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DISPLASIA NEL CANE
Di Patrick CHENE, Medico Veterinario e D.O. in Francia.
[(La displasia del cane è una patologia di frequente riscontro nell’esercizio della
pratica clinica veterinaria. Fa scorrere fiumi d’inchiostro per dei risultati
relativamente medi.)]
Questa patologia interessa soprattutto l’articolazione dell’anca e del gomito che
presenta delle deformazioni cartilaginee e ossee.
Clinicamente si traduce in zoppie e dolori che possono rivelarsi molto invalidanti e
portare l’animale all’eutanasia dell’animale. Queste zoppie si palesano generalmente
verso l’età di 4-8 mesi per poi stabilizzarsi o regredire e ripresentarsi molto più tardi,
attorno ai 6 anni d’età o circa.
La tendenza attuale, anche se è accertato che si tratti di una patologia polifattoriale, è
di considerare predominante l’origine genetica, anche se fino ad oggi non è stato
possibile identificare nessun gene come maggior responsabile.
Quindi ogni veterinario deve eseguire delle radiografie “per la displasia” perché un
soggetto possa o no essere ammesso alla riproduzione. Lo scopo è quello di eliminare
dalla razza considerata la presenza di soggetti displasici.
Il trattamento classico previsto per la patologia è di tipo chirurgico, le operazioni
vanno dalla semplice resezione di un muscolo (pettineo) per permettere una migliore
orientazione della testa del femore nell’acetabolo, fino alla triplice osteotomia del
bacino… in generale si tratta di procedure chirurgiche abbastanza “pesanti” e a volte
multiple. Senza di queste (o anche con…) la possibilità di dover somministrare
antinfiammatori a vita è alta.
Con questo semplice riassunto, forse semplicistico, ho sintetizzato il quadro generale
del pensiero della medicina classica, che la nostra maggioranza (veterinari praticanti
l’osteopatia) rifiuta largamente.
Approfittando di due articoli sulla tensegrità che servono da buon punto di partenza
concettuale, cercheremo di guardare la displasia con un occhio completamente
differente. Ma prima di dire in cosa l’osteopatia può aiutarci, ritorniamo su certi punti
fondamentali dell’equilibrio organico.
Ricordiamo che il sistema della tensegrità si basa su due elementi architettonici, le
barre (ossa) e le corde (muscoli, tendini, fasciali), che equilibrano le reciproche
tensioni e che permettono alla struttura di sostenersi indipendentemente dal suo peso
(dalla forza di gravità).
1- Un mito da distruggere: l’osso (la barra) è duro e indeformabile.
Nella costituzione dell’osso, per ciò che concerne un cane in crescita, si trova il 50%
d’acqua… che è un elemento per nulla duro e indeformabile… non resta quindi che
¼ circa di osso composto da sostanze minerali. Che è poco!
Tutti si ricordano:
• Dell’esperimento che consiste nel mettere un osso a bagno nell’aceto.
Conserva lo stesso volume ma dopo qualche ora diventa elastico.
• Della consistenza dell’osso di pollo allevato in batteria rispetto a quello
ruspante… diversa.
Un’esperienza personale:
• La maggiore consistenza delle ossa dei bambini manipolati in osteopatia in un
orfanotrofio del Laos, rispetto a quella dei miei pazienti occidentali.
Le ricerche sulla crescita dei polli sono un ottimo spunto, visto le deformazioni ossee
osservate dagli allevatori. La conclusione di questi studi è la seguente: le razze a
crescita veloce sono le più colpite e hanno una minore densità ossea, come gli animali
che ricevono le razioni più energetiche, per questi ultimi, l’effetto non si verifica
all’inizio della crescita ma circa a metà. La deformazione è quindi il risultato della
debole densità ossea.
