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Hanno scritto
DATA: 30.04.2004
HANNOSCRITTO
DI RUTH BERSCHENS
E BERND ZIESEMER
PUNTI
DI VISTA
“L’EUROPA NON PARLERÀ SEMPRE
A UNA SOLA VOCE”
Gerhard Schröder su opportunità, rischi ed
effetti collaterali dell’allargamento UE
Costituzione dovesse fallire successivamente, in occasione della ratifica?
Questa è una previsione puramente teorica e non intendo discuterne.
In questa rubrica
proponiamo gli articoli
più significativi
della stampa italiana
e internazionale
sui temi
dell’Unione Europea.
L’Allargamento è
l’argomento principe
di questo primo numero
Signor Cancelliere, l’Europa non è mai
stata in pace e unita come oggi, ma la
soddisfazione suscitata da questa situazione è limitata. Come mai la popolazione
ha una tale reazione di scetticismo rispetto all’allargamento UE?
Non ho questa impressione, anche se
lamentarsi con alte grida succede occasionalmente anche in Germania – non solo
per “l’incognita” Europa, ma anche
agganciando il concetto alla situazione
economica del nostro Paese.
Perché la Costituzione favorirebbe un
maggiore avvicinamento fra la UE e la
popolazione?
Perché contiene il seguente concetto: ciò
che può essere disciplinato all’interno
degli Stati membri non deve essere disciplinato a Bruxelles. Questo vale, ad esempio, per il settore della cultura. Ma in altri
campi abbiamo bisogno di norme europee,
ad esempio in materia di politica fiscale,
con un corridoio per i coefficienti fiscali
per le imprese.
Ma almeno la classe politica è contenta
dell’unificazione storica dell’Europa?
Neanche la classe politica comprende
appieno la dimensione storica dell’allargamento. Ricordiamoci dell’Europa di 60
anni fa: allora era in corso la guerra più
sanguinosa della storia europea, con oltre
50 milioni di morti. L’adesione dei dieci
Stati dell’Europa centrale, orientale e settentrionale ci offre l’opportunità storica che
una tale situazione non accada mai più. Ma
si tratta di un’opportunità la cui percezione, da noi, è insufficiente. E invece discutiamo di termini transitori per la libera circolazione dei lavoratori e per il trasferimento delle aziende nei nuovi Stati UE.
Lei dichiara guerra al dumping fiscale?
Non si può assolutamente parlare di guerra. Ma ai miei colleghi nei nuovi Stati
membri devo dire con chiarezza: alla
lunga, con tasse e salari estremamente
bassi non sarà possibile realizzare un’infrastruttura adatta alle esigenze degli
investitori. Se i nuovi arrivati tengono
basse le loro tasse e si fanno finanziare
l’infrastruttura dalla UE, a mio parere una
discussione è necessaria.
Secondo Lei questi non sono argomenti
importanti?
Certo che lo sono, ma l’importanza storica
dell’allargamento UE è di gran lunga
superiore.
Questa prassi esisteva già nella vecchia
UE, ad esempio in Irlanda
Fino a che tale prassi si limitava a un solo
Paese, potevamo anche accettarla. Ma se
viene adottata da diversi Paesi diventa un
problema.
I nuovi Stati UE hanno consigliato alla
Germania una maggiore disciplina in termini di gestione. Cosa ne pensa?
Le ricordo che noi finanziamo il 22% della
Importante per l’allargamento è soprattut- gestione UE.
to la Costituzione UE. Sarà decisa durante la riunione al vertice in giugno?
Come intende ottenere una decisione unaSchröder: Penso sia possibile. Il presiden- nime UE almeno per quanto riguarda la
te del Consiglio spagnolo, Zapatero, mi ha tassazione delle imprese?
assicurato che il suo Paese, in caso di A breve termine è impossibile. Chi suscita
votazioni del Consiglio europeo, può l’impressione – come parte dei sindacati e
sopravvivere con la doppia maggioranza. della CSU – che dalla sera alla mattina
Sono quindi fiducioso che in giugno rag- potremmo introdurre un limite inferiore
giungeremo un accordo.
per la tassazione delle imprese, non fa
Cosa significherebbe per la UE se la altro che del puro populismo.
➔
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DATA: 30.04.2004
HANNOSCRITTO
DI RUTH BERSCHENS
E BERND ZIESEMER
In effetti i nuovi Stati UE non collaboreranno.
Non saranno solo i nuovi Stati UE a
opporre resistenza, ma anche la Gran
Bretagna. Per questa ragione dobbiamo
rinunciare all’unanimità in materia di
politica fiscale.
Presumo che le possibilità in tale direzione siano piuttosto scarse.
Staremo a vedere. In ambito UE abbiamo
già armonizzato l’IVA e l’imposta sui consumi. Dal punto di vista economico ritengo opportuno farlo anche per l’imposta
sul reddito e l’imposta sulle società. Se
ciò dovesse fallire a causa del veto di singoli Stati membri, lo faremo con gli Stati
che sono favorevoli.
Un’Europa a due velocità in materia di
politica fiscale?
La Costituzione UE ci consente una più
approfondita collaborazione con gli Stati
favorevoli. Potremmo applicarla alla politica fiscale. Vogliamo la concorrenza
fiscale, ma dobbiamo evitare il dumping.
Adesso metterà sotto pressione i Paesi
nuovi arrivati?
