AIAS 2015 - 509 PROGETTO E OTTIMIZZAZIONE DI UNO SHAKER

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AIAS 2015 - 509 PROGETTO E OTTIMIZZAZIONE DI UNO SHAKER
AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
44° CONVEGNO NAZIONALE, 2-5 SETTEMBRE 2015, – UNIVERSITÀ DI MESSINA
AIAS 2015 - 509
PROGETTO E OTTIMIZZAZIONE DI UNO SHAKER
ELETTROMAGNETICO PER ALTE FREQUENZE
P. Neria
a
Università di Pisa - Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale,
Largo L. Lazzarino2, 56122 Pisa, e-mail: [email protected]
Sommario
La caratterizzazione dinamica delle strutture rappresenta un problema cruciale per l’industria. I test
sperimentali richiedono una sorgente di eccitazione capace di operare in un range di frequenze molto
ampio. Le soluzioni commerciali presentano limiti in termini di frequenze di lavoro e di ingombri. Per
questo motivo, questo lavoro espone la progettazione di uno shaker elettromagnetico sviluppato presso
i laboratori dell’Università di Pisa. Il dispositivo è pensato per l’eccitazione della palettatura rotorica
dei compressori centrifughi (uno shaker per paletta). È stato quindi necessario progettare un
dispositivo compatto, in grado di operare nel range di frequenza 1–10 kHz. Sono state inoltre
analizzate 4 soluzioni per la connessione shaker-struttura: “beam stinger” (ϕ = 1 mm), “wire singer” (ϕ
= 0.2 mm), “ball stinger” (ϕ = 3 mm) con sede conica e con sede sferica. Le prove sperimentali
eseguite su un prototipo hanno consentito di verificare le prestazioni dell’eccitatore e dei vari stinger.
Abstract
Structures dynamic characterization represents a crucial issue in industry. Experimental tests require
an excitation source able to work in a wide frequency range. Commercial solutions have severe
limitations in terms of working frequency and dimensions. This is the reason why this work presents
the design of a custom electromagnetic shaker developed by University of Pisa. The device is aimed to
the excitation of rotor blades of centrifugal compressors (one shaker on each blade). A really compact
solution was then needed, having a working frequency range of 1–10 kHz. Four different solution
were also analyzed for shaker-structure connection: “beam stinger” (ϕ = 1 mm), “wire singer” (ϕ = 0.2
mm), “ball stinger” (ϕ = 3 mm) with conical slot and spherical slot. Experimental tests performed on a
shaker prototype allowed do verify the performances of the exciters and of the different stingers.
Parole chiave: Shaker elettromagnetico, Stinger, Ruote palettate, Analisi di risposta armonica.
1. INTRODUZIONE
L’analisi modale sperimentale (Experimental Modal Analysis, EMA) e l’analisi di risposta armonica
(Harmonic Response Analysis, HRA) sono essenziali per la caratterizzazione dinamica delle strutture.
Ogni volta che un componente è eccitato da un carico ciclico, è necessaria un’accurata conoscenza
della sua risposta vibratoria per evitare l’eccitazione di risonanze che potrebbero determinare un calo
di efficienza o anche rottura per fatica. Le ruote palettate ad alta velocità di rotazione, come quelle dei
compressori e delle turbine, sono esempi tipici di componenti che subiscono un’eccitazione con
componenti armoniche ad alta frequenza. Le palette interagiscono con il fluido proveniente dai vani
statorici [1,2,3], cosicché si sviluppano eccitanti ad alta frequenza a seconda della velocità di rotazione
della macchina. Tipicamente vengono impiegati dei test EMA per studiare questo tipo di componenti
[4,5] impiegando configurazioni a singolo o doppio shaker. I test HRA richiedono invece un set-up più
complesso, dato che è necessario un numero elevato di eccitatori per riprodurre correttamente le
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condizioni operative; in particolare, è necessario un eccitatore su ogni paletta. Dato che il numero di
palette del componente può essere piuttosto elevato (15-20), l’ingombro laterale dello shaker
rappresenta un vincolo molto stringente per questa applicazione. In letteratura vengono suggeriti
diversi metodi di eccitazione senza contatto, che presentano però delle limitazioni in termini di forze
applicate e massima frequenza operativa [6], mentre nel presente lavoro viene considerato un range di
frequenza molto ampio: 1-10 kHz. Per questo motivo sono stati presi in considerazioni gli shaker
elettromagnetici. Le soluzioni commerciali disponibili sul mercato non sono risultate in grado di
coprire tutto il range di frequenza desiderato rispettando i vincoli di ingombro, per cui si è optato per il
progetto di un dispositivo ad-hoc. Un bobina di rame viene avvolta intorno a un supporto e allineata
con un magnete permanente cilindrico, che viene poi collegato alla struttura per trasmettere