Questo ci riporta ai nostri giovani cani in crescita, con un’estrapolazione che i
nutrizionisti canini non hanno osato fare:
• Geneticamente più fragili può essere: qualità del collagene, velocità di
realizzazione della trama proteica, velocità del deposito di cristalli di
idrossiapatite (calcio e fosforo essenzialmente).
• Ma soprattutto razioni troppo ricche energeticamente, come per i polli,
comparsa dei sintomi a metà crescita.
Ciò mette in evidenza un concetto molto semplice, un osso si costituisce giorno dopo
giorno:
• in una matrice acquosa: quindi preesistente rispetto all’osso stesso;
• si dissolvono e si costituiscono delle proteine fibrose, che si orientano secondo
le tensioni organiche (canali di Havers). Queste proteine si costituiscono in
secondo tempo e appaiono quanto prima tanto più l’apporto energetico è alto e
se la razza possiede il potenziale enzimatico per aumentarne la velocità e dar
vita a cani sempre di taglia maggiore…
• infine e solamente dopo si depositano e si legano le molecole minerali sulla
trama proteica. Questo processo è molto più lento e quindi l’osso che cresce
troppo in fretta rimane per troppo tempo deformabile e lascia comparire la
displasia, ma anche certe patologie di riscontro nei cuccioli delle razze giganti:
la panosteite eosinofilica o enostosi.
Questa cronologia è molto importante e per me è la chiave della nostra displasia.
Molto semplicemente i nostri cani sono in gran parte displasici perché crescono
troppo in fretta, troppo ben nutriti.
Le crocchette di “buona qualità” sono troppo ricche. Ma piuttosto dovremmo dire
crocchette di buona quantità, poiché quello che le differenzia è soprattutto il tasso di
proteine, di calcio, etc,… Nulla a che vedere con l’origine delle materie prime scelte
dal fabbricante. In più sono alimenti che contengono poca acqua, che il cane beve poi
liberamente, ma è acqua “libera”, cioè non attaccata alle proteine. Mentre in un
alimento fresco quest’acqua legata è presente e ben più assimilabile nelle corrette
condizioni.
Una soluzione è di ritornare all’alimentazione tradizionale che coscientemente
impariamo a denigrare nei nostri ambulatori veterinari. Era quello che faceva da
molto tempo una famosa allevatrice di Alani per limitare i problemi di crescita nei
suoi cani e con successo. Ma il fatto di dirlo non è sempre buona pratica.
Un’altra soluzione che consiglio spesso ai miei clienti è di continuare con le
crocchette, ma di darne solo i due terzi della dose raccomandata e di sostituire il terzo
mancante con dei fagiolini in scatola (volendo si può anche raddoppiare questa dose
di verdura). Questo è spesso sufficiente per aiutare a risolvere il problema,
conservando la praticità del pasto pronto.
Cercando nella rete mi sono accorto di non essere il solo a pensarla in questo modo e
c’è anche qualcuno che si spinge molto più in là:
http://home.scarlet.be/ mad001/erreur__du__milllenaire.htm
2) Le tensioni muscolari, fasciali, tendinee (delle corde).
Il tono muscolare generale e locale è sostenuto e gestito dal sistema nervoso
autonomo che localmente può causare delle contratture che chiamiamo disfunzioni e
che sono proprie del campo di azione dell’osteopatia. Queste tensioni possono essere
di origine traumatica, riflessa, conseguenti a problemi viscerali o secondarie ad altre
tensioni. Il loro effetto è creare una dissimmetria del tono corporale.
3) Interazione ossa – tendini: il ponte sospeso.
I ponti sospesi fanno ora parte del paesaggio. Sono fatti con dei pilieri di cemento e
dei cavi d’acciaio e si auto sostengono per un sapiente rapporto tra tensioni
reciproche, resistenza dei materiali in tensione, in compressione, in torsione.
