato la contraddizione tra la posi- che la guerra sia un’anticaglia”, ha spiezione del capo dello Stato e quella gato. Tuttavia non ha aderito all’UDF: dell’UMP, che si è dichiarata contro l’a- sarà apparentato solo nel caso di un’eledesione della Turchia all’Unione zione. Europea. “Il partito di governo dice no Ieri l’ex-giornalista ha attirato l’attenzione mentre il governo continua a dire si", ha della maggior parte dei media, eclissando ironizzato. Ma, a suo parere, la situazio- gli altri candidati, deputati uscenti, ma ne è insolubile: “Se il governo francese meno mediatici: Jean-Louis Bourlanges cambiasse atteggiamento, avrebbe preso (Nord), Jean-Thomas Nordmann (Est), il in giro il popolo turco e il suo governo.” generale Philippe Morillon (Ovest), Né l’UDF si oppone in minor misura Marielle de Sarnez (Ile-de-France), Janelly all’ingresso della Turchia nell’UE: “Non Fourtou (Centro), Thierry Cornillet (Sudbisogna costruire l’Europa su un’eteroge- Est). Il nome del candidato oltremare neità eccessiva", sostiene François non era ancora noto. Bayrou. L’ex candidato alle presidenziali Tenendo conto delle nuove circoscrizioni, si è poi riferito a Nicolas Sarkozy, ma queste elezioni saranno più difficili per senza nominarlo. “Se si vuole limitare il l’UDF. “La legge elettorale è assurda, ha budget europeo all’1% del Pil, significa dichiarato François Bayrou. È stata fatta che non si vuole l’Europa", ha dichiarato per nuocere a formazioni politiche come criticando la posizione del ministro delle la nostra”. Ma ha pronosticato che la finanze. Qualche settimana fa il governo stessa si rivolterà “contro i suoi autori”. I proponeva all’UDF dei “rapporti di part- rapporti fra UMP e UDF non sono tornati nership". François Bayrou sembra sem- migliori. pre preferire la sua “libertà di parola". Europeo per convinzione e per definizione, il partito di François Bayrou spera di “fare dell’Europa il soggetto di queste 103 DATA: 29.04.2004 HANNOSCRITTO DI ANNE FULDA EUROPA: CHIRAC VUOLE RASSICURARE I FRANCESI Ufficialmente si tratta di una conferenza stampa che deve essere soprattutto dedicata all’Europa, alla vigilia dell’ingresso di dieci nuovi Paesi nell’Unione Europea. Un evento giudicato storico all’Eliseo. Al punto che il capo dello Stato – che non dovrebbe annunciare la sua scelta sulla procedura di ratifica della Costituzione – ha deciso di riunire giornalisti francesi e stranieri nella sala delle feste del palazzo presidenziale per rispondere alle loro domande. La procedura è eccezionale. In effetti Jacques Chirac non apprezza questo tipo di esercizio. La prova? La sua ultima conferenza stampa all’Eliseo (se escludiamo gli incontri che tiene regolarmente con gli ospiti stranieri, ma durante i quali non risponde a domande di politica interna), risale all’aprile 1998. Allora il presidente della Repubblica aveva precisato che si trattava di “consacrarsi sostanzialmente alle questioni europee” ovviamente prioritarie alla vigilia del lancio dell’Euro e della ratifica del trattato di Amsterdam. Ora le questioni europee sono altrettanto importanti. E oggi il presidente della Repubblica non mancherà di sottolinearlo, pur impegnandosi a dare la sua visione dell’Europa nel momento in cui, oltre all’allargamento, due eventi si verificheranno nelle prossime settimane: le elezioni europee del 13 giugno, che consentiranno di eleggere un nuovo Parlamento europeo, e la riunione del Consiglio europeo i prossimi 17-18 giugno, che dovrebbe permettere un accordo sul progetto di Costituzione europea. Pur insistendo sui nuovi orizzonti aperti dall’ingresso di dieci nuovi Paesi in seno all’Unione Europea, Jacques Chirac dovrebbe dedicarsi a convincere i francesi dei benefici dell’Europa e incitarli a votare alle elezioni europee. Dovrebbe anche insistere sulla necessità, per gli eletti europei, di impegnarsi a tempo pieno e sottolineare che il Parlamento europeo è un’istituzione le cui decisioni