No. La Germania non metterà sotto pressione nessuno. Ma diremo chiaramente
che le nostre risorse sono limitate. È
quello che stiamo facendo proprio adesso
nel dibattito sulle previsioni finanziarie
UE. Le spese UE devono essere limitate
all’uno per cento del prodotto interno
lordo europeo.
Vuole mettere un coperchio alle spese,
ma non risparmiare nel caso di voci
importanti come la politica agraria.
Ovviamente qui avremmo potuto sperare
di più. Ma in politica agraria siamo andati avanti per quanto era possibile senza
recare danno all’idea europea. Per tradizione in Francia l’agricoltura gode di una
posizione importante.
Noi abbiamo molti riguardi per la
Francia, ma non è necessariamente vero
il contrario.
Mi faccia un esempio.
La Francia ha affermato che Sanofi può
acquistare Aventis.
L’industria europea ha bisogno di aziende
forti e Francia e Germania hanno un ruolo
in tale contesto. La presidenza e il consiglio di vigilanza di Aventis hanno dato il
loro consenso al passaggio di proprietà. Il
Cancelliere tedesco non può e non vuole
intervenire contro questa decisione.
Ritiene quindi giusta l’interferenza dello
Stato francese?
Non so se vi sia stato qualcosa di simile.
Il Presidente Chirac e io abbiamo concordato di comportarci in modo neutrale in
tale questione. Che il ministro francese
dell’economia parli con i gruppi interessati è normale. Sappiamo inoltre che in
Francia, indipendentemente dal Governo,
i concetti di politica economica sono più
soggetti all’influenza dello Stato che in
altri Paesi.
Esistono speculazioni anche su altri
matrimoni aziendali tedesco/francesi, ad
esempio fra Siemens e Alstom. Questo è
oggetto di discussioni tra Germania e
Francia?
Non faccio parte delle persone che diffondono dicerie. In genere ritengo opportuno che in Europa nascano attori importanti in grado, in un’economia globalizzata, di sostenere la concorrenza con le
aziende americane e asiatiche. Quindi
sono favorevole alle fusioni fra aziende
tedesche e francesi, nella misura in cui
sono opportune dal punto di vista dell’economia aziendale. Ma questo lo devono
giudicare le aziende e gli azionisti.
Il motore franco-tedesco è sempre stato
la più importante forza trainante per l’unificazione europea. Adesso le cose
saranno diverse?
No. Lo stretto rapporto tra Germania e
Francia in materia di economia, politica
e cultura dovrà continuare a esistere,
perché in caso contrario l’Europa non
andrà avanti.
La politica estera UE cambierà in seguito all’allargamento?
Dobbiamo continuare a potenziare la ➔
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DATA: 30.04.2004
HANNOSCRITTO
DI RUTH BERSCHENS
E BERND ZIESEMER
politica estera e quella della sicurezza
della UE, nonostante i risultati siano
imprevedibili. Nel corso di un lungo processo gli Stati membri UE dell’ovest, del
nord e del sud hanno imparato a trasferire
le competenze nazionali alle organizzazioni sovranazionali. I nuovi Stati hanno
riconquistato la loro sovranità solo 15 anni
fa. Quindi ritengo che lo strumento di una
maggiore collaborazione sia opportuno
anche in tema di politica estera e di sicurezza. Ma da questo non bisogna derivare
alcun programma né farne un dogma.
Bisogna fare il necessario quando è necessario ed essere aperti nei confronti di tutti
coloro che vogliono partecipare a una
maggiore collaborazione.
Nella questione dell’Irak la maggioranza
dei Paesi che recentemente hanno aderito
alla UE si è comportata diversamente
rispetto a molti vecchi Stati UE. Vede il
rischio che ciò si ripeta?
Un anno fa la signora Merkel ha detto di
aver firmato la lettera degli otto, allora in
favore della guerra in Irak. Come è noto, io
ho assunto una posizione differente. Su
tale evento, quindi, la Germania non si è
espressa a una sola voce. Mi sembra che
adesso anche nell’Unione si capisca che
quella strada era sbagliata. Ci saranno
sempre degli argomenti in cui l’Europa
non potrà parlare a una sola voce. Il nostro
compito consisterà nel fare in modo che
l’Europa continui a essere capace di giungere a dei compromessi.
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Gerhard Schröder
■ Critico: Gerhard Schröder ha sempre
mantenuto una distanza critica nei confronti dell’Europa come esiste in realtà,
con le sue leggi e i suoi decreti. Già nel
dicembre del 1998, appena eletto, rimproverava a Bruxelles di “sciupare” i
soldi buoni tedeschi. Anche negli anni
successivi vi sono sempre stati dei punti
d’attrito: la fallita – dal suo punto di vista
– politica industriale UE, i tentativi di
Bruxelles di ribaltare la legge VW e il
diverbio sul deficit statale tedesco sono
sempre stati argomenti simili a una miccia fra il Cancelliere e la Commissione.
Le cose sono andate meglio nei rapporti
bilaterali: con Tony Blair, premier britannico, Schröder redigeva un documento
sul futuro della socialdemocrazia europea e durante la crisi irachena il presidente francese, Jacques Chirac, trovava
nel Cancelliere un partner forte.
■ Favorevole: Per quanto riguarda l’allargamento a Est della UE inizialmente
Schröder si dichiarava critico: “La possibilità di un avvicinamento pagato dai tedeschi non potrà più verificarsi in futuro”;
così si esprimeva nel 1998, poco dopo la
sua elezione. Ma dopo una serie di visite
nei Paesi di recente adesione il Cancelliere
diventava rapidamente favorevole a un
allargamento UE in direzione dell’Est.
