Articolo sulla Conferenza di Modena

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Articolo sulla Conferenza di Modena
COMMISSIONECULTURAASI
L’EVOLUZIONE DELLE BENZ
la pioniera dell’automobilismo compie 130 anni
48 | LaManovella | aprile 2016
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250 PERSONE E MOLTI STUDENTI AL CAMPUS DI INGEGNERIA ENZO FERRARI
DELL’UNIVERSITÀ DI MODENA PER IL SECONDO INCONTRO DEL CICLO DI CONFERENZE
CHE PORTANO NEGLI ATENEI ITALIANI LA STORIA DEL MOTORISMO
S
i è tenuta presso il campus universitario di Ingegneria Enzo Ferrari
dell’Università di Modena la seconda conferenza del ciclo organizzato dalla Commissione Cultura Asi dal titolo “1886-1906: Dalla Carrozza senza cavalli all’Automobile”. Il tema prescelto è stata l’evoluzione delle
vetture prodotte dal tedesco Karl Benz, pioniere assoluto del motorismo e precursore della mobilità autonoma tedesca. Nel 2016, la sua Patent Motorwagen
compie 130 anni.
Karl Benz, nacque a Karlsruhe, in Germania, nel 1844. Nonostante le difficoltà economiche causate dalla perdita prematura del padre, poté crescere
nella città natale ricevendo un’educazione scolastica completa, prima al liceo poi all’Università Tecnica, la prima Facoltà d’Ingegneria fondata. Fu, quindi, in grado di sviluppare i suoi progetti giovandosi di tutte le conoscenze
scientifiche a quel tempo disponibili. Dopo una breve esperienza lavorativa,
come apprendista alla Karlsruher Maschinenfabrik, fondò diverse attività in
(prima parte)
proprio che stentarono, tuttavia, a decollare per la scarsità di fondi
a disposizione. Solo nel 1883 trovò i finanziamenti sufficienti per
costituire, a Mannheim, un’azienda per la costruzione di motori, la
Benz & C., Rheinische Gasmotorenfabrik; si occupava di motori a
due tempi, nonostante Benz ritenesse le loro prestazioni inferiori a
quelli a quattro tempi: la scelta fu un ripiego imposto dai brevetti di
Nikolaus Otto, a quel tempo ancora validi. Tuttavia, essi ottennero
un discreto successo nelle applicazioni stazionarie, beneficiando di
unici ed efficaci sistemi di accensione e lavaggio.
La sentenza della Corte Suprema Imperiale del 1886 revocò i brevetti di Otto, liberando Benz da ogni vincolo nei confronti del motore a quattro tempi sul quale evidentemente aveva già lavorato:
nello stesso anno della sentenza, infatti, poté presentare il brevetto
di un veicolo propulso da un simile motore.
Ritratto di Karl Benz
(1844 - 1929).
Sotto, la Patent Motorwagen
al momento
della sua presentazione.
A destra, vista in pianta
della Patent Motorwagen,
dal brevetto USA del 1888.
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L’esame di questo documento è particolarmente interessante, perché permette di valutare indirettamente quanto lo stato delle conoscenze acquisite
fosse già maturo per il concepimento di un’automobile. Infatti questo, non
rivendica né che il veicolo fosse propulso da un motore, né che questo sia
del tipo a gas (nome allora usato per il motore a scoppio a quattro tempi),
né che il gas sia prodotto a bordo con un combustibile liquido facilmente
trasportabile. Siegfried Marcus aveva già ideato un carburatore e costruito
qualcosa di simile.
Fu invece rivendicato che il motore avesse l’asse di rotazione in posizione
verticale e che fosse impiegata una leva di comando unica, il cui movimento nei due sensi innestava la frizione o la disinnestava, comandando
il freno nello stesso tempo. Benz era infatti preoccupato da due problemi
che oggi riterremmo marginali: la possibile influenza negativa del momento giroscopico del pesante volano, che avrebbe potuto ostacolare
l’inserimento in curva del veicolo, e le difficoltà che avrebbe affrontato
il guidatore, dovendosi destreggiare nell’uso combinato di freno e frizione, per arrestare il veicolo senza bloccare il motore. Sembra, quindi,
non corretto definire la Patent Motorwagen (carro a motore brevettato)
un’invenzione ma, piuttosto, la prima realizzazione pratica di un’automobile, costruita economicamente per essere venduta. Le tecnologie fondamentali erano infatti già disponibili, anche se in forma teorica o validate
solo da prototipi di laboratorio, ma si doveva ancora, e non era certo
poca cosa, trovare soluzione ai numerosi problemi di ordine pratico che
si ponevano per una fabbricazione in piccola serie.