hanno sempre più conseguenze sulla legislazione 104 nazionale, l’economia e il quadro sociale francese. Un modo di avvicinarsi alle questioni di politica interna, ormai strettamente legate alle questioni europee, e che il presidente potrebbe evocare questa mattina. Dopo l’intervento televisivo di Jacques Chirac, lo scorso 1° aprile, i problemi in seno alla maggioranza continuano a essere altrettanto numerosi e l’incomprensione e il malcontento sempre attuali. Perché il presidente della Repubblica ha tenuto un primo ministro con autorità ridotta dopo delle elezioni regionali catastrofiche? Perché ha fatto marcia indietro relativamente ad alcune riforme avviate dal governo Raffarin II? Cosa accadrà all’UMP? Mentre i sondaggi sulla coppia dell’esecutivo evidenziano una caduta, alcuni a destra non esitano più a esprimere a gran voce la loro perplessità o le loro attese. È il caso di Jean-Louis Debré, il presidente dell’Assemblea generale che lunedì, in un’intervista al Parisien, ha chiesto “maggiore chiarezza” alla politica governativa. È il caso di Valéry Giscard d’Estaing che martedì sera, su France 3, ha detto che la Francia ha bisogno di una “politica di risanamento” e ha interpretato l’insuccesso delle elezioni regionali come una sanzione della politica nazionale. È il caso, infine, di Christian Estrosi, vicino a Nicolas Sarkozy, che su Libération denuncia un “profondo malessere” nel gruppo UMP dell’Assemblea Nazionale. Jacques Chirac saprà rassicurarli? TRE PRECEDENTI DAL 1995 La prima conferenza stampa dell’era presidenziale Chirac ha luogo il 13 giugno 1995, poco più di un mese dopo la sua elezione, alla presenza dei giornalisti accreditati all’Eliseo. È seguita poco tempo dopo, il 14 luglio 1995, da una conferenza stampa che sostituisce l’intervista tradizionale. Tuttavia il ritmo rallenta rapidamente. È stato quindi necessario attendere il mese di aprile 1998 perché il capo dello Stato riunisse nuovamente la stampa al palazzo presidenziale per parlare delle questioni europee. DATA: 13.05.2004 HANNOSCRITTO DI GIULIANO AMATO L’UNITA’ EUROPEA INIZIERÀ IN CASA Ai parlamentari europei dovrebbe essere assegnato un nuovo ruolo. Possono rendere il processo decisionale europeo più democratico e responsabile. Una costituzione può essere scritta in modo perfetto. Ma se non trova un posto nei cuori e nelle menti delle persone non conquisterà la loro approvazione. Le costituzioni di alcune organizzazioni internazionali, quali le Nazioni Unite, la Nato o l’Organizzazione Mondiale del Commercio sono regolamenti diplomatici. Non hanno bisogno di far parte della coscienza civica. Il trattato costituzionale proposto per l’Unione Europea deve essere un regolamento dettagliato – perché la nostra comunità economica, i sindacati e le organizzazioni della società civile richiedono la precisione – ma deve anche sostenere una comunità o unione di 450 milioni di cittadini, le loro nazioni e il loro desiderio di viaggiare, commerciare e comunicare liberamente. È la ragione per cui dobbiamo trasferire la discussione costituzionale da come le istituzioni in Europa plasmano la nostra vita a come noi, in quanto cittadini, possiamo plasmare la vita dell’Europa. Dobbiamo essere onesti. In realtà, la discussione dell’Europa sul trattato costituzionale proposto non è ancora iniziata. I dibattiti appassionati e aperti in seno alla Convenzione che, l’anno scorso, hanno redatto il trattato hanno rappresentato un notevole esercizio di trasparenza democratica. Ma una volta che i capi di governo abbiano firmato il trattato, inizierà un lungo e difficile periodo di ratifica. Le istituzioni UE avranno voce in capitolo. Ben presto saranno costituiti un nuovo Parlamento europeo e una nuova Commissione europea, che difenderanno gli ideali europei e le proposte nella costituzione. Vari interessi legittimi e potenti gruppi di media tenteranno di influenzare l’opinione pubblica. Ma l’Europa non appartiene esclusivamente