l’eccitazione. Sono stati implementati dei modelli analitici e numerici per ottimizzare la geometria del
dispositivo, allo scopo di raggiungere i valori di forza desiderati rispettando i vincoli di ingombro e
frequenza operativa. Il maggior difetto di questa soluzione è rappresentato dalla connessione tra
paletta e eccitatore, che rischia di influenzare la risposta dinamica del componente. Sono state quindi
studiate diverse soluzioni per la connessione shaker-struttura (stinger), allo scopo di ridurre gli effetti
inerziali causati dalla parte mobile dello shaker (ovvero magnete permanente e cella di carico). Lo
scopo dell’analisi consiste nell’individuazione di uno stinger capace di trasmettere esclusivamente il
carico lungo l’asse dello shaker, filtrando gli altri contributi di forza e momento. In questo modo è
possibile minimizzare la differenza tra la forza misurata dalla cella di carico e la forza effettivamente
applicata alla struttura. Sono state confrontate diverse configurazioni: connessione rigida, “beam
stinger”, “wire stinger” e “ball stinger”. Sono stati eseguiti dei test sperimentali per studiare gli effetti
di ogni stinger confrontando le Frequency Response Functions (FRF) nelle varie configurazioni.
2. PROGETTO DELLO SHAKER ELETTROMAGNETICO
Le specifiche da rispettare nella progettazione dello shaker sono riassunte in Tabella 1.
Tabella 1: Specifiche dello shaker
Grandezza
Range frequenza
Raggio massimo
Forza massima (10 kHz)
Valore
1 – 10 kHz
17 mm
0.1 N
La soluzione costruttiva scelta prevede una bobina avvolta su un supporto (parte fissa) allineata
assialmente con un magnete permanente (parte mobile). Il magnete permanente permette di ottenere
una densità di forza elevata, limitando quindi il volume della parte mobile. Per questa applicazione
sono stati scelti magneti al Neodimio, reperibili in una vasta gamma di dimensioni e a prezzi
contenuti. L’impiego di magneti permanenti ha anche permesso di sviluppare dei modelli analitici e
numerici relativamente semplici, consentendo una rapida ottimizzazione della geometria. Tutti i
componenti strutturali dello shaker sono stati progettati in alluminio (non ferromagnetico), in modo da
non influenzare il campo magnetico generato dalla bobina. Sono stati considerati anche materiali non
metallici (plexiglass), che presentavano però delle limitazioni sulle lavorazioni realizzabili e sono
quindi stati scartati in questa fase dell’attività di ricerca. Di conseguenza, sarà necessario
sovradimensionare il sistema di amplificazione per far fronte alle perdite per correnti parassite,
monitorando inoltre il riscaldamento del dispositivo alle frequenze più elevate.
2.1. Modelli analitici e numerici
In letteratura vengono presentati diversi approcci per modellare l’interazione tra il campo generato da
un solenoide e un magnete permanente [7]; in particolare, due modelli analitici sono stati studiati nel
presente lavoro. Il primo, e più semplice, impiega la legge di Biot-Savart per determinare la densità di
flusso magnetico sull’asse di una spira percorsa da corrente. Il solenoide viene modellato come un
cilindro forato, con la bobina avvolta tra r1 e r2 (raggio interno ed esterno del solenoide). Per prima
cosa si considera una porzione cilindrica della bobina di estensione radiale dr e asse z. Si ipotizza che
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in ogni segmento di altezza dz sia contenuto un numero di spire pari a N/(L(r1- r2))dzdr, dove N indica
il numero totale di avvolgimenti e L rappresenta la dimensione assiale del solenoide. L’intensità di
può quindi essere calcolata al variare della coordinata z considerando il contributo di ogni area
infinitesima dA = dzdr e integrando da –L/2 a L/2 e da r1 a r2 (l’origine del sistema di riferimento
coincide con il centro del solenoide). È quindi possibile calcolare il valore di | |, ipotizzando che vari
esclusivamente lungo z, rimanendo quindi costante lungo il raggio. Questa ipotesi semplificativa
introduce un errore che decresce se la lunghezza del solenoide L aumenta rispetto al raggio. Il magnete
permanente viene invece modellato come un cilindro di altezza h e raggio Rm e magnetizzazione
costante pari a M. Con questa procedura è quindi possibile calcolare il campo magnetico all’interno
del solenoide [8] e anche la forza agente sul magnete permanente [7]:
 r  r 2  ( z  L / 2) 2
2
B1  ( z  L / 2) ln 2
 r  r 2  ( z  L / 2) 2
1
 1




2
2
 r  r  ( z  L / 2) 
2

B2  ( z  L / 2) ln 2
 r  r 2  ( z  L / 2) 2 
1
 1


 0 IN
( B1  B2 )
B z ( z ) | B z ( z ) |
2 L( r2  r1 )
Rm2 M
F ( z) 
( B z ( Z  h / 2))  B z ( Z  h / 2))
0
dove 0 è la permeabilità magnetica nel vuoto, Z rappresenta la distanza tra il centro del solenoide e
il centro del magnete permanente e I è la corrente che circola nel solenoide.
