Anche l`HIV è un virus ONCOGENO

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Anche l`HIV è un virus ONCOGENO
Corbis
AIDS E TUMORI
Anche l’HIV
è un virus ONCOGENO
di Agnese Codignola
Con lo sviluppo delle terapie antiretrovirali,
che consentono ai pazienti sieropositivi
di vivere a lungo e in buona salute, sono
però aumentate le forme tumorali legate agli
effetti diretti dell’HIV e di altri virus oncogeni
e ne parla di meno, eppu- nota con la sigla HAART (da
re l’AIDS c’è ancora. Non Highly Active Antiretroviral
solo: il numero dei malati Therapy), in tutti i Paesi occiaumenta via via che cresce la dentali le caratteristiche dell’insopravvivenza, al punto che, se- fezione da HIV sono andate
condo stime dell’Organizzazio- mutando: non solo perché è
ne mondiale della
aumentata la sosanità, al momen- Pochi linfociti pravvivenza, ma
anche perché è dito ci sono ben 40
facilitano
minuita l’incidenmilioni di persone
la comparsa za delle malattie
infettate in tutto il
del cancro
tipicamente assomondo, metà
ciate all’AIDS
delle quali in Africa; i decessi sarebbero stati, fi- (oggi pari a circa la metà di
nora, 20 milioni. In Italia, dal quella che è stata nell’anno di
1992 a oggi sono stati diagno- massima espansione, il 1995)
sticati circa 60.000 casi, 35.000 così come sono cambiate, nel
dei quali mortali; attualmente tempo, le caratteristiche delle
vi sono circa 4.000 nuovi casi persone che si infettano; all’inizio il contagio avveniva sopratogni anno.
tutto fra i tossicodipendenti
con lo scambio di siringhe, ora
LA MALATTIA
avviene principalmente con
CAMBIA VOLTO
Con la rapida diffusione rapporti sessuali, sia di tipo etedella terapia antiretrovirale, rosessuale sia omo/bisessuale.
S
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Com’è noto, l’AIDS è causato dall’HIV, un virus appartenente alla famiglia dei retrovirus (cioè virus costituiti da
RNA anziché da DNA); l’infezione causa un abbattimento
delle difese immunitarie (e, in
particolar modo, di una classe
di linfociti chiamati CD4) la
quale, a sua volta, spiana la
strada a infezioni di vario tipo
e a tumori, contro i quali l’organismo dispone di meno difese. Non a caso la presenza di
un numero maggiore di tumori
rispetto alla popolazione generale era già documentata prima
dell’arrivo dell’AIDS in tutte le
persone che, per motivi farmacologici (come nel caso dei trapianti d’organo) o genetici,
avevano un deficit cronico del
sistema immunitario. Per lo
stesso motivo, molti dei tumori
che più colpiscono i malati di
AIDS sono provocati da virus
cancerogeni, che trovano nel
danno immunitario dell’HIV
le condizioni favorevoli per
moltiplicarsi e per provocare il
tumore, come nel caso del carcinoma della cervice uterina o
dell’ano, la cui causa principale
è il papillomavirus umano
(HPV).
IL CANCRO
È PARTE DELL’AIDS
Emanuela Vaccher, ricercatrice del Centro di riferimento
oncologico di Aviano, uno dei
centri di eccellenza in Italia per
questo particolare tipo di tumori, riassume le caratteristi-
che e le cure possibili, e fa il
punto sulla ricerca in questo
particolare settore.
“In generale vi sono alcune
neoplasie che sono molto
aumentate nella
popolazione
infettata
dall’HIV, tanto
da essere ritenute diagnostiche secondo una definizione dei Centers for diseases
control (CDC) di Atlanta, gli
istituti che negli Stati Uniti si
occupano delle malattie infettive; in altre parole, la loro presenza fa scattare nel paziente
HIV positivo la diagnosi di
AIDS. Si tratta del sarcoma di
Kaposi, del linfoma cerebrale
primitivo, di alcuni tipi di linfomi non Hodgkin e del tumore invasivo della cervice
uterina. Ve ne sono poi altri,
come il linfoma di Hodgkin, i
tumori del polmone e del
capo-collo, dell’ano e i carcinomi primitivi del fegato, la
cui incidenza è più modesta ed
è aumentata solo negli ultimi
anni, perché con la nuova terapia antiretrovirale i pazienti vivono più a lungo e quindi
sono più a rischio di tumori a
lungo tempo di incubazione;
ne sono un esempio i tumori
provocati da abuso di fumo di
sigaretta e alcol, e quelli provocati dai virus dell’epatite B e
C. Non a caso anche le cause
di morte sono andate modificandosi a seguito dell’introduzione dell’HAART: è diminuito il numero di decessi per
gravi infezioni da germi opportunisti, ma in parallelo è
aumentato quello dovuto a
questo tipo di neoplasie” spiega Vaccher.