alle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo. Né appartiene a Rupert Murdoch o al Bild Zeitung tedesco. Ognuno dei 25 Stati membri UE già dispone di un’istituzione democratica vitale, convalidata dai suoi cittadini e da loro accettata come una legittima fonte di potere e autorità: la House of Commons a Londra, il Parlamento a Roma, il Sjem a Varsavia e tutti gli altri parlamenti nazionali. Ma finora i parlamenti nazionali sono stati il collegamento mancante in discussioni e deliberazioni di politica UE. Il Parlamento europeo, eletto da tutti i nostri cittadini, è il foro designato per i dibattiti europei e in cui viene preso un numero in costante aumento di decisioni europee. Ma non costituisce una denigrazione delle prerogative del Parlamento europeo dire che la rete dei parlamenti nazionali è altrettanto essenziale per formare il futuro dell’Europa. Man mano che l’UE tenta di creare una maggiore legittimità democratica per il suo sistema di sovranità comune e consente che un maggior numero di decisioni che influenzano la vita quotidiana siano prese a livello europeo, è ragionevole che i parlamenti nazionali affermino il loro diritto di essere più ampiamente coinvolti nello sviluppo dell’Unione. Nell’attuale bozza di testo della costituzione, un terzo dei parlamenti nazionali può chiedere alla Commissione di rivedere una proposta di legge UE. Ma lo stesso testo dice che la Commissione può attenersi alla sua proposta, rendendo nulle le obiezioni dei parlamenti nazionali. Un piccolo emendamento consentirebbe a due terzi dei parlamenti di rendere obbligatoria la revisione della proposta iniziale. In realtà, ovviamente, la Commissione, il Consiglio dei Ministri e il Parlamento europeo non emetteranno direttive atte a causare un oltraggio o un’offesa tali che un gruppo significativo e rappresentativo di parlamenti nazionali le respingerebbe. Tuttavia la nuova clausola rassicurerebbe i cittadini che i loro rispettivi parlamenti parteciperebbero ormai autorevol- ➔ 105 DATA: 13.05.2004 HANNOSCRITTO DI GIULIANO AMATO mente allo sviluppo del nostro destino europeo comune. Dovrebbe anche essere trovata una soluzione opportuna per consentire al Consiglio europeo di passare dall’unanimità a votazioni a maggioranza qualificata in determinate aree della costituzione. Nei 25 Stati membri UE esistono 6.328 membri eletti di camere basse. Insieme ai membri dei senati e delle camere alte come pure a membri del Parlamento europeo (e dovremmo aggiungere anche i parlamenti regionali), essi costituiscono il centro di gravità democratico nell’Europa moderna. Ai parlamentari nazionali dovrebbe essere assegnato un nuovo ruolo nel destino dell’Europa. Sono le persone che possono rendere il processo decisionale europeo più democratico e responsabile. Possiamo andare oltre. I parlamenti nazionali devono essere maggiormente coinvolti nelle discussioni delle proposte UE a Bruxelles prima che si trasformino in leggi. I membri del Parlamento europeo e i parlamentari nazionali dovrebbero collaborare nell’ambito di commissioni congiunte. I commissari europei dovrebbero visitare i parlamenti nazionali e riferire ai rispettivi comitati di esperti. I 25 parlamenti nazionali devono costituire una rete di dibattito per la politica europea. In breve, non soltanto dobbiamo modificare il linguaggio attuale della bozza di costituzione per concedere nuovi diritti ai parlamenti nazionali. Dobbiamo anche cambiare le procedure e prassi UE in modo che i parlamentari nazionali sentano di poter contribuire con maggiore efficacia al futuro dell’Europa. La realizzazione di un legame fra le singole persone e l’UE non è cosa facile. I parlamenti nazionali costituiscono una buona base di partenza. 