Immaginate un momento che ci sia un dispositivo capace di accorciare un cavo e uno
solo… molto rapidamente si creerebbero delle forze non previste dal sistema iniziale
e potremmo vedere dei cavi allentarsi, altri rompersi o i pilieri torcersi. Questo è
facilmente comprensibile se parliamo di un ponte.
Immaginate ora che questo ponte sia il corpo (ossa e muscoli), che in un punto un
muscolo si tenda… che aumenti quindi la tensione sulle ossa fragili di un cucciolo di
grande taglia in crescita: queste si deformeranno, è logico ed è quello che succede
all’anca, al gomito, alla schiena che si incurva e alla vertebre che diventano
cuneiformi (sindrome di Wobbler).
4) Il trattamento di una simile patologia:
Con tale spiegazione:
• A- regolarmente la genetica diventa secondaria;
• B- regolare il pasto diventa prioritario;
• C- Togliere le tensioni locali è un’altra priorità ed è lavoro per l’osteopata.
Ma ciò ci permette anche di comprendere perché nella stessa cucciolata tutti i cuccioli
non siano colpiti allo stesso modo e anche perché un cucciolo possa essere affetto pur
facendo parte di una linea di sangue considerata pulita.
Un’altra causa frequente di displasia che esula dal contesto genetico e alimentare è un
trauma del ginocchio anteriore alla comparsa della displasia. Ciò mette ancora più in
luce un proverbio dell’osteopatia umana: “Quando il ginocchio grida, l’anca piange”.
Il lavoro dell’osteopata è quindi quello di cancellare le tensioni, riequilibrare le stesse
con il resto dell’organismo, con un’attenzione particolare alle articolazioni vicine
all’articolazione o alla regione ossea deformata, ma sempre tenendo conto della
globalità del paziente evidentemente.
Quindi dalla punta del naso a quella della coda, bisogna riaggiustare le tensioni dei
cavi per togliere l’eccesso di trazione/pressione sui pilieri che si stanno torcendo.
E quando questo eccesso di tensioni è scomparso, le tensioni sono tornate ad
allinearsi all’asse normale, non resta che il lavoro degli osteoblasti e osteoclasti per
tornare alla normalità. Queste cellule sono responsabili in permanenza di costruire e
distruggere l’osso, della fissazione e della mobilizzazione del calcio; fanno quindi un
lavoro permanente di rimodellamento osseo. Quindi un intervento abbastanza
precoce nel periodo di crescita dell’animale può essere sufficiente per invertire il
fenomeno.
Mentre un intervento più tardivo non potrà, e già non è male, che migliorare la
sintomatologia, normalmente in modo rapido e definitivo. La displasia quindi non è
che un fattore che favorirà o aggraverà la prossima zoppia ma in nessun caso sarà
essa stessa da sola il problema.
In qualche caso, nonostante tutto, sarà necessario l’intervento chirurgico, ma dopo
aver riequilibrato il tutto, cosa che permetterà a colpo sicuro di scegliere l’operazione
in modo più accurato, quella strettamente necessaria. In secondo luogo questo nuovo
equilibrio favorirà il successivo recupero. In questo modo si riportano la chirurgia e
gli antinfiammatori al loro giusto ruolo: uno strumento tra tanti altri.
5) Ecco due casi trattati in questo modo:
• Un caso di displasia dell’anca (del dott. Stephan Cayre)
• Un caso di UAP (non unione del processo anconeo) che è una delle malattie
che compongono la displasia del gomito.
A- MUFF, Labrador retriever con displasia dell’anca.
Il cane Muff, è un Labrador retriever maschio di 9 mesi, è portato alla visita
osteopatica su consiglio del suo veterinario curante in seguito alla diagnosi di una
displasia dell’anca bilaterale. Questo cucciolo gli era stato presentato per valutare la
sua andatura ondeggiante e una zoppia dell’arto posteriore sinistro comparsa
progressivamente. L’importanza delle lesioni radiografiche (prima radiografia) hanno
portato il veterinario a prevedere un rapido ricorso alla chirurgia: nell’attesa della fine
della crescita del soggetto il consiglio è stato quello di consultare un’osteopata per
aiutare un po’ l’animale.