Il secondo modello considerato si basa sul così detto “shell method”. Il solenoide viene modellato
come una serie di superfici cilindriche in cui la densità di corrente I/Nr (dove Nr è il numero di
avvolgimenti in direzione radiale). Anche il magnete permanente viene modellato come una superficie
cilindrica in cui circola una densità di corrente legata al valore di M. la forza totale agente sul magnete
permanente può quindi essere ottenuta sommando il contributo (Fs) di tutte le superfici cilindriche in
cui viene discretizzato il solenoide:
F (Z ) 
1
Nr
Nr
 F (R
n 1
s
m
, rn , h, L, Z )
dove rn rappresenta la distanza radiale tra l’asse del magnete permanente e l’n-esima superficie
cilindrica. L’espressione di Fs è illustrata in [9,10] e richiede l’impiego di integrali ellittici completi
del primo, secondo e terzo tipo.
Entrambi i modelli illustrati sono stati implementati in un foglio di calcolo, restituendo risultati molto
simili in termini di stima della forza, Figura 1. La figura riporta anche i risultati della validazione
sperimentale effettuata e descritta nel seguito.
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0.5
Biot-Savart model
Shell model
Exp. results
0.4
r2
h
r1
0.3
F (N)
Rm
Z
0.2
L
0.1
0
20
40
Z (mm)
60
Figura 1: Confronto tra i modelli analitici (L/r1 = 5) e validazione sperimentale
I modelli sono quindi stati impiegati per identificare i parametri geometrici del solenoide e ottimizzare
l’intensità della forza. Dato che alcune dimensioni erano imposte dalla specifica (Tabella 1), i modelli
analitici sono stati fondamentali per la scelta delle grandezze libere quali la lunghezza L e le
dimensioni del magnete permanente. I parametri scelti per la geometria sono riportati in Tabella 2.
Tabella 2: Dimensioni dello shaker
Grandezza
r1
r2
L
Φ filo
N
H
Rm
Valore
10 mm
15 mm
50 mm
1.2 mm
150
30 mm
5 mm
2.2. Supporto della parte mobile
Il supporto di collegamento tra parte fissa e parte mobile dello shaker rappresenta un problema
cruciale nel progetto del dispositivo. A seconda dello stinger che si desidera impiegare, l’eccitatore
può dover lavorare senza precarico statico (“beam stinger”), con precarico di trazione (“wire stinger”)
o con precarico di compressione (“ball stinger”). Il supporto della parte mobile deve quindi essere in
grado di trasmettere il precarico desiderato, rimanendo comunque quasi insensibile a eccitazioni ad
alta frequenza. Per questo motivo si è scelto di impiegare una membrana elastica. Un disco di gomma
viene incollato sul diametro esterno del supporto e collegato tramite forza magnetica ai cilindri
magnetici che compongono la parte mobile. In questo modo la parte mobile è supportata in condizioni
(quasi) free-free [11] nella direzione assiale. La rigidezza radiale del supporto risulta comunque molto
maggiore di quella assiale, garantendo un supporto statico adeguato per qualsiasi orientamento in fase
di montaggio. Questo montaggio ha però introdotto un vincolo aggiuntivo sulle dimensioni dello
shaker. Dato che la rigidezza del supporto elastico dipende fortemente dalla porzione di membrana
libera (non incollata), il gioco tra il diametro interno della bobina e il diametro esterno del magnete
permanente non può essere ridotto arbitrariamente. La Figura 2 mostra una vista in sezione schematica
del supporto elastico. Il magnete permanente è stato realizzato collegando diversi cilindri separati, che
sono collegati tra loro (e alla membrana) tramite la reciproca forza magnetica. In questo modo è stato
possibile ottenere una connessione semplice ed affidabile tra le parti fissa e mobile del dispositivo
mantenendo gli ingombri estremamente ridotti. Inoltre, la soluzione scelta permette di applicare
precarichi sia di trazione sia di compressione.