106 DATA: 05.05.2004 HANNOSCRITTO DI GIORGIO RUFFOLO IL SOGNO CHE ACCOMPAGNA LA NUOVA EUROPA Europe sans rivages è il titolo di un bel libro di François Perroux. Sembra un buon logo per il grande evento dell’unificazione europea. Sei, nove, dodici, quindici, venticinque: presto 27 Paesi. Dove si fermerà questa Europa? Forse alla Turchia? E poi, chi sa, Israele e la Palestina, insieme? Il nostro premier che, si parva licet, è anche lui un po’ sans rivages, vorrebbe metterci dentro addirittura tutta la Russia, fino a Vladivostok! L’evento, inevitabilmente, invita alla iperbole. E invece, questo è proprio il momento di una riflessione razionale che eviti ogni retorica, positiva e negativa. Di retorica negativa è, invece, intrisa la nuova rivista, Global FP, che all’”Europa, terra senza sogni” dedica l’editoriale, di Ernesto Galli della Loggia. Ne ha parlato già criticamente Mario Pirani su queste pagine. Vorrei aggiungere solo due o tre cose. L’autorevole editorialista carica a testa bassa Romano Prodi per la sua affermazione: “L’Europa è un sogno e un progetto”. L’Europa, dice sostanzialmente, è un progetto senza sogno, quindi non è un progetto. È solo attraverso i sogni che i progetti della politica possono sperare di divenire realtà. Ora, non c’è traccia di entusiasmo, di passione, di cultura, nel “gelido schema istituzionale europeo”. Né di emozione nel Parlamento europeo, luogo “algido e privo di storia”, dove gli interventi dei singoli deputati non possono durare in media che 45 secondi, due minuti e mezzo, cinque al massimo”: quale alta politica può essere pronunciata in un tempo così breve? Be’, Giuseppe Garibaldi ci riuscì. Affacciandosi al balcone del Campidoglio, di fronte a una folla festosamente vociante, disse solo: romani, siate seri. Ecco un discorso stringato ma significativo; e un consiglio da tenere a mente anche oggi. Per essere seri bisogna non rappresentare un’istituzione in modo caricaturale. A parte l’aritmetica (due minuti e mezzo fanno 150 secondi, non 45…), i tempi del Parlamento europeo, certo molto ristretti, e rispettati, non hanno mai impedito che vi si svolgessero dibattiti seri e intensi. Né Spinelli né Giscard d’Estaing né Mitterrand né Willy Brandt, e neppure Berlusconi sono stati impediti dal regolamento di dare il meglio, o il peggio, di sé. Del resto, si può essere tacitianamente persuasivi o torrenzialmente insipienti. Ma veniamo, seriamente, al merito. L’Europa è un progetto freddo? Certo che si. Non perché il “sogno” o l’utopia di una Europa unita non circoli in tutta la sua storia. Della Loggia non dice affatto questo. Dice che c’è uno scarto tra quell’utopia e questo progetto. Ora, lo scarto c’è, sicuramente. Ma quale utopia ha potuto tradursi concretamente in storia senza subire uno scarto? Lo scarto è il costo che la politica paga alla filosofia, per acquistare concretezza. Per evitare fallimenti e, soprattutto, deragliamenti fatali. Come Ernesto della Loggia sa benissimo, idee forti, calde, supremamente mobilitanti sono precipitate al momento dell’impatto con il potere, nelle realtà negative e tragiche del loro rovescio. Il cristianesimo nell’inquisizione e nelle guerre di religione. L’illuminismo nel giacobinismo. Il nazionalismo romantico nel nazismo. Tutto sta nella direzione di quello scarto. Ora, a me sembra che il progetto europeo abbia accettato fin dall’inizio di subire uno scarto, ma che la sua progressiva realizzazione tenda nella direzione del sogno e non in quella del suo tradimento. E il fatto che il progetto dell’Unione Europea sia un progetto freddo è una garanzia del suo successo, non del suo fallimento. Se l’Unione fosse quella caricatura che Ernesto della Loggia ci rappresenta, avrebbe potuto crescere e moltiplicarsi come ha fatto? È forse un tumore maligno? O non invece, l’espressione di bisogni e di tendenze autentiche di quella storia? Della sua economia, certamente. Galli della Loggia manco ne parla. Ed è strano, a meno che per questo tratto soltanto non sia rimasto legato a una certa retorica di sinistra, cui anch’io in tempi remoti ho sacrificato: quella secondo cui l’Europa che si stava costruendo era l’Europa ➔ 107 DATA: 05-05-2004 HANNOSCRITTO DI GIORGIO RUFFOLO dei banchieri, non quella dei cittadini. La verità è che l’unico sentiero che l’integrazione europea poteva imboccare, senza essere immediatamente paralizzata (come fu paralizzata la Comunità europea di difesa), era quello freddo, economicistico, di Jean Monnet: il giro lungo che attraverso l’unione doganale, le politiche settoriali e l’atto unico, è giunto al federalismo dell’unione monetaria, che è, come sa chiunque non sia accecato ideologicamente, una cosa che trascende i banchieri e introduce vincoli e obiettivi di natura sopranazionale. Ma non si tratta solo di moneta e di economia. Come si può non vedere che l’Europa è oggi una grande realtà politica in divenire, e in un divenire difficilmente reversibile? Il solo fatto che lo stato di guerra sia diventato, per i Paesi aderenti all’Unione, un fatto del tutto improbabile, e ciò sulla base di un grande processo pacifico di integrazione commerciale ed economica, avrebbe compiaciuto come una luminosa conferma delle sue teorie sul doux commerce il barone di Montesquieu. Il fatto che il problema tedesco, incubo dell’Europa moderna, sia stato risolto pacificamente, non si deve forse alla capacità politica ed economica dell’Unione di assorbirlo senza grandi traumi? Il fatto che tre Paesi mediterranei, Grecia Spagna e Portogallo si siano potuti liberare di regimi fascisti, transitando dalla depressione economica e dall’oppressione politica alla democrazia e alla prosperità, non si deve in gran parte all’attrazione politica e all’efficacia pratica dell’Unione? Il fatto che otto Paesi dell’Europa orientale, liberati dalla cappa di piombo sovietica, possano guardare oggi con fiducia a una condizione di economia libera ma non sregolata e caotica, avrebbe potuto realizzarsi senza l’incubatrice dell’Unione? Ma come fa uno studioso serio come Ernesto Galli della Loggia ad affermare che l’integrazione europea è un processo senza contenuti? Forse la ragione vera di questa requisitoria, è lo stesso Galli della Loggia a rivelarla, quando afferma l’assenza di una identità europea distinta da quella americana. Certo, democrazia e 108 diritti umani sono retaggio comune degli europei e degli americani. Così come è comune a tutto l’Occidente la congiunzione delle due grandi forze della democrazia e del mercato, che ha costituito la formula chiave della sua superiorità, materiale e civile. Ma è altrettanto certo che il rapporto tra queste due grandi forze, negli ultimi 50 anni, ha assunto, in Europa e in America, forme diverse: molto più mercatistiche e molto più marcatamente ideologizzate in America, molto più socialmente e laicamente caratterizzate in Europa. Insomma, di Occidente, ce ne sono due. Ed è bene che sia così. Un Occidente tutto americano, guidato da una leadership fanatica e irresponsabile come quella dei cosiddetti neocons, configura una condizione mondiale di tragica instabilità. Gli Stati Uniti d’Europa costituirebbero un formidabile fattore di equilibrio e di stabilità mondiale: anche a vantaggio degli Stati Uniti d’America. Non è sufficiente questa funzione mediatrice ed equilibratrice per dare una risposta a Galli della Loggia quando domanda: a che cosa vuole servire l’Europa? Proprio a questo: a evitare la deriva di un mondo che una Superpotenza solitaria si rivela impotente a governare. A porre il primo tassello di una nuova grande rete di superpotenze che siano in grado di affrontare insieme, attraverso la cooperazione, i problemi suscitati da una globalizzazione sregolata. Ma che c’entrano le radici giudaico-cristiane e perché non quelle illuministiche, in tutto questo? È del tutto inutile prendersela con Prodi e con le istituzioni europee. Bisognerebbe piuttosto criticare e contestare coloro – leader e forze politiche e chierici della pubblica opinione – che mettono i bastoni tra le ruote di un processo di integrazione che, nonostante tutto, avanza