Il 5 settembre 1886, la Patent Motorwagen apparve per le strade di
Mannheim: era questa la prima uscita mondiale di un’automobile sufficien-
temente affidabile da funzionare in modo continuato e ripetibile. Il fatto fu
commentato dal Generalanzeiger, il quotidiano di Mannheim, con queste
parole: “un velocipede propulso da gas di ligroina e progettato dalla Benz &
C. Rheinische Gasmotorenfabrik è stato condotto questa mattina sulla circonvallazione per una prova. Noi pensiamo che questo veicolo possa avere
un promettente futuro, perché può essere usato senza troppe difficoltà e
perché, se la sua velocità potrà essere aumentata, diventerà il mezzo di
trasporto più economico per viaggiatori di commercio e, magari, anche per
turisti”.
Il combustibile prescelto da Benz era, quindi, la ligroina, o etere di petrolio,
un distillato con tensione di vapore molto bassa, disponibile allora nelle
farmacie, in seguito denominato commercialmente benzina (il nome benzina ha origine tedesca ma non deriva, come sembrerebbe, da Benz; si pensa
sia una storpiatura di Bizerte ossia Biserta, dal cui porto provenivano in
Germania, fin dal Medioevo, le sostanze gregge usate per la preparazione di
diversi derivati del petrolio). Solo un derivato del petrolio poteva garantire
una scorta di energia adeguata a una sufficiente autonomia.
Gli elementi del telaio del veicolo furono realizzati, su disegno di Benz,
dall’Adler, una nota fabbrica tedesca di biciclette, seguendo le tecnologie note a quel tempo; struttura in tubi d’acciaio piegati e saldo-brasati,
sottili ruote con raggi metallici e coperture in gomma piena, cuscinetti a
sfere sciolte nei mozzi. Il peso totale del veicolo, a due posti, era di soli
260 kg. Il motore aveva un solo cilindro (alesaggio di 90 mm, corsa di
150, cilindrata di 954 cm3), disposto con asse orizzontale e longitudinale.
L’albero a gomito era caratterizzato, per quanto motivato dal brevetto,
dall’asse di rotazione verticale. Albero a gomito, volano e rinvio conico
La Patent Motorwagen del 1886 è un triciclo dotato della sola sospensione posteriore (Museo Mercedes).
A destra, sotto, vista posteriore della Patent Motorwagen;
si può facilmente identificare il pesante volano orizzontale.
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Bertha Benz.
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erano esposti alle intemperie e lubrificati mediante oliatori a caduta, posti nei punti nevralgici. Il
rinvio conico aveva il duplice scopo di comandare
la puleggia di trasmissione e la distribuzione, ottenuta con una valvola a cassetto, per lo scarico, e
una valvola a fungo, per l’aspirazione. Il carburatore era del tipo a superficie, visibile sulla sinistra
della fotografia, dietro il serbatoio cilindrico orizzontale per la benzina; esso era costituito da un
recipiente verticale a livello costante, in cui l’evaporazione della ligroina era facilitata riscaldandola con i gas di scarico. L’aria, risucchiata dalla
depressione creata dal motore, entrava attraverso un’apertura posta sul coperchio e lambiva la
ligroina contenuta nel recipiente, potendosi così
saturare di vapore; una piccola capacità, posta
nel carburatore, evitava che gocce di carburante fossero trascinate nel motore con la miscela
gassosa. Il cilindro del motore era circondato
da un’intercapedine, ricavata nella fusione, in
cui ristagnava dell’acqua; il riscaldamento la
trasformava in vapore, sottraendo calore al
metallo. Una parte del calore era dissipata
attraverso le pareti del serbatoio dell’acqua;
la parte rimanente, la maggiore, trasformava
l’acqua in vapore con rapido consumo della
scorta. Il motore completo pesava 96 kg ed
erogava circa 0,7 CV a 300 giri/min. La velocità massima della vettura era di 16 Km/h.