LE FORME HIV
CORRELATE
Il sarcoma di Kaposi è un
tumore piuttosto raro nelle persone non colpite da AIDS, ha
come causa principale l’HHV8,
un virus della famiglia degli
herpesvirus, e si presenta con
lesioni di colore dal rosso vivo
al violaceo, che tendono a evolversi fino a dare veri e propri
noduli sulla cute e nei visceri,
in particolare nello stomaco,
nell’intestino e nel polmone.
Oggi, grazie all’HAART, è in
calo ed è presente solo nel dieci
per cento dei malati rispetto a
quanto accadeva nel 1994.
“Le cure dipendono dall’estensione della neoplasia e dalle
condizioni generali del paziente” spiega Vaccher. “In genere,
quando le lesioni sono piccole e
limitate alla cute e il malato
non è resistente ai farmaci antiHIV, la terapia migliore è la
sola HAART. Se invece il sarcoma è esteso, ma le condizioni
generali non sono compromesse, la terapia più opportuna
comprende anche la chemioterapia. Secondo stime recenti, le
probabilità di sopravvivenza a
tre anni dalla diagnosi vanno
dal 50 all’80 per cento circa: un
dato sorprendente se si considera che nell’era pre-HAART a
tre anni era vivo solo il 7-13 per
cento dei malati”.
L’incidenza dei linfomi non
Hodgkin nei pazienti infettati
da HIV è aumentata a partire
dai primissimi anni Ottanta, e
non a caso la forma cerebrale
primitiva di questo tumore è
stata da subito inserita dai
CDC di Atlanta tra quelle più
strettamente associate all’HIV,
mentre altri tipi di linfoma
sono stati inclusi nel 1986.
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LA RICERCA CONTINUA
Anche in questo caso l’incidenza e la mortalità hanno subito una forte riduzione in
coincidenza dell’introduzione
dell’HAART.
“Di linfomi cosiddetti non
Hodgkin ne esistono molti
tipi, ma tutti quelli dei malati
di AIDS presentano caratteristiche cliniche e biologiche diverse da quelle degli stessi linfomi presenti nelle persone
non infettate dal virus HIV e
hanno una maggiore aggressività, tanto da essere stati usati
anche come modello di studio
dell’interazione tra queste
forme oncologiche e il sistema
immunitario” prosegue l’esperta. La terapia è ancora oggetto di discussione: va detto
comunque che se le condizio-
ni generali sono buone, si
unisce all’HAART la chemioterapia.
I farmaci antiHIV, in questo caso, migliorano la tolleranza alla chemioterapia e aumentano la durata della risposta. Inoltre, oggi sono in
studio terapie innovative,
come gli anticorpi monoclonali diretti contro l’antigene
di superficie dei linfociti,
chiamato CD20, o la chemioterapia ad alte dosi seguita da autotrapianto di midollo osseo che – si è scoperto di
recente – è fattibile ed efficace. Va comunque sempre tenuto conto del fatto che la
soppressione del sistema immunitario indotta dai farmaci
antitumorali può comportare
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AIDS E TUMORI
Un connubio da esplorare
un aggravamento dell’AIDS:
per questo ogni paziente deve
essere trattato sempre con
HAART e deve essere sempre
valutato in maniera molto accurata. Le percentuali di sopravvivenza a tre anni dalla
diagnosi oscillano tra il 50 e
il 90 per cento, a seconda che
sia stata fatta o meno la terapia antiretrovirale.