faticosamente. Diceva André Maurois che «l’umanità progredisce attraverso la realizzazione di cose ritenute impossibili». L’Unione Europea è una di queste. DATA: 13.05.2004 HANNOSCRITTO DI LUCIANO BARILE GUARDARE A EST SENZA TROPPE PAURE Martin Kannegiesser, leader dell’associazione degli imprenditori metalmeccanici, giudica i rischi e le chance dell’Europa a 25: «Dovremo inventare nuove forme di ripartizione del lavoro in Europa, necessaria più flessibilità» aumenterà senza dubbio, all’Ovest verso il basso e all’Est verso l’alto, finché a un certo punto non si riuscirà a trovare un equilibrio. Il problema esiste in tutta Europa, anche in quella meridionale, ma sarà particolarmente sentito in Germania, che ha i salari più elevati del Continente. Quanti posti di lavoro costerà alla Germania l’allargamento? Il consiglio di Martin Kannegiesser è da quattro anni al fabbrica della Siemens già parla di sistevertice del Gesamtmetall, la più potente matica ritirata del gruppo dalla Germania. associazione imprenditoriale tedesca, in Ha senso secondo lei parlare a questo cui sono organizzate le aziende del settore riguardo di “patriottismo”? elettrometalmeccanico della Germania. Produrre in Germania o in un altro Paese Nel prossimo mese di giugno Kannegiesser non è una questione di patriottismo, bensì riproporrà la sua candidatura per altri di tecnica e di economia aziendale. Nel quattro anni. Il presidente del Gesamtmetall calcolo dei vantaggi assicurati dal trasferiè un convinto assertore della Agenda mento delle produzioni in Paesi a bassi 2010, il progetto di riforme economiche livelli salariali, dovremo, però, sottrarre i presentato nel marzo 2003 dal cancellie- vantaggi nel produrre in patria. Negli anni re federale Gerhard Schröder. abbiamo accumulato in Germania strutture, investimenti, impianti, uomini, fornitoL’allargamento a Est è una grande oppor- ri. Sono elementi che non potremo certo tunità per l’Unione Europea, ma almeno creare all’estero da un giorno all’altro. in una fase iniziale comporta anche alcu- Detto questo, sono convinto che la ni rischi. Ritiene che la Germania sia par- Germania potrà continuare a produrre a ticolarmente esposta? casa propria, ma a due condizioni: le Da un punto di vista politico, l’allarga- aziende tedesche devono prima di tutto mento è un evento straordinario e assicu- aumentare la velocità dei processi innovara alla Germania particolari vantaggi. Da tivi; e in secondo luogo devono mettere a un punto di vista economico, invece, è un punto con i propri dipendenti un progetto progetto che accanto a grandi possibilità che non resti limitato al problema dei porta con sé anche dei rischi. Le chances salari e agli orari di lavoro, ma che definiderivano dal fatto che da 50 anni a questa sca una vera e propria politica di sviluppo. parte l’industria tedesca intrattiene particolari rapporti con questa parte dell’Europa. E per quanto riguarda l’accusa di “assenPer il settore metalmeccanico che per due za di patriottismo”? terzi vive della domanda estera, le oppor- Stiamo costruendo una nuova area econotunità poi sono di doppia natura. mica europea. Se vogliamo veramente fare Beneficerà di una crescita dell’export e le cose sul serio, non possiamo più contidella possibilità di trasferire parte delle nuare a pensare in termini di categorie sue produzioni e servizi in Paesi che nazionali. hanno salari e imposte molto bassi in grado di assicurare a livello mondiale ulte- Un accordo tra la direzione aziendale e un riore competitività alla nostra produzione. consiglio di fabbrica può essere relativamente semplice da trovare. Più difficile, E i rischi di quale natura sono? invece, è mettersi d’accordo con il sindaLa nascita di un’area economica com- cato IG-Metall, che secondo molti osserprendente due regioni con livelli di vita vatori fatica ad accettare l’idea di introcosì diversi può provocare tensioni sociali. durre maggiore flessibilità degli orari di La