Soprattutto la Polonia ha tratto vantaggio
dall’attività lobbistica tedesca a Bruxelles.
DATA: 29.04.2004
HANNOSCRITTO
DI NICOLAS BAROTTE
BAYROU INTERROGA JACQUES
CHIRAC SULLA COSTITUZIONE
E LA TURCHIA
elezioni." Gli altri partiti sarebbero
“imbarazzati” e vorrebbero privilegiare
delle poste in gioco più nazionali. Infatti
François Bayrou è a favore di una “politiPer lanciare la campagna dell’UDF per le ca di ricerca europea” e di una “politica
elezioni europee, François Bayrou ha economica europea” in grado di lottare
scelto di rivolgersi direttamente al presi- contro “le delocalizzazioni”.
dente della Repubblica: “L’UDF chiede Il presidente dell’UDF ha peraltro presolennemente che, il giorno in cui sarà sentato i suoi capi lista nelle sette circoscritta, la Costituzione europea venga scrizioni metropolitane. Nella regione
ratificata con un referendum – ha dichia- Sud-Ovest, i sostenitori del partito di
rato ieri il presidente del partito di cen- centro hanno reclutato il presidente
tro –. L’UDF condanna la decisione presa direttore generale di Radio France, Jeandi soppiatto di riconoscere alla Turchia la Marie Cavada, che si è appena dimesso.
condizione di Paese candidato.” Due “Il mondo politico avrebbe torto se si rinargomenti sui quali Jacques Chirac ha chiudesse in sé stesso” ha spiegato
dimostrato di essere sia molto prudente François Bayrou.
(la ratifica della Costituzione) sia molto “Da venticinque anni speravo di terminaimpegnato (l’adesione della Turchia). re la mia carriera nelle istituzioni euro“Spero che il presidente della pee”, ha dichiarato Jean-Marie Cavada,
Repubblica eliminerà qualsiasi ambigui- da tempo tentato dalla politica. Per giutà", ha aggiunto François Bayrou, mentre stificare il suo impegno europeo si è rifeJacques Chirac teneva oggi una confe- rito all’idea all’origine della costruzione
renza stampa sull’Europa.
europea: assicurare la “pace”. “Sono un
Nella sua foga, François Bayrou ha anche figlio della guerra; non bisogna credere
sottolineato la contraddizione tra la posi- che la guerra sia un’anticaglia”, ha spiezione del capo dello Stato e quella gato. Tuttavia non ha aderito all’UDF:
dell’UMP, che si è dichiarata contro l’a- sarà apparentato solo nel caso di un’eledesione della Turchia all’Unione zione.
Europea. “Il partito di governo dice no Ieri l’ex-giornalista ha attirato l’attenzione
mentre il governo continua a dire si", ha della maggior parte dei media, eclissando
ironizzato. Ma, a suo parere, la situazio- gli altri candidati, deputati uscenti, ma
ne è insolubile: “Se il governo francese meno mediatici: Jean-Louis Bourlanges
cambiasse atteggiamento, avrebbe preso (Nord), Jean-Thomas Nordmann (Est), il
in giro il popolo turco e il suo governo.” generale Philippe Morillon (Ovest),
Né l’UDF si oppone in minor misura Marielle de Sarnez (Ile-de-France), Janelly
all’ingresso della Turchia nell’UE: “Non Fourtou (Centro), Thierry Cornillet (Sudbisogna costruire l’Europa su un’eteroge- Est). Il nome del candidato oltremare
neità eccessiva", sostiene François non era ancora noto.
Bayrou. L’ex candidato alle presidenziali Tenendo conto delle nuove circoscrizioni,
si è poi riferito a Nicolas Sarkozy, ma queste elezioni saranno più difficili per
senza nominarlo. “Se si vuole limitare il l’UDF. “La legge elettorale è assurda, ha
budget europeo all’1% del Pil, significa dichiarato François Bayrou. È stata fatta
che non si vuole l’Europa", ha dichiarato per nuocere a formazioni politiche come
criticando la posizione del ministro delle la nostra”. Ma ha pronosticato che la
finanze. Qualche settimana fa il governo stessa si rivolterà “contro i suoi autori”. I
proponeva all’UDF dei “rapporti di part- rapporti fra UMP e UDF non sono tornati
nership". François Bayrou sembra sem- migliori.
pre preferire la sua “libertà di parola".
Europeo per convinzione e per definizione, il partito di François Bayrou spera di
“fare dell’Europa il soggetto di queste
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DATA: 29.04.2004
HANNOSCRITTO
DI ANNE FULDA
EUROPA: CHIRAC VUOLE
RASSICURARE I FRANCESI
Ufficialmente si tratta di una conferenza
stampa che deve essere soprattutto dedicata all’Europa, alla vigilia dell’ingresso di
dieci nuovi Paesi nell’Unione Europea. Un
evento giudicato storico all’Eliseo. Al punto
che il capo dello Stato – che non dovrebbe
annunciare la sua scelta sulla procedura di
ratifica della Costituzione – ha deciso di
riunire giornalisti francesi e stranieri nella
sala delle feste del palazzo presidenziale
per rispondere alle loro domande.