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Incollaggio
Cilindro
magnetico
Filettatura di
montaggio
Membrana
elastica
Figura 2: Vista in sezione del supporto elastico
3. TEST DELLO SHAKER
I modelli descritti hanno permesso di determinare le dimensioni del dispositivo per rispettare le
specifiche indicate nella Tabella 1. I modelli stimano la forza di interazione tra il magnete permanente
e la bobina, che corrisponde con la forza effettivamente applicata alla struttura soltanto in campo
statico. Per prima cosa è stato quindi realizzato un test statico (ovvero a corrente continua) su un
prototipo di shaker (Figura 3 (a)) consentendo di validare i modelli analitici proposti (Figura 1).
Quando lo shaker è alimentato con un segnale variabile nel tempo, tra la forza agente sul magnete
permanete e la forza trasmessa alla struttura esiste una differenza pari al prodotto tra la massa e
l’accelerazione della parte mobile del dispositivo. Per questo motivo sono stati anche eseguiti dei test
in campo dinamico, per verificare che la specifica sulla forza massima risulti soddisfatta fino alla
massima frequenza operativa di 10 kHz. È stato quindi attrezzato un set-up sperimentale semplificato
in cui lo shaker è vincolato a un supporto fisso e collegato a una struttura molto rigida. In particolare, è
stato impiegata una trave in acciaio di sezione 60 x 100 mm avvitata a un supporto fisso. La parte
mobile dello shaker è stata quindi collegata alla trave mediante una cella di carico piezoelettrica e un
dischetto magnetico, Figura 3 (b). In questo test non è stato impiegato nessuno stinger in modo da
isolare il comportamento dello shaker. Il segnale di controllo per lo shaker è stato generato tramite il
generatore di funzione SCADAS (LMS). Per alimentare il dispositivo è stato impiegato un
amplificatore audio Behringer EP2000. I valori di tensione e corrente applicati sono stati misurati
insieme alla forza letta dalla cella di carico, in modo da controllare le proprietà elettriche e meccaniche
del dispositivo. È stato imposto un limite sulla corrente di 10 A, dato che il diametro del filo di rame
impiegato è di 1.2 mm e non può quindi sopportare intensità di corrente così elevate per più di alcuni
minuti. In ogni caso, questo limite è stato raggiunto solo alla frequenza più alta (a 10 kHz sono
necessari circa 10 A per produrre un picco di forza di 0.14 N), per cui il surriscaldamento dello shaker
rappresenta un potenziale rischio solo per test di lunga durata a frequenze elevate. Dato che le
condizioni di test effettive non richiedono lunghi tempi di eccitazione, il risultato è stato considerato
soddisfacente.
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Figuura 3: Test efffettuati sulloo shaker: (a) test
t statico e (b) test dinaamico
4. CONF
FRONTO DE
EGLI STINGE
ER
Una voltta accertato il
i rispetto deelle specifichhe da parte dello
d
shaker, l’attenzione è stata sposstata sulla
caratterizzzazione dei differenti stinger. Il ccomportamen
nto ideale di
d uno stinge
ger sarebbe quello
q
di
trasmetteere solamentte la compon
nente di cariico lungo laa direzione scelta, filtranndo completaamente le
altre 5 coomponenti (ovvero due forze
f
e 3 moomenti). Per studiare l’eff
fficacia delle varie soluziioni prese
in considderazione è stato
s
allestito
o un banco pprova, Figuraa 4. Due shak
ker sono satii montati su una
u trave
a mensolla lungo duee direzioni orrtogonali trassversali rispeetto alla travee.