pressione sui salari, per esempio, lavoro. ➔ 109 DATA: 13.05.2004 HANNOSCRITTO DI LUCIANO BARILE Il problema dell’IG-Metall è la sua incapacità di staccarsi dagli schemi e dalle visioni di ieri, anche se negli ultimi 10 anni qualcosa è cambiato. Pur restando ancora arroccato su alcune delle sue posizioni dogmatiche, il sindacato sta, comunque, dando prova di una maggior attenzione alle necessità delle singole aziende. Nel settore elettromeccanico l’IG-Metall si è impegnato a rivedere verso il basso gli accordi salariali, qualora la particolare situazione di un’azienda lo richieda. Il sindacato, si è reso conto che con un unico tipo di contratto non è più possibile rispondere alle diverse esigenze delle aziende. Che cosa propongono invece gli imprenditori del settore metalmeccanico, il più importante in Germania? È troppo riduttivo semplificare il problema dicendo lavorate di più, altrimenti le produzioni vanno all’estero. Dovremo inventare necessariamente nuove forme di ripartizione del lavoro in Europa. Certamente alcune produzioni verranno trasferite in altri Paesi, ma nello stesso tempo dovremo riflettere su quali prodotti, quali servizi possiamo continuare a produrre in Germania. Questo schema richiederà molta più flessibilità e sicuramente anche moderazione salariale. Probabilmente sarà necessario anche lavorare di più, con o senza conguaglio salariale, e con una migliore qualificazione dei dipendenti. economia come quella tedesca era in grado di fare un simile miracolo. C’è il pericolo che l’allargamento della Ue a Est aggravi i problemi della Germania Orientale? Credo proprio di sì: chi in questo momento pensa a un grosso investimento sicuramente non deciderà di farlo in Germania Est, che non è né un nuovo mercato, né offre evidenti vantaggi nei costi di produzione. Ho l’impressione che il Governo federale e l’industria tedesca dovranno concentrare i propri sforzi su quei settori che hanno dato prova di dinamismo. Non ha senso continuare a sovvenzionare settori che si sono rivelati una botte senza fondo. Bisogna che i tedeschi dell’Est prendano delle iniziative invece di limitarsi ad aspettare che arrivino i soldi dall’Ovest. Dopo quasi 14 anni di riunificazione del Paese ci sono ancora molte difficoltà di comprensione tra i tedeschi dell’Est e quelli dell’Ovest. Rimangono molti pregiudizi. I tedeschi dell’Ovest guardano dall’alto in basso i tedeschi dell’Est, e questi ultimi non si sentono rispettati. La realtà è che si conoscono sempre molto poco. All’Ovest si è radicata l’idea che i tedeschi orientali siano un po’ duri di comprendonio, senza iniziativa. All’Est si pensa invece che i tedeschi occidentali siano arroganti, superficiali, senza cuore. Il fatto è che i tedeschi orientali hanno avuto dall’unificazione grandi aspettative, che non si Il recente rapporto sulla situazione dei sono avverate. Siamo un unico popolo, ma Lander orientali pubblicato dal gruppo a causa della lunga divisione del Paese, degli esperti “Gespracheskreis Ost” è un all’Est ci sono i parenti poveri e all’Ovest impressionante documento sul fallimento ci sono, invece, quelli ricchi. I rapporti in della politica tedesca nella ricostruzione questi casi sono sempre molto difficili. I della Germania Est. parenti poveri non riescono a dimenticare Abbiamo sottovalutato le difficoltà dell’u- i loro complessi, quelli ricchi si aspettano nificazione. Abbiamo promesso “fiorenti sempre riconoscenza quando danno qualpaesaggi” quando in realtà dovevamo cosa. Anche se il livello di vita è molto avvertire i tedeschi orientali che avremmo migliorato negli ultimi dieci anni, in molte avuto davanti a noi una lunga transizione. zone della Germania Est ci sono ancora Abbiamo pensato che avremmo potuto, situazioni drammatiche soprattutto per grazie al semplice trasferimento di risorse, quei giovani che non trovano lavoro. aumentare il loro livello di vita senza chiedere loro sacrifici. Neppure una potente 110