La procedura è eccezionale. In effetti
Jacques Chirac non apprezza questo tipo
di esercizio. La prova? La sua ultima conferenza stampa all’Eliseo (se escludiamo
gli incontri che tiene regolarmente con gli
ospiti stranieri, ma durante i quali non
risponde a domande di politica interna),
risale all’aprile 1998. Allora il presidente
della Repubblica aveva precisato che si
trattava di “consacrarsi sostanzialmente
alle questioni europee” ovviamente prioritarie alla vigilia del lancio dell’Euro e della
ratifica del trattato di Amsterdam.
Ora le questioni europee sono altrettanto importanti. E oggi il presidente della Repubblica non mancherà di sottolinearlo, pur
impegnandosi a dare la sua visione
dell’Europa nel momento in cui, oltre
all’allargamento, due eventi si verificheranno nelle prossime settimane: le elezioni europee del 13 giugno, che consentiranno di eleggere un nuovo Parlamento
europeo, e la riunione del Consiglio europeo i prossimi 17-18 giugno, che dovrebbe permettere un accordo sul progetto di
Costituzione europea.
Pur insistendo sui nuovi orizzonti aperti
dall’ingresso di dieci nuovi Paesi in seno
all’Unione Europea, Jacques Chirac
dovrebbe dedicarsi a convincere i francesi
dei benefici dell’Europa e incitarli a votare alle elezioni europee. Dovrebbe anche
insistere sulla necessità, per gli eletti
europei, di impegnarsi a tempo pieno e
sottolineare che il Parlamento europeo è
un’istituzione le cui decisioni hanno sempre più conseguenze sulla legislazione
104
nazionale, l’economia e il quadro sociale
francese. Un modo di avvicinarsi alle questioni di politica interna, ormai strettamente legate alle questioni europee, e che
il presidente potrebbe evocare questa
mattina.
Dopo l’intervento televisivo di Jacques
Chirac, lo scorso 1° aprile, i problemi in
seno alla maggioranza continuano a essere altrettanto numerosi e l’incomprensione
e il malcontento sempre attuali.
Perché il presidente della Repubblica ha
tenuto un primo ministro con autorità
ridotta dopo delle elezioni regionali catastrofiche? Perché ha fatto marcia indietro
relativamente ad alcune riforme avviate
dal governo Raffarin II? Cosa accadrà
all’UMP? Mentre i sondaggi sulla coppia
dell’esecutivo evidenziano una caduta,
alcuni a destra non esitano più a esprimere a gran voce la loro perplessità o le loro
attese. È il caso di Jean-Louis Debré, il
presidente dell’Assemblea generale che
lunedì, in un’intervista al Parisien, ha
chiesto “maggiore chiarezza” alla politica
governativa. È il caso di Valéry Giscard
d’Estaing che martedì sera, su France 3,
ha detto che la Francia ha bisogno di una
“politica di risanamento” e ha interpretato
l’insuccesso delle elezioni regionali come
una sanzione della politica nazionale.
È il caso, infine, di Christian Estrosi, vicino a Nicolas Sarkozy, che su Libération
denuncia un “profondo malessere” nel
gruppo UMP dell’Assemblea Nazionale.
Jacques Chirac saprà rassicurarli?
TRE PRECEDENTI DAL 1995
La prima conferenza stampa dell’era presidenziale Chirac ha luogo il 13 giugno
1995, poco più di un mese dopo la sua
elezione, alla presenza dei giornalisti
accreditati all’Eliseo. È seguita poco
tempo dopo, il 14 luglio 1995, da una
conferenza stampa che sostituisce l’intervista tradizionale.
Tuttavia il ritmo rallenta rapidamente.
È stato quindi necessario attendere il
mese di aprile 1998 perché il capo dello
Stato riunisse nuovamente la stampa al
palazzo presidenziale per parlare delle
questioni europee.
DATA: 13.05.2004
HANNOSCRITTO
DI GIULIANO AMATO
L’UNITA’ EUROPEA
INIZIERÀ IN CASA
Ai parlamentari europei dovrebbe essere
assegnato un nuovo ruolo. Possono rendere
il processo decisionale europeo più democratico e responsabile.
Una costituzione può essere scritta in
modo perfetto. Ma se non trova un posto
nei cuori e nelle menti delle persone non
conquisterà la loro approvazione. Le
costituzioni di alcune organizzazioni
internazionali, quali le Nazioni Unite, la
Nato o l’Organizzazione Mondiale del
Commercio sono regolamenti diplomatici. Non hanno bisogno di far parte della
coscienza civica.
Il trattato costituzionale proposto per
l’Unione Europea deve essere un regolamento dettagliato – perché la nostra
comunità economica, i sindacati e le
organizzazioni della società civile richiedono la precisione – ma deve anche
sostenere una comunità o unione di 450
milioni di cittadini, le loro nazioni e il
loro desiderio di viaggiare, commerciare
e comunicare liberamente.
È la ragione per cui dobbiamo trasferire
la discussione costituzionale da come le
istituzioni in Europa plasmano la nostra
vita a come noi, in quanto cittadini, possiamo plasmare la vita dell’Europa.
Dobbiamo essere onesti. In realtà, la discussione dell’Europa sul trattato costituzionale proposto non è ancora iniziata. I
dibattiti appassionati e aperti in seno
alla Convenzione che, l’anno scorso,
hanno redatto il trattato hanno rappresentato un notevole esercizio di trasparenza democratica. Ma una volta che i
capi di governo abbiano firmato il trattato, inizierà un lungo e difficile periodo di
ratifica.