Figuura 4: Set-up
p del banco pprova per la caratterizzazi
c
ione degli stiinger
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All’estreemità dello shaker verticale viene m
montata unaa cella di caarico, che viiene poi colllegata al
provino tramite lo sttinger che sii desidera teestare. Lo sh
haker orizzon
ntale viene ccollegato allaa cella di
carico veerticale tram
mite un “beam
m stinger” e un’altra cellla di carico. Viene impiiegato un viibrometro
laser a efffetto doppleer per misuraare la velocittà di vibrazio
one del provino lungo la ddirezione oriizzontale.
Come annticipato, sonno stati consiiderati quattrro diversi stiinger. Dato che
c alcuni di questi necesssitano di
un precaarico in trazioone o in com
mpressione, llo shaker verrticale è stato
o impiegato esclusivamente come
supportoo per applicaare il carico desiderato, e non viene quindi eccitato durante lle prove. Laa corrente
circola eesclusivamennte nel soleno
oide dello shhaker orizzon
ntale, e vienee calcolata laa Frequency Response
R
Functionn (FRF) tra la forza misu
urata dalla ceella di carico orizzontale e la velocitàà misurata daal laser in
direzionee orizzontalee. Stinger più rigidi (e quindi meno efficaci) determinano
d
una FRF non
n nulla,
mentre sstinger più cedevoli
c
dov
vrebbero garrantire un efficace filtraaggio della ccomponente di forza
orizzontaale, determinnando FRF con
c valori moolto bassi. Peer ottenere un valore di ri
riferimento, la
l cella di
carico veerticale è staata incollata al
a provino, ssenza quindi impiegare alcuno
a
stingeer. Dopodiché il test è
stato ripeetuto impieggando i segueenti stinger: “beam stinger” (nessun precarico,
p
ϕ = 1 mm, l = 10 mm),
“ball stinnger” (precaarico di compressione, ϕ = 3 mm), “wire
“
stingerr” (precaricoo di trazione, ϕ = 0.2
mm, l = 7 mm). Nel caso del “b
ball stinger””, sono stati considerati due
d diversi ssupporti per tenere la
sfera nellla posizionee di equilibrio sulla cellaa di carico: su
upporto con cava sfericaa e supporto con cava
conica. L
La Figura 5 mostra
m
una foto
fo del monttaggio del “b
ball stinger”.
Figura 5: Set-up con ball
b stinger
I vari stiinger oggettoo di esame so
ono stati avvvitati alla cellla di carico e incollati alll’estremità della trave
a mensola. Fa ecceziione il “ball stinger”, chee non necessiita di incollaggio, sempliificando le operazioni
di montaaggio e aumeentando l’afffidabilità dellla connession
ne. La Figura 6 mostra ill confronto trra le FRF
ottenute durante i tesst con i vari stinger.
s
Com
me si può ved
dere, tutte le FRF mostraano un picco intorno a
5500 Hzz, che corrispponde a una frequenza
f
di risonanza della trave a mensola.
m
Le FRF corrispondenti a
incollagggio, “beam stinger”,
s
“wirre stinger” e “ball stinger” con cava conica mostrrano uno o più
p picchi
a frequennze inferiorii a 4000 Hz. Al contrarioo, la soluzion
ne “ball stinger” con cavva sferica deetermina i
valori piiù bassi della FRF in tuttto il range ddi misura, riiportando un
n solo picco in corrispon
ndenza di
5500 Hzz. Per questo motivo la so
oluzione “baall stinger” con cava sferica è stata riitenuta la migliore sia
come effficacia sia coome sempliciità di impieggo.
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MBRE 2015
Figura 6:
6 Risultati ddel test: FRF lungo la direezione X
4. CONC
CLUSIONI
Questo lavoro pressenta la pro
ogettazione e l’ottimizzzazione di uno
u
shaker elettromagn
netico. Il
dispositiivo deve opperare in un
n range di ffrequenza molto
m
ampio,, mantenenddo dimensio
oni molto
compattee. È stata quindi
q
scelta una configgurazione co
on solenoide e magnete permanentee, che ha
dimostraato di soddisfare tutte le specifiche im
mposte. Inolttre vengono presentate ddiverse config
gurazioni
per la coonnessione trra shaker e sttruttura: incoollaggio, “beam stinger”, “wire stingeer”, “ball stin
nger” con
due diffeerenti sistem
mi di supporto
o (cava conicca e cava sfeerica). Il “baall stinger” coon supporto con cava
sferica hha dimostraato la magg
gior efficaciaa in termin
ni di filtragg
gio delle coomponenti di
d carico
trasversaali, essendo comunque
c
laa più conveniiente in term
mini di tempi di montaggioo.
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