L’esame clinico tradizionale mostra un cane piuttosto piccolo per un soggetto di
questa razza, conferma la zoppia al posteriore, ma non rileva alcun altro sintomo
(foto n°1).
L’analisi osteopatica mette in evidenza una serie di disfunzioni di compensazione
tutte collegate ai pessimi appiombi degli arti posteriori dovuti alla displasia
preesistente: l’ileo sinistro “anteriorizzato” è legato direttamente alla pessima
posizione delle anche, che causano anche una rotazione sinistra della giunzione
lombo sacrale, una compensazione in rotazione destra delle vertebre lombari
superiori. Alla fine della catena, le articolazioni dell’arto anteriore destro risultano
troppo sollecitate dal peso del cane e la pressione eccessiva sul carpo è causa di una
disfunzione dell’osso centrale. Le tecniche di correzione sono quelle classiche:
manovra sulle anche per spingere il coxale sinistro, manovra chiamata a
“chiavistello” per la giunzione lombo sacrale, tecnica del “recoil” sulla quarta
vertebra lombare ed infine manipolazione fasciale sull’osso centrale del carpo destro.
Il cane torna a casa con gli usuali consigli di riposo e viene fissato un secondo
appuntamento per il controllo delle disfunzioni quindici giorni dopo.
Al secondo appuntamento i proprietari segnalano un grande miglioramento dopo 48
ore dalla manipolazione, seguito da un peggioramento la settimana successiva.
L’esame osteopatico mette in evidenza una ricaduta della giunzione lombo sacrale,
che è di nuovo trattata. La terza visita a un mese di distanza ci mostra un cane in cui
tutti i segni di zoppia sono scomparsi. L’esame osteopatico non mette in evidenza
alcuna disfunzione. Si stabilisce quindi di rivedere Muff due volte all’anno, di
utilizzare dei condro protettori, usualmente raccomandati in questi casi e, in accordo
con il veterinario curante, di non operare le anche se non come “ultima spiaggia”.
A nostra richiesta il veterinario curante esegue un’altra radiografia di controllo del
cane all’età di 10 anni. (seconda radiografia). Nonostante tutto l’evoluzione artrosica
è molto significativa, ma il cane non presenta alcun segno di zoppia persistente e non
prende antinfiammatori.
Nei dieci anni che sono trascorsi si sono susseguite le seguenti visite di osteopatia: 19
volte è stato visto per dei controlli e 3 volte per delle zoppie apparse all’improvviso
dopo aver giocato un po’ troppo rudemente con l’altro cane di casa.
In una patologia come la displasia dell’anca è evidente che l’osteopatia non può
correggere il difetto osseo iniziale, ma un sovente ricorso a questa tecnica permette di
evitare un certo numero delle classiche complicazioni dovute ad un pessimo
equilibrio posturale e dinamico dell’animale. Questo è sovente sufficiente, associato
ad un trattamento medico poco aggressivo, ad assicurare il confort e una vita
soddisfacente all’animale.
Legenda delle immagini:
• N°1 radiografia al momento della diagnosi
• N°2 Muff in uno dei controlli
• N°3 radiografia di controllo all’età di 10 anni.
B- Barthez, Alano arlecchino, ha una displasia del gomito.
Il 30/10, Barthez ha 6 mesi, pesa 45 kg e è alto 71cm. Ha la febbre quel giorno,
vomita e il dorso è incurvato, si procede con un trattamento classico. Il giorno dopo
inizia improvvisamente a zoppicare sull’anteriore destro e presenta un atteggiamento
di iperestensione bilaterale dei carpi. La visita dal veterinario conferma che vi è
dolore all’estensione del gomito destro; il trattamento farmacologico fa scomparire il
dolore ma non la deviazione degli appiombi: l’anteriore destro è ruotato verso
l’esterno e, a detta della proprietaria, sembra che ci sia un osso “sporgente” a livello
della spalla destra. Una seconda visita veterinaria permette di eseguire delle
radiografie e viene diagnosticata una non unione del processo anconeo (UAP), luogo
d’inserzione del muscolo anconeo.