Le istituzioni UE avranno voce in capitolo. Ben presto saranno costituiti un
nuovo Parlamento europeo e una nuova
Commissione europea, che difenderanno
gli ideali europei e le proposte nella
costituzione. Vari interessi legittimi e
potenti gruppi di media tenteranno di
influenzare l’opinione pubblica. Ma
l’Europa non appartiene esclusivamente
alle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo.
Né appartiene a Rupert Murdoch o al
Bild Zeitung tedesco.
Ognuno dei 25 Stati membri UE già dispone di un’istituzione democratica vitale, convalidata dai suoi cittadini e da
loro accettata come una legittima fonte
di potere e autorità: la House of
Commons a Londra, il Parlamento a
Roma, il Sjem a Varsavia e tutti gli altri
parlamenti nazionali. Ma finora i parlamenti nazionali sono stati il collegamento mancante in discussioni e deliberazioni di politica UE.
Il Parlamento europeo, eletto da tutti i
nostri cittadini, è il foro designato per i
dibattiti europei e in cui viene preso un
numero in costante aumento di decisioni
europee. Ma non costituisce una denigrazione delle prerogative del Parlamento
europeo dire che la rete dei parlamenti
nazionali è altrettanto essenziale per formare il futuro dell’Europa.
Man mano che l’UE tenta di creare una
maggiore legittimità democratica per il
suo sistema di sovranità comune e consente che un maggior numero di decisioni che influenzano la vita quotidiana
siano prese a livello europeo, è ragionevole che i parlamenti nazionali affermino
il loro diritto di essere più ampiamente
coinvolti nello sviluppo dell’Unione.
Nell’attuale bozza di testo della costituzione, un terzo dei parlamenti nazionali
può chiedere alla Commissione di rivedere una proposta di legge UE. Ma lo stesso testo dice che la Commissione può
attenersi alla sua proposta, rendendo
nulle le obiezioni dei parlamenti nazionali. Un piccolo emendamento consentirebbe a due terzi dei parlamenti di rendere
obbligatoria la revisione della proposta
iniziale.
In realtà, ovviamente, la Commissione, il
Consiglio dei Ministri e il Parlamento
europeo non emetteranno direttive atte a
causare un oltraggio o un’offesa tali che
un gruppo significativo e rappresentativo
di parlamenti nazionali le respingerebbe.
Tuttavia la nuova clausola rassicurerebbe
i cittadini che i loro rispettivi parlamenti
parteciperebbero ormai autorevol- ➔
105
DATA: 13.05.2004
HANNOSCRITTO
DI GIULIANO AMATO
mente allo sviluppo del nostro destino
europeo comune.
Dovrebbe anche essere trovata una soluzione opportuna per consentire al Consiglio
europeo di passare dall’unanimità a votazioni a maggioranza qualificata in determinate aree della costituzione.
Nei 25 Stati membri UE esistono 6.328
membri eletti di camere basse. Insieme ai
membri dei senati e delle camere alte
come pure a membri del Parlamento europeo (e dovremmo aggiungere anche i parlamenti regionali), essi costituiscono il
centro di gravità democratico nell’Europa
moderna. Ai parlamentari nazionali
dovrebbe essere assegnato un nuovo ruolo
nel destino dell’Europa. Sono le persone
che possono rendere il processo decisionale europeo più democratico e responsabile.
Possiamo andare oltre. I parlamenti nazionali devono essere maggiormente coinvolti nelle discussioni delle proposte UE a
Bruxelles prima che si trasformino in
leggi. I membri del Parlamento europeo e
i parlamentari nazionali dovrebbero collaborare nell’ambito di commissioni congiunte. I commissari europei dovrebbero
visitare i parlamenti nazionali e riferire ai
rispettivi comitati di esperti. I 25 parlamenti nazionali devono costituire una rete
di dibattito per la politica europea.
In breve, non soltanto dobbiamo modificare il linguaggio attuale della bozza di
costituzione per concedere nuovi diritti
ai parlamenti nazionali. Dobbiamo anche
cambiare le procedure e prassi UE in
modo che i parlamentari nazionali sentano di poter contribuire con maggiore efficacia al futuro dell’Europa.
La realizzazione di un legame fra le singole persone e l’UE non è cosa facile. I
parlamenti nazionali costituiscono una
buona base di partenza.
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DATA: 05.05.2004
HANNOSCRITTO
DI GIORGIO RUFFOLO
IL SOGNO CHE ACCOMPAGNA LA
NUOVA EUROPA
Europe sans rivages è il titolo di un bel
libro di François Perroux. Sembra un buon
logo per il grande evento dell’unificazione
europea. Sei, nove, dodici, quindici, venticinque: presto 27 Paesi. Dove si fermerà
questa Europa? Forse alla Turchia? E poi,
chi sa, Israele e la Palestina, insieme? Il
nostro premier che, si parva licet, è anche
lui un po’ sans rivages, vorrebbe metterci
dentro addirittura tutta la Russia, fino a
Vladivostok!
L’evento, inevitabilmente, invita alla iperbole. E invece, questo è proprio il momento di una riflessione razionale che eviti
ogni retorica, positiva e negativa. Di retorica negativa è, invece, intrisa la nuova rivista, Global FP, che all’”Europa, terra senza
sogni” dedica l’editoriale, di Ernesto Galli
della Loggia. Ne ha parlato già criticamente Mario Pirani su queste pagine. Vorrei
aggiungere solo due o tre cose.