La Victoria del 1893, prima automobile prodotta in serie, aveva un telaio a quattro ruote,
con un sistema di sterzatura corretta delle ruote anteriori.
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Le ruote di origine ciclistica della Patent Motorwagen
avevano il vantaggio di un peso limitato ma
l’inconveniente di un’intrinseca debolezza strutturale
dovuta alla disposizione dell’asse dei raggi.
Le ruote d’artiglieria
avevano razze di legno,
trattenute fra due dischi
di bronzo e un cerchio
di acciaio; furono sviluppate
per il traino dei pezzi
d’artiglieria e adottate,
per la loro robustezza,
sulle automobili (nel disegno
una ruota motrice).
Il rinvio conico comandava una trasmissione a cinghia a un solo rapporto,
che poneva in rotazione la scatola del differenziale; i suoi planetari comandavano, a loro volta, una trasmissione a catena per ognuna delle ruote posteriori. In questo modo, era possibile imprimere il movimento alle ruote,
anche se sospese e, quindi, mobili rispetto al telaio. La puleggia cilindrica
condotta, posta sulla scatola del differenziale, era affiancata da un’identica folle. Con la leva di comando combinato freno-frizione, era possibile
spostare la cinghia sull’una o sull’altra, ottenendo così l’arresto del veicolo,
senza per questo fermare il motore, e il graduale avviamento, reso possibile
dal temporaneo slittamento della cinghia sulla puleggia. La trasmissione a
cinghia in cuoio fu per molti anni un elemento caratteristico delle automobili Benz.
Benz non trovò, per questa sua prima realizzazione, una soluzione soddisfacente per il comando dello sterzo; rifiutando l’articolazione a ralla, applicata
nelle carrozze a cavalli e in alcune delle prime automobili, scelse uno schema a triciclo, con la ruota anteriore sterzante priva di sospensione.
Risulta che la Patent Motorwagen riuscì a percorrere 940 Km senza guasti
in un’unica missione, consumando 140 litri di ligroina (14,9 l/100 Km), e
1.500 litri di acqua (160 l/100 Km!); quest’ultimo dato evidenzia il punto più
carente del progetto.
Furono costruite altre 24 vetture simili al primo esemplare. Nel 1888, la
moglie di Karl, Berta compì, con la terza, si dice all’insaputa del marito, un
viaggio di circa 190 km per portare i figli a visitare la nonna, proponendosi,
con questa impresa, di convincere gli increduli dell’affidabilità e della facilità di guida del nuovo mezzo.
IL MODELLO SUCCESSIVO: LA VICTORIA
I successivi modelli, la Victoria e la Velo, furono prodotti dal 1893 al 1900
in circa 2.200 unità, una quantità importante in rapporto all’epoca; ancora
oggi, molti esemplari sono reperibili presso musei e collezionisti. Victoria
deriva probabilmente dal nome del tipo di carrozza - un Landau a quattro
posti - che essa imitava nella forma esterna. Si notino la disposizione dei
posti del tipo vis-à-vis, la presenza di quattro ruote, tutte con sospensione,
gli assali collegati a un leggero e flessibile telaio tubolare; il motore, ancora
posteriore, era nascosto in un cofano apribile con due persiane e un coperchio ribaltabile. Si noti anche la scomparsa delle ruote a raggi. Il ripensamento fu causato dal maggiore peso del veicolo. Deve tenersi in conto che
le ruote della Patent Motorwagen, come d’uso a quel tempo nelle biciclette,
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avevano i raggi con asse poco spostato rispetto al mozzo; con questo tipo
di costruzione la ruota era poco adatta a trasmettere la forza motrice e a
collegarsi con le catene di trasmissione: solo più tardi, con l’invenzione dei
raggi tangenti e delle trasmissioni cardaniche, la lacuna poté essere colmata. Furono preferite le ruote di legno tipo artiglieria, costruite a mano con
razze in legno massello, imprigionate in un mozzo in due parti e nel cerchio
d’acciaio forzato a caldo. I cuscinetti, sempre per motivi di robustezza, non
avevano le sfere; il mozzo di bronzo strisciava sul perno dell’assale. La ruota
a denti della trasmissione era collegata con bulloni alle razze. Il meccanismo dello sterzo di tipo brevettato, adottato dalla Victoria, prevedeva che
le ruote anteriori ruotassero su due fusi a snodo permettendo di sterzare
il veicolo senza riduzione della sua stabilità al ribaltamento. Un problema
non secondario consisteva nel trasmettere la rotazione ai fusi, fissi all’assale, con un comando posto sulla carrozzeria sospesa e, quindi, in posizione
mutevole rispetto all’assale. Benz lo risolse in modo originale, trasmettendo
il comando attraverso una coppia di balestre.
Il motore era sistemato con albero orizzontale, senza rinvio conico, essendosi ritenuto irrilevante il problema ipotizzato per il momento giroscopico.
Conservava, tuttavia, le altre caratteristiche di progetto del motore precedente, come il carburatore a superficie e il raffreddamento a evaporazione.
Quale miglioramento rispetto alla Patent Motorwagen fu applicato il serbatoio di ottone, posto sul lato sinistro del vano motore; munito di una serie di alettature, avrebbe dovuto contribuire alla condensazione del vapore
formatosi dall’acqua di raffreddamento. Il consumo d’acqua, pur ridottosi a
circa 16 l/100 Km, restò tuttavia ancora un elemento critico.
Le prestazioni del propulsore, originariamente con cilindrata di 1.724 cm3
raggiungevano 3 CV; successivamente, mediante aumenti di dimensioni, furono elevate a 4 CV (1.990 cm3) nel 1894, a 5 CV (2.650 cm3) nel 1895, e a
6 CV (2.915 cm3) dal 1898. I motori di questi modelli avevano entrambe le
valvole del tipo a fungo; quella di aspirazione era attuata automaticamente
dalla depressione del motore.
La carrozzeria, in legno con rinforzi metallici, era sospesa sui due assali con
balestre ellittiche; erano applicati freni a ceppi sulle ruote posteriori e una
barra antiarretramento, per lo spunto in salita. Questa barra, con l’estremità superiore incernierata sul fondo della vettura, terminava con una punta
arcuata; era normalmente sollevata da terra da una catenella di bloccaggio.
Lasciata strisciare sul suolo affrontando una salita, poteva conficcarsi nel
terreno, arrestando la vettura se questa fosse arretrata. La trasmissione a
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cinghia, con funzioni di folle e di frizione,
già presente sulla Patent Motorwagen, fu
raddoppiata; erano così possibili due linee di trasmissione con rapporto diverso,
che consentivano di cambiare velocità e
di avviare il veicolo. Si deve rilevare che
le cinghie di trasmissione non erano munite di tenditori; per aumentarne l’efficacia, esse erano incrociate, formando un
percorso a otto intorno alle due pulegge.
Tuttavia, con l’uso, il cuoio si allungava,
provocando lo slittamento delle cinghie;
per riparare il guasto, si doveva aprire
la cinghia, smontando la sua piastrina
di giunzione, e rimontarla dopo averne
tagliata una piccola porzione. Furono
costruite vetture in versione aperta e
chiusa; nonostante l’aspetto massiccio, la
vettura aperta pesava solo 610 kg.
Il prezzo di vendita era fissato in 4.000
marchi, che equivalevano a circa 50.000
€ di oggi; occorre, tuttavia, ricordare che,
a quel tempo, un simile importo era ancora superiore allo stipendio annuo di un
affermato dirigente d’industria.
La Victoria si guadagnò un’ottima reputazione di affidabilità: una di esse,
guidata da Émile Roger portò a termine la Paris-Rouen del 1894, classificandosi quattordicesima; quasi
contemporaneamente, un’altra fu condotta dal barone Theodor Von Liebig
attraverso quattro nazioni europee,
percorrendo oltre 2.500 Km, alla velocità media di circa 13 Km/h e consumo
di circa 17 l/100 Km.
Continua
Nella Victoria, il volante di guida è centrale;
il posto del guidatore è quello posteriore a sinistra
(Cité de l’Automobile di Mulhouse).
Il cofano motore posteriore è caratterizzato dai serbatoi in rame per l’acqua e la benzina,
incastonati nei due fianchi posteriori della carrozzeria.
Questo dettaglio della Victoria mette in mostra la barra anti-arretramento
sollevata; nella marcia in salita essa era fatta strisciare sul suolo.
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