La conclusione è che bisogna operare prima possibile in urgenza, e che l’operazione
non ha una riuscita certa, ma permane un forte rischio di una futura artrosi. Il quadro
è triste.
Prima di procedere oltre, si ricordi che la zoppia è comparsa subito dopo che un
dolore di stomaco ha causato un incurvamento della colonna, quindi una forte
modifica dell’equilibrio delle forze. Allora l’UAP era presente anche prima ma era
asintomatica? C’è di che riflettere…
• Può l’UAP per compensazione aver causato un blocco della toracica 13 e
determinato il disagio gastrico (e quindi il vomito)?
• Oppure la gastrite ha causato la non unione di un punto particolarmente
fragile? Ecco delle vere domande da porsi e ci vorranno delle osservazioni
crociate per stabilire chi, tra l’uovo e la gallina, era là per primo.
Ma in ogni caso non si può separare un evento dall’altro.
Davanti ai rischi annunciati dell’operazione, i proprietari decidono che è urgente…
aspettare. Barthez prende dei condroprotettori, rexorubia complesso omeopatico e
symphitum, in attesa della visita osteopatica, e già così i sintomi regrediscono.
La prima visita osteopatica ha luogo il 14/11 e ne seguiranno altre tre (4/12, 29/1,
30/4). Le tensioni rilevate e trattate sono le seguenti:
Da subito la quantità di energia ingerita con la razione è fortemente diminuita. Dopo
la prima manipolazione la schiena di Barthez si è distesa, è tornato più allegro, più
giocherellone: anche se è spesso al guinzaglio per limitarne i movimenti. “Non è più
lo stesso”, questa frase apparentemente strana pronunciata dai proprietari è frequente
dopo una manipolazione. È significativa: l’equilibrio del sistema nervoso simpatico e
parasimpatico del cane è cambiato, il dolore non è più lo stesso…
Alla seconda visita è evidente che l’alimentazione lo ha migliorato, la zoppia non è
più ricomparsa, le tensioni sono diminuite.
Alla terza, la curva della schiena è un vecchio ricordo, l’arto anteriore destro ha
ripreso muscolatura, segno di un carico adeguato, la spalla è meno sporgente (meno
ruotata esternamente). L’atteggiamento di iperestensione dei carpi è fortemente
attenuato.
Una radiografia di controllo fatta da un collega permette di constatare che il processo
anconeo si sta saldando, nessun sintomo è più presente.
La quarta visita è giusto un controllo (11 mesi e ½, 63 kg e 85cm) per riaggiustare
qualche tensione residua.
Conclusione: le tensioni chiave si trovavano in T13 e nel cranio. Le tensioni
secondarie si erano invece installate nel bacino ma soprattutto tra le scapole e l’UAP
non era che una conseguenza di tutto ciò, trazione esagerata del muscolo anconeo,
che impediva il normale processo di unione dei due nuclei di ossificazione. Il
trattamento osteopatico e omeopatico è stato sufficiente per dare sollievo alle tensioni
locali e permettere il corretto lavoro degli osteoblasti. Il futuro ci dirà se si produrrà
un’artrosi dannosa per l’articolazione, ma dal mio punto di vista non i rischi non sono
più alti che dopo la chirurgia.
Conclusione
Alcuni potranno stupirsi che senza alcun riferimento a lavori più precisi si possa qui
affermare cotanti principi e alcuni potranno risentirsi e gettare astio nella comunità
scientifica. Ma non dimentichiamoci che anche se mi attengo ad una osservazione di
grande rigore e a una percezione manuale molto fine, rimane il fatto che un osteopata
è comunque un clinico che non ha alcuna risorsa finanziaria per fare ricerca, ma che
malgrado ciò può sviluppare uno spirito critico quando la spiegazione più accettata
sembra prendere una brutta direzione.