L’autorevole editorialista carica a testa
bassa Romano Prodi per la sua affermazione: “L’Europa è un sogno e un progetto”. L’Europa, dice sostanzialmente, è un
progetto senza sogno, quindi non è un
progetto. È solo attraverso i sogni che i
progetti della politica possono sperare di
divenire realtà. Ora, non c’è traccia di
entusiasmo, di passione, di cultura, nel
“gelido schema istituzionale europeo”. Né
di emozione nel Parlamento europeo,
luogo “algido e privo di storia”, dove gli
interventi dei singoli deputati non possono
durare in media che 45 secondi, due
minuti e mezzo, cinque al massimo”:
quale alta politica può essere pronunciata
in un tempo così breve?
Be’, Giuseppe Garibaldi ci riuscì.
Affacciandosi al balcone del Campidoglio,
di fronte a una folla festosamente vociante, disse solo: romani, siate seri. Ecco un
discorso stringato ma significativo; e un
consiglio da tenere a mente anche oggi.
Per essere seri bisogna non rappresentare
un’istituzione in modo caricaturale. A
parte l’aritmetica (due minuti e mezzo
fanno 150 secondi, non 45…), i tempi del
Parlamento europeo, certo molto ristretti,
e rispettati, non hanno mai impedito che
vi si svolgessero dibattiti seri e intensi. Né
Spinelli né Giscard d’Estaing né
Mitterrand né Willy Brandt, e neppure
Berlusconi sono stati impediti dal regolamento di dare il meglio, o il peggio, di sé.
Del resto, si può essere tacitianamente
persuasivi o torrenzialmente insipienti.
Ma veniamo, seriamente, al merito.
L’Europa è un progetto freddo? Certo che
si. Non perché il “sogno” o l’utopia di una
Europa unita non circoli in tutta la sua
storia. Della Loggia non dice affatto questo. Dice che c’è uno scarto tra quell’utopia e questo progetto. Ora, lo scarto c’è,
sicuramente. Ma quale utopia ha potuto
tradursi concretamente in storia senza
subire uno scarto? Lo scarto è il costo che
la politica paga alla filosofia, per acquistare concretezza. Per evitare fallimenti e,
soprattutto, deragliamenti fatali. Come
Ernesto della Loggia sa benissimo, idee
forti, calde, supremamente mobilitanti
sono precipitate al momento dell’impatto
con il potere, nelle realtà negative e tragiche del loro rovescio. Il cristianesimo nell’inquisizione e nelle guerre di religione.
L’illuminismo nel giacobinismo. Il nazionalismo romantico nel nazismo. Tutto sta
nella direzione di quello scarto.
Ora, a me sembra che il progetto europeo
abbia accettato fin dall’inizio di subire uno
scarto, ma che la sua progressiva realizzazione tenda nella direzione del sogno e non
in quella del suo tradimento. E il fatto che
il progetto dell’Unione Europea sia un progetto freddo è una garanzia del suo successo, non del suo fallimento. Se l’Unione
fosse quella caricatura che Ernesto della
Loggia ci rappresenta, avrebbe potuto crescere e moltiplicarsi come ha fatto? È forse
un tumore maligno? O non invece, l’espressione di bisogni e di tendenze autentiche di quella storia?
Della sua economia, certamente. Galli
della Loggia manco ne parla. Ed è strano,
a meno che per questo tratto soltanto non
sia rimasto legato a una certa retorica di
sinistra, cui anch’io in tempi remoti ho
sacrificato: quella secondo cui l’Europa
che si stava costruendo era l’Europa ➔
107
DATA: 05-05-2004
HANNOSCRITTO
DI GIORGIO RUFFOLO
dei banchieri, non quella dei cittadini. La
verità è che l’unico sentiero che l’integrazione europea poteva imboccare, senza
essere immediatamente paralizzata (come
fu paralizzata la Comunità europea di difesa), era quello freddo, economicistico, di
Jean Monnet: il giro lungo che attraverso
l’unione doganale, le politiche settoriali e
l’atto unico, è giunto al federalismo dell’unione monetaria, che è, come sa chiunque non sia accecato ideologicamente,
una cosa che trascende i banchieri e
introduce vincoli e obiettivi di natura
sopranazionale.
Ma non si tratta solo di moneta e di economia. Come si può non vedere che
l’Europa è oggi una grande realtà politica
in divenire, e in un divenire difficilmente
reversibile? Il solo fatto che lo stato di
guerra sia diventato, per i Paesi aderenti
all’Unione, un fatto del tutto improbabile,
e ciò sulla base di un grande processo
pacifico di integrazione commerciale ed
economica, avrebbe compiaciuto come
una luminosa conferma delle sue teorie sul
doux commerce il barone di Montesquieu.
Il fatto che il problema tedesco, incubo
dell’Europa moderna, sia stato risolto pacificamente, non si deve forse alla capacità
politica ed economica dell’Unione di
assorbirlo senza grandi traumi? Il fatto che
tre Paesi mediterranei, Grecia Spagna e
Portogallo si siano potuti liberare di regimi
fascisti, transitando dalla depressione economica e dall’oppressione politica alla
democrazia e alla prosperità, non si deve
in gran parte all’attrazione politica e all’efficacia pratica dell’Unione? Il fatto che
otto Paesi dell’Europa orientale, liberati
dalla cappa di piombo sovietica, possano
guardare oggi con fiducia a una condizione
di economia libera ma non sregolata e caotica, avrebbe potuto realizzarsi senza l’incubatrice dell’Unione?