UNA QUESTIONE
FEMMINILE
Le donne sieropositive
hanno un rischio che è fino a
nove volte superiore rispetto
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alle sieronegative di sviluppare un tumore della cervice, a
causa della frequente presenza
del papillomavirus (da 3 a 10
volte superiore a quella della
popolazione generale). Inoltre
è stato dimostrato che tra i
molti ceppi di papillomavirus
e l’HIV si instaurano rapporti
molecolari che hanno come
esito il potenziamento della
capacità di generare tumori
da parte dell’HPV stesso.
Purtroppo l’HAART non è in
grado di ridurre l’infezione
del papillomavirus: per questo motivo si teme un au-
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Quella dei rapporti tra HIV e tumori è una storia che ha alcuni risvolti
di grande interesse per entrambe le malattie: è infatti studiando
le caratteristiche peculiari che molti tumori assumono quando
si sviluppano in un malato di AIDS che i ricercatori hanno compiuto
importanti passi in avanti nella comprensione di quanto accade
al sistema immunitario quando deve fronteggiare una cellula che
cresce senza regole. Non solo: di recente si è scoperto che le due
patologie condividono alcuni passaggi fondamentali, e si è dato vita
a quello che in inglese viene chiamato ‘repositioning’, cioè
riposizionamento, ossia l’utilizzo di farmaci per indicazioni del tutto
diverse da quelle per le quali sono stati approvati. Nel caso
specifico, lo studio dell’attività di diversi antivirali sta dando risultati
molto promettenti per quanto riguarda i tumori.
Uno studio recente pubblicato su Clinical Cancer Research
va in questa direzione. Il presupposto fondamentale è che molti
farmaci che entrano a far parte dei cocktail antiretrovirali agiscono
su una proteina, chiamata Akt, che è cruciale anche per la crescita
tumorale. Per questo i ricercatori del National Cancer Institute
statunitense hanno sperimentato l’effetto di sei diversi inibitori
delle proteasi su colture cellulari di tumore polmonare non a piccole
cellule e di oltre 60 tipi cellulari diversi derivati da nove tra i tumori
più comuni come quello della mammella e del colon. Ebbene: tre dei
farmaci studiati (il nelfinavir, il ritonavir e il saquinavir), a dosi
analoghe a quelle usate nella terapia dell’AIDS, sono riusciti
a bloccare la crescita tumorale in tutte e 60 le linee cellulari,
provocando due diversi tipi di morte cellulare: quella programmata,
o apoptosi, e quella non programmata, che ha come risultato finale
un’autodigestione e che viene di norma innescata in condizioni di
stress cellulare. Inoltre, nel cancro della mammella, si sono mostrati
attivi sia nelle cellule sensibili ai chemioterapici sia in quelle
resistenti (fatto che li candida alla cura di quei tumori
che non rispondono più alla normale chemioterapia).
Ora il National Cancer Institute sta programmando i primi studi clinici
nell’uomo, avvalendosi di un grande vantaggio rispetto alla normale
sperimentazione con nuovi farmaci: di queste molecole si sa già molto,
dalle dosi efficaci alla tossicità attesa, ed è quindi probabile
che i risultati possano arrivare in tempi più brevi della norma.
mento di questi tumori e, in
particolare, del carcinoma
della cervice nei prossimi
anni.
La terapia prevede l’asportazione dell’utero e delle
ghiandole linfatiche vicine,
da sola o dopo un terapia
combinata di radioterapia e
chemioterapia. “Nelle donne
con infezione da HIV, purtroppo, la neoplasia è quasi
sempre molto avanzata al
momento della diagnosi ed è
caratterizzata da una sopravvivenza limitata” spiega Vaccher. Questo è dovuto anche
al fatto che il Pap-test viene
eseguito in una piccolissima
frazione di donne positive,
anche a causa di reticenze ingiustificate da parte dei ginecologi. E ciò spiega perché il
rischio di cancro invasivo sia
circa 7-24 volte superiore
nelle donne con HIV rispetto
a quelle senza HIV. Nelle
donne HIV-positive, l’assenza di un’adeguata prevenzione oncologica è diventata
una vera e propria emergenza
sanitaria, che tutti (medici e
non-medici) dobbiamo affrontare con urgenza”.