Un errore frequente è di credere che la scienza sia neutrale e che non abbia bisogno di
pensieri per andare avanti.
Prova ne è che chiusa nel quadro dell’interpretazione genetica tanto in voga la
spiegazione della displasia non arriva a nulla.
In effetti la politica attuale di eradicazione della displasia fondata sulla lettura delle
radiografie delle razze canine si infrange su numerosi scogli. Non ho delle cifre, ma
mi sembra che è anche piuttosto inefficace, costatando anche i casi di displasia che
mi trovo ad affrontare nell’esercizio della mia pratica clinica negli anni.
Andando a spigolare su Agoravet ho trovato uno sfogo d’impotenza dopo trent’anni
di selezione secondo questi criteri:
“malgrado i programmi ben stabiliti di diagnosi della displasia dell’anca e una
selezione rigorosa dei riproduttori, questa malattia continua ad avere un impatto
economico ed emotivo importante sugli allevatori e sui proprietari. La displasia
dell’anca è una patologia complessa e ancora oggi molte questioni restano senza
risposta.”
• La scoperta dei geni fu decisiva a suo tempo, ma voler mettere tutto sulle “loro
spalle” è un errore, soprattutto in assenza di un’equazione assolutamente
precisa come: presenza del Gene A = malattia B.
Oppure questa equazione non esiste per la displasia. E finchè non esiterà
eliminare dei cani displasici dalla riproduzione sulla base di una radiografia è un
grosso errore.
Il giorno in cui ci sarà un test del DNA tale per cui:
• Con la presenza dei geni X, X’, X’’ causa provata della malattia,
• Quindi si può eliminare il cane dalla riproduzione, solo allora potremmo
pretendere onestamente una selezione genetica.
Nell’attesa selezionare un gene da una radiografia, in più che dalla fusione dei gameti
allo scatto della suddetta radiografia passa così tanto tempo e molte altre cause
possono intervenire mi sembra un’impostura intellettuale.
Per me è tempo di rimettere in causa il modo di selezionare i riproduttori e la
categorizzazione della displasia nei vizi redibitori.
• Nel trattamento della malattia è urgente tener conto nel giusto modo del fattore
alimentazione rapportato alla fisiologia ossea e di smettere di credere che solo
l’alimentazione industriale è buona ed equilibrata. In questo momento ad ogni
modo l’eccesso energetico ha una grande incidenza sull’espressione della
displasia.
• È anche tempo di integrare i concetti più avanguardisti nella comprensione
della genesi dei sintomi dovuti alla displasia, concetti come la tensegrità, la
catena disfunzionale, etc, …
Tutti gli osteopati che si occupano di cani hanno tra le loro cartelle cliniche degli
animali displasici ripartiti dopo una sola manipolazione senza sintomi, così come
delle radiografie che testimoniano dei rimaneggiamenti ossei dopo la
manipolazione…
Ma dunque perché tutto ciò dovrebbe rimanere confidenziale? Dovrebbe invece
essere integrato nella routine del trattamento veterinario della displasia: quale
risparmio di radiografie, di farmaci, di chirurgie!
Questi strumenti vanno bene… ma al loro giusto posto!
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Dysplasie Coxo fémorale : comparaison, sur un échantillon de 43 chiens des résultats du
dépistage radiographique et du dépistage radiographique en position forcée. JP Genevois &
coll.....http://revmedvet.envt.fr/RevMedVet/2003/RMV154_121_126.pdf
Alimentation et dysplasie coxo fémorale Dr Fau & Coll
http://revmedvet.envt.fr/RevMedVet/2005/RMV156_138_147.pdf