Ma come fa uno studioso serio come
Ernesto Galli della Loggia ad affermare
che l’integrazione europea è un processo
senza contenuti? Forse la ragione vera di
questa requisitoria, è lo stesso Galli della
Loggia a rivelarla, quando afferma l’assenza di una identità europea distinta da
quella americana. Certo, democrazia e
108
diritti umani sono retaggio comune degli
europei e degli americani. Così come è
comune a tutto l’Occidente la congiunzione delle due grandi forze della democrazia
e del mercato, che ha costituito la formula chiave della sua superiorità, materiale e
civile. Ma è altrettanto certo che il rapporto tra queste due grandi forze, negli ultimi
50 anni, ha assunto, in Europa e in
America, forme diverse: molto più mercatistiche e molto più marcatamente ideologizzate in America, molto più socialmente
e laicamente caratterizzate in Europa.
Insomma, di Occidente, ce ne sono due.
Ed è bene che sia così. Un Occidente
tutto americano, guidato da una leadership fanatica e irresponsabile come quella
dei cosiddetti neocons, configura una condizione mondiale di tragica instabilità. Gli
Stati Uniti d’Europa costituirebbero un
formidabile fattore di equilibrio e di stabilità mondiale: anche a vantaggio degli
Stati Uniti d’America.
Non è sufficiente questa funzione mediatrice ed equilibratrice per dare una risposta a Galli della Loggia quando domanda:
a che cosa vuole servire l’Europa? Proprio
a questo: a evitare la deriva di un mondo
che una Superpotenza solitaria si rivela
impotente a governare. A porre il primo
tassello di una nuova grande rete di superpotenze che siano in grado di affrontare
insieme, attraverso la cooperazione, i problemi suscitati da una globalizzazione sregolata. Ma che c’entrano le radici giudaico-cristiane e perché non quelle illuministiche, in tutto questo?
È del tutto inutile prendersela con Prodi e
con le istituzioni europee. Bisognerebbe
piuttosto criticare e contestare coloro –
leader e forze politiche e chierici della
pubblica opinione – che mettono i bastoni
tra le ruote di un processo di integrazione
che, nonostante tutto, avanza faticosamente.
Diceva André Maurois che «l’umanità progredisce attraverso la realizzazione di cose
ritenute impossibili». L’Unione Europea è
una di queste.
DATA: 13.05.2004
HANNOSCRITTO
DI LUCIANO BARILE
GUARDARE A EST
SENZA TROPPE PAURE
Martin Kannegiesser, leader dell’associazione degli imprenditori metalmeccanici,
giudica i rischi e le chance dell’Europa a
25: «Dovremo inventare nuove forme di
ripartizione del lavoro in Europa, necessaria più flessibilità»
aumenterà senza dubbio, all’Ovest verso il
basso e all’Est verso l’alto, finché a un
certo punto non si riuscirà a trovare un
equilibrio. Il problema esiste in tutta
Europa, anche in quella meridionale, ma
sarà particolarmente sentito in Germania,
che ha i salari più elevati del Continente.
Quanti posti di lavoro costerà alla
Germania l’allargamento? Il consiglio di
Martin Kannegiesser è da quattro anni al fabbrica della Siemens già parla di sistevertice del Gesamtmetall, la più potente matica ritirata del gruppo dalla Germania.
associazione imprenditoriale tedesca, in Ha senso secondo lei parlare a questo
cui sono organizzate le aziende del settore riguardo di “patriottismo”?
elettrometalmeccanico della Germania. Produrre in Germania o in un altro Paese
Nel prossimo mese di giugno Kannegiesser non è una questione di patriottismo, bensì
riproporrà la sua candidatura per altri di tecnica e di economia aziendale. Nel
quattro anni. Il presidente del Gesamtmetall calcolo dei vantaggi assicurati dal trasferiè un convinto assertore della Agenda mento delle produzioni in Paesi a bassi
2010, il progetto di riforme economiche livelli salariali, dovremo, però, sottrarre i
presentato nel marzo 2003 dal cancellie- vantaggi nel produrre in patria. Negli anni
re federale Gerhard Schröder.
abbiamo accumulato in Germania strutture, investimenti, impianti, uomini, fornitoL’allargamento a Est è una grande oppor- ri. Sono elementi che non potremo certo
tunità per l’Unione Europea, ma almeno creare all’estero da un giorno all’altro.
in una fase iniziale comporta anche alcu- Detto questo, sono convinto che la
ni rischi. Ritiene che la Germania sia par- Germania potrà continuare a produrre a
ticolarmente esposta?
casa propria, ma a due condizioni: le
Da un punto di vista politico, l’allarga- aziende tedesche devono prima di tutto
mento è un evento straordinario e assicu- aumentare la velocità dei processi innovara alla Germania particolari vantaggi. Da tivi; e in secondo luogo devono mettere a
un punto di vista economico, invece, è un punto con i propri dipendenti un progetto
progetto che accanto a grandi possibilità che non resti limitato al problema dei
porta con sé anche dei rischi. Le chances salari e agli orari di lavoro, ma che definiderivano dal fatto che da 50 anni a questa sca una vera e propria politica di sviluppo.
parte l’industria tedesca intrattiene particolari rapporti con questa parte dell’Europa. E per quanto riguarda l’accusa di “assenPer il settore metalmeccanico che per due za di patriottismo”?
terzi vive della domanda estera, le oppor- Stiamo costruendo una nuova area econotunità poi sono di doppia natura. mica europea. Se vogliamo veramente fare
Beneficerà di una crescita dell’export e le cose sul serio, non possiamo più contidella possibilità di trasferire parte delle nuare a pensare in termini di categorie
sue produzioni e servizi in Paesi che nazionali.
hanno salari e imposte molto bassi in
grado di assicurare a livello mondiale ulte- Un accordo tra la direzione aziendale e un
riore competitività alla nostra produzione. consiglio di fabbrica può essere relativamente semplice da trovare. Più difficile,
E i rischi di quale natura sono?
invece, è mettersi d’accordo con il sindaLa nascita di un’area economica com- cato IG-Metall, che secondo molti osserprendente due regioni con livelli di vita vatori fatica ad accettare l’idea di introcosì diversi può provocare tensioni sociali. durre maggiore flessibilità degli orari di
La pressione sui salari, per esempio, lavoro.
➔
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DATA: 13.05.2004
HANNOSCRITTO
DI LUCIANO BARILE
Il problema dell’IG-Metall è la sua incapacità di staccarsi dagli schemi e dalle visioni di ieri, anche se negli ultimi 10 anni
qualcosa è cambiato. Pur restando ancora
arroccato su alcune delle sue posizioni
dogmatiche, il sindacato sta, comunque,
dando prova di una maggior attenzione
alle necessità delle singole aziende. Nel
settore elettromeccanico l’IG-Metall si è
impegnato a rivedere verso il basso gli
accordi salariali, qualora la particolare
situazione di un’azienda lo richieda. Il sindacato, si è reso conto che con un unico
tipo di contratto non è più possibile
rispondere alle diverse esigenze delle
aziende.
Che cosa propongono invece gli imprenditori del settore metalmeccanico, il più
importante in Germania?
È troppo riduttivo semplificare il problema dicendo lavorate di più, altrimenti le
produzioni vanno all’estero. Dovremo
inventare necessariamente nuove forme
di ripartizione del lavoro in Europa.
Certamente alcune produzioni verranno
trasferite in altri Paesi, ma nello stesso
tempo dovremo riflettere su quali prodotti, quali servizi possiamo continuare a
produrre in Germania. Questo schema
richiederà molta più flessibilità e sicuramente anche moderazione salariale.
Probabilmente sarà necessario anche
lavorare di più, con o senza conguaglio
salariale, e con una migliore qualificazione dei dipendenti.
economia come quella tedesca era in
grado di fare un simile miracolo.
C’è il pericolo che l’allargamento della Ue
a Est aggravi i problemi della Germania
Orientale?
Credo proprio di sì: chi in questo momento
pensa a un grosso investimento sicuramente non deciderà di farlo in Germania Est,
che non è né un nuovo mercato, né offre
evidenti vantaggi nei costi di produzione.
Ho l’impressione che il Governo federale e
l’industria tedesca dovranno concentrare i
propri sforzi su quei settori che hanno dato
prova di dinamismo. Non ha senso continuare a sovvenzionare settori che si sono
rivelati una botte senza fondo. Bisogna che
i tedeschi dell’Est prendano delle iniziative
invece di limitarsi ad aspettare che arrivino
i soldi dall’Ovest.
Dopo quasi 14 anni di riunificazione del
Paese ci sono ancora molte difficoltà di
comprensione tra i tedeschi dell’Est e
quelli dell’Ovest.
Rimangono molti pregiudizi. I tedeschi
dell’Ovest guardano dall’alto in basso i
tedeschi dell’Est, e questi ultimi non si
sentono rispettati. La realtà è che si conoscono sempre molto poco. All’Ovest si è
radicata l’idea che i tedeschi orientali
siano un po’ duri di comprendonio, senza
iniziativa. All’Est si pensa invece che i
tedeschi occidentali siano arroganti,
superficiali, senza cuore. Il fatto è che i
tedeschi orientali hanno avuto dall’unificazione grandi aspettative, che non si
Il recente rapporto sulla situazione dei sono avverate. Siamo un unico popolo, ma
Lander orientali pubblicato dal gruppo a causa della lunga divisione del Paese,
degli esperti “Gespracheskreis Ost” è un all’Est ci sono i parenti poveri e all’Ovest
impressionante documento sul fallimento ci sono, invece, quelli ricchi. I rapporti in
della politica tedesca nella ricostruzione questi casi sono sempre molto difficili. I
della Germania Est.
parenti poveri non riescono a dimenticare
Abbiamo sottovalutato le difficoltà dell’u- i loro complessi, quelli ricchi si aspettano
nificazione. Abbiamo promesso “fiorenti sempre riconoscenza quando danno qualpaesaggi” quando in realtà dovevamo cosa. Anche se il livello di vita è molto
avvertire i tedeschi orientali che avremmo migliorato negli ultimi dieci anni, in molte
avuto davanti a noi una lunga transizione. zone della Germania Est ci sono ancora
Abbiamo pensato che avremmo potuto, situazioni drammatiche soprattutto per
grazie al semplice trasferimento di risorse, quei giovani che non trovano lavoro.
aumentare il loro livello di vita senza chiedere loro sacrifici